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Meditazioni per il Mese di Maggio

Ultimo Aggiornamento: 03/06/2010 18:49
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P. Stefano M. Manelli - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Sedicesimo giorno

16 MAGGIO - LA CUPIDIGIA


Perché san Massimiliano M. Kolbe voleva far amare l'Immacolata da tutti gli uomini della terra? «Per dare la vera felicità a tanti poveri fratelli, a tanti infelici che la cercano invano nelle gioie di questo mondo».

La sorgente infinita della vera felicità è Dio. Dio si è donato a noi in Gesù Cristo. Gesù si è donato a noi nell'Immacolata e attraverso l'Immacolata.

Dall'Immacolata, quindi, inizia il cammino della felicità che porta alla sorgente infinita: all'amore trinitario.

Cercare la felicità «nelle gioie di questo mondo» è illusorio, perché le gioie terrene non portano né provocano l'amore, ma la cupidigia, che è «l'avvelenamento dell'amore», come insegna san Tommaso d'Aquino.

Per questo sant'Antonio Abate distribuì tutti i suoi beni ai poveri, e se ne andò a trovare la felicità nel deserto. Già prima san Paolo aveva scolpito in una frase terribile la realtà della cupidigia dei beni terreni nell'uomo: «La cupidigia è la radice di tutti i mali» (1 Tim. 6, 10). San Bernardo incalza: «Non conosco una malattia spirituale più dura a sopportarsi, quanto la febbre dei beni terreni».

Ciò che può scacciare questa febbre è soltanto un'altra febbre: la febbre dell'amore divino.

Una volta ci fu una postulante che chiese di entrare fra le figlie di santa Giovanna Francesca di Chantal, e voleva portare con sé molte cose inutili.

La Santa di consigliò con san Francesco di Sales, che le disse così: «La lasci pure entrare con tutto quel che vuole...; quando l'amor di Dio sarà entrato in quell'anima, saprà discacciare tutto il resto...».

La misura del nostro distacco dalle cose terrene è la misura stessa dell'amore di Dio, perché come dice sant'Agostino: «più un'anima si distacca dai beni della terra, più aderisce a Dio».


«Non amate il mondo»

In una lettera scritta a un compagno di scuola, san Gabriele dell'Addolorata, dopo averlo messo in guardia contro i seducenti e fatali pericoli delle compagnie cattive, degli spettacoli, delle letture, dei divertimenti mondani, così conclude: «Dimmi, Filippo: potevo io prendermi più divertimenti e più spassi di quelli che mi son preso nel secolo? Ebbene, che me ne resta ora? Te lo confesso: null'altro che amarezza».

Ecco che cosa riserva all'uomo l'esperienza dei beni e dei piaceri terreni: «null'altro che amarezza».

Ecco che cosa riserva all'uomo l'esperienza dei beni e dei piaceri terreni: «null'altro che amarezza».

Perciò l'Apostolo san Giovanni ci ammonisce con forza: «Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!» (1 Gv. 2, 15-17).

Chi si attacca al mondo e alle sue concupiscenze, chi vive di fatuità e di frivolezze, che cosa potrà aspettarsi da Dio?

Una volta san Tommaso Moro, Gran Cancelliere d'Inghilterra, entrando nella camera di sua figlia, la trovò che si stava agghindando per una festa: per ingentilire il busto, due damigelle la tenevano saldamente legata con funi!

A vedere quel martirio sopportato per vanità del mondo, il papà, sospirando verso il cielo, disse alla figliola: «Figlia mia, il Signore ti farebbe un gran torto se non ti mandasse all'inferno, giacché tu ti affanni tanto per dannarti!».


«Nemico di Dio»

Anche il Catechismo, trattando e commentando il nono e il decimo comandamento, parla della concupiscenza della carne e della concupiscenza degli occhi, e ammonisce che «la cupidigia dei beni altrui è la radice del furto, della rapina e della frode» (n. 2534). Quante volte, infatti, per soddisfare la propria cupidigia non si ricorre a ingiustizie e soprusi, non si arriva a contese e lotte? Per un pezzo di terra, per un'eredità, per un guadagno che fa gola... si fanno lotte amare e magari violente!

San Giacomo grida ancora nella sua vibrante lettera: «Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere, e uccidete; invidiate e non riuscite a ottenere, e combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete, perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infelice! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Giac. 4, 1-4).

Parole terribili! Per questo i Santi, con san Paolo, considerano ogni bene terreno come una «perdita», come «spazzatura», per «guadagnare» e «trovarsi» soltanto in Gesù (cf. Fil. 3, 8-9). Ricordiamo san Francesco d'Assisi, il quale, appena convertito, si rese conto e chiamò «follia» andare appresso alle cose vane di questo mondo. E nella sua estrema, totale, povertà, si trovò totalmente trasfigurato in Gesù Crocifisso!

Nella vita di san Filippo Neri si legge questo sorprendente episodio. Un suo figlio spirituale, ridotto in fin di vita, lo fece chiamare e gli comunicò che per testamento lasciava a lui in eredità tutti i suoi beni.

San Filippo non solo non esultò a questa offerta del moribondo, ma si mostrò afflitto per la donazione e gli disse che avrebbe pregato molto per la sua guarigione, offrendo anche la propria vita. Gli impose le mani e se ne andò. L'infermo guarì e il testamento andò in fumo!

Una sola cupidigia avevano i Santi: «Bramo morire ed essere con Cristo» (san Paolo); «mio Dio e mio tutto!» (san Francesco d'Assisi); «L'idea fissa: l'Immacolata» (san Massimiliano M. Kolbe).


Fioretti

- Fare elemosina ai poveri di qualche bene non necessario.

- Meditare i due brani di san Giovanni (1 Gv. 2, 15-17) e san Giacomo (Giac. 4, 1-4).

- Chiedere alla Madonna con il Rosario il distacco del cuore dal mondo.
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17/05/2010 21:48

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Diciassettesimo giorno

17 MAGGIO - IL RISPETTO UMANO


Il rispetto umano è una piaga della vita cristiana. Ed è una piaga di molti, di troppi cristiani.

Dove si vede Dio offeso, Gesù oltraggiato, la Madonna e i Santi maltrattati, bisognerebbe vedere i cristiani coraggiosi e coerenti che fanno muro in difesa e onore alla loro Fede.

Invece, quanto coniglismo e quanta viltà d'animo! Addirittura, quanto sforzo di nascondersi fra gli stessi nemici della Fede, per paura di essere scoperti e segnati a dito!

È vero che oggi, in questo mondo corrotto, in questa società scandalosa e beffarda, dominata dall'ateismo più animalesco che si possa concepire, occorre davvero gran coraggio per essere coerenti.

Ma non è forse questo un motivo in più perché i cristiani, lungi dal nascondersi, si facciano avanti a testimoniare con energia la loro fede «che vince il mondo» (Gv. 5, 4)?

Coloro che si vergognano, che hanno paura di apparire come veri cristiani, hanno più le vesti da vili traditori che da discepoli di Cristo.

Contro costoro c'è la parola tagliente e terribile di Gesù: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli Angeli santi» (Mc. 8, 38).


«Pescatori e pescatrici»

Nella lotto contro il protestantesimo che rovinava la fede di tanti cristiani con le sue eresie dottrinali e morali, san Carlo Borromeo volle istituire grandi scuole di catechismo e di istruzione religiosa per il popolo. Ebbe bisogno di cristiani laici coraggiosi. Li trovò, uomini e donne. Li divise nei due gruppi dei «pescatori» e delle «pescatrici», e organizzò i giri apostolici per le case, per le strade, per i campi. Era uno spettacolo di vera fede vedere questi cristiani coraggiosi all'opera per testimoniare Gesù Cristo e annunciare il suo Vangelo puro, senza errori.

Ogni cristiano dovrebbe far suo, con fierezza, il grido di san Paolo: «Non mi vergogno del Vangelo» (Rom. 1, 16). Dovunque. In casa o fuori. Negli uffici o nelle scuole. Tra gli amici e tra i nemici. «I veri cristiani - diceva san Gregorio Magno - sanno morire, ma non transigere». E dovrebbe bastare il ricordo dei gloriosi Martiri, sempre vivi nella Chiesa celeste e terrestre. La loro gloria conferma luminosamente la parola di Gesù: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc. 8, 35).


Si vergognano...

Che cosa dire, adesso, di molti cristiani che per rispetto umano mancano persino ai loro doveri fondamentali?

Si vergognano di farsi il segno della croce e di recitare qualche preghiera mattino e sera, o prima dei pasti.

Si vergognano di entrare in una chiesa a pregare, di avere una corona e di recitare il Rosario, di salutare un'immagine sacra nelle edicole.

Si vergognano di andare a Messa. Si vergognano di confessarsi. Si vergognano di ricevere la santa Comunione...

Si vergognano di riprendere chi bestemmia o profana cose sacre. Addirittura, alcuni arrivano a vergognarsi di... non bestemmiare!

Si vergognano di difendere la loro fede dagli attacchi e dagli insulti dei nemici; e magari si vergognano di essere considerati ancora cristiani... Si vergognano di non leggere stampe per sporcaccioni, di non vedere cinema immondi, di non seguire le nuove mode invereconde.

Si vergognano di rimproverare chi dà scandalo, chi offende e dileggia la morale evangelica. Arrivano a vergognarsi di opporsi all'aborto, al divorzio, alla pillola contro la vita umana. Si vergognano, si vergognano... Pare che non sappiano fare altro!


Chi non si vergogna

Ancora giovanetto, san Bernardino da Siena fu invitato una volta da uno zio a casa sua. Andò, ma vi trovò anche altre persone che nella conversazione con facilità parlavano scorrettamente. Pronto e risoluto, san Bernardino disse allo zio: «O questi signori cambiano modo di parlare, o io me ne vado via!». Lo zio avvertì gli ospiti, e il linguaggio non fu più scorretto.

Ma dovunque si trovava, san Bernardino non solo non aveva neppure l'ombra del rispetto umano, ma era lui che incuteva rispetto a tutti. Anche i suoi compagni lo sapevano bene, e se talvolta si lasciavano andare a qualche discorso non corretto, al solo veder arrivare san Bernardino dicevano fra loro: «Smettiamo, arriva Bernardino».

San Giuseppe Moscati, ugualmente, fu un cristiano pieno di luce ed esercitava un fascino indescrivibile con la testimonianza della sua fede viva. Chi voleva, poteva vederlo ogni mattina fermo e raccolto in chiesa per due ore di preghiera. Sulla cattedra, prima di iniziare l'insegnamento, esortava sempre gli studenti a innalzare la mente al «Signore Dio delle scienze» (1 Sam. 2, 3). Non appena suonava l'Angelus, interrompeva ogni discorso e anche la visita medica, invitando tutti i presenti a recitare con lui l'Angelus.

Quale forza e trasparenza di fede vissuta in lui! Altro che i meschini rispetti umani della nostra fede da vili complessati...


Non vergognarsi di Lei

«Fammi degno di lodarti, o Vergine Santa!».

Contro ogni rispetto umano, contro ogni paura o viltà, debbo e voglio lodare la Madonna, che è mia Madre.

Non solo non mi vergognerò di Lei, ma voglio difenderla e glorificarla, voglio amarla e farla amare, dovunque, con passione filiale sempre ardente.

Posso guardare a tutti i Santi, paladini di amore vibrante verso la celeste Madre e Regina. Ma guardo in particolare a san Massimiliano M. Kolbe, a questo apostolo e vittima dell'Immacolata, il quale non solo non si vergognò mai dell'Immacolata, ma volle consumarsi totalmente per Lei, fino a essere considerato esaltato e folle, anzi, fino a considerarsi da se stesso «folle dell'Immacolata».



Fioretti

- Salutare le immagini di Maria nelle edicole delle strade.

- Parlare della Madonna a casa o in ufficio.

- Fare il segno della croce prima dei pasti, magari invitando anche gli altri.
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18/05/2010 12:22

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Diciottesimo giorno

18 MAGGIO - ERRORI E DEVIAZIONI


La Chiesa ha dovuto sempre combattere contro errori e deviazioni. Non c'è stato periodo della sua storia in cui non sia stata turbata dagli assalti di chi voleva trascinarla nei gorghi del disordine dottrinale e morale.

Satana, il grande nemico, è l'abile manovratore di una rete di insidie che tende a confondere la verità portando scompiglio e tenebre.

Gesù lo disse espressamente al suo Vicario san Pietro: «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto che gli foste consegnati, per vagliarvi come il grano» (Lc. 22, 31).

E satana ha fatto il suo perfido mestiere di anno in anno nella Chiesa e nel mondo, suscitando errori e deviazioni ininterrottamente, contraddicendosi o ripetendosi, pur di portare confusione e caos.

Difatti, anche oggi noi ci troviamo in un clima dall'aria rovente per i novelli errori e le deviazioni che stanno lacerando l'umanità e fanno gemere la Chiesa.

La Madonna lo predisse a Fatima, quando esortò con insistenza ad accogliere il suo messaggio di preghiera e penitenza, altrimenti il comunismo avrebbe «diffuso i suoi errori nel mondo».

L'umanità è lacerata dall'ateismo e dalla massoneria, che fanno avanzare paurosamente il materialismo ateo e il laicismo dissacratore di ogni valore religioso.

La Chiesa geme sotto l'imperversare di bufere devastatrici sia in campo dottrinale che in campo morale e formativo. La «bufera delle cristologie», come disse il Papa Paolo VI, si è abbattuta insieme alla bufera delle antropologie, dei pluralismi, degli ecumenismi, delle «proposte» per una morale nuova, e delle diverse teologie variamente denominate: della morte di Dio; della speranza; della liberazione; neo-positivista; areligiosa; escatologica; politica... Quale babele tenebrosa!


«Nell'ora delle tenebre»

Conseguenze? Scompiglio per le verità di Fede intaccate o negate: la Santissima Trinità, la Divinità di Gesù, l'Incarnazione del Verbo, la concezione virginale di Gesù, la Verginità della Madonna, la Corredenzione mariana, la Resurrezione di Cristo, il Sacrificio della Messa e la Presenza Reale nell'Eucarestia, l'esistenza del diavolo, dell'inferno, del purgatorio, del limbo, la necessità del battesimo, l'immortalità dell'anima, l'nfallibilità del Papa...

Scompiglio nella morale: peccato mortale pressoché inesistente per quanto riguarda atti impuri, desideri ignobili, letture pornografiche, spettacoli scandalosi, mode immonde, rapporti prematrimoniali ed extraconiugali, pillole anticoncezionali, onanismo e divorzio, omosessualità, eutanasia e aborto, turpiloquio e bestemmie; Confessione da eliminare; Comunione in peccato mortale; niente obbligo della Messa festiva; liturgia a gusto personale; fine del Rosario...

Scompiglio nella vita della Chiesa: distrutta l'Azione Cattolica, chiusi migliaia di Seminari, perdite enormi di vocazioni sacerdotali e religiose, preti, frati e suopre che rinnegano la consacrazione a Dio, Ordini religiosi tutti in declino, ribellione aperta al Sommo Pontefice, formazione di gruppi estremisti eversori, arresto quasi totale delle conversioni, profanazioni sacrileghe di chiese e altari...

Aveva ragione san Pio da Pietrelcina, che alla fine della sua vita esortava a pregare con questa giaculatoria: «O Gesù, salva gli eletti nell'ora delle tenebre». È proprio così.


Sempre con la Chiesa

«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine» (Ebr. 13, 8).

In mezzo alle «bufere» degli errori che circolano come veleno nel sangue, teniamoci ben saldi alla Chiesa «colonna e fondamento della verità» (1 Tim. 3, 15); teniamoci bene stretti al Vicario di Cristo, unico «infallibile nella fede» (Lc. 22, 32); teniamoci ben legati ai dottori e ai santi della Chiesa, che ci insegnano «la via sicurissima per la quale... potremo arrivare alla perfetta unione con Cristo, cioè alla santità» (Lumen gentium, n. 50).

Questa, solo questa è la Chiesa nostra Madre. Essa sola è la nostra difesa sicura dagli errori e dai pericoli, essa sola può presentarci la verità in tutto il suo splendore, come ha scritto il Papa Giovanni Paolo II nella meravigliosa enciclica «Veritatis splendor».

E la Chiesa, difatti, ha parlato anche oggi contro tutti gli errori dell'ora presente. Il Papa in persona o le Congregazioni della Santa Sede hanno ribattuto gli errori e hanno ribadito le sacrosante verità della nostra fede e della morale evangelica, con il rinnovato e magnifico Catechismo della Chiesa cattolica. Nulla in sostanza è cambiato né potrà mai cambiare, perché «la verità del Signore dura in eterno» (Sal. 116, 2).

L'eresia, invece, è sempre una falsa novità, perché è la corruzione di una verità. San Cipriano paragona l'eresia a un ramo tagliato dalla pianta: è condannato a inaridirsi; oppure, l'eresia è simile a un fiume separato dalla sua sorgente: seccherà in poco tempo nella terra arida. Noi vogliamo stare sempre e solo con la Chiesa.


La corbelleria più grossa

Un giorno san Pio da Pietrelcina incontrò alcuni operai che stavano lavorando in convento. Qualcuno gli disse che quegli operai erano comunisti, ma... cattolici. A questo punto padre Pio sbottò: «Comunisti cattolici!... Ma si può dire una corbelleria più grossa di questa?».

Purtroppo questa enorme «corbelleria» oggi è la bandiera di molti comunisti e di molti cattolici. Credono di mettere insieme le due cose, senza accorgersi che si escludono a vicenda.

Il vero e sincero comunista è ateo, deve essere ateo e non può non essere ateo. Altrimenti è un disonesto, è un traditore del comunismo.

Ugualmente per il cattolico. Deve essere e non può non essere credente, rinnegando ogni ateismo e ogni dottrina che non sia quella di Cristo Dio.

Evidentemente, questi fratelli non si accorgono neppure di essere dei veri traditori, hanno «lo spirito accecato» (Mc. 6, 52).

Quanto è triste ciò, se si pensa alle ricchezze sterminate di verità e di amore che il Vangelo offre all'uomo per tutti i suoi problemi! Che bisogno mai può avere il cattolico di ricorrere a chi crede ciecamente in una sola miserabile cosa: la materia?


Vincitrice delle eresie

Di fronte allo spettacolo desolante degli errori e delle deviazioni che stanno lacerando l'umanità, non dobbiamo mai scoraggiarci, noi cattolici.

Noi abbiamo la Debellatrice di satana, la Vincitrice di tutti gli errori, l'Immacolata, Colei che «schiaccia la testa» all'iniquo serpente.

Una antifona antica della Chiesa cantava così a Maria: «Tu sola, o Vergine benedetta, hai abbattuto tutte le eresie del mondo intero». Tutto sta che noi amiamo la Madonna, la preghiamo e l'imitiamo con generosità. Ella ci proteggerà e ci strapperà a tutti i pericoli. Diciamole spesso anche noi, con la filiale confidenza di san Filippo Neri: «Madonna Santa, tienimi la mano sulla testa, altrimenti mi faccio... eretico o ateo!».

In particolare, affidiamoci al suo Cuore Immacolato, perché è questo Cuore che «infine... trionferà».

Ma intanto difendiamo la Madonna dagli attacchi dei suoi nemici che oggi le stanno negando non solo il debito culto, ma anche il doveroso riconoscimento delle meraviglie che Dio ha operato in Lei (Lc. 1, 49) con la perpetua Verginità dell'anima e del corpo, con il parto verginale di Gesù, che non solo «non diminuì, ma consacrò l'integrità verginale» della sua Santissima Madre (dalla Liturgia).

Oggi è anche facile sentir gettare ombre sull'Immacolata Concezione e sull'Assunzione; si svuota di ogni consistenza la verità della Corredenzione e Mediazione universale di Maria; si riduce di molto la sua Regalità e presenza di grazia; si attaccano le forme di devozione mariana, anche le più venerande, come il Santo Rosario e il mese di maggio.

Bisogna reagire ed è doveroso difendere con passione di figli l'onore e la bellezza della nostra celeste Madre. Ricordiamo sant'Alfonso de' Liguori, che quando impugnava la penna per difendere la Madonna dagli attacchi dei nemici, piangeva a calde lagrime. Che grande cuore di figlio aveva!

E noi?



Fioretti

- Offri la giornata per i bisogni della Chiesa.

- Recita un Rosario per quelli che tradiscono la loro fede.

- Una mortificazione di omaggio al Cuore Immacolato.
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P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Diciannovesimo giorno

19 MAGGIO - IL VICARIO DI CRISTO


Il primo figlio di Maria, dopo Gesù, è il Papa. Nessuno può togliere al Vicario di Cristo questo primo posto nel cuore della Madonna.

Se noi vogliamo amare molto il Papa, quindi, dobbiamo chiedere questa grazia alla Madonna, perché chi può amare il Papa come lo ama Lei?

Il Papa è la nostra roccia, una roccia evangelica, una roccia divina, perché creata dalla Parola viva di Gesù, Verbo incarnato: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt. 16, 18).

Giustamente, san Francesco di Sales diceva che «Gesù Cristo, la Chiesa e il Papa sono tutt'uno». È impossibile dividerli. Essi sono la «testata d'angolo» (Lc. 20, 17) dell'umanità, del mondo, dell'universo da salvare.

Per questo c'è tanta superficialità nelle parole di chi dice che accetta Gesù Cristo e la Chiesa, ma non il Papa.

Quando Napoleone tenne prigioniero il Papa Pio VII, per decidere alcune questioni sulla Chiesa, radunò egli stesso a Parigi molti Vescovi di Francia e d'Italia, e voleva che deliberassero sui punti in questione.

Ma i Vescovi rimasero in assoluto silenzio. Napoleone insistette e fece forti pressioni. Nulla. Allora cominciò a impazientirsi e a minacciare. A questo punto il più anziano dei Vescovi si alzò e disse con molta calma: «Sire, aspettiamo il Papa. La Chiesa senza il Papa non è la Chiesa!».

Soltanto il Papa, il Successore di San Pietro, insegna il Catechismo, «è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli» (n. 882).


Non può sbagliare

Il Papa è l'unico maestro sulla terra che non possa mai sbagliare nell'insegnamento della fede e della morale.

«La fede romana - scriveva san Girolamo - è inaccessibile all'errore». Ed è per questo che san Cipriano poteva affermare: «La Chiesa di Roma è radice e madre di tutte le Chiese». Soltanto chi si trova unito al Papa è sicuro di essere nella verità infallibile di ciò che deve credere e operare per salvarsi.

È Gesù stesso che volle l'infallibilità di san Pietro: «Ho pregato perché non venga meno la tua fede» (Lc. 22, 32). È Gesù stesso che lo volle nostra guida infallibile: «Tu conferma i tuoi fratelli» (Lc. 22, 32).

Per questo il Papa è l'unico maestro universale e indefettibile; anzi, è l'unico che può «confermare la fede» dei cristiani, garantendola infallibilmente da ogni errore dottrinale e morale. In questo senso, sulla terra il Papa, ogni Papa, è il sommo teologo, il sommo biblista, il sommo moralista. Soltanto la sua parola di maestro universale è parola divinamente garantita da Cristo «Via, Verità e Vita» (Gv. 14, 6).

Per questo san Tommaso d'Aquino, chiamato «maestro del mondo», era pronto a rinunciare a qualsiasi pensiero dei grandi Santi Padri, di fronte al pensiero del Papa.


Il fiasco dell'inferno

Contro il Papato faranno fiasco non solo tutti gli uomini che volessero lottarlo, ma anche tutto l'inferno. È sempre Gesù che lo garantisce: «Le porte dell'inferno non prevarranno mai» (Mt. 16, 18).

E non solo i nemici non prevarranno, ma si sfracelleranno su questa «testata d'angolo, roccia contro cui si sbatte e pietra di rovina. Difatti, contro di essa andranno ad urtare coloro che non hanno voluto credere al Vangelo» (1 Pt. 2, 7-8).

Contro di essa andò a sbattere Lutero, l'impenitente eresiarca, che offendeva e malediceva il Papa come un forsennato: «O Papa, io sarò la tua morte!... Sì, io, papa Lutero I, per comandamento di Nostro Signore Gesù Cristo e dell'Altissimo Padre, ti mando all'inferno!...». Povero e infelice Lutero!

Contro il Papa si scagliò anche il terribile Napoleone. Il Papa, inerme, gli disse: «Il Dio d'altri tempi vive ancora. Egli ha sempre stritolato i persecutori della Chiesa...».

Sull'isolotto di sant'Elena, Napoleone ricordava queste parole, e diceva a un amico: «Ah, perché non posso gridare da qui, a quelli che hanno qualche potere sulla terra: "Rispettate il rappresentante di Gesù Cristo! Non toccate il Papa: altrimenti sarete annientati dalla mano vendicatrice di Dio. Anzi, proteggete la cattedra di Pietro!"».


«I falsi maestri»

Scrivendo a Timoteo, san Paolo insegna questa importante verità: quando non si sopporta più la sana dottrina, ci si procura «una folla di maestri» che consentono di «assecondare le proprie passioni», e che parlino di fantasie anziché di verità (cf. 2 Tim. 4, 3-4).

Ci siamo. Basta leggere certi libri di teologi ritenuti «grandi e celebri» per dare ragioni a san Paolo a occhi chiusi. E questi teologi sono davvero «una folla» e hanno messo su un mercato enorme di libri e riviste che sono pressoché tutti simili a cibi guasti, avariati o sospetti. Poveri gli incauti che ci cascanoa comprarli!

Questi teologi sono i «falsi maestri» di cui parlano con parole terribili, anzi, spaventose, san Pietro e san Paolo (cf. 2 Pt. 2, 2-11; 1 Tim. 1, 3-7; 4, 1-11; 6, 3-5; 2 Tim. 3, 1-7; 4, 1-5). Questi «falsi maestri» vengono chiamati dal Papa Paolo VI «teologi da camera» e «autoteologi», e di essi - dice ancora il Papa - è necessario «diffidare», perché fanno fare «naufragio nella fede» (1 Tim. 1, 19).


Pregare per il Papa

La piccola Giacinta di Fatima, prima della morte, ebbe dalla Madonna una visione in cui vide il Papa in mezzo a gravissime sofferenze.

La piccola veggente raccomandò con tutte le forze, da parte della Madonna, di pregare per il Papa, di soffrire con lui e per lui, che deve pascere il gregge universale (Gv. 21, 15-17).

Si sa che sempre ci sono state anime generose che hanno offerto e immolato la loro vita per il Papa. San Vincenzo Strambi, ad esempio, confessore del Papa Leone XIII, si offrì come vittima per far vivere più a lungo il Papa. E così avvenne: il Papa visse altri cinque anni, mentren san Vincenzo morì cinque giorni dopo la sua offerta.

Guido Negri, intrepido soldato, morì al fronte dopo aver offerto la sua vita per il Papa.

Noi tutti possiamo dimostrare al Papa il nostro filiale attaccamento, come lo dimostrava san Massimiliano M. Kolbe, che considerava ogni volta una grazia entusiasmante poter vedere il Papa, accostarsi vicino, baciargli la mano; come lo dimostrava san Pio da Pietrelcina, che voleva avere sempre l'immagine del Papa accanto a quella della Madonna, e poco prima di morire scrisse una lettera al Papa per rinnovargli la sua dedizione e fedeltà totale.



Fioretti

- Offrire la giornata per il Papa.

- Recitare un Rosario per il Papa.

- Fare una mortificazione per il Papa.
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P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventesimo giorno

20 MAGGIO - SANTIFICARE LA FESTA


Sembra incredibile che si debba far fatica a ottenere dai cristiani di non lavorare la domenica (e le altre feste di precetto) per dedicarsi al Signore e all'anima propria. Non solo, ma il colmo è che si riesce a ottenere il riposo festivo e la partecipazione alla Messa soltanto da una scarsa minoranza di cristiani!

Siamo giunti ormai a questo!

Con quali conseguenze? Quelle già previste da Papa Leone XIII: «Violata la domenica, questo è il principio di tutti i mali: è la fede spenta, è l'eternità dimenticata, è Dio soppresso nella vita dell'uomo...». È il quadro mondiale della società di oggi: ateismo, materialismo, laicismo, animalismo.

Eppure, con il Concilio Vaticano II, la domenica è stata messa ancor più in onore, come giorno del Signore a benedizione e gioia dell'uomo.

Ogni domenica «i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare all'Eucarestia... la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro» (Sacrosanctum Concilium, n. 106).

Ogni domenica i cristiani hanno da guadagnare per l'anima, con il nutrimento spirituale che ricevono dalla santa Messa; per il corpo, con il riposo che ristora dalle fatiche settimanali.

C'è solo da guadagnare, quindi. La domenica ricarica di energie l'anima e il corpo. È un dono di Dio. È giorno di grazia. «Questo è il giorno che ha fatto il Signore» (Sal. 117, 24).

Perciò san Tommaso Moro, il Gran Cancelliere d'Inghilterra, anche quando con la persecuzione venne messo in prigione, festeggiava la domenica facendosi portare e indossando gli abiti da festa «per piacere al Signore».


Tutti alla santa Messa

I due cardini delle festività sono la partecipazione alla Santa Messa e il riposo dal lavoro.

La partecipazione alla Santa Messa festiva non consiste soltanto nell'essere presente in chiesa durante la celebrazione, perché anche le pareti e i banchi sono presenti senza partecipare affatto...

La partecipazione alla Santa Messa deve essere attiva e sentita. Attiva, nel seguire punto per punto lo svolgersi del rito. Sentita, nell'unirsi vivamente a Gesù che si immola sull'altare fra le mani del sacerdote.

La partecipazione è piena, se si riceve anche la Santa Comunione, dopo aver debitamente purificato l'anima con il Sacramento della Confessione.

Questo è il cuore della domenica cristiana: Confessione, Messa, Comunione. Sono tre tesori di infinito valore, che arricchiscono meravigliosamente l'anima di grazia. In tal modo la domenica è veramente «il giorno del Signore» e «la festa dell'anima».

Parecchi cristiani, però, si contentano solo della Santa Messa. Perché? Come mai restano privi dei due sacramenti della Confessione e Comunione? E potrà chiamarsi davvero «giorno del Signore» una domenica senza la Comunione?... Gli antichi cristiani chiamavano la domenica anche con le due parole Dies Panis, «Giorno del Pane», perché tutti partecipavano alla Santa Messa e ricevevano Gesù Eucaristico, «pane del Cielo» (Gv. 6, 41). Non dovrebbe essere così anche oggi per tutti i cristiani?


È peccato mortale

L'obbligo della santa Messa festiva è grave. Chi non partecipa alla Messa di precetto commette peccato mortale.

Soltanto il caso di grave necessità o di vera impossibilità (una malattia) fa evitare il peccato.

Né vale ascoltare la Santa Messa per radio o per televisione. Questo è solo un atto di devozione, utile a chi è impossibilitato a recarsi in chiesa.

La santa Messa è l'atto comunitario e sociale per eccellenza: per questo è necessaria la presenza viva in seno alla comunità.

Ricordiamo sempre: per la sua importanza, la Santa Messa deve occupare il primo posto nella domenica. Tutto deve esserle subordinato e condizionato.

Quando il pio Alberto I, re del Belgio, si trovò una volta nelle Indie, gli organizzarono una splendida escursione per il giorno di domenica. Il programma dell'escursione venne presentato al re; questi lo esaminò, e disse subito: «Avete dimenticato un punto: la Santa Messa. Questo prima di tutto!».

Quale lezione per tanti nostri gitanti ed escursionisti, così pronti a sacrificare la Messa e a trasformare la domenica da «giorno del Signore» in «giorno del demonio»!

Più edificante ancora è l'esempio che danno alcuni semplici fedeli, i quali affrontano sacrifici veramente duri, pur di non perdere la Santa Messa. C'è una vecchietta che deve percorrere a piedi diverse ore di strada; c'è un operaio che può correre alla Santa Messa soltanto alle primissime ore del giorno, alzandosi ancora con le tenebre; c'è una mamma di tredici figli che in vita sua non ha mai perso una Messa festiva...


Il riposo festivo

Per lodare il Signore e dedicarsi a Lui, curando la propria anima, è necessaria l'astensione dal lavoro.

Insegna san Gregorio Magno: «La domenica si deve interrompere il lavoro e darsi alla preghiera, perché le negligenze dei sei giorni precedenti siano espiate con la preghiera di questo gran giorno...».

Se si potessero ascoltare di nuovo le prediche che il santo Curato d'Ars fece per otto anni contro il lavoro festivo, resteremmo anche noi colpiti e commossi.

Diceva il Santo: Se si domandasse a chi lavora di domenica: «Che cosa state a fare?», dovrebbe rispondere: «Sto a vendere l'anima mia al demonio, e a mettere di nuovo in croce Gesù, mi sono condannato all'inferno!...».

Proprio a quei tempi la Madonna appariva sui monti de La Salette e ammoniva: «Il Signore vi ha dato sei giorni per lavorare, riservandosi il settimo; e non volete darglielo: ecco che cosa appesantisce il braccio divino».

Purtroppo, la maledetta paura di perdere un po' di guadagno ci fa offendere Dio e la nostra anima nel modo più vile.

Possibile che temiamo di perdere, se serviamo il Signore osservando il Suo comandamento?

«Gente di poca fede! - deve dirci Gesù - cercate prima il Regno di Dio, e il resto vi sarà dato in soprappiù» (Mt. 6, 33).

Il papà di santa Teresa del Bambino Gesù aveva un negozio di orefice. Aperto tutta la settimana, il negozio era sempre chiuso nei giorni festivi. Più di qualcuno, però, gli consigliò di tenerlo aperto ogni domenica fino a mezzogiorno o almeno per alcune ore del mattino, perché venivano gli abitanti dalle campagne a fare spese per le figlie da sposare. Perfino il Confessore gli suggerì di tenerlo aperto qualche ora per combinare ottimi affari, senza offendere il precetto.

Ma il papà di santa Teresina non ne volle sapere. Preferiva rimetterci, anziché allontanare una sola benedizione di Dio sulla famiglia.

E il Signore lo fece diventare anche ricco proprio con i guadagni del negozio!


È fondamentale!

L'osservanza del terzo comandamento è fondamentale per la vita cristiana. Frequentare la chiesa, accostarsi ai Sacramenti, partecipare alla Santa Messa, ascoltare la parola di Dio: sono nutrimento vitale della vita cristiana. Privarsene significa condannarsi al deperimento fino alla rovina anche eterna.

Un venerando e zelante Vescovo francese, nel preparare la sua tomba, si fece scolpire sulla pietra queste semplici parole: «Ricordatevi di santificare le feste» perché, diceva, «questo solo mi basta: se i fedeli mi obbediranno, arriveranno certamente alla salvezza».

Aveva ragione. Chi santifica le feste si tiene in rapporto con Dio e resta di domenica in domenica sotto il suo salutare influsso e richiamo.

Per questo san Pio da Pietrelcina in Confessione era inesorabile nel battere sull'osservanza di questo comandamento, e quanti penitenti hanno dovuto buscarsi, per questo peccato, il rifiuto dell'assoluzione, scacciati bruscamente con un «vattene... sciagurato!».

La Madonna, Madre di Gesù e Madre nostra, vuol vederci almeno ogni domenica tutti riuniti attorno all'altare, attorno a Gesù. E come soffre per la lontananza di molti figli, come prega e attende!

Ella ci vuole tutti ogni domenica, per poterci un giorno avere nella domenica eterna che è il Paradiso.



Fioretti

- Offrire la giornata in riparazione dei peccati contro il terzo comandamento.

- Convincere a santificare la festa qualcuno dei parenti o amici che non la santifica.

- Meditare attentamente sulla parola di Dio della domenica.
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21/05/2010 19:38

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventunesimo giorno

21 MAGGIO - LA CONFESSIONE


Il Sacramento della Confessione sta tutto nella parabola del Figliol prodigo (Lc. 15, 11-24).

Il peccato, il pentimento, il perdono: l'uomo che pecca, il peccatore che si pente, Dio che perdona. Sono tre realtà concatenate dalla misericordia di Dio.

La Confessione è il rimedio del peccato, è il conforto del peccatore, è l'abbraccio di Dio al figlio che ritorna. Non c'è Sacramento più umano di questo, perché segue l'uomo e lo solleva dalle sue debolezze e miserie quotidiane, presentandogli ogni volta il paterno volto di Dio Padre, che è felice di perdonare i figli, perché li vuole salvi: «Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta dalla sua condotta e viva» (Ez. 33, 11).


«A chi rimetterete...»

Il perdono dei peccati ci viene da Dio, ma solo attraverso i suoi ministri sulla terra: i sacerdoti.

Ad essi Gesù ha lasciato il suo mandato: «A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete saranno ritenuti» (Gv. 20, 33). Soltanto i sacerdoti, quindi, possono assolverci dai peccati.

Quante volte? Sempre, purché si sia disposti. Nessun limite alla misericordia di Dio (Mt. 18, 22). «La misericordia divina è così grande - ha scritto san Giovanni Crisostomo - che nessuna parola può esprimerla e nessun pensiero concepirla...». Perciò sant'Isidoro ha potuto affermare con sicurezza: «Non vi è delitto così grande, che non possa essere perdonato nella Confessione».

Sia benedetto Dio nella sua infinita misericordia!

Che dire poi della gioia della Madonna, quando ci accostiamo al Sacramento della Confessione? Proprio Lei, l'Immacolata, la tutta splendente di candore e di grazia, non può che amare immensamente questo sacramento che annulla il peccato e fa splendere le anime dei suoi figli. Certamente ogni Confessione è una grazia della Maternità di Maria, che vuol vedere le anime dei suoi figli somiglianti a Lei, per la gioia di Gesù.


«Madonna mia, basta...»

La beata Angela da Foligno, da giovane, una volta si era confessata male, tacendo alcuni peccati per vergogna. Si trascinò avanti così per diverso tempo, vivendo tra rimorsi crudeli, turbamento e infelicità. Un giorno, finalmente, si scosse; si gettò ai piedi di un'immagine della Madonna e la supplicò singhiozzando:«Madonna mia, basta, io non voglio più vivere così! Oggi stesso dirò tutto al mio confessore...». Ed ebbe la grazia di farlo. Era ora! Andò avanti, poi, con una vita di penitenza tremenda, che l'aiutò potentemente a trasformarsi fino al vertice delle più alte esperienze mistiche.

Non dubitiamo mai e non esitiamo a correre dalla Madonna per ottenere la grazia della Confessione. «La grazia di una buona confessione è la base della perfezione», diceva san Vincenzo de' Paoli. Dalla Confessione si parte e si riparte per le più alte imprese dello spirito. E viceversa: la diminuzione e l'assenza della Confessione fa camminare all'indietro verso la «strada spaziosa e comoda che mena alla perdizione» (Mt. 7, 13).


«Se ti accusi, Dio ti scusa»

Sembra incredibile, eppure sono molti i cristiani che non apprezzano e rifuggono dal Sacramento della Confessione. Non avrebbero che da guadagnare, e invece non se ne curano affatto. Sono pronti ad andare dal medico per ogni piccolo malessere del corpo; trascurano, invece, la salute della propria anima come se fosse uno straccio!

Forse ignorano i grandi benefici del Sacramento o lo considerano soltanto nel suo aspetto più penale: l'accusa delle proprie miserie. È necessario, invece, considerare i grandi frutti positivi che la Confessione ci dona, riconciliandoci «con Dio e con la Chiesa», come insegna il Catechismo (n. 1484).

Nella vita di sant'Antonio da Padova si racconta che un giorno un grande peccatore andò a confessarsi dal Santo, dopo avere ascoltato una sua predica. Il pentimento del peccatore era così vivo che gli impedì di parlare per i continui singhiozzi. Sant'Antonio allora gli disse: «Va', figlio, scrivi i tuoi peccati e poi ritorna».

Il penitente andò, scrisse i peccati su un foglio, tornò dal Santo e gli lesse la lista delle colpe. Quale non fu la sorpresa, però, quando alla fine della lettura si accorse che il foglio era tornato bianco, senza più traccia di scrittura! Ecco il simbolo dell'anima che torna pura nella Confessione.

Dice sant'Agostino: «Quando l'uomo scopre i suoi falli, Iddio li vela; quando li nasconde, Iddio li scopre; quando li riconosce, Iddio li dimentica».

Ancora più efficace è san Francesco d'Assisi con questa breve frase: «Se tu ti scusi, Dio ti accusa; se tu ti accusi, Dio ti scusa». Del resto, continua sant'Agostino, «è preferibile sopportare una leggera confusione dinanzi a un sol uomo, che vedersi coperto d'indicibile vergogna dinanzi a innumerevoli testimoni nel giorno del Giudizio».

Questo stesso pensiero lo diceva spesso san Pio da Pietrelcina ai suoi penitenti. Ed è così.


I tre quadri

Per questo san Carlo Borromeo, prima di confessarsi, si fermava a meditare su tre quadri che aveva fatto mettere nella sua cappellina.

Il primo quadro rappresentava l'inferno, con i reprobi straziati orribilmente: e ciò serviva a incutere salutare timore.

Il secondo quadro rappresentava il Paradiso, con i beati estasiati di gioia; ciò gli infondeva una carica di impegno a evitare il peccato per non perdere il Paradiso.

Il terzo quadro raffigurava il Calvario con Gesù Crocifisso e l'Addolorata: ciò gli riempiva il cuore di dolore vivissimo per le sofferenze causate a Gesù e a Maria con i peccati, eccitandolo al più fermo proposito di fedeltà e di amore.

Confessarsi così significa non solo purificarsi dalle colpe, ma arricchirsi e crescere ogni volta nella vita di grazia. E pensare che san Carlo Borromeo si confessava ogni giorno!


Confessarsi ogni settimana

Se ogni Confessione è un tesoro di grazia perché lava la mia anima nel Sangue di Gesù, purificandola «dalle opere di morte» (Ebr. 9, 14), è chiaro che bisogna approfittarne con grande interesse e frequenza!

Ogni quanto confessarsi? La norma aurea della vita cristiana è la Confessione settimanale.

Molti Santi, è vero, si confessavano più volte alla settimana, e anche ogni giorno: così facevano san Tommaso d'Aquino, san Vincenzo Ferreri, san Francesco di Sales, san Pio X... Ma se non non siamo capaci di tanto, non dobbiamo però far passare settimana senza lavarci santamente nel Sangue di Gesù. Come era puntuale alla Confessione almeno settimanale san Massimiliano Maria Kolbe!

Proponiamoci seriamente anche noi questa norma e teniamoci fedelmente: ogni Confessione è una grazia della Madonna, Madre della misericordia! E se Ella a Lourdes e a Fatima ha tanto raccomandato la penitenza, ricordiamoci che la più grande e salutare penitenza è quella sacramentale: la Confessione frequente.

Soprattutto, però, dobbiamo confessarci al più presto quando avessimo la disgrazia di commettere un peccato mortale. Non contentiamoci dell'atto di dolore e non azzardiamoci a fare la Comunione senza esserci prima confessati, perché faremmo solo un sacrilegio orrendo: «si mangia la propria condanna», grida san Paolo (1 Cor. 11, 29). E sarebbe davvero follia andare a fare un sacrilegio, avendo a disposizione il Sacramento della misericordia. La Madonna non lo permetta mai!



Fioretti

- Proposito di confessarsi ogni settimana.

- Chiedere perdono di tutte le Confessioni fatte male.

- Meditare la parabola del Figliuol prodigo (Lc. 15, 11-32).
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P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventiduesimo giorno

22 MAGGIO - L'EUCARISTIA


L'Eucaristia è Gesù presente fra noi e per noi. Nell'Eucaristia c'è realmente Gesù in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Con l'Eucaristia abbiamo davvero l'Emmanuele, ossia «Dio con noi» (Mt. 1, 23).

Giustamente san Tommaso d'Aquino ci esorta a riflettere che non c'è nessuna religione sulla terra, la quale abbia il suo Dio così vicino e familiare come la Religione cristiana, con l'Eucaristia.

La cosa ancora più grande è che il Verbo Incarnato, Gesù, non solo vive fra noi, ma vuol donarsi, penetrare nel nostro cuore e farsi uno con ciascuno di noi. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui» (Gv. 6, 57).

E questo, Gesù lo vuole ogni giorno. Per questo si è fatto «Pane», perché il pane è il nutrimento quotidiano, è il sostentamento di ogni giorno, senza del quale ci indeboliamo e deperiamo.


La Santa Messa

Dove e quando Gesù si fa Eucaristia? Nella Santa Messa. Quando il sacerdote consacra il pane e il vino, si ha l'immolazione incruenta di Gesù presente realmente sull'altare nello stato di vittima.

Oh! quale divino prodigio è ogni Santa Messa, che rinnova il Sacrificio della Croce e opera il miracolo della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù immolato!

Aveva ragione sant'Alfonso de' Liguori di dire che Dio non potrebbe fare una cosa più grande della Santa Messa. Aveva ragione san Pio da Pietrelcina di dire che «la Santa Messa è infinita come Gesù!»

Per questo i Santi amavano la Santa Messa con una passione ardentissima. San Francesco d'Assisi voleva ascoltare almeno due Messe al giorno, e quando era ammalato voleva che un confratello gli celebrasse la Messa in cella.

E noi invece? Non è forse vero che tanti cristiani fanno difficoltà persono ad andare a Messa la domenica? Quanto poco si comprende questo mistero divino che è la ricchezza infinita della Chiesa! «L'Eucaristia - insegna il Catechismo - è il compendio e la somma della nostra fede» (n. 1327).

Eppure, se vogliamo amare la Madonna non possiamo dimenticare che mai siamo così vicini a Lei, come quando stiamo accanto ad un altare, su cui si rinnova il sacrificio del Calvario: «Presso la Croce di Gesù, stava Maria, sua Madre» (Gv. 19, 25). A san Pio da Pietrelcina una volta fu chiesto se c'era la Madonna durante la Santa Messa. Il Padre rispose con un tono di sorpresa: «Ma non vedete la Madonna sempre accanto al tabernacolo?».

Con la santa Comunione Gesù si dona a ciascuno di noi per nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue: «La mia carne è veramente cibo, il mio sangue è veramente bevanda» (Gv. 6, 56).

Nutrimento divino. Nutrimento d'amore. Nutrimento d'infinito valore e forza. «Beati gli invitati alla cena nuziale dell'Agnello...» (Ap. 19, 9).

Chi non mangia di questo Pane soffrirà indebolimenti e deperirà spiritualmente di giorno in girono. Gesù l'ha detto con parole chiare: «Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete la vita in voi» (Gv. 6, 54).

Per questo i Santi erano affamati di Gesù ed erano eroici nel fare qualsiasi sacrificio per non restare privi di questo «Pane di vita» (Gv. 6, 35), «disceso dal cielo» (Gv. 6, 59).

San Giuseppe Moscati faceva ogni mattina la santa Comunione. E quando doveva viaggiare all'estero per i Congressi scientifici dei medici, viaggiava di notte o scendeva dalle navi, e girava le città straniere, sempre digiuno dalla mezzanotte, in cerca di una chiesa cattolica per poter fare la santa Comunione. Egli diceva che non se la sentiva di iniziare le visite mediche se prima non aveva ricevuto Gesù.

E noi, invece? Forse abbiamo la chiesa a pochi passi, eppure non sentiamo nessuna attrazione per la santa Comunione. Siamo capaci di restare senza Comunione persino la domenica. Poveri noi! La Madonna ci illumini e ci scuota. Se la preghiamo con gioia, Ella ci darà la grazia e la forza di accostarci anche tutti i giorni alla santa Comunione, perché sulla terra non c'è cosa che faccia tanto contenta la Madonna, quanto il farle vedere Gesù dentro il nostro petto. Allora Ella ci stringe al suo Cuore nell'unico abbraccio con Gesù.


Con Gesù e per Gesù

La Santa Messa e la Comunione mi riempiono di Gesù per farmi vivere con Gesù e per Gesù tutta la giornata. Con quale frequenza, durante il giorno, l'amore di Gesù mi dovrebbe riportare all'Eucaristia!

Per questo san Francesco di Sales e san Massimiliano M. Kolbe avevano il proposito di fare una Comunione spirituale ogni quarto d'ora! Per questo i Santi cercavano ogni ora e ogni momento per correre da Gesù e stare vicino a Lui tutto il tempo possibile.

Le visite eucaristiche, le ore di adorazione, le piccole soste di preghiera accanto al tabernacolo erano la passione dei Santi. E come si industriavano! San Roberto Bellarmino, da giovane, andando a scuola passava davanti a due chiese: fra andata e ritorno, faceva quattro visite all'Eucaristia. La beata Anna Maria Taigi, madre di sette figli, usava ogni cura per fare almeno una lunga visita giornaliera a Gesù Eucaristico. Ogni Santo è una creatura d'amore e non può non sentire attrazione per il Sacramento dell'amore.


Ci vogliono i sacerdoti

Santa Gemma Galgani diceva che in Paradiso avrebbe ringraziato Gesù soprattutto per il dono dell'Eucaristia fatto agli uomini. È impossibile che Dio potesse darci qualcosa di più di Se stesso!

Ma come potremmo noi avere l'Eucaristia sulla terra senza sacerdoti? Essi, soltanto essi, sono i «dispensatori dei misteri divini» (1 Cor. 4, 1). Soltanto ad essi Gesù ha detto, dopo la prima Messa della storia, celebrata il giovedì santo: «Fate questo in memoria di me» (Lc. 22, 19).

Per questa divina missione di rinnovare il Sacrificio di Gesù, il sacerdote viene scelto solo da Dio (Ebr. 5, 4), che lo separa da tutti gli altri uomini (Rom. 1, 1) e lo consacra «ministro del tabernacolo» (Ebr. 13, 10).

Beato il sacerdote! Gli Angeli stessi lo venerano, perché egli impersona Gesù. San Cipriano dice con forza: «Il sacerdote all'altare opera nella stessa Persona di Gesù». Ma per avere sacerdoti ci vogliono le vocazioni sacerdotali. E non solo. Ci vogliono anche tutte le grazie della corrispondenza e della fedeltà alla vocazione.

Chi ci donerà tutte queste grazie? La risposta è unica: la Madonna, Mediatrice universale. Ma bisogna pregarla e supplicarla. Ella è la Madre del sommo Sacerdote; Ella è la Madre di tutti i sacerdoti. Ella ha allevato Gesù per il sacrificio; Ella alleva i sacerdoti per condurli all'altare dell'immolazione «con l'età piena di Cristo» (Ef. 4, 13).

Se abbiamo tanto bisogno di sacerdoti, quindi, ricorriamo alla Madonna, moltiplichiamo le nostre preghiere, non stanchiamoci di insistere per ottenere un bene così grande. Con la preghiera si ottengono le vocazioni, come ha detto Gesù: «Pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Mt. 9, 38). Con la preghiera alla Madonna, le vocazioni si ottengono prima, perché Ella fa da potente mediatrice di amore e misericordia.

San Massimiliano M. Kolbe, folle di amore all'Immacolata, in meno di venti anni, con il suo amore e con la sua preghiera incessante, ottenne dalla Madonna circa mille vocazioni! O Maria, Madre e Regina dei sacerdoti, donaci molti e santi sacerdoti!



Fioretti

- Partecipare alla Santa Messa e fare la Santa Comunione con la Madonna.

- Offrire la Messa e la Comunione alla Madonna, per la Sua gioia.

- Fare una visita eucaristica per riparare gli oltraggi all'Eucaristia.
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23/05/2010 12:23

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventitreesimo giorno

23 MAGGIO - LA PREGHIERA


Le due ultime più grandi apparizioni della Madonna sulla terra sono state quelle di Lourdes e di Fatima. Ambedue ci hanno portato un messaggio identico e forte: Preghiera e Penitenza.

La Madonna punta dritta all'essenziale: anzitutto la Preghiera. Ella chiede, raccomanda e insiste sempre su questo punto, sia a Lourdes che a Fatima. Le cose andranno bene se si prega; andranno male se non si prega. La preghiera è la grande arbitra dei nostri destini. Se è assente essa, tutto va a rotoli. «Chi non prega, certamente si danna», diceva sant'Alfonso. E sant'Ambrogio affermava che se «la vita dell'uomo è una battaglia sulla terra» (Giob. 7, 1), la preghiera è lo scudo invulnerabile senza del quale saremmo colpiti inesorabilmente.


La «Vergine in preghiera»

Il Papa Paolo VI nell'esortazione apostolica sul Culto della Beata Vergine (n. 18), ci presenta la Madonna come «Vergine in preghiera» scolpita da tre pagine mariane del Vangelo.

Nella Visitazione, la Madonna loda Dio con l'inno di amore più alto che sia uscito dall'anima di una creatura umana: il Magnificat (Lc. 1, 46-56).

A Cana, la Madonna fa la preghiera di domanda con premura materna e con fede senza tentennamenti, ottenendo subito la grazia temporale per gli sposi e la grazia spirituale per i discepoli di Gesù, i quali «credettero in lui» (Gv. 2, 1-11).

Nel Cenacolo, la Madonna nutre con la sua preghiera materna la Chiesa nascente (At. 1, 14), così come, anche dopo la sua Assunzione in anima e corpo al cielo, non deporrà mai «la sua missione di intercessione e di salvezza».

È proprio Lei, la «Vergine in preghiera», che è venuta a chiedere e a raccomandarci la preghiera sia a Lourdes che a Fatima.

Se le diamo ascolto, facciamo quello che ci dice, non ne avremo che benedizioni su benedizioni. Ma dobbiamo esaminarci seriamente.


Pregare mattino e sera

Non è forse vero che ci sono cristiani i quali fanno appena appena qualche preghiera mattino e sera? Alcuni, poi, hanno paura di sforzarsi troppo e fanno solo il segno di croce. Altri, invece, non fanno neppure il segno di croce, ma si svegliano e si addormentano come gli animali: né più, né meno.

Si può essere cristiani in questo modo? Si può salvarsi l'anima trascurando la preghiera mentre si ha tempo di guardare la televisione, di leggere giornali e romanzi, di andare al bar o allo stadio?

La Madonna, nostra Mamma, è corsa ad avvertirci: «Pregate, pregate molto». Ella ci richiama maternamente a un dovere primario del cristiano: «vegliate e pregate» (Mc. 14, 38); «vegliate nelle preghiere» (1 Piet. 4, 7).

Per questo, anzitutto, non deve mai mancare almeno la preghiera del mattino e della sera. Pochi minuti di preghiera ogni mattina e ogni sera: dovrebbe essere un dovere così dolce per ogni cristiano! Così era per il beato Contardo Ferrini, professore all'Università di Milano, che scriveva: «Io non saprei concepire una vita senza preghiera: uno svegliarsi il mattino senza incontrare il sorriso di Dio, un reclinare il capo, ma non sul petto di Cristo». Così bisogna pregare. Con il cuore, con tutto il cuore. «È il cuore che prega - insegna il Catechismo. Se esso è lontano da Dio, l'espressione della preghiera è vana» (n. 2562).


La preghiera a tavola

A mezzogiorno, di solito, è tradizione cristiana il suono dell'Angelus, a richiamo devoto dell'ineffabile mistero dell'Incarnazione.

A quel segnale, l'Angelo ci invita ad unirci a lui nella preghiera alla Vergine celeste. E i Santi come ci tenevano a questa breve sosta di preghiera mariana con l'Angelo!

San Pio X interrompeva anche le udienze più importanti. San Giuseppe Moscati sospendeva per pochi attimi la lezione o la visita medica. San Pio da Pietrelcina la recitava con chi si trovava, sulla veranda, in cella o in corridoio. Il Papa Pio XII la recitava ogni volta in ginocchio.

Perché non salvare e fare nostra questa meravigliosa preghiera mariana?

Un altro dei momenti di preghiera dovrebbe essere quello dei pasti, quando ci si mette a tavola prima di iniziare a mangiare. Il segno di croce e l'Ave Maria diventano la benedizione di Gesù e di Maria sulla nostra mensa.

Capitò a san Giovanni Bosco. Invitato a pranzo in una famiglia, prima di sedersi a tavola, san Giovanni Bosco si rivolse a uno dei figlioli e gli disse: «Adesso facciamo il segno della croce prima di cominciare a mangiare. Sai perché si fa questo segno?». «Non lo so», rispose il ragazzo. «Ebbene, te lo dico io in due parole. Lo facciamo per distinguerci dagli animali, che non lo fanno perché non hanno la ragione per capire che quanto mangiano è dono di Dio».

Da quel giorno in poi, in quella famiglia non mancò mai quel segno di croce prima dei pasti.

Noi che cosa facciamo?... Se siamo in difetto, proponiamoci di fare il segno di croce e di recitare l'Ave Maria ogni volta che ci mettiamo a tavola per i pasti. E senza rispetti umani!


Una scintilla, tante scintille...

Il pensiero di Gesù è chiaro: il cristiano deve sforzarsi di pregare continuamente, per tenere costantemente offerto a Dio tutto se stesso e tutto ciò che fa: «Bisogna sempre pregare, e mai venire meno» (Lc. 18, 1); «Vegliate e pregate per non entrare nella tentazione» (Mc. 14, 38). Quale tentazione? La tentazione di agire per egoismo o per un'intenzione puramente naturale, e niente affatto per amore di Dio e del prossimo!

La preghiera è indispensabile a tenerci in traiettoria verso Dio. Quando non è possibile la preghiera lunga e sistematica, si faccia la preghiera spicciola, simile a piccoli semi che lungo il giorno vengono disseminati sul terreno delle azioni da compiere. È la preghiera delle brevi giaculatorie, dei rapidi atti di amore, delle pie offerte. Il Papa Paolo VI la chiama preghiera «scintilla».

San Francesco d'Assisi, san Tommaso d'Aquino, sant'Alfonso, santa Bernadetta, santa Gemma Galgani... quale uso ardente e costante non facevano di queste preghiere «scintilla»! Forse che le loro anime non erano alla fine uno scintillio continuo?

San Massimiliano M. Kolbe raccomandava molto questa preghiera «scintilla» per crescere nell'amore all'Immacolata. Valga anche per noi!



Fioretti

- Recita sempre e bene le preghiere del mattino e della sera.

- A tavola, fa' il segno della croce e recita l'Ave Maria prima dei pasti.

- Impegnati a recitare spesso giaculatorie durante il giorno.
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24/05/2010 10:58


[SM=g1740733] Gli incontri del rosario
Scopriamo insieme di cosa si tratta...


Uno degli obiettivi nella “vita del Movimento” è l’interesse di coloro che, “incuriositi”, si accostano timidamente e cercano capire il “segreto” della fedeltà di coloro che hanno trovato nel santo rosario il “compagno di viaggio” del loro cammino di fede, di coloro che si interrogano sul perché dell’attività dei tanti “gruppi del rosario” che, nei vari luoghi, mantengono ordinariamente vivo quel perenne Cenacolo di riflessione e preghiera in cui, con il rosario, la presenza della Beata Vergine Maria continua ad “attrarre” il fuoco dello Spirito che “plasma” in ognuno l’uomo nuovo.

Se vuoi saperne di più clicca qui
Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
movrosar@tin.it

Intanto ti offriamo, con questo video, l'occasione per meditare sulla bellissima testimonianza, e la conseguente catechesi, del Santo Padre Benedetto XVI nel suo recente pellegrinaggio a Fatima lo scorso 13.5.2010

it.gloria.tv/?media=77559

Il canto di sottofondo è:

Vorrei essere un fiore

Vorrei essere un fiore, un fiore dell'altar,

perchè sul tuo bel cuore potessi riposar.

- O fior del ciel Maria, col Figlio tuo
divin

deh! fà ch'io sempre sia un fior del tuo giardin.

Vorrei esser l'incenso, l'incenso dell'altar,

perchè d'amore immenso potessi a te volar.

- O fior del ciel Maria.....

Vorrei essere fiamma, la fiamma dell'altar,

per te d'amore, o mamma, potermi consumar.

- O fior del ciel Maria....



Un grazie al Coro "S.Veronica" Parrocchia di S. Maria Nascente in Bonemerse (CR) il cui CD "Inni e Canti" potrete trovare dai multimedia della san paolo.





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24/05/2010 13:45

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventiquattresimo giorno

24 MAGGIO - LA PENITENZA


Che cos'è la penitenza?

È la virtù che fa riparare l'offesa fatta a Dio con il peccato. Si possono riparare le offese proprie e le offese degli altri. C'è, infatti, chi fa la penitenza per i peccati proprio e anche per i peccati degli altri.

Gesù è stato il divino Penitente per i nostri peccati. La Madonna è stata la celeste Penitente per le nostre colpe. Vittime sublimi, si sono immolati interamente e soltanto per la nostra salvezza.

Con la loro immolazione essi ci hanno redenti, aprendoci le porte del Paradiso e offrendoci i mezzi e la grazia per salvarci.

Adesso tocca a noi servirci di questi mezzi. Uno di questi mezzi è certamente la penitenza: «Se non farete penitenza, perirete tutti» (Lc. 13, 15).

Perché la penitenza?

Perché siamo peccatori e continuiamo a peccare. È necessaria, perciò, la riparazione, l'espiazione. È giustizia: si ripara il male fatto.

«Ogni peccato, piccolo o grande - scrive sant'Agostino - non può restare impunito: o è punito dall'uomo che ne fa penitenza, o all'ultimo giudizio dal Signore».

Possiamo qui ricordare alcuni grandi peccatori convertiti e diventati Santi: santa Maria Maddalena, sant'Agostino, santa Margherita da Cortona, sant'Ignazio di Loyola, san Camillo de Lellis... Essi ci dimostrano che con la penitenza si ripara e si recupera tutto, fino alla santità più alta; e danno ragione a san Cipriano, che esclama: «O penitenza... tutto quello che era legato, l'hai sciolto; quello che era chiuso, l'hai aperto». La penitenza scioglie dalle catene dei debiti contratti per i peccati, e apre i forzieri delle grazie più elette.


Penitenza e amore

Quando san Domenico Savio era gravemente ammalato, venne un giorno sottoposto a un salasso. Prima di iniziare, il medico gli disse: «Voltati dall'altra parte, Domenico, così non vedrai scorrere il tuo sangue».

«Oh no! - rispose il Santo - Hanno forato le mani e i piedi di Gesù con grossi chiodi sulla croce: ed Egli non ha detto nulla...».

E Domenico soffrì senza un lamento i dieci piccoli tagli che gli vennero fatti.

Ecco la legge dell'amore: quando si ama veramente una persona, si vuol condividere tutte le sofferenze della persona amata. Non se ne può fare a meno.

Chi ama Gesù, e conosce la sua vita di umiltà e sacrificio, culminante nella crudele Crocifissione e Morte, non può fare a meno di desiderare la partecipazione a tutto quel dolore voluto dall'amore.

L'intensità di questa partecipazione a volte si è fatta anche manifesta in modo prodigioso e sanguinoso: pensiamo a san Francesco d'Assisi, santa Veronica Giuliani, santa Gemma Galgani, san Pio da Pietrelcina.

Ma in tutti i Santi la penitenza più crocifiggente è stata un'esigenza dell'amore. Essi arrivavano al punto di non bramare altro che il patire. Ricordiamo alcuni esempi mirabili.

San Francesco Saverio, sebbene oppresso da penosissimi dolori, pregava con trasporto, dicendo: «Ancora, Signore, ancora di più!». E all'isola su cui aveva patito le più gravi tribolazioni volle mettere il nome di Isola delle consolazioni.

Santa Teresa di Gesù è celebre anche per quel grido: «O patire o morire!». E san Giovanni della Croce, a Gesù che gli chiedeva che cosa volesse, rispose: «Patire ed essere disprezzato per te».

San Gabriele dell'Addolorata diceva che il suo paradiso erano i dolori della Madonna, san Massimiliano M. Kolbe chiamava «caramelle» le croci e le tribolazioni. San Pio da Pietrelcina diceva che i suoi tremendi dolori erano «i gioielli dello Sposo». Così ragiona chi ama.


Fare il proprio dovere

La prima e più importante penitenza del cristiano è quella di compiere fedelmente e perfettamente i propri doveri quotidiani. Fare altre penitenze, omettendo questa, significa badare al secondario trascurando il principale. Il primo posto, ricordiamo bene, tocca sempre al compimento esatto dei propri doveri. Se c'è questo, la sostanza della nostra vita di penitenza è assicurata.

San Giuseppe Cafasso menava una vita di penitenza nascosta agli occhi dei più. Dalle deposizioni al Processo di Beatificazione sappiamo che si accorse di qualcosa la buona donna che gli lavava la biancheria macchiata di sangue.

«Come mai le camicie sono sempre macchiate di sangue? - disse un giorno. Ha forse qualche piaga?».

Il Santo avrebbe voluto tacere, ma poi rispose schiettamente: «Via, voi siete come mia madre. Vi dirò tutto, a patto, però, che non lo diciate a nessuno. Dovete sapere che noi preti portiamo una cintura con punte, detta "cilizio". Ecco perché trovate delle macchie».

«Ma deve far male, povero figlio mio!» esclmaò la donna.

«Sicuro che fa un po' male; ma bisogna scontare i peccati, no?».

«Che dice? - interruppe l'altra, sgomenta - Se lei ha bisogno di far penitenza, che dobbiamo far noi?».

«Voi lavorate sodo - rispose il Santo - e lavorare tutto il giorno è una bella penitenza...».


Penitenza per i peccatori

Il lamento accorato della Madonna di Fatima dovrebbe starci veramente a cuore: «Molte anime vanno all'inferno perché non vi è chi si sacrifichi e preghi per loro».

Giacinta, il fiorellino della Madonna di Fatima, fu la pastorella a cui maggiormente stettero a cuore quelle parole della «Bella Signora». Ella volle essere la vittima innocente; e il soffrire per i peccatori fu la sua passione dolorosa fino alla morte.

Colpita dalla spagnola e dalla pleurite purulenta, con infezione progressiva; trasportata in ospedale, lontana da casa; sottoposta a intervento chirurgico per l'asportazione di due costole senza esser addormentata... Povera bimba! Eppure, fu eroicamente coraggiosa nel non perdere ogni occasione e sacrificio per i peccatori: cibi ripugnanti, sete, solitudine, immobilità nel letto, dolori brucianti... Il suo celeste conforto era l'assistenza materna della Madonna; e morì consumata da febbre e dolori, sola sola, sul Cuore dell'Immacolata venuta dal Cielo a prendere l'innocente vittima per i peccatori. Quale esempio di penitenza eroica!



Fioretti

- Meditare la Passione e Morte di Gesù (Mt. 26 e 27).

- Offrire tutti i sacrifici e disagi alla Madonna Addolorata.

- Recitare i misteri dolorosi del Rosario.
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25/05/2010 21:51

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Venticinquesimo giorno

25 MAGGIO - LA PAZIENZA



Siamo tutti d'accordo: non c'è virtù pratica che sia così necessaria nella vita cristiana come la pazienza. Non ci sono dubbi.

La pazienza è la virtù che fa sopportare, con amico tranquillo, i disagi e le sofferenze della vita.

Chi non ha noie e tribolazioni nella vita? Chi può risparmiarsi da fastidi e disagi? Chi può mai sfuggire al peso quotidiano di prove e contrasti?

Perciò «è necessaria la pazienza - diceva san Paolo - per compiere la volontà di Dio e conseguire i beni della promessa» (Ebr. 10, 36).

Pazienza in casa e fuori casa. Pazienza nell'ufficio o in fabbrica. Pazienza con i padroni e con i sudditi. Quante occasioni ogni giorno!

Dobbiamo veramente pregare la Madonna di concederci questa virtù, per poter imitare Lei, sempre dolce, forte e serena in mezzo alle prove e ai travagli più grandi: a Betlemme, fra le angustie per la ricerca di un luogo; in Egitto, dove arrivò con Gesù Bambino e san Giuseppe, poveri fuggiaschi fra gente sconosciuta; nei tre giorni del ritrovamento di Gesù nel Tempio, con quell'ambascia che le amareggia il cuore; nel distacco di Gesù all'inizio della vita pubblica, con le prospettive degli scontri inevitabili con i farisei; nelle sequenze strazianti del Calvario, ai piedi della Croce del suo Gesù adorato.

La pazienza della Madonna! Vedremo in Paradiso come la sua pazienza abbia superato la pazienza di tutti gli uomini messi insieme!


Gli mostrò il Crocifisso

«Una risposta dolce calma la collera - insegna san Giovanni Crisostomo - il fuoco non si smorza con il fuoco, né il furore si calma con il furore».

Un giorno santa Luisa di Marillac presenta una bevanda a un turco infermo, ricoverato all'ospedale. Questi reagisce violentemente al gesto di carità, sbattendo il bicchiere in faccia alla suora.

Senza aprir bocca, santa Luisa si ritira; ma torna poco dopo con un'altra bevanda. Ancora una reazione furiosa dell'infermo, che ripete il gesto brutale di prima.

Di nuovo la suora tace, e si allontana. Ma torna ancora una volta, si avvicina a quell'infermo e gli rivolge parole di tale bontà che quell'uomo non crede ai suoi occhi: si volge alla religiosa, la fissa sul bel volto luminoso e dolce, e le dice: «Voi non siete una creatura della terra... Chi vi ha insegnato a trattare così colui che vi ha offeso?».

Santa Luisa non risponde, ma gli mostra il Crocifisso che porta sul petto.

Lo stesso successo a santa Maria Bertilla nell'ospedale di Treviso. Un giorno un infermo isterico le gettò addosso l'uovo che ella gli aveva portato. La Santa non si turbò minimamente. Andò a cambiarsi il grembiule e tornò dall'infermo portando una tazza di brodo: «Le farà bene», gli disse sorridendo!

Cosa non abbiamo da imparare noi così pronti a impazientirci e a reagire per un nonnulla?


I noccioli delle ciliegie

«Con la vostra pazienza - ha detto Gesù - salverete le vostre anime» (Lc. 21, 19). Di più, con la pazienza si conquistano e salvano anche le anime degli altri, perché «l'uomo paziente vale più dell'uomo forte, e chi domina l'animo vale più di un espugnatore di città» (Prov. 16, 32).

San Giuseppe Cafasso era il cappellano dei condannati a morte. Per questo poteva entrare nelle loro celle e stare in mezzo a loro. Sembrava davvero un angelo di serenità e di pazienza in quell'ambiente fetido e ripugnante.

Portava sempre un regalino ai carcerati, e un giorno portò un cestello di ciliegie. Poco dopo, i carcerati si divertivano a tirargli addosso i noccioli delle ciliegie. «Lasciateli fare! - disse a chi voleva opporsi - Poveretti, non hanno altra distrazione!».

Con questa dolce pazienza egli poteva penetrare nei loro cuori e disporli ad affrontare la morte baciando il Crocifisso e invocando la Madonna.


Spose e mamme pazienti

Molto spesso è soprattutto in casa che bisogna esercitarsi nella pazienza. San Paolo raccomandava agli Efesini: «Comportatevi... con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore» (Ef. 4, 2).

Quanti litigi, beghe e scherzi si potrebbero evitare con pochi granelli di pazienza e di silenzio!

Quando le amiche chiesero a santa Monica come facesse a vivere in pace con un marito così insensibile e violento, la Santa rispose: «Tengo a freno la mia lingua».

Chi non ricorda come santa Rita arrivò a convertire il brutale e volgare marito? Soffrendo in silenzio, «con molta pazienza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie, sotto le battiture» (2 Cor. 6, 4).

Grande fu anche la pazienza della beata Anna Maria Taigi, madre di sette figli. Ogni giorno erano prove che la poverina doveva affrontare per le bizzarrie del marito ben poco gentile, per i problemi dei figli bisognosi di una buona formazione, per le contrarietà e i disturbi che capitano inevitabilmente ad ogni famiglia.

Una volta le ruppero un magnifico vaso di maiolica, che era un prezioso e caro ricordo della famiglia. La Santa guardò i cocci e poi disse con serenità: «Pazienza... Se lo sapessero i negozianti di maioliche ne sarebbero contenti. Devono vivere anch'essi, non è vero?». Questa pazienza è uno dei frutti più preziosi dello Spirito Santo (Gal. 5, 22).


Guardiamo a Lei

La prima dote della carità è la pazienza, dice san Paolo (1 Cor. 13, 4). La più grande carità porta con sé la più grande pazienza. Per questo la Madonna, Madre dell'Amore, è esemplare perfettissimo ed è la sorgente della nostra pazienza.

A Lei che visse con l'anima trapassata da una spada (Lc. 2, 35), noi dobbiamo guardare per imparare a saper accettare con pazienza eroica anche un pugnale piantato nel cuore.

A Lei che fu la «Vergine sofferente» e la «Madre corredentrice» non solo nel Tempio, ma anche, e soprattutto, sul Calvario (Marialis cultus, 20), dobbiamo attaccarci per attingere energia d'amore paziente e «offerente» nelle tribolazioni della vita e della morte.



Fioretti

- Trattare gentilmente e sorridere a chi mi maltratta.

- Offrire una piccola spina della giornata alla Madonna.

- Meditare sui dolori della Madonna.
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26/05/2010 01:08


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"Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)


Questa Preghiera che segue....me la insegnarono le Suore Domenicane Missionarie di san Sisto, quando ero al collegio.......
Ogni anno a Maggio, andavamo in pellegrinaggio sia alle Tre Fontane, quanto al Divino Amore, e lì si alzava al Cielo la seguente supplica che da allora non ho più dimenticato....


O Maria, Regina del mese di Maggio e Madre degli Uomini.

Eccoci a Te, come ritornati da un lungo cammino senza meta.
Eccoci a Te, come stremati dalla ricerca di Pace e di felicità
Tu puoi ridonarci la speranza e l'ardire.

Noi ritorniamo a Te, perchè il tuo sorriso e la tua bellezza,
ci facciano dimenticare tante cose che ci angustiano e ci turbano.
Noi ritorniamo a Te, in questa primavera dell'anno,
per risentire la tua voce materna, ammonitrice e dolce.
Noi ritorniamo a Te, dopo in nostri sbandamenti,
perchè tu ci indichi la strada da percorrere:
quella segnata da Gesù ai suoi veri seguaci,
difficile e impegnativa, stretta e sassosa,
ma l'unica orientata veramente al successo.

Guidaci all'ascolto del Tuo Figlio;
guidaci ad impegnativi propositi
capaci di rifare il mondo così stanco
e così affamato di serenità:
Tu ci conosci!

Sai quello che vogliamo, quello che possiamo,
quello di cui abbiamo veramente bisogno:
aiutaci ad ottenerlo da Dio,
o Regina del Mondo,
o Madre di tutti

Amen!


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28/05/2010 16:55

 

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventiseiesimo giorno



26 MAGGIO - L'OBBEDIENZA


L'obbedienza è la virtù che ci spinge a sottomettere la nostra volontà a quella di Dio e a quella dei superiori, che rappresentano Dio.

La prima obbedienza è dovuta a Dio, nostro Padre e Creatore. «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal. 23, 1). Se siamo sue creature e suoi figli, dobbiamo a Lui ogni obbedienza creaturale e filiale. «Tutte le creature ti servono» (Sal. 118, 91).

L'obbedienza a Gesù è legata alla Redenzione. Egli ci ha riscattati con il suo Sangue; perciò gli apparteniamo, siamo suoi e dobbiamo obbedire ai suoi divini voleri: «Non siete più vostri, perché siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor. 6, 20).

L'obbedienza ai superiori è legata al fatto che essi sono i rappresentanti di Dio. Sappiamo bene che Dio non ci governa direttamente, ma attraverso i suoi delegati, che fa partecipi della sua autorità. «Non c'è autorità che da Dio» (Rom. 13, 2). Per questo la disobbedienza ai superiori è sempre una disobbedienza all'autorità di Dio: «Chi resiste all'autorità, resiste all'ordinamento voluto da Dio, e coloro che resistono si procurano da se stessi la dannazione» (Rom. 13, 1).

Gesù adopera un'espressione ancora più forte e anche più precisa: l'obbedienza ai superiori mette in rapporto diretto con Lui: «Chi ascolta voi, ascolta me... chi disprezza voi, disprezza me» (Lc. 10, 16).

Le obbedienze che hanno operato miracoli e le disobbedienze che li hanno impediti sono la conferma della parola di Gesù.

Quando san Giuseppe Benedetto Cottolengo seppe che c'era un bel numero di suore ammalate, e che non si sapeva come fare per il servizio della Piccola Casa, diede ordine senz'altro che le suore di alzassero per il servizio della Casa. Le suore si alzarono e si trovarono guarite. Una sola non volle alzarsi per timore, e non guarì e poi finì anche fuori dell'Istituto.

Quando san Francesco d'Assisi e santa Teresa d'Avila nelle estasi ricevevano qualche comunicazione, erano pronti a rinunziare a tutto, se il superiore decideva in modo diverso, perché nella parola del superiore c'è la presenza di Dio, senza inganno, mentre nella visione o nella locuzione c'è sempre un margine di incertezza.


Superiori... discoli

È chiaro che i superiori debbono esercitare l'autorità solo come delegati di Dio, e quindi non debbono mai comandare ciò che è contro la legge di Dio: non possono essere delegati di Dio quando comandassero il peccato o non lo impedissero (mentire, rubare, abortire, bestemmiare...). In questi casi essi sono delegati di satana: e non possono e non debbono essere obbediti. In tutti gli altri casi, però, bisogna obbedire, anche quando l'obbedire pesa o ripugna. Anche quando chi comanda fosse odioso e fazioso: «Servi obbedite ai padroni anche discoli» (1 Pt. 2, 18).

Nella vita di santa Geltrude si legge che per un certo periodo ebbe una superiora di umori piuttosto difficili. La Santa pregò il Signore perché la facesse sostituire da una più equilibrata.

Ma Gesù le rispose: «No, perché i suoi difetti l'obbligano ad umiliarsi ogni giorno davanti a me; d'altronde la tua obbedienza non è mai stata tanto soprannaturale come in questo tempo».


«Un mistero di fede»

È chiaro che anima dell'obbedienza è la fede soprannaturale. San Massimiliano M. Kolbe diceva che «l'obbedienza è un mistero di fede». Soltanto chi sa vedere nel superiore il rappresentante di Dio sa obbedire e sa abbracciare la Volontà di Dio, anche quando costa, anzi, soprattutto allora, perché la vera virtù dell'obbedienza è quella che si esercita nel sacrificio: Gesù, dice l'Apostolo, «imparò dalle sofferenze l'obbedienza» (Ebr. 5, 8). Quante volte tocca obbedire in silenzio a cose dolorose! Durante la Passione, Gesù, invece di difendersi o farsi difendere, «taceva» (Mt. 26, 63)!

San Domenico Savio, ragazzo diligente e studente bravissimo, viene accusato falsamente al maestro di una brutta monelleria. Il maestro, sorpreso, è costretto a riprenderlo severamente. Domenico tace! Quando il maestro scopre la verità, chiama Domenico e gli chiede perché abbia taciuto. «Per due motivi - disse. Perché se avessi detto chi era il vero colpevole sarebbe stato espulso dalla scuola, giacché non è la prima volta che sta in difetto, mentre per me si trattava dell'unica volta. Inoltre, ho taciuto perché anche Gesù, accusato dinanzi al Sinedrio, taceva».

Chi non ricorda l'episodio doloroso capitato a san Gerardo Maiella? Calunniato in modo infame, venne castigato severamente da sant'Alfonso. Gli fu tolta la Santa Comunione, venne trasferito e trattato come un peccatore. E lui taceva, e obbediva.

Quando si scoprì la verità, sant'Alfonso poté dire che questo doloroso episodio bastava da solo a garantire la santità straordinaria di san Gerardo.

L'obbedienza ha crocifisso Gesù - «obbediente fino alla morte» (Fil. 2, 8) - e Gesù taceva e pregava. L'obbedienza ha crocifisso i Santi e anch'essi tacquero e pregarono, come Gesù.


La Vergine obbediente

La Madonna ci ha dato l'esempio ineguagliabile dell'imitazione di Gesù anche nell'obbedire. Le prime pagine del Vangelo di san Luca si aprono con il «Fiat» della Madonna all'angelo Gabriele (Lc. 1, 38). Ella obbedì umilmente all'inviato, al rappresentante di Dio, accettando cose umanamente inconcepibili - come la concezione verginale del Verbo Figlio di Dio e la Maternità Divina - e cose dolorose fino alla più tremenda tragedia per una madre: offrire il proprio Figlio all'assassinio!

La Madonna fu obbediente anche all'ordine di Augusto per il censimento (Lc. 2, 1-5); obbedì alla legge della presentazione e purificazione (Lc. 2, 21-24); obbedì a fuggire in Egitto (Mt. 2, 13-15); obbedì a tornare a Nazaret (Mt. 2, 19-23). La ritroviamo infine sul Calvario a consumare nell'angoscia più spaventosa il suo «Fiat» (Gv. 19, 25) come Corredentrice universale. L'obbedienza sul Calvario fu proprio «la spada che le trapassò l'anima» (Lc. 2, 35).

Obbedienza alla Volontà di Dio, senza riserve. «Faccio sempre ciò che piace a Lui» (Gv. 8, 29). Questo è l'atteggiamento del vero obbediente, garantito dall'obbedienza dolorosa amata come quella gaudiosa, pur fra gli spasimi della natura: «Non la mia, ma la tua volontà si faccia» (Lc. 22, 12).


Cacciati fuori...

Quando san Giuseppe Calasanzio venne calunniato e perseguitato dai suoi stessi discepoli; quando, vecchio e infermo, venne imprigionato e portato nei tribunali; e quando, alle soglie delle morte, venne espulso dalla Congregazione e dovette vedere la Congregazione devastata per ordine dello stesso Vicario di Cristo, egli curvò il capo e accettò questa catena di strazi, mormorando: «ora e sempre sia benedetta la santissima volontà di Dio».

Quando sant'Alfonso de' Liguori, vecchio ottantenne, venne calunniato da uno dei suoi figli, egli - il grande, l'appassionato, l'innamorato difensore del Papa - superava lo strazio mortale gridando a se stesso con la fronte a terra, ai piedi dell'altare: «Il Papa ha ragione, il Papa ha ragione!...».

Questa è l'obbedienza che crocifigge, come crocifisse Gesù sulla Croce. Il Santo è colui che si lascia crocifiggere. Noi invece, quanti espedienti, quanti compromessi, quante scappatoie... per evitare ogni peso e ogni fastidio che l'obbedienza ci porta. Ma se facciamo così, è impossibile amare, perché «se mi amate - dice Gesù - osservate i miei comandamenti» (Gv. 14, 15), anche se dolorosi.



Fioretti

- Meditare la Passione e Morte di Gesù.

- Offrire la giornata per i Superiori.

- Chiedere alla Madonna la virtù eroica dell'obbedienza.
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28/05/2010 18:14

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventisettesimo giorno

27 MAGGIO - L'UMILTÀ


«Furfante!» - gridò il demonio al santo Curato d'Ars, sbattendolo di peso contro la parete della stanza - «Mi hai già rubato ottantamila anime quest'anno; se ci fossero quattro sacerdoti come te, sarebbe presto finito il mio regno nel mondo...».

Il Curato d'Ars era il sacerdote forse meno dotato e più sprovveduto della Francia! Ammesso al sacerdozio per una grazia speciale della Madonna (perché sapeva recitare bene il Rosario), si mantenne sempre nella sua umiltà, consapevole di essere un inetto su tutta la linea. Pensò soprattutto a pregare e a fare penitenza con tutte le forze. Il resto lo fece Dio. E furono cose strabilianti che mortificarono l'inferno intero, impotente di fronte a questo sacerdote umiliatissimo.

È la verità della parola di Dio: «Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato» (Lc. 14, 11). E ancora: «Dio resiste ai superbi, dà invece la grazia agli umili» (1 Pt. 5, 5).

Se ora pensiamo alla grandezza eccelsa della Madonna, possiamo comprendere quale immensità di umiltà ci dovette essere in Lei «esaltata sopra i cori degli Angeli».

L'umiltà della Madonna ha il suo biglietto di presentazione nelle prime pagine del Vangelo: «ecco l'ancella del Signore» (Lc. 1, 38); si manifesta nella visitazione a santa Elisabetta, che giustamente le grida: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?»; brilla nella nascita di Gesù, che avviene in una povera grotta, perché «non c'era posto per loro nell'albergo» (Lc. 2, 7); si ammanta di fitto silenzio e nascondimento nei trent'anni di Nazaret; arde di obbrobrio e di ignominia sul Calvario, dove la Madonna è presente quale madre del condannato, Corredentrice accanto al Redentore.

L'umiltà della Madonna è né più né meno proporzionata alla sua eccelsa Regalità. Suprema l'esaltazione perché fu estrema l'umiliazione.

A questa scuola dobbiamo venire per imparare l'umiltà.


La voglia di apparire

Chi più della Madonna avrebbe avuto motivo di apparire? E invece, come Ella è misteriosamente silenziosa e nascosta in tutto il Vangelo!

Noi, al contrario, gonfi di stoltezza e ricchi di miserie, quale voglia di apparire ci brucia! Vedere sacrificati, vedere umiliati o non valutati i nostri talenti, l'essere messi da parte, il non potere affermarci... che tortura e quanti risentimenti!

Ma per diventare umili, dobbiamo rintuzzare senza pietà i segreti impulsi e le velenose compiacenze dell'orgoglio. Così facevano i Santi.

Chi non ricorda sant'Antonio di Padova, mandato a fare il cuoco in uno sperduto conventino degli Appennini? Vi andò umile e mansueto come sempre. Eppure aveva una sapienza prodigiosa e diventerà Dottore della Chiesa.

Quando san Vincenzo de' Paoli si sentiva lodare, diventava loquace sui propri difetti e sulle sue umili origini. Diceva di essere figlio di un povero contadino, ignorante e incapace. Se capitava qualche disordine, attribuiva sempre la colpa a sé.

Lo stesso san Pio X, quando veniva lodato per i suoi ispirati discorsi, volgeva tutto a scherzo, rispondendo: «Sciocchezze, sciocchezze!... Roba copiata, non vale la pena!...». Se operava qualche miracolo con le sue mani, imponeva il silenzio, dicendo: «È il potere delle Somme Chiavi: io non c'entro. È la benedizione del Papa. È la fede di chi domanda la grazia...».

Anche santa Gemma Galgani una volta seppe industriarsi a trovare il modo di umiliarsi e di essere umiliata. Avendo saputo che era arrivato un dotto prelato per interrogarla sui fenomeni straordinari che le avvenivano, ella si prese sulle ginocchia il gattino che girava per la casa e si mise a giocherellare con lui senza dare nessuna importanza alle domande del prelato.

Questi, dopo un poco, andà subito via, ben convinto che quella povera ragazza fosse solo una demente.

È lo stile dei Santi: annullarsi, per fare splendere intatta la grandezza di Dio che opera. «Ha eletto ciò che è nulla, per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor. 1, 28-29).


Una cosa io non so fare...

L'umiltà schiaccia il demonio. L'umilissima Vergine Maria «schiaccia la testa» al serpente infernale. Colui che voleva essere «simile all'Altissimo» (Is. 14, 14) ha la testa sotto i piedi di Colei che vuole essere soltanto l'«ancella del Signore» (Lc. 1, 38). E chiunque è umile, partecipa del potere dell'Immacolata di colpire il demonio alla testa.

San Macario è stato uno dei grandi Padri del deserto. Dovette molto lottare contro il demonio. E un giorno se lo vide venire contro con una forca di fuoco in mano. San Macario immediatamente si umiliò dinanzi al Signore, e al demonio cadde di mano la forca. Satana esclamò allora con ira e odio: «Senti, Macario, tu hai delle buone qualità, ma io ne ho più di te... Tu mangi poco, io per niente. Tu dormi poco, io non dormo mai. Tu fai miracoli, io pure faccio prodigi. Una sola ciosa tu sai fare, che io non so fare: tu sai umiliarti!».

Per questo l'umiltà è una forza micidiale contro satana! Per questo san Francesco d'Assisi occupa in cielo il seggio di Lucifero, secondo una visione di frate Pacifico. Infatti, a chi gli chiese che cosa pensasse di sé, san Francesco rispose di sentirsi come l'essere più abominevole della terra, un verme spregevole; e aggiunse che le grazie donate a lui da Dio in chiunque altro avrebbero tanto più fruttificato.

Questa è l'essenza dell'umiltà: riconoscere che di esclusivamente nostro abbiamo solo il peccato. Tutto il resto, tutto ciò che è buono, è da Dio (1 Cor. 4, 7), e ogni minima cosa buona che riusciamo a fare per la vita eterna ci è possibile solo per sua grazia (1 Cor. 12, 3; 2 Cor. 3, 5). Disse una volta san Pio da Pietrelcina: «Se Dio ci togliesse tutto quello che ci ha dato, noi rimarremmo con i nostri stracci».


L'umiltà è sapienza

Sant'Ambrogio dice che l'umiltà è il «trono della sapienza». Ebbene, alla Madonna dobbiamo chiedere con insistenza questa sapienza. E voglia Ella che noi l'abbiamo, perché «le altre virtù - dice sant'Agostino - picchiano alla porta del cuore di Dio, l'umiltà invece lo apre».

Ricordiamo e ispiriamoci ai tre episodi evangelici più espressivi riguardo all'umiltà.

Dopo la pesca miracolosa, san Pietro è sconvolto dal prodigio operato da Gesù e non può trattenersi dal prostrarsi e dirgli: «Allontanati da me, Signore, perché io sono un uomo peccatore» (Lc. 5, 8). E Gesù per ricambio: «Tu sarai pescatore di uomini» (Lc. 5, 10).

Un povero pubblicano sta in fondo al Tempio, e non osa neppure alzare gli occhi, ma geme umilmente: «Dio, abbi pietà di me peccatore». Gesù ci assicura che è uscito dal Tempio perdonato e purificato, a differenza del fariseo stolto orgoglioso (Lc. 18, 9-14).

Sul Calvario, il buon ladrone si affida umilmente all'Innocente: «Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno», e viene investito potentemente da una grazia che lo dispone in brevissimo tempo a poter entrare nel Regno dei cieli (Lc. 23, 43). Siamo quasi tentati di dire che anche Gesù è debole di fronte all'umiltà. Essa è davvero una chiave che apre il Cuore di Dio!

L'umilissima Vergine Maria voglia donarci questa «chiave» del Cuore di Dio.



Fioretti

- Leggere e meditare i tre bani evangelici di san Luca: 5, 1-11; 18, 9-14; 23, 39-43.

- Fare qualche atto di umiltà per riparare tante compiacenze di orgoglio.

- Chiedere con insistenza alla Madonna la virtù dell'umiltà.
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28/05/2010 23:09

Chiusura mese mariano



Parrocchia Santa Maria Assunta in Cielo
Valle Ponticelli - Avellino

Chiusura del mese di maggio

30 maggio 2010
Solennità della Santissima Trinità

ore 16.30 Recita del Santo Rosario
- misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi - con meditazione mariana

ore 18.30 Santa Messa cantata in rito romano antico
consacrazione della Parrocchia al Cuore Immacolato di Maria
Processione aux flambeaux per il centro storico della parrocchia

canti gregoriani eseguiti delle Suore Francescane dell’Immacolata


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29/05/2010 11:16

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventottesimo giorno

28 MAGGIO - LA PUREZZA


La purezza è la virtù più abbagliante della Madonna. Lo splendore della sua verginità sempre intatta fa di Lei la creatura più radiosa che si possa immaginare, la Vergine più celestiale, tutta «candore di luce eterna» (Sap. 7, 26).

Il dogma di fede della Verginità perpetua di Maria Santissima, il dogma di fede della concezione verginale di Gesù ad opera dello Spirito Santo, il dogma di fede della Maternità verginale della Madonna: questi tre dogmi investono l'Immacolata di uno splendore verginale che «i cieli e la terra non possono contenere» (1 Re 8, 27). E lungo i secoli, nella Chiesa, alla Beata Vergine si sono ispirate le schiere angeliche delle vergini che ghanno cominciato già da questa terra a vivere solo di Gesù, per «seguire l'Agnello» (Ap. 14, 4) nel tempo e nell'eternità.

E se ci sono stati e ci sono ancora i mentecatti, i quali vogliono gettare le ombre del loro squallore su una verità di fede così abbagliante come la Verginità perpetua della Madonna, oltre san Girolamo (che sbaragliò gli eretici Elvidio e Gioviniano) e sant'Ambrogio (che scrisse pagine d'incanto supremo sulla verginità), tutta la Chiesa nel suo cammino millenario ha celebrato e glorificato in Maria la Tutta Vergine, la Sempre Vergine, nell'anima e nel corpo, la Vergine santa consacrata divinamente dalla presenza del Verbo di Dio, che si è incarnato in Lei, rivestendosi della stessa verginità della Madre.


«L'ira di Dio»

Se adesso volgiamo lo sguardo sull'umanità, purtroppo la visione di sogno e d'incanto della verginità immacolata della Madonna svanisce nel modo più brutale.

Impurità, lussuria, sensualità, adulterio, pornografia, omosessualità, turpiloquio, nudismo, spettacoli immondi, balli osceni, rapporti prematrimoniali, contraccezione, divorzio, aborto...: ecco lo spettacolo nauseante che l'umanità offre agli occhi di tutti.

Santo Cielo, quali abissi di nefandezze su questa povera terra! Si può andare avanti così senza provocare «l'ira di Dio» (Ef. 5, 6)?

La Madonna fece dire dalla piccola e innocente Giacinta (ignara del vero significato di quel che dicesse!): «I peccati che mandano più anime all'inferno sono i peccati impuri».

Chi potrebbe smentire questa affermazione, osservando il teatro di vergogne che il mondo mette in mostra ogni giorno?

È vero che il peccato impuro non è il peggiore né il più grave dei peccati. Ma è il più frequente e il più schifoso. Questo è indubitabile.

Noi conosciamo la beatitudine della purezza proclamata da Gesù: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt. 5, 8); conosciamo i due comandamenti di Dio riguardo all'impurità: il sesto e il nono; conosciamo anche la raccomandazione più che energica di san Paolo ai cristiani: «La fornicazione e l'impurità di ogni specie... non siano neppure nominate tra voi... ma lo stesso valga per le volgarità, le insulsaggini e i discorsi triviali: tutte cose indecenti» (Ef. 5, 3-4); conosciamo l'insegnamento nobilissimo del Catechismo della Chiesa: «Il sesto comandamento ci ordina di essere santi nel corpo, portando il massimo rispetto alla propria e all'altrui persona, come opere di Dio, e templi dove Egli abita con la sua presenza e con la sua grazia»; conosciamo i fermi richiami della Chiesa con recenti documenti di primaria importanza (Humanae vitae; Persona humana).

Conosciamo tutte queste indicazioni luminose per battere le seduzioni del mondo e della carne. Eppure l'umanità, e anche la cristianità, non fa che scivolare di continuo verso forme di costume sempre più degradate, da «uomo animale che non comprende più ciò che è spirituale» (1 Cor. 2, 14), a favore del più cieco e ottuso ateismo: «chi entra nella lussuria - dice sant'Ambrogio - abbandona la via della fede».


Quali rimedi?

La fuga dalle occasioni. La preghiera. I Sacramenti.

Ogni peccato impuro - di azione, di desiderio, di sguardo, di pensiero, di lettura... - è peccato mortale. Bisogna difendersi, quindi, con tutte le forze, fino alla violenza, se necessaria, perché «ciò a cui aspira la carne è morte; quello invece a cui tende lo spirito di vita è pace, poiché il desiderio della carne è inimicizia contro Dio...» (Rom. 8, 6-7).

Ricordiamo san Benedetto e san Francesco che si buttano fra le spine per spegnere «la concupiscenza che attrae e alletta» (Giac. 1, 14). Ricordiamo san Tommaso d'Aquino, che si serve di un tizzone ardente per sventare un'insidia pericolosissima. Ricordiamo santa Maria Goretti, che si lascia maciullare da quattordici coltellate, pur di salvare la sua liliale verginità.

Le occasioni più comuni di peccato, però, esigono soprattutto la mortificazione degli occhi (evitare cinema, televisione, letture sporche), della lingua (evitare il turpiloquio e i discorsi licenziosi), dell'udito (non ascoltare canzoni e barzellette volgari), della vanità (opporsi alle mode indecenti).

Da tutto questo appare evidente che «la vita dell'uomo sulla terra è una battaglia» (Giob. 7, 1) e che è necessaria la continua vigilanza, con l'aiuto di Dio (preghiera e Sacramenti) per non lasciarsi «dominare dalla concupiscenza» (cf. 1 Tess. 4, 5).

È umiliante, ma è questa la nostra reale condizione: carne e spirito sono sempre in lotta serrata fra loro: «Nelle mie membra c'è un'altra legge, che muove guerra alla mia anima e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra» (Rom. 7, 23).

San Domenico Savio che strappa i giornaletti ricevuti dai compagni; san Luigi Gonzaga che riprende in pubblico chi parla scorrettamente e si impone penitenze terribili; san Carlo Borromeo che fin da ragazzo si accosta spesso ai Sacramenti; sant'Alfonso de' Liguori che si toglie gli occhiali quando il papà lo porta a teatro... sono tutti esempi che dovrebbero spingerci a usare ogni mezzo per custodire la purezza del cuore e dei sensi.


Castità coniugale

I problemi morali più seri sono quelli che riguardano gli sposi. La castità coniugale è un dovere di tutti gli sposi cristiani, ed è un dovere fecondo di grazie e benedizioni. Ma gli assalti del maligno sono massicci: contraccezione e onanismo, divorzi e aborti stanno facendo strage dei coniugi cristiani, senza dire dei rapporti prematrimoniali, che sono soltanto immonda profanazione dei corpi e delle anime di quei fidanzati schiavi miserabili della carnalità.

Si vogliono solo due figli, e non di più. Poi c'è la pillola o altri mezzi per evitare nuove gravidanze. E così si profanano - magari per anni e anni - i rapporti matrimoniali, che dovrebbero invece simboleggiare l'unione fra Cristo e la Chiesa (Ef. 5, 25).

La «pillola» anticoncezionale è venuta dall'inferno, diceva san Pio da Pietrelcina, e chi la usa commette peccato mortale; e ancora «Per ogni matrimonio il numero dei figli viene stabilito da Dio» e non dal capriccio dei coniugi; e ancora: «Chi sta sulla strada del divorzio sta sulla strada dell'inferno». Peggio ancora per chi dovesse commettere il crimine dell'aborto.

Che aprano bene gli occhi gli sposi cristiani! Profanare il sacramento del matrimonio non sarà mai senza castighi e maledizioni sulle famiglie. Si ricordino bene che «con Dio non si scherza!» (Gal. 6, 7).


Fioretti

- Recitare tre Ave Maria in onore della verginità della Madonna.

- Eliminare e distruggere qualsiasi cosa di immodesto si abbia con sé.

- Mortificare bene i sensi, specialmente la vista.
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29/05/2010 20:30

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Ventinovesimo giorno

29 MAGGIO - LA CARITÀ



La carità è la regina delle virtù. La carità è la perfezione dell'uomo. La carità è la pienezza della vita cristiana: è l'«amore di Dio diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato» (Rom. 5, 5).

È penoso, perciò, illudersi di amare Dio o il prossimo quando si ha il peccato mortale nell'anima.

È penoso, ugualmente, illudersi di amare davvero senza che l'impulso d'amore venga sorgivamente dallo Spirito Santo nel cuore.

Quante mascherate e apparenze di carità facciamo noi, coscienti o incoscienti! Lo dice san Paolo con parole che dovrebbero far rinsavire chiunque ciarla senza posa di «disponibilità», di «apertura agli altri», di «vivere per gli altri», e non bada se tutto ciò sia fatto con la grazia di Dio nell'anima e se proceda dalla cosciente e amorosa unione con lo Spirito Santo nel proprio cuore! Altrimenti, più ancora che di ben vaghe «disponibilità» e «aperture» agli altri, san Paolo parla molto concretamente di «distribuire tutti i propri beni ai poveri e di dare persino il proprio corpo ad essere bruciato per gli altri» (1 Cor. 13, 3)!

La sostanza prima della carità, quindi, è la grazia di Dio nell'anima, è l'amore di Dio nel cuore e nelle intenzioni. Senza ciò, si parla di carità «battendo l'aria» (1 Cor. 9, 26).


«L'amore di Gesù spinge»

Quando c'è l'amore di Dio nel cuore, la carità verso il prossimo viene potenziata fino agli eroismi più puri.

San Francesco d'Assisi, che non solo non sfugge, ma si avvicina e bacia il lebbroso; santa Elisabetta d'Ungheria che mette nel proprio letto un lebbroso abbandonato per la strada; i missionari che affrontano rischi e dolori anche mortali per gli infedeli; santa Teresina che si flagella tre volte alla settimana e Giacinta di Fatima, che colpisce le sue gambe con le ortiche per i peccatori; e san Vincenzo de' Paoli, santa Luisa de Marillac, santa Francesca Saverio Cabrini, san Camillo de Lellis, san Giuseppe Cottolengo, san Giovanni Bosco, il beato Guanella, san Leopoldo, e tanti altri Santi, quali eroismi di carità materiale e spirituale non hanno compiuto verso i fratelli, spinti dall'amore di Gesù... Veramente valevano per loro le parole di san Paolo: «L'amore di Cristo ci sospinge» (2 Cor. 5, 14). Non un amore comune, s'intende, ma un amore da «
fuoco divorante» (Deut. 9, 3), che li portava alla «perdita» di sé nell'Amato per avere un solo cuore e un solo volere, pronti ad amare senza misura, fino alla morte.

Così, solo così si spiega tutto il sovrumano amore dei Santi.

Quando il santo Curato d'Ars convertì la moglie di un ricco ebreo, questi arrivò tutto furente ad Ars. Si presentò al santo Curato e gli disse con brutalità:

- Per la pace che avete distrutto nella mia casa, sono venuto qui a cavarvi un occhio.

- Quale dei due? chiese il Santo con semplicità.

L'ebreo rimase sconcertato da una risposta simile; poi rispose: - Il destro!

-
Ebbene, mi resterà il sinistro per guardarvi e amarvi.

- E se ve li cavassi tutti e due?

-
Mi resterà il cuore per guardarvi ed amarvi ancora....

L'ebreo fu sconvolto. Cadde in ginocchio. Pianse. Si convertì. La potenza dell'amore di Gesù!


«Non più io, ma Gesù...»

La carità fraterna più alta e perfetta è quella che ci fa amare il prossimo con il cuore stesso di Gesù. «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù», raccomandava san Paolo (Fil. 2, 5).

Questo è il comandamento nuovo e sublime di Gesù: «Amatevi come io vi ho amati» (Gv. 13, 34), perché «da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete l'un l'altro» (Gv. 13, 35). La misura ultima della perfezione dell'amore è data dall'identificazione d'amore con Gesù.

La carità più alta, quindi, ce l'ha solo il Santo, perché solo il Santo è trasfigurato in Gesù per potenza di amore e dolore. Solo il Santo, attraverso la morte mistica dell'io, arriva a quell'identificazione d'amore con Gesù, che fa dire come san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal. 2, 20).

Il Santo, quindi, è colui che ama follemente Gesù e ama follemente come Gesù. Ama follemente Gesù e sa incontrarlo, vederlo, abbracciarlo dovunque Egli si trovi, soprattutto nell'Eucaristia, poi nel Vangelo, nel Papa, nei poveri e negli infermi, nei reietti e nei miserabili, con i quali Gesù si è identificato (Mt. 25, 31-45).

Ama follemente come Gesù e perciò sa vendere se stesso al mercato degli schiavi in sostituzione di altri: come fecero san Paolino e san Vincenzo de' Paoli; sa esporsi a contagi di malattie mortali, pur di assistere gli infermi: come fecero san Luigi Gonzaga e il beato Damiano di Veuster; sa affrontare rischi e travagli incommensurabili per aiuto ai fratelli: come fecero san Giovanni Bosco per i giovani, santa Francesca Saverio Cabrini per gli emigrati; sa chiudersi ore e ore in un confessionale per sanare e consolare anime in cerca di grazia e di pace: come fecero il santo Curato d'Ars, san Leopoldo, san Pio da Pietrelcina... Quanta bontà e grazia dal cuore dei Santi!


L'Immacolata: tutta amore

Se i Santi sono meravigliosi nell'amore, che cosa sarà l'Immacolata?

L'Immacolata è la «piena di grazia» (Lc. 1, 28), ossia è piena di vita divina, di amore trinitario. Creata innocentissima, sempre vergine purissima, l'Immacolata è simile a un cristallo tersissimo che rifrange luminosissimamente la carità di Dio. Ella è arrivata a donarci Gesù, suo divino Figlio e infinito tesoro del suo Cuore, imitando perfettamente Dio Padre, che ha tanto amato gli uomini «da sacrificare il suo Figlio Unigenito» (Gv. 3, 16).

O Madre divina, come ti ringrazieremo per la tua sterminata carità? Quale violenza da «trapassarti l'anima» (Lc. 2, 35) dovresti fare al tuo cuore di Mamma per essere la Corredentrice universale, per immolare Gesù per la nostra salvezza?... Madre Divina e Dolcissima, la tua carità non può avere eguali, sorpassa il finito, è ai confini con l'infinito. Sii in eterno benedetta!


Chiedo di morire...

Chi ama veramente la Madonna, arriva alla somiglianza con Lei, e produce frutti meravigliosi di grazia e di virtù, soprattutto nell'esercizio della carità.

Un esempio letteralmente abbagliante è quello di san Massimiliano M. Kolbe. Si può dire certamente che l'amore folle all'Immacolata lo rese davvero simile a Lei nel sacrificio più grande che potesse fare: immolare la sua vita di sacerdote, di apostolo, di fondatore delle Città dell'Immacolata, chiedendo di andare a morire in un tenebroso bunker per salvare un papà di famiglia. Sapeva di scegliere una morte atroce e spaventosa in quel sotterraneo di Auschwitz: ma l'amore cresce gigante tra i dolori giganti, e san Massimiliano, amando follemente l'Immacolata, venne da Lei «reso conforme al Figlio suo» (Rom. 8, 29), nella misura massima dell'amore proclamato da Gesù: «Nessuno ha amore più grande di colui che sacrifica la sua vita per i suoi amici» (Gv. 15, 13).



Fioretti

- Ad ogni azione rinnovare l'intenzione di agire solo per il Signore «e non per gli uomini» (Col. 3, 23).

- Chiedere alla Madonna la virtù della carità.

- Fare una visita a qualche cappella o chiesa dedicata alla Madonna.
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01/06/2010 22:47

[SM=g1740733] In una vecchia intervista, diventata parte integrante di un libro, l'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, spiegava in poche ma efficaci parole, come ebbe in dono dai propri genitori la tradizionale preghiera del Rosario...

Ci è piaciuto metterle in un video ed offrirle alla vostra conoscenza, unendo per altro ulteriori inviti del Santo Padre, rivolti ai giovani, ai malati ed anziani ed agli sposi novelli, sull'efficacia e l'importanza del Rosario...

Ti invitiamo così a visitare il nostro sito:
www.sulrosario.org e a contattarci: info@sulrosario.org
il Movimento Domenicano del Rosario forse....potrà aiutarti ad approfondire questa meravigliosa Preghiera
...

Il testo e la canzone, del Coro "S. Veronica" del CD Inni e Canti
si intitola "Pietà Signor" dedicato alla Patria ed alla sua conversione, (autore L.Perosi), un inno di tradizionale memoria che animava i gruppi giovanili specialmente nelle processioni Eucaristiche.

Pietà Signor

Pietà Signor, del nostro patrio suol!
Noi ti preghiam ai piè del Santo Altar!
La Patria nostra a Te si volge in duolo:
a Te la prece ascende e il sospirar
.

Rit. Dio di clemenza
Dio salvator,
deh salva il popol nostro
pel Tuo Sacro Cuor!

Pietà Signor! per tanta cieca gente
che di sue glorie sacre scempio or fa;
dei peccator Tu muta il cor, la mente,
e al mondo dona pace e libertà.

Rit Dio di clemenza......

Pietà Signor! son cento spose sante
che nel dolor ti chiedono mercè:
son cento madri che fra pene tante
volgon lo sguardo lacrimoso a Te.

Rit. Dio di clemenza....

Pietà Signor! Son pargoli innocenti
che le loro mani tendono al Tuo Cuor,
noi qui tutti t'invochiam fidenti
mostraci un raggio del Tuo santo Amor.

Rit. Dio di clemenza....

Pietà Signor! di tanta iniqua gente, che il Nome Tuo non cessa d'insultar!
Noi qui veniam, col mesto cuor dolente,
il perdono Tuo per tutti ad implorar.

Rit. Dio di clemenza...

Pietà Signor! sul Tuo Calvario in pianto
di Chiesa santa geme il gran Pastor!
Deh! Tu conforta il nostro Padre Santo
con un trionfo pari al suo dolor!

Rit. Dio di clemenza...

Pietà Signor! Per il Tuo Cuore istesso,
fonte ed altar d'eterna carità,
di nostre colpe il miserando eccesso
non scemi l'onda della Tua bontà
.

Rit. Dio di clemenza....


Per scaricare il video o solo la canzone, clicca qui:

it.gloria.tv/?media=79875





[SM=g1740738]


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

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03/06/2010 18:44

P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Trentesimo giorno

30 MAGGIO - LA DEVOZIONE ALLA MADONNA


Molto conosciuto, ma sempre bello e significativo questo gentile episodio.

Una mamma insegna al suo bambino come fare il segno di croce. Prende la manina e gliela porta alla fronte:

- Nel nome del Padre... del Figlio... e dello Spirito Santo.

Ma qui il piccolo rimane come pensoso.

- Via, piccino, ripeti con me: «In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...».

Ma il bimbo la interrompe: - E la mamma dov'è?...

Commovente intuizione del bimbo. La presenza della mamma non è affatto secondaria per la vita cristiana. Ossia: la devozione alla Madonna non è affatto un ornamento superfluo di cui spiritualmente si possa fare a meno senza danno alcuno.

Al contrario, «Gesù si oscura, quando Mariaè nell'ombra», scrisse il padre Faber. Ossia, senza la devozione alla Madonna decade anche l'amore a Gesù.

In questo senso, ad esempio, il grande sant'Alfonso de' Liguori voleva la presenza della Madonna in tutto ciò che faceva. Quando predicava, voleva che l'immagine di Maria stesse sempre sul palco dove predicava. Una volta in un paese non trovò l'immagine di Maria sul palco. Disse allora ai suoi più vicini: «Stasera la predica non farà grande effetto, perché non c'è la Madonna». Ma c'è di più.

La Chiesa insegna che la devozione alla Madonna è moralmente necessaria al cristiano per salvarsi, perché «è elemento qualificante della genuina pietà della Chiesa» (Marialis cultus, Introduzione). E ancora: «La pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano» (ivi, 56). Il Papa Giovanni Paolo II conferma anch'egli parlando della «dimensione mariana della vita dei discepoli di Cristo... di ogni discepolo di Cristo, di ogni cristiano» (Redemptoris Mater, 45).

Noi non potremo mai diventare conformi a Gesù se non amiamo la Madonna Santissima come Lui. Questo è un «elemento fondamentale» della vita cristiana, diceva il Papa Pio XII. La Madonna deve occupare nella nostra vita il posto che la mamma occupa nella famiglia, ossia il posto di centro vitale, di cuore, d'amore. Che cos'è una famiglia senza la mamma?


Ella ci unisce a Gesù

Se Dio ci ha «predestinati a divenire conformi al Figlio suo» (Rom. 8, 29), la Madonna - dice san Luigi di Montfort - è stata lo stampo che ha formato Gesù, e che continua a formare Gesù in tutti quelli che a Lei si affidano. Scolpire una statua esige un lungo lavoro; servirsi di uno stampo invece è molto più semplice.

Per questo i devoti della Madonna possono diventare «conformi a Gesù» nella maniera «più rapida, più facile e più gradita», diceva san Massimiliano Kolbe.

Quanto è fuori posto la meschina preoccupazione di chi considera la devozione alla Madonna con un certo sospetto, o con il metro in mano... perché teme che si possa eccedere compromettendo la pienezza della vita cristiana e della più alta santificazione. È proprio tutto il contrario! Lo insegna benissimo la Chiesa.

San Pio X, in una enciclica mariana, raccogliendo la voce dei Padri e dei Santi, scrive: «Nessuno al mondo, quanto Maria, ha conosciuto a fondo Gesù, nessuno è miglior maestro e migliore guida per far conoscere Cristo... Per conseguenza, nessuno è più efficace della Vergine per unire gli uomini a Gesù».

Il Concilio Vaticano II ha ribadito che la devozione alla Madonna non solo «non impedisce minimamente l'immediato contatto con Cristo, ma anzi lo facilita» (Lumen gentium, 60).

Il Papa Paolo VI aggiunge che la Madonna non solo favorisce, ma ha proprio Lei la missione di unire a Gesù per «riprodurre nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito» (Marialis cultus, 57).

Quale tesoro, quindi, è un'ardente devozione alla Madonna!


Ella ci porta in Paradiso

Un giorno san Gabriele dell'Addolorata disse al suo padre spirituale: «Padre, io sono sicuro di andare in Paradiso!».

«E come fai a saperlo?» - chiede il padre.

«Perché ci sono già. Amo la Madonna, dunque sono già in Paradiso!...».

Proprio così. L'amore alla Madonna è segno di predestinazione, è garanzia del Cielo, è amore di Paradiso.

Questo è l'insegnamento comune della Chiesa. Basti ricordare qui tre grandissimi Dottori della Chiesa.

Sant'Agostino dice che tutti i predestinati si trovano già chiusi nel seno della Madonna; perciò l'amore a Maria è un segno prezioso di salvezza.

San Bonaventura dice che «chiunque è segnato dalla devozione a Maria sarà segnato nel libro della vita».

Sant'Alfonso de' Liguori, infine, assicura che «chi ama la Madonna, può essere così certo del Paradiso come se già vi si trovasse».

Se è segno di predestinazione, quindi, la devozione alla Madonna deve starci a cuore come il «tesoro nascosto nel campo» di cui parla Gesù nel Vangelo (Mt. 13, 44).

E, anzi, bisogna stare attenti a coltivare davvero la devozione mariana, perché san Leonardo da Porto Maurizio arriva a dire che «è impossibile che si salvi chi non è devoto a Maria». E non ha torto. Il perché lo dice san Bonaventura: «come per mezzo di Lei Dio è disceso fino a noi, così è necessario che per mezzo di Lei noi ascendiamo fino a Dio», e quindi «nessuno può entrare in Paradiso se non passa per Maria, che ne è la porta».

Perciò, quando san Carlo Borromeo faceva mettere l'immagine della Madonna sulla porta di ogni chiesa, voleva appunto far capire ai cristiani che non si può entrare nel Tempio del Paradiso senza passare per Maria, «porta del Cielo».

In conclusione, se abbiamo la devozione alla Madonna, custodiamola e coltiviamola con grande cura. Se non l'abbiamo, chiediamola con tutte le forze come dono e grazia principale di questo mese di maggio. Ricordiamo la splendida sentenza di san Giovanni Damasceno: «Dio fa la grazia della devozione alla Madonna a coloro che vuole salvi»: Questa «grazia» occupi tutto il nostro cuore. È una grazia che vale il Paradiso! Aveva ragione san Pio da Pietrelcina di dire che la devozione alla Madonna «vale più che la teologia e la filosofia»; e aveva ragione san Massimiliano di dire che l'amore alla Madonna fa «vivere e morire felici».



Fioretti

- Tre Ave Maria mattina e sera per affidarsi alla Madonna.

- Offrire la giornata perché si diffonda la devozione alla Madonna.

- Avere sempre addosso o sotto gli occhi qualcosa che mi ricordi la Madonna.
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P. Stefano M. Manelli F.I. - MEDITAZIONI PER IL MESE DI MAGGIO - Trentunesimo giorno

31 MAGGIO - IL SANTO ROSARIO


A Lourdes e a Fatima la Madonna è apparsa per raccomandarci particolarmente il Santo Rosario.

A Lourdes Ella sgranava la splendida corona, mentre santa Bernadetta recitava le Ave Maria. A Fatima, in ogni apparizione, la Madonna raccomandò la recita del Rosario. In più, nell'ultima apparizione, Ella si presentò come la «Madonna del Rosario».

È veramente grande l'importanza che la Madonna ha dato al Rosario.

Quando a Fatima ha parlato della salvezza dei peccatori, della rovina di molte anime all'inferno, delle guerre e dei destini della nostra epoca, la Madonna ha indicato come preghiera salvatrice il Rosario.

Lucia di Fatima dirà in sintesi che «da quando la Vergine Santissima ha dato grande efficacia al Santo Rosario, non c'è problema né materiale né spirituale, nazionale o internazionale, che non si possa risolvere con il Santo Rosario e con i nostri sacrifici».


Salva e santifica

Un episodio di grazia.

San Giuseppe Cafasso una mattina, molto per tempo, passando per le vie di Torino, incontrò una povera vecchia, che camminava tutta ricurva sgranando piano piano la corona del Santo Rosario.

«Come mai così presto, buona donna?», chiese il Santo.

«Oh, reverendo, passo a ripulire le strade!».

«A ripulire le strade?... che vuol dire?».

«Veda: questa notte c'è stato il carnevale, e la gente ha fatto tanti peccati. Io passo, ora, recitando delle Ave Maria, perché profumino i luoghi appestati dal peccato...».

Il Rosario purifica le anime dalle colpe e le profuma di grazia. Il Rosario salva le anime.

San Massimiliano M. Kolbe scriveva nella sua agendina: «Quante corone, tante anime salve!». Ci pensiamo? Potremmo tutti salvare anime recitando corone del Rosario. Quale carità di inestimabile valore sarebbe questa!

Che dire delle conversioni dei peccatori ottenute con il Santo Rosario? Dovrebbero parlare san Domenico, san Luigi di Montfort, il santo Curato d'Ars, san Giuseppe Cafasso, san Pio da Pietrelcina...

Il Rosario fa bene a tutti, ai peccatori, ai buoni, ai santi.

Quando a san Filippo Neri si chiedeva una preghiera da scegliere, egli rispondeva senza indugi: «Recitate il Rosario e recitatelo spesso».

Anche a san Pio da Pietrelcina un figlio spirituale chiese quale preghiera preferire per tutta la vita. Padre Pio rispose di scatto: «Il Rosario».

Soprattutto i Santi hanno dimostrato l'efficacia di grazia del Rosario. Quanti Santi sono stati veri «apostoli del Rosario»? San Pietro Canisio, san Carlo Borromeo, san Camillo de Lellis, sant'Antonio M. Gianelli, san Giovanni Bosco...

Forse tra i più grandi spicca l'altissimo san Pio da Pietrelcina. Il suo esempio ha del prestigioso in grado tutto sovrumano.

Per più anni egli arrivò a recitare ogni giorno oltre cento corone del Rosario! Un modello gigante che ha garantito la fecondità del Rosario per la sua santificazione e per la salvezza delle anime.

Quanti milioni di anime non sono state attratte misteriosamente da quel frate che per ore e ore, di giorno e di notte, sgranava la corona ai piedi della Madonna, fra quelle mani piagate e sanguinanti?... Egli ha dimostrato davvero che «il Rosario è catena di salvezza che pende dalle mani del Salvatore e della sua Beatissima Madre e che indica donde scende a noi ogni grazia e per dove deve da noi salire ogni speranza» (Paolo VI).


Ogni giorno la corona

Tutta la preghiera, tutta la scienza e tutto l'amore di santa Bernadetta sembra che consistessero nel Rosario. Sua sorella Tonietta diceva: «Bernadetta non fa altro che pregare; non sa fare altro che scorrere i grani del Rosario...».

Il Rosario è preghiera evangelica, preghiera cristologica, preghiera contemplativa in compagnia della Madonna (Marialis cultus, 44-47). Lode e implorazione riempiono le Ave Maria sospingendo la mente verso il mistero presente nella meditazione.

Che questo avvenga ai piedi dell'altare o per la strada, non è un ostacolo per il Rosario. Quando la mente si raccoglie volgendosi a Maria, poco importa se si sta in chiesa o su un treno, se si sta camminando o si sta volando su un aereo.

Questa facilità che il Rosario offre a chi voglia recitarlo, aumenta la nostra responsabilità: possibile che non si possa trovare ogni giorno un quarto d'ora di tempo per offrire una coroncina alla Madonna? In qualsiasi luogo, a qualsiasi ora, con qualsiasi persona, senza libri né cerimonie, ad alta voce o a fior di labbra...

Pensiamo ai Rosari recitati nelle corsie degli ospedali da san Camillo de Lellis e da santa Bertilla Boscardin; per le vie di Roma da san Vincenzo Pallotti; sui treni e sulle navi da santa Francesca Cabrini; nel deserto del Sahara da fratel Carlo De Foucauld; nei palazzi reali dalla venerabile Maria Cristina di Savoia; nei campi di concentramento e nel bunker della morte da san Massimiliano M. Kolbe; soprattutto nelle famiglie, dalla beata Anna Maria Taigi, dai genitori di santa Teresina, dalla mamma di santa Maria Goretti... Non perdiamo il tempo in cose vane e nocive, quando abbiamo un tesoro da valorizzare come il Rosario! Diciamolo e promettiamo alla Madonna, a conclusione del mese mariano: ogni giorno una corona del Rosario per Te, o Maria!


Nel Cuore Immacolato

A Fatima il Rosario è stato il dono del Cuore Immacolato di Maria. E noi vogliamo concludere il mese mariano deponendo il nostro Rosario nel Cuore dell'Immacolata, con l'impegno di recitarlo ogni giorno. Il Santo Rosario sia la nostra «preghiera preferita» come lo era per il Papa Giovanni Paolo II.

Il Rosario e il Cuore Immacolato di Maria segneranno il trionfo finale del Regno di Dio per questa epoca.

La devozione al Rosario e la devozione al Cuore Immacolato di Maria sono garanzie di salvezza. Anzi, la Madonna dice che le anime devote del Rosario e del suo Cuore Immacolato: «saranno predilette da Dio e, come fiori, saranno collocate da me dinanzi al Suo trono».

Voglia Ella stessa accendere e tenere acceso in noi l'amore al Rosario e al suo Cuore Immacolato.



Fioretti

- Recitate un Rosario di ringraziamento.

- Offrire Messa e Comunione in ringraziamento.

- Consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria.
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