Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

BENEDETTO XVI A VIENNA

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2008 16:52
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:21

Venerdì 7 settembre

Ore 10,00: Conversazione con i giornalisti del Volo papale
La trascrizione delle domande rivolte al papa dai giornalisti ammessi al volo papale durante il viaggio da Roma verso Vienna, e le risposte di Benedetto XVI.
Il testo integrale.

Ore 11,15:
Cerimonia di benvenuto - Aeroporto di Vienna
Un paese “permeato dal messaggio di Gesù Cristo” che fa sentire il papa “un po' a casa”. È questo il primo messaggio di Benedetto XVI all'aeroporto internazionale di Vienna. Il pontefice ricorda il motivo della sua visita, ovvero l'850mo anniversario del santuario di Mariazell, “simbolo di un’apertura che non supera solo frontiere geografiche e nazionali, ma nella persona di Maria rimanda ad una dimensione essenziale dell’uomo: la capacità di aprirsi alla Parola di Dio ed alla sua verità”. Per il papa si tratta di un pellegrinaggio di fede, un mettersi in cammino “insieme ai pellegrini del nostro tempo”.
Il testo integrale.

Ore 12,45: Preghiera e saluto - Mariensäule
di Vienna
Seguire l'esempio di Maria e orientare la vita totalmente verso Dio. È la preghiera di Benedetto XVI davanti alla Mariensäule, la colonna bronzea dedicata alla Madonna, nel centro di Vienna. Un testo semplice, quanto profondo, seguito da un breve discorso. “Nel suo sentimento materno - spiega il papa - Maria accoglie anche oggi sotto la sua protezione persone di tutte le lingue e culture”. Per  questo, “a lei possiamo rivolgerci nelle nostre preoccupazioni e necessità”, imparando tuttavia “ad accoglierci a vicenda con lo stesso amore”. Al tempo stesso, il papa indica la chiamata di ogni cristiano ad “essere santo e immacolato” al cospetto di Cristo “nella carità”. “Noi siamo redenti! - continua - In virtù della nostra comunione col Cristo risorto, Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale. Apriamo il nostro cuore, accogliamo l’eredità preziosa!”. Da parte sua,  Maria “ci aiuterà ad aprire le nostre piccole speranze sempre verso la grande, vera speranza che dà senso alla nostra vita e può colmarci di una gioia profonda ed indistruttibile”.
Il testo integrale.

Ore 17,30:
Incontro con il Corpo diplomatico - Vienna
Un discorso di ampio respiro, che ruotando intorno all’Austria affronta il tema della solidarietà sociale e dell’unità europea, dell’aborto e dell’eutanasia, della ragione e del ruolo del vecchio continente nel panorama internazionale. Con una chiusura accorata a non disperdere la tradizione religiosa: "Deve essere nell’interesse di tutti non permettere che un giorno in questo paese siano forse ormai solo le pietre a parlare di cristianesimo!”. Allo stesso tempo, “l’Europa non può e non deve rinnegare le sue radici cristiane” e deve orientare la globalizzazione per evitare che “si realizzi a spese dei poveri”. Dai toni chiari, ma al tempo stesso prudenti e argomentati, è il capitolo dedicato alla difesa della vita: “Il primo diritto umano è il diritto alla vita stessa: l’aborto dunque non può essere un diritto umano, ma è il suo contrario”. Una preoccupazione umana e non ecclesiale, dice il papa aggiungendo di non chiudere gli occhi "davanti ai problemi e ai conflitti di molte donne” e ricordando che “ la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà”. Dal papa anche la condanna dell’eutanasia e la richiesta di riforme strutturali nei campi del sistema sanitario e delle strutture di assistenza palliativa. Infine, l’incoraggiamento ad agire di fronte alle sfide urgentissime poste dall’Africa (il flagello dell’AIDS, la situazione nel Darfur, l’ingiusto sfruttamento delle risorse naturali e il preoccupante traffico di armi), dal Medio Oriente (dove è necessaria la rinuncia alla violenza e il dialogo reciproco), dall’America latina e dall’Asia.
Il testo integrale

Sabato 8 settembre

Ore 10,30:
Santa Messa - Santuario di Mariazell
“Un cuore in ricerca” e la fede nella verità radicata nell'amore come priorità del nostro tempo, per capire che il cristianesimo è “qualcosa di diverso da un sistema morale, da una serie di richieste e di leggi”, piuttosto “è il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte”. Benedetto XVI torna a parlare della Verità della fede, mettendo al centro Cristo, “unico Mediatore della salvezza valido per tutti”. Un'unicità che non comporta il “disprezzo delle altre religioni” né assolutizza “il nostro pensiero”, ma esprime semplicemente l’essere stati conquistati “da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati di doni, affinché noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri”. Il cristianesimo come fede capace di opporsi “alla rassegnazione che considera l’uomo incapace della verità”, perché “noi abbiamo bisogno della verità”. E a chi, guardando alle vicende storiche, ha paura “che la fede nella verità comporti intolleranza”, il papa risponde con l'immagine di Gesù bambino tra le braccia di Maria, visibile a Mariazell: “La verità non si afferma mediante un potere esterno, ma è umile e si dona all’uomo solamente mediante il potere interiore del suo essere vera. La verità dimostra se stessa nell’amore”. Una realtà ben precisa: “Dio si è fatto piccolo per noi, – spiega il papa - e ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio. Egli ci offre il Tu”. Parlando di bambini, il papa fa cenno anche alle sofferenze dell'infanzia nel mondo e alla denatalità del vecchio continente: “Noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro”.
Il testo integrale

Ore 16,45:
Vespri Mariani - Santuario di Mariazell
Di fronte a sacerdoti, religiosi e religiose al santuario della Madonna di Mariazell, Benedetto XVI ripercorre le tre componenti determinanti di una vita impegnata nel radicale e totale donarsi a Dio: povertà, castità e obbedienza. Le parole del papa sono l’invito a porre in risalto – di fronte alle croci di ogni giorno - la profonda gioia e consolazione del donarsi totalmente alla causa del Vangelo: parla di “rinuncia ai beni materiali”, di libertà interiore, di “amore disinteressato”, di affidamento totale al Signore, nella certezza di trovare così “la volontà di Dio” e dunque “la nostra vera identità”. E ricorda che "l'obbedienza a Dio è obbedienza alla Chiesa". 
Il testo integrale.

Domenica 9 settembre

Ore 10,00:
Santa Messa - Duomo di Santo Stefano a Vienna
“La Domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in un fine-settimana”, ma se il tempo libero “ non ha un centro interiore, da cui proviene un orientamento per l’insieme, esso finisce per essere tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea”. Così il papa nell'omelia della messa nel duomo di Santo Stefano. L'invito è quello di mettere al centro l'incontro con Cristo, “Colui che è la nostra origine e la nostra meta”. Ma come si realizza questa dimensione? Benedetto XVI commenta il brano evangelico sull'invito di Gesù a odiare beni e affetti per diventare discepoli, per chiarire che “ognuno ha il suo compito personale e il tipo di sequela progettato per lui”. Gesù fa riferimento alla “chiamata particolare dei Dodici” che nei secoli si è estesa a tanti altri uomini e donne. Ma quando dice “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà”, si rivolge a tutti. In sostanza, spiega il papa, “solo colui che ama trova la vita“. “E l’amore richiede sempre l’uscire da se stessi, richiede di lasciare se stessi“. Contare sull'amore del “Dio fatto uomo“, spiega Benedetto XVI, è una certezza e “riconoscere questo è saggezza“.
Il testo integrale

Ore 12,00:
Angelus - Piazza del Duomo a Vienna
Il senso della Domenica al centro dell'Angelus. Benedetto XVI riprende l'immagine dell'"amore di Dio, che ha perso se stesso per noi consegnandosi a noi”: una realtà che “ci dona la libertà interiore di “perdere” la nostra vita, per trovare in questo modo la vita vera”. “La partecipazione a questo amore – ha detto - ha dato anche a Maria la forza per il suo “sì” senza riserva”. Ed è la Madonna l'esempio indicato a tutti i cristiani per amare e portare Dio agli uomini. “Donate anche voi il vostro corpo al Signore, - conclude Benedetto XVI - rendendovi sempre di più uno strumento dell’amore di Dio, un tempio dello Spirito Santo! Portate la Domenica col suo Dono immenso nel mondo!”.
Il testo integrale

Ore 12,30: La lettera ai bambini
I bambini che soffrono la fame, o a cui mancano istruzione o pace, così come coloro che "ancora non conoscono Gesù". Il papa li ricorda in una lettera consegnata ad una piccola delegazione di Missio, la Pontificia opera dell'infanzia missionaria. "Vedo in voi dei piccoli collaboratori al servizio che il Papa rende alla Chiesa e al mondo", scrive Benedetto XVI. "Voi mi sostenete con la vostra preghiera e anche con il vostro impegno di diffondere il Vangelo". 
Il testo integrale

Ore 16,30:
Visita all'Abbazia di Heiligenkreuz
La visita al più antico monastero cistercense del mondo restato attivo senza interruzione è l’occasione per riflettere sull’importanza della preghiera, della liturgia e della teologia, a partire dalla regola benedettina dell’Ora et labora. Il papa mette in evidenza che il centro della vita dei monaci è la preghiera: una preghiera che non ha uno scopo specifico, non è rivolta a chiedere “questa o quell’altra cosa”, ma è semplicemente adorazione di Dio. Benedetto XVI tratteggia il rapporto fra Dio e l’uomo, ricordando che il primo non ha posto gli uomini “in tenebre spaventose”, ma "ha illuminato le nostre tenebre con la sua luce: siamo stati cercati e desiderati, trovati e redenti”. Il pontefice ha sottolineato anche la necessità del rispetto dell’essenza della liturgia e ha invitato a “considerare le abbazie e i monasteri come luoghi di “forza spirituale”, e non solo “luoghi di cultura e di tradizione” o peggio “semplice aziende economiche”: “Struttura, organizzazione ed economia sono necessarie anche alla Chiesa” – precisa – “ma non sono la cosa essenziale”. L’essenziale, dice il papa, è Dio solo.
Il testo integrale.

Ore 17,30:
Incontro con il mondo del volontariato - Vienna
E’ da un lato l’elogio del “generoso impegno” di chi rende l’amore concretamente sperimentabile, e dall’altro l’invito a lasciarsi coinvolgere da un cammino che metta fra parentesi le considerazioni circa l’utilità e il profitto e si apra alla gratuità e alla “priorità del prossimo”, vie che “ricordano la dignità dell’uo­mo e suscitano gioia di vita e speranza”. Il papa incontra il mondo del volontariato austriaco, quanto mai vivo e vitale e si dice ammirato e pieno di gratitudine per il loro impegno. Ricorda la centralità dell’amore per il prossimo e il fatto che questo non si possa delegare: “Lo Stato e la politica”, dice riprendendo un concetto già espresso anche nella sua enciclica, “non possono sostituirlo”, anche se devono “creare condizioni generali” per favorirlo. “Senza impegno volontaristico” – spiega – “il bene comune e la società non potevano, non possono e non potranno perdurare”. Quello del volontariato è un cammino che si muove nella logica della gratuità, che va “al di là del calcolo e del contraccambio atteso” e che “rompe con le regole dell’economia di mercato”. Un “cammino appassionante e interessante”, che nelle parole del papa rende “liberi e aperti alle necessità dell’altro, alle esigenze della giustizia, della difesa della vita e della salvaguardia del creato”. In una dimensione che riconosce l’immagine cristiana dell’amore di Dio e del prossimo. Donarsi agli altri dilata il cuore e permette di fare “esperienza di Dio”.
Il testo integrale

Ore 19,15: Cerimonia di congedo - Vienna
Il saluto del papa all’Austria, alla presenza del presidente federale e dei membri del governo, è l’occasione per ringraziare le autorità, i responsabili e i volontari che hanno reso possibile l’organizzazione della sua visita. All'aeroporto di Vienna, il papa ripercorre le tappe principali del suo viaggio e esprime l’auspicio che il paese possa dare il proprio contributo alla ricerca di nuove vie per favorire la fiducia fra gli uomini, anche nell’ambito delle istituzioni europee e delle relazioni internazionali. Benedetto XVI si dice commosso dell’incontro con i volontari delle organizzazioni assistenziali e confessa la sua gratitudine e gioia per aver potuto vivere e portare a compimento il suo viaggio: il pensiero finale è per il presente e il futuro del paese, affidato all’intercessione della Madre della Grazia di Mariazell. 
Il testo integrale

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:25

 













 


 


 

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:27

 


























 


 
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:29

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
IN AUSTRIA
IN OCCASIONE DELL’850° ANNIVERSARIO
DELLA FONDAZIONE DEL SANTUARIO DI MARIAZELL



CERIMONIA DI BENVENUTO
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Aeroporto internazionale di Vienna/Schwechat
Venerdì, 7 settembre 2007

Signor Presidente Federale,
Signor Cancelliere Federale,
venerato Signor Cardinale,
cari Confratelli nell’Episcopato,
illustri Signore e Signori,
cari giovani amici!


Con grande gioia metto oggi piede, per la prima volta dopo l’inizio del mio Pontificato, in terra d’Austria, in un Paese che mi è familiare a causa della vicinanza geografica al luogo della mia nascita, e non soltanto per questo. La ringrazio, Signor Presidente Federale, per le cordiali parole con cui, in nome dell’intero Popolo austriaco, mi ha rivolto il Suo benvenuto. Lei sa quanto mi senta legato alla Sua Patria e a molte persone e luoghi del Suo Paese. Questo spazio culturale nel centro dell’Europa supera frontiere e congiunge impulsi e forze di varie parti del Continente. La cultura di questo Paese è essenzialmente permeata dal messaggio di Gesù Cristo e dall’azione che la Chiesa ha svolto nel suo nome. Tutto ciò e ancora molte altre cose mi danno la viva impressione di essere tra voi, cari Austriaci, un po’ “a casa”.

Il motivo della mia venuta in Austria è l’850o anniversario del luogo sacro di Mariazell. Tale Santuario della Madonna rappresenta in certo qual modo il cuore materno dell’Austria e possiede da sempre una particolare importanza anche per gli Ungheresi e per i Popoli slavi. È simbolo di un’apertura che non supera solo frontiere geografiche e nazionali, ma nella persona di Maria rimanda ad una dimensione essenziale dell’uomo: la capacità di aprirsi alla Parola di Dio ed alla sua verità.

Con questa prospettiva, durante i prossimi tre giorni, desidero compiere qui in Austria il mio pellegrinaggio verso Mariazell. Negli ultimi anni si costata con gioia un crescente interesse da parte di tante persone per il pellegrinaggio. Nell’essere in cammino durante un pellegrinaggio, proprio anche i giovani trovano una via nuova di riflessione meditativa; fanno conoscenza gli uni degli altri e insieme si ritrovano davanti alla creazione, ma anche davanti alla storia della fede che, non di rado, inaspettatamente sperimentano come una forza per il presente. Intendo il mio pellegrinaggio verso Mariazell come un essere in cammino insieme ai pellegrini del nostro tempo. In questo senso inizierò fra poco al centro di Vienna la preghiera comune che, quasi come pellegrinaggio spirituale, accompagnerà queste giornate in tutto il Paese.

Mariazell rappresenta non solo una storia di 850 anni, ma in base all’esperienza della storia – e soprattutto in virtù del rimando materno della Statua miracolosa a Cristo – indica anche la strada verso il futuro. Inquesta prospettiva vorrei oggi, insieme con le Autorità politiche di questo Paese e con i rappresentanti delle Organizzazioni internazionali, gettare ancora uno sguardo sul nostro presente e sul nostro futuro.
Il giorno di domani mi porterà per la festa della Natività di Maria, la Festa patronale di Mariazell, a quel Luogo di grazia. Nella Celebrazione eucaristica davanti alla Basilica ci riuniremo, secondo l’indicazione di Maria, intorno a Cristo che viene in mezzo a noi.

A Lui chiederemo di poterLo contemplare sempre più chiaramente, di riconoscerLo nei nostri fratelli, di servirLo in loro e di andare insieme con Lui verso il Padre. Come pellegrini al Santuario, nella preghiera e attraverso i mezzi di comunicazione, saremo uniti a tutti i fedeli e agli uomini di buona volontà qui nel Paese e ampiamente oltre i suoi confini.

Pellegrinaggio non significa soltanto cammino verso un Santuario. Essenziale è ancheil cammino di ritorno versola quotidianità. La nostra vita quotidiana di ogni settimana comincia con la Domenica – dono liberatorio di Dio che vogliamo accogliere e custodire. Celebreremo così questa Domenica nella Basilica di Santo Stefano – in comunione con tutti coloro che nelle parrocchie dell’Austria e in tutto il mondo si raccoglieranno per la Santa Messa.

Signore e Signori! So che in Austria la Domenica, in quanto giorno libero dal lavoro, ed anche i tempi liberi in altri giorni della settimana vengono in parte usati da molte persone per un impegno volontario a servizio degli altri. Anche un simile impegno, offerto con generosità e disinteresse per il bene e la salvezza degli altri, segna il pellegrinaggio della nostra vita. Chi “guarda” al prossimo – lo vede e gli fa del bene – guarda a Cristo e Lo serve. Guidati ed incoraggiati da Maria vogliamo aguzzare il nostro sguardo cristiano in vista delle sfide da affrontare nello spirito del Vangelo e, pieni di gratitudine e di speranza, da un passato a volte difficile, ma sempre anche ricco di grazia, ci incamminiamo verso un futuro colmo di promesse.

Signor Presidente Federale, cari amici!
Mi rallegro di queste giornate in Austria e all’inizio del mio pellegrinaggio saluto Lei e tutti voi con un cordiale “Grüß Gott!”.

www.vatican.va


**********************

Foto della partenza






__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:30

PREGHIERA ALLA MARIENSÄULE NELLA PIAZZA "AM HOF" A WIEN


Click this bar to view the small image.


Venerato Signor Cardinale,
onorevole Signor Sindaco,
cari fratelli e sorelle!

Come prima tappa del mio pellegrinaggio verso Mariazell ho scelto la Mariensäule, per riflettere un momento con voi sul significato della Madre di Dio per l’Austria del passato e del presente, come anche sul suo significato per ciascuno di noi. Saluto di cuore tutti voi convenuti qui per la preghiera ai piedi della Mariensäule. Ringrazio Lei, caro Signor Cardinale, per le calorose parole di benvenuto all’inizio di questa nostra celebrazione. Saluto il Signor Sindaco e tutte le Autorità presenti.

Un particolare saluto rivolgo ai giovani e ai rappresentanti delle comunità di lingue straniere nell’Arcidiocesi di Vienna, che dopo questa liturgia della Parola si raccoglieranno nella chiesa, dove fino a domani rimarranno in adorazione davanti al Santissimo. Così essi realizzeranno in modo molto concreto ciò che in questi giorni vogliamo fare tutti noi: con Maria guardare a Cristo.

Con la fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, si collega sin dai primi tempi una venerazione particolare per sua Madre, per quella Donna, nel cui grembo Egli assunse la natura umana partecipando perfino al battito del suo cuore, la Donna che accompagnò con delicatezza e rispetto la sua vita fino alla sua morte in croce, e al cui amore materno Egli alla fine affidò il discepolo prediletto e con lui tutta l’umanità. Nel suo sentimento materno Maria accoglie anche oggi sotto la sua protezione persone di tutte le lingue e culture, per condurle insieme, in una multiforme unità, verso Cristo. A Lei possiamo rivolgerci nelle nostre preoccupazioni e necessità. Da Lei, però, dobbiamo anche imparare ad accoglierci a vicenda con lo stesso amore con cui Ella accoglie tutti noi: ciascuno nella sua singolarità, voluto come tale e amato da Dio. Nella famiglia universale di Dio, nella quale per ogni persona è previsto un posto, ciascuno deve sviluppare i propri doni per il bene di tutti.

La Mariensäule, eretta dall’imperatore Ferdinando III come ringraziamento per la liberazione di Vienna da un grande pericolo e da lui inaugurata proprio 360 anni fa, deve essere anche per noi oggi un segno di speranza.

Quante persone, da allora, si sono fermate presso questa colonna e, pregando, hanno levato gli occhi verso Maria! Quanti hanno sperimentato nelle difficoltà personali la forza della sua intercessione! Ma la nostra speranza cristiana si estende ben oltre la realizzazione dei nostri desideri piccoli e grandi. Noi leviamo gli occhi verso Maria, che ci mostra a quale speranza siamo stati chiamati (cfr Ef 1, 18); Lei, infatti, personifica ciò che l’uomo è veramente!

L’abbiamo appena sentito nel brano della Lettera agli Efesini: già prima della creazione del mondo, Dio ci ha scelti in Cristo. Egli conosce ed ama ciascuno di noi fin dall’eternità! E a quale scopo ci ha scelti? Per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità! E ciò non è un compito inattuabile: in Cristo Egli ce ne ha già donato la realizzazione. Noi siamo redenti! In virtù della nostra comunione col Cristo risorto, Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale. Apriamo il nostro cuore, accogliamo l’eredità preziosa! Allora potremo intonare, insieme a Maria, la lode della sua grazia. E se continueremo a portare le nostre preoccupazioni quotidiane davanti alla Madre immacolata di Cristo, Lei ci aiuterà ad aprire le nostre piccole speranze sempre verso la grande, vera speranza che dà senso alla nostra vita e può colmarci di una gioia profonda ed indistruttibile.

In questo senso vorrei ora, insieme a voi, levare gli occhi verso l’Immacolata, affidare a Lei le preghiere che poc’anzi avete pronunciate e chiedere la sua protezione materna per questo Paese e per i suoi abitanti:


Santa Maria, Madre Immacolata del nostro Signore Gesù Cristo, in te Dio ci ha donato il prototipo della Chiesa e del retto modo di attuare la nostra umanità. A te affido il Paese d’Austria e i suoi abitanti: aiuta tutti noi a seguire il tuo esempio e ad orientare la nostra vita totalmente verso Dio! Fa che, guardando a Cristo, diventiamo sempre più simili a Lui: veri figli di Dio! Allora anche noi, pieni di ogni benedizione spirituale, potremo corrispondere sempre meglio alla sua volontà e diventare così strumenti di pace per l’Austria, per l’Europa e per il mondo.
Amen.


[01231-01.01] [Testo originale: Tedesco]

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:34

L'incontro con le Istituzioni

Stimatissimo Signor Presidente Federale,
Onorevole Signor Presidente del Parlamento nazionale,
Onorevole Signor Cancelliere Federale,
Illustri Membri del Governo Federale,
Onorevoli Deputati del Parlamento nazionale e Membri del Senato Federale,
Illustri Presidenti Regionali,
Stimati Rappresentanti del Corpo diplomatico,
Illustri Signore e Signori!

Introduzione
È per me una grande gioia e un onore incontrarmi oggi con Lei, Signor Presidente Federale, con i Membri del Governo Federale, come anche con i Rappresentanti della vita politica e pubblica della Repubblica d’Austria. In questo incontro nella Hofburg si rispecchia il buon rapporto, caratterizzato da fiducia vicendevole, tra il Vostro Paese e la Santa Sede. Di questo mi rallegro vivamente. Le relazioni tra la Santa Sede e l’Austria rientrano nel vasto complesso dei rapporti diplomatici, che trovano nella città di Vienna un importante crocevia, perché qui hanno sede anche vari Organismi internazionali. Sono lieto della presenza di molti Rappresentanti diplomatici, ai quali va il mio deferente saluto.

Vi ringrazio, Signore e Signori Ambasciatori, per la vostra dedizione non solo al servizio dei Paesi che rappresentate e dei loro interessi, ma anche della causa comune della pace e dell’intesa tra i popoli. Questa è la mia prima visita come Vescovo di Roma e Pastore supremo della Chiesa cattolica universale in questo Paese, che, però, conosco da molto tempo e per numerose visite precedenti. È – permettetemi di dirlo – una gioia per me trovarmi qui. Ho qui molti amici e, come vicino bavarese, il modo di vivere e le tradizioni austriache mi sono del tutto familiari. Il mio grande Predecessore di beata memoria, Papa Giovanni Paolo II, ha visitato l’Austria tre volte. Ogni volta è stato ricevuto dalla gente di questo Paese con grande cordialità, le sue parole sono state ascoltate con attenzione e i suoi viaggi apostolici hanno lasciato le loro tracce.

Austria
L’Austria negli ultimi anni e decenni ha registrato successi, che ancora due generazioni fa nessuno avrebbe osato sognare. Il Vostro Paese non ha solo vissuto un notevole progresso economico, ma ha sviluppato anche un’esemplare convivenza sociale, di cui il termine “solidarietà sociale” è diventato un sinonimo. Gli austriaci hanno ogni ragione di esserne riconoscenti, e lo manifestano avendo un cuore aperto verso i poveri e gli indigenti nel proprio Paese, ma essendo anche generosi quando si tratta di dimostrare solidarietà in occasione di catastrofi e di disgrazie nel mondo. Le grandi iniziative di “Licht ins Dunkel” – “Luce nelle tenebre” – prima di Natale e “Nachbar in Not” – “Vicino nel bisogno” – sono una bella testimonianza di questi sentimenti.

Austria e l’ampliamento dell’Europa
Ci troviamo qui in un luogo storico, dal quale per secoli è stato governato un impero che ha unito ampie parti dell’Europa centrale e orientale. Questo luogo e quest’ora offrono un’occasio­ne provvidenziale per fissare lo sguardo sull’intera Europa di oggi. Dopo gli orrori della guerra e le esperienze traumatiche del totalitarismo e della dittatura, l’Europa ha intrapreso il cammino verso un‘unità del Continente, tesa ad assicurare un durevole ordine di pace e di giusto sviluppo. La divisione che per decenni ha scisso il Continente in modo doloroso è, sì, superata politicamente, ma l’unità resta ancora in gran parte da realizzare nella mente e nel cuore delle persone. Anche se dopo la caduta della cortina di ferro nel 1989 qualche speranza eccessiva può essere rimasta delusa e su alcuni aspetti si possono sollevare giustificate critiche nei confronti di qualche istituzione europea, il processo di unificazione è comunque un’opera di grande portata che a questo Continente, prima corroso da continui conflitti e fatali guerre fratricide, ha portato un periodo di pace da tanto tempo sconosciuto. In particolare, per i Paesi dell’Europa centrale e orientale la partecipazione a tale processo è un ulteriore stimolo a consolidare al loro interno la libertà, lo stato di diritto e la democrazia. È doveroso ricordare a tale proposito il contributo che il mio predecessore Papa Giovanni Paolo II ha dato a quel processo storico. Pure l’Austria, che si trova al confine tra l’Occidente e l’Oriente di allora ha, come Paese-ponte, contribuito molto a questa unione e ne ha anche – non bisogna dimenticarlo – tratto grande profitto.

Europa
La “casa Europa”, come amiamo chiamare la comunità di questo Continente, sarà per tutti luogo gradevolmente abitabile solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni che traiamo dalla nostra storia e dalle nostre tradizioni. L’Europa non può e non deve rinnegare le sue radici cristiane. Esse sono una componente dinamica della nostra civiltà per il cammino nel terzo millennio. Il cristianesimo ha profondamente modellato questo Continente: di ciò rendono testimonianza in tutti i Paesi e particolarmente in Austria non solo le moltissime chiese e gli importanti monasteri. La fede ha la sua manifestazione soprattutto nelle innumerevoli persone che essa, nel corso della storia fino ad oggi, ha portato ad una vita di speranza, di amore e di misericordia.

Mariazell, il grande Santuario nazionale austriaco, è al contempo un luogo d’incontro per vari popoli europei. È uno di quei luoghi nei quali gli uomini hanno attinto e attingono tuttora la “forza dall’alto” per una retta vita. In questi giorni la testimonianza di fede cristiana al centro dell’Europa viene espressa anche mediante la “Terza Assemblea Ecumenica Europea” in Sibiu/Hermannstadt (Romania) posta sotto il motto: “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e di unità in Europa”. Viene spontaneo il ricordo del “Katholikentag” centro-europeo che nel 2004, sotto il motto “Cristo – speranza dell’Europa”, ha radunato tanti credenti a Mariazell!

Oggi si parla spesso del modello di vita europeo. Con ciò si intende un ordine sociale che significa efficacia economica con giustizia sociale, pluralità politica con tolleranza, liberalità ed apertura, ma anche conservazione di valori che a questo Continente danno la sua posizione particolare. Questo modello, sotto i condizionamenti dell’economia moderna, si trova davanti ad una grande sfida. La spesso citata globalizzazione non può essere fermata, ma è un compito urgente ed una grande responsabilità della politica quella di dare alla globalizzazione ordinamenti e limiti adatti ad evitare che essa si realizzi a spese dei Paesi più poveri e delle persone povere nei Paesi ricchi e vada a scapito delle generazioni future. Certamente, l’Europa ha vissuto e sofferto anche terribili cammini sbagliati. Ne fanno parte: restringimenti ideologici della filosofia, della scienza ed anche della fede, l’abuso di religione e ragione per scopi imperialistici, la degradazione dell’uomo mediante un materialismo teorico e pratico, ed infine la degenerazione della tolleranza in una indifferenza priva di riferimenti a valori permanenti. Fa però parte delle caratteristiche dell’Europa una capacità di autocritica che, nel vasto panorama delle culture del mondo, la distingue e la qualifica.

La vita
È nell’Europa che, per la prima volta, è stato formulato il concetto di diritti umani. Il diritto umano fondamentale, il presupposto per tutti gli altri diritti, è il diritto alla vita stessa. Ciò vale per la vita dal concepimento sino alla sua fine naturale. L’aborto, di conseguenza, non può essere un diritto umano – è il suo contrario. È una “profonda ferita sociale”, come sottolineava senza stancarsi il nostro defunto Confratello, Cardinale Franz König. Nel dire questo non esprimiamo un interesse specificamente ecclesiale. Ci facciamo piuttosto avvocati di una richiesta profondamente umana e ci sentiamo portavoce dei nascituri che non hanno voce. Non chiudo gli occhi davanti ai problemi e ai conflitti di molte donne e mi rendo conto che la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà.

Mi appello quindi ai responsabili della politica, affinché non permettano che i figli vengano considerati come casi di malattia né che la qualifica di ingiustizia attribuita dal Vostro ordinamento giuridico all’aborto venga di fatto abolita. Lo dico mosso dalla preoccupazione per i valori umani. Ma questo non è che un lato di ciò che ci preoccupa. L’altro è di fare tutto il possibile per rendere i Paesi europei di nuovo più aperti ad accogliere i bambini. Incoraggiate i giovani, che con il matrimonio fondano nuove famiglie, a divenire madri e padri! Con ciò farete del bene a loro medesimi, ma anche all’intera società. Vi confermiamo anche decisamente nelle Vostre premure politiche di favorire condizioni che rendano possibile alle giovani coppie di allevare dei figli. Tutto ciò, però, non gioverà a nulla, se non riusciremo a creare nei nostri Paesi di nuovo un clima di gioia e di fiducia nella vita, in cui i bambini non vengano visti come un peso, ma come un dono per tutti.

Una grande preoccupazione costituisce per me anche il dibattito sul cosiddetto “attivo aiuto a morire”. C’è da temere che un giorno possa essere esercitata una pressione non dichiarata o anche esplicita sulle persone gravemente malate o anziane, perché chiedano la morte o se la diano da sé. La risposta giusta alla sofferenza alla fine della vita è un’attenzio­ne amorevole, l’accompagnamen­to verso la morte – in particolare anche con l’aiuto della medicina palliativa – e non un “attivo aiuto a morire”. Per affermare un accompagnamento umano verso la morte occorrerebbero però urgentemente delle riforme strutturali in tutti i campi del sistema sanitario e sociale e l’organizzazione di strutture di assistenza palliativa. Occorrono poi anche passi concreti: nell’accompagnamento psicologico e pastorale delle persone gravemente malate e dei moribondi, dei loro parenti, dei medici e del personale di cura. In questo campo la “Hospizbewegung” fa delle cose grandiose. Tutto l’insieme di tali compiti, però, non può essere delegato soltanto a loro. Molte altre persone devono essere pronte o essere incoraggiate nella loro disponibilità a non badare a tempo e anche a spese nell’assisten­za amorosa dei gravemente malati e dei moribondi.

Il dialogo della ragione
Fa parte dell’eredità europea anche una tradizione di pensiero, per la quale è essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verità e ragione. Si tratta qui della questione se la ragione stia al principio di tutte le cose e a loro fondamento o no. Si tratta della questione se la realtà abbia alla sua origine il caso e la necessità, se quindi la ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e nell’oceano dell’irrazionali­tà, in fin dei conti, sia anche senza un senso, o se invece resti vero ciò che costituisce la convinzione di fondo della fede cristiana: In principio erat Verbum – In principio era il Verbo – all’origine di tutte le cose c’è la Ragione creatrice di Dio che ha deciso di parteciparsi a noi esseri umani. Permettetemi di citare in questo contesto Jürgen Habermas, un filosofo quindi che non aderisce alla fede cristiana: “Per l’autocoscien­za normativa del tempo moderno il cristianesimo non è stato soltanto un catalizzatore. L’universalismo ugualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e di convivenza solidale, è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore. Immutata nella sostanza, questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa”.

I compiti dell’Europa nel mondo
Dall’unicità della sua chiamata deriva, tuttavia, per l’Europa anche una responsabilità unica nel mondo. A questo riguardo essa innanzitutto non deve rinunciare a se stessa. Il continente che, demograficamente, invecchia in modo rapido non deve diventare un continente spiritualmente vecchio. L’Europa inoltre acquisterà una migliore consapevolezza di se stessa se assumerà una responsabilità nel mondo che corrisponda alla sua singolare tradizione spirituale, alle sue capacità straordinarie e alla sua grande forza economica. L’Unione Europea dovrebbe pertanto assumere un ruolo guida nella lotta contro la povertà nel mondo e nell’impegno a favore della pace. Con gratitudine possiamo costatare che Paesi europei e l’Unione Europea sono tra coloro che maggiormente contribuiscono allo sviluppo internazionale, ma essi dovrebbero anche far valere la loro rilevanza politica di fronte, ad esempio, alle urgentissime sfide poste dall’Africa, alle immani tragedie di quel Continente, quali il flagello dell’AIDS, la situazione nel Darfur, l’ingiusto sfruttamento delle risorse naturali e il preoccupante traffico di armi. Così pure l’impegno politico e diplomatico dell’Europa e dei suoi Paesi non può dimenticare la permanente grave situazione del Medio Oriente, dove è necessario il contributo di tutti per favorire la rinuncia alla violenza, il dialogo reciproco e una convivenza veramente pacifica. Deve anche continuare a crescere il rapporto con le Nazioni dell’America latina e con quelle del Continente asiatico, mediante opportuni legami di interscambio.

Conclusione
Stimato Signor Presidente Federale, illustri Signore e Signori! L’Austria è un Paese ricco di molte benedizioni: grandi bellezze paesaggistiche che, anno dopo anno, attirano milioni di persone per un soggiorno di riposo; un’inaudi­ta ricchezza culturale, creata e accumulata da molte generazioni; molte persone dotate di talento artistico e di grandi forze creative. Dappertutto si possono vedere le testimonianze delle prestazioni prodotte dalla diligenza e dalle doti della popolazione che lavora. È questo un motivo di gratitudine e di fierezza.

Ma certamente l’Austria non è un’“isola felice” e neppure crede di esserlo. L’autocritica fa sempre bene e, senz’altro, è anche diffusa in Austria. Un Paese che ha ricevuto tanto deve anche dare tanto. Può contare molto su se stesso e anche esigere da se stesso una certa responsabilità nei confronti dei Paesi vicini, dell’Europa e del mondo. Molto di ciò che l’Austria è e possiede, lo deve alla fede cristiana ed alla sua ricca efficacia sulle persone. La fede ha formato profondamente il carattere di questo Paese e la sua gente. Deve perciò essere nell’interesse di tutti non permettere che un giorno in questo Paese siano forse ormai solo le pietre a parlare di cristianesimo! Un’Austria senza una viva fede cristiana non sarebbe più l’Austria.

Auguro a Voi e a tutti gli Austriaci, soprattutto agli anziani e ai malati, come anche ai giovani che hanno la vita ancora davanti a sé, speranza, fiducia, gioia e la benedizione di Dio!

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:39

 
Exclamation

CONVERSAZIONE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON I GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO L’AUSTRIA (7 SETTEMBRE 2007)

Riportiamo di seguito la trascrizione della conversazione del Santo Padre Benedetto XVI con i giornalisti del Volo Papale nella mattinata di ieri, venerdì 7 settembre, durante il viaggio aereo verso l’Austria:

Padre Federico Lombardi. Ringraziamo il Santo Padre di venirci a salutare all’inizio di questo viaggio in Austria. Io presento ora alcune delle domande che voi mi avete dato nei giorni scorsi perché le proponessi al Santo Padre.

D. – Questo viaggio porta il Santo Padre in un Paese che conosce dalla sua infanzia. Quale importanza attribuisce a questo ritorno in Austria?

Papa. – Il mio viaggio vuole essere soprattutto un pellegrinaggio; vorrei inserirmi in questa lunga fila di pellegrini nel corso dei secoli – sono 850 anni – e così, pellegrino con i pellegrini, pregare con loro che pregano. E mi sembra importante questo segno dell’unità che crea la fede: unità tra i popoli, perché è un pellegrinaggio di molti popoli, unità tra i tempi e quindi un segno della forza unificante, della forza di riconciliazione che c’è nella fede. In questo senso vuol essere un segno della universalità della comunità di fede della Chiesa, un segno anche dell’umiltà e soprattutto anche un segno della fiducia che abbiamo in Dio, della priorità di Dio, che Dio c’è, che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. E naturalmente, anche espressione dell’amore per la Madonna. Quindi vorrei semplicemente confermare questi elementi essenziali della fede, in questo momento della storia.

D. – La Chiesa austriaca negli anni Novanta ha attraversato un periodo difficile e inquieto, con tensioni pastorali e contestazioni. Il Santo Padre ritiene che queste difficoltà siano superate? Pensa con questa visita di aiutare a sanare le ferite e promuovere l’unità nella Chiesa, anche tra quelli che si sentono ai margini della Chiesa?

Papa – Innanzitutto, vorrei dire grazie a tutti quelli che hanno sofferto in questi ultimi anni. So che la Chiesa in Austria ha vissuto tempi difficili: tanto più sono grato a tutti – laici, religiosi e sacerdoti – che sono rimasti, in tutte queste difficoltà, fedeli alla Chiesa, alla testimonianza a Gesù, che nella Chiesa dei peccatori hanno tuttavia riconosciuto il Volto di Cristo. Non direi che sono già totalmente superate queste difficoltà: la vita in questo nostro secolo – ma questo vale un po’ per tutti i secoli – rimane difficile; anche la fede vive sempre in contesti difficili. Ma spero di potere un po’ aiutare nella guarigione di queste ferite, e vedo che c’è una nuova gioia della fede, c’è un nuovo slancio nella Chiesa, e vorrei in quanto posso confermare questa disponibilità ad andare avanti con il Signore, ad avere fiducia che il Signore nella sua Chiesa rimane presente e che così, proprio vivendo la fede nella Chiesa, possiamo anche noi stessi arrivare alla meta della nostra vita e contribuire ad un mondo migliore.

D. – L’Austria è un Paese di tradizione profondamente cattolica, eppure mostra anche segni di secolarizzazione. Con quale messaggio di incoraggiamento spirituale il Santo Padre si rivolgerà alla società austriaca?

Papa – Ecco, io vorrei semplicemente confermare la gente nella fede, ché proprio anche oggi abbiamo bisogno di Dio, abbiamo bisogno di un orientamento che dia una direzione alla nostra vita. Si vede che una vita senza orientamenti, senza Dio, non riesce: rimane vuota. Il relativismo relativizza tutto e alla fine, bene e male non sono più distinguibili. Quindi, vorrei semplicemente confermare in questa convinzione, che diventa sempre più evidente, del nostro avere bisogno di Dio, di Cristo e della grande comunione della Chiesa che unisce i popoli e li riconcilia.


D. – Vienna è sede di molte organizzazioni internazionali, tra cui anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, ed è luogo tradizionale d’incontro fra Oriente e Occidente. Il Santo Padre intende inviare messaggi anche sulla politica internazionale e sulla pace, o sui rapporti con l’ortodossia e l’islam, per superare divergenze e polemiche?

Papa – Il mio non è un viaggio politico, è un pellegrinaggio, come ho detto. Sono solo due giorni – inizialmente, era previsto solo il pellegrinaggio a Mariazell, adesso abbiamo giustamente più tempo per essere anche a Vienna, per essere con diverse componenti della società austriaca. Non sono previsti immediatamente, in questo tempo così breve, incontri con le altre confessioni o religioni; solo un momento davanti al monumento della Shoah per mostrare – diciamo – la nostra tristezza, il nostro pentimento e anche la nostra amicizia verso i fratelli ebrei, per andare avanti in questa grande unione che Dio ha creato con il suo popolo. Immediatamente, quindi, non sono previsti tali messaggi. Solo all’inizio, nell’incontro con il mondo politico, vorrei parlare un po’ di questa realtà che è l’Europa, delle radici cristiane dell’Europa, del cammino da prendere. Ma è ovvio che tutto facciamo sempre poggiando sul dialogo sia con gli altri cristiani sia anche con i musulmani e con le altre religioni; il dialogo è sempre presente: è una dimensione del nostro agire, anche se in questa circostanza non va tanto esplicitato a causa del carattere specifico di questo pellegrinaggio.


Padre Federico Lombardi. Santità, noi la ringraziamo moltissimo di queste parole e le facciamo tutti insieme gli auguri migliori per il buon successo di questo pellegrinaggio.

Grazie tante a Lei.

[01250-01.01] [Testo originale: Italiano]

www.vatican.va

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:42

 
Alle ore 8 di questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica di Wien, il Santo Padre si reca in auto al Santuario di Mariazell, situato tra i monti della Stiria, al confine della Bassa Austria, nel territorio della Diocesi di Graz-Seckau.

Salutato al suo arrivo dal Vescovo di Graz-Seckau, S.E. Mons. Egon Kapellari, dal Presidente della Repubblica, S.E. il Signor Heinz Fischer, dai Presidenti delle Province del Wienerwald e della Bassa Austria e dal sindaco della città, il Papa giunge intorno alle ore 9.45 all’ingresso della Basilica dove è accolto dall’Abate benedettino di St. Lambrecht, dal Superiore e dal Rettore del Santuario.

Dopo aver salutato i fedeli presenti, il Santo Padre Benedetto XVI entra in chiesa e si raccoglie in preghiera nella Cappella del Santissimo Sacramento dove è anche esposta la statua della Madonna di Mariazell.


Alle ore 10.30, all’esterno della Basilica, il Santo Padre presiede la Celebrazione Eucaristica per l’850° anniversario di fondazione del Santuario, nella Solennità della Natività della Beata Vergine Maria, festa patronale di Mariazell.

Nel corso della Santa Messa, introdotta dal saluto del Vescovo di Graz-Seckau, S.E. Mons. Egon Kapellari, dopo la proclamazione del Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,
con il nostro grande pellegrinaggio a Mariazell celebriamo la festa patronale di questo Santuario, la festa della Natività di Maria. Da 850 anni vengono qui persone da vari popoli e nazioni, persone che pregano portando con sé i desideri dei loro cuori e dei loro Paesi, le preoccupazioni e le speranze del loro intimo. Così Mariazell è diventata per l’Austria, e molto al di là delle sue frontiere, un luogo di pace e di unità riconciliata.

Qui sperimentiamo la bontà consolatrice della Madre; qui incontriamo Gesù Cristo, nel quale Dio è con noi, come afferma oggi il brano evangelico - Gesù, di cui nella lettura del profeta Michea abbiamo sentito: Egli sarà la pace (cfr 5,4). Oggi ci inseriamo nel grande pellegrinaggio di molti secoli. Facciamo una sosta dalla Madre del Signore e la preghiamo: Mostraci Gesù. Mostra a noi pellegrini Colui che è insieme la via e la meta: la verità e la vita.

Il brano evangelico, che abbiamo appena ascoltato, apre ulteriormente il nostro sguardo. Esso presenta la storia di Israele a partire da Abramo come un pellegrinaggio che, con salite e discese, per vie brevi e per vie lunghe, conduce infine a Cristo. La genealogia con le sue figure luminose e oscure, con i suoi successi e i suoi fallimenti, ci dimostra che Dio può scrivere diritto anche sulle righe storte della nostra storia. Dio ci lascia la nostra libertà e, tuttavia, sa trovare nel nostro fallimento nuove vie per il suo amore. Dio non fallisce. Così questa genealogia è una garanzia della fedeltà di Dio; una garanzia che Dio non ci lascia cadere, e un invito ad orientare la nostra vita sempre nuovamente verso di Lui, a camminare sempre di nuovo verso Cristo.

Andare in pellegrinaggio significa essere orientati in una certa direzione, camminare verso una meta. Ciò conferisce anche alla via ed alla sua fatica una propria bellezza. Tra i pellegrini della genealogia di Gesù ce n’erano alcuni che avevano dimenticato la meta e volevano porre sé stessi come meta. Ma sempre di nuovo il Signore aveva suscitato anche persone che si erano lasciate spingere dalla nostalgia della meta, orientandovi la propria vita. Lo slancio verso la fede cristiana, l’inizio della Chiesa di Gesù Cristo è stato possibile, perché esistevano in Israele persone con un cuore in ricerca – persone che non si sono accomodate nella consuetudine, ma hanno scrutato lontano alla ricerca di qualcosa di più grande: Zaccaria, Elisabetta, Simeone, Anna, Maria e Giuseppe, i Dodici e molti altri.

Poiché il loro cuore era in attesa, essi potevano riconoscere in Gesù Colui che Dio aveva mandato e diventare così l’inizio della sua famiglia universale. La Chiesa delle genti si è resa possibile, perché sia nell’area del Mediterraneo sia nell’Asia vicina e media, dove arrivavano i messaggeri di Gesù, c’erano persone in attesa che non si accontentavano di ciò che facevano e pensavano tutti, ma cercavano la stella che poteva indicare loro la via verso la Verità stessa, verso il Dio vivente.

Di questo cuore inquieto e aperto abbiamo bisogno. È il nocciolo del pellegrinaggio. Anche oggi non è sufficiente essere e pensare in qualche modo come tutti gli altri. Il progetto della nostra vita va oltre. Noi abbiamo bisogno di Dio, di quel Dio che ci ha mostrato il suo volto ed aperto il suo cuore: Gesù Cristo. Giovanni, con buona ragione, afferma che Lui è l’Unigenito Dio che è nel seno del Padre (cfr Gv 1,18); così solo Lui, dall’intimo di Dio stesso, poteva rivelare Dio a noi – rivelarci anche chi siamo noi, da dove veniamo e verso dove andiamo.

Certo, ci sono numerose grandi personalità nella storia che hanno fatto belle e commoventi esperienze di Dio. Restano, però, esperienze umane con il loro limite umano. Solo LUI è Dio e perciò solo LUI è il ponte, che veramentemette in contatto immediato Dio e l’uomo. Se noi cristiani dunque lo chiamiamo l’unico Mediatore della salvezza valido per tutti, che interessa tutti e del quale, in definitiva, tutti hanno bisogno, questo non significa affatto disprezzo delle altre religioni né assolutizzazione superba del nostro pensiero, ma solo l’essere conquistati da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati di doni, affinché noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri.

Di fatto, la nostra fede si oppone decisamente alla rassegnazione che considera l’uomo incapace della verità – come se questa fosse troppo grande per lui. Questa rassegnazione di fronte alla verità è, secondo la mia convinzione, il nocciolo della crisi dell’Occidente, dell’Europa. Se per l’uomo non esiste una verità, egli, in fondo, non può neppure distinguere tra il bene e il male. E allora le grandi e meravigliose conoscenze della scienza diventano ambigue: possono aprire prospettive importanti per il bene, per la salvezza dell’uomo, ma anche – elo vediamo – diventare una terribile minaccia, la distruzione dell’uomo e del mondo. Noi abbiamo bisogno della verità.

Ma certo, a motivo della nostra storia abbiamo paura che la fede nella verità comporti intolleranza. Se questa paura, che ha le sue buone ragioni storiche, ci assale, è tempo di guardare a Gesù come lo vediamo qui nel santuario di Mariazell. Lo vediamo in due immagini: come bambino in braccio alla Madre e, sull’altare principale della basilica, come crocifisso. Queste due immagini della basilica ci dicono: la verità non si afferma mediante un potere esterno, ma è umile e si dona all’uomo solamente mediante il potere interiore del suo essere vera. La verità dimostra se stessa nell’amore. Non è mai nostra proprietà, un nostro prodotto, come anche l’amore non si può produrre, ma solo ricevere e trasmettere come dono. Di questa interiore forza della verità abbiamo bisogno. Di questa forza della verità noi come cristiani ci fidiamo. Di essa siamo testimoni. Dobbiamo trasmetterla in dono nello stesso modo in cui l’abbiamo ricevuta, così come essa si è donata.

„Guardare a Cristo", è il motto di questo giorno.

Questo invito, per l’uomo in ricerca, si trasforma sempre di nuovo in una spontanea richiesta, una richiesta rivolta in particolare a Maria, che ci ha donato Cristo come il Figlio suo: „Mostraci Gesù!" Preghiamo oggi così con tutto il cuore; preghiamo così anche al di là di questa ora, interiormente alla ricerca del Volto del Redentore. „Mostraci Gesù!". Maria risponde, presentandoLo a noi innanzitutto come bambino. Dio si è fatto piccolo per noi. Dio non viene con la forza esteriore, ma viene nell’impotenza del suo amore, che costituisce la sua forza. Egli si dà nelle nostre mani. Chiede il nostro amore.

Ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio. Egli ci offre il Tu. Ci chiede di fidarci di Lui e di imparare così a stare nella verità e nell’amore. Il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani. L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro.

„Guardare a Cristo": gettiamo ancora brevemente uno sguardo al Crocifisso sopra l’altare maggiore. Dio ha redento il mondo non mediante la spada, ma mediante la Croce. Morente, Gesù stende le braccia. Questo è innanzitutto il gesto della Passione, in cui Egli si lascia inchiodare per noi, per darci la sua vita. Ma le braccia stese sono allo stesso tempo l’atteggiamento dell’orante, una posizione che il sacerdote assume quando nella preghiera allarga le braccia: Gesù ha trasformato la passione – la sua sofferenza e la sua morte – in preghiera, e così l’ha trasformatain un atto di amore verso Dio e verso gli uomini. Per questo le braccia stese del Crocifissosono, alla fine, anche un gesto di abbraccio, con cui Egli ci attrae a sé, vuole racchiuderci nelle mani del suo amore. Così Egli è un’immagine del Dio vivente, è Dio stesso, a Lui possiamo affidarci.

„Guardare a Cristo!" Se questo noi facciamo, ci rendiamo conto che il cristianesimo è di più e qualcosa di diverso da un sistema morale, da una serie di richieste e di leggi. È il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte: „Non vi chiamo più servi, ma amici" (cfr Gv 15,15), dice il Signore ai suoi. A questa amicizia noi ci affidiamo.

Ma proprio perché il cristianesimo è più di una morale, è appunto il dono di un’amicizia, proprio per questo porta in sé anche una grande forza morale di cui noi, davanti alle sfide del nostro tempo, abbiamo tanto bisogno. Se con Gesù Cristo e con la sua Chiesa rileggiamo in modo sempre nuovo il Decalogo del Sinai, penetrando nelle sue profondità, allora ci si rivela come un grande, valido, permanente ammaestramento. Il Decalogo è innanzitutto un „sì" a Dio, a un Dio che ci ama e ci guida, che ci porta e, tuttavia, ci lascia la nostra libertà, anzi, la rende vera libertà (i primi tre comandamenti).

È un "sì" alla famiglia (quarto comandamento), un "sì" alla vita (quinto comandamento), un "sì" ad un amore responsabile (sesto comandamento), un "sì" alla solidarietà, alla responsabilità sociale e alla giustizia (settimo comandamento), un "sì" alla verità (ottavo comandamento) e un "sì" al rispetto delle altre persone e di ciò che ad esse appartiene (nono e decimo comandamento).

In virtù della forza della nostra amicizia col Dio vivente noi viviamo questo molteplice "sì" e al contempo lo portiamo come indicatore di percorso in questa nostra ora del mondo.

„Mostraci Gesù!". Con questa domanda alla Madre del Signore ci siamo messi in cammino verso questo luogo. Questa stessa domanda ci accompagnerà quando torneremo nella nostra vita quotidiana. E sappiamo che Maria esaudisce la nostra preghiera: sì, in qualunque momento, quando guardiamo verso Maria, lei ci mostra Gesù. Così possiamo trovare la via giusta, seguirla passo passo, pieni della gioiosa fiducia che la via conduce nella luce – nella gioia dell’eterno Amore.
Amen.

[01233-01.02] [Testo originale: Tedesco]

www.vatican.va
__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)


__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:43

 
Al termine della Santa Messa, alcuni rappresentanti dei Consigli Parrocchiali eletti nel 2007 nelle diocesi austriache ricevono dalle mani del Papa i due libri del Nuovo Testamento scritti da Luca: il Vangelo e gli Atti degli Apostoli.

Pubblichiamo di seguito le parole con cui il Santo Padre conferisce loro il Mandato:

Carissimi fratelli e sorelle,
membri dei Consigli Pastorali Parrocchiali
delle Chiese diocesane dell’Austria:
sono grato a tutti voi
chiamati a svolgere un impegnativo servizio
nelle rispettive comunità ecclesiali di appartenenza.

Accogliete e vivete la Parola di Dio:
sia essa ad orientare sull'esempio di Maria le vostre scelte
nella famiglia, nel lavoro e nella comunità cristiana.

Continuate a camminare nella fede
e, fedeli al mandato che vi e stato affidato,
andate con sollecitudine e letizia
verso tutte le creature per comunicare loro i doni della salvezza.

Ricordatevi che siete inseriti in una storia
e in una tradizione ricca di testimoni fedeli a Dio e al Vangelo.

Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo
per essere lievito di nuova vita,
sale della terra
e luce del mondo.

Vi sia di conforto e di incoraggiamento
la benedizione del Signore, nostra pace.


[01234-01.01] [Testo originale: Tedesco]

Cari fratelli e sorelle!

Prima dell’incontro con i Consigli parrocchiali e prima di consegnarvi il Vangelo e gli Atti degli Apostoli, vorrei riprendere quanto è già stato detto nelle intenzioni di preghiera. Sono molte le persone che qui in Austria stanno soffrendo, in questi giorni, a causa delle alluvioni ed hanno subito danni. Vorrei rassicurare tutte queste persone della mia preghiera, della mia compassione e del mio dolore e sono certo che tutti coloro che ne avranno la possibilità, mostreranno solidarietà e li aiuteranno.

Poi vorrei ricordare anche i due pellegrini che sono morti qui, oggi – li ho compresi nella mia preghiera durante la Santa Messa. Possiamo confidare che la Madre di Dio li abbia condotti direttamente al cospetto di Dio, dato che erano venuti in pellegrinaggio per incontrare Gesù insieme con Lei.

[01251-01.01] [Testo originale: Tedesco]

Al termine della Celebrazione, il Papa pranza presso il Santuario di Mariazell con i Vescovi della Conferenza Episcopale Austriaca e con i Cardinali e i Vescovi del Seguito.

www.vatican.va

__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:45

 
Exclamation Importante discorso del Papa al Clero Austriaco

Vespri Mariani con i Sacerdoti, i Religiosi, i Diaconi e i Seminaristi nella Basilica del Santuario di Mariazell (8 settembre 2007)
Venerati confratelli nel sacerdozio,

Cari uomini e donne di vita consacrata,


Cari amici!

Ci siamo riuniti nella venerabile Basilica della nostra "Magna Mater Austriae", a Mariazell. Da molte generazioni la gente prega qui per ottenere l’aiuto della Madre di Dio. Anche noi vogliamo oggi farlo. Vogliamo con Lei magnificare la bontà immensa di Dio ed esprimere al Signore la nostra gratitudine per tutti i benefici ricevuti, in particolare per il dono incommensurabile della fede. Vogliamo confidare a Lei anche le domande che ci stanno a cuore: chiedere la sua protezione per la Chiesa, invocare la sua intercessione per il dono di buone vocazioni per le nostre Diocesi e Comunità religiose, sollecitare il suo aiuto per le famiglie e la sua preghiera misericordiosa per tutte le persone che cercano una via d’uscita dai loro peccati e la conversione e, infine, affidare alle sue cure materne tutti i malati e le persone anziane. Che la grande Madre dell’Austria e dell’Europa aiuti tutti noi a realizzare un profondo rinnovamento della fede e della vita!

Cari amici, come sacerdoti, religiosi e religiose, voi siete servi e serve della missione di Cristo. Come duemila anni fa Gesù ha chiamato persone alla sua sequela, così anche oggi giovani uomini e donne alla sua chiamata si mettono in cammino, affascinati da Lui e mossi dal desiderio di porre al servizio della Chiesa la propria vita, donandola per aiutare gli uomini. Hanno il coraggio di seguire Cristo e vogliono essere suoi testimoni. La vita al seguito di Cristo è, di fatto, un’impresa rischiosa, perché siamo sempre minacciati dal peccato, dalla mancanza di libertà e dalla defezione. Perciò abbiamo tutti bisogno della sua grazia, così come Maria la ricevette in pienezza. Impariamo a guardare sempre, come Maria, a Cristo prendendo Lui come criterio di misura. Possiamo partecipare all’universale missione di salvezza della Chiesa, della quale il Capo è Lui. Il Signore chiama i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici ad entrare nel mondo, nella sua realtà complessa, per cooperare lì all’edificazione del Regno di Dio. Lo fanno in una molteplicità grande e variegata: nell’annuncio, nell’edificazione di comunità, nei vari ministeri pastorali, nell’amore fattivo e nella carità vissuta, nella ricerca e nella scienza esercitate con spirito apostolico, nel dialogo con la cultura dell’ambiente circostante, nella promozione della giustizia voluta da Dio e in misura non minore nella contemplazione raccolta del Dio trinitario e nella sua lode comunitaria.

Il Signore vi invita al pellegrinaggio della Chiesa "nel suo cammino attraverso i tempi". Vi invita a farvi pellegrini con Lui e a partecipare alla sua vita che ancora oggi è Via Crucis e via del Risorto attraverso la Galilea della nostra esistenza. Sempre, però, è lo stesso ed identico Signore che, mediante lo stesso unico battesimo, ci chiama all’unica fede. La partecipazione al suo cammino comporta dunque ambedue le cose: la dimensione della Croce – con insuccessi, sofferenze, incomprensioni, anzi addirittura disprezzo e persecuzione –, ma anche l’esperienza di una profonda gioia nel suo servizio e l’esperienza della profonda consolazione derivante dall’incontro con Lui. Come la Chiesa, così le parrocchie, le comunità e ogni cristiano battezzato traggono l’origine della loro missione dall’esperienza del Cristo crocifisso e risorto.

Il centro della missione di Gesù Cristo e di tutti i cristiani è l’annuncio del Regno di Dio. Questo annuncio nel nome di Cristo significa per la Chiesa, per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, come per tutti i battezzati, l’impegno di essere presenti nel mondo come suoi testimoni: voi rendete testimonianza di un "senso" che è radicato nell’amore creativo di Dio e si oppone a ogni insensatezza e ad ogni disperazione. Voi state dalla parte di coloro che cercano faticosamente questo senso, dalla parte di tutti coloro che vogliono dare alla vita una forma positiva. Pregando e chiedendo, siete gli avvocati di coloro che sono alla ricerca di Dio. Voi rendete testimonianza di una speranza che, contro ogni disperazione muta o manifesta, rimanda alla fedeltà e all’attenzione amorevole di Dio. Con ciò siete dalla parte di tutti coloro che hanno il dorso piegato sotto destini pesanti e non riescono più a liberarsi dai loro fardelli.

Rendete testimonianza di quell’Amore che si è donato per gli uomini e così ha vinto la morte. State dalla parte di coloro che non hanno mai sperimentato l’amore, che non riescono più a credere nella vita. Vi opponete così ai molteplici tipi di ingiustizia nascosta o aperta, come anche al disprezzo degli uomini che sta espandendosi. In questo modo, cari fratelli e sorelle, tutta la vostra esistenza deve essere, come quella di Giovanni Battista, un grande, vivo rimando a Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Gesù ha qualificato Giovanni "una lampada che arde e risplende" (Gv 5,35). Siate anche voi simili lampade! Fate brillare la vostra luce nella nostra società, nella politica, nel mondo dell’economia, nel mondo della cultura e della ricerca. Anche se è solo un piccolo lume in mezzo a tanti fuochi fatui, esso tuttavia riceve la sua forza e il suo splendore dalla grande Stella del mattino, il Cristo risorto, la cui luce brilla e non tramonterà mai.

Seguire Cristo significa crescere nella condivisione dei sentimenti e nell’assimilazione dello stile di vita di Gesù (cfr Fil 2, 5). "Guardare a Cristo" è il motto di questi giorni. Nel guardare a Lui, il grande Maestro di vita, la Chiesa ha scoperto tre caratteristiche che risaltano nell’atteggiamento di fondo di Gesù.

Queste tre caratteristiche – le chiamiamo i "consigli evangelici" – sono divenute le componenti determinanti di una vita impegnata nella sequela radicale di Cristo: povertà, castità ed obbedienza. Riflettiamo un po’ su queste caratteristiche.

Gesù Cristo, che era ricco di tutta la ricchezza di Dio, si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8, 9). Ha spogliato se stesso e si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte di croce (cfr Fil 2, 6ss). Egli, il Povero, ha chiamato "beati" i poveri. Luca ci fa capire che questa affermazione riguarda senz’altro la gente povera nell’Israele del suo tempo, dove c’era un contrasto opprimente tra ricchi e poveri. Matteo nella sua versione delle Beatitudini precisa, tuttavia, che la semplice povertà materiale come tale da sola non garantisce ancora la vicinanza a Dio, anche se Dio a questi poveri è vicino in modo particolare.

Così tutto diventa chiaro: il cristiano vede in loro il Cristo che lo attende, aspettando il suo impegno. Chi vuol seguire Cristo in modo radicale, deve decisamente rinunciare ai beni materiali. Deve, però, vivere questa povertà a partire da Cristo, come un diventare interiormente libero per Dio e per il prossimo. Per tutti i cristiani, ma specialmente per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, per i singoli come pure per le comunità, la questione della povertà e dei poveri deve essere sempre di nuovo oggetto di un severo esame di coscienza.

Per comprendere bene che cosa significhi castità, dobbiamo partire dal suo contenuto positivo. Lo troviamo ancora una volta guardando a Gesù Cristo. Gesù ha vissuto in un duplice orientamento: verso il Padre e verso il prossimo.

Nella Sacra Scrittura veniamo a conoscerLo come persona che prega, che passa intere notti in dialogo col Padre. Pregando Egli inseriva la sua umanità e quella di tutti noi nel rapporto filiale col Padre. Questo dialogo diventava poi sempre nuovamente missione verso il mondo, verso di noi. La sua missione lo conduceva ad una dedizione pura ed indivisa agli uomini. Nelle testimonianze delle Sacre Scritture non vi è alcun momento della sua esistenza in cui si possa scorgere, nel suo comportamento verso gli uomini, una qualche traccia di interesse personale o di egoismo. Gesù ha amato gli uomini come ha amato suo Padre.

L’entrare in questi sentimenti di Gesù ha ispirato a Paolo una teologia ed una prassi di vita che risponde alla parola di Gesù sul celibato per il Regno dei cieli (cfr Mt 19, 12). Sacerdoti, religiosi e religiose non vivono senza connessioni interpersonali. Con il voto di castità nel celibato non si consacrano all’individualismo o ad una vita isolata, ma promettono solennemente di porre totalmente e senza riserve al servizio del Regno di Dio gli intensi rapporti di cui sono capaci e che ricevono come un dono.

In questo modo essi stessi diventano uomini e donne della speranza: contando totalmente su Dio, creano spazio alla sua presenza – alla presenza del Regno di Dio – nel mondo. Voi, cari sacerdoti, religiosi e religiose, offrite un contributo importante: in mezzo a tutta la cupidigia, a tutto l’egoismo del non saper aspettare, alla brama di consumo, in mezzo al culto dell’individualismo noi cerchiamo di vivere un amore disinteressato per gli uomini. Viviamo una speranza che lascia a Dio il compito della realizzazione.

Che cosa sarebbe successo se nella storia del cristianesimo non ci fossero state queste figure indicatrici per il popolo? Che cosa sarebbe del nostro mondo, se non ci fossero sacerdoti, se non ci fossero donne e uomini negli Ordini religiosi e nelle Comunità di vita consacrata – persone che con la loro vita testimoniano la speranza di un appagamento più grande dei desideri umani e l’esperienza dell’amore di Dio che supera ogni amore umano? Il mondo ha bisogno della nostra testimonianza proprio anche oggi.

Veniamo all’obbedienza. Gesù ha vissuto tutta la sua vita, dagli anni nascosti a Nazaret fino al momento della morte in croce, nell’ascolto del Padre, nell’obbedienza verso il Padre. Vediamo, ad esempio, la notte sul Monte degli ulivi. "Non sia fatta la mia, ma la tua volontà".

Mediante questa preghiera Gesù assume nella sua volontà di Figlio la caparbia resistenza di tutti noi, trasforma la nostra ribellione nella sua obbedienza. Gesù era un orante. In ciò era però anche uno che sapeva ascoltare e obbedire: fatto "obbediente fino alla morte, e alla morte di croce" (Fil 2,8). I cristiani hanno sempre sperimentato che, abbandonandosi alla volontà del Padre, non si perdono, ma trovano la via verso una profonda identità e libertà interiore. In Gesù hanno scoperto che trova se stesso colui che si dona, diventa libero chi si lega in un’obbedienza fondata in Dio e animata dalla ricerca di Dio.

Ascoltare Dio ed obbedirgli non ha niente a che fare con costrizione dall’esterno e perdita di se stesso. Solo entrando nella volontà di Dio raggiungiamo la nostra vera identità. La testimonianza di questa esperienza è oggi necessaria al mondo proprio in rapporto al suo desiderio di "autorealizzazione" e "autodeterminazione".

Romano Guardini racconta nella sua autobiografia come, in un momento critico del suo cammino, quando la fede della sua infanzia gli era diventata insicura, gli fu donata la decisione portante di tutta la sua vita – la conversione – nell’incontro con la parola di Gesù secondo cui trova se stesso solo colui che si perde (cfr Mc 8, 34s; Gv 12, 25); senza l’abbandono, senza il perdersi non può esserci un ritrovamento di sé, un’autorealizzazione. Ma in quale direzione è lecito perdersi? A chi ci si può donare? Gli si rese evidente che possiamo donarci completamente solo se nel farlo cadiamo nelle mani di Dio.

Solo in Lui possiamo alla fine perderci e solo in Lui possiamo trovare noi stessi. Ma poi gli si presentò la domanda: Chi è Dio? Dov’è Dio? Allora comprese che il Dio al quale possiamo abbandonarci può essere solo il Dio resosi concreto e vicino in Gesù Cristo. Ma di nuovo gli si pose la domanda: Dove trovo Gesù Cristo? Come posso veramente donarmi a Lui? La risposta trovata da Guardini nella sua ricerca faticosa suona: Gesù è presente a noi in modo concreto solo nel suo corpo, la Chiesa. Per questo l’obbedienza alla volontà di Dio, l’obbedienza a Gesù Cristo, nella prassi deve essere molto concretamente un’umile obbedienza alla Chiesa. Anche su questo dovremmo sempre di nuovo fare un profondo esame di coscienza.

Tutto ciò si trova riassunto nella preghiera di sant’Ignazio di Loyola – una preghiera che sempre mi appare troppo grande, al punto che quasi non oso dirla e che, tuttavia, dovremmo sempre di nuovo riproporci: "Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me l’hai dato, a te, Signore, lo ridono; tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà; dammi soltanto il tuo amore e la tua grazia, e sono ricco abbastanza, né chiedo alcunché d’altro" (Eb 234).

Cari fratelli e sorelle! Ora voi tornate nel vostro ambiente di vita, nei luoghi del vostro impegno ecclesiale, pastorale, spirituale e umano. La nostra grande Avvocata e Madre Maria stenda la sua mano protettrice su di voi e sul vostro operare. Interceda per voi presso il suo Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo. Al ringraziamento per la vostra preghiera e il vostro lavoro nella vigna del Signore unisco la mia supplica a Dio, affinché doni protezione e benessere a tutti voi, alla gente, in particolare ai giovani, qui in Austria e nei vari Paesi dai quali non pochi di voi provengono. Di cuore accompagno tutti con la mia Benedizione.

© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:46

 
Il testo integrale dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI durante la Santa Messa nel Duomo di Santo Stefano a Vienna. La traduzione italiana...

Cari fratelli e sorelle!

"Sine dominico non possumus!“ Senza il dono del Signore, senza il Giorno del Signore non possiamo vivere: così risposero nell’anno 304 alcuni cristiani di Abitene nell’attuale Tunisia quando, sorpresi nella Celebrazione eucaristica domenicale, che era proibita, furono portati davanti al giudice e fu loro chiesto perché avevano tenuto di Domenica la funzione religiosa cristiana, pur sapendo che questo era punito con la morte. „Sine dominico non possumus“. Nella parola dominico sono indissolubilmente intrecciati due significati, la cui unità dobbiamo nuovamente imparare a percepire. C’è innanzitutto il dono del Signore – questo dono è Lui stesso: il Risorto, del cui contatto e vicinanza i cristiani hanno bisogno per essere se stessi. Questo, però, non è solo un contatto spirituale, interno, soggettivo: l’incontro col Signore si iscrive nel tempo attraverso un giorno preciso. E in questo modo si iscrive nella nostra esistenza concreta, corporea e comunitaria, che è temporalità. Dà al nostro tempo, e quindi alla nostra vita nel suo insieme, un centro, un ordine interiore. Per quei cristiani la Celebrazione eucaristica domenicale non era un precetto, ma una necessità interiore. Senza Colui che sostiene la nostra vita col suo amore, la vita stessa è vuota. Lasciar via o tradire questo centro toglierebbe alla vita stessa il suo fondamento, la sua dignità interiore e la sua bellezza.

Ha rilevanza questo atteggiamento dei cristiani di allora anche per noi cristiani di oggi? Sì, vale anche per noi, che abbiamo bisogno di una relazione che ci sorregga e dia orientamento e contenuto alla nostra vita. Anche noi abbiamo bisogno del contatto con il Risorto, che ci sorregge fin oltre la morte. Abbiamo bisogno di questo incontro che ci riunisce, che ci dona uno spazio di libertà, che ci fa guardare oltre l’attivismo della vita quotidiana verso l’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino.

Se, tuttavia, prestiamo ora ascolto all’odierno brano evangelico, al Signore che in esso ci parla, ci spaventiamo. „Chi non rinuncia ad ogni sua proprietà e non lascia anche tutti i legami familiari, non può essere mio discepolo.“ Vorremmo obiettare: ma cosa stai dicendo, Signore? Non ha forse il mondo bisogno proprio della famiglia? Non ha forse bisogno dell’amore paterno e materno, dell’amore tra genitori e figli, tra uomo e donna? Non abbiamo noi bisogno dell’amore della vita, bisogno della gioia di vivere? E non occorrono forse anche persone che investano nei beni di questo mondo ed edifichino la terra che ci è stata data, cosicché tutti possano aver parte dei suoi doni? Non ci è stato affidato forse anche il compito di provvedere allo sviluppo della terra e dei suoi beni? Se ascoltiamo meglio il Signore e lo ascoltiamo nell’insieme di tutto ciò che Egli ci dice, allora comprendiamo che Gesù non esige da tutti la stessa cosa. Ognuno ha il suo compito personale e il tipo di sequela progettato per lui. Nel Vangelo di oggi Gesù parla direttamente di ciò che non è compito dei molti che gli si erano associati nel pellegrinaggio verso Gerusalemme, ma che è chiamata particolare dei Dodici.

Questi devono innanzitutto superare lo scandalo della Croce e devono poi essere pronti a lasciare veramente tutto ed accettare la missione apparentemente assurda di andare sino ai confini della terra e, con la loro scarsa cultura, annunciare ad un mondo pieno di presunta erudizione e di formazione fittizia o vera – come certamente in particolare anche ai poveri e ai semplici – il Vangelo di Gesù Cristo. Devono essere pronti, sul loro cammino nella vastità del mondo, a subire in prima persona il martirio, per testimoniare così il Vangelo del Signore crocifisso e risorto. Se la parola di Gesù è rivolta anzitutto ai Dodici, la sua chiamata naturalmente raggiunge, al di là del momento storico, tutti i secoli.

In tutti i tempi Egli chiama delle persone a contare esclusivamente su di Lui, a lasciare tutto il resto e ad essere totalmente a sua disposizione e così a disposizione degli altri: a creare delle oasi di amore disinteressato in un mondo, in cui tanto spesso sembrano contare solo il potere ed il denaro. Ringraziamo il Signore, perché in tutti i secoli ci ha donato uomini e donne che per amor suo hanno lasciato tutto il resto, rendendosi segni luminosi del suo amore! Basti pensare a persone come Benedetto e Scolastica, come Francesco e Chiara, Elisabetta di Turingia e Edvige di Slesia, come Ignazio di Loyola, Teresa di Avila fino a Madre Teresa di Calcutta e Padre Pio! Queste persone, con l’intera loro vita, sono diventate un’interpretazione della parola di Gesù, che in loro si rende vicina e comprensiva per noi. Preghiamo il Signore, affinché anche nel nostro tempo doni a tante persone il coraggio di lasciare tutto, per essere così a disposizione di tutti.

Se, però, ci dedichiamo ora di nuovo al Vangelo, possiamo accorgerci che il Signore non vi parla solo di alcuni pochi e del loro compito particolare; il nocciolo di ciò che Egli intende vale per tutti. Di che cosa si tratti in ultima istanza, lo esprime un’altra volta così: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9, 24s). Chi vuol soltanto possedere la propria vita, prenderla solo per se stesso, la perderà. Solo chi si dona riceve la sua vita. Con altre parole: solo colui che ama trova la vita. E l’amore richiede sempre l’uscire da se stessi, richiede di lasciare se stessi. Chi si volge indietro per cercare se stesso e vuol avere l’altro solo per sé, perde proprio in questo modo se stesso e l’altro. Senza questo più profondo perdere se stesso non c’è vita. L’irrequieta brama di vita che oggi non dà pace agli uomini finisce nel vuoto della vita persa. “Chi perderà la propria vita per me…”, dice il Signore: un lasciare se stessi in modo più radicale è possibile solo se con ciò alla fine non cadiamo nel vuoto, ma nelle mani dell’Amore eterno. Solo l’amore di Dio, che ha perso se stesso per noi consegnandosi a noi, rende possibile anche a noi di diventare liberi, di lasciar perdere e così trovare veramente la vita. Questo è il centro di ciò che il Signore vuole comunicarci nel brano evangelico apparentemente così duro di questa Domenica. Con la sua parola Egli ci dona la certezza che possiamo contare sul suo amore, sull’amore del Dio fatto uomo. Riconoscere questo è la saggezza di cui parla l’odierna lettura. Vale anche qui che tutto il sapere del mondo non ci giova a nulla, se non impariamo a vivere, se non apprendiamo che cosa conta veramente nella vita.

"Sine dominico non possumus!“. Senza il Signore e il giorno che a Lui appartiene non si realizza una vita riuscita. La Domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in un fine-settimana, in tempo libero. Il tempo libero, specialmente nella fretta del mondo moderno, è certamente una cosa bella e necessaria. Ma se il tempo libero non ha un centro interiore, da cui proviene un orientamento per l’insieme, esso finisce per essere tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea. Il tempo libero necessita di un centro – l’incontro con Colui che è la nostra origine e la nostra meta. Il mio grande predecessore sulla sede vescovile di München und Freising, il Cardinale Faulhaber, lo ha espresso una volta così: “Dà all’anima la sua Domenica, dà alla Domenica la sua anima”.

Proprio perché nella Domenica si tratta in profondità dell’incontro, nella Parola e nel Sacramento, con il Cristo risorto, il raggio di tale giorno abbraccia la realtà intera. I primi cristiani hanno celebrato il primo giorno della settimana come Giorno del Signore, perché era il giorno della risurrezione. Ma molto presto la Chiesa ha preso coscienza anche del fatto che il primo giorno della settimana è il giorno del mattino della creazione, il giorno in cui Dio disse: “Sia la luce!” (Gn 1,3). Per questo la Domenica è nella Chiesa anche la festa settimanale della creazione – la festa della gratitudine e della gioia per la creazione di Dio. In un’epoca, in cui, a causa dei nostri interventi umani, la creazione sembra esposta a molteplici pericoli, dovremmo accogliere coscientemente proprio anche questa dimensione della Domenica. Per la Chiesa primitiva, il primo giorno ha poi assimilato progressivamente anche l’eredi­tà del settimo giorno, dello šabbat. Partecipiamo al riposo di Dio, un riposo che abbraccia tutti gli uomini. Così percepiamo in questo giorno qualcosa della libertà e dell’uguaglianza di tutte le creature di Dio.

Nell’orazione di questa Domenica ricordiamo innanzitutto che Dio, mediante il suo Figlio, ci ha redenti e adottati come figli amati. Poi lo preghiamo di guardare con benevolenza i credenti in Cristo e di donarci la vera libertà e la vita eterna. Preghiamo per lo sguardo di bontà di Dio. Noi stessi abbiamo bisogno di questo sguardo di bontà, al di là della Domenica, fin nella vita di ogni giorno. Nel pregare sappiamo che questo sguardo ci è già stato donato, anzi, sappiamo che Dio ci ha adottato come figli, ci ha accolto veramente nella comunione con se stesso. Essere figlio significa – lo sapeva molto bene la Chiesa primitiva – essere una persona libera, non un servo, ma uno appartenente personalmente alla famiglia. E significa essere erede. Se noi apparteniamo a quel Dio che è il potere sopra ogni potere, allora siamo senza paura e liberi. E siamo eredi. L’eredità che Egli ci ha lasciato è Lui stesso, il suo Amore. Sì, Signore, fa’ che questa consapevolezza ci penetri profondamente nell’anima e che impariamo così la gioia dei redenti.

Amen.


__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:48

 
Ore 12,00: Angelus - Piazza del Duomo a Vienna
Il senso della Domenica al centro dell'Angelus. Benedetto XVI riprende l'immagine dell'"amore di Dio, che ha perso se stesso per noi consegnandosi a noi”: una realtà che “ci dona la libertà interiore di “perdere” la nostra vita, per trovare in questo modo la vita vera”. “La partecipazione a questo amore – ha detto - ha dato anche a Maria la forza per il suo “sì” senza riserva”. Ed è la Madonna l'esempio indicato a tutti i cristiani per amare e portare Dio agli uomini. “Donate anche voi il vostro corpo al Signore, - conclude Benedetto XVI - rendendovi sempre di più uno strumento dell’amore di Dio, un tempio dello Spirito Santo! Portate la Domenica col suo Dono immenso nel mondo!”.

Il testo integrale

Cari fratelli e sorelle!

È stata per me, questa mattina, un’esperienza particolarmente bella celebrare con tutti voi il Giorno del Signore in modo così degno e solenne. Il Rito eucaristico realizzato col dovuto decoro ci aiuta a prendere coscienza dell’immensa grandezza del dono che Dio ci fa nella Santa Messa, e ci colma di una gioia profonda. Sono grato pertanto a quanti, mediante il loro contributo attivo alla preparazione ed allo svolgimento della Liturgia o anche mediante la loro partecipazione raccolta ai santi Misteri, hanno creato un’atmosfera in cui la presenza di Dio era veramente percepibile.

La riflessione sul senso della Domenica e sul brano evan­gelico di oggi ci ha portati a scoprire che l’amore di Dio, che ha “perso se stesso” per noi consegnandosi a noi, ci dona la libertà interiore di “perdere” la nostra vita, per trovare in questo modo la vita vera. La partecipazione a questo amore ha dato anche a Maria la forza per il suo “sì” senza riserva. Di fronte all’amore rispettoso e delicato di Dio, che per la realizzazione del suo progetto di salvezza attende la libera collaborazione della sua creatura, la Vergine ha potuto lasciar cadere ogni esitazione e consegnare fiduciosamente se stessa nelle sue mani. Pienamente disponibile, totalmente aperta nel suo intimo e libera da sé, ha dato a Dio la possibilità di colmarla con il suo Amore, con lo Spirito Santo. Così Maria ha potuto ricevere in se stessa il Figlio di Dio e donare al mondo il Salvatore che si era donato a Lei.

Anche a noi, nella Celebrazione eucaristica, è stato donato oggi il Figlio di Dio. Chi ha fatto la Comunione porta adesso in sé in modo particolare il Signore risorto. Come Maria lo portò nel suo grembo – un inerme piccolo essere umano, totalmente dipendente dalla benevolenza della madre – così Gesù Cristo, sotto la specie del pane, si è affidato a voi, cari fratelli e sorelle. AmateLo come Lo ha amato Maria! PortateLo agli uomini come Maria Lo ha portato ad Elisabetta, suscitando giubilo e gioia! La Vergine ha donato al Verbo di Dio un corpo umano, perché potesse entrare nel mondo. Donate anche voi il vostro corpo al Signore, rendendovi sempre di più uno strumento dell’amore di Dio, un tempio dello Spirito Santo! Portate la Domenica col suo Dono immenso nel mondo! Chiediamo a Maria di insegnarci a diventare, come Lei, liberi da noi stessi, per trovare nella disponibilità per Dio la nostra vera libertà, la vera vita e la gioia autentica e duratura.

(L'Angelus è stato molto suggestivo, cantato secondo la tradizione Austriaca della quale il Papa stesso conosceva le note da cantarla magnificamente insieme all'Assemblea)
__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)


__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:49

 
LETTERA DEL PAPA, BENEDETTO XVI AI BAMBINI DI TUTTO IL MONDO


Cari bambini!

in occasione della mia visita apostolica in Austria, sono felice di potermi rivolgere in particolare a voi, che partecipate attivamente alle iniziative della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. Vi ringrazio di cuore per le letterine e per i disegni che avete voluto donarmi come segni del vostro affetto e della vostra vicinanza alla mia missione. In essi si esprimono quei sentimenti di fede e di amore per i quali Gesù amava tanto i più piccoli e li accoglieva a braccia aperte, additandoli ad esempio per i suoi discepoli: “A chi è come loro - diceva - appartiene il Regno di Dio” (Mc 10,14).

Desidero dirvi che apprezzo molto il vostro impegno nell’Infanzia Missionaria. Vedo in voi dei piccoli collaboratori al servizio che il Papa rende alla Chiesa e al mondo: voi mi sostenete con la vostra preghiera e anche con il vostro impegno di diffondere il Vangelo. Ci sono infatti tanti bambini che ancora non conoscono Gesù. E purtroppo ce ne sono altrettanti privi del necessario per vivere: di cibo, di cure sanitarie, di istruzione; molti mancano di pace e di serenità. La Chiesa riserva loro una speciale attenzione, specialmente mediante i missionari; e anche voi vi sentite chiamati ad offrire il vostro contributo, sia personalmente che in gruppo. L’amicizia con Gesù è un dono così bello che non si può tenere per sé! Chi riceve questo dono sente il bisogno di trasmetterlo agli altri; e in questo modo il dono, condiviso, non diminuisce ma si moltiplica! Continuate così! Voi state crescendo e presto diventerete adolescenti e giovani: non perdete il vostro spirito missionario! Mantenete una fede sempre limpida e genuina, come quella di san Pietro.

Cari piccoli amici, vi affido tutti alla protezione della Madonna. Prego per voi, per i vostri genitori e fratelli. Prego per i vostri gruppi missionari e i vostri educatori, e a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

www.vatican.va


__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:51

 
Ore 16,30: Visita all'Abbazia di Heiligenkreuz
La visita al più antico monastero cistercense del mondo restato attivo senza interruzione è l’occasione per riflettere sull’importanza della preghiera, della liturgia e della teologia, a partire dalla regola benedettina dell’Ora et labora. Il papa mette in evidenza che il centro della vita dei monaci è la preghiera: una preghiera che non ha uno scopo specifico, non è rivolta a chiedere “questa o quell’altra cosa”, ma è semplicemente adorazione di Dio. Benedetto XVI tratteggia il rapporto fra Dio e l’uomo, ricordando che il primo non ha posto gli uomini “in tenebre spaventose”, ma "ha illuminato le nostre tenebre con la sua luce: siamo stati cercati e desiderati, trovati e redenti”. Il pontefice ha sottolineato anche la necessità del rispetto dell’essenza della liturgia e ha invitato a “considerare le abbazie e i monasteri come luoghi di “forza spirituale”, e non solo “luoghi di cultura e di tradizione” o peggio “semplice aziende economiche”: “Struttura, organizzazione ed economia sono necessarie anche alla Chiesa” – precisa – “ma non sono la cosa essenziale”. L’essenziale, dice il papa, è Dio solo.

Reverendissimo Padre Abate,
Venerati Confratelli nell’Episcopato,
Cari monaci cistercensi di Heiligenkreuz,
Cari fratelli e sorelle di vita consacrata,
Illustri ospiti ed amici del Monastero e dell’Accademia,
Signore e Signori!

Con piacere, nel mio pellegrinaggio alla Magna Mater Austriae, sono venuto anche nell’Abbazia di Heiligenkreuz, che non è solo una tappa importante sulla Via Sacra verso Mariazell, ma il più antico monastero cistercense del mondo restato attivo senza interruzione. Ho voluto venire a questo luogo ricco di storia, per attirare l’attenzione alla direttiva fondamentale di san Benedetto, secondo la cui Regula vivono anche i cistercensi. Benedetto dispone concisamente di "non anteporre nulla al divino Officio".

Per questo in un monastero di impostazione benedettina, le lodi di Dio, che i monaci celebrano come solenne preghiera corale, hanno sempre la priorità. Certo, non sono solo i monaci che pregano; anche altre persone pregano: bambini, giovani e anziani, uomini e donne, persone sposate e nubili – ogni cristiano prega! O almeno dovrebbe farlo!

Nella vita dei monaci, tuttavia, la preghiera ha una speciale importanza: è il centro del loro compito professionale. Essi, infatti, esercitano la professione dell’orante. Nell’epoca dei Padri della Chiesa, la vita monastica veniva qualificata come vita a modo degli angeli. E come caratteristica essenziale degli angeli si vedeva il loro essere adoratori. La loro vita è adorazione. Questo dovrebbe valere anche per i monaci. Essi pregano innanzitutto non per questa o quell’altra cosa, ma semplicemente perché Dio merita di essere adorato. "Confitemini Domino, quoniam bonus! – Celebrate il Signore, perché è buono, perché eterna è la sua misericordia!", esortano vari Salmi. Una tale preghiera senza scopo specifico, che vuol essere puro servizio divino viene perciò chiamata con ragione "officium". È il "servizio" per eccellenza, il "servizio sacro" dei monaci. Esso è offerto al Dio trinitario che, al di sopra di tutto, è degno "di ricevere la gloria, l’onore e la potenza", perché ha creato il mondo in modo meraviglioso e in modo ancora più meraviglioso l’ha redento.

Allo stesso tempo, l’officium dei consacrati è anche un servizio sacro agli uomini e una testimonianza per loro. Ogni uomo porta nell’intimo del suo cuore, consapevolmente o in modo inconscio, la nostalgia di un definitivo appagamento, della massima felicità, quindi in fondo di Dio. Un monastero, in cui la comunità si raduna più volte al giorno per lodare Dio, testimonia che questo originario desiderio umano non cade nel vuoto: il Dio Creatore non ha posto noi uomini in tenebre spaventose dove, andando a tentoni, dovremmo disperatamente cercare un fondamentale ultimo senso; Dio non ci ha abbandonati in un deserto del nulla, privo di senso, dove, in definitiva, ci aspetta soltanto la morte. No! Dio ha illuminato le nostre tenebre con la sua luce, per opera del suo Figlio Gesù Cristo. In Lui, Dio è entrato nel nostro mondo con tutta la sua "pienezza", in Lui ogni verità, di cui abbiamo nostalgia, ha la sua origine ed il suo culmine.

La nostra luce, la nostra verità, la nostra meta, il nostro appagamento, la nostra vita – tutto ciò non è una dottrina religiosa, ma una Persona: Gesù Cristo. Molto al di là delle nostre capacità di cercare e di desiderare Dio, siamo ormai stati cercati e desiderati, anzi, trovati e redenti da Lui! Lo sguardo vagante degli uomini di ogni tempo e popolo, di tutte le filosofie, le religioni e le culture incontra sempre gli occhi spalancati del Figlio di Dio crocifisso e risorto; il suo cuore aperto è la pienezza dell’amore. Gli occhi di Cristo sono lo sguardo del Dio che ama. L’immagine del Crocifisso sopra l’altare, il cui originale romano si trova nel Duomo di Sarzano, mostra che questo sguardo si volge ad ogni uomo. Il Signore, infatti, guarda nel cuore di ciascuno di noi.

Il nocciolo del monachesimo è l’adorazione – il vivere alla maniera degli angeli. Essendo, tuttavia, i monaci uomini con carne e sangue su questa terra, san Benedetto all’imperativo centrale dell’"ora" ne ha aggiunto un secondo: il "labora". Secondo il concetto di san Bernardo, una parte della vita monastica, insieme alla preghiera, è anche il lavoro, la coltivazione della terra in conformità alla volontà del Creatore. Così in tutti i secoli i monaci, partendo dal loro sguardo rivolto a Dio, hanno reso la terra vivibile e bella. La salvaguardia e il risanamento della creazione provenivano proprio dal loro guardare a Dio. Nel ritmo dell’ora et labora la comunità dei consacrati dà testimonianza di quel Dio che in Cristo ci guarda e uomo e mondo, guardati da Lui, diventano buoni.

Non solo i monaci dicono l’officium, ma la Chiesa dalla tradizione monastica ha derivato per tutti i religiosi, ed anche per sacerdoti e diaconi la recita del Breviario. Vale anche qui che le religiose e i religiosi, i sacerdoti e i diaconi – e naturalmente anche i Vescovi – nella quotidiana preghiera "ufficiale" si presentano davanti a Dio con inni e salmi, con ringraziamenti e domande senza scopi specifici.

Cari confratelli nel ministero sacerdotale e diaconale, cari fratelli e sorelle nella vita consacrata! Io so che ci vuole disciplina, anzi, a volte anche superamento di sé per recitare fedelmente il Breviario; ma mediante questo officium riceviamo allo stesso tempo molte ricchezze: quante volte nel fare ciò stanchezza e abbattimento si dileguano! E là dove Dio viene lodato ed adorato con fedeltà, la sua benedizione non manca. Con ragione si dice in Austria: "Tutto dipende dalla benedizione di Dio!"

Il vostro servizio primario per questo mondo deve quindi essere la vostra preghiera e la celebrazione del divino Officio. La disposizione interiore di ogni sacerdote, di ogni persona consacrata deve essere quella di "non anteporre nulla al divino Officio". La bellezza di una tale disposizione interiore si esprimerà nella bellezza della liturgia al punto che là dove insieme cantiamo, lodiamo, esaltiamo ed adoriamo Dio, si rende presente sulla terra un pezzetto di cielo. Non è davvero temerario se in una liturgia totalmente centrata su Dio, nei riti e nei canti, si vede un’immagine dell’eternità. Altrimenti, come avrebbero potuto i nostri antenati centinaia di anni fa costruire un edificio sacro così solenne come questo? Già la sola architettura qui attrae in alto i nostri sensi verso "quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, le cose che Dio ha preparato per coloro che lo amano". In ogni forma di impegno per la liturgia criterio determinante deve essere sempre lo sguardo verso Dio. Noi stiamo davanti a Dio – Egli ci parla e noi parliamo a Lui. Là dove, nelle riflessioni sulla liturgia, ci si chiede soltanto come renderla attraente, interessante e bella, la partita è già persa. O essa è opus Dei con Dio come specifico soggetto o non è. In questo contesto io vi chiedo: realizzate la sacra liturgia avendo lo sguardo a Dio nella comunione dei santi, della Chiesa vivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi, affinché diventi espressione della bellezza e della sublimità del Dio amico degli uomini.

L’anima della preghiera, infine, è lo Spirito Santo. Sempre, quando preghiamo, è in verità Lui che "viene in aiuto alla nostra debolezza, intercedendo con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili". Confidando in questa parola dell’apostolo Paolo vi assicuro, cari fratelli e sorelle, che la preghiera susciterà in voi quell’effetto che una volta si esprimeva chiamando sacerdoti e persone consacrate semplicemente "Geistliche" (cioè persone spirituali). Il Vescovo Sailer di Ratisbona disse una volta che i sacerdoti dovrebbero essere prima di tutto persone spirituali. Mi piacerebbe se l’espressione "Geistliche" ritornasse nuovamente più in uso. È però soprattutto importante che si realizzi in noi quella realtà che la parola descrive: che nella sequela del Signore, in virtù della forza dello Spirito, diventiamo persone "spirituali".

L’Austria è, come si dice in doppio senso, veramente "Klösterreich": regno di monasteri e ricca di monasteri. Le vostre antichissime abbazie con origini e tradizioni che risalgono a secoli fa sono luoghi della "preferenza per Dio". Cari confratelli, rendete ancora più evidente per gli uomini questa priorità di Dio! Come oasi spirituale, infatti, un monastero indica al mondo di oggi la cosa più importante, anzi, la sola cosa decisiva: esiste un’ultima ragione per cui vale la pena vivere, cioè Dio e il suo amore imperscrutabile.

E chiedo a voi, cari fedeli, considerate le vostre abbazie e i vostri monasteri quello che sono e sempre vogliono essere: non soltanto luoghi di cultura e di tradizione o addirittura semplici aziende economiche. Struttura, organizzazione ed economia sono necessarie anche nella Chiesa, ma non sono la cosa essenziale. Un monastero è soprattutto questo: un luogo di forza spirituale. Arrivando in uno dei vostri monasteri qui in Austria si ha la stessa impressione di quando, dopo una camminata sulle Alpi che è costata sudore, finalmente ci si può rinfrescare ad un ruscello di acqua sorgiva… Approfittate dunque di queste sorgenti della vicinanza di Dio nel vostro Paese, stimate le comunità religiose, i monasteri e le abbazie e ricorrete al servizio spirituale che i consacrati sono disposti ad offrirvi!

La mia visita, infine, è rivolta all’Accademia ormai Pontificia che si trova nel 205o anniversario della sua fondazione e che, nel suo stato nuovo, dall’Abate ha ricevuto il nome aggiuntivo dell’attuale successore di Pietro. Per quanto sia importante l’integrazione della disciplina teologica nell’universitas del sapere mediante le facoltà teologiche cattoliche nelle università statali, è tuttavia altrettanto importante che ci siano luoghi di studi così profilati come il vostro, dove è possibile un legame approfondito tra teologia scientifica e spiritualità vissuta. Dio, infatti, non è mai semplicemente l’Oggetto della teologia, è sempre allo stesso tempo anche il suo Soggetto vivente. La teologia cristiana, del resto, non è mai un discorso solamente umano su Dio, ma è sempre al contempo il Logos e la logica in cui Dio si rivela. Per questo intellettualità scientifica e devozione vissuta sono due elementi dello studio che, in una complementarietà irrinunciabile, dipendono l’una dall’altra.

Il padre dell’Ordine cistercense, san Bernardo, a suo tempo ha lottato contro il distacco di una razionalità oggettivante dalla corrente della spiritualità ecclesiale. La nostra situazione oggi, pur diversa, ha però anche notevoli somiglianze. Nell’ansia di ottenere il riconoscimento di rigorosa scientificità nel senso moderno, la teologia può perdere il respiro della fede. Ma come una liturgia che dimentica lo sguardo a Dio è, come tale, al lumicino, così anche una teologia che non respira più nello spazio della fede, cessa di essere teologia; finisce per ridursi ad una serie di discipline più o meno collegate tra di loro. Dove invece si pratica una "teologia in ginocchio", come richiedeva Hans Urs von Balthasar, non mancherà la fecondità per la Chiesa in Austria ed anche oltre.

Questa fecondità si mostra nel sostegno e nella formazione di persone che portano in sé una chiamata spirituale. Perché oggi una chiamata al sacerdozio o allo stato religioso possa essere sostenuta fedelmente lungo tutta la vita, occorre una formazione che integri fede e ragione, cuore e mente, vita e pensiero. Una vita al seguito di Cristo ha bisogno dell’integrazione dell’intera personalità. Dove si trascura la dimensione intellettuale, nasce troppo facilmente una forma di pia infatuazione che vive quasi esclusivamente di emozioni e di stati d’animo che non possono essere sostenuti per tutta la vita. E dove si trascura la dimensione spirituale, si crea un razionalismo rarefatto che sulla base della sua freddezza e del suo distacco non può mai sfociare in una donazione entusiasta di sé a Dio. Non si può fondare una vita al seguito di Cristo su tali unilateralità; con le mezze misure si resterebbe personalmente insoddisfatti e, di conseguenza, forse anche spiritualmente sterili. Ogni chiamata alla vita religiosa o al sacerdozio è un tesoro così prezioso che i responsabili devono fare tutto il possibile per trovare le vie di formazione adatte per promuovere insieme fides et ratio – la fede e la ragione, il cuore e la mente.

Su consiglio del figlio, il beato Otto di Frisinga che fu mio predecessore sulla sede vescovile di Frisinga, san Leopoldo d’Austria nel 1133 fondò la vostra abbazia, dandole il nome di "Unsere Liebe Frau zum Heiligen Kreuz" - Nostra Signora della Santa Croce. Questo monastero non è dedicato alla Madonna solo tradizionalmente – come tutti i monasteri cistercensi –, ma qui arde il fuoco mariano di un san Bernardo di Chiaravalle. Bernardo che, insieme a 30 compagni entrò nel monastero, è una specie di Patrono delle chiamate spirituali. Forse aveva un ascendente così entusiasmante ed incoraggiante su molti giovani del suo tempo chiamati da Dio, perché era animato da una particolare devozione mariana. Dove c’è Maria, là c’è l’immagine primigenia della donazione totale e della sequela di Cristo. Dove c’è Maria, là c’è il soffio pentecostale dello Spirito Santo, là c’è l’avvio e un rinnovamento autentico.

Da questo luogo mariano sulla Via Sacra auguro a tutti i luoghi spirituali in Austria fecondità e capacità di irraggiamento.

Qui vorrei prima della mia partenza, come già a Mariazell, chiedere alla Madre di Dio ancora una volta di intercedere per tutta l’Austria. Con le parole di san Bernardo invito ciascuno a farsi davanti a Maria fiduciosamente "bambino", come lo ha fatto il Figlio stesso di Dio:


"Guarda la stella, invoca Maria … Nei pericoli, nella angustie, nelle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria. Non s’allontani il suo nome dalla tua bocca, non si allontani dal tuo cuore … Seguendo lei non ti smarrisci, pregando lei non ti disperi, pensando a lei non sbagli. Se lei ti tiene, non cadi; se lei ti protegge, non temi; se lei ti guida, non ti stanchi, se lei ti concede il suo favore, tu arrivi al tuo fine".




Click this bar to view the small image.


Click this bar to view the small image.

__________________
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
02/11/2008 16:52

Ore 17,30: Incontro con il mondo del volontariato - Vienna
E’ da un lato l’elogio del “generoso impegno” di chi rende l’amore concretamente sperimentabile, e dall’altro l’invito a lasciarsi coinvolgere da un cammino che metta fra parentesi le considerazioni circa l’utilità e il profitto e si apra alla gratuità e alla “priorità del prossimo”, vie che “ricordano la dignità dell’uo­mo e suscitano gioia di vita e speranza”.

Il papa incontra il mondo del volontariato austriaco, quanto mai vivo e vitale e si dice ammirato e pieno di gratitudine per il loro impegno. Ricorda la centralità dell’amore per il prossimo e il fatto che questo non si possa delegare: “Lo Stato e la politica”, dice riprendendo un concetto già espresso anche nella sua enciclica, “non possono sostituirlo”, anche se devono “creare condizioni generali” per favorirlo. “Senza impegno volontaristico” – spiega – “il bene comune e la società non potevano, non possono e non potranno perdurare”. Quello del volontariato è un cammino che si muove nella logica della gratuità, che va “al di là del calcolo e del contraccambio atteso” e che “rompe con le regole dell’economia di mercato”.

Un “cammino appassionante e interessante”, che nelle parole del papa rende “liberi e aperti alle necessità dell’altro, alle esigenze della giustizia, della difesa della vita e della salvaguardia del creato”. In una dimensione che riconosce l’immagine cristiana dell’amore di Dio e del prossimo. Donarsi agli altri dilata il cuore e permette di fare “esperienza di Dio”.

Onorevole Signor Presidente Federale,
Reverendissimo Mons. Arcivescovo Kothgasser,
cari collaboratori e collaboratrici volontari e onorari
dei vari Organismi assistenziali in Austria,
Illustri Signore e Signori
e soprattutto: cari giovani amici!

Ho atteso con gioia particolare questo incontro con voi che si realizza verso la fine della mia visita in Austria. È bello incontrare persone che nella nostra società cercano di dare al messaggio del Vangelo un volto; vederepersone anziane e giovani, che rendono concretamente sperimentabile nella Chiesa e nella società quell’amore dal quale noi come cristiani siamo stati conquistati: èl’amore di Dio che ci fa riconoscere nell’altro il prossimo, il fratello o la sorella! Sono pieno di gratitudine e di ammirazione per il generoso impegno nel volontariato di tante persone di diversa età in questo Paese; a voitutti e acoloro che rivestono un incarico a titolo gratuito in Austria vorrei oggi esprimere la mia particolare considerazione. Ringrazio di cuore Lei, Signor Presidente, e Lei, caro Arcivescovo di Salisburgo, come soprattutto Voi, giovani rappresentanti dei volontari in Austria, per le gentili parole introduttive che mi sono state rivolte.

Grazie a Dio è per molti una questione d’onore impegnarsi volontariamente per gli altri, per un’associazione, per un’unione o per determinate situazioni di bene comune. Un tale impegno significa anzituttoun’occasione per formare la propria personalità e per inserirsi con un contributo attivo e responsabile nella vita sociale. La disponibilità ad un’attività volontaristica, tuttavia, si basa a volte su molteplici e fra loro diverse motivazioni. Spesso c’è all’origine semplicemente il desiderio di fare qualcosa che abbia senso e sia utilee di aprire nuovi campi di esperienza. I giovani cercano in ciò naturalmente e con buona ragione anche gioia ed eventi belli, un’esperienza di autentico cameratismo in una comune attività ricca di senso. Spesso le idee e le iniziative personali si collegano con un fattivo amore del prossimo; cosìil singolo viene integrato in una comunità che lo sostiene. Vorrei a questo punto esprimere il mio ringraziamento molto sentito per la marcata"cultura del volontariato" in Austria. Vorrei ringraziare ogni donna, ogni uomo, tutti i giovani e tutti i bambini – l’impegno volontaristico dei bambini non di rado è imponente; si pensi solo all’azione dei "Sternsinger" nel tempo natalizio. Soprattutto vorrei ringraziare ancheper quei piccoli e grandi servizi e fatiche che forse non sempre danno nell’occhio. Grazie e "Vergelt’s Gott" per il vostro contributo all’edificazione di una "civiltà dell’amore", che si pone al servizio di tutti e crea Patria! L’amore del prossimo non si può delegare; lo Stato e la politica, con le pur giuste premure per il sollievo in casi di bisogno e per le prestazioni sociali, non possono sostituirlo. Esso richiede sempre l’impegno personale e volontario, per il quale certamente lo Stato deve creare condizioni generali favorevoli. Grazie a questo impegno, l’aiuto mantiene la sua dimensione umana e non viene spersonalizzato. E proprio per questo voi volontari non siete "tappabuchi" nella rete sociale, ma persone che contribuiscono al volto umano e cristiano della nostra società.

Proprio i giovani desiderano che le loro capacità e i loro talenti vengano "suscitati e scoperti". I volontari vogliono essere chiamati in causa personalmente. "Ho bisogno di te!", "Tu ne sei capace!": quanto ci fa bene una tale richiesta! Proprio nella sua semplicità umana, essa ci rimanda in modo indiretto a quel Dio che ha voluto ciascuno di noi e che a ciascuno di noi ha dato il suo compito personale, anzi, che ha bisogno di noi e aspetta il nostro impegno. Così Gesù ha chiamato gli uomini e ha dato loro il coraggio per la cosa grande che essi da sé non si sarebbero sentiti capaci di fare. Lasciarsi chiamare, decidersi e poi intraprendere un cammino senza la solita domanda circa l’utilità e il profitto – questo atteggiamento lascerà tracce risanatrici. I santi hanno indicato questa via con la loro vita. È un cammino interessante ed appassionante, un cammino generoso e, proprio oggi, attuale. Il "sì" a un impegno volontaristico e solidale è una decisione che rende liberi e aperti alle necessità dell’altro; alle esigenze della giustizia, della difesa della vita e della salvaguardia del creato. Negli impegni di volontariato entra in gioco la dimensione-chiave dell’immagine cristiana di Dio e dell’uomo: l’amore di Dio e l’amore del prossimo.

Cari volontari, signore e signori! L’impegnarsi a titolo volontaristico costituisce un’eco della gratitudine e insieme è trasmissione dell’amore ricevuto. "Deus vult condiligentes – Dio vuole persone che amino con Lui", affermava Duns Scoto. Visto così, l’impegno a titolo gratuito ha molto a che fare con la Grazia. Una cultura che vuole conteggiare tutto e tutto pagare, che colloca il rapporto tra gli uomini in una sorta di busto costrittivo di diritti e di doveri, sperimenta grazie alle innumerevoli persone impegnate a titolo gratuito che la vita stessa è un dono immeritato. Per quanto diverse, molteplici e addirittura contraddittorie possano essere le motivazioni e anche le vie dell’impegno volontaristico, alla base di tutte sta in fin dei conti quella profonda comunanza che scaturisce dalla "gratuità". È gratuitamente che abbiamo ricevuto la vita dal nostro Creatore, gratuitamente siamo stati liberati dalla via cieca del peccato e del male, gratuitamente ci è stato dato lo Spirito con i suoi molteplici doni. "L’amore è gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi". "Chi è in condizione di aiutare riconosce che proprio in questo modo viene aiutato anche lui; non è suo merito né titolo di vanto il fatto di poter aiutare. Questo compito è grazia".Gratuitamente trasmettiamo ciò che abbiamo ricevuto, mediante il nostro impegno, la nostra carica volontaristica. Questa logica della gratuità è collocata al di là del semplice dovere e potere morale.

Senza impegno volontaristico il bene comune e la società non potevano, non possono e non potranno perdurare. La spontanea disponibilità vive e si dimostra al di là del calcolo e del contraccambio atteso; essa rompe le regole dell’economia di mercato. L’uomo, infatti, è molto più di un semplice fattore economico da valutare secondo criteri economici. Il progresso e la dignità di una società dipendono sempre di nuovo proprio da quelle persone che fanno più del solo loro stretto dovere.

Signore e signori! L’impegno volontaristico è un servizio alla dignità dell’uomo fondata nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio. Ireneo di Lione dice: "La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio" . Nicola Cusano, nella sua opera sulla visione di Dio ha sviluppato questo pensiero così: "E perché l’occhio è là dove si trova l’amore, sento che Tu mi ami… Il Tuo guardare, Signore, è amare… Guardandomi, Tu, Dio recondito, ti fai scorgere da me… Il Tuo guardare è vivificare… Il Tuo guardare significa operare". Lo sguardo di Dio – lo sguardodi Gesù ci contagia con l’amore di Dio. Vi sono sguardi che possono andare nel vuoto o addirittura disprezzare. E sguardi che possono conferire riguardo ed esprimere amore. Le persone impegnate gratuitamente conferiscono al prossimo considerazione, ricordano la dignità dell’uomo e suscitano gioia di vita e speranza. Gli esponenti del volontariato sono custodi ed avvocati dei diritti dell’uomo e della sua dignità.

Con lo sguardo di Gesù è collegata ancora un’altra forma del guardare. "Lo vide e passò oltre", si legge nel Vangelo del sacerdote e del levita che vedono l’uomo mezzo morto giacere al margine della strada, ma non intervengono. C’è chi vede e finge di non vedere, ha la necessità davanti ai suoi occhi e tuttavia rimane indifferente, questo fa parte delle correnti fredde del nostro tempo. Nello sguardo degli altri, proprio di quell’altro che ha bisogno del nostro aiuto, sperimentiamo l’esigenza concreta dell’amore cristiano. Gesù Cristo non ci insegna una mistica "degli occhi chiusi", ma una mistica "dello sguardo aperto" e con ciò del dovere assoluto di percepire la condizione degli altri, la situazione in cui si trova quell’uomo che, secondo il Vangelo, è nostro prossimo. Lo sguardo di Gesù, la scuola degli occhi di Gesù introduce in una vicinanza umana, nella solidarietà, nella condivisione del tempo, nella condivisione delle doti e anche dei beni materiali. Perciò "quanti operano nelle Istituzioni caritative della Chiesa devono distinguersi per il fatto che non si limitano ad eseguire in modo abile la cosa conveniente al momento, ma si dedicano all’altro con le attenzioni suggerite dal cuore… Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente"6. Sì, "devo diventare una persona che ama, una persona il cui cuore è aperto per lasciarsi turbare di fronte al bisogno dell’altro. Allora trovo il mio prossimo, o meglio: è lui a trovarmi".

Infine, il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo ci ricorda che a Dio stesso, mediante l’amore del prossimo, noi cristiani tributiamo l’onore. "Tutto quello che avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me!". Se nell’uomo concreto che incontriamo è presente Gesù, allora l’attività a titolo gratuito può diventare un’esperienza di Dio. La partecipazione alle situazioni ed alle necessità degli uomini conduce ad un "nuovo" stare insieme ed opera "producendo senso". Così il servizio gratuito può aiutare a far uscire le persone dall’isolamento e ad integrarle nella comunità.

Alla fine vorrei ricordare la forza e l’importanza della preghiera per quanti sono impegnati nel lavoro caritativo. La preghiera a Dio è via di uscita dall’ideologia o dalla rassegnazione di fronte all’illimitatezza del bisogno. "I cristiani continuano a credere, malgrado tutte le incomprensioni e confusioni del mondo circostante, nella «bontà di Dio» e nel «suo amore per gli uomini». Essi, pur immersi come gli altri uomini nella drammatica complessità delle vicende della storia, rimangono saldi nella certezza che Dio è Padre e ci ama, anche se il suo silenzio rimane incomprensibile per noi".

Cari collaboratori volontari e a titolo onorifico delle opere di soccorso in Austria, signore e signori! Quando uno non fa solo il suo dovere nella professione e nella famiglia – e per farlo bene ci vuole già molta forza e un grande amore –, ma s’impegna inoltre per gli altri, mettendo il suo prezioso tempo libero a servizio dell’uomo e della sua dignità, il suo cuore si dilata. I volontari non comprendono il concetto di prossimo in modo stretto; essi riconoscono anche nel "lontano" il prossimo che da Dio è accettato e che, con il nostro aiuto, deve essere raggiunto dall’opera di redenzione compiuta da Cristo. L’altro, il prossimo nel senso del Vangelo di Cristo, diventa per noi come un partner privilegiato di fronte alle pressioni e costrizioni del mondo, in cui viviamo. Chi rispetta la "priorità del prossimo", vive ed agisce secondo il Vangelo e prende parte anche alla missione della Chiesa, che sempre guarda l’uomo intero e vuol fargli sentirel’amore di Dio. La Chiesa sostiene questo vostro preziososervizio pienamente. Sono convinto che dai volontari dell’Austria anche in futuro proverrà molta benedizione e vi accompagno tutti con la mia preghiera. Chiedo per tutti voi la gioia del Signore che è la nostra forza. Il buon Dio vi sia sempre vicino e vi guidi continuamente mediante l’aiuto della sua grazia.
__________________
__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)

Rispondi
Consiglia  Messaggio 16 di 16 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 09/09/2007 22.28
Ore 19,15: Cerimonia di congedo - Vienna

Il saluto del papa all’Austria, alla presenza del presidente federale e dei membri del governo, è l’occasione per ringraziare le autorità, i responsabili e i volontari che hanno reso possibile l’organizzazione della sua visita. All'aeroporto di Vienna, il papa ripercorre le tappe principali del suo viaggio e esprime l’auspicio che il paese possa dare il proprio contributo alla ricerca di nuove vie per favorire la fiducia fra gli uomini, anche nell’ambito delle istituzioni europee e delle relazioni internazionali. Benedetto XVI si dice commosso dell’incontro con i volontari delle organizzazioni assistenziali e confessa la sua gratitudine e gioia per aver potuto vivere e portare a compimento il suo viaggio: il pensiero finale è per il presente e il futuro del paese, affidato all’intercessione della Madre della Grazia di Mariazell


Onorevole Signor Presidente Federale,
Onorevoli Membri del Governo federale austriaco,
Onorevoli Esponenti delle Autorità amministrative,
Venerato Signor Cardinale,
Cari Confratelli nell’Episcopato,
Illustri Signore e Signori!

Nel momento del congedo dall’Austria, a conclusione del mio pellegrinaggio in occasione dell’850o anniversario del Santuario nazionale di Mariazell, ripercorro mentalmente con animo grato queste giornate ricche di esperienze. Sento che questo Paese così bello e la sua gente mi sono diventati ancora più familiari.

Ringrazio di cuore i miei Confratelli nell’Episcopato, il Governo, come anche tutti i responsabili della vita pubblica e, non da ultimo, i numerosi volontari che hanno contribuito alla riuscita dell’organizzazione di questa visita. Auguro a tutti una ricca partecipazione alla grazia che ci è stata donata in questi giorni. Un ringraziamento sincero a Lei, Onorevole Signor Presidente Federale, per le parole di cui mi ha fatto dono in questo congedo e per come mi ha accompagnato durante questo pellegrinaggio.

Ho potuto nuovamente sperimentare Mariazell come particolare luogo di grazia, un luogo che in questi giorni ha attratto a sé tutti noi e ci ha interiormente rafforzati per il nostro ulteriore cammino. Il grande numero di coloro che hanno partecipato alla festa insieme con noi presso la Basilica, nella cittadina e nell’intera Austria ci deve incoraggiare a guardare con Maria a Cristo e ad affrontare, come persone guardate da Dio con amore, il futuro di questo Paese, del continente e di tutto il mondo.

Già l’inizio con la preghiera comune sulla Piazza "am Hof" ci ha riuniti al di là dei confini nazionali e ci ha messo sotto gli occhi l’apertura ospitale dell’Austria, che è una delle grandi qualità di questo Paese.

La ricerca di una comprensione vicendevole e la formazione creativa di sempre nuove vie per favorire la fiducia tra gli uomini e i popoli ispirino la politica nazionale ed internazionale di questo Paese! Vienna, nello spirito della sua esperienza storica e della sua posizione nel centro vivo dell’Europa, può recare a ciò il suo contributo, favorendo conseguentemente la penetrazione dei valori tradizionali del Continente, permeati di fede cristiana, nelle istituzioni europee e nell’ambito della promozione delle relazioni internazionali, interculturali ed interreligiose.

Nel pellegrinaggio della nostra vita ogni tanto ci fermiamo, grati per il cammino fatto e sperando e pregando in vista della strada che abbiamo ancora davanti. Una sosta di questo genere ho fatto anch’io nell’Abbazia di Heiligenkreuz. La tradizione coltivata lì dai monaci cistercensi ci collega con le nostre radici, la cui forza e bellezza provengono in fondo da Dio stesso. La Pontificia Accademia Teologica che si trova presso l’Abbazia ci ricorda che quanto ci è stato trasmesso ha sempre bisogno di una nuova e più profonda contemplazione e riflessione, come anche di una sua ulteriore trasmissione nella fedeltà al Vangelo ed alla dottrina della Chiesa.

Oggi ho celebrato con voi la Domenica, il Giorno del Signore – in rappresentanza di tutte le parrocchie dell’Austria – nel Duomo di Santo Stefano, la chiesa principale di Vienna. Così, nell’occasione, ero collegato in modo particolare con i fedeli di tutte le parrocchie dell’Austria.

Un momento commovente è stato per me l’incontro con i volontari delle Organizzazioni assistenziali, che in Austria sono cosi numerose e multiformi. Le migliaia di volontari che ho potuto vedere rappresentano le migliaia e migliaia di colleghi che, in tutto il Paese, nella loro disponibilità all’aiuto fanno sì che i tratti più nobili dell’uomo si manifestino come immagine quotidiana, nella quale i credenti possono riconoscere l’amore di Cristo.

Gratitudine e gioia colmano in questo momento il mio animo. A voi tutti che avete seguito queste giornate, che avete impegnato molta fatica e molto lavoro affinché il denso programma potesse svolgersi senza attriti, che avete partecipato al pellegrinaggio ed alle celebrazioni con tutto il cuore, giunga ancora una volta il mio ringraziamento più sentito. Congedandomi affido il presente ed il futuro di questo Paese all’intercessione della Madre della Grazia di Mariazell, la Magna Mater Austriae, e a tutti i santi e beati dell’Austria. Insieme con loro vogliamo guardare a Cristo, nostra vita e nostra speranza.

Con sincero affetto dico a Voi e a tutti un cordialissimo "Vergelt’s Gott".




GRAZIE BENEDETTO XVI......
e lode al Signore perchè tutto è andato bene, aiutaci ora Signore....a mettere in pratica questi insegnamenti!

 

__________________________________________________

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:10. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com