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Il prete progressista è un istrione narcisista

Ultimo Aggiornamento: 25/09/2010 15:01
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24/09/2010 19:35

Il prete progressista è un istrione narcisista

Pubblichiamo ampi stralci di un articolo di Paul e Daniel C. Vitz, originariamente intitolato Messing with the Mass: The problem of priestly narcissism today” (letteralmente “Aggeggiando con la Messa: il problema del narcisismo dei preti oggi”) e pubblicato nel 2007 su “Homiletic and Pastoral Review”, nel quale viene affrontato, da un punto di vista psicologico, il grave problema del fai-da-te liturgico, ovvero la tendenza, comune a molti preti (ma anche, bisogna dire, ad una certa parte di laici, specie quelli impegnati nella c.d. “animazione liturgica”, musicale e non) a concepire la liturgia come cosa propria, e a sentirsi quindi autorizzati ad introdurvi tutta una serie di varianti, aggiustamenti, trovate più o meno grandi, tanto nelle parole quanto nei gesti, col risultato di commettere dei veri e propri abusi, in barba a quanto prescritto dalle norme. Gli autori descrivono in particolare lo scenario statunitense, ma ognuno sa da sé come il problema sia molto più diffuso, anche dalle nostre parti: credo che ciascuno di noi abbia avuto a che fare almeno una volta con uno di questi preti “improvvisatori” o “primattori” e con le loro stravaganze. Gli esempi si sprecano: da classici come “Il Signore è con voi” o “Pregate sorelle e fratelli perché il nostro sacrificio...” al prete che modifica perfino il testo del Vangelo, fino al caso limite di quei sacerdoti che apparentemente non possono leggere una riga di messale senza sentire il bisogno di infiorettarla o variarla sottilmente, sì da dare l'impressione d'inventarsi la messa lì per lì (chi scrive ha avuto esperienza diretta di tutto ciò). Non possiamo che essere d'accordo con la conclusione dell'articolo: la partita della buona liturgia si gioca nei seminari, al livello della formazione dei futuri sacerdoti (che deve includere la conoscenza e il rispetto della Tradizione); ma è anche affidata, più in generale, alla consapevolezza ed alla buona volontà dei laici, che hanno il dovere di attenersi alle leggi stabilite da Santa Madre Chiesa, come il diritto di avere una liturgia ad esse conforme.


A partire dal Concilio Vaticano II la messa è caduta vittima d'irregolarità di vario tipo. Questo argomento è stato molto discusso da vari punti di vista, ma in questo articolo prenderemo in esame un aspetto fino ad ora trascurato della questione - i motivi psicologici che possono aver spinto i sacerdoti ad introdurre questi cambiamenti.

[...]

Noi proponiamo che la motivazione primaria alla base di molti di questi cambiamenti derivi da sotterranei impulsi narcisistici - ovvero, un amore di sé spinto all'estremo - comuni a molti uomini e donne nella cultura odierna.

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Lasciando da parte gl'importanti aspetti teologici soggiacenti alla questione, possiamo vedere motivazioni psicologiche profondamente radicate alla base del comportamento di quei preti che "individualizzano" le loro messe, dando la loro "impronta personale" alla liturgia. Questi preti trattano con grande disinvoltura le rubriche della messa, trasformano la "brevissima" introduzione dopo il saluto al popolo, autorizzata dall'Ordinamento Generale del Messale Romano, in un'altra omelia. Alcuni perfino individualizzano la preghiera di consacrazione, ed in molti altri modi cercano di rendere conforme la Divina Liturgia ai loro propri gusti ed opinioni.

Buona parte di questo cambiamento è stata a lungo attribuita allo "Spirito del Concilio", ma in realtà è nostra opinione che vi sia lo sprito secolare e narcisistico dei nostri tempi alla base di queste irregolarità liturgiche. [...] L'atteggiamento di chi “personalizza” la liturgia è chiaramente quello di chi rigetta la storia e la tradizione della Chiesa – proprio come la società in generale ha rigettato il suo passato. Ciò si osserva facilmente nel frequente disinteresse, e talora perfino esplicito disprezzo, per le tradizioni liturgiche da parte di coloro che più strettamente dovrebbero essere legati alla Chiesa – i sacerdoti.

Questi abusi riflettono altresì un'effettivo scollamento dal futuro cristianamente inteso. […] Al suo fondo, la Divina Liturgia è un'espressione di speranza per il futuro, ed è una manifestazione terrena della nostra destinazione suprema – il Paradiso. La messa dovrebbe trarci fuori dal tempo presente – dovrebbe muoversi in una dimensione atemporale e trascendente – e dovrebbe anche farci avvertire tutto il passato della Chiesa che ci precede, con le sue tradizioni. Purtroppo, i fedeli se ne vanno da molte delle nostre messe con poca consapevolezza del significato che la liturgia riveste per il passato della Chiesa e per il loro proprio futuro nell'eternità: la messa è stata un'esperienza puramente emotiva e passeggera, presto dimenticata.

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Il narcisismo miete oggi le sue vittime anche fra i laici. La messa viene presentata come una celebrazione dell'assemblea dei fedeli anziché della Presenza Reale di Cristo nell'Eucaristia.

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In fin dei conti, anche il laicato ha il proprio bisogno di narcisismo, che può facilmente manifestarsi durante la messa, creando disordine in vari modi. Un po' di questo narcisismo dei laici si mostra ad esempio nella frequente pretesa di esercitare un controllo sulla messa e sulle relative preghiere a matrimoni e funerali. Sempre più queste funzioni sono “tagliate su misura” per accontentare l'insistenza dei laici.

[...]

Data la tendenza allo "spontaneismo", all'autostima ed all'autoesaltazione, sacerdoti e seminaristi dovrebbero essere messi in guardia dal pericolo d'infilare la propria personalità nella liturgia. Questa tendenza al narcisismo dev'essere fatta oggetto d'attenzione specialmente nel contesto della messa celebrata versus populum. A prescindere dalle personali opinioni circa i rispettivi pregi della messa celebrata ad orientem o versus populum, non v'è dubbio che la tentazione di atteggiarsi a “primadonna" sia molto maggiore quando il celebrante è rivolto verso l'assemblea.

[...]

Dato che le voglie futili e narcisistiche di molti preti stanno dietro alle loro peculiari ed idiosincratiche modifiche della liturgia, è l'ora che questi aspetti sgradevoli e non teologici siano più diffusamente identificati nei seminari cattolici e nella comunità cattolica in generale. Lasciamo al Cardinale Arinze l'ultima parola sull'argomento: la liturgia, egli dice, “non è proprietà privata di nessuno, e quindi nessuno ci deve giocare”.


Quante volte abbiamo sentito il liturgista di turno lamentare il soffocante “rubricismo esasperato” della liturgia tradizionale. Ma alla luce di quanto abbiamo letto, non dobbiamo pittosto vedere in esso quasi un argine eretto dalla Chiesa, nella sua materna prudenza, contro il dilagare della tentazione a mettere noi stessi al centro, a ritenerci più importanti di tutto il resto, tentazione sempre operante in ogni uomo a causa della corruzione della sua natura, ma soprattutto in chi riveste un ruolo di guida, di autorità, come un ministro ordinato? Non dobbiamo piuttosto apprezzare quelle minute prescrizioni che non lasciano al sacerdote spazio di manovra, portandolo quasi ad annullarsi nel rito, sì da lasciare campo libero all'azione dell'unico vero Sacerdote e Mediatore fra Dio e gli uomini, Gesù Cristo (avverando in questo modo le parole del Battista in Gv 3,30)?

E non dobbiamo rimpiangere, tra le altre cose, anche l'abbandono di un simile atteggiamento di umiltà verso il rito, tanto più in quest'epoca di divismo, gossip, social network, che moltiplica la smania e le occasioni di farsi notare, di porsi al centro dell'attenzione?

Certo, abusi erano possibili, e sono sicuramente avvenuti, anche prima dell'ultima riforma liturgica. Ma (è un discorso già fatto altre volte) il Novus Ordo, con la sua minore attenzione alle rubriche, le possibili varianti ad libitum, la scomparsa della sezione "De Defectibus", le traduzioni in volgare continuamente riviste al ribasso, non rischia d'incoraggiare una malintesa idea di "creatività"? Non costituisce perlomeno un "calo della guardia" dinanzi a quella cultura dell'"apparire", un abbattimento del summenzionato "argine" contro ogni tendenza narcisistica?

In fondo, cos'è lo “Spirito del Concilio” se non un cedimento alla mentalità del secolo? Presunto “spirito” che vince sulla “lettera”? Mal concepito “amore” che vince sulla “legge”? Impulso interiore, soggettivo, che vince sulla norma esteriore, oggettiva? “Caritas” senza “Veritas”?

Non è questo un ulteriore esempio di rifiuto da parte del dipendente della sua dipendenza, di uomo che mira a farsi Dio per prenderNe il posto?

Francesco


Contro le tentazioni narcisiste, la ricetta è sempre quella:
Apri il Messale, dì precisamente le cose scritte in nero, fai esattamente quelle scritte in rosso (=le rubriche, da ruber, rosso)

Messainlatino
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