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Tradizionalisti e conservatori a tre anni dal motu proprio

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2010 09:21
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15/09/2010 09:21

Tradizionalisti e conservatori a tre anni dal motu proprio

Tre anni dall'Emancipation Day. I tradizionalisti, tre anni orsono, il 14 settembre 2007, Festa dell'Esaltazione della S. Croce, per grazia del Santo Padre tornarono ad essere cittadini a tutti gli effetti della città cattolica. Non più ghettizzati dagli indulti, o clandestini in una Chiesa che non li riconosceva. Sono bastate due parole: numquam abrogatum: il Messale della Tradizione non è mai stato abrogato ed è (o dovrebbe essere) liberamente accessibile al popolo cristiano.

Proviamo a tracciare un abbozzo di bilancio di questi tre anni. Non parleremo adesso dell'aumento di celebrazioni (e dell'opposizione alle stesse), quanto piuttosto dell'importanza che quell'epocale documento (non abbiamo dubbi: il più importante atto di Benedetto XVI; anzi, il più importante provvedimento pontificio del secolo, dal tempo della Dominus Iesus) ha avuto e sta avendo nella percezione che la Chiesa ha di se stessa.

Fino ad una manciata di anni fa, IL Concilio era un totem, un feticcio: segnava il discrimine tra un passato "che sapeva di chiuso" (dixit il cardinal Martini) e un presente di amore, di ecclesiologia di comunione, di ecumenismo fraterno; nonché un futuro ancor più luminoso, che avremmo conosciuto non appena IL Concilio avesse trovato pieno compimento, lasciando alle spalle quei residui di dogmi, discipline e tradizioni ancora indebitamente sopravvissute. Ora invece, dopo quel motu proprio, anche i più alieni da passioni liturgiche aprono gli occhi, si interrogano, e si danno facilmente la risposta: dove è tutto questo fiorire e svilupparsi? Quali promesse sono state mantenute, mentre le chiese son sempre più vuote, i preti disorientati e ridotti nei ranghi, l'ignoranza nelle cose di fede a livelli mai visti?

E' il momento del ritorno alla Tradizione.
Rodari ha scritto un post che, indirettamente, è illuminante. Leggiamo, e commentiamo poi:

Capita a volte che quando negli ambienti vaticani si parla di “progressisti” e “conservatori” c’è chi storce il naso e dice: “Sono categorie vecchie. Ancora con queste cose”. Io penso invece che la distinzione sia legittima e che rispecchi ancora le due principali tendenze presenti nella chiesa.
La cosa è confermata anche da queste parole pronunciate recentemente dal numero due della chiesa ortodossa russa, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca. Le riporta Sandro Magister nel suo blog. Eccole: “Tutte le attuali versioni del cristianesimo possono essere grosso modo suddivise in due gruppi principali: tradizionale e liberale. La distanza oggi non è tanto fra gli ortodossi e i cattolici o fra i cattolici e i protestanti quanto appunto fra i tradizionalisti e i ‘liberal’. Alcuni leader cristiani, ad esempio, ci dicono che il matrimonio tra un uomo e una donna non è più il solo modo per costruire una famiglia cristiana: esistono altri modelli e la Chiesa dovrebbe diventare adeguatamente ‘inclusiva’ riconoscendo standard comportamentali alternativi e dando loro la benedizione ufficiale. Alcuni cercano di persuaderci che la vita umana non è più un valore assoluto, che si può porre fine a essa nel grembo materno e a proprio piacimento. Ai tradizionalisti cristiani si sta insomma chiedendo di riconsiderare il proprio punto di vista con il pretesto di mantenersi al passo con la modernità”.


Che cosa ci dice questo breve articolo? Che la dicotomia che ha dominato la Chiesa negli ultimi decenni, conservatori-progressisti, è in via di superamento, anzi di sostituzione. Non ci sono più i conservatori; il loro posto, lo abbiamo preso noi, i tradizionalisti. E anche i progressisti, a furia di "progredire", ormai son diventati liberal a tutti gli effetti: il termine (l'italiano liberale, che ha connotazioni positive, è fuorviante) descrive coloro che vogliono il superamento di ogni regola di morale e di dottrina: sì all'aborto e ai matrimoni gay, no a condizionamenti nella fede, fosse pure su elementi basici come la resurrezione di Gesù o la Trinità.

Ma chi sono i conservatori, e in che cosa i tradizionalisti se ne distinguono? Semplice: il tradizionalista sa che tutto passa attraverso il prisma del tesoro dottrinale e liturgico tramandato dai secoli; non si dà ortodossia, se non c'è comunione diacronica con le generazioni che precedono. Il conservatore, per contro, è semplicemente un uomo d'ordine: sta dalla parte dell'autorità costituita, del Papa pro tempore, anche se... proibisce un Messale risalente a Gregorio Magno, o bacia il Corano. Il Papa parla sempre di Concilio? Viva il Concilio, anche senza leggerne i documenti: conta la prassi applicativa concreta, e l'importante è conservare quella.

Il conservatore è rigido in materia di morale: vi farà una testa da palombaro sul profilattico... Della liturgia invece se ne frega: basta che sia conforme a quello che il Papa di turno ha stabilito. Il tradizionalista, per contro, si rende conto che senza la linfa dei secoli, che innerva la Sacra Liturgia e dà forza e grazia all'uomo, tutto il resto è moralismo; sa inoltre che senza il confronto con i testi magisteriali prodotti in due millenni, la Chiesa rischia di cadere in contraddizione con se stessa.

I conservatori, o neo-con, o woityliani (perché ai tempi di quel Pontefice tennero maggiormente il campo) sono ancora ben presenti: pensiamo a certi "movimenti", tanto rigoristi in ambito morale quanto liturgicamente e dottrinalmente disinibiti. Gli episcopati, poi, ne son pieni: quelli che non appartengono alla maggioranza progressista, son conservatori; ben pochi i tradizionalisti. E da buoni conservatori, difendono il feticcio del Concilio perché, appunto, quello è il passato prossimo, al quale il loro conservatorismo è legato. Ma la percezione di Rodari è corretta: i conservatori non hanno più molto da dire ai fedeli, e meno ancora a se stessi. La loro posizione è intenibile: è bastato che un nuovo Papa, con idee nuove, anzi antiche, scuotesse le loro certezze, e si son sentiti persi.

Ma poiché essi sono, lo dicevamo, per prima cosa uomini d'ordine, stanno poco a poco scoprendo, dietro ad un Papa amante della Tradizione, che forse la questione merita approfondimento.
Enrico
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