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Omaggio a San Pio X

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2010 07:20
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04/09/2010 07:20

P. Tomáš Týn, O. P. - Omelia su San Pio X



OMELIA SU SAN PIO X

Papa del XX secolo

3 settembre

Verità e santità. Errori del Modernismo.

Ogni cuore veramente cristiano e cattolico (non si può essere pienamente cristiani, se non si è cattolici) è attaccato alla tradizione apostolica fondata sulla roccia di Pietro per volere di Cristo, il quale a Simone disse: « Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam ». Noi innamorati (non per merito nostro, ma per grazia di Dio, giacché la fede è una grazia del Signore), noi innamorati della tradizione della Chiesa apostolica romana, con gioia celebriamo oggi la festa di san Pio X, un papa difensore della soprannaturalità della fede. Pio X, come abbiamo letto nella lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, non adulò mai nessuno, non cercò mai la gloria dagli uomini, labia sua non prohibuit, non tenne chiusa la sua bocca, ma con franchezza annunciò il Vangelo di Dio. Questo fece quel papa semplice e buono, ma nel contempo severo e forte nella difesa delle anime dei fedeli. Quanti sono i suoi insegnamenti! Si potrebbe fare un lungo panegirico di un santo così attuale come Pio X. Cercheremo di concentrarci su alcuni punti-chiave del suo pontificato e della sua vita santa. Spesso l’odio dei malvagi rivela la bontà e la virtù dei santi. Mi ricordo che, quando studiavo teologia, imperversava il modernismo. Udii tante battute poco caritatevoli e rispettose nei riguardi di Pio X, uomo — si diceva — di scarsa intelligenza (quasi a voler dire: « Noi teologi ne sappiamo ben più dei papi e dei santi »).

Egli fu un essere semplice, un vero povero in spirito nel senso più bello della parola, un uomo d’intelligenza acuta e di buon senso contadino. La povertà in spirito non significa mancanza d’intelligenza, bensì intelligenza accompagnata da umiltà. « Ti benedico, Padre, » dice Gesù « perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agl’intelligenti e le hai rivelate ai piccoli » (Mt 11, 25). “Ai piccoli” non vuol dire agli uomini poco intelligenti, ma a coloro che sanno abbinare l’intelligenza e l’umiltà. Solo un’intelligenza umile può essere illuminata dalla luce soprannaturale dell’amore.


San Pio X, l’ultimo papa canonizzato, può essere da noi amanti della tradizione considerato come il nostro patrono, poiché ha fulminato l’evoluzionismo modernista. Fu un sacerdote santo, un cuore apostolico, un uomo che voleva una sola cosa: condurre le anime a Gesù. Per tutta la sua vita egli cercò la salus animarum per doctrinam et praedicationem, la salvezza delle anime tramite una predicazione dottrinale della fede. Mi piace celebrare la S. Messa presso la tomba di un’anima apostolica, quale fu quella del nostro padre San Domenico. Autorevole e dottrinale fu san Pio X, pur nella sua semplicità e bontà. Anzi, proprio a causa della sua semplicità e bontà fu autorevole, ben sapendo che l’autorità deriva da “augere”, aumentare, accrescere la vita delle anime, autorità deriva da una vita intemerata, non da discorsi intellettuali, pieni di dubbio e di scetticismo (che oggi piacciono tanto al mondo pseudointellettuale: più dubbi si hanno, più sembra che la mente sia acuta). Magari bastasse dubitare di tutto per essere una persona intelligente! Invece no, cari fratelli: un dubbio può essere intelligente solo se è fondato su certezze. Ogni vita intellettuale si fonda su certezze. Sarebbe troppo facile dubitare di tutto per essere una persona intelligente. E invece non è così. Un dubbio è intelligente solo se è fondato su certezze. Esistono certezze circa le quali è stolto dubitare. In questo senso San Agostino diceva: “Dubito ergo sum”: anche se dubitassi di tutto, una cosa resta certa, cioè che il dubitare è un cogitare e se cogito, esisto, perché se non ci fossi, non potrei pensare.

Animato da amore delle anime fin da quando era un semplice sacerdote, continuò su quella linea anche quando fu vescovo di Mantova (1884), patriarca di Venezia (1893) e infine pastore della Chiesa universale (1903). Egli fu fermamente convinto di una cosa che, ahimè, non tutti hanno ben chiara al giorno d’oggi e cioè che la santificazione delle anime non può avvenire se non tramite un clero santo e soprattutto ortodosso. Non lo dico per diminuire l’importanza della santità, ma per sottolineare l’attualità di quello che disse Santa Teresa d’Avila. La quale, interrogata se preferisse un confessore dotto o un confessore santo, diede questa risposta: « Naturalmente preferirei un padre spirituale che fosse santo e dotto nel contempo ». Però, costretta dai suoi interlocutori a scegliere fra i due, Santa Teresa senza battere ciglio disse: « Preferisco un confessore dotto ». Scandalo! Perché una Santa voleva un confessore dotto anche se poco edificante nella condotta di vita? Teresa replicò che un confessore dotto ma poco santo forse avrebbe subìto le pene dell’inferno, però, tramite una dottrina obiettivamente valida, avrebbe portato tante anime in cielo.

Quindi a livello apostolico bisogna mostrare verso il prossimo non solo carità, ma anche giustizia. I fedeli hanno diritto a una dottrina vera, ineccepibile, canonica, che sia regola sicura di vita. Veritas liberabit vos (Gv 8, 32) dice chiaramente Gesù, che identifica sé stesso con la verità (Gv 14, 6: Ego sum via et veritas et vita). Non si giunge alla vita se non per quella via che è Gesù.

Le preoccupazioni principali di Pio X furono d’ordine religioso: emanò nuove costituzioni per i seminari onde favorire la santificazione del clero e non si stancò mai di raccomandare la Comunione frequente. Voi sapete che all’inizio del XX secolo si faceva la comunione molto raramente. Solo con il permesso del confessore qualche anima privilegiata poteva fare la comunione quotidiana. Era una concessione del tutto eccezionale. Invece Pio X capì il vantaggio spirituale che le anime traevano dalla mensa eucaristica. Abbassò anche l’età per la prima Comunione. È noto l’episodio di quel bambino che aveva una grande fame eucaristica. Il papa, vedendolo affamato di Gesù, gli fece una sola domanda: « Dimmi: chi c’è nell’Eucaristia? ». Quel fanciullo gli seppe rispondere: « Il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, con la sua divinità e con la sua umanità ». Il papa capì che quel bambino aveva una fede che molti teologi non avevano.

San Pio X modificò la recita del Breviario e ripristinò il canto gregoriano. Questa fu davvero una bella riforma a differenza di tante altre più recenti, che sono state palesemente irrispettose della tradizione (non faccio allusioni). Il ritorno alla musica sacra gregoriana fu una riforma non solo rispettosa, ma anche promotrice della tradizione, di una tradizione di bellezza, di semplicità e di essenziale solennità.

Ma il merito maggiore — l’abbiamo letto nella colletta — fu la sua energica lotta ad tuendam catholicam fidem, per difendere la fede cattolica. Per questo il Signore lo chiamò al pontificato. Già il suo illustre predecessore Leone XIII (Gioachino Pecci, 1878-1903) s’era reso conto che la teologia settecentesca e in parte anche quella ottocentesca erano alquanto disastrate, poiché prendevano sincretisticamente un po’ di qua, un po’ di là. Che cosa fece papa Leone XIII? Scrisse l’enciclica Aeterni Patris (1879) che ristabiliva nelle scuole ecclesiastiche lo studio di san Tommaso d’Aquino come base della filosofia cristiana; a tale scopo promosse l’edizione critica delle opere dell’Aquinate, essendosi reso conto di quanto grande, perfetta e umile nel contempo fosse la sintesi tomista di fede e ragione. Questo è il privilegio di Tommaso, senza diminuire la gloria di altri dottori della Chiesa: aver saputo sposare perfettamente nel suo sistema ragione e fede. Generalmente si tende a essere o troppo razionalisti o troppo fideisti. Invece la dottrina tomista, grazie alla sua limpidezza sul piano sia filosofico che teologico, costituisce un esempio di perfetto equilibrio fra le sue sfere.

San Pio X, accusato di essere un retrogrado, aveva capito benissimo la differenza tra laicità e laicismo. Una certa laicità, una certa autonomia dei valori terreni è cosa santa e vera. Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu sancto est dice sant’Ambrogio ( o un detto a lui attribuito, poco importa”). Tommaso spesso cita questa frase, cioè « ogni verità da chiunque sia detta viene dallo Spirito santo ». San Pio X si rendeva conto che il mondo moderno aspirava giustamente a una certa laicità dei valori naturali, una laicità che però non fosse divorzio dalla fede e dalla vita di grazia, come invece hanno miseramente preteso molti tentativi di laicizzazione. Già Leone XIII aveva promosso gli studi tomistici, ben sapendo che per San Tommaso l’amore per Gesù Cristo redentore e alla grazia dello Spirito Santo presuppone l’amore per il creato, in armonia con l’amore soprannaturale, tanto è vero che Chesterton diceva che se San Tommaso fosse stato un carmelitano avrebbe potuto chiamarsi “Tomas a Creatore”, tanto egli stimava i valori naturali e razionali, oggetto della filosofia. Miei cari, la crisi del mondo odierno è una crisi di pensiero prima ancora che di fede, è una crisi di filosofia prima ancora che di teologia. Come S. Tommaso d’Aquino battezzò Aristotele, come i padri della Chiesa battezzarono Platone, così noi battezziamo Heidegger (c’è ancora di peggio, purtroppo...), insomma battezziamo un po’ di tutto.

I padri e i dottori della Chiesa scelsero un filosofo anziché un altro non per un gusto personale, ma perché il suo sistema di pensiero si apriva alla realtà delle cose. San Tommaso capì che una dottrina rispettosa di Dio è anzitutto una dottrina rispettosa della realtà, limpida e umile sottomissione intellettuale alla realtà delle cose, non tanto dettar legge alla realtà. Kant (1724-1804), fin dall’inizio della sua Critica della ragion pura pretende di dettar legge alla natura. Invece l’atteggiamento di ogni sano pensatore cristiano è esattamente il contrario: è l’Essere che detta legge al nostro pensiero.

San Pio X non disse: « Solo l’Aquinate ha ragione », ma disse: « approviamo le tesi tomiste, sono tesi buone e sicure, i teologi ne faranno quello che potranno », senza escludere la validità di altre scuole (la scuola scotista, per esempio, quella agostiniana e via dicendo). Vi era allora rispetto per il pluralismo. Egli promosse gli studi tomisti senza imporre nulla agli altri teologi che, nell’ortodossia, seguivano strade diverse. Suo scopo fu quello di illuminare la Chiesa con una dottrina che sapesse limpidamente abbinare ragione e fede. San Pio X non si limitò a raccomandare le tesi filosofiche dell’Aquinate (le famose XXIV tesi) per aiutare i teologi nelle loro ricerche, ma scrisse due documenti stupendi, uno suo, uno del S. Uffizio (ma approvato da lui). Cari fratelli, provate a chiedere se esistono ancora in commercio. Vale la pena leggerli. Sono l’enciclica Pascendi dominici gregis (1907) e il decreto del S. Uffizio dal significativo titolo Lamentorum (è l’elenco dei deplorevoli errori del modernismo).

Che cosa s’intende per modernismo? San Pio X, grazie alla sua intelligenza scolasticamente formata, riesce a portare chiarezza in mezzo a una confusione intellettuale piuttosto notevole. Nella Pascendi si leggono queste parole: ut in abstrusiore re ordinate procedamus (per procedere con ordine in una materia alquanto astrusa). Da qui si coglie nel papa la volontà di ordine anche nel caos e nella confusione. Quali sono le caratteristiche del modernismo e qual è la sua pericolosità? Jacques Maritain ebbe a dire in una sua opera parole molo attuali: « Il modernismo giustamente fulminato da san Pio X all’inizio del XX secolo sta al neomodernismo attuale [allusione a una corrente di pensiero degli anni Sessanta] come un innocente raffreddore sta a una polmonite letale ». Questo ci dà l’idea della perniciosità del modernismo. Dobbiamo dire che Pio X è stato un profeta, perché ha saputo prevedere con la sua chiaroveggenza soprannaturale i tempi dell’anticristo, della confusione diabolica di oggi, anche se gli effetti devastanti del movimento erano solo all’inizio e la “polmonite letale” dei nostri giorni era ancora di là da venire.

Da che cosa è caratterizzato il modernismo? Solo per sommi capi, si tratta di una tendenza di pensiero soggettivista fenomenista. Grosso modo, si può dire che i modernisti, non contenti delle filosofie del passato, per una malintesa modernità, aspirano al cambiamento ad ogni costo, anche a costo di uscire dal sentiero della verità. Una falsa idea di progresso, dove non si sa in che direzione progredire, un po’ come il cieco del quale parla il Vangelo, che cade nella fossa. Ciò vuol dire che nella vita spirituale occorre fare attenzione a dove si mettono i piedi, si deve progredire, certo, ma nella vera fede.

Alcuni di questi progressisti ad oltranza, irrispettosi dell’eternità del vero, che cosa dicono? Assumiamo la “fenomenologia dello spirito di Hegel”, quella che noi potremmo meglio chiamare “patologia dello spirito. Cari fratelli, assumere questi atteggiamenti soggettivistici con superbo “non serviam!” Gen. 2-20, nei confronti di Dio Creatore porta poi ad una simile ribellione a Dio Redentore. Se uno non ama la creazione non può essere cristiano, è uno gnostico, la cui fede è solo un atto di superbia, con il quale pretende di regolare la realtà sul suo pensiero e di scrutare empiamente gli imperscrutabili misteri della fede. Vedete la modestia dei modernisti? Far dipendere l’essere dalle loro idee. Diverse sono le forme di soggettivismo. Più intelligente è quello di Kant, più superficiale è quello dei suoi seguaci.

Se la religione è un fenomeno puramente soggettivo, è evidente che non esiste una rivelazione soprannaturale. Se non c’è nulla al di fuori del nostro io che pensa i suoi pensieri (che umiltà!), allora anche la pretesa rivelazione non è altro che la voce del proprio io che parla a sé stesso. Questo è un soliloquio che l’io conduce con sé stesso, al di qua della rivelazione soprannaturale. Mentre a livello filosofico il modernismo è anzitutto fenomenismo e soggettivismo, a livello teologico è naturalismo e razionalismo, cioè negazione dell’obiettività del soprannaturale.

Se poi si ritiene la propria mente il vertice del sapere, è chiaro che si finisce con il cadere nel progressismo evoluzionista, per cui si considerano gli apostoli come menti rozze, immerse nella mitologia È mancanza di umiltà ritenere che gli apostoli non sapessero come orientarsi nella fede, mentre noi uomini maturi, noi sì che sappiamo che cosa è la fede cattolica! Secondo la mentalità modernista, in origine c’era una fede immatura, arcaica, piena di miti; poi, poco alla volta, con lo sviluppo della cultura sono venuti fuori dei contenuti sempre nuovi. Le novità vanno sempre rispettate, anche se sono in contraddizione con quanto si credeva prima. Pensate quale è il programma modernista!

Tutti questi errori (fenomenismo, naturalismo ed evoluzionismo storicistico) furono fulminati dal supremo magistero di Pio X. Cari fratelli, che dire? Come orientarci? Pio X rimane un faro sulla strada di ogni buon cattolico. Quando mi si obietta: « Pio X, vissuto un’ottantina d’anni fa, ha detto cose che andavano bene all’inizio del secolo », rispondo che la fede, se è veramente tale, non cangia nel tempo. Bisogna decidersi: la verità o discende dall’alto (e allora viene da Dio ed è eterna), o viene dalle nostre meschine elucubrazioni (e allora è soggetta alle vicissitudini della storia). Facciamo la nostra scelta! Non lasciamoci impressionare da quelli che dicono che siamo all’antica, che non abbiamo capito nulla, che non siamo aggiornati, che siamo reazionari. Pensiamo piuttosto alla lettera di san Paolo che dice: « Predichiamo il vangelo cercando di piacere non agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo pronunciato parole di adulazione [...] e neppure abbiamo cercato la gloria umana né da voi né da altri » (1Ts 2, 4-6). Non c’è gloria maggiore che quella di portare a Dio le anime dei fratelli, nell’unica, vera, cattolica fede. Così sia.

Padre Tomáš Týn, O. P.



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