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Il Papa e lo spirito di Assisi

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2010 19:28
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17/05/2010 15:17

 

IL VIAGGIO DEL PAPA

RITAGLI    «Il Papa ci spiegherà il cuore di Francesco»    DOCUMENTI

«L’attualità del santo sta nella radicalità della sua scelta.
È questa fedeltà al Vangelo che rende autentico l’impegno per la pace
o il dialogo tra le religioni».

("Avvenire", 17/6/’07)

«Viene ad Assisi a spiegare il cuore di san Francesco e il senso profondo del suo messaggio». Alla vigilia della visita, monsignor Domenico Sorrentino riassume così il senso della giornata che oggi Benedetto XVI trascorrerà nella città del Poverello. È la prima volta che il Pontefice torna da Papa sui luoghi francescani più volte visitati quando era cardinale. E per l’occasione l’arcivescovo gli ha dedicato anche un libro, intitolato "L’esperienza di Dio", che illustra le dinamiche dell’esperienza spirituale a partire dall’esperienza dei santi, presentando Francesco come "icona" di un autentico cammino di conversione.

Monsignor Sorrentino, san Francesco dopo sant’Agostino. Assisi dopo Pavia. C’è un nesso tra queste visite separate da poco più di un mese?

«Il Santo Padre viene ad Assisi per l’ottavo centenario della conversione di san Francesco. Mi sembra significativo che abbia dato lo stesso accento alla conversione di sant’Agostino. Conversione, infatti, è una parola amata dal nostro Pontefice, poiché sta alla base della vita cristiana e dice il nostro cammino di trasformazione in Cristo. Francesco è un grande testimone di tutto questo e nell’anno in cui la Chiesa di Assisi si sta impegnando a ricalcare le orme della sua conversione il Papa viene a mettere il sigillo del suo magistero su questo impegno per aiutarci a viverlo in profondità».

Qual è l’attualità di san Francesco?

«Francesco è un santo che parla in tante direzioni. Qui ad Assisi lo si sente in maniera particolare perché arrivano moltissimi pellegrini cattolici, ma anche di altre confessioni cristiane, di altre religioni, talvolta anche non credenti, che però trovano qui un messaggio spirituale. Francesco parla a tutti, perché in definitiva la sua attualità è l’aver scelto Cristo e il Vangelo in maniera radicale e con una forma che proietta la sua luce anche sui profondi bisogni dell’uomo del nostro tempo. Qui è il centro del suo insegnamento. Altri aspetti, come ad esempio l’amore per la natura o per la pace, sono conseguenze di questa scelta radicale».

È un messaggio ascoltato anche dai giovani.

«Certamente. Ricordo che il Papa, parlando lo scorso anno ai sacerdoti di Albano, ha indicato Francesco come una grande figura da riconsegnare ai giovani. In effetti si tratta di un santo convertitosi da giovane e con una vicenda che parla molto alla sensibilità giovanile. Io che vivo nel luogo dove il mio predecessore lo accolse mentre si denudava per esprimere la scelta di Cristo, mi trovo quotidianamente a fare i conti con questa originalità. Comprendo perché i giovani siano particolarmente toccati da tutto questo. E non a caso la visita di Benedetto XVI si concluderà con una grande riconsegna di Francesco e del suo messaggio ai giovani».

Quando si parla di visite del Papa ad Assisi viene subito in mente Giovanni Paolo II e la sua iniziativa della preghiera interreligiosa per la pace. Cosa resta della sua eredità?

«Resta tutto. Il Papa mi ha scritto nel settembre scorso in occasione del ventesimo anniversario dell’evento del 1986, facendo pienamente sua la prospettiva di Giovanni Paolo II. Ha però aggiunto annotazioni importanti, perché quella eredità non venga diluita con interpretazioni poco appropriate. Ha chiarito cioè che se Giovanni Paolo II ha scelto Assisi, lo ha fatto perché la figura e il messaggio di Francesco sono garanzia di autenticità, in quanto riportano lo stesso dialogo interreligioso e la ricerca della pace ad una chiara ispirazione evangelica, lontano da ogni relativismo e sincretismo. Lo spirito di Assisi, ben compreso, continua».

E invece qual è il rapporto tra papa Ratzinger e Assisi?

«È un rapporto molto intenso per più di un motivo. Il Pontefice è venuto molte volte da cardinale, era spesso ospite delle monache clarisse cappuccine tedesche, che infatti incontrerà nel corso della visita. Ma più ancora il suo rapporto con Assisi e Francesco è interiore. Ha studiato san Bonaventura ed è molto interessato a ciò che Francesco dice attraverso questa grande tradizione teologica. E credo che voglia venire ad Assisi a spiegare il suo "cuore" e il senso profondo del suo messaggio».

San Francesco è il patrono d’Italia. Che cosa dice al nostro Paese questo viaggio che giunge qualche mese dopo la conclusione delle visite "ad limina" dei vescovi italiani?

«Oggi l’Italia vive un momento di transizione. C’è un chiaro allontanamento, in tante espressioni dell’etica e del costume, dalle radici cristiane. Rimangono al tempo stesso tanti valori che sono il frutto dell’antica e consolidata evangelizzazione. Francesco parla molto al cuore degli italiani. Credo, dunque, che in questo momento di transizione riproporlo con la simpatia che egli naturalmente suscita sia un grande appello alle coscienze perché ci si possa interrogare sui valori autentici e fare scelte sapienti per un futuro di speranza e di solidarietà».

Per Assisi che cosa si attende?

«Stiamo celebrando l’anno della conversione. In altri termini non ci siamo limitati a commemorare la conversione di Francesco, ma ci siamo messi in uno stato di conversione. Mi attendo che si realizzi ciò che ci siamo prefissi in termini di "ri-accostamento" al Vangelo attraverso la "lectio divina", la preghiera più intensa e la solidarietà più vissuta. E che si possa costruire una Chiesa in profonda comunione e proiettata nella missione».


17/05/2010 15:21

Il Papa: «La sua conversione lo rende così attuale dopo 8 secoli».
Il richiamo: «Quando se ne fa un ambientalista o un pacifista
o l’uomo del dialogo interreligioso, egli subisce una sorta di mutilazione».

Dal nostro inviato ad Assisi, Mimmo Muolo
("Avvenire", 19/6/’07)

L'"infiorata" che accoglie il Papa sul sagrato della Cattedrale collega, con motivi tratti dal "Cantico dei Cantici", il volto del San Francesco di Cimabue a quello di Cristo tratto dal Crocifisso di San Damiano. Immagini che "parlano", entrambe, di una straordinaria storia lunga otto secoli. Benedetto XVI vi giunge a metà pomeriggio, per incontrare il clero e i religiosi. E prima di entrare in San Rufino si ferma a guardare per qualche istante quel variopinto tappeto di fiori. In fondo, il medesimo disegno sta tracciando egli stesso con i suoi discorsi e con l’itinerario di questa domenica dedicata all’VIII centenario della conversione del Poverello di Assisi. Il volto di Francesco, legato indissolubilmente a quello di Cristo. Al di là delle "incrostazioni" e delle indebite sovrapposizioni operate nel corso dei secoli.

Già in mattinata, celebrando la Messa nella piazza inferiore della Basilica, Papa Ratzinger aveva dato un primo assaggio di quest’opera di "restauro" di quell’autentico "capolavoro" della fede che fu la vita di Francesco. «È la sua conversione a Cristo – aveva detto – che spiega quel suo tipico vissuto in virtù del quale egli ci appare così attuale anche rispetto a grandi temi del nostro tempo, quali la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini». Ora, giunto in Cattedrale, riprende e sviluppa quel concetto. E vi unisce un accorato appello alla nuova evangelizzazione. «Francesco – ricorda, infatti, il Papa – è un uomo per gli altri perché è fino in fondo un uomo di Dio. Voler separare, nel suo messaggio, la dimensione "orizzontale" da quella "verticale" significa renderlo irriconoscibile».

Così, tappa dopo tappa, la visita del Pontefice assomiglia sempre di più al "miracolo" operato qualche anno fa dai restauratori della Basilica superiore di San Francesco. Come quegli esperti ricostruirono pazientemente gli affreschi seriamente danneggiati dal terremoto del 1997, così il Papa rimette a posto le "tessere" della vera identità di Francesco, in qualche modo confuse da quella specie di "sisma spirituale" che è l’odierno relativismo. A dire il vero, un analogo pericolo corre anche la figura di Cristo, per cui «i cristiani del nostro tempo» devono «fronteggiare la tendenza ad accettare un Cristo diminuito, ammirato nella sua umanità straordinaria, ma respinto nel mistero profondo della sua divinità». Così «lo stesso Francesco – avverte il Papa – subisce una sorta di mutilazione», quando se ne fa semplicemente un ambientalista, un pacifista o l’uomo del dialogo interreligioso e si dimentica che era soprattutto un «innamorato di Cristo».

La visita del Papa, dunque, si svolge soprattutto sulle orme di "questo" Francesco. Visita caratterizzata dall’accoglienza calorosa della gente e scandita dalla sosta in preghiera su tutti i principali luoghi francescani, nei quali Bendetto XVI è sempre accompagnato dal vescovo, monsignor Domenico Sorrentino. Si comincia dal Santuario del Sacro Tugurio, luogo dell’incontro del Santo con i lebbrosi, da San Damiano, dove il Crocifisso gli parlò, e da Santa Chiara; si prosegue quindi, dopo la Messa mattutina, sulla Tomba nella cripta della Basilica Inferiore, dove il Pontefice si inginocchia a lungo in preghiera. E si conclude toccando la Cattedrale e, naturalmente, la Porziuncola. A ogni gruppo incontrato il Papa affida l’autentico Francesco. Ai sacerdoti e ai religiosi dice: «Ad Assisi, c’è bisogno più che mai di una linea pastorale di alto profilo», una «proposta spirituale robusta, che aiuti anche ad affrontare le tante seduzioni del relativismo che caratterizza la cultura del nostro tempo». Ai francescani, incontrati nel Sacro Convento, e all’intera diocesi ricorda che il "Motu Proprio" in virtù del quale le grandi basiliche assisane sono entrate «nella giurisdizione del Vescovo»: era necessario «per diverse ragioni», ad esempio per il «bisogno di un’azione pastorale più coordinata ed efficace».

Ma è soprattutto ai giovani che Papa Ratzinger afferma esplicitamente di voler «riconsegnare il messaggio, la vita e la testimonianza» del Santo. L’incontro con gli oltre diecimila ragazzi giunti da tutte le diocesi umbre avviene nell’ampio sagrato di Santa Maria degli Angeli «quasi come culmine della giornata», dice il Pontefice. E all’entusiasmo, ai canti, alle coreografie studiate appositamente per lui dai giovani rimasti per ore ad attenderlo sotto il sole, il Papa risponde con un discorso tutto incentrato sulla vita di Francesco prima della conversione. Egli era «il re delle feste», ricorda il Papa. E «anche oggi le iniziative di svago durante i "weekend" raccolgono tanti ragazzi». Inoltre «si può girovagare anche virtualmente navigando in Internet» o perdendosi «nei paradisi artificiali della droga». La gioia vera, però, è un’altra e Francesco la trovò in Cristo. Allo stesso modo, lui che era vanitoso («oggi si suol parlare di cura dell’immagine», annota il Papa) imparò che «centrare la vita su se stessi è una trappola mortale». Infine, Benedetto XVI fa notare che la grande ambizione del giovane di Assisi fu mutata da Dio in «una ambizione santa, proiettata sull’infinito». Così, prendendo spunto dai difetti di questo venticinquenne (tale era l’età di Francesco all’epoca della conversione) di otto secoli fa, simili ai problemi dei giovani di oggi, il Papa mostra che anche nel terzo millennio convertirsi è possibile. Il suo invito conclusivo è quello di Giovanni Paolo II. «Aprite le porte a Cristo. Apritele come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura». E proprio come fu per Francesco l’amore per la pace, per la natura, il rispetto per le altre religioni verranno di conseguenza.


17/05/2010 15:24

    Un appello per la pace in Medio Oriente    DOCUMENTI
nello «Spirito di Assisi»

Il Pontefice ha chiesto che «cessino tutti i conflitti che insanguinano la Terra».
Poi l'invito: «Coniugare accoglienza e dialogo
con la certezza della nostra fede cristiana».

Dal nostro inviato ad Assisi, Mimmo Muolo
("Avvenire", 19/6/’07)

Soffia ancora lo "Spirito di Assisi" e il Papa ne dà la prova, durante la sua visita nella città di San Francesco. «Cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la Terra, tacciano le armi e dovunque l'odio ceda all'amore, l'offesa al perdono e la discordia all'amore», dice al termine della Messa celebrata davanti alla Basilica del Santo. In prima fila, ad ascoltarlo c'è il presidente del Consiglio Romano Prodi, ci sono le autorità politiche e militari. Ma il suo appello, subito rilanciato dai "media", fa in pochi minuti il giro del mondo.
Il pensiero di
Benedetto XVI, infatti, si rivolge a tutti gli scenari di guerra dei cinque continenti, ma in particolar modo il Pontefice dice di voler far riferimento alla «Terra Santa tanto amata da San Francesco, all'Iraq, al Libano, all'intero Medio Oriente». «Le popolazioni di quei Paesi - fa notare - conoscono ormai da troppo tempo gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l'illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell'altro e di rendergli giustizia». Di qui la nuova richiesta di dialogo che Benedetto XVI rivolge a tutti i diretti interessati e anche alla comunità internazionale. «Solo il dialogo - afferma, infatti, - potrà mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli».
È sicuramente questo uno dei momenti più significativi del quinto viaggio italiano di Papa Ratzinger. Il quale non dimentica i tre incontri di pace (1986, 1993 e 2002) voluti da Giovanni Paolo II in momenti tanto drammatici per la storia recente dell'umanità. Anzi vi fa due volte riferimento (nell'omelia della Messa e all'Angelus) e ricordando specialmente quello del 1986 afferma: «Fu un'intuizione profetica e un momento di grazia». Poi, proprio dalla piazza dove i tre incontri si svolsero, invia anche «un saluto agli esponenti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni che accolsero l'invito del mio venerato Predecessore - afferma - a vivere qui, nella patria di
San Francesco, una "Giornata mondiale di preghiera per la pace"».
Sì, lo "Spirito di Assisi" soffia ancora e «continua a diffondersi nel mondo». Nell'omelia, anzi, il Papa ne dà una interpretazione autentica e aggiornata. Ricorda, infatti, che quello spirito «si oppone alla violenza e all'abuso della religione come pretesto per la violenza». E quindi spiega: «Assisi ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa e a Cristo non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell'altro, nel dialogo, in un annuncio che fa appello alla libertà e alla ragione, nell'impegno per la pace e la riconciliazione». Non è né evangelico, né francescano, aggiunge il Pontefice, «non riuscire e non coniugare l'accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell'uomo, unico Salvatore del mondo».
In sostanza, anche in merito alla grande iniziativa di Giovanni Paolo II, Papa Ratzinger opera una sorta di "ripulitura" dalle incrostazioni ideologiche venutesi ad accumulare nel frattempo. Rifacendosi alla lettera inviata lo scorso anno a monsignor Domenico Sorrentino, per il ventennale del primo incontro, Benedetto XVI sottolinea: «La scelta di celebrarlo ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose. Al tempo stesso, la luce del Poverello su quell'iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di "indifferentismo religioso", che nulla avrebbe a che vedere con l'autentico dialogo interreligioso». E quindi con l'autentico "Spirito di Assisi".


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17/05/2010 15:30

Questo messaggio, con tutto rispetto, non centra un bel nulla con il discorso affrontato da noi in altri topic, sempre se questo tuo post voleva dare una risposta a quelle critiche.
17/05/2010 15:31

Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso

Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali
sulla Spiritualità del Dialogo


Eccellenza,

1. Sebbene già vi fossero stati dei contatti fra cattolici e seguaci di altre religioni, il Concilio Vaticano II e in particolare la Dichiarazione Nostra Aetate, possono essere considerati uno spartiacque in queste relazioni. Essi condussero al rinnovamento della visione della Chiesa delle altre religioni. Negli anni successivi, guidati dall’insegnamento del Magistero Pontificio e da alcuni documenti quali L’atteggiamento della Chiesa verso i seguaci di altre religioni (1984) e Dialogo e annuncio (1991), i cattolici hanno compiuto considerevoli sforzi per incontrare i seguaci di altre religioni. Hanno intrapreso varie iniziative e, col tempo, queste sono cresciute di numero e si sono diffuse. Vi sono incontri con persone di altre religioni a livello di vita quotidiana, nella promozione comune di progetti sociali, nello scambio dell’esperienza religiosa, e in scambi formali fra cristiani e altri credenti per discutere elementi di credo o di pratica.

I cattolici ed altri cristiani impegnati in tale dialogo interreligioso divengono sempre più convinti della necessità di una solida spiritualità che sostenga i loro sforzi. Il cristiano che incontra altri credenti non è coinvolto in un’attività marginale per la propria fede. Piuttosto è qualcosa che sorge dalle esigenze proprie della fede. Sgorga dalla fede e deve essere nutrita dalla fede.

Nell’ottobre 1998 il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha scelto come tema della propria Assemblea Plenaria La Spiritualità del Dialogo. Al termine dell’Assemblea i Membri hanno pensato che sarebbe stato utile condividere alcune delle riflessioni con i nostri fratelli nell’episcopato in tutto il mondo. Mi hanno chiesto di scrivervi un rapporto su alcune considerazioni fatte durante il nostro incontro, e di richiedere le vostre reazioni in vista di un eventuale documento del nostro Consiglio.

2. Dio è amore e comunione

Dio è amore e comunione. Come ci dice San Giovanni, Dio è amore (Cf I Gv. 4,16). Il mistero della SS.ma Trinità ci rivela che il Padre Eterno ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, e questo amore reciproco del Padre e del Figlio è la Persona dello Spirito Santo. Perciò il Padre comunica se stesso interamente al Figlio che è Dio da Dio, Luce da Luce. Lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio è con il Padre ed il Figlio un solo Dio che è comunione nella profondità del suo mistero. Questo mistero trinitario d’amore e comunione è il modello eminente per le relazioni umane e il fondamento del dialogo.

3. Dio comunica se stesso all’umanità

A causa del suo generoso amore Dio ha deciso di comunicarsi agli esseri umani che egli ha creato. L’Unico Figlio di Dio ha assunto la natura umana per "riunire i figli dispersi di Dio" (Gv. 11,52), per restaurare la comunione fra l’umanità e Dio, per comunicare la vita divina alle persone e infine per riunirle insieme nella visione eterna di Dio.

L’Incarnazione è la manifestazione suprema della volontà salvifica di Dio. E’ la via scelta da Dio per andare alla ricerca dell’essere umano, danneggiato ed estraniato da Dio a causa del peccato originale, come il pastore va alla ricerca della pecora perduta. L’incarnazione significa, da un lato, che il Figlio di Dio assume tutto ciò che è positivo nella natura umana. Dall’altro, ciò prende la forma di kenosi. Come scrive San Paolo ai Filippesi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil. 2, 5-8). Questa è la via scelta nel piano divino per ristabilire la comunione fra l’umanità e Dio, per ricapitolare ogni cosa così che alla fine “Dio sia tutto in tutti” (I Cor. 15,28; Cf. Ef. 1,15). Così quando i cristiani incontrano altri credenti, sono chiamati ad avere gli stessi sentimenti di Cristo, a seguire le sue orme.

4. Conversione a Dio

Il cristiano che desidera entrare in contatto e stabilire una collaborazione con altri credenti deve cercare prima di tutto di convertirsi a Dio. In questo contesto la conversione a Dio è intesa come apertura all’azione dello Spirito Santo all’interno di se stessi, cercando in maniera positiva di discernere la volontà di Dio, e la prontezza a compiere questa volontà quando è conosciuta. Il cristiano è consapevole che ciascuno è destinato a cercare la volontà di Dio e a obbedirle quando questa sia resa manifesta da una coscienza consapevole. Ciascuno può, e deve, fare progressi nell’impegno di cercare e compiere la volontà di Dio. Quindi, più i partners in dialogo "cercano il volto di Dio" (Cf. Sal. 27,8), più vicino essi saranno gli uni agli altri e più possibilità avranno di comprendersi. Si può dunque vedere che il dialogo interreligioso è un’attività profondamente religiosa.

5. Identità cristiana in dialogo

Il cristiano che incontra altri credenti fa ciò in quanto membro della comunità di fede cristiana, e perciò in quanto testimone di Gesù Cristo. E’ importante che il cristiano abbia una chiara identità religiosa. Il dialogo interreligioso non richiede che il cristiano metta da parte alcuni elementi della fede cristiana o della pratica, mettendoli tra parentesi, e ancor meno mettendoli in dubbio. Al contrario, gli altri credenti vogliono chiaramente conoscere chi stanno incontrando.

E’ nostra ferma convinzione che Dio vuole che tutti siano salvati (Cf. I Tim. 2,4) e che Dio dona la sua grazia anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa (Cf. LG 16; Redemptor Hominis 10). Allo stesso tempo il cristiano è consapevole che Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è l’unico ed il solo salvatore di tutta l’umanità, e che soltanto nella Chiesa che Cristo ha fondato si possono trovare i mezzi per la salvezza in tutta la loro pienezza. Ciò non deve in nessun modo indurre i cristiani ad assumere un atteggiamento trionfalista o ad agire con un complesso di superiorità. Al contrario, è con umiltà e con il desiderio di un arricchimento reciproco che uno incontrerà altri credenti, mentre si tiene saldamente alle verità della fede cristiana. Il dialogo interreligioso, quando è condotto in questa visione di fede, non conduce in nessuna maniera al relativismo religioso.

6. Annuncio e dialogo

Nel dialogo il cristiano è chiamato ad essere testimone di Cristo, ad imitare il Signore nel suo annuncio del Regno, nella sua preoccupazione e compassione per ciascuno e nel suo rispetto per la libertà della persona. Vi è necessità di riscoprire lo stretto legame fra annuncio e dialogo quali elementi della missione evangelizzatrice della Chiesa (Cf. Dialogo e annuncio 77-85). Si può vedere che questi elementi non sono intercambiabili, non devono essere neppure confusi, ma sono davvero correlati (Cf. Redemptoris Missio 55). L’annuncio conduce alla conversione nel senso della libera accettazione della Buona Novella di Cristo e del divenire un membro della Chiesa. Il dialogo, d’altro canto, presuppone la conversione nel senso di un ritorno del cuore a Dio in amore e obbedienza alla sua volontà, in altre parole, apertura del cuore all’azione di Dio (Cf. L’atteggiamento della Chiesa verso i seguaci di altre religioni 37). E’ Dio che attira a se le persone, inviando il suo Spirito che è all’opera nella profondità dei loro cuori.

7. La necessità di comprendere altri credenti

Il cristiano che si impegna nelle iniziative interreligiose avverte sempre più la necessità di comprendere le altre religioni proprio per conoscere meglio i loro seguaci. Si vedrà che vi sono molti punti di contatto: il credere in un unico Dio che è Creatore, l’aspirazione alla trascendenza, la pratica del digiuno e del ringraziamento, il ricorso alla preghiera e alla meditazione, l’importanza del pellegrinaggio. Le differenze, comunque, non devono essere sottovalutate. Una spiritualità cristiana del dialogo crescerà se si mantengono entrambe queste dimensioni. Pur apprezzando l’opera dello Spirito di Dio fra le persone di altre religioni, non soltanto nei cuori dei singoli ma anche in alcuni dei loro riti religiosi (Cf. RM 55), dovrà essere rispettata l’unicità delle fede cristiana.

8. In fede, speranza e carità

La spiritualità che anima e sostiene il dialogo interreligioso è quella vissuta in fede, speranza e carità. Vi è la fede in Dio, che è Creatore e Padre dell’umanità intera, che abita in una luce inaccessibile e nel cui mistero la mente umana non è in grado di penetrare. La speranza caratterizza un dialogo che non pretende di vedere risultati immediati, ma si tiene saldo al credere che “il dialogo è un cammino verso il Regno e che certamente porterà frutti, anche se il tempo e le stagioni sono conosciute solo dal Padre (Cf. At. 1,7)” (RM 57). La carità che proviene da Dio, e che ci viene comunicata dallo Spirito Santo, spinge il cristiano a condividere l’amore di Dio con altri credenti in maniera gratuita. Il cristiano è quindi convinto che l’attività interreligiosa sgorga dal cuore della fede cristiana.

9. Alimentata dalla preghiera e dal sacrificio

Questa spiritualità è alimentata dalla preghiera e dal sacrificio. La preghiera unisce il cristiano alla bontà e al potere di Dio senza il quale non possiamo niente (Cf. Gv. 15,5). Senza l’azione vitale data da Dio, la sola attività umana non è in grado di ottenere nessun bene spirituale permanente. Il sacrificio rafforza la preghiera e promuove la comunione con gli altri. I cristiani imparano dalla loro fede ad amare gli altri credenti anche quando questi ultimi apparentemente non ricambiano, o almeno non immediatamente. L’insegnamento di Cristo è che noi dobbiamo amare in maniera disinteressata, che dobbiamo essere pronti a camminare un miglio in più, che non dobbiamo cercare vendetta se soffriamo a causa di azioni malvage ma piuttosto cercare di vincere il male col bene. Questo non è un segno di debolezza, ma di forza spirituale.

10. I vostri suggerimenti

Nel comunicare le precedenti riflessioni della nostra Assemblea Plenaria ai nostri fratelli nell’episcopato, attraverso voi, Ecc.mi Presidenti delle Conferenze Episcopali, desidero chiedervi le vostre riflessioni e suggerimenti. E’ ovvio che queste terranno conto dell’esperienza di dialogo interreligioso nella vostra area, delle difficoltà incontrate ma anche dei frutti che sono stati evidenti. Sarei grato se le vostre risposte potessero pervenire prima del settembre 1999. Sarà estremamente utile per il nostro Pontificio Consiglio per la preparazione di un eventuale documento sulla Spiritualità del Dialogo.

Ringraziando per la cortese collaborazione, mi confermo,

dev.mo in Cristo


Francis Card. Arinze
Presidente

Città del Vaticano: 3 marzo, 1999

17/05/2010 15:38

 

PAPA WOJTYLA 30 ANNI FA

Il 16 Ottobre 1978, Karol Wojtyla veniva chiamato a succedere ad Albino Luciani.
Il Presidente del "Pontificio Consiglio per i Laici",
allora vice-rettore del Seminario di Cracovia, rievoca quel giorno indimenticabile.
«Il "Conclave" fece una scelta "profetica"».

RITAGLI     «Fu l’inizio di una "semina" straordinaria»     DOCUMENTI

Il Cardinale Rylko ricorda l’elezione di Giovanni Paolo II.
«Ha davvero portato il "Vangelo" ai confini della terra».
 «Papa Wojtyla ha saputo parlare ai popoli,
all’umanità intera e ad ogni singola persona,
toccando tutti gli ambiti della vita
e abbattendo i "muri" che separavano due "mondi"».
 È il 16 Ottobre 1978: appena eletto dal "Conclave",
Giovanni Paolo II si affaccia in Piazza San Pietro per benedire la folla.
 «Seppi la notizia mentre ero alla stazione.
All’inizio prevalse lo "stupore", poi la gioia:
che spinse i miei Seminaristi per le strade della città».

Sempre nel cuore, il saluto sorridente di Papa Wojtyla!

Da Roma, Salvatore Mazza
("Avvenire", 16/10/’08)

Il 16 Ottobre di trent’anni fa, il Cardinale Stanislaw Rylko, oggi Presidente del "Pontificio Consiglio per i Laici", si trovava alla stazione di Cracovia, città del cui "Seminario Maggiore" era vice-rettore.
E ricorda perfettamente le prime notizie sul fatto «incredibile» accaduto a Roma, e il "telegiornale" rinviato e ancora rinviato perché le autorità della Polonia "comunista" non sapevano come commentare la notizia. Iniziava quel giorno il Pontificato di
Karol Wojtyla, instancabile «pellegrino del "Vangelo"», totalmente immerso nella sua missione, «fino all’ultimo respiro». Un Pontificato che è stato «una "semina" straordinaria». «Nessuno – dice ricordando quel giorno – poteva immaginare quanto sarebbe successo».

Come ricorda quel 16 Ottobre di trent’anni fa?

Quando arrivò la notizia, le prime voci, mi trovavo nella stazione ferroviaria di Cracovia. Ricordo che mi recai subito in una delle sale d’aspetto, dove sapevo che c’era un televisore, per ascoltare le notizie ufficiali, ma il "telegiornale" quella sera non iniziava.
Evidentemente le autorità non sapevano come commentare quel fatto incredibile che era successo.
Allora me ne tornai a casa, sempre aspettando il "telegiornale" che finalmente partì con molto ritardo. E diede la notizia.

Che cosa provò in quel momento? E cosa successe a Cracovia?

Si può immaginare facilmente.
Sicuramente però, all’inizio, a prevalere, ci fu un grande stupore, perché prima del "Conclave" s’era molto parlato del fatto che molto probabilmente il nuovo Papa sarebbe stato ancora un italiano, una cosa che appariva del tutto naturale. Per questo, quindi, la scelta del "Conclave" ci stupì, ma nello stesso tempo, com’è chiaro, ci rallegrò enormemente. A quell’epoca ero vice-rettore del "Seminario Maggiore" di Cracovia, e quando giunse la notizia tutti i Seminaristi uscirono spontaneamente per le strade, per manifestare la loro gioia.

Si ebbe in quel momento, in qualche modo, la sensazione di quanto sarebbe accaduto?

No, nessuno poteva veramente immaginarlo. Sicuramente quella del "Conclave" fu una "scelta profetica". Anche oggi, a tre anni dal ritorno di Papa Wojtyla alla "Casa del Padre", noi scopriamo sempre cose nuove sul suo Pontificato, sul suo insegnamento. Due giorni fa sono stato in Polonia, per prendere parte alle "manifestazione" per la ricorrenza dell’elezione, e una delle cose che è stata sottolineata è come questo Papa sia ancora presente e continui a sorprenderci.

Sul lungo Pontificato di Papa Wojtyla è già stato detto molto, e molto ancora si dovrà dire. Lei, in un "flash", come lo definirebbe?

Direi che è stato una "semina" straordinaria. Ventisette anni nei quali Giovanni Paolo II ha toccato davvero tutti gli ambiti della vita dell’umanità di oggi e delle persone. Quello che ha sempre colpito è che ha saputo parlare ai popoli, all’umanità intera, e a ogni singola persona. È stato il Papa delle grandi "manifestazioni", alle quali sono state presenti a volte milioni di persone, ma al tempo stesso, anche in queste occasioni, ognuno si sentiva interpellato personalmente. Adesso abbiamo il "Sinodo" sulla "Parola di Dio", sul bisogno dell’annuncio della "Parola", viviamo l’Anno di "San Paolo", e proprio queste circostanze ci invitano a guardare alla persona di Papa Wojtyla come a un "pellegrino" del "Vangelo".
Benedetto XVI, incontrando i sacerdoti di Bolzano, lo scorso mese di Agosto, ha detto che questo Pontefice con il suo entusiasmo della fede, con la sua intelligenza e il suo coraggio, ha portato veramente il "Vangelo" fino ai confini della terra. E ha distrutto non tanto i "muri" di Gerico, ma i "muri" che separavano due mondi, e per questo è come un "faro" luminoso per il terzo millennio. Credo che questa sia una sintesi molto bella di tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II.

Ha parlato di una "semina straordinaria". Ma a che punto è il "raccolto"?

Beh, questo certamente è un punto "nevralgico". Ma cosa si può dire in realtà? Alla Chiesa spetta "seminare", questo è il nostro compito. Giovanni Paolo II, in questo senso, ci ha dato un esempio veramente straordinario, senza mai risparmiarsi, fino all’ultimo respiro. Anche quando la parola gli è mancata, ha parlato alla gente senza parole. Questa è la "semina". Ma per quanto riguarda il "raccolto", questo è opera della Grazia di Dio, noi dobbiamo essere semplicemente fiduciosi nel fatto che, come ci ricorda anche questo "Sinodo", la "Parola di Dio" lascia sempre una traccia nella vita delle persone. Benedetto XVI, che è un maestro della speranza, incontrando una volta i Vescovi Svizzeri ha detto: «Dio, nel mondo, perde sempre, perché la libertà dell’uomo fa sì che spesso gli venga detto "no". Ma nello stesso tempo non perde, non fallisce, perché ogni "fallimento" diventa motivo per la nuova iniziativa di Dio, che non si scoraggia mai nel cercare l’uomo e nel fargli giungere il messaggio di salvezza».
Dio non perde, perché non si stanca mai nella sua misericordia nei confronti dell’uomo.


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17/05/2010 15:54

Ha parlato di una "semina straordinaria". Ma a che punto è il "raccolto"?

Beh, questo certamente è un punto "nevralgico". Ma cosa si può dire in realtà? Alla Chiesa spetta "seminare", questo è il nostro compito. Giovanni Paolo II, in questo senso, ci ha dato un esempio veramente straordinario, senza mai risparmiarsi, fino all’ultimo respiro. Anche quando la parola gli è mancata, ha parlato alla gente senza parole. Questa è la "semina". Ma per quanto riguarda il "raccolto", questo è opera della Grazia di Dio, noi dobbiamo essere semplicemente fiduciosi nel fatto che, come ci ricorda anche questo "Sinodo", la "Parola di Dio" lascia sempre una traccia nella vita delle persone. Benedetto XVI, che è un maestro della speranza, incontrando una volta i Vescovi Svizzeri ha detto: «Dio, nel mondo, perde sempre, perché la libertà dell’uomo fa sì che spesso gli venga detto "no". Ma nello stesso tempo non perde, non fallisce, perché ogni "fallimento" diventa motivo per la nuova iniziativa di Dio, che non si scoraggia mai nel cercare l’uomo e nel fargli giungere il messaggio di salvezza».
Dio non perde, perché non si stanca mai nella sua misericordia nei confronti dell’uomo.

Leggendo la domanda e la relativa risposta mi son messo a ridere.
Il Cardinale Rylko prima dice che c'è stata, grazie a GP II, una "Straordinaria" (sic!) semina, fosse stato meno pallonaro avrebbe almeno detto "buona" semina, al che il giornalista per logica gli chiede del raccolto, se c'è stata una straordinaria semina logica vuole che ci sia anche uno straordinario raccolto, no?
La risposta è stupefacente, per chi si droga ovviamente (!):
Beh, questo certamente è un punto "nevralgico".
Ma quale punto nevralgico!!! Se è stata straordinaria, è stata anche lapalissiana ed i frutti, cioè i raccolti, devono corrispondere a quanto lei sostiene e devono essere chiari a tutti, devono essere evidenti, dov'è lo straordinario raccolto???
Assomigliate alla sinistra e al suo tesoretto, dicevano c'è, c'è, e non c'era na mazza!
Poi dice: 
Ma cosa si può dire in realtà? Alla Chiesa spetta "seminare", questo è il nostro compito.
Mi scusi, forse io sarò un pò tonto, ma lei prima ha asserito che la straordinaria semina c'è già stata ad opera di GP II, ora ci dice che nella realtà spetta adesso a voi seminare??? Ci prende per i fondelli? Semmai non dovrebbe spettare a voi il raccogliere il virtuoso e virtuale straordinario raccolto???

Concludo dicendo, non credete a tutto quello che dicono, credete alla realtà che è sotto gli occhi di tutti anche se fanno di tutto per nasconderla.

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Ad Assisi vedere la faccia di Vendola, Bindi, Bersani, ecc., come ho visto ieri in Tv, mi fa pensar male....si farà peccato ma qualche volta c'azzecca (Andreotti dixit)
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Ad Assisi vedere la faccia di Vendola, Bindi, Bersani, ecc., come ho visto ieri in Tv, mi fa pensar male....si farà peccato ma qualche volta c'azzecca (Andreotti dixit)
17/05/2010 19:09

Eh gia' ...Gesu' frequentava prostitute e peccatori...
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17/05/2010 19:16

Re:
Vilucchio., 17/05/2010 19.09:

Eh gia' ...Gesu' frequentava prostitute e peccatori...




infatti c'erano

solo che Gesù non c'era

beh, almeno io non l'ho visto
[Modificato da ((Zacuff)) 17/05/2010 19:22]
17/05/2010 19:24

Non ci sono stata ad Assisi e nn mi sembra corretto sentire solo una campana .Leggo quello che dicono da entrambi le parti.
Certo se dal dialogo interreligioso si e' arrivati al sincretismo....beh che il Papa Benedetto XVI lo dica chiaramente ... e scomunichi Papa Giovanni Paolo II e nn chiamarlo Venerando o Beato.Naturalmente è una provocazione quello che ho scritto.
fino a prova contraria per me il Papa GPII nn ha mai insegnato di adorare altri dei.....
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17/05/2010 19:24

Re:
Vilucchio., 17/05/2010 19.09:

Eh gia' ...Gesu' frequentava prostitute e peccatori...




Per convertirli non per fare del qualunquismo cattocomunista.
17/05/2010 19:28

Certo !!!!!E'sottinteso Daniele!Poi io son allergica ai cattocumonisti ( nn come persone ma come modus pensandi ),radical chic e lo sai, se leggevi bene i miei pensieri sull'aborto.
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