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Abbiamo bisogno di questo Rinnovamento nello Spirito Santo

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2010 22:36
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26/05/2010 22:34

ABBIAMO BISOGNO DI QUESTO RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO!”

Papa Benedetto XVI al Presidente del RnS (Città del Vaticano, 21 maggio 2010)



A conclusione della XXIV Assemblea Plenaria

del Pontificio Consiglio per i Laici,

una breve testimonianza del Presidente del RnS

e Consultore del Dicastero, Salvatore Martinez,

e il testo integrale del Discorso del Papa Benedetto XVI

ai partecipanti alla Plenaria ricevuti in Udienza privata



L’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, svoltasi nei giorni immediatamente precedenti alla Pentecoste (20-22 maggio uu.ss.), dunque nel cuore della Novena allo Spirito Santo, è stato uno speciale tempo di grazia, di cattolicità vissuta, di ascolto grato delle meraviglie che lo Spirito compie in ogni angolo della terra.



Membri e Consultori del Dicastero - circa ottanta persone tra cardinali, vescovi e laici provenienti da tutti i Continenti - abbiamo riflettuto su un tema di stringente attualità: Testimoni di Cristo nella comunità politica.



Il tema, di fatto, ci è stato suggerito da Papa Benedetto XVI il quale, in occasione della Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici del 2008, così si era a noi rivolto ricevendoci in Udienza privata: “Ribadisco la necessità e l’urgenza della formazione evangelica e dell’accompagnamento pastorale di una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune” (15 novembre 2008).



Pertanto, due criteri metodologici: “formazione evangelica e accompagnamento pastorale”; e poi cinque “tratti somatici” per un vero profilo del testimone: “coerenza con la fede professata; rigore morale; capacità di giudizio culturale; competenza professionale; passione di servizio per il bene comune”.



È tutto qui il senso, il destino e l’impegno che si richiede “ad una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica”. Si badi bene: non “politici cattolici”, dove cattolico diventa un aggettivo, un distintivo, una possibilità tra altre, senza rimando alla vita di una comunità e all’obbedienza al Magistero. Ma “cattolici impegnati nella politica”: prima di tutti si è di Cristo, impegnati in un cammino di conversione e di discepolato, uniti ai fratelli nella fede. Solo così si può legittimamente essere testimoni di Cristo nella storia, nella società, in qualsivoglia contesto, compreso quello della politica. Solo così si esprimerà una speciale vocazione di servizio per il progresso dell’uomo, maturata proprio all’interno della comunità cristiana nella preghiera, nella condivisione fraterna, nel confronto con la Parola di Dio, nello studio del Magistero della Chiesa.



A partire da questi assunti, la Plenaria di quest’anno ha voluto soffermarsi sul significato dell’essere Testimoni di Cristo nella comunità politica.

Oggi il tema dell’“autenticità cristiana” non può più essere sottaciuto: o si è testimoni di Cristo o Cristo passerà sempre più inosservato! Ciò vale in ogni ambito della vita umana e non esclude nessuna categoria di uomini. Il realismo della fede deve accompagnarci alla radicalità evangelica, altrimenti il relativismo etico e il riduzionismo spirituale renderanno sempre più marginale e insignificante il Vangelo e la Chiesa che del Vangelo è depositaria e annunziatrice.



È il Vangelo la migliore scuola di laicità possibile per l’umanità, perché nessuno più di Gesù ha insegnato agli uomini l’arte di vivere, partendo dal posto più insignificante della geopolitica del tempo, una stalla di Nazareth, e occupando infine il posto più infame per la politica del tempo, cioè la croce, per dire con i fatti come si ama, come si sta dalla parte della gente fino a dare la vita per i propri nemici.



Utopia? Ma allora lasci perdere chi pensa di dirsi cristiano in politica. Non esiste altra via. Che tu voglia assimilarti al “cristianesimo dell’essere lievito” o al “cristianesimo dell’essere luce” non puoi sfuggire alla prova del Vangelo. L’indimenticato Papa Giovanni Paolo II, con ferma lungimiranza sentenziava: “Non c’è soluzione alla questione sociale al di fuori del Vangelo” (in “Centesimus Annus”, 3).



Urge tornare al Vangelo. Senza mezze misure, senza accomodamenti di senso e di prassi, senza vergogna di dirsi cristiani. Perché il Vangelo è passione, è sacrificio, è coerenza tra la fede che si professa e la vita che si conduce, “il cui distacco, sempre più evidente - già il Concilio nella Gaudium et Spes - considerava uno dei più gravi errori del nostro tempo” (n. 43).



Mai dimenticarlo: dal Vangelo nasce la Chiesa, il modello più efficiente di organizzazione, di management, di pianificazione strategica che la storia da duemila anni possa vantare: nessuna diplomazia è mai stata più longeva di quella fondata sul Vangelo. Chi sta dalla parte di Cristo non soccombe, resiste ai secoli.



Urge un rinnovamento. Una seria, profonda stagione di rinnovamento che abbia un segno distintivo di svolta, un’espressione autentica di fede in un gesto alla portata di tutti: riprendere il Vangelo tra le mani. Rimetterlo nel cuore, nella testa, nella volontà. Quanto più si vorrebbe una vita ispirata al Vangelo di Gesù, una politica ispirata al Vangelo, tanto più è urgente riprendere il Vangelo tra le mani. Un Vangelo da ascoltare, meditare, pregare, approfondire, condividere, proclamare, servire, non appena sul piano personale, ma soprattutto nella lettura spirituale ed ecclesiale che si fa nelle nostre comunità.



Il miracolo di una vita nuova, di una politica nuova, di un Paese nuovo non risiede nelle nostre forze umane, ma nella forza dello Spirito Santo, perché appaia chiaramente che è opera sua, proprio attraverso le nostre debolezze e infermità.



Ben lo ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, concludendo la sua terza Enciclica Caritas in Veritate, in cui si osservano i grandi temi dello sviluppo sociale, scientifico, economico e politico nel tempo della globalizzazione, all’inizio del Terzo millennio di storia cristiana:

«Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace» (n. 79).



Con queste premesse, Vi invito a leggere e a considerare con attenzione il testo che segue. Si tratta del discorso offerto dal Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria, conclusasi con la S. Messa Vespertina nella Vigilia di Pentecoste.



Non posso, però, concludere questa mia breve testimonianza senza raccontare quanto accaduto proprio a conclusione dell’Udienza privata. Ho avuto il privilegio, insieme a pochi altri Membri e Consultori partecipanti all’Udienza, di salutare il Santo Padre e di conferire con Lui per qualche istante.



Ricordando al Papa quel grande “anticipo di Pentecoste” che è stato il raduno dei Movimenti e delle Associazioni ecclesiali in piazza S. Pietro, domenica 16 maggio u.s., nel commovente abbraccio filiale che 200.000 fedeli hanno voluto tributare a Benedetto XVI, il Papa con sguardo ammirato mi ha ringraziato per la gioia che questo incontro Gli ha procurato.



Ho subito replicato, affermando che il Rinnovamento è impegnato a testimoniare fedeltà alla Chiesa non solo nelle grandi occasioni o nei momenti più difficili, ma ogni giorno. E il Papa ha concluso: “Abbiamo bisogno di questo Rinnovamento nello Spirito Santo!”.



Leggo in questa espressione quel “già e non ancora” che ci fa crescere ogni giorno nella fedeltà alla nostra missione, docili allo Spirito, per essere ancora di più “chance nella Chiesa” (Paolo VI, 1975) e “speranza per il mondo” (Giovanni Paolo II, 1986).

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