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Perchè Gianna Beretta Molla è santa?

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2010 21:18
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15/05/2010 21:18

15-16 maggio
Perché Gianna Beretta Molla è santa?
In occasione del sesto anniversario della sua canonizzazione,
che sarà celebrato presso il Santuario diocesano della famiglia
di Mesero, alcune riflessioni del rettore don Tiziano Sangalli

 

08.05.2010
di don Tiziano SANGALLI

Quali sono le ragioni che hanno spinto la Chiesa a dare risalto alla fede e alla umanità di Gianna Beretta Molla? Cosa ha motivato la sua canonizzazione come “madre di famiglia”?
Domande importanti, perché da molti secoli la Chiesa si era come “distratta” rispetto alla santità vissuta nelle nostre case. Il calendario è pieno di nomi di uomini e donne che hanno raggiunto le vette della perfezione cristiana attraverso cammini “classici”, maturati nella vita religiosa, nella consacrazione a Dio, nella predicazione e nella missione, nel servizio ai poveri... Sono quasi sacerdoti, religiosi e religiose, vescovi, papi, monaci... Perché la novità di una madre di famiglia santa?
Gianna ha testimoniato il Vangelo in ogni giorno della sua vita: nelle sue catechesi lo ha annunciato; nella sua professione di medico e nel suo slancio missionario, nel suo attaccamento alla Chiesa diocesana attraverso l’Azione Cattolica, lo ha attuato. Ma il titolo con cui si è scelto di canonizzarla è “madre di famiglia”. Una premessa necessaria: la sua santità delinea un’esperienza di fede solida, non radicata in un solo gesto eroico finale. E tuttavia perché si è privilegiato proprio l’aver dato la vita?
Il suo messaggio è di grande attualità per tutte le famiglie cristiane. Ci insegna a creare la famiglia alla luce della fede. Come Gianna scrive al fidanzato Pietro pochi giorni prima del matrimonio, la famiglia viene vista da lei come un «piccolo cenacolo ove Gesù regni sopra tutti gli affetti, desideri e azioni» e gli sposi sono chiamati a essere «collaboratori di Dio nella creazione», donando a lui «dei figli che lo amino e lo servano». Gianna imposta così un approccio spirituale (cioè secondo lo Spirito di Gesù) al matrimonio, teso a porre Dio al centro della vita familiare e i figli a coronamento dell’amore. Volendo cercare nelle prime pagine del libro della Genesi, troveremmo questo progetto: l’uomo, creato a immagine di Dio, onora la propria dignità di creatura rendendosi responsabile della vita e del creato che Dio ha posto con immensa fiducia nelle sue mani. La vita, dono di Dio, è nelle mani dell’uomo.
Questa testimonianza di fedeltà al progetto originario, Gianna la riprende e ce la insegna “di nuovo”. Lo fa “oggi, ai nostri giorni” perché, mentre si aprono tutte le porte per sminuire la sacralità della famiglia e della vita, si tende a precludere ogni possibilità a intendere la vita stessa come responsabilità. Ci troviamo invasi da falsi principi ispirati a forme di relativismo che riducono la vita a ciò che piace e non la riconducono a un compito, a una vocazione, a una responsabilità chiesta a tutti e che tutti devono condividere. Tale responsabilità riguarda, appunto, tutta la nostra esistenza umana. Pertanto, valorizzare il sacrificio di Santa Gianna significa richiamare al valore immenso che ha la vita di ogni uomo.
È curioso notare come la Conferenza Episcopale Lombarda abbia presentato la figura e l’esempio di Santa Gianna ricorrendo a un’espressione forte: «Tale mamma martire, per amore di Dio e in obbedienza al suo comandamento che proibisce di uccidere, testimonia ed esalta il sublime eroismo di una sposa e madre cristiana che, nel rispetto di ogni vita, che è sempre dono di Dio agli uomini, sacrifica la propria giovane vita per dire sì al dovere cristiano dell’amore».
La questione è interessante: il gesto eroico di Gianna non va isolato come protesta coerente contro ogni forma di violenza sulla vita nascente o concepita; esso confina strettamente col primo dei comandamenti dato da Gesù nel Vangelo: «Amerai». La questione non è se Gianna è santa perché ha dato la vita per la sua bambina, ma è ben più centrale: come Gianna ha amato, sempre? Come ha adempiuto al comandamento di Gesù? Lo ha fatto in modi diversi, ma, quando le viene chiesto, lo fa nel modo più alto possibile: «Non c’è amore più grande di questo: dare la vita». Il gesto finale di una vita già spesa a servizio di Dio è un restituire tutto a Dio per amore. Gianna, che dalla vita ha avuto molto, insieme a difficoltà e sofferenze, ha saputo restituire tutto nel momento in cui le veniva chiesto il sacrificio di se stessa.

Immagine di Gesù crocefisso

Essendo questa l’obbedienza al “comandamento più grande”, la Chiesa ha giustamente ritenuto di poter vedere il più ampio segno della sua santità nella perfetta imitazione di Gesù crocifisso, al quale tutto è stato tolto perché noi avessimo la Vita. Gianna si spoglia di tutta se stessa per la vita che ha in sé. Non c’è valore più grande da difendere in quel momento: Gianna non dilaziona l’obbedienza, non si rifà, quasi scusandosi, a tanti altri modi in cui si era già resa disponibile agli altri: Dio permette che le sia chiesto il sacrificio più alto e Gianna dice il suo sì. Per questo è santa: per un sì che assomiglia ad altri sì già detti prima, ma questa volta il suo sì la lascia sola di fronte a quel Dio che ha sempre amato e servito e che ancora una volta serve, donando non più tempo o energie, ma se stessa e in un modo tale che più evidente amore di donazione non possiamo immaginare.
La santità è imitazione di Gesù e l’imitazione più alta di Gesù è il dare la vita. Qui e non altrove la biografia di Gianna ci fa percepire una vertigine, un’altezza di offerta di sé che non è “feriale”, non è di tutti i giorni: si dà la vita una volta sola, dopo di che non resta altro per sé che l’incontro con Dio. Nel dare la vita “finisce tutto” e precisamente questo fa tremare i polsi di chiunque. Dare la vita è, per noi, una questione di fede: lo si fa solo se si è convinti che precisamente questo gesto spalanca le porte alla grazia di Dio che fa i suoi santi in modi sempre nuovi e imprevedibili.
Gianna missionaria? Gianna catechista? Gianna donna di Azione Cattolica? Sì, tutto questo, ma insieme a qualcosa che la rende speciale, perfetta imitazione di Cristo; non solo una “buona cristiana” (espressione che oggi non si usa più molto), ma immagine di Gesù crocifisso. Questo mi sembra il caso serio che la biografia di questa donna, madre di famiglia, svela. Fino in fondo.
Continuano i Vescovi lombardi: «È questo esempio di sposa e di madre che vorremmo, anche a nome dei nostri fedeli, venisse proposto all’intera Chiesa oggi... Per egoismo e nella violenza, (oggi) è diventato troppo facile uccidere, in tutti i modi, siano essi palesi o nascosti... Questo esempio di santità laica, vissuta nello stato matrimoniale come insegna il Concilio Vaticano II, incoraggerà molti cristiani a cercare Dio nello stato matrimoniale».
Dunque: Gianna è santa per diverse ragioni; ciascuno può trovarne, scorrendo le sue biografie e può edificare se stesso facendo questo, ma la Chiesa ha privilegiata una ragione della sua santità: «L’adesione incondizionata, nella vita e nella professione medica (non a caso!), alla sapiente dottrina della Chiesa, con netto e totale rifiuto di altre morali egoistiche e laiche, proposte in nome della libertà e del civile progresso» (professor Pietro De Francisci, già presidente nazionale dell’ Associazione Medici Italiani).
Festeggiare il sesto anniversario della sua canonizzazione ha, insieme ad altri, questi profondi significati evangelici ed ecclesiali.

Le celebrazioni

Domenica 16 maggio ricorre il sesto anniversario della canonizzazione di Santa Gianna Beretta Molla. A Mesero il Santuario della Famiglia a lei intitolato propone un programma di celebrazioni il 15 e il 16 maggio. Sabato 15, alle 16, si terranno la preghiera e la benedizione delle famiglie; seguirà la Santa Messa. Domenica 16, alle 16, preghiera e benedizione delle famiglie, poi la Santa Messa solenne e un concerto per organo e tromba con la partecipazione del coro “Santa Gianna”.

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