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Motu Proprio “Summorum Pontificum

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 18:45
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03/06/2010 16:46

Motu Proprio “Summorum Pontificum sull'uso del Messale Romano del 1962


CITTA' DEL VATICANO, domenica, 8 luglio 2007 Di seguito riportiamo la traduzione non ufficiale (dal latino in italiano), distribuita dal VIS (Vatican Information Service), della Lettera Apostolica "Motu proprio data", "Summorum Pontificum" del Santo Padre Benedetto XVI, sull'uso della liturgia romana anteriore alla riforma compiuta nel 1970.Per presentare le nuove disposizioni contenute nel Motu Proprio il Santo Padre ha anche indirizzato una lettera ai Vescovi di tutto il mondo.  

* * *
LETTERA APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
MOTU PROPRIO DATA
SUMMORUM PONTIFICUM

I Sommi Pontefici fino ai nostri giorni ebbero costantemente cura che la Chiesa di Cristo offrisse alla Divina Maestà un culto degno, “a lode e gloria del Suo nome” ed “ad utilità di tutta la sua Santa Chiesa”.

Da tempo immemorabile, come anche per l’avvenire, è necessario mantenere il principio secondo il quale “ogni Chiesa particolare deve concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per trasmettere l’integrità della fede, perché la legge della preghiera della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede”[1].

Tra i Pontefici che ebbero tale doverosa cura eccelle il nome di san Gregorio Magno, il quale si adoperò perché ai nuovi popoli dell’Europa si trasmettesse sia la fede cattolica che i tesori del culto e della cultura accumulati dai Romani nei secoli precedenti. Egli comandò che fosse definita e conservata la forma della sacra Liturgia, riguardante sia il Sacrificio della Messa sia l’Ufficio Divino, nel modo in cui si celebrava nell’Urbe. Promosse con massima cura la diffusione dei monaci e delle monache, che operando sotto la regola di san Benedetto, dovunque unitamente all’annuncio del Vangelo illustrarono con la loro vita la salutare massima della Regola: “Nulla venga preposto all’opera di Dio” (cap. 43). In tal modo la sacra Liturgia celebrata secondo l’uso romano arricchì non solo la fede e la pietà, ma anche la cultura di molte popolazioni. Consta infatti che la liturgia latina della Chiesa nelle varie sue forme, in ogni secolo dell’età cristiana, ha spronato nella vita spirituale numerosi Santi e ha rafforzato tanti popoli nella virtù di religione e ha fecondato la loro pietà.

Molti altri Romani Pontefici, nel corso dei secoli, mostrarono particolare sollecitudine a che la sacra Liturgia espletasse in modo più efficace questo compito: tra essi spicca s. Pio V, il quale sorretto da grande zelo pastorale, a seguito dell’esortazione del Concilio di Trento, rinnovò tutto il culto della Chiesa, curò l’edizione dei libri liturgici, emendati e “rinnovati secondo la norma dei Padri” e li diede in uso alla Chiesa latina.

Tra i libri liturgici del Rito romano risalta il Messale Romano, che si sviluppò nella città di Roma, e col passare dei secoli a poco a poco prese forme che hanno grande somiglianza con quella vigente nei tempi più recenti.

“Fu questo il medesimo obbiettivo che seguirono i Romani Pontefici nel corso dei secoli seguenti assicurando l’aggiornamento o definendo i riti e i libri liturgici, e poi, all’inizio di questo secolo, intraprendendo una riforma generale”[2]. Così agirono i nostri Predecessori Clemente VIII, Urbano VIII, san Pio X[3], Benedetto XV, Pio XII e il B. Giovanni XXIII.

Nei tempi più recenti, il Concilio Vaticano II espresse il desiderio che la dovuta rispettosa riverenza nei confronti del culto divino venisse ancora rinnovata e fosse adattata alle necessità della nostra età. Mosso da questo desiderio, il nostro Predecessore, il Sommo Pontefice Paolo VI, nel 1970 per la Chiesa latina approvò i libri liturgici riformati e in parte rinnovati. Essi, tradotti nelle varie lingue del mondo, di buon grado furono accolti da Vescovi, sacerdoti e fedeli. Giovanni Paolo II rivide la terza edizione tipica del Messale Romano. Così i Romani Pontefici hanno operato “perché questa sorta di edificio liturgico [...] apparisse nuovamente splendido per dignità e armonia”[4].

Ma in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, le quali avevano imbevuto così profondamente la loro cultura e il loro spirito, che il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dalla cura pastorale nei confronti di questi fedeli, nell’anno 1984 con lo speciale indulto “Quattuor abhinc annos”, emesso dalla Congregazione per il Culto Divino, concesse la facoltà di usare il Messale Romano edito dal B. Giovanni XXIII nell’anno 1962; nell’anno 1988 poi Giovanni Paolo II di nuovo con la Lettera Apostolica “Ecclesia Dei”, data in forma di Motu proprio, esortò i Vescovi ad usare largamente e generosamente tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedessero.

A seguito delle insistenti preghiere di questi fedeli, a lungo soppesate già dal Nostro Predecessore Giovanni Paolo II, e dopo aver ascoltato Noi stessi i Padri Cardinali nel Concistoro tenuto il 22 marzo 2006, avendo riflettuto approfonditamente su ogni aspetto della questione, dopo aver invocato lo Spirito Santo e contando sull’aiuto di Dio, con la presente Lettera Apostolica stabiliamo quanto segue:

Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della “lex orandi” (“legge della preghiera”) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa “lex orandi” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano.

Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per l’uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori “Quattuor abhinc annos” e “Ecclesia Dei”, vengono sostituite come segue:

Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l’uno o l’altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario.

Art. 3. Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l’edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari.

Art. 4. Alle celebrazioni della Santa Messa di cui sopra all’art. 2, possono essere ammessi – osservate le norme del diritto – anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volontà.

Art. 5. § 1. Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del can. 392, evitando la discordia e favorendo l’unità di tutta la Chiesa.

§ 2. La celebrazione secondo il Messale del B. Giovanni XXIII può aver luogo nei giorni feriali; nelle domeniche e nelle festività si può anche avere una celebrazione di tal genere.

§ 3. Per i fedeli e i sacerdoti che lo chiedono, il parroco permetta le celebrazioni in questa forma straordinaria anche in circostanze particolari, come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi.

§ 4. I sacerdoti che usano il Messale del B. Giovanni XXIII devono essere idonei e non giuridicamente impediti.

§ 5. Nelle chiese che non sono parrocchiali né conventuali, è compito del Rettore della chiesa concedere la licenza di cui sopra.

Art. 6. Nelle Messe celebrate con il popolo secondo il Messale del B. Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche nella lingua vernacola, usando le edizioni riconosciute dalla Sede Apostolica.

Art. 7. Se un gruppo di fedeli laici fra quelli di cui all’art. 5 § 1 non abbia ottenuto soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco, ne informi il Vescovo diocesano. Il Vescovo è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se egli non può provvedere per tale celebrazione, la cosa venga riferita alla Commissione Pontificia “Ecclesia Dei”.

Art. 8. Il Vescovo, che desidera rispondere a tali richieste di fedeli laici, ma per varie cause è impedito di farlo, può riferire la questione alla Commissione “Ecclesia Dei”, perché gli offra consiglio e aiuto.

Art. 9 § 1. Il parroco, dopo aver considerato tutto attentamente, può anche concedere la licenza di usare il rituale più antico nell’amministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell’Unzione degli infermi, se questo consiglia il bene delle anime.

§ 2. Agli Ordinari viene concessa la facoltà di celebrare il sacramento della Confermazione usando il precedente antico Pontificale Romano, qualora questo consigli il bene delle anime.

§ 3. Ai chierici costituiti “in sacrisè lecito usare il Breviario Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962.

Art. 10. L’Ordinario del luogo, se lo riterrà opportuno, potrà erigere una parrocchia personale a norma del can. 518 per le celebrazioni secondo la forma più antica del rito romano, o nominare un cappellano, osservate le norme del diritto.

Art. 11. La Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, eretta da Giovanni Paolo II nel 1988[5], continua ad esercitare il suo compito.

Tale Commissione abbia la forma, i compiti e le norme, che il Romano Pontefice le vorrà attribuire.
Art. 12. La stessa Commissione, oltre alle facoltà di cui già gode, eserciterà l’autorità della Santa Sede vigilando sulla osservanza e l’applicazione di queste disposizioni.

Tutto ciò che da Noi è stato stabilito con questa Lettera Apostolica data a modo di Motu proprio, ordiniamo che sia considerato come “stabilito e decretato” e da osservare dal giorno 14 settembre di quest’anno, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, nonostante tutto ciò che possa esservi in contrario.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 7 luglio 2007, anno terzo del nostro Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI

[1] Ordinamento generale del Messale Romano, 3a ed., 2002, n. 397.
[2] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Vicesimus quintus annus, 4 dicembre 1988, 3: AAS 81 (1989), 899.
[3] Ibid.
[4] S. Pio X, Lett. ap. Motu propio data, Abhinc duos annos, 23 ottobre 1913: AAS 5 (1913), 449-450; cfr Giovanni Paolo II, lett. ap. Vicesimus quintus annus, n. 3: AAS 81 (1989), 899.
[5] Cfr Ioannes Paulus II, Lett. ap. Motu proprio data Ecclesia Dei, 2 luglio 1988, 6: AAS 80 (1988), 1498.
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03/06/2010 18:26

Ma già c'era nel Forum il Motu Proprio, se non erro nella sezione Liturgia.
03/06/2010 22:31

Si c'è ma in quella sezione non è possibile intervenire ponendo delle note o commenti, per chi ne fosse capace, oppure semplicemente evidenziando o sottolineando.
[Modificato da martinicm 03/06/2010 22:33]
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04/06/2010 14:25

Ok.
E cosa ne hai dedotto?
04/06/2010 23:09

Che usare il messale di Giovanni XXIII è una possibile in forma straordinaria, quella ordinaria è e rimane quello edito da Paolo VI
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05/06/2010 19:49

Re:
martinicm, 04/06/2010 23.09:

Che usare il messale di Giovanni XXIII è una possibile in forma straordinaria, quella ordinaria è e rimane quello edito da Paolo VI



Innanzi tutto il MP consta di DUE PARTI INSEPARABILI, uno quello sopra, l'altro è la LETTERA che lo accompagna E LO SPIEGA...

Lettera di Benedetto XVI ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il Motu proprio Summorum Pontificum (sopra riportato) sull’uso della Liturgia romana anteriore alla riforma del 1970.

dove il Papa SPIEGA:


Non è appropriato parlare di queste due stesure del Messale Romano come se fossero "due Riti". Si tratta, piuttosto, di un uso duplice dell’unico e medesimo Rito.

ERGO, QUANDO SI CELEBRA LA FORMA DETTA ORDINARIA, CAMBIA SOLO IL RITO, MA LA MESSA E' ANCHE QUELLA DETTA STRAORDINARIA...

sei come i ciucci...per te straordinario significa, in questo senso, qualcosa di eccezionale, NON PRATICABILE TUTTI I GIORNI...ecclesialmente non significa questo, ma UN UNICA MESSA CON DUE RITI uno ordinario, ossia tutti i giorni e in tutte le comunità, l'altro è detto straordinario per due motivi che il Papa stesso ha sottolineato:

- a causa della normativa giuridica ( qui i liturgisti sostengono che questa Norma spetta al Papa rivalutare e correggere e che ha dato origine a questo problema);

- anche della reale situazione in cui si trovano le comunità di fedeli
ossia, spiega il Papa PERCHE' NON CONOSCONO IL LATINO, LA FORMA ANTICA DELLA MESSA E I CANTI....

in sostanza, ciò che auspica il Pontefice è da una parte una FUTURA CONVIVENZA fra i due riti, ma anche un crescente posizionamento del rito nella forma antica NELLE PARROCCHIE, ALMENO UNA MESSA DELLA DOMENICA....è per questo che ha subito molti attacchi il suo MP che per te invece appare facile e semplice... [SM=g7367]

Infatti, dice il Papa che proprio GRAZIE AL MESSALE ANTICO (riformato da Giovanni XXIII è stato da noi detto centinaia di volte, ma a te appare una novità che leggi solo ora, sic!) QUELLO NUOVO SI ARRICCHISCE!!!
e non potrebbe avvenire infatti il contrario, perchè Paolo VI NON ha inventato nessuna Messa, ma quella che c'è E' L'EMANAZIONE (SPESSO DISTORTA) DI QUELLA ANTICA...
l'unico arricchimento a quella antica E' IL CALENDARIO AGGIORNATO DEI SANTI...[SM=g7515]

dice il Papa nella Lettera che SPIEGA il MP:

Del resto le due forme dell’uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda: nel Messale antico potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi. La Commissione "Ecclesia Dei" in contatto con i diversi enti dedicati all’ "usus antiquior" studierà le possibilità pratiche.
Nella celebrazione della Messa secondo il Messale di Paolo VI potrà manifestarsi, in maniera più forte di quanto non lo è spesso finora, quella sacralità che attrae molti all’antico uso. La garanzia più sicura che il Messale di Paolo VI possa unire le comunità parrocchiali e venga da loro amato consiste nel celebrare con grande riverenza in conformità alle prescrizioni; ciò rende visibile la ricchezza spirituale e la profondità teologica di questo Messale
.


Come abbiamo detto più volte questo MP del Papa è non soltanto la libertà di prendere la Messa antica, MA CORREGGERE QUELLA NUOVA DA TUTTI GLI ABUSI PERPETRATI....SI CELEBRA COME STA FACENDO LUI...MA NESSUNO ANCORA LO IMITA...



[SM=g7497]
[Modificato da Caterina63 05/06/2010 19:52]
06/06/2010 00:15

sei come i ciucci...

vedo che continuiamo a dare appellativi offensivi

ma in fondo lo prendo come un complimento, visto che il ciuccio, leggasi asino, nella bibbia ha avuto parti significative: con una sua mascella sansone ha sterminato mille filistei, quella del profeta Balam vede, ascolta il Signore e parla in suo nome, infine su un asina Gesù fa il suo ingresso trionfale in Gerusalemme
06/06/2010 00:33

Ma vedo che non sono solo io a non saper leggere, ma forse a non voler, e a comprendere quello che è scritto


03/06/2010
14.44

DIMENTICAVO!

Mi pare sia evidente che se avessi voluto un consulto sul mio stato psichico, intellettivo e culturale avrei, soprattutto per il primo, consultato uno specialista e non mi sarei impudentemente rivolto ad una com nella quale, a norma di regolamento, si è tenuti a postare il proprio contributo sull'argomento senza porre giudizi su chi scrive.
[Modificato da martinicm 03/06/2010 14.45]
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06/06/2010 11:27

[SM=g7515] Caro Enrico, quando eviterai di svicolare dalle domande, assorbendo e alimentando il tuo "io" in offese inesistenti, ne riparliamo...

Se tu apri un thread con l'intento di sbugiardare il Papa stesso che con il MP ha corretto un errore alimentato da Paolo VI nel vietare la Messa antica (nessun altro aveva questo potere, per altro neppure il Papa), e continui a non capire che la Messa NOM è quella che sta celebrando il Papa oggi anche con il ritorno del Crocefisso sull'altare e con la Comunione alla bocca e in ginocchio e IL CANONE DI CONSACRAZIONE IN LATINO, ma usi il MP contro il Papa stesso e poi ti lamenti per la correzione fraterna che ti viene fatta...il discorso, da te aperto, si chiude qui...

[SM=g7387] stammi bene!e continua pure a vivere nel tuo baccello...
06/06/2010 22:37

poi ti lamenti per la correzione fraterna che ti viene fatta

Non è scritto da nessuna parte che per fare correzione fraterna sia d'obbligo e necessario apostrofare l'interlocutore con epiteti

il discorso, da te aperto, si chiude qui...

Per me si era chiuso prima.

Stammi bene anche tu
[Modificato da martinicm 06/06/2010 22:40]
06/06/2010 22:49

Vedo che si corre ai ripari cancellando i termini, ma sta tranquilla continuerò a vivere per la tua gioia assorbendo e alimentando il mio "io" in offese inesistenti
[Modificato da martinicm 06/06/2010 22:50]
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07/06/2010 13:11

Re:
martinicm, 06/06/2010 22.49:

Vedo che si corre ai ripari cancellando i termini, ma sta tranquilla continuerò a vivere per la tua gioia assorbendo e alimentando il mio "io" in offese inesistenti




Chi ha cancellato i termini?
E quali termini?
07/06/2010 15:25

Daniele mi sa che ti e' sfuggito qualcosa.
Cmq credo che chi abbia cancellato i termini abbia fatto bene ,se non altro per nn esporre ulteriormente il giudizio personale verso Enrico agli altri che nn lo conoscono.In ogni caso Tea si riferisce nn alla sua persona ma alla gestione dell'argomento in questione.
07/06/2010 15:32

BREAKKKKK!
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10/06/2010 15:03

La Messa di P. Tomas Tyn. A vent'anni dalla morte.


Basilica Patriarcale di San Domenico in Bologna
Nella Cappella dell’Arca di San Domenico

Sabato 19 giugno 2010 alle ore 16.00
In occasione del XX anniversario della morte
del Servo di Dio Padre TOMAS TYN, O.P.

SANTA MESSA in Rito Romano Antico
Celebrata da
Rev.do Padre VINCENZO M. NUARA, O.P.
della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”.



Le melodie in gregoriano della Sacra Liturgia
saranno eseguite dalla Schola Gregoriana
“don Natale Bellani” di Bonemerse (CR)

A cura della Vicepostulazione
della Causa di Beatificazione
del Servo di Dio P. Tomas Tyn, O.P.

***


In relazione alla ricorrenza, P. Giovanni Cavalcoli, che ringraziamo, ci invia queste riflessioni (sul blog Messainlatino) su La Messa di P. Tomas

Come noi cattolici sappiamo, la Santa Messa sta al cuore, alla sorgente e al culmine della vita cristiana. Il Concilio Vaticano II dice che nella celebrazione della Messa e nella partecipazione alla Messa noi attuiamo la nostra redenzione. La Messa insomma, ben celebrata e ben partecipata, è un supremo momento di salvezza.

Si potrebbe dire che noi ci salviamo nella Messa. In essa noi operiamo la nostra salvezza. Naturalmente ciò non vuol dire che anche tutto il resto della nostra giornata non possa e non debba essere ordinato alla nostra salvezza. Ma questo resto per il cattolico è visto come preparazione alla Messa e conseguenza della Messa.

Ogni buon sacerdote ed ogni buon fedele sono consapevoli di questo fatto. Da qui l’altissima stima che essi hanno della Messa. Essa è inoltre momento ed espressione della massima comunione tra di noi. Per questo il buon cattolico pone la massima cura a che il momento della liturgia sia effettivamente momento della massima unione tra di noi. Per questo la Chiesa ha cura che ci sia sempre un’adeguata preparazione alla Messa sia per il celebrante che per i fedeli. Inoltre, la tradizione dei santi ci ricorda anche l’importanza del ringraziamento dopo la Santa Messa.

Considerando queste cose, la Chiesa non ammette alla Comunione eucaristica, anche se consente loro di partecipare alla Messa, quei fedeli – i cosiddetti “irregolari” e gli scomunicati – i quali mostrano pubblicamente una condotta di vita la quale oggettivamente (senza che si giudichi la loro coscienza) è in contrasto serio con la testimonianza cristiana, per esempio i divorziati risposati.

Pertanto, credo che oggi ogni buon cattolico soffra per una divisione che esiste a livello di fedeli e di pastori riguardo alla questione della Messa: mi riferisco ad una dolorosa situazione di intolleranza e di accuse reciproche da parte di alcuni cattolici in relazione alla celebrazione delle due modalità del rito della Santa Messa oggi consentite dalla Chiesa: la forma “ordinaria”, ossia la Messa di Paolo VI o novus ordo e la forma “straordinaria”, ossia la Messa di S.Pio V o vetus ordo. La cosa scandalosa ed intollerabile è questo contrasto tra fratelli di fede proprio là dove tra di loro e davanti al mondo dovrebbero dare gioiosa testimonianza della massima comunione tra di loro e con Dio.

Ebbene, in questa situazione alla quale, con l’aiuto e l’esempio dei pastori, occorre rimediare quanto prima, vorrei ricordare la figura e l’esempio di un pio sacerdote, del quale è in corso la causa di beatificazione, nella quale io sono indegnamente postulatore: il Servo di Dio, il teologo domenicano cecoslovacco Padre Tomas Tyn (1950-1990).

A testimonianza di molte persone che l’hanno conosciuto, Padre Tomas si distingueva per il fervore e il raccoglimento con i quali celebrava il Santo Sacrificio, fosse esso il rito nuovo o fosse il rito antico. Solitamente celebrava il primo, ma settimanalmente celebrava anche il secondo nella chiesa di San Domenico in Bologna, annessa al convento nel quale abitava. E ciò avvenne alla fine degli anni ’80, a seguito di una richiesta fatta al priore della comunità da parte del card.Giacomo Biffi, l’allora Arcivescovo di Bologna. E il priore incaricò appunto Padre Tomas.

Il Servo di Dio, oltre ad essere uno zelante sacerdote, vero servo delle anime, pienamente consapevole della sua missione di essere ponti-fex, “costruttore di ponti”, mediatore fra Dio e gli uomini, sacer-dos, “donatore del sacro”, era anche docente di teologia, amantissimo del Dottore Angelico, presso lo Studio Teologico Accademico Bolognese, l’antico STAB, al quale è succeduta oggi la Facoltà Teologica di Bologna.

In tal modo Padre Tomas fondava la sua devozione per la Santa Messa ed in special modo per la SS.Eucaristia su di una profonda preparazione teologica, che gli consentiva di illustrare con solide argomentazioni la bellezza e la profondità del Mistero liturgico e sacramentale ai suoi studenti, ai suoi figli spirituali, agli ascoltatori delle sue conferenze, ai lettori delle sue pubblicazioni e a chiunque lo cercasse per avere lumi su queste materie così importanti per la vita cristiana.

Tra le molte testimonianze di questa sua stima per la liturgia e in special modo per la Santa Messa, mi limito a citare un brano da una sua lunga lettera che egli scrisse nel 1985 all’allora Cardinale Ratzinger, dal quale ebbe poi una convinta risposta, documento che ho pubblicato nel mio libro Padre Tomas Tyn, un tradizionalista postconciliare (Edizioni Fede&Cultura, Verona 2007).

Scriveva dunque il Servo di Dio a proposito della Messa tridentina: “Desidero dire qualcosa sulla sacra liturgia, soprattutto per ringraziare l’E.V. per l’opera compiuta per favorire l’indulto che permette la celebrazione del divino sacrificio secondo il rito di S.Pio V di f.m. Ho già fatto pervenire, per mezzo del Rev.Padre Priore all’Em.mo Card.Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, una relazione sulle Messe tuttora celebrate nella basilica bolognese di S.Domenico e così, dopo avere informato il mio Superiore immediato, Reverendissimo Padre in Cristo, oso esprimere la mia gioia anche a Lei. Quanto è santa e sublime quella letizia della quale si riempie il cuore tanto del sacerdote celebrante quanto del popolo assistente, allorchè quel rito, venerabile per l’antichità, viene compiuto, quel rito, cioè, che tutto e soltanto a Dio si volge, a Cui, come a Padre clementissimo, il Figlio crocifisso, nell’oblazione del suo divino sacrificio, rende somma gloria e lode, un rito tanto sublime in tutte le parole e i gesti di cui fa uso ed infine tanto bello ed elegante, tanto accetto al popolo che partecipa con viva fede (né è noto ai Cristiani un altro modo di vera partecipazione). Non ho mai potuto capire, e neanche adesso riesco a capire, perché tanta bellezza debba essere stata espulsa dalla Chiesa. Si obietta che essa costituisce un certo diletto accessibile a pochi; ma – e ciò è degno di nota – simili “obiezioni” non è solita muoverle la gente semplice e devota, ma piuttosto una certa pretesa aristocrazia (tuttavia perversa, che meriterebbe piuttosto il nome di “cacocrazia”), fastidiosa e pseudointellettuale, turbolenta per la sua presunzione, dedita al nichilismo, che sostiene e produce il brutto al posto del bello”.

Il Cardinale Ratzinger nella sua risposta diceva tra l’altro: “leggendo la sua lettera sono stato preso da una grande gioia per la piena concordanza tra noi, sentendo in tal modo la forza unificatrice della verità, la quale ci è concessa nella fede cattolica”.

Le parole severe di Padre Tomas contro coloro che rifiutavano la Messa tridentina non vanno intese come segno di minor stima per la Messa del novus ordo, che egli invece celebrava devotamente ed esemplarmente, come si è detto, ogni giorno, con la massima diligenza ed obbedienza alle cerimonie prescritte, senza approfittare dello spazio di creatività concesso per esibirsi in esternazioni men che consone alla dignità del rito sacro, per non parlare di certe profanazioni o sconcezze che capita oggi di vedere in alcune circostanze.

Da notare inoltre che P.Tomas si prestava volentieri alla concelebrazione, cosa che non era prevista dalla Messa tridentina ed invece, come si sa, è raccomandata dalla Messa riformata.

Inoltre Padre Tomas, insieme con otto confratelli, inviò nel 1974, ancor giovane studente di teologia, una petizione al Capitolo generale dell’Ordine domenicano che si teneva a Napoli, nella quale si chiedeva la restaurazione del rito domenicano della S.Messa, un rito assai bello che era invalso per secoli ed aveva alimentato la spiritualità di molti santi e devoti dell’Ordine. Purtroppo la richiesta non ebbe alcun esito.

Stando così le cose, sono convinto che l’esempio di Padre Tyn dovrebbe oggi esser seguìto da molti sacerdoti ed è tale da darci sicura speranza che, con l’esercizio della carità da parte delle due correnti che si fronteggiano – una per la Messa di Paolo VI, l’altra per quella di S.Pio V – questa incresciosa situazione sarà superata per la pace e la concordia degli animi nel momento centrale della vita cattolica, nel quale appunto deve manifestarsi il vertice della comunione fraterna e con Dio, e sul quale deve fondarsi la ragione prima della mutua carità e del comune cammino verso il regno di Dio.





piccola riflessione:

Si lo so, sono di parte....come domenicana mi commuovo sempre nel leggere padre Tomas Tyn, ma anche quando  leggo ed ascolto altri domenicani di oggi che mi rammentano quanto io sia piccola e un nulla, e di come tutto ciò che mi circonda nell'Ecclesia sia per me fonte di grazia e di gemme preziose...

penso a padre Coggi o.p. a  padre Dermine o.p. certo,m anche a padre Cavalcoli con il quale in questi in giorni mi sto sfamando attraverso il suo libro sugli errori di K. Rahner...."Il Concilio tradito" (se non l'avete ancora fatto, prendete e sfamatevi, leggete, è davvero illuminante!), ma penso anche ai meno famosi come a padre Mauro o.p. del Movimento Domenicano del Rosario che nella diffusione ortodossa del vero ROSARIO, mi ha davvero insegnato molto ma molto di più....mi ha insegnato questa PAZIENZA, L'UMILTA', fare il possibile per evitare le controversie inutili....


Io sono cresciuta con il NOM e devo solo alla grazia di Dio se ho spesso avvertito malessere e disagio che scoprii solo molti anni dopo essere collegato a quegli abusi di cui tanto oggi si parla...

Ho sempre ritenuto che essendomi stato dato il Battesimo con una delle ultime Messe in rito antico (era il 1963 con Giovanni XXIII), forse questo ha riversato dentro di me quel qualcosa in più che mi ha permesso di capire nel tempo dove albergasse la verità...

E forse anche per questo, so di ricevere ugualmente infinite grazie anche nella Messa NOM quanto più riesco ad offrire a Gesù ogni disagio che possa avvertire...


Concordo con le dolorose parole di padre Cavalcoli quando dice:

Pertanto, credo che oggi ogni buon cattolico soffra per una divisione che esiste a livello di fedeli e di pastori riguardo alla questione della Messa: mi riferisco ad una dolorosa situazione di intolleranza e di accuse reciproche da parte di alcuni cattolici in relazione alla celebrazione delle due modalità del rito della Santa Messa oggi consentite dalla Chiesa: la forma “ordinaria”, ossia la Messa di Paolo VI o novus ordo e la forma “straordinaria”, ossia la Messa di S.Pio V o vetus ordo. La cosa scandalosa ed intollerabile è questo contrasto tra fratelli di fede proprio là dove tra di loro e davanti al mondo dovrebbero dare gioiosa testimonianza della massima comunione tra di loro e con Dio.


Il danno maggiore che faremo sarebbe quello di insistere nella difesa del VOM attaccando il NOM...quasi fosse un qualcosa di fisico da presentare come nemico... al contrario, se ci prodigassimo a divulgare il VOM, senza vedere nemici dove non ce ne sono, esso tornerà a splendere come di diritto, coreggendo gli errori che sono stati compiuti...

Wink

10/06/2010 18:45

Il danno maggiore che faremo sarebbe quello di insistere nella difesa del VOM attaccando il NOM...

Appunto!
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