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Una Bibbia gigante per sostenere Roma

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2010 07:16
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07/04/2010 07:16

Annunciato a Ginevra un sistema informatizzato per lo studio dei codici



 Le Bibbie atlantiche o, più espressivamente, "giganti", impressionano ancora oggi l'occhio del lettore appunto per le proporzioni, la cui misura standard in centimetri è almeno di 50 di altezza per 30 di base. Già le dimensioni sembrano riflettere un contenuto di speciale valore, al quale si intendeva attribuire anche visibilmente un peso e una spazialità il più espansi possibile.
L'xi e il xii furono i secoli aurei di questo tipo di manoscritto, che sembra rinviare al modello della Bibbia di Alcuino del ix secolo e più direttamente a quella di San Paolo fuori le mura, allestita a Reims tra l'870 e l'875, pervenuta a Roma in occasione dell'incoronazione imperiale di Carlo il Calvo nel Natale dell'875, e poi sicuramente conservata in ambiente pontificio, visto che in essa appare registrato il giuramento di fedeltà prestato il 29 giugno 1080 dal normanno Roberto il Guiscardo a Gregorio VII in un momento cruciale dello scontro tra il Pontefice ed Enrico iv.
Non a caso quello di Papa Gregorio è il nome chiave per situare nel giusto orizzonte le stesse Bibbie atlantiche che, pur avendo radici testuali e codicologiche nel passato della rinascenza carolingia, in realtà rispondono alle esigenze di quel momento, ai bisogni della Chiesa di Roma tra prima e seconda metà del sec. xi, allorché essa era tutta protesa al suo rinnovamento, in un ritorno alle fonti per un recupero anche tangibile del Verbum Dei quale privilegiato itinerario di conversione. Il colloquio di Ginevra con un titolo emblematico ha inteso puntualizzare ancora una volta proprio questo dato genetico ormai acclarato delle Bibbie atlantiche:  il loro legame con l'indirizzo riformatore della Chiesa Romana, a tal punto che alcuni preferiscono denominarle Bibbie "gregoriane", sottolineandone con immediatezza la valenza ideologica e programmatica.
Al fine di rispondere alla complessità dei problemi riguardanti tali Bibbie, il colloquio si è articolato in sei sessioni con ben ventitré relazioni.
In particolare nell'ambito della filologia e della storia della Vulgata nel medioevo, il colloquio ha permesso di colmare, almeno in parte, una lacuna relativa proprio al secolo undicesimo, col quale coincidono numerose innovazioni in materia di produzione del libro e revisione del testo biblico. In effetti, se importanti ricerche sono state consacrate alla storia della Bibbia nel ix secolo, quella del testo della Vulgata tra x e xi è stata fino ad oggi solo sfiorata. Come ha sottolineato un esperto del testo latino della Bibbia come dom Pierre-Maurice Bogaert, solo attraverso lo studio della recensione delle Bibbie atlantiche si potrà contribuire a meglio conoscere quali erano i testi della Bibbia latina che circolavano effettivamente a Roma nell'xi secolo, e che sono stati utilizzati come fonti per la redazione di questi manoscritti giganti. Degno di particolare interesse è dunque l'aspetto concernente l'accertamento del testo biblico da copiare, in un'epoca nella quale il canone delle Sacre Scritture non era ancora stabilito in maniera definitiva:  la scelta dei libri considerati come canonici e l'ordine di questi non sono che alcuni elementi del lavoro di edizione compiuto sulla Vulgata di questi manoscritti dai riformatori romani.
D'altra parte non bisogna dimenticare che ciascun libro in quanto tale è realizzato per veicolare un testo scritto ed è destinato a essere letto. Queste Bibbie monumentali, concepite come emblema della riforma ecclesiastica, furono parimenti adoperate nelle comunità monastiche e canonicali. L'uso liturgico nella celebrazione quotidiana dell'ufficio divino costituisce pertanto un aspetto sul quale si desiderano ulteriori ricerche complementari.
Di più, a partire da questi manoscritti e dalla loro circolazione, nel colloquio sono stati meglio lumeggiati certi aspetti della vita religiosa locale, come i rapporti gerarchici tra gli alti prelati e il clero, l'attività pastorale di quei vescovi che figurano tra i promotori della riforma e al tempo stesso, i committenti delle Bibbie atlantiche. Spesso infatti questi ultimi furono grandi vescovi o abati, il cui nome è ormai connesso - in modo certo o solo in via d'ipotesi - all'una o all'altra di tali Bibbie ancora conservate:  l'abate Desiderio di Montecassino, il vescovo di Ginevra Federico, Ermenfried vescovo di Sion/Sitten,  il  vescovo  Gebhard  di  Salisburgo, Altmann arcivescovo di Passau, Guglielmo di Carilef arcivescovo di Durham, l'arcivescovo Guglielmo ii di Troia.
C'è poi un profilo di grande attualità nello studio delle Bibbie atlantiche emerso dalla presentazione fatta dalla paleografa Nadia Togni che ha ufficialmente descritto il progetto di un sistema di analisi informatizzata delle Bibbie atlantiche (Système d'analyse informatisée des Bibles atlantiques) finanziato dal Fonds National Suisse de la Recherche Scientifique, che attendono di poter utilizzare non soltanto gli specialisti del libro manoscritto, ma la stessa comunità degli storici, degli storici dell'arte e di tutti coloro che si occupano di medioevo. Questo sistema permetterà finalmente la cooperazione tra gli specialisti che lavorano a livello internazionale, nel quale l'università di Ginevra avrà un posto speciale quale centro di competenze nell'applicazione delle tecnologie informatiche ai manoscritti medievali. (mariano dell'omo)


(©L'Osservatore Romano - 6-7 aprile 2010)
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