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La crisi pedofila nella Chiesa. Un punto di svolta.

Ultimo Aggiornamento: 20/05/2010 11:32
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20/05/2010 11:32

La crisi pedofila nella Chiesa. Un punto di svolta.

Finora ci siamo occupati marginalmente della colluvie di notizie che si sono affastellate in meno di due mesi sui casi di pedofilia nella Chiesa (stavamo per dire: nel tessuto ecclesiale; ma certe espressioni le lasciamo ai progressisti). A nessuno è sfuggito che l'interesse dei media era non soltanto attaccare la Chiesa nel suo insieme, ma più specificamente l'attuale pontefice; a tale fine si sono andati a scavare i più sordidi episodi di decenni fa per vedere di far cadere sull'allora card. Ratzinger, anche se a torto, qualche ette di responsabilità, quel tanto che bastasse per screditarlo e indebolirne l'azione.

Abbiamo visto riesumare dal remoto passato ogni genere di vicenda, e la cosa significativa è che sono saltati fuori documenti da archivi ecclesiastici che si suppongono riservati. Sì: perché l'attacco mediatico laicista ha trovato - e non è la prima volta dall'elezione di Benedetto XVI - un formidabile alleato nei settori cattoprogressisti. Chi può aver dato a Golias la lettera con cui Castrillòn Hoyos si felicitava col modernista vescovo di Bayeux per aver coperto un prete pedofilo, se non quel vescovo o il suo cancelliere o qualche altro topo curiale? Chi può aver passato al New York Times le carte del processo di Milwaukee (da cui risulterebbe che Ratzinger non accolse con la dovuta solerzia la richiesta di ridurre allo stato laicale un pedofilo) se non l'allora arcivescovo di quella città, l'ultraliberale (e moralmente corrotto) arcivescovo Weakland, che ha anche rilasciato interviste per cercare di rinforzare l'attacco? E potremmo continuare.

Si è anche notato come, per meglio infangare questo Papa, si sia lasciato del tutto in pace la memoria del suo predecessore che pure, come è a tutti evidente (Schoenborn l'ha espressamente affermato, e su questo ci trova d'accordo), solo a causa del suo declino fisico e psichico può andare indenne da responsabilità storica per negligentia in vigilando. D'altronde, l'infame da schiacciare era Ratzinger: la sua 'colpa' doveva quindi risaltare di orrenda singolarità e non essere in alcun modo diluita dalla compagnia di persone egualmente corresponsabili.

L'intento dell'operazione è cristallino: intimidire da un lato Benedetto XVI, mostrandogli la forza dirompente del 'quarto potere' mediatico onde indurlo ad accordare meglio la sua voce con le richieste del mondo; dall'altro indebolirne la figura e la statura, per annientarne la capacità di direzione e governo, e al tempo stesso fiaccarne le energie costringendo lui e il suo entourage (già a ranghi ridotti, e non interamente affidabile o accorto nelle reazioni) ad una perpetua difesa e apologia pro domo sua. Il che chiaramente lascerebbe poco tempo per atti di governo di ampio respiro. Tutto questo nell'attesa, beninteso, di un prossimo papa più accomodante e pandorone, non più 'dogmatico' sibbene aperto 'alle grandi tematiche che interpellano le donne e gli uomini del nostro tempo'.

Che effetti ha prodotto questa spregiudicatissima strategia, la quale ha sfruttato le tragedie subite dai ragazzini abusati in maniera strumentale, e tutt'altro che attenta alla verità?

Distinguiamo due piani. Uno, ad extra, devastante. La Chiesa ha perso enormemente del suo prestigio e della sua autorevolezza nell'avvicinarsi ai lontani, ai tiepidi, ai 'diversamente credenti' (quanto ci piace quest'espressione!). La sciampista che crede nella reincarnazione e il carrozziere agnostico seguiranno con notevoli riserve mentali le prediche supposte 'evangelizzatrici', che dovranno subire quando capita loro di metter piede in chiesa, per un matrimonio o un funerale. Ci vorrà almeno una generazione per sanare il danno causato da questa enorme perdita di credibilità del messaggio evangelico, già minato di suo dal relativismo postconciliare.

Ma ab intra la reazione ci appare diversa, e non interamente negativa. L'attacco è stato di tale virulenza e di tale falsità, da aver creato all'interno della Chiesa un sentimento di assedio, e di percepita ingiustizia. Chi della Chiesa-istituzione fa parte, non è ignaro, come lo è invece il lettore medio del New York Times, del funzionamento concreto di queste cose: sa benissimo che Ratzinger è stato quello che più di tutti ha fatto, fin da tempi non sospetti, per arginare l'odioso fenomeno; sa anche nomi e cognomi di chi invece ha chiuso uno o due occhi, per l'atavica omertà che tradizionalmente scatta di fronte alle magagne della Chiesa, o per altri ancor meno commendevoli motivi. Tolto Hans Kueng, nessun altro prete (o ex tale) ha osato sostenere che Joseph Ratzinger fosse responsabile di gestione lassista del problema pedofilia; anche perché il clero sa che, applicando i criteri di colpevolezza escogitati dai giornali laicisti (peraltro gli stessi che, fino a ieri, erano per l'amore libero di tutti e con chiunque), sarebbe comunque più reo l'ultimo dei sacrestani, piuttosto che l'attuale pontefice.

Constatazioni come questa, sull'ingiustizia di attaccare proprio l'unico che risulta aver fatto qualcosa contro il problema pedofilia, insieme al dolore per il discredito gettato su una Chiesa cui si è dedicata la vita, e non da ultimo il fastidio di sentirsi sospetti agli occhi del mondo tutte le volte che si offrirà una caramella a un chierichetto, porta il clero del tutto naturalmente a ricompattarsi; e grazie al cielo, per un riflesso automatico di noi cattolici, la roccia cui ci si aggrappa nei momenti difficili è pur sempre Pietro.

C'è in effetti una profonda differenza tra la crisi mediatica di quest'anno e quella dell'anno scorso, dovuta al caso Williamson. Allora, in fin dei conti, Benedetto XVI non poteva dirsi incolpevole agli occhi del prete medio: la revoca delle scomuniche era stato un suo atto ponderato e premeditato; le opinioni di Williamson ben conoscibili, se non già conosciute; tutta la faccenda gestita male, e spiegata peggio; s'era cercato di riassorbire una Fraternità 'scismatica' composta di confratelli considerati fanatici e altezzosi, perché convinti di valere di più; e soprattutto, si era attentato il crimine di leso Concilio, il più grave che l'immaginario collettivo clericale possa concepire. Naturale quindi che "la base" avesse lasciato solo il Papa nella tormenta, e non senza malcelata soddisfazione.

Ma ora è diverso. Ora nella procella c'è tutta la Chiesa. C'è un Papa che, unico, ha le credenziali per ribattere a tutte le accuse. C'è un mondo che rivela appieno il suo volto ostile al sacerdozio e che non risparmia nessuno di coloro che offrono la loro vita per Gesù Cristo. Finalmente certo spirito di divisione e certe fronde segnano il passo. Perfino Hans Kueng, sempre attento a dove soffia il vento, sente il bisogno di definirsi 'cattolico leale' e di esprimere apprezzamento per la persona del Papa...

Tutto questo spiega, a nostro avviso, il successo notevole e del tutto inaspettato del viaggio in Portogallo e del Papa day di domenica scorsa (a proposito: ricordate di mandare un SMS di solidarietà al numero 335.18.63.091). Se i parroci sono col Papa, il popolo cristiano risponde in massa. E che massa: un decimo di tutti gli abitanti del Portogallo sono andati alle celebrazioni del Papa; a Fatima erano 100.000 in più che nel 2000, quando Giovanni Paolo II ha beatificato i due pastorelli!

Siamo veramente a un punto di svolta nella crisi e la netta impressione è che la figura di Benedetto XVI ne esca, contro ogni aspettativa, rafforzata anziché indebolita: egli ha saputo mantenere saldo il timone in un momento di tempesta (e nonostante i suoi collaboratori, da Bertone a Sodano, da Cantalamessa a Castrillòn Hoyos, accumulassero gaffes ed errori); lo scavo nel suo passato ha sciorinato ai lettori quanto si fosse speso, contro tutto e tutti, per risanare la 'barca che fa acqua da tutte le parti'; egli ha poi saputo evocare con spaventosa sincerità il male interno della Chiesa, chiamando a testimonio la profezia della Vergine a Fatima, e ha così cancellato in un attimo la cattiva impressione lasciata dai maldestri tentativi curiali di minimizzare il problema, baloccandosi con le statistiche o discettando di efebofilia, di pederastia e di pedofilia.

Il basso clero e il popolo cattolico tutto questo l'han visto e compreso benissimo, nonostante il polverone mediatico, e han saputo e voluto testimoniarlo con grandissime manifestazioni di gratitudine e di affetto.

Alle quali, nel nostro piccolo, vorremmo unirci anche noi.

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