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Il Servo di Dio P. Tomas Tyn e il Vaticano II

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2010 12:53
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03/08/2010 15:42

Il Servo di Dio P. Tomas Tyn e il Vaticano II (I parte)

La Chiesa postconciliare


Ecco, care sorelle, ho di nuovo il piacere di trovarmi qui in mezzo a voi per dirvi qualche parola sul tema scelto molto opportunamente con grande profondità, cioè la situazione della chiesa postconciliare. Sapete che è un tema che sta a cuore anche al Santo Padre il quale ha convocato un sinodo appositamente per trattare proprio di questo tema piuttosto importante ed estremamente attuale. Così, rinfrancati e ristorati dalla preghiera del S. Rosario ci accingiamo a trattare di questo tema per dire la verità non del tutto facile. Penso che è alla portata di tutti, un dato di comune esperienza, il fatto di un certo disagio per le anime buone, per le anime che tendono a rimanere veramente cristiane, che amano la santa tradizione - senza questo amore per la tradizione non c’è cristianesimo -, senza dubbio queste anime soffrono per alcuni aspetti deleteri di questa epoca chiamiamola così, postconciliare. A che cosa è dovuto tutto questo, forse al concilio? E’ questa la domanda che dobbiamo farci.

La mia risposta tende a dirvi per l’appunto, sorprendentemente forse, che non direttamente è la colpa del concilio, bensì di strane, peregrine interpretazioni del medesimo. In questo non posso essere completamente d’accordo con gli scritti di due presuli che voi conoscete, mons. Lefebvre e mons. De Castro Mayer, i quali hanno avuto la sollecitudine pastorale, molto comprensibile, di mettere in evidenza alcuni aspetti difficili di alcuni insegnamenti conciliari, in particolare in materia dell’ecumenismo ed in materia della libertà religiosa, due temi che tratteremo anche noi. Questi due presuli fanno vedere giustamente che alcune espressioni di questi documenti conciliari che sembrano contraddire la tradizione cattolica in questa materia.

Non c’è dubbio che studiando esattamente la lettera dei tesi conciliari potrebbe anche insinuarsi questa possibilità di interpretare in contrasto con la tradizione cattolica e non c’è dubbio che così alcuni, purtroppo molti della corrente modernista, hanno interpretato proprio così i testi conciliari. Ma è così che il concilio ha voluto essere interpretato? Io mi permetto di dire decisamente no. Il concilio continuamente propone la necessità di riallacciarsi alla tradizione cattolica di tutti i tempi e lo stesso Papa Giovanni XXIII convocando il concilio insiste col dire che il concilio deve aggiungersi a tutta una serie di concili precedenti e molto spesso anche i testi conciliari adoprano la dicitura "vestigia concilii tridentini et vaticani primi prementes" cioè premendo, esattamente rifacendo le vestigia, le orme, le tracce dei concili di Trento e Vaticano I, noi insegniamo questo o quest’altro. Per esempio la Dei Verbum: l’insegnamento sulla autenticità storica dei vangeli ribadisce praticamente la dottrina tradizionale della chiesa; nell’insegnamento sulla infallibilità del sommo Pontefice si ribadisce la dottrina del Vaticano I con termini estremamente edificanti. Quindi vedete certamente - direttamente per lo meno -, non è colpa del concilio tutto questo sconquasso che è successo nell’epoca postconciliare.

il Servo di Dio il giorno della sua I Santa Comunione

Allora qua già si avvicina a noi una intuizione, una possibile terapia che poi proporremo alla fine di questo discorso, cioè la terapia sarebbe questa: rimanere fedeli al concilio contro le distorsioni del postconcilio: molto semplice in sostanza. Vedete si fa un segnalato servizio ai neomodernisti quando certe anime buone, tradizionali, (essere tradizionali è gran bella cosa perché la tradizione, non lo dicono solo frange clericali della società, ma anche antropologi non sospettabili di clericalismo, basta citare Duncan o G……………o tanti altri, dicono praticamente che la tradizione è la radice in cui l’uomo vive, anzi in cui nasce, per natura sua si colloca, quindi essere privi di tradizioni vuol dire essere sradicati, fa male all’anima sotto tutti gli aspetti, sia all’anima destinata alla salvezza eterna, sia sotto un aspetto strettamente psicologico. Vedete, in sostanza, l’attaccamento alla tradizione è un bene sia spirituale e soprannaturale che un bene naturale. È una questione anche di igiene mentale, se volete, in questo senso proprio noi vogliamo essere fedeli alla tradizione in tutti i sensi, sia a quella ecclesiastica sia a quella culturale nel senso più vasto dell’occidente cristiano). Però quelle anime buone che vogliono coltivare, mantenere l’epoca nostra e tramandare ai posteri l’autentica tradizione cattolica, queste anime fanno questo segnalato servizio alle tendenze più moderniste della chiesa quando praticamente assumono la loro tesi. E quale è questa tesi dei neomodernisti? Cioè la tesi secondo cui il concilio è una rottura con il passato.

Noi non dobbiamo mai permettere che ci sia questa mentalità, dobbiamo sempre ribadire, rifacendoci alla lettera del concilio, che il concilio non vuole essere altro che una continuità della tradizione di tutti i tempi ed il concilio ce lo dice a chiare lettere. Vedete è inutile che questi signori invochino questo fantomatico spirito del concilio contro la lettera del medesimo e contro ogni interpretazione canonica di questi testi. Io ricordo questo nostro caro padre ………., insegnante di diritto canonico ci diceva sempre così: id quod voluit, legislator dixit, quod taquit , noluit, cioè quello che il legislatore ha voluto dire, lo ha veramente detto, quello che ha taciuto, non ha voluto dirlo. Va bene, carissimi, questa era l’interpretazione autentica e anche dei testi conciliari. Quindi praticamente è inutile che questi signori vengano a dire: va bene che la lettera del concilio è quella che i vangeli sono veramente storici, ma però lo spirito del concilio e via dicendo. Lo spirito del concilio semplicemente non esiste o per lo meno si potrebbe dire in tedesco che è un gaist, cioè un non spirito, uno spirito piuttosto maligno; allora bisogna essere estremamente attenti a non interpretare male il concilio, sia pure ci sono certi momenti in cui alcuni testi conciliari potrebbero prestarsi anche a questa sbagliata interpretazione.

Non vi dico queste cose carissime ex propriis, cioè per la mia modestissima autorità, ve lo dico in perfetta comunione con il pontefice regnante Giovanni Paolo II e che gioia sentire il Papa sempre sorretto dallo Spirito Santo, che mai abbandona la sua santa Chiesa, che gioia sentire il Papa preoccupato per la continuità con la tradizione, per una vera cultura cattolica e la fede, anche al giorno di oggi, e dunque per una vera interpretazione del concilio. Mi ricordo sempre di queste stupende parole del Sommo Pontefice che ci ha dato tanta speranza, speranza che effettivamente in parte, nonostante tutte le difficoltà, si stà avverando; il Pontefice parlando, nel suo primo discorso dopo la sua intronizzazione, parlando ai cardinali disse proprio che il concilio non è stato applicato, nonostante tutte le chiacchiere che ci sono state, che il concilio ha portato dei grandissimi frutti e che è stato perfettamente messo in pratica e che tutti ci sforziamo di viverlo proprio alla lettera, nonostante tutto questo il Sommo Pontefice con molto coraggio, perché ci voleva del coraggio care figliole, diceva: il concilio non è stato applicato, bisogna tornare al concilio, rileggere il concilio, applicarlo secondo le esigenze della lettera, secondo la vera ed autentica interpretazione della chiesa. Proprio quest’oggi mentre mi accingevo a parlarvi di queste cose, del concilio, rifacendomi a quel discorso del santo Padre ai cardinali, ma il Santo Padre mi è venuto in aiuto,- sapete care figliole, perché accendendo la radio, ogni tanto succede che anche alla radio ci sia qualche notizia buona riguardo al santo Padre -, ebbene riportando un suo discorso in Belgio dove attualmente si trova, è proprio una notizia ultima, il Santo Padre dice così: nell’epoca postconciliare il concilio è stato male interpretato (parole coraggiosissime), male applicato, male studiato creando sconcerto tra i fedeli. Vedete come il Santo Padre veglia, è al corrente di quanto succede nel popolo cristiano e quindi il concilio ha creato lo sconcerto, non per il concilio stesso, vedete la mentalità del Santo Padre in questo caso, non il concilio ha direttamente la colpa, vedremo che forse indirettamente qualche piccola colpa, indirettamente ripeto, qualche piccola colpa potrebbe anche averla, ma direttamente non è colpa del concilio.

Di chi è allora la colpa? È la colpa di coloro che nell’epoca postconciliare l’hanno male interpretato, male applicato, male studiato e perciò hanno creato sconcerto tra i fedeli. Perciò siamo in perfetta comunione con il romano pontefice, et si Deus pro nobis, quis contra nos? Se Dio è con noi, chi potrà mai essere contro di noi? Vedete carissimi. Allora facendoci forti di questo ed anche per le stupende parole del cardinale Ratzinger prefetto della sacra congregazione per la dottrina della fede, custode deputato dal Papa, proprio dalla sede apostolica, custode della sacra verità cattolica, il cardinale Ratzinger molto autorevolmente in una sua intervista alla rivista Jesus, la quale per il resto è poco attendibile per dire la verità, tuttavia in questa intervista non poteva combinare niente perché il cardinale stesso dava le risposte, ebbene il cardinale diceva che non si può, cosa importantissima, ci torneremo alla fine, perché il problema come vedremo sarà quello dell’interpretazione del concilio, il cardinale diceva appunto che non si può creare una spaccatura tra una chiesa pretesa preconciliare ed una chiesa postconciliare.

Vedete non si può fare così, una simile spaccatura è assolutamente contraria allo spirito stesso della fede cattolica. È talmente semplice, vedete è una cosa avvilente che ci vuole un prefetto della sacra congregazione, quindi una dignità non da poco, ci vuole un prefetto della sacra congregazione per la dottrina della fede per ricordare ai cristiani che la chiesa non è stata fondata dal concilio Vaticano II, ma è stata fondata da nostro Signore Salvatore Gesù Cristo con la sua autorità divina. Vedete care figlie, ma questo lo sapevamo già dal catechismo, è una cosa preoccupante che alcuni cristiani se ne sono dimenticati nel frattempo, così che ci vuole proprio una dichiarazione del prefetto di questa congregazione in materia diciamo così di comune catechismo. Una volta, quando si vivevano tempi un pochino più felici di questi nostri, la sacra congregazione interveniva solo per questioni difficili, di alta teologia, mentre adesso intervengono proprio per questioni di catechismo a livello di prima elementare, va bene questo discorso? Perché questo si insegnava ai bambini, la domandina: chi ha fondato la nostraChiesa cattolica? Il nostro Signore Gesù Cristo con la sua autorità divina. Lo sapevamo tutti, invece sembra che questa verità si sia smarrita nel frattempo. Allora siamo contenti che il cardinale abbia precisato, ma siamo anche un po’ avviliti che bisognava scomodare il cardinale Ratzinger in persona per richiamare alla nostra mente questa verità così semplice.

Vedete io non racconto volentieri storie concrete della vita vissuta, questo stile strano, fa un po’ parte dello stile postconciliare, così detto stile pastorale, non dottrinale, quindi si raccontano fatti particolari, la propria esperienza, non lo faccio volentieri, sia perché penso che la mia esperienza sia poco rilevante, sia perché penso che anche se fosse rilevante, è difficile comunicarla, perché ciò che si vive, lo si vive sempre individualmente. Tuttavia per dare un po’ un’idea del mio impatto con i testi conciliari, è accaduto un po’ così. Mi trovavo in Francia in questo anno terribile, il 1968, un anno di tremenda memoria, c’erano scioperi da per tutto, i treni non funzionavano, quindi noi studenti cecoslovacchi eravamo in Francia per studiare e dovevamo tornare in autobus. Allora in questa circostanza c’era uno studente mio collega che era buon cattolico, per fortuna c’era buona intesa fra noi e lui con un certo rischio, perché voi sapete che nei paesi dell’est la letteratura, anche quella conciliare, il ché è buon segno, è considerata una letteratura decisamente sovversiva, quindi lui non senza rischio portava con lui questi documenti del concilio al suo parroco. Siccome il viaggio era lungo gli chiesi se mi prestava un po’ questi testi, che così mi diletterò anch’io a leggerli e lui mi diceva: vedrai che ti piaceranno tanto perché sai sono scritti in latino ed avrai un po’ di diletto. Devo dire che mi è piaciuto molto perché quando la chiesa parla il suo linguaggio, la lingua latina, allora è sempre una gioia per tutti noi cristiani. Quindi presi questi documenti conciliari e li lessi con grande gioia, era una cosa bellissima. Dicevo: è qualcosa di straordinario questo lusso che la chiesa si permette di insegnare serenamente, senza condannare delle eresie. Voi sapete care figliole che generalmente i concili erano convocati per condannare delle brutte dottrine che imperversavano in diverse epoche della storia ecclesiastica, così che sempre in appendice c’era un riassunto con le frasi eretiche che cominciano: si quis dixerit, se qualcuno osasse dire, poi segue la frase poco edificante, poi alla fine c’è la clausola "anatema sit", sia scomunicato dalla chiesa. Bene, quindi c’era una serie di condanne nei concili, anche nel magistero pontificio. Adesso la Chiesa ha avuto questa serenità, è una grande gioia sapete, un concilio pastorale appunto è una specie di lusso che raramente la chiesa può permettersi ed io allora ingenuo come ero, voi dovete capire care figliuole che la vita ecclesiastica di occidente arrivava molto raramente dalle nostre parti, cioè oltre cortina, quindi dicevo: beati questi cristiani occidentali, mentre noi poverini siamo un pochino sotto torchio, questi cristiani godono di una splendida libertà, sono tutti attaccati alla loro fede, alla loro tradizione, è uno splendore, quindi il Papa, i vescovi radunati in questa grande assemblea a Roma possono insegnare serenamente al popolo cristiano senza definire, in quanto si fidano dei cristiani, della loro maturità, proprio nel senso della lettera di convocazione di Giovanni XXIII e quindi è una gran bella cosa.

Poi dopo quando ho sentito, novizietto che ero ancora molto ingenuo, nel noviziato di Frankfurt in Germania, c’era un sacerdote il quale spiegava questi sviluppi postconciliari, allora ebbe a dire una cosa veramente urtante, scioccante, allora io ho capito quali erano i pericoli dell’epoca postconciliare e quello che mi ha scioccato soprattutto era che i miei confratelli nel noviziato erano grandemente affascinati da questo "coraggioso" discorso. Che cosa diceva questo reverendo? Diceva che finalmente ci siamo sbarazzati dalla tradizione, finalmente c’è il tramonto dell’epoca tridentina, finalmente la chiesa è tutta rifatta e tutta nuova, insomma tutt’altra chiesa. Insomma mi sono ricordato del mio catechismo e mi sono un po’ spaventato, perché chiesa nuova non mi pare che qualcuno possa fondarla, io ho sempre sentito dalla sacra scrittura che nessuno può porre un altro fondamento se non quello che è stato posto, cioè Gesù Cristo, nostro Signore.

E lì cominciarono i miei guai con il concilio perché all’inizio ero tutto contento per questo fatto, si potrebbe dire del lusso spirituale della Chiesa la quale serena insegna pastoralmente senza definire dottrinalmente; sapete anche a me non piace scomunicare nessuno, proprio è un lavoro molto spiacevole ed anche la sacra congregazione per la dottrina della fede non piace, neanche al Santo Uffizio di beata e venerata memoria piaceva scomunicare qualcuno. Però vedete questa illusione, bisogna pur dirlo, questa illusione ottimistica della pretesa maturità dei cristiani di oggi è un mito che è assolutamente crollato: va bene, miei cari? Allora bisogna rifarci seri e capire che il laicato cristiano e non solo ma ancora più lo stesso clero, persino l’alto clero, il Signore mi perdoni, non bisogna mai parlare male dei principi del popolo come dice la bibbia, però persino l’alto clero talvolta, sia detto con tutto il rispetto e pregando il Signore che tenga la sua mano sopra di loro, è coinvolto in queste cattive interpretazioni del concilio. Allora bisogna tornare effettivamente a questa serietà, che ci fa capire che un laicato ed un clero maturo di fatto non c’è mai, perché mai la Chiesa potrà purtroppo permettersi questo lusso di insegnare pastoralmente senza definire dottrinalmente e senza prendere misure disciplinari là dove è necessario. Perché questo? Semplicemente per il peccato originale che tutti conosciamo, quindi vedete questo ottimismo è un po’ troppo roussoniano per poter essere cattolico, va bene? Non c’è questo buon selvaggio nell’uomo civilizzato, non è buono, noi nasciamo peccatori e questo è il realismo cattolico con cui va affrontata ogni questione. Non ci deve essere questa superbia tipicamente modernista secondo la quale noi al giorno di oggi, a differenza di quei poveri cristianucci delle epoche passate, pensate quale superbia c’è in questo, noi oggi siamo maturi, noi oggi abbiamo capito. Gente che ha costruito una chiesa come quella in cui abbiamo appena adesso pregato il Santo Rosario è gente spiritualmente certamente ben più all’altezza del cristianesimo di noialtri che costruiamo delle chiese orribili in cemento armato, va bene questo discorso? Vedete, carissime? Proprio la stessa testimonianza dei documenti storici è più che eloquente a questo riguardo, dobbiamo farci molto, molto umili riguardo ai secoli passati che hanno molto da insegnare a noi e ben poco abbiamo noi da insegnare a loro.

Allora prendiamo un po’ in esame alcune domande, alcune questioni, alcuni temi fondamentali trattati nel concilio e che sembrano causare una rottura con il passato. Il primo problema è quanto riguarda il grande silenzio del concilio. Quale è questo silenzio? Quella omissione che mi sta proprio a cuore, care figliuole, il silenzio sul comunismo, il concilio non si è pronunciato, stranamente, molto stranamente, è stato detto assai a proposito che è come se il concilio di Nicea non avesse mai pronunciato la parola arianesimo, va bene questo discorso? Questo concilio convocato, dopo quello di Gerusalemme, quello degli apostoli, 320 dopo Cristo, convocato per combattere questa eresia secondo cui la seconda ipostasi, la persona del Verbo, è una creatura del Padre, mediatore quindi tra il Padre Creatore ed il creato, sempre solo creatura, per quanto la creatura la più eccelsa fra tutte, per sconfiggere questa eresia è stato convocato il concilio di Nicea. Ebbene è come se in un’epoca piena di una bruttissima eresia la chiesa insidiata da una dottrina così insidiosa, perché poi gli ariani a differenza delle nostre sciocche eresie di oggi, dico sempre ogni epoca ha le eresie che si merita, ebbene l’eresia ariana estremamente filosoficamente elaborata, non è rozza e grossolana, allora è come se in un’epoca in cui imperversa questo pensiero assolutamente inattendibile ma nello stesso tempo molto raffinato, è come se quel concilio convocato per sconfiggerlo non avesse mai detto la parola arianesimo. Ecco questo silenzio è veramente preoccupante. Perché? Anche questo non lo dico da stupido, ma lo dico proprio rifacendomi a quello che disse lo stesso pontefice Giovanni XXIII nella lettera di convocazione che adesso vi leggerò in lingua latina, lo tradurrò anche, sia pure non ce ne sarebbe bisogno. Quello che è importante, care figliuole, quello che è molto importante è questo, che il concilio va sempre interpretato alla luce del magistero dei papi, questo è proprio un punto fondamentale, vedete lo dico proprio perché ci accingiamo a leggere questo brano della lettera di Giovanni XXIII. Il concilio non può essere interpretato da nessuna autorità tranne quella pontificia. I vescovi, per quanto godano di una grandissima autorità nella chiesa: sono successori degli apostoli, sono veramente pastori delle loro diocesi, i vescovi né singolarmente, né in sinodo possono mai elevarsi sopra al romano Pontefice. Vedete, cari, voi lo sapete bene, avete imparato bene il vostro catechismo e studiato anche la struttura monarchica della chiesa, quindi sapete che il Papa è l’episcopus episcoporum, cioè al di sopra di qualunque concilio. Debbo dire con un certo rammarico che erano eretici purtroppo alcuni miei compatrioti che hanno avviato l’eresia così detta conciliarista, al concilio di Costanza, Giovanni Huss che si è preso quella pena che meritava e non poteva finire diversamente per la pace della santa chiesa di Dio, allora siamo nel quattrocento il concilio di Costanza e poi il concilio di Basilea. Il brutto guaio di quell’epoca è che purtroppo c’era lo scisma nella chiesa occidentale, c’erano tre papi e non si sapeva chi era il Papa legittimo. Anche nel nostro santo ordine due santi, S. Vincenzo Ferreri e S. Caterina da Siena optavano ciascuno per un altro papa, ma senza colpa loro, perché effettivamente non si sapeva chi dovesse veramente comandare. Poi è risultato che nessuno dei tre era legittimo. Bisognava deporre tutti e tre e non c’era autorità che potesse farlo se non quella dell’imperatore. Cosa fortunata sapete la struttura monarchica del medio evo. Quindi l’imperatore ha convocato questo sinodo in cui questi tre papi sono stati deposti ed è stato eletto uno nuovo: solo che questo fatto della deposizione dei papi scismatici ha causato un turbamento della chiesa, così che si pensava che ci si potesse appellare al concilio contro il romano pontefice ed allora i papi successivi hanno sempre fulminato con opportuni anatemi questa tesi conciliaristica del possibile appello contro un papa di un concilio universale. Infatti nella nostra basilica di San Domenico c’è tutto un elenco delle proposizioni dannate per cui non si può dare l’assoluzione, bisogna proprio ricorrere alla santa sede, tra queste c’è anche chi si appella - contro il sommo Pontefice - ad un concilio futuro.

Vedete come i Papi prendevano molto sul serio questa eresia conciliarista, ma al giorno di oggi si è tranquillamente conciliaristi, si dice: il concilio me lo interpreto io. No, invece di avvertire che il concilio va interpretato alla luce del magistero dei Papi. Quindi quando leggiamo questo brano di Giovanni XXIII lo facciamo per motivi ermeneutici, cioè di autentica interpretazione. Ora Giovanni XXIII nella lettera di convocazione in cui doveva stabilire i temi fondamentali del concilio ed anche lo spirito e l’indirizzo del concilio, lettera intitolata: " Humanae salutis" dell’anno 1961 dice: si è arrivati ad un punto tale che "ut denique quod novum sane atque formidolosum existimandum est hominum secta Deum essere altior more veluti militari ordinata constiterit ad multos per populos pervaserit". Proverò una traduzione: si è arrivati a tal punto che, cosa nuova ed assai terrificante, (da considerarsi terrificante questo fatto nuovo), si è costituita una setta di uomini che negano Dio, una setta di uomini atei, (è chiara l’allusione del sommo Pontefice), organizzata, ordinata c’è in latino, organizzata come a modo militare. Vedete l’ateismo militante, vedete è chiaro il riferimento al marxismo ed al comunismo, è riuscita ad invadere molti popoli. Giovanni XXIII ha davanti a sé questo fatto veramente sconsolante del comunismo, non c’è bisogno di dire comunismo ateo perché il comunismo è per essenza sua ateo, è un pleonasmo dire "comunismo ateo", quindi il comunismo è ateo ed è riuscito ad organizzarsi con tutti gli strumenti del potere ed a invadere molte nazioni, non solo militarmente ma soprattutto spiritualmente, cosa terrificante, formidolosum dice il sommo Pontefice, qualcosa di orribile. Vedete come Giovanni XXIII aveva quella sensibilità soprannaturale per individuare il pericolo.

Alla luce di questo detto del papa si rimane allibiti davanti al silenzio del concilio, non ne parla. La "Gaudium et spes" che dovrebbe trattare proprio della chiesa che vive in questo mondo, non ne fa parola. Perché mai? Allora qui il sottoscritto non lo sa, ma si sentono alcune voci, si da a queste voci l’importanza che hanno, perché non si può sapere, ma si dice che forse c’è stato un compromesso pseudo eucumenico, cioè per garantire la presenza di osservatori della chiesa (chiesa con c minuscola, questa volta) scismatica di oriente, cioè quella di Mosca, per garantire la loro presenza al concilio bisognava che il concilio rinunciasse a condannare la setta comunista di cui ha parlato appunto il Papa Giovanni XXIII. Non so se è vero, si può pensare che qualche motivo ci sia stato. Voi conoscete bene di che "chiesa" (fra virgolette), si tratta, del patriarcato di Mosca che è strumento di propaganda atea. Si può arrivare anche a questi estremi. Il famoso scrittore Alessandro Solgenitsyn lo dice chiaramente nella sua lettera aperta al Patriarca ……Non era il caso di arrendersi a simili signori, strumenti proprio del potere ateo.

Poi conosciamo lo sviluppo storico…..(interruzione del nastro, altro lato della cassetta)

(continua...)






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