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La corretta Mariologia di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2008 17:47
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Un grazie alla rivista:
 http://www.stpauls.it/madre06/0506md/0506md11.htm

L’eredità mariana del Papa del "Totus tuus"
   

Alla venerata memoria del Papa del "Totus tuus" dedichiamo la 4ª di copertina di questo numero di Giugno, non essendo riusciti - per i tempi di edizione - dedicargli prima la copertina.

Peraltro, mentre ci ripromettiamo di continuare a parlare della grande spiritualità mariana di Giovanni Paolo II, ricordiamo nella rubrica "Fatti e Persone" gli eventi più significativi del suo Pontificato, relativi al magistero e al rapporto vissuto dal grande Papa con la Madonna [cfr. pp. 14-16].

E intanto affidiamo il suo Successore Benedetto XVI alla protezione di Maria – "Madre della Chiesa", "Regina dei Pastori" – che il nuovo Papa, fin dalle prime parole pronunciate dalla Loggia della Basilica Vaticana, ha assicurato di sentire accanto nel cammino della Chiesa, ripromettendoci di non tralasciare nulla del suo insegnamento mariano, che ci auguriamo sia fecondo quanto quello del suo Venerato Predecessore [cfr. foto di copertina].

Affacciatosi per la prima volta da Papa al Balcone della Basilica Vaticana, Benedetto XVI ha salutato la folla di Piazza San Pietro, dicendo fra l'altro: "Il Signore ci aiuterà e Maria, sua Santissima Madre, starà dalla nostra parte".
Affacciatosi per la prima volta da Papa al Balcone della Basilica Vaticana, Benedetto XVI
ha salutato la folla di Piazza San Pietro, dicendo fra l’altro:
"Il Signore ci aiuterà e Maria,
sua Santissima Madre, starà dalla nostra parte".

Riproponendo una nuova riflessione sul ruolo di Maria nella storia della Salvezza, osserviamo come la Madre del Messia traspaia in filigrana in tutte le vie di Dio, ossia nei suoi modi di comportarsi nella storia dell'umanità redenta [cfr. Maria, "microstoria della Salvezza", pp. 4-6]; e come nella Comunità dei credenti non ci sia solo l'elemento "petrino" [maschile, gerarchico], ma anche quello "mariano" [femminile, carismatico], precisando così meglio il ruolo di Maria, prototipo della Chiesa [cfr. Maria e la Chiesa, "Sponsa Verbi", pp. 11-13].

Maria e la Chiesa, "Sponsa Verbi"
   

Nella Comunità dei credenti non c’è solo l’elemento "petrino" [maschile, gerarchico], ma c’è anche quello "mariano" [femminile, carismatico] – Il ruolo di Maria, prototipo della Chiesa.
  

Nell’articolo del num. del mese scorso su "Maria, Stella della Pentecoste" [cfr. pp. 11-13], scrivevamo che nel Cenacolo della Pentecoste Maria con la sua fede ha atteso, insieme agli Apostoli, l’effusione dello Spirito da parte del Padre e del Figlio risorto, contribuendo a che l’atto trinitario dell’evento pentecostale raggiungesse la Chiesa nascente come soggetto pienamente articolato: nella Comunità cristiana non c’è solo l’elemento "petrino" [maschile, gerarchico], ma c’è anche quello "mariano" [femminile, carismatico]. Dice al riguardo Hugo U. von Balthasar: "L’elemento mariano nella Chiesa abbraccia il petrino senza pretenderlo per sé; Maria è "Regina degli Apostoli" senza pretendere per sé poteri apostolici. Essa ha altro e di più" [cfr. Nuovi punti fermi, Milano 1980, pag. 181].

In prossimità della solennità dei Santi Pietro e Paolo, festa della Chiesa – il 29 Giugno prossimo – vogliamo approfondire questo concetto, anche per legare sempre più la riflessione su Maria Sposa e Madre del Verbo alla valenza ecclesiologica di questo titolo mariano.

La Santa Vergine nel mistero di Cristo nella storia della Salvezza - Icona di famiglia in 11 parti, Russia Centrale, fine sec. XVIII.
La Santa Vergine nel mistero di Cristo nella storia della Salvezza
.
Icona di famiglia in 11 parti, Russia Centrale, fine sec. XVIII.

"Sponsus Christus, Sponsa Ecclesia"

Nel suo saggio teologico Sponsa Verbi [Morcelliana Ed., 1969], lo stesso Hugo U. von Balthasar dà un’immagine della Chiesa diversa da quella comunemente intesa: "La Chiesa, in quanto Sposa di Cristo – scrive fin dalla Premessa alla sua opera – rimane velata nel mistero sponsale. È certo "popolo di Dio" che, come tale, per largo tratto manifesta, ma in ciò non si distingue dalla Sinagoga. La distinzione ha inizio con Maria, nella quale il Verbo si fa carne, con l’Eucaristia, carne e sangue di Gesù donati e offerti per unirci nella sua sostanza, con lo Spirito Santo, che viene spirato nell’armonia ecclesiale dal Figlio dell’uomo risorto".

Il terzo capitolo della prima parte dell’opera tratta dell’identità della Chiesa, rispondendo all’interrogativo: Chi è la Chiesa [cfr. ibid., pp. 139-187]. E in tale contesto si sviluppa il paragrafo: Pietro, Maria [cfr. ibid., pp. 153-168]. 

"L’identità della Chiesa, cui rimanda il ministero del sacerdozio – scrive von Balthasar – non può esistere nella Chiesa ma soltanto nel Signore, come Capo e Sposo della Chiesa. E però, proprio per questo, questa identità deve essere riprodotta nella Chiesa stessa, poiché il Signore vuole che la sua Chiesa gli stia di fronte come una Sposa gloriosa e degna di sé.

Qui interviene necessariamente nella Chiesa il principio mariano. Maria è quella soggettività che, nella sua maniera femminile e recettiva, può corrispondere pienamente alla soggettività maschile di Cristo mediante la grazia di Dio e l’adombramento del suo Spirito. In Maria la Chiesa che scaturisce da Cristo trova il suo centro personale e la piena realizzazione della sua idea ecclesiale. La sua fede che ama e spera, nella sua disponibilità femminile per lo Sposo divino, divino-umano, è coestensiva al principio maschile, inserito nella Chiesa, del ministero e del Sacramento, anche se non spetta al suo carattere femminile di esaurire comprendendolo, alla maniera dello Sposo, lo Spirito oggettivo ivi investito. Essa è non la Parola, però è la risposta adeguata che Dio s’attende dall’ambito creaturale e che vi viene prodotta nella sua grazia mediante la Parola.

Deposizione dalla Croce e 'luminosa mestizia' della Vergine - Icona russa di fine sec. XV, Vicenza, Coll. Ambroveneto.
Deposizione dalla Croce e ‘luminosa mestizia’ della Vergine
.
Icona russa di fine sec. XV, Vicenza, Coll. Ambroveneto.

A tal fine – prosegue l’analisi di Hugo U. von Balthasar – è certamente richiesta una grazia speciale, qualitativamente diversa dalla grazia degli altri fedeli, la quale elevi la risposta di tutta la Chiesa. La fede di Maria, come seno fecondo della Parola, è privilegiata in due dimensioni: per la sua origine essa è fede sorta da un "concepimento immacolato", per il suo fine essa è fede che deve diventare feconda non solo del corpo di Cristo, ma anche di lui stesso come Capo. Pertanto, quella fecondità che viene attribuita alla Chiesa come fecondità prototipica della nascita o generazione passiva dei membri [nel Battesimo] volge al loro attivo generare la vita di Cristo in sé e nella Chiesa.

San Girolamo, In Mt. 9, 15; PL 26, 58, scrive: "Sponsus Christus, Sponsa Ecclesia est. De hoc sancto spiritualique connubio apostoli sunt procreati". [Allora], questa fecondità prototipica in Maria è così resa possibile, tanto che essa fa precisamente quello che fa la Chiesa: generare Cristo; ma lo fa ‘prototipicamente’, in quanto fa diventare carne in sé il Capo della Chiesa, il quale a sua volta produrrà la Chiesa. Il circolo ecclesiale, per il quale l’anima è nata da Cristo, è sopraelevato a circolo prototipico, nel quale Maria, preservata dal peccato originale mediante la grazia della Croce di Cristo, nell’ordine del Capo concepisce e genera Cristo. Se nel circolo ecclesiale l’immacolatezza oggettiva della Chiesa [l’"infallibilità di Pietro"] opera e presuppone sempre per la Chiesa un "essere stata purificata" mediante l’acqua e la Parola, e se la Chiesa diventa "Sposa nobile" solo in quanto realmente purificata, nel circolo mariano non si può parlare di tale purificazione. In Maria la Chiesa, pertanto, non è solo indefettibile ministerialmente e sacramentalmente […]; essa è anche immacolata personalmente e sta al di là della tensione tra realtà e ideale.

"L'anima mia magnifica il Signore!" - Museo di Storia e Architettura, Jaroslavi [metà XVII sec.].
"L’anima mia magnifica il Signore!" – Museo di Storia e Architettura, Jaroslavi [metà XVII sec.].

Come modello della Chiesa, a ragione Maria viene chiamata Sposa del Verbo Incarnato […]. Ella concepisce il Figlio come seme del Padre mediante l’opera dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Per questo, anche nell’ordine ecclesiale, l’attualizzazione dei Sacramenti sarà azione dello Spirito Santo, che depositerà nel seno delle anime il Verbo del Padre, generandolo e facendolo nascere.

Ciò non impedisce alla Chiesa di essere Sposa del Verbo, poiché questa piena partecipazione del mondo creato alla divinità delle Tre Persone è opera e prolungamento del Verbo Incarnato. L’archetipo Maria ha proprio la missione di non permettere mai alla Chiesa di dimenticarsi della dimensione trinitaria del suo mistero sponsale, alla stessa maniera che anche Cristo, durante la sua permanenza sulla terra, le ha continuamente indicato di aprirsi alla vita del Dio Uno e Trino".

La maternità universale della Vergine Maria

Il ruolo di Maria Sposa e Madre della Chiesa – secondo la profonda analisi di Hugo U. von Balthasar sopra esposta – porta ad un’altra riflessione: in Maria la Chiesa dice il suo ‘sì’ a Dio per tutto il genere umano. [È il motivo per cui San Tommaso sosteneva che la Madre di Dio dice il suo ‘sì’ loco totius generis humani e non, ad esempio, loco totius Ecclesiae].

Infatti – è la riflessione che segue di von Balthasar –, nella sua esistenza credente, come dentro un seno, viene portato il Verbo, per poter diventare carne […]. E se i Padri della Chiesa vedono realizzare il vero connubio tra Dio e l’uomo in Cristo stesso, nell’indissolubile unione delle sue due nature, questo però non è avvenimento puramente fisico, che avrebbe un carattere matrimoniale solo da parte di Dio e del suo intento, bensì un genuino mistero di reciproco amore mediante il consenso sponsale di Maria a nome di tutti gli esseri corporei creati.

La Vergine protegge la santa Chiesa - Museo russo, San Pietroburgo [metà sec. XVI].
La Vergine protegge la santa Chiesa – Museo russo, San Pietroburgo [metà sec. XVI].

Ne consegue, dunque, che nella carne di Maria si mira a "ogni carne" creata [cfr. Gv 17, 2], cui Dio vuole unirsi; ed essendo Maria caro ex qua, ella è insieme fides ex qua. L’unione ipostatica però è l’effetto e quindi l’ultimo sigillo indelebile di questo patto di fedeltà, sotto il cui segno in seguito sarà ogni promessa ecclesiastica di fedeltà: quella del Battesimo, quella del Matrimonio e quella della Verginità.

Si adombra qui il grande tema della maternità universale di Maria.

Continua ancora von Balthasar: Maria, generando il Figlio in maniera corporeo-spirituale, proprio per questo diventa la madre universale di tutti i credenti; infatti, la Chiesa come Corpo è da Cristo ed è il Cristo stesso. Maria non è il prototipo della Chiesa solo in virtù della sua fede verginale, essa lo è parimenti in virtù della sua fecondità, che non è certamente autonoma [come quella delle dèe della fecondità], ma puramente ministeriale, in funzione di servizio. Infatti, è Cristo che, mediante la sua Passione, crea la Chiesa, non Maria. Tuttavia, essa ha partecipato come strumento a questa creazione in virtù dell’universalità e dell’illimitatezza del suo ‘sì’, che il Figlio può usare come mezzo plastico all’infinito, per ricavarne nuovi credenti rigenerati. La sua presenza presso la Croce, la sua solidarietà in mezzo all’abbandono della Croce, la sua funzione eterna di donna partoriente [cfr. Ap 12], mostrano quanto la sua dedizione venga universalizzata fino ad assurgere a principio universale del suo seno materno per ogni grazia cristiana generatrice.

L’"elemento mariano" nella Chiesa

L’immagine della Chiesa Comunità dei credenti veniva già nel Medioevo centrata marianamente, e portata in tal modo alla sua verità più intima.

Fin dai tempi delle origini, come nucleo della vera Chiesa "senza macchia e senza ruga" valevano soprattutto gli Apostoli [che Origene definiva appunto: "vera Ecclesia", cfr. In Gen hom. 1,6]. Ma la Vergine Maria, come seno universale generatore, sta dietro la santità apostolica, e viene posto l’accento sul fatto che ella a Pentecoste riceve lo Spirito Santo in mezzo agli Apostoli; anzi, può comunicare in maniera del tutto reale la sua sapienza cristiana alla Chiesa apostolica.

Pentecoste, icona nella Russia Centro-settentrionale, sec. XIX.
Pentecoste, icona nella Russia Centro-settentrionale, sec. XIX.

Così il premonstratense belga Filippo di Harveng celebra instancabilmente la materna attività di Maria nei primi tempi della Chiesa, presentandola come "colei che genera gli Apostoli dalle tenebre dell’ignoranza, li educa e li forma, come la madre di tutti che tiene in mezzo a loro la presidenza e con la fermezza nella fede esorta i discepoli facilmente vacillanti" [cfr. H. Riedlinger, Die Makellosigkeit der Kirche in den lateinischen Hoheliedkommentaren des MA, p. 219].

Questa "educazione degli Apostoli" da parte di Maria è stata vista fin da allora ancor più sulla linea dell’amore e della fedeltà ecclesiali che su quella del ministero; ma diventa progressivamente un trovar asilo dell’intero aspetto ministeriale della Chiesa nel seno materno di Maria che porta nella gestazione, genera e compie silenziosamente la funzione di Sposa e Madre del Verbo.

L’umanità acquista così una partecipazione a ciò nel Cristo e nello spazio che è il suo spazio ["in Christo"] e che Egli prepara come Redentore: la Chiesa. E in quanto questo spazio risponde a Cristo in maniera femminile-sponsale trova in Maria la sua soggettività suprema, normativa. In quanto, infine, erompe l’unica grazia, Maria fa convergere tutti gli spiriti che in lei si aprono a Cristo e mediante Cristo al Santo Spirito di Dio in Tre Persone, che all’origine ricopre con la sua ombra Maria e dalla Pasqua e dalla Pentecoste inabita la Chiesa.

Questo, in sintesi, è il misterioso profondo "elemento mariano" nella Chiesa.

Bruno Simonetto
 

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La mariologia di Benedetto XVI
   

Dopo Giovanni Paolo II, il "grande Papa" del ‘Totus tuus’, la Provvidenza ci ha donato un altro "grande Papa", Benedetto XVI.

Vogliamo conoscere il suo pensiero teologico, la sua spiritualità – anche nella dimensione mariana, che già possiamo intuire non meno profonda ed autentica di quella del suo venerato Predecessore –, la sua vita di Pastore e, vorremmo dire già fin d’ora, di "Dottore della Chiesa".

Nell’art. delle pp. 11-13 proponiamo un primo ‘saggio’ della mariologia di Papa Ratzinger, attingendolo da uno dei suoi due libri sulla Madonna: Maria, Chiesa nascente [Ed. ‘San Paolo’, 1998], mentre ci riproponiamo di tornarci sopra con una serie di riflessioni, per apprendere la sua "catechesi mariana" in modo quanto più possibilmente completo. Intanto ci poniamo, con le sue parole, di fronte al "mistero Maria": "Il mistero di Maria significa che la Parola di Dio, cadendo in terra, ne assume l’humus: nella "terra" della Vergine Madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio".

Un pensiero di ‘teologia mariana’ che basta da solo a darci l’idea della sapienzialità profonda del nuovo Papa.

Papa Benedetto XVI tra la folla festante di Piazza San Pietro.
Papa Benedetto XVI tra la folla festante di Piazza San Pietro.

Due articoli ci parlano di "Maria, Mediatrice di tutte le grazie" [cfr. Maria, Mediatrice di Grazia, p. 3, e de Il senso teologico della mediazione di Maria, pp. 8-9], mentre continua la serie di riflessioni sull’Angelus [p. 7] e sull’Ave, Maria [pp. 20-22].

Dell’inserto sui Santuari delle singole Regioni italiane è la volta della Puglia [Un "ponte mariano" fra l’Oriente e l’Occidente]; e, tra quelli esteri, de Il Santuario mariano libanese "Nostra Signora di Balamand" [pp. 17-19], e della Madonna di Peñafrancia, nelle Filippine [cfr. Un popolo tutto di Maria nelle viscere dell’Asia., pp. 23-25].

Ci auguriamo così che, tra riflessioni di alta mariologia e conoscenze storico-geografiche della realtà mariana di cui i Santuari dedicati alla Vergine sono testimonianza viva, anche il mese d’inizio dell’estate sia segnato dalla presenza di Maria nelle nostre "giornate feriali".

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La mariologia di Benedetto XVI – 1

 
di BRUNO SIMONETTO

Maria, Chiesa nascente
   

"Il mistero di Maria: nella "terra" della Vergine Madre la Parola divenne uomo e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio".
  

"L'Osservatore Romano" ha pubblicato, in due fitte pagine [pp. 9-10] del num. del 24 Aprile scorso, un lungo elenco bibliografico degli scritti di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI: un centinaio di titoli, moltissimi dei quali tradotti in varie lingue e quasi tutti stampati in più edizioni. Vi sono temi di teologia, di escatologia e di soteriologia, di sacramentaria e di catechesi, di pastorale, di analisi di storia della Chiesa [particolarmente in riferimento al Concilio Vaticano II], di etica politica, ecc.

Due i libri di mariologia: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di SionLa devozione a Maria nella Chiesa, Milano 1979]; e "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Quest’ultimo volumetto [di 86 pagine, che da sole valgono un trattato completo di mariologia] ci consente di cogliere la centralità del pensiero sulla Madonna del Card. Ratzinger, certi che il nuovo Papa ne svilupperà i profondi contenuti nel suo Magistero pontificio.

"La Sapienza si è costruita una Casa" [Pr 9, 1] - Icona della Madre di Dio Kievskaja, "Rifugio di chi si è perduto" [sec. XIX].
"La Sapienza si è costruita una Casa" [Pr 9, 1] 
Icona della Madre di Dio Kievskaja, "Rifugio di chi si è perduto" [sec. XIX].

Ouverture

Quasi come ouverture dell’insegnamento mariano del Card. Joseph Ratzinger, valga il capitoletto introduttivo del libro citato, in cui l’illustre teologo commenta il passo di Isaia: "La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto" [Is 55, 10-11], legandolo al passo del Vangelo di Matteo [cfr. 6, 7-15] sul "Padre nostro" che Gesù ci ha insegnato.

"Quando il profeta Isaia faceva questa affermazione – scrive Joseph Ratzinger –, essa non era affatto la constatazione di una cosa tanto ovvia, ma piuttosto una contraddizione rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Infatti, questo brano appartiene sicuramente alla narrazione della passione di Israele, ove si legge che i richiami di Dio al suo popolo subiscono continui scacchi e che la sua Parola resta invariabilmente senza frutto, mentre Dio appare assiso sul palco della storia, ma non come vincitore […]. In effetti, la semina di Dio nel mondo non sembrava dare risultati. Per questo, l’oracolo [del Profeta], sebbene avvolto nell’oscurità, è un incoraggiamento per tutti coloro che non ostante tutto continuano a credere nella potenza di Dio, convinti che il mondo non è soltanto terreno arido in cui il seme non può trovare spazio, e certi che la terra non sarà solo e sempre una crosta superficiale dove i passeri beccano il seme che vi è caduto, portandoselo via [cfr. Mc 4, 1-9].

Per noi Cristiani, un’affermazione del genere suona come promessa di Gesù Cristo, grazie al quale la Parola di Dio è ora veramente penetrata nella terra ed il seme è divenuto pane per tutti noi: seme che porta frutto per i secoli; risposta feconda, in cui il disegno di Dio si è radicato in questo mondo in modo vivente".

Pieter Paul Rubens, Maternità di Maria ai piedi della Croce - Cattedrale di Anversa.
Pieter Paul Rubens, Maternità di Maria ai piedi della Croce – Cattedrale di Anversa.

Su questa constatazione di fede, Joseph Ratzinger fa una applicazione profondamente biblica alla figura di Maria: "È difficile rinvenire altrove il mistero di Cristo collegato a quello di Maria in forma tanto chiara e stretta come nella prospettiva di questa promessa: perché quando si afferma che la Parola – meglio: il seme – porta frutto, si vuol dire che esso non cade sulla terra per rimbalzare via, ma che penetra invece profondamente nel suolo per assorbirne la linfa e trasformarla in se stesso. Assimilata così la terra in sé, produce realmente qualcosa di nuovo, mutando la stessa terra in frutto. Il chicco non resta solo: ad esso appartiene il mistero materno della terra, allo stesso modo che a Cristo appartiene Maria, suolo santo della Chiesa, come bellamente la chiamano i Padri.

Il mistero di Maria significa appunto questo: che la Parola di Dio non rimane sola, ma assume in sé l’altro, l’humus della terra: nella "terra" della madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio".

Stabilendo un raccordo di riflessione – per la verità, per noi ‘profani’ apparentemente lontano anni luce! – tra il passo citato di Isaia e il brano del Vangelo di Matteo che ci riporta l’insegnamento di Gesù sulla preghiera [cfr. 6, 7-15], Ratzinger stesso annota: "Il Vangelo [di Matteo] sembra parlare di tutt’altro. Vi si dice del nostro modo di pregare, della forma corretta, dei giusti contenuti, dell’autentico atteggiamento interiore: dunque, non di quanto è Dio ad operare, ma di quanto spetta all’uomo fare nei confronti di lui. In realtà, le due letture sono interdipendenti; poiché si può dire che in questo Vangelo viene spiegato come è possibile agli uomini diventare un campo fertile per la Parola di Dio: essi lo possono divenire, preparando – per così dire – quegli elementi organici nei quali una vita può crescere e maturare. Raggiungono lo scopo vivendo essi stessi di tali elementi; trasformandosi cioè in essi, impregnati della Parola, in Parola. Inabissando la vita nella preghiera, e quindi in Dio".

Giacomo Parolini, La Presentazione di Gesù al Tempio e profezia di Simeone sulla spada che avrebbe trafitto l'anima della Vergine - Curia Arcivescovile, Ferrara.
Giacomo Parolini, La Presentazione di Gesù al Tempio
e profezia di Simeone sulla spada
che avrebbe trafitto l’anima della Vergine
– Curia Arcivescovile, Ferrara.

Chiave di lettura del mistero-Maria

Applicata alla Santa Vergine, tale riflessione diventa davvero una "chiave di lettura" del mistero-Maria.

"Questo [passo del] Vangelo – continua il Card. Joseph Ratzinger – s’accorda con l’introduzione al mistero mariano fatto da Luca, quando a più riprese dice di Maria che "custodiva" la Parola nel suo cuore [cfr. Lc 1, 29; 2, 19; 2, 51].

Maria ha, per così dire, radunato in sé gli elementi vitali d’Israele: in sé ha portato, pregando, la sofferenza e la grandezza di tale storia per convertirla in fertile terreno per il Dio vivente. Pregare – come ci dice il Vangelo [di Matteo] – significa indubbiamente molto di più che ripetere meccanicamente parole.

Essere terreno fertile per la Parola vuol dire essere una terra che si lascia penetrare dal seme e che al seme si assimila, rinunciando a se stessa per farlo germogliare. Ora, con la sua maternità, Maria ha trasfuso nel seme [della Parola] la sostanza di sé, corpo e anima, perché una nuova vita potesse germinare. La profezia di Simeone sulla spada che le avrebbe trafitto l’anima [cfr. Lc 2, 35] significa in realtà molto di più di un qualsiasi tormento, qualcosa di tanto più grande e profondo: Maria si mette a completa disposizione come suolo, come "terra fertile" che si lascia usare e consumare per venire trasformata in Colui che ha bisogno di noi per diventare frutto della terra".

Insistendo poi sul concetto della preghiera autentica [i Padri della Chiesa – annota Ratzinger – sostengono che "pregare non è altro che cambiarsi in desiderio struggente del Signore"], il grande teologo, oggi Papa Benedetto XVI, giunge alla formulazione di quella che ci sembra davvero essere la centralità della sua visione mariana.

Filippino Lippi, "…et prima Maria vidit", primizia della Redenzione - Monaco, Alte Pinakothek.
Filippino Lippi, "…et prima Maria vidit", primizia della Redenzione – Monaco, Alte Pinakothek.

"In Maria – scrive ancora – la vita diviene preghiera e la preghiera vita.

L’evangelista Giovanni ha meravigliosamente alluso a tale processo di trasformazione non chiamando mai Maria per nome nel suo Vangelo. Si riferisce a lei soltanto come alla Madre di Gesù [cfr. I. De la Potterie, "La mère de Jésus…", in Marianum 40 (1978), 41-90; specialmente la pag. 42]. Ella ha in un certo senso messo da parte quanto in lei era personale per essere unicamente a disposizione del Figlio; ed è in questo soltanto che Maria ha realizzato la sua personalità.

Penso che simile connessione tra il mistero di Cristo e quello di Maria, che i testi della Scrittura qui riferiti ci fanno meditare, sia di grande importanza nella nostra epoca di attivismo di cui la mentalità occidentale ha toccato le punte massime. Perché nel nostro modo di pensare vale ancora solo il principio dell’homo faber: fare, produrre, pianificare il mondo e semmai fabbricarlo di nuovo da sé, senza dover niente a nessuno, facendo affidamento solo sulle proprie forze. Non a caso, credo, con questa nostra mentalità maschilista ed efficientista abbiamo sempre di più separato Cristo dalla madre, senza renderci conto che Maria – in quanto sua madre –, potrebbe significare qualcosa [di assolutamente nuovo] per la teologia e per la fede".

E qui il teologo Ratzinger ci dà una grande lezione di ecclesiologia e mariologia insieme: "Tutto il nostro rapportarci alla Chiesa parte perciò da un modo errato di pensare. La consideriamo quasi come un ‘affare tecnico’ che intendiamo programmare con perspicacia e realizzare con un dispendio enorme di energie. E ci meravigliamo se poi succede quanto annota San Luigi M. Grignion de Montfort, in calce ad un detto del profeta Aggeo: "Voi vi date molto da fare, ma non ne vien fuori niente!" [cfr. Ag 1, 6].

Se il fare prende il sopravvento, divenendo autonomo, quelle cose che sono invece da farsi, perché vitali e da portare a maturazione, non potranno mai esistere. È perciò necessario uscire dalla prospettiva unilaterale propria dell’attivismo della nostra società occidentale per non degradare la Chiesa a un prodotto pianificato del nostro agire.

Proprio per questo la Chiesa, che è un seme vivente da Dio gettato nella terra, ha bisogno del mistero mariano; anzi, è essa stessa mistero di Maria.

Può esserci nella Chiesa fecondità solo se essa si sottomette a questo segno; solo se diventa, cioè, terra santa per la Parola. Dobbiamo accettare il simbolo del terreno fertile; dobbiamo diventare uomini e donne che sanno aspettare, raccolti nell’interiorità della propria anima, persone che nella profondità della preghiera, dell’anelito e della fede, danno spazio alla crescita del seme gettato nella terra".

Jacopo Zucchi, L'Esaltazione della Chiesa con Maria - Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.
Jacopo Zucchi, L’Esaltazione della Chiesa con Maria 
Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.

Una Chiesa "all’antica", cioè: mariana

"Il Card. Joseph Frings – ricorda infine Joseph Ratzinger, rifacendosi alla sua esperienza di giovane teologo presente al Concilio Vaticano II – ha affidato la Chiesa di Dio che è in Germania alla cura materna di Maria: a lei l’ha consacrata. Nel mezzo di un attivismo ovunque dilagante, egli l’ha voluta immettere nel solco dell’umile fruttificare per mezzo della Parola.

Durante il Concilio [Vaticano II], quando vennero a trovarsi di fronte il movimento liturgico, cristologico ed ecumenico da una parte, e quello mariano dall’altra, e le due parti rischiavano di porsi in alternativa l’una all’altra, il Card. Frings scongiurò i Padri con un forte appello a trovare un punto d’incontro.

Si oppose con vigore ad un’alternativa miope e frettolosa, come se la Chiesa si dovesse a quel punto decidere se diventare "moderna" [cioè: biblica, liturgica ed ecumenica], o restare invece "all’antica" [cioè: mariana]. Era infatti sua personale aspirazione unire le due tendenze, arricchendo la liturgia della profonda dolcezza della devozione a Maria, e aprendo quanto è mariano al grande respiro della tradizione liturgica.

Fu questo uno degli appelli più sentiti che egli rivolse ai Padri conciliari con la sua forte passione per la fede. Questo suo anelito è ora davanti a noi come un segnale, perché riconosciamo e accogliamo di nuovo il "mistero della terra [feconda]". E così la Parola porti frutto in noi".

[ndr: Il Card. Joseph Ratzinger riferisce al Card. Frings, Arcivescovo di Colonia, la paternità dell’appello rivolto ai Padri conciliari del Vaticano II. Ma siccome egli era allora il giovane sacerdote suo consulente teologo, non è lecito ritenere che sia stato proprio lui, Joseph Ratzinger, l’ispiratore di questo appello? Noi lo crediamo].

Bruno Simonetto

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 La mariologia di Benedetto XVI – 2

 
di BRUNO SIMONETTO

L’integrazione della mariologia nella teologia
   

Una concezione mariologica autentica rimarca il "nexus mysteriorum", l’intimo intrecciarsi dei misteri della Santa Vergine nel loro stretto legame con Cristo e la Chiesa.
  

Raccogliamo alcune "considerazioni" sulla collocazione della mariologia nel contesto del documento conciliare "Lumen gentium", traendole dal volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

In questa riflessione il Card. Ratzinger avverte che "non si può prescindere dalla situazione storica della Chiesa, quando si solleva la problematica sul significato della mariologia e della devozione alla Madonna in genere, così come è stata recepita dal Concilio Vaticano II."; perciò invita ad esaminare la questione delle affermazioni mariologiche del Concilio sullo sfondo dei movimenti che fino ad allora avevano segnato la vita spirituale della Chiesa: quello liturgico [con il rinnovamento benedettino che si ebbe in Europa, e soprattutto in Germania, tra le due Guerre Mondiali] e quello mariano [tra Lourdes e Fatima, con l’apice segnata dal dogma dell’Assunta del 1950].

"Al movimento liturgico – osserva Ratzinger – si unirono saldamente il movimento ecumenico e quello biblico, sì da formare un’unica grande corrente. Il rinnovamento della Chiesa, a partire dalle fonti scritturistiche e dalle antiche forme di preghiera ecclesiale [rinnovamento che costituiva lo scopo fondamentale di questi movimenti], ebbe una prima ratifica ufficiale ancora sotto il Pontificato di Pio XII, con le Encicliche sulla Chiesa e sulla Liturgia".

Maria, Madre della Chiesa e segno di unità - Affresco a Canosa Sannita [Chieti].
Maria, Madre della Chiesa e segno di unità – Affresco a Canosa Sannita [Chieti].

Doveva essere compito del Concilio Vaticano II "integrare" questi movimenti, riconducendoli a una feconda unità: "In questa faticosa ricerca – annota il Card. Ratzinger, testimone diretto delle varie "componenti teologiche" presenti al Concilio – si ebbe la famosa votazione del 29 Ottobre 1963, vero spartiacque spirituale: si era arrivati alla questione se la mariologia fosse da presentare in un testo a sé, oppure da integrare nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa [‘Lumen gentium’]". Prevalse la seconda opzione; ma di fatto si ebbe una spaccatura dei Padri conciliari: il gruppo espressione del movimento biblico-liturgico [con relativo ‘accorpamento’ del movimento mariano] prevalse di misura su quello che sosteneva una mariologia autonoma dalla trattazione teologico-ecclesiale: 1114 contro 1074.

Tuttavia – lo rileva ancora il Card. Ratzinger – "la nuova mariologia ecclesiocentrica era estranea, e tale è rimasta, proprio per quei Pari conciliari che davanti a tutti s’erano fatti portavoce della devozione mariana. Il vuoto che in tal modo si formò non poteva essere colmato neppure con l’introduzione del titolo "Madre della Chiesa" che Paolo VI propose consapevolmente alla fine del Concilio, in risposta alla crisi che si delineava. Di fatto, l’affermarsi della mariologia ecclesiocentrica portò momentaneamente al collasso la mariologia in quanto tale".

Postulati mariani

Stralciando [e riassumendo] alcune importanti considerazioni che il Card. Joseph Ratzinger propone, a partire da questa situazione evidenziata durante i lavori conciliari e, in qualche modo, successivamente raccolta da Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Marialis cultus [del 2 Febbraio 1974], troviamo enucleati alcuni postulati che ne derivano, espressi come segue da colui che sarebbe diventato Papa Benedetto XVI.

Madonna della Misericordia - Bassorilievo in legno intagliato policromo - Opera di Ignoto di fine sec. XVI.
Madonna della Misericordia – Bassorilievo in legno intagliato policromo – Opera di Ignoto di fine sec. XVI.

1] La funzione positiva della mariologia nella teologia

"[…] In riferimento al concetto di Chiesa, una mariologia rettamente intesa esercita una doppia funzione, di chiarimento e di approfondimento.

a] La Chiesa è più di un "popolo", più di una struttura e di un’attività: in essa vive il mistero della maternità e dell’amore sponsale che rende possibile tale maternità. Solo se ciò esiste è possibile una devozione alla Chiesa, l’amore per la Chiesa. Dove questa viene considerata solo di genere maschile, da un punto di vista strutturale o teoretico-istituzionale, lì è venuto a mancare ciò che è il suo proprio, quel centro attorno al quale si ruota sia nella Bibbia che nei Padri, allorché si parla della Chiesa [cfr. al riguardo la fondamentale esposizione di H. U. von Balthasar, nell’opera "Sponsa Verbi", Morcelliana, Brescia 1985, pp. 139-187].

b] […] Lo stesso mistero eucaristico-cristologico della Chiesa, che si annuncia nell’espressione "Corpo di Cristo", resta nelle sue giuste proporzioni soltanto se racchiude in sé il mistero mariano: quello di essere l’ancella in ascolto che, divenuta libera nella Grazia, pronuncia il suo "fiat" e così diventa ‘sposa e quindi corpo’.

[…] Solo grazie all’elemento mariano viene pienamente ristabilita la sfera affettiva della fede, e così conseguita la conformità umana alla realtà del Logos incarnato".

Cristo re di pace e Sposo della Chiesa - Min. bizantina, Vat. gr. 1162, fol 82v (sec. XII).
Cristo re di pace e Sposo della Chiesa – Min. bizantina, Vat. gr. 1162, fol 82v (sec. XII).

2] Il posto della mariologia nel complesso della teologia

"È inoppugnabile, invero, la scoperta storico-dogmatica che le affermazioni su Maria sono divenute necessarie innanzitutto a partire dalla cristologia, all’interno della cui struttura si sono sviluppate. Ma va aggiunto subito che tutto questo non costituì, né poteva costituire, una vera e propria mariologia; rimaneva invece un’esplicazione della cristologia.

Al tempo dei Padri [della Chiesa], invece, l’intera mariologia era delineata nell’ecclesiologia, senza comunque che venisse nominata la Madre del Signore: la Virgo Ecclesia, la Mater Ecclesia, la Ecclesia immaculata, l’Ecclesia assumpta. Tutto quanto più tardi diverrà mariologia, è stato pensato come ecclesiologia […].

La convergenza di questa ecclesiologia […] con le affermazioni su Maria precedentemente elaborate nella cristologia [convergenza che iniziò con San Bernardo di Chiaravalle], fece fiorire una mariologia come complesso a sé stante nella teologia. Per cui non la si può più subordinare né solo alla cristologia né solo all’ecclesiologia.

Il discorso sulla Vergine Maria rimarca piuttosto il "nexus mysteriorum", l’intimo intrecciarsi dei misteri nel loro reciproco essere-di-fronte come nella loro unità. Se lo stretto legame tra Cristo e la Chiesa è riscontrabile nelle coppie di concetti sposo-sposa, capo-corpo, si va ancora oltre in Maria, perché ella sta certamente in rapporto a Cristo anzitutto non come sposa, ma come madre. Si può intravedere qui la funzione del titolo "Madre della Chiesa"; esso esprime il superamento dell’ambito ecclesiologico nella dottrina mariana e contemporaneamente il loro mutuo rapporto […].

Ma se "Cristus et Ecclesia" costituiscono il fulcro ermeneutico della Scrittura concepita come storia della Salvezza – conclude il Card. Ratzinger –, allora e solo allora diviene definito il luogo in cui la maternità di Maria diventa teologicamente significativa come ultima concretizzazione personale della Chiesa: Maria, nel momento del suo "sì", è l’Israele in persona. È la Chiesa in persona e quale persona. Ella è certamente questa personalizzazione della Chiesa perché, a motivo del suo "fiat", è diventata la madre in carne e ossa del Signore […]. Possiamo quindi affermare che le asserzioni sulla maternità di Maria e quelle su quanto essa rappresenta nella Chiesa interagiscono tra loro come factum e mysterium facti. Le due cose sono inseparabili: il fatto senza significato sarebbe cieco; il senso senza il fatto sarebbe vuoto.

Ne deriva che la mariologia non può essere costruita sul semplice fatto [della maternità fisica di Maria], ma sul fatto interpretato con l’ermeneutica della fede. Perciò la mariologia non può mai essere puramente mariologica, perché essa si colloca nell’insieme unitario della struttura fondamentale di Cristo e Chiesa, come la più concreta espressione della loro connessione [cfr. I. de la Potterie, La mère de Jésus et la conception virginale du Fils de Dieu. Études de théologie johannique, in Marianum 40, 1978, 41-90, specialmente 45 e 89]".

Maria nel mistero della Chiesa - Min. bizantina, Vat. gr. 1162, fol 2v (sec. XII).
Maria nel mistero della Chiesa – Min. bizantina, Vat. gr. 1162, fol 2v (sec. XII).

3] Mariologia, antropologia e fede nella creazione

"Procedendo ancora più in profondità, risulterà che la mariologia esprime di per sé il nucleo di ciò che è la "storia della Salvezza", superando d’altro canto una pura e semplice concezione storico-salvifica.

Se essa viene riconosciuta come parte essenziale nell’ermeneutica della storia della Salvezza, ciò significa che ad un equivocabile "solus Christus" si contrapporrà la grandezza autentica della cristologia, la quale deve parlare di un solo Cristo, ma che è "capo e corpo", che abbraccia cioè la creazione redenta nella sua relativa autonomia. Allora però lo sguardo si allunga ad di là della storia della Salvezza, perché di fronte ad un’attività efficace unica di Dio si è indotti a tenere in conto la realtà della creatura, che è da Dio chiamata ad una risposta libera e ne è resa capace.

In mariologia diventa chiaro che la dottrina sulla Grazia non termina col ritiro della creazione ma, al contrario, è il "sì" definitivo alla creazione stessa: la mariologia diventa così garanzia dell’autonomia della creazione; garanzia della fede nella creazione e sigillo ad una dottrina sulla creazione rettamente intesa. Emergono, a questo punto, esigenze e compiti che sono stati finora appena sfiorati [nella nostra analisi].

a] Maria si presenta nel suo fedele essere-di-fronte all’appello di Dio come rappresentante della creazione da lui interpellata e della libertà della creatura che nell’amore non svanisce ma si realizza. È lei la rappresentante dell’uomo salvato e libero; ma proprio in quanto donna, cioè nella sua determinazione corporea: il ‘biologico’ e l’umano sono inseparabili, così come lo sono l’umano e il ‘teologico’ […].

E poiché la determinata caratterizzazione biologica dell’umano ha la sua realtà più evidente nella questione della maternità […], la conservazione della creazione è legata particolarmente proprio alla donna; e colei nella quale il ‘biologico’ è teologico’ – grazie alla divina maternità – è in modo particolare il punto di riferimento da cui ogni strada si diparte.

b] Alla stregua della maternità, la verginità di Maria è conferma dell’umanità del ‘biologico’, della totalità dell’uomo davanti a Dio e dell’inclusione del suo essere-uomo come maschio e femmina nell’escatologica esigenza e speranza della fede. Ora, non è un caso che la verginità […] venga primariamente formulata a partire dalla donna, considerata l’autentica ‘guardasigilli’ della creazione, e che trovi in lei la sua forma decisiva e completa, dall’uomo, in certo qual senso, solamente imitabile. [Sull’unità tra biologico, umano e teologico, cfr. I. de la Potterie, loc. cit., 897 ss; cfr. anche L. Bouyer, La Chiesa di Dio, Cittadella, Assisi 1971, capp. 11 ["La sposa e la fidanzata di Cristo"] e 12 ["Ecclesia Mater"] ]".

Le considerazioni fin qui svolte [nei tre "postulati mariani" dello studio del Card. Joseph Ratzinger, riassunti in modo sommario] permettono di chiarire la struttura della devozione alla Madonna, come la intende il grande teologo tedesco.

Ci torneremo sopra nei prossimi numeri delle rivista, mentre ci auguriamo che ulteriori sviluppi del prezioso magistero mariano, parlato e scritto, di Papa Benedetto XVI arricchiscano le nostre conoscenze mariologiche e accrescano la nostra devozione alla Madre di Dio.

Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 3

 
di BRUNO SIMONETTO

La struttura della devozione alla Madonna
   

Profondità teologica e fecondità spirituale nel pensiero del futuro Papa sulla natura e funzione della devozione mariana, dalla dimensione "incarnatoria" al "trascendimento escatologico" dell’Assunzione al Cielo di Maria.
  

Completiamo la riflessione sulle "considerazioni" in ordine alla collocazione della mariologia nel contesto del documento conciliare "Lumen gentium", contenute nel volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Ricordavamo nel num. scorso della rivista come in tali "considerazioni" il Card. Joseph Ratzinger avvertisse che "non si può prescindere dalla situazione storica della Chiesa, quando si solleva la problematica sul significato della mariologia e della devozione alla Madonna in genere, così come è stata recepita dal Concilio Vaticano II"; perciò invitava ad esaminare la questione delle affermazioni mariologiche del Concilio sullo sfondo dei Movimenti che fino ad allora avevano segnato la vita spirituale della Chiesa: quello liturgico [con il rinnovamento benedettino che si ebbe in Europa, e soprattutto in Germania, tra le due Guerre Mondiali] e quello mariano [tra Lourdes e Fatima, con l’apice segnata dal dogma dell’Assunta del 1950].

Bene. Il futuro Papa ritiene che le considerazioni in premessa "permettono di chiarire la struttura della devozione mariana", rilevando peraltro – con un’osservazione che può sembrare desueta – che "il posto tradizionale [di tale devozione] nella liturgia della Chiesa è l’Avvento e quindi, in genere, l’ambito delle feste relative al ciclo natalizio: la Candelora e l’Annunciazione".

Carlo Cignani, La Madonna del Rosario [part.] - Galleria degli Uffizi, Firenze.
Carlo Cignani, La Madonna del Rosario [part.] – Galleria degli Uffizi, Firenze.

Già questa osservazione rivela il senso storico-patristico con il quale Ratzinger si accosta al problema, in quanto le due feste da lui citate [la festa della Presentazione del Signore, il 2 Febbraio, e la solennità dell’Annunciazione del Signore, 25 Marzo] sono propriamente considerate nel nuovo Messale feste di Gesù Cristo; ma – in linea con la tradizione più antica – non perdono per questo il loro carattere mariano.

"Nella riflessione svolta – spiega il Card. Joseph Ratzinger –, abbiamo considerato caratteristico dell’elemento mariano il fatto che esso sia personalizzante [appartenga, cioè, alla Chiesa non come struttura, ma come persona e in persona], e sia incarnante [unità di bíos, persona e rapporto con Dio, autonomia della creatura nel suo essere-di-fronte-al-Creatore, del "corpo" di Cristo in relazione al Capo]; e che, partendo da entrambi gli aspetti comprenda la sfera del cuore, la sfera affettiva, e così renda stabile la fede nelle radici più profonde dell’essere-umano".

E qui entra in giuoco il tema dell’Avvento, come "punto di partenza" per definire una devozione autenticamente liturgico-mariana; perché con l’Avvento si va alle origini del mistero cristiano e, dunque, della figura e della funzione di Maria, Madre del Signore.

Le due caratteristiche dell’elemento mariano sopra ricordate ["personalizzante" e "incarnante"] rimandano all’Avvento come luogo liturgico dell’elemento mariano, e dall’Avvento stesso vengono a loro volta ulteriormente chiarite nel loro significato.

"La devozione mariana – continua Ratzinger – è "avventuale"; essa colma della gioia di un’attesa a breve scadenza, ed è collegata al motivo dell’Incarnazione donata e donantesi nella prossimità del Signore". E, a questo punto, il teologo-mariologo Joseph Ratzinger cita Ulrich Wickert, osservando come questi "molto bene rileva che Luca descrive Maria come colei che è due volte "avventuale": all’inizio del Vangelo, allorché aspetta la nascita del Figlio, e all’inizio degli Atti, allorché aspetta la nascita della Chiesa" [cfr. U. Wickert, Maria und die Kirche, in Theologie und Glaube 68, 1978, 384-407, cit.].

Murillo, La Vergine del Rosario [part.] - Museo del Prado, Madrid.
Murillo, La Vergine del Rosario [part.] – Museo del Prado, Madrid.

Incarnazione ed escatologia

"Nel processo di crescita [della devozione mariana] – continua Ratzinger – si è andato aggiungendo con sempre maggiore insistenza un altro momento. Certamente la devozione mariana è prima di tutto "incarnatoria", rivolta cioè al Signore che è venuto nel mondo: con essa impariamo a restare con Maria presso di Lui.

Ma la festa dell’Assunta in Cielo, che con il dogma del 1950 ha acquistato nuovo peso, valorizza anche il trascendimento escatologico dell’Incarnazione.

È proprio di Maria l’esperienza dell’esser rifiutati [cfr. Mc 3, 31-35; Gv 2, 4], un’esperienza che quando ella è "data via" ai piedi della Croce [cfr. Gv 19, 26] si fa compartecipazione a quel rifiuto che Gesù stesso dovette sperimentare nell’Orto degli Ulivi [cfr. Mc 14, 34] e sulla Croce [cfr. Mc 15, 34]. Soltanto in tale rifiuto può accadere il nuovo; soltanto con l’ "andar via" il ritorno può diventare evento [cfr. Gv 16, 7].

Così la devozione a Maria è necessariamente anche devozione alla Passione [di Cristo]. Nella profezia del vegliardo Simeone circa la spada che le trafiggerà il cuore [cfr. Lc 2, 35], Luca, fin dall’inizio, ha annodato insieme Incarnazione e Passione, i Misteri gaudiosi e quelli dolorosi. La Vergine Maria nel culto della Chiesa si manifesta in certo qual modo come la Veronica vivente, l’icona che ritrae Cristo nel cuore umano e ne riflette l’immagine, rendendola percettibile nella contemplazione del cuore.

Assunzione di Maria - Altare Maggiore dell'Abbazia benedettina di Rohr, Baviera.
Assunzione di Maria – Altare Maggiore dell’Abbazia benedettina di Rohr, Baviera.

Nella prospettiva della mater assumpta, [della Vergine-Madre assunta in Cielo], l’Avvento si estende fino all’escatologia; l’Incarnazione diventa la via che nella Croce non revoca il farsi-carne, ma lo valorizza fino in fondo.

In questo senso, l’estensione medioevale del culto a Maria oltre l’Avvento, nella totalità dei misteri della Salvezza, corrisponde senz’altro alla logica della fede biblica.

In conclusione, può essere individuato un triplice compito per un’educazione al culto mariano:

1] Si deve preservare quanto è propriamente mariano, perché esso si realizza nel suo rigoroso e costante rinvio al cristologico; e così, sia quello che questo possono essere ricondotti alla loro giusta forma.

2] La devozione mariana non deve ritirarsi su frazioni dell’elemento cristologico o addirittura ridurre questo ad aspetti parziali di sé; si deve invece aprire a tutta l’ampiezza del mysterium e diventare essa stessa via a tale estensione.

3] La devozione mariana si manterrà sempre nella tensione tra razionalità teologica e affettività credente. Ciò è nella sua essenza; e si tratta quindi di non lasciare atrofizzare nessuno dei due aspetti: non dimenticare nell’affettività il metro obiettivo della ratio, ma anche non soffocare nell’obiettività di una fede in ricerca il cuore che vede spesso più in là del semplice intelletto. Non per niente i Padri hanno preso Mt 5, 8 come base del loro insegnamento teologico sulla conoscenza: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio": l’organo per vedere Dio è il cuore purificato.

Potrebbe spettare alla devozione mariana operare il risveglio del cuore e la sua purificazione nella fede.

Se la disgrazia dell’uomo di oggi è sempre di più quella di cadere o nel puro bíos o nella pura razionalità, la devozione a Maria può agire in senso contrario a una simile "decomposizione" dell’umano e aiutare, partendo dal cuore, a ritrovare nel mezzo l’unità [dell’essere]".

Egid Quirin Asam, La Vergine Assunta in Cielo - Particolare dell'Altare Maggiore dell'Abbazia benedettina di Rohr, Baviera.
Egid Quirin Asam, La Vergine Assunta in Cielo – Particolare dell’Altare Maggiore
dell’Abbazia benedettina di Rohr, Baviera.

Profondità teologica e fecondità spirituale

Rileggendo a ritroso quanto abbiamo riportato nel num. scorso sui tre "postulati mariani" che il Card. Joseph Ratzinger proponeva, a partire dalla situazione evidenziata durante i lavori del Concilio Vaticano II e, in qualche modo, successivamente raccolta da Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Marialis cultus [del 2 Febbraio 1974], ci rendiamo meglio conto della profondità teologica – e della fecondità spirituale – della mariologia del futuro Papa Benedetto XVI.

In sintesi:

1] La funzione positiva della mariologia nella teologia in riferimento alla Chiesa: una mariologia rettamente intesa esercita una doppia funzione, di chiarimento e di approfondimento: a] nella Chiesa vive il mistero della maternità e dell’amore sponsale che rende possibile tale maternità. b] […] Lo stesso mistero eucaristico-cristologico della Chiesa, che si annuncia nell’espressione "Corpo di Cristo", resta nelle sue giuste proporzioni soltanto se racchiude in sé il mistero mariano: quello di essere l’ancella in ascolto che, divenuta libera nella Grazia, pronuncia il suo "fiat" e così diventa ‘sposa e quindi corpo’.

2] Il posto della mariologia nel complesso della teologia si evidenzia nel senso che il discorso sulla Vergine Maria rimarca il "nexus mysteriorum" […]. Se lo stretto legame tra Cristo e la Chiesa è riscontrabile nelle coppie di concetti sposo-sposa, capo-corpo, si va ancora oltre in Maria, perché ella sta certamente in rapporto a Cristo anzitutto non come sposa, ma come madre […]. Ma se "Cristus et Ecclesia" costituiscono il fulcro ermeneutico della Scrittura concepita come storia della Salvezza, allora e solo allora diviene definito il luogo in cui la maternità di Maria diventa teologicamente significativa come ultima concretizzazione personale della Chiesa: Maria, nel momento del suo "sì", è l’Israele in persona. È la Chiesa in persona e quale persona […]. Ne deriva che la mariologia non può essere costruita sul semplice fatto [della maternità fisica di Maria], ma sul fatto interpretato con l’ermeneutica della fede. Perciò la mariologia non può mai essere puramente mariologica, perché essa si colloca nell’insieme unitario della struttura fondamentale di Cristo e della Chiesa, come la più concreta espressione della loro connessione.

Pietro Cavallini, L'Albero di Jesse e la Vergine in gloria - Duomo di Napoli, Cappella Minutolo.
Pietro Cavallini, L’Albero di Jesse e la Vergine in gloria – Duomo di Napoli, Cappella Minutolo.

3] Mariologia, antropologia e fede nella creazione: a] Maria è la rappresentante dell’uomo salvato e libero; ma proprio in quanto donna, cioè nella sua determinazione corporea: il ‘biologico’ e l’umano sono inseparabili, così come lo sono l’umano e il ‘teologico’ […]. b] Alla stregua della maternità, la verginità di Maria è conferma dell’umanità del ‘biologico’, della totalità dell’uomo davanti a Dio: non è un caso che la verginità […] venga primariamente formulata a partire dalla donna, considerata l’autentica ‘guardasigilli’ della creazione, e che trovi in lei la sua forma decisiva e completa.

Tali sono la profondità teologica e la fecondità spirituale, nel pensiero del futuro Papa Benedetto XVI, circa la natura e la funzione della devozione alla Madonna, dalla dimensione "avventuale-incarnatoria" al "trascendimento escatologico" dell’Assunzione al Cielo della Vergine-Madre.

Bruno Simonetto
 

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La mariologia di Benedetto XVI – 4

 
di BRUNO SIMONETTO

Una devozione mariana biblica
   

Il ‘Vangelo dell’infanzia’ di Luca, insieme con il Magnificat di Maria, costituisce il fondamento essenziale della devozione cristiana verso la Madre del Signore.
  

Altre preziose riflessioni sulla mariologia del Card. Joseph Ratzinger, riprese dal suo volumetto sulla Madonna del 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998], ci vengono offerte nel cap. IV ["Tu sei la piena di grazia"], dove sono analizzati gli elementi essenziali per una devozione mariana fondata sulla Parola di Dio.

Il futuro Papa Benedetto XVI si sofferma anzitutto a commentare l’espressione del Magnificat: "…d’ora in poi, tutte le generazioni mi diranno beata" [Lc 1, 48].

"Questa parola della Madre di Gesù, che Luca ci ha tramandato – scrive – è insieme profezia e compito per la Chiesa di tutti i tempi. Questa frase del Magnificat, ripresa dall’ispirata preghiera di lode di Maria al Dio vivente, è uno dei fondamenti essenziali della devozione cristiana a Maria. La Chiesa non ha inventato nulla di nuovo, quando ha cominciato a magnificare la Santa Vergine; non è precipitata dalle altezze dell’adorazione all’unico vero Dio giù nella lode di un essere umano. Essa fa ciò che deve fare e di cui è stata incaricata fin dall’inizio. Quando Luca scrisse questo testo, si era già nella seconda generazione cristiana; e alla "generazione" dei Giudei si era aggiunta quella dei pagani, che erano divenuti Chiesa in Gesù Cristo. L’espressione "tutte le generazioni" cominciava a riempirsi di realtà storica. L’evangelista non avrebbe certo tramandato la profezia di Maria se essa gli fosse sembrata indifferente o superata. Nel suo Vangelo Luca voleva fissare "con cura [ciò che] i testimoni oculari e i servitori della Parola fin dall’inizio" [cfr. Lc 1, 2-3] avevano tramandato, per dare così sicure indicazioni alla fede della Cristianità che stava facendo il suo ingresso nella storia del mondo".

Bernardo Daddi, Madonna del 'Magnificat' - Roma, Musei Vaticani.
Bernardo Daddi, Madonna del ‘Magnificat’ – Roma, Musei Vaticani.

Come si vede, la preoccupazione ‘esegetica’ del Card. Ratzinger è fondamentale per stabilire l’autenticità della devozione verso la Madre del Signore, basata sulla Parola di Dio. Per questo, egli insiste nel rilevare come la formazione del culto alla Vergine abbia una solida giustificazione storico-esegetica: "La profezia di Maria – continua – apparteneva a questi elementi, che Luca aveva "con cura" rintracciato e riteneva sufficientemente importanti da tramandare come parte del Vangelo. Ciò presuppone che questa parola non era rimasta senza una corrispondenza nella vita della Comunità. I primi due capitoli del Vangelo di Luca lasciano intendere un ambiente di tradizione, nel quale la memoria della Vergine Maria era custodita e la Madre del Signore era amata e lodata".

Ma che cosa presuppongono – nell’analisi di Ratzinger – tali elementi? "Essi presuppongono intanto che il grido della donna sconosciuta del popolo ["Beata la donna che ti ha generato e allattato!", Lc 11, 27] non si era spento, ma aveva invece trovato una più pura e valida configurazione nella profonda comprensione che ne aveva dato in risposta Gesù ["Beati piuttosto quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica", Lc 1, 28].

Presuppongono pure che il saluto di Elisabetta ["Tu sei benedetta fra tutte le donne", Lc 1, 42] che l’evangelista Luca caratterizza come una parola pronunciata nello Spirito Santo [cfr. Lc 1, 41], non era rimasto un episodio isolato. La perdurante esaltazione di Maria, almeno in un filone della primitiva tradizione, è il presupposto dei racconti dell’infanzia lucani".

Ed ecco, perciò, l’affermazione impegnativa che ne deduce il Card. Ratzinger: "L’inserzione di questa parola nel Vangelo eleva la venerazione della Madre del Signore da semplice fatto a compito per la Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi".

Beato Angelico, "Ave, Maria, piena di grazia" - Museo Diocesano di Cortona.
Beato Angelico, "Ave, Maria, piena di grazia" – Museo Diocesano di Cortona.

Inesauribile ricchezza del Vangelo dell’infanzia

"La Chiesa – continua il Card. Joseph Ratzinger – trascura qualcosa di quella che è la sua missione, se non loda Maria. Essa si allontana dalla parola biblica, se in lei viene meno la venerazione della Madre di Gesù. Allora essa in realtà non onora più neppure Dio nel modo che gli si addice.

Noi conosciamo infatti Dio anzitutto attraverso la sua creazione [cfr. Rm 1, 20]. Conosciamo però Dio anche attraverso un’altra e più trasparente via, e cioè attraverso la storia che egli ha posto in atto con gli uomini […]. Il versetto del Magnificat ["…d’ora in poi, tutte le generazioni mi diranno beata", Lc 1, 48] ci mostra che Maria è uno di quegli esseri umani che appartengono in modo del tutto speciale al nome di Dio, a tal punto che noi non possiamo lodare Dio come si conviene, se lo lasciamo da parte. Perché, così facendo, trascureremmo qualcosa di lui che non può essere trascurato. Che cosa propriamente? La sua maternità, potremmo dire in una prima approssimazione, che si manifesta nella Madre del Figlio in modo più puro e diretto che in qualsiasi altro luogo. Ma, naturalmente, questa è un’indicazione ancora troppo generica.

Affinché possiamo lodare Maria come si conviene – e così onorare Dio nel modo giusto –, dobbiamo metterci in ascolto di tutto ciò che Scrittura e Tradizione ci dicono sulla Madre del Signore; e meditarlo nel nostro cuore. La ricchezza della dottrina mariana è, nel frattempo, grazie alla lode di "tutte le generazioni", divenuta quasi illimitata".

Ciò il Card. Ratzinger deduce dalla riflessione su alcune parole significative che San Luca, nell’inesauribile ricchezza della sua narrazione dell’infanzia di Gesù, consegna nelle nostre mani. Vediamolo in successive analisi e per sintesi.

A. Aquilio, L'Angelus e la salutazione a Maria della Chiesa di ogni tempo - Basilica di "Santa Maria sopra Minerva", Roma.
A. Aquilio, L’Angelus
e la salutazione a Maria della Chiesa di ogni tempo
– Basilica di "Santa Maria sopra Minerva", Roma.

Maria, la figlia di Sion

"Per Luca, nel saluto dell’Angelo a Maria ["Gioisci, o piena di grazia. Il Signore è con te", Lc 1, 28] si trova come in embrione la mariologia che Dio, attraverso il suo messaggero, l’Arcangelo Gabriele, voleva trasmettere a noi.

"Gioisci": letto sullo sfondo veterotestamentario, è l’annuncio della gioia messianica [cfr. Sof 3, 14; Gl 2, 21; Zc 9, 9; Lam 4, 21]. Sicché con questo saluto ha inizio in senso proprio il Vangelo, la cui prima parola è "gioia": la nuova gioia che ha origine da Dio, che irrompe nell’antica e infinita tristezza del mondo. Maria non viene perciò salutata semplicemente in qualche modo; il fatto che l’Angelo di Dio saluta lei e in lei l’Israele in attesa e l’umanità è un invito alla gioia del più profondo dell’essere.

E perché Maria dovrebbe gioire in modo così pieno? Perché "il Signore è con te". Per comprendere il senso di questo annuncio, dobbiamo ritornare ancora una volta ai testi veterotestamentari che fanno da sfondo, specialmente a Sofonia. Essi contengono sempre una doppia promessa per Israele, la figlia di Sion: Dio verrà come Salvatore e abiterà in lei. Il dialogo dell’Angelo con Maria riprende questa promessa e la porta a compimento in una duplice concretizzazione. Ciò che è detto nella profezia della figlia di Sion, vale ora per Maria: ella viene equiparata alla figlia di Sion, è la figlia di Sion in persona. Parallelamente Gesù, che Maria partorirà, viene equiparato al Dio vivente. La venuta di Gesù è la venuta dell’inabitazione di Dio stesso […].

Il saluto dell’Angelo – lo strumento di comunicazione della mariologia non ideato dall’uomo – ci ha condotti ai suoi fondamenti teologici. Maria è identificata con la figlia di Sion, con il popolo di Dio nella sua dimensione sponsale. Tutto ciò che sull’"ecclesia" viene detto nella Bibbia, vale anche per lei, e viceversa: ciò che la Chiesa è e deve essere, lo viene a conoscere concretamente guardando a Maria. Essa è lo specchio, la misura perfetta del suo essere, perché essa è totalmente su misura di Cristo e di Dio, da lui "totalmente abitata".

E per cos’altro dovrebbe esserci la Chiesa se non per questo: per divenire l’abitazione di Dio nel mondo? […].

L’identificazione tipologica fra Maria e Sion conduce a una grande profondità. Questa forma di legame fra l’Antico e il Nuovo Testamento è molto di più di un’interessante composizione storica, con la quale l’evangelista Luca collega promessa e adempimento e comprende l’antica Alleanza alla luce dell’evento di Cristo. Maria è Sion in persona; e ciò significa: ella vive tutto quello che con "Sion" si intende. Ella vive in modo da essere permeabile, "abitabile" da Dio: vive in modo da essere "luogo" per Dio; vive nella dimensione comune della storia sacra, che riguarda non un’esistenza singola ma tutto il vero Israele […]".

Raffigurazione dell' "Ave, Maria" - Stampa popolare francese [sec. XIX].
Raffigurazione dell’ "Ave, Maria" – Stampa popolare francese [sec. XIX].

Maria madre dei credenti

"Ritorniamo ancora al saluto dell’Angelo. Maria viene chiamata "la piena di grazia". Ora, nel testo greco, la parola grazia [= charis] ha la stessa radice della parola gioia [= chara]. Si manifesta così in altro modo, ancora una volta, la stessa correlazione che abbiamo incontrato nel confronto con l’Antico Testamento. La gioia viene dalla grazia, perché la grazia è gioia. E la grazia è un concetto relazionale: non esprime qualcosa della proprietà di un soggetto, ma qualcosa che indica relazione tra un io ed un tu: tra Dio e l’uomo. Perciò, il "tu sei piena di grazia" può essere meglio tradotto con l’espressione: "Tu sei piena di Spirito Santo. Tu sei in relazione vitale con Dio".

Luca ha illustrato questa situazione esistenziale della Santa Vergine anche a partire da un altro ambito tematico: con il suo modo delicato, attraverso una serie di allusioni, propone nel racconto dell’Annunciazione un parallelo fra Abramo, il padre dei credenti, e Maria, la madre dei credenti".

Partendo dall’affermazione che "essere nella grazia" significa "essere credente", e dopo avere disquisito sulla fede [e sull’oscurità della fede], il Card. Joseph Ratzinger stabilisce il raffronto Abramo – Maria nei termini seguenti:

"[…] Il parallelo fra Maria e Abramo ha inizio nella gioia della promessa del figlio, ma procede fino all’ora oscura della salita al Monte Moria, cioè fino alla crocifissione di Cristo e poi certamente anche fino alla miracolosa liberazione di Isacco, fino alla risurrezione di Gesù Cristo.

Abramo "padre nella fede": con questo titolo è designato il ruolo unico del patriarca nella religione d’Israele e nella fede della Chiesa. Ma non è meraviglioso che – senza nulla togliere al ruolo di Abramo – ora, per il nuovo popolo dell’Alleanza stia all’inizio una "madre dei credenti"; che dalla sua pura e alta figura la nostra fede accolga continuamente il suo modello e l’indicazione del cammino di fede da percorrere?".

Queste sono altre profondità teologiche e fecondità spirituali dell’insegnamento del futuro Papa Benedetto XVI, fondate sui presupposti biblici della devozione mariana, a partire dal Magnificat e dalla narrazione lucana dell’Annuncio dell’Angelo Gabriele.

Ne incontreremo altre ancora, continuando il discorso alla prossima puntata.

Bruno Simonetto
 

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La mariologia di Benedetto XVI – 5

 
di BRUNO SIMONETTO

"Et incarnatus est […] ex Maria Virgine"
   

Nell’articolo del ‘Credo’ sta il cuore della nostra fede: il mistero del Natale e tutto il mistero della Vergine-Madre.
  

Particolarmente significativa [nella celebrazione della Madonna del Natale] è la riflessione sull’articolo del ‘Credo’ "Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine…" che il Card. Joseph Ratzinger propone nel prezioso volumetto "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Riflessione che ci viene offerta nel cap. V [da pag. 69 a pag. 81] e che qui cerchiamo di riassumere nei suoi passaggi essenziali.

"Il centro di tutte le nostre confessioni di fede – scrive J. Ratzinger – è il "sì" a Gesù Cristo: "Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". A questa frase ci inginocchiamo, perché a questo punto il Cielo, il velo del nascondimento di Dio, viene strappato ed il mistero ci tocca con immediatezza. Il Dio lontano diventa il nostro Dio, l’Emmanuele - "Dio con noi".

Maestro Francke, Natività di Gesù - Amburgo, Kunsthalle.
Maestro Francke, Natività di Gesù – Amburgo, Kunsthalle.

Grammatica e contenuto di questo articolo di fede

"Se esaminiamo l’espressione ["…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo"] nella sua struttura grammaticale – analizza molto finemente il teologo-mariologo Ratzinger – si vede che essa include quattro soggetti. Espressamente vengono nominati lo Spirito Santo e la Vergine Maria. Ma poi vi è anche il soggetto sottinteso: "Egli": pronome personale chiamato prima con diversi nomi [Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, Dio vero da Dio vero […], della stessa sostanza del Padre]. Così, in questo "Egli" – da lui inseparabile – è incluso un altro Io: il Padre, con il quale è la stessa sostanza, così che può dirsi "Dio da Dio"…

Tutto ciò significa che il primo e vero soggetto di questa frase – come era inevitabilmente da attendersi, dopo quanto detto in precedenza – è Dio; ma Dio nella Trinità dei soggetti: Padre, Figlio e Spirito Santo. La "drammaticità" dell’espressione sta però nel fatto che non formula un’affermazione sull’essere eterno di Dio, ma un’affermazione "di azione", che ad un più attento esame si rivela persino come un’affermazione "di passione", come un passivo.

Ebbene, a questa affermazione "di azione" [alla quale hanno preso parte le tre Persone divine, ciascuna a suo modo] appartiene l’espressione "ex Maria Virgine"; anzi, da qui dipende la "drammaticità" del tutto. Infatti, senza Maria l’ingresso di Dio nella storia non giungerebbe al suo fine, quindi non sarebbe raggiunto proprio quello che ha importanza nella confessione di fede che Dio è un "Dio con noi", e non solo un Dio in se stesso e per se stesso.

Così la donna che designò se stessa come umile, cioè come "donna anonima" [cfr. Lc 1, 48] – puntualizza Ratzinger – è collocata nel punto centrale della confessione nel Dio vivente, nel Dio che opera. La Parola diventa carne, l’eterno fondamentale significato del mondo entra in esso: Dio non lo guarda solo dall’esterno, ma diventa Egli stesso un soggetto che agisce nel mondo.

[…] Il "mondo" nel quale il Figlio di Dio viene, la "carne" che egli assume, non è un luogo qualsiasi o una cosa qualsiasi: questo mondo, questa carne è una persona umana.

La Lettera agli Ebrei, a partire dai Salmi, ha interpretato il processo dell’Incarnazione come un vero dialogo intradivino: "Un corpo mi hai preparato", dice il Figlio al Padre. Ma questa preparazione del corpo avviene nella misura in cui anche Maria dice: "Sacrificio ed offerta non hai voluto, un corpo tu mi hai preparato […]. Eccomi, io vengo a fare la tua volontà" [cfr. Eb 10, 5; Sal 39/40, 6-8]. Perché il corpo viene preparato al Figlio nel momento in cui Maria si consegna totalmente alla volontà del Padre, e così si rende disponibile il suo corpo come "tenda" dello Spirito Santo".

Beato Angelico, Natale - Museo San Marco, Firenze.
Beato Angelico, Natale – Museo San Marco, Firenze.

Lo sfondo biblico dell’espressione

Sempre con la preoccupazione di "scoprire" ciò che veramente la Scrittura lascia intendere della Vergine Maria, il Card. Joseph Ratzinger si addentra ancora più in profondità nell’analisi esegetica dell’espressione "…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

"Per comprendere in tutta la sua profondità la frase centrale della professione di fede [nel mistero dell’Incarnazione] – scrive il futuro Papa Benedetto XVI – dobbiamo risalire, oltre il Credo, alla sua fonte: la Sacra Scrittura.

[Tale] professione di fede, ad un più attento esame, si rivela su questo punto come una sintesi delle tre grandi testimonianze bibliche dell’Incarnazione del Figlio: Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38; Gv 1, 13ss. Cerchiamo – pur senza la pretesa di entrare in un’interpretazione analitica di questi testi – di cogliere qualcosa del loro particolare contributo alla comprensione dell’Incarnazione di Dio.

A] Mt 1, 18-25

[…] Proprio perché Matteo, che scrive per l’ambiente giudaico e giudeo-cristiano, ha la preoccupazione di mettere in luce la continuità fra l’Antica e la Nuova Alleanza […], vuole mostrare la correlazione fra promessa ed adempimento, facendo emergere accanto alla figura di Giuseppe la figura della Vergine Maria.

Per Matteo, con la nascita di Gesù dalla Vergine Maria il velo [della profezia di Isaia al dubbioso Acaz: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio…", Is 7, 14] viene sollevato. Questo segno ora è dato; e poiché Dio - l’Emmanuele è ora con noi, sono di essenziale importanza anche i portatori umani della promessa: Giuseppe e Maria. Giuseppe rappresenta la fedeltà di Dio nei confronti di Israele, Maria invece la speranza dell’umanità, poiché per mezzo di lei ["ex Maria Virgine"] il Figlio di Dio è divenuto davvero uno di noi.

Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] - Galleria Uffizi, Firenze.
Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] – Galleria Uffizi, Firenze.

B] Lc 1, 26-38

Il testo in esame è la pericope lucana dell’annuncio della nascita di Gesù da parte dell’Arcangelo Gabriele [Lc 1, 26-38].

Luca lascia trasparire nelle parole dell’Angelo il mistero trinitario e dà così all’evento quel centro teologico a cui fa riferimento tutta la storia della Salvezza, anche nella professione di fede […]. Per la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria, Luca usa qui la parola "adombrare" [cfr. v. 35]. Egli allude in tal modo al racconto veterotestamentario della nube santa che, fermandosi sulla tenda del convegno, indicava la presenza di Dio. Così Maria è caratterizzata come la nuova tenda santa, la vivente Arca dell’Alleanza. Il suo "sì" diventa luogo dell’incontro, nel quale Dio riceve una dimora nel mondo […].

Ma va sottolineato, di questo racconto lucano dell’Annunciazione, un altro punto: Dio richiede il "sì" dell’uomo, interlocutore libero del suo Creatore. Ciò vuol dire – addirittura – che, senza la libera adesione di Maria, Dio non può diventare uomo; anche se il "sì" della Vergine Maria è pura grazia, poiché nell’Immacolata c’è, fin dal primo istante del suo concepimento e proprio in vista della sua divina maternità, la pienezza della grazia".

C] Gv 1, 13ss

Il Card. Joseph Ratzinger, a questo punto, analizza con particolare cura esegetica il Prologo del Vangelo di Giovanni [1, 13ss], sul quale poggia la nostra professione di fede: "La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi" [Gv 1, 14].

Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e, sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste - Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.
Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e,
sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste
– Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.

Rileva quindi, per cenni, tre concetti:

1] "Il Logos diventa carne: e noi siamo così abituati a questa espressione che non ci colpisce più l’inaudita sintesi divina di ciò che in apparenza era totalmente separato. Qui si trova la vera novità cristiana […], qualcosa di assolutamente nuovo e impensabile, nel quale possiamo entrare nella fede e solo nella fede, aprendoci a orizzonti completamente nuovi del pensare e del vivere. Il riferimento al Logos che diventa carne [sarx], per Giovanni prelude al cap. VI del suo Vangelo: "Il pane che io darò [cioè il Logos, che è il vero nutrimento dell’uomo] è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51). E con il riferimento alla carne è già espresso allo stesso tempo il dono di Lui fino al sacrificio, il mistero della Croce e il mistero del Sacramento pasquale che ne deriva.

2] La seconda indicazione viene dal fatto che Giovanni parla della dimora di Dio [in mezzo a noi] come conseguenza e scopo dell’Incarnazione, adoperando il termine "tenda", rinviando così alla "tenda" del convegno veterotestamentario, alla shekinà, alla teologia del Tempio che trova il suo adempimento nel Logos che si è fatto carne: Gesù è la vera shekinà.

3] Infine, dobbiamo gettare uno sguardo sul versetto 13: "A tutti coloro che credono nel suo nome, che non per nascita naturale, né per volontà di un uomo, ma da Dio sono nati…".

La generazione verginale di Gesù è orientata ad assumere noi credenti, come a darci una nuova generazione. Così, come nel versetto 14 ["La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi"] il riferimento all’Incarnazione del Logos prelude al capitolo eucaristico del Vangelo, qui è evidente l’anticipazione del colloquio di Gesù con Nicodemo, dove il Signore ricorda al fariseo la necessità di una generazione "da acqua e Spirito" [cfr. Gv 3, 5].

Nel contesto di questi tre passi evangelici, la Vergine-Madre si trova così al centro dell’evento redentivo. Essa garantisce con tutto il suo essere per la novità che Dio ha operato. E solo in quanto la sua storia è vera e sta all’inizio [della Salvezza], vale ciò che Paolo scrive: "Se dunque qualcuno è in Cristo, allora egli è una nuova creatura" [Cor 5, 17].

Francesco Naselli, Adorazione dei pastori - Pinacoteca Civica, Cento.
Francesco Naselli, Adorazione dei pastori – Pinacoteca Civica, Cento.

Le orme di Dio

"Dunque – riprende Joseph Ratzinger, concludendo la sua analisi del passo del ‘Credo’ –, il "sì" di Maria apre a Dio lo spazio dove piantare la tenda in mezzo agli uomini. La Vergine-Madre diviene per lui tenda; e così ella è l’inizio della santa Chiesa, che a sua volta è anticipo della nuova Gerusalemme, nella quale non vi è più alcun tempio, perché Dio stesso dimora in essa.

La fede in Cristo che professiamo nel ‘Credo’ è quindi una spiritualizzazione ed una purificazione di tutto quanto la storia delle religioni aveva detto e sperato sulla presenza di Dio nel mondo. Ma è allo stesso tempo anche una corporeizzazione ed una concretizzazione che va al di là di ogni attesa sull’essere di Dio con gli uomini. "Dio è nella carne": proprio questo legame indissolubile di Dio con la sua creatura costituisce il centro della fede cristiana […].

Lasciandoci toccare dalla concretezza dell’agire divino, ne scopriamo così le orme nella storia del mondo, per proclamare con sempre rinnovata gratitudine e consapevolezza: "[Gesù, il Figlio di Dio] si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

È questo il mistero del Natale; ed è tutto il mistero della Vergine-Madre".

Bruno Simonetto
 

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La mariologia di Benedetto XVI – 6

 
di BRUNO SIMONETTO

Il segno della Donna
   

Aspetti metodologici dell’Enciclica "Redemptoris Mater" e punti focali alla cui luce è illustrata la figura di Maria, nell’analisi del Card. Joseph Ratzinger.
 

Nel cap. III del volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998, ora rieditato] troviamo un’interessantissima Introduzione all’Enciclica di Giovanni Paolo II "Redemptoris Mater" [del 25 Marzo 1987].

Come ricordiamo, è l’Enciclica con la quale il Servo di Dio Papa Wojtyła indiceva l’Anno Mariano [con inizio nella Solennità di Pentecoste del 1987], in preparazione al Giubileo del Duemila, "non solo per rammentare che Maria ha preceduto l’ingresso di Cristo Signore nella storia dell’umanità, ma per sottolineare altresì, alla luce di Maria, che sin dal compimento del mistero dell’Incarnazione la storia dell’umanità è entrata nella "pienezza del tempo" e che la Chiesa è il segno di questa pienezza" [cfr. RM, 49].

L’Anno Mariano sarebbe terminato l’anno successivo, "nella Solennità dell’Assunzione della Santissima Vergine al Cielo, per mettere in risalto ‘il segno grandioso nel Cielo’ di cui parla l’Apocalisse. In questo modo – spiegava Papa Giovanni Paolo II – vogliamo anche adempiere l’esortazione del Concilio [Vaticano II], che guarda a Maria come a ‘segno di sicura speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio’ " [cfr. ibid. 50].

L’Introduzione-commento del Card. Joseph Ratzinger arricchisce notevolmente la lettura di questa Enciclica, prima parlando degli aspetti metodologici che la caratterizzano, poi indicandone i quattro punti focali alla cui luce è illustrata la figura di Maria.

Riservando ad un secondo articolo quest’ultimo aspetto, vogliamo qui riprendere in sintesi quale sia – secondo il Card. Ratzinger – la corretta metodologia per la comprensione della "Redemptoris Mater".

Visione di Maria - s. ntdk 17816, Germania.
Visione di Maria – s. ntdk 17816, Germania.

Il rischio di una lettura femminista dell’Enciclica

Il futuro Papa Benedetto XVI introduce il discorso paventando qualche rischio: "Un’enciclica mariana, un Anno Mariano – scrive senza mezzi termini – suscitano in genere poco entusiasmo nel Cattolicesimo tedesco. Si teme possano appesantire il clima ecumenico; si paventa il pericolo di una pietà troppo emozionale, incapace di reggere di fronte a criteri teologici rigorosi.

La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i "teologi della liberazione" si richiamano al "Magnificat" che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il "Magnificat" diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti".

Sembra che sia specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: "La lettura femminista della Bibbia – analizza – vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un Cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia".

Proprio per questo – "al fine di rendere più accessibile e comprensibile il documento papale e per facilitarne la lettura", come egli precisa – il Card. Ratzinger comincia con alcune considerazioni che ne mettono in luce il modo di procedere, riservando una seconda parte del suo intervento alla focalizzazione dei contenuti principali dell’Enciclica.

Pascalis Via Matris: Maria presenta l’umanità a Cristo Crocifisso - Miniatura medioevale del Cantico dei Cantici, Biblioteca di Bamberga.
Pascalis Via Matris: Maria presenta l’umanità a Cristo Crocifisso -
Miniatura medioevale del Cantico dei Cantici, Biblioteca di Bamberga.

Aspetti metodologici della "Redemptoris Mater"

1.  Leggere la Bibbia come un tutto

"L’Enciclica si presenta in molte parti come una meditazione biblica. Presuppone [perciò] l’interpretazione storico-critica della Bibbia e fa da parte sua il passo successivo, quello d’una interpretazione propriamente teologica".

La regola fondamentale in materia – ricorda il Card. Ratzinger – si trova nel cap. III della Costituzione conciliare "Dei Verbum": "… per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede" [DV, 12].

Ne deriva, che "spiegare teologicamente la Scrittura significa non ascoltare solo gli Autori storici collaterali e antitetici, ma cercare l’unica voce del tutto, l’identità interiore [del testo] che sorregge e unisce tale tutto". E questo vuol dire che l’interpretazione teologica della Parola di Dio supera il metodo storicistico; e che, in fondo, "la Scrittura è interpretata mediante la Scrittura, perché la Scrittura spiega se stessa".

Un secondo principio della "lettura unitaria" della Scrittura comporta il fatto di leggerla come una realtà presente, una ricerca di ciò che è vero. Credere questo fatto costituisce l’essenza dell’esegesi teologica.

"Il Papa [nell’Enciclica "Redemptoris Mater"] – sottolinea il Card. Ratzinger – parla con la Bibbia in questo atteggiamento: egli prende le sue parole così come esse risultano dal suo significato totale, come verità, come informazione su ciò che Dio e l’uomo sono realmente".

Ugolino da Belluno, Vergine dell’Accoglienza – Chiesa parr. Di Andora (Savona).
Ugolino da Belluno, Vergine dell’Accoglienza – Chiesa parr. Di Andora (Savona).

2. La linea femminile nella Bibbia

È importante leggere tutta la Bibbia. "Allora – spiega Joseph Ratzinger – si vede come nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo ai Patriarchi e al Servo di Jhawè, corre la linea che va da Eva alle donne dei Patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia: un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia non concluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione dell’"ecclesia" diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile con il mistero cristologico".

E qui arriva l’affondo del teologo Ratzinger: "La scomparsa di Maria e dell’ "ecclesia" in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità […]. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento".

Applicando questi princìpi alla "Redemptoris Mater", Ratzinger osserva: "A mio giudizio, l’importanza e l’attualità dell’Enciclica consistono non da ultimo sul fatto che essa ci guida a riscoprire la linea femminile nella Bibbia, con il suo specifico contenuto salvifico, e a imparare che né la cristologia elimina il femminile o lo riduce a una realtà insignificante, né, viceversa, il riconoscimento del femminile pregiudica la cristologia. Solo nella loro giusta relazione e unione si manifesta la verità su Dio e su noi stessi".

Madre di Dio della Passione - Icona del sec. XIX [Coll. privata, Italia].
Madre di Dio della Passione – Icona del sec. XIX [Coll. privata, Italia].

3. Una mariologia storico-dinamica

Il terzo elemento di analisi della struttura che caratterizza l’Enciclica mariana di Giovani Paolo II, il Card. Joseph Ratzinger lo espone in un rilievo terminologico.

"Il pensiero mariologico del secolo XIX e del secolo XX – spiega – mirava soprattutto a illustrare i privilegi della Madre di Dio, che furono riassunti nei suoi grandi titoli. Messa al sicuro l’Assunta con il dogma dell’assunzione corporea di Maria in Cielo, balzò in primo piano la controversia sul titolo di "Mediatrice" [Mediatrix] e di "Corredentrice" [Corredemptrix]. Nell’Enciclica, per quel che mi consta, il titolo di "Corredentrice" non compare; quello di "Mediatrice" lo incontriamo solo molto raramente, piuttosto ai margini e in citazioni. Tutto l’accento viene invece a cadere sul termine "mediazione", sull’azione, sulla missione storica; l’essere diventa visibile solo mediante la missione, mediante l’azione storica.

Questo spostamento terminologico – continua Ratzinger – ci permette di cogliere la nuova impostazione della mariologia scelta dal Papa: non si tratta di illustrare davanti alla nostra contemplazione stupita misteri statici, ma di capire la dinamica storica della Salvezza, che ci coinvolge e ci addita il nostro posto nella storia, elargendoci doni e ponendoci esigenze. Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei Cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi persona agente […]. Dal fatto che ella ci precede e ci indica il cammino che ci sta davanti, risulta poi naturalmente chiaro chi ella è e chi siamo noi, tuttavia solo se prendiamo atto del senso dinamico della sua figura".

Continueremo il discorso nei prossimi numeri della rivista, soffermandoci ad osservare anzitutto come in questo modo la mariologia diventa teologia della storia e imperativo ad agire, convinti sempre più che la presentazione-commento che il Card. Joseph Ratzinger fa della "Redemptoris Mater" è lezione alta di catechesi mariana.

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 7

 
di BRUNO SIMONETTO

Il "segno della Donna" nella storia dell’uomo
   

Rileggiamo i punti focali alla cui luce, nell’enciclica "Redemptoris Mater", è illustrata la figura di Maria, secondo l’analisi del Card. Joseph Ratzinger.
 

Nel numero della rivista dello scorso mese di Gennaio abbiamo aperto il discorso sul commento del Card. Joseph Ratzinger all’enciclica "Redemptoris Mater" di Giovanni Paolo II, parlando degli aspetti metodologici che la caratterizzano e riservandoci di indicare successivamente i punti focali alla cui luce nell’enciclica è illustrata la figura di Maria. Tutto questo è contenuto ancora nel cap. III del volumetto sulla Madonna, scritto dal futuro Papa Benedetto XVI nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998, rieditato di recente]. I principali "punti focali" dell’enciclica – nell’analisi del Card. Ratzinger – sono:

1 – Maria, la credente

2 – Il segno della Donna

3 – La mediazione di Maria.

Vediamoli singolarmente.

"La Sapienza si è costruita una Casa" [Pr 9, 1] - Icona della Madre di Dio Kievskaja, "Rifugio di chi si è perduto" [sec. XIX].
"La Sapienza si è costruita una Casa" [Pr 9, 1] – 
Icona della Madre di Dio Kievskaja, "Rifugio di chi si è perduto" [sec. XIX].

Maria, la credente

"L’atteggiamento centrale, alla cui luce la figura di Maria è illustrata nell’enciclica – attacca deciso il Card. Joseph Ratzinger – si chiama fede. Se Gesù è il Verbo incarnato e parla attingendo alla profondità della sua unità col Padre, l’essenza e il cammino di Maria sono caratterizzati in maniera decisiva dal fatto che ella è credente. "Beata colei che ha creduto": questa acclamazione rivolta da Elisabetta a Maria [Lc 1, 45] diventa la parola chiave della mariologia. Maria è così inserita nella lode dei grandi credenti della storia, con cui il cap. 11 della Lettera agli Ebrei ha assegnato il suo luogo teologico alla memoria dei testimoni. Tale luogo biblico fondamentale non viene più abbandonato nel corso di tutta l’enciclica e va tenuto sempre presente per capirla bene.

L’enciclica diventa così anche una catechesi sulla fede, sul rapporto fondamentale dell’uomo con Dio. Il Papa vede l’atteggiamento di Maria in unione con la figura di Abramo: come la fede di Abramo divenne l’inizio dell’Antica Alleanza, così la fede di Maria inaugura nella scena dell’Annunciazione la Nuova Alleanza. La fede è nel suo caso, come nel caso di Abramo, un confidare in Dio e un obbedire a Dio, anche lungo un cammino oscuro. Essa è un lasciarsi cadere, un arrendersi e un affidarsi alla verità, a Dio. Così diventa, nella penombra delle vie imperscrutabili di Dio, una conformazione a lui [cfr. RM, 14].

Di questo primo "punto focale" dell’enciclica Ratziger sottolinea due aspetti:

a] "Il carattere di croce della fede, che Abramo dovette sperimentare in maniera tanto radicale, si manifesta per Maria nell’incontro con il vegliardo Simeone, e quindi nella perdita e nel ritrovamento di Gesù dodicenne. Il Papa sottolinea con forza le parole dell’evangelista: "Ma essi non compresero le sue parole" [Lc 2, 48-50; cfr. n. 17]. Pur nella vicinanza più intima a Gesù il mistero rimane mistero; e tocca anche Maria, non diversamente che nella fede.

b] La meditazione sulla fede di Maria trova il suo punto culminante e la sua sintesi nell’interpretazione della presenza di Maria sotto la Croce. In qualità di credente ella conserva fedelmente e medita nel suo cuore le parole udite [cfr. Lc 1, 29; 2, 19.51]. Ma sotto la Croce la promessa: "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre […] e il suo regno non avrà fine" [cfr. Lc 1, 32-35] sembra definitivamente smentita. La fede entra nella sua kénosi più profonda, sta nell’oscurità totale. Ma appunto così essa è partecipazione piena allo spogliamento [cfr. Fil 2, 5-8] di Gesù. La fede – Abramo ce lo insegna – è comunione con la Croce. E pertanto essa diventa piena solo sulla Croce".

Jacopo Zucchi, L'Esaltazione della Chiesa con Maria - Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.
Jacopo Zucchi, L’Esaltazione della Chiesa con Maria
Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.

Il segno della Donna

"La catechesi sulla fede – continua il Card. Joseph Ratzinger nella sua fine analisi della "Redemptoris Mater" – include l’idea della via e quindi anche quella della storia. Non stupisce perciò che un secondo filone di pensiero dell’enciclica presenti Maria come guida della storia, come segno dei tempi, ancora una volta in stretto collegamento con la parola biblica.

Nel capitolo dodicesimo dell’Apocalisse si parla del "segno della donna", che viene dato in una determinata ora della storia, per determinare da allora in poi le vicende parallele del cielo e della terra. Tale testo contiene un chiaro riferimento alla descrizione biblica dell’inizio della storia, a quel testo misterioso che la tradizione chiama Protovangelo: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno"[Gn 3, 15].

In questa sentenza pronunziata sul serpente dopo la caduta nel peccato i Padri videro una prima promessa del Redentore, un’allusione alla discendenza che schiaccia la testa del serpente. Importante per i Padri fu anche il fatto che già in questo primo inizio il tema cristologico e quello mariologico sono inseparabilmente intrecciati. La prima promessa di Cristo, ancora semioscura e decifrabile solo alla luce dei tempi successivi, è una promessa fatta alla donna e per mezzo della donna […].

Maria, che ha generato il Cristo, è diventata il segno della speranza; ella è la guida della speranza. La decisione di Dio in favore dell’uomo, che nell’Incarnazione diventa visibile, "è più potente di ogni esperienza del male e del peccato, di tutta quella ‘inimicizia’ di cui è segnata la storia dell’uomo…" [cfr. RM, 11].

Peter Paul Rubens, La Donna dell'Apocalisse - Duomo di Frisinga.
Peter Paul Rubens, La Donna dell’Apocalisse – Duomo di Frisinga.

La mediazione di Maria

La terza parte dell’enciclica ["Mediazione materna"] segna come il vertice della riflessione del documento pontificio ed anche – come scrive Ratzinger – "senza dubbio, il punto su cui si concentrerà la discussione teologica ed ecumenica". La ragione è che, se è vero che "anche il Concilio Vaticano II ha già menzionato il titolo di "Mediatrice" e sostanzialmente ha parlato della mediazione di Maria [cfr. LG 60 e 62], mai però finora il tema è stato trattato con tale ampiezza in documenti magisteriali […]. Sicché, nella sostanza, l’enciclica non si spinge oltre il Concilio, di cui adotta la terminologia; tuttavia approfondisce i suoi spunti e conferisce quindi loro nuovo peso per la teologia e la pietà".

Ecco di quali spunti si tratta:

a] Anzitutto, il Papa descrive teologicamente l’idea della mediazione, salvaguardandola da fraintendimenti: egli sottolinea con molta energia l’unica mediazione di Gesù Cristo, ma afferma pure che tale unicità non è esclusiva, bensì inclusiva, nel senso che rende possibili forme di partecipazione […]."Partendo da qui – osserva Ratzinger – il Papa sviluppa la sua terminologia.

b] La mediazione di Maria poggia sulla partecipazione all’ufficio mediatore di Cristo, al cui confronto è un servizio subordinato [cfr. RM, 38]. La mediazione di Maria assume perciò la forma dell’intercessione [cfr. RM, 21]. Ma Giovanni Paolo II non si ferma qui.

"La mediazione di Maria – prosegue l’analisi di Joseph Ratzinger – anche se si colloca sulla linea della cooperazione creaturale all’opera del Redentore, riveste tuttavia il carattere della "straordinarietà"; essa svetta in maniera unica al di sopra del modo di mediazione in linea di principio possibile a ogni uomo nella Comunione dei Santi […].

Ma l’elaborazione concettuale vera e propria della specifica mediazione mariana viene effettuata principalmente nella terza parte dell’enciclica, ancora una volta collegando in maniera sublime vari passi scritturistici, in apparenza assai distanti fra di loro, ma che proprio con il loro accostamento – unità della Bibbia! – sprigionano una luce sorprendente. La tesi fondamentale del Papa suona: la specificità della mediazione di Maria sta nel fatto che essa è una mediazione materna, ordinata alla continua nascita di Cristo nel mondo. Essa mantiene presente nell’evento della Salvezza la dimensione femminile, che ha in lei il suo centro permanente. Naturalmente, ove la Chiesa viene concepita solo in maniera istituzionale […] non rimane più spazio per una cosa del genere. La "consapevolezza materna della Chiesa primitiva" [cfr. RM, 43] a cui il Papa allude – conclude il Card. Ratzinger – è per noi d’attualità proprio oggi".

Filippino Lippi, "…et prima Maria vidit", primizia della Redenzione - Monaco, Alte Pinakothek.
Filippino Lippi, "…et prima Maria vidit", primizia della Redenzione – Monaco, Alte Pinakothek.

c] "Ora possiamo domandarci: perché dobbiamo vedere questa dimensione femminile e materna della Chiesa fissata per sempre in Maria? L’enciclica risponde partendo da un passo scritturistico che a prima vista sembra decisamente ostile a ogni venerazione di Maria, quando Gesù risponde alla donna sconosciuta che gli grida entusiasta: "Beato il grembo che ti ha portato!" [Lc 11, 27]: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!" [Lc 11, 28]. A tali parole il Papa collega una sentenza del Signore che va nella medesima direzione: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" [Lc 8, 20s].

In realtà – commenta Ratzinger – questi testi ci fanno conoscere due cose molto importanti: la prima, che al di là della maternità fisica irripetibile di Cristo, esiste un’altra dimensione della maternità, che può e deve continuare; la seconda, che tale maternità – che fa nascere continuamente Cristo – è basata sull’ascolto, sulla conservazione e sulla realizzazione della Parola di Gesù. Ora, proprio Luca, dal cui Vangelo sono desunti i due passi citati, descrive Maria come l’ascoltatrice esemplare della Parola, come colei che la porta con sé, la conserva nel cuore e la fa maturare. Ciò significa che Luca vuole collocare nel suo vero fondamento la venerazione di Maria".

L’enciclica Redemptoris Mater prosegue poi nel sottolineare l’affidamento filiale di Giovanni a Maria sotto la Croce da parte del Cristo morente; e l’evento della Pentecoste, dove la corrispondenza tra l’Incarnazione di Gesù a Nazareth per opera dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa con l’effusione dello stesso Spirito è evidente: "La persona che unisce questi due momenti è Maria" [cfr. RM, 24]. "Papa Giovanni Paolo II – conclude logicamente il Card. Joseph Ratzinger – vorrebbe che la scena pentecostale diventasse l’icona del nostro tempo, l’icona dell’Anno Mariano, il segno di speranza della nostra ora" [cfr. RM, 33].

Alla luce di questi elementi il Papa riassume quindi il senso dell’Anno Mariano che l’enciclica annuncia: "Mentre l’Anno Mariano [1954] di Pio XII era stato posto in relazione ai due dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo – commenta infine Ratzinger –, questa volta si tratta di mettere in rilievo la presenza particolare della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della sua Chiesa [cfr. RM, 48].

Il senso ultimo del messaggio dell’enciclica è, dunque, che "la Chiesa deve di nuovo apprendere da Maria il suo essere Chiesa. Solo in una considerazione e in un’adesione al "segno della Donna", alla dimensione femminile, rettamente intesa, della Chiesa si verifica la nuova apertura alla forza creatrice dello Spirito e quindi la formazione di Cristo, la cui presenza soltanto può dare alla storia un centro e una speranza".

Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 8

 
di BRUNO SIMONETTO

Maria, "Madre della Chiesa"
   

"Il Concilio Vaticano II ha inteso dirci che Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa da esserne inseparabile, come sono inseparabili lei e Cristo".
 

In segno di particolare attenzione all’insegnamento di Papa Benedetto XVI, desumiamo interamente questa 8ª ‘puntata’ sulla sua mariologia dall’Omelia che il Santo Padre ha pronunciato nella Basilica di San Pietro, l’8 Dicembre, festa dell’Immacolata, durante la Messa di celebrazione del 40° Anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II.

È un’Omelia vale davvero un trattato mariologico sul titolo di Maria "Madre della Chiesa" che il Pontefice allora regnante, Paolo VI, attribuì alla Madonna, tra il gaudio di tutto l’orbe cattolico.

"Quarant'anni fa, l'8 Dicembre 1965, qui nella Basilica di San Pietro, papa Paolo VI concluse solennemente il Concilio Vaticano II. Era stato inaugurato, secondo la volontà di Giovanni XXIII, l'11 Ottobre 1962, allora festa della "Maternità di Maria", ed ebbe la sua conclusione nel giorno dell'Immacolata.

Papa Benedetto XVI pronuncia l'Omelia dell'8 Dicembre [foto dell'Osservatore Romano].
Papa Benedetto XVI pronuncia l’Omelia dell’8 Dicembre [foto dell’Osservatore Romano].

Una cornice mariana circonda il Concilio. In realtà, è molto di più di una cornice: è un orientamento dell'intero suo cammino. Ci rimanda, come rimandava allora i Padri del Concilio, all'immagine della Vergine in ascolto, che vive nella Parola di Dio, che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle [cfr. Lc 2,19.51]; ci rimanda alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà; ci rimanda all'umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte e, al contempo, alla donna coraggiosa che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la Croce.

Paolo VI, nel suo discorso in occasione della promulgazione della Costituzione conciliare sulla Chiesa, aveva qualificato Maria come "tutrix huius Concilii - protettrice di questo Concilio" [cfr. "Oecumenicum Concilium Vaticanum II - Constitutiones, Decreta, Declarationes", Città del Vaticano 1966, pag. 983] e, con un’allusione inconfondibile al racconto di Pentecoste tramandato da Luca [cfr. At 1, 12-14], aveva detto che i Padri si erano riuniti nell'Aula del Concilio "cum Maria, Matre Iesu" e, pure nel suo nome, ne sarebbero ora usciti [cfr. ibid., pag. 985].

Resta indelebile nella mia memoria il momento in cui, sentendo le sue parole: "Mariam Sanctissimam declaramus Matrem Ecclesiae - dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa", spontaneamente i Padri si alzarono di scatto dalle loro sedie e applaudirono in piedi, rendendo omaggio alla Madre di Dio, a nostra Madre, alla Madre della Chiesa.

Enrico Manfrini, 'Mater Ecclesiae' - Troia 1971.
Enrico Manfrini, ‘Mater Ecclesiae’ – Troia 1971.

La dottrina mariana del Concilio Vaticano II

Di fatto, con questo titolo il Papa riassumeva la dottrina mariana del Concilio e dava la chiave per la sua comprensione. Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un "esserci per noi". Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando insieme con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata di se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa.

Il Concilio intendeva dirci questo: Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la Stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull'anima.

Papa Paolo VI, nel contesto della promulgazione della Costituzione sulla Chiesa, ha messo in luce tutto questo mediante un nuovo titolo radicato profondamente nella tradizione, proprio nell'intento di illuminare la struttura interiore dell'insegnamento sulla Chiesa sviluppato nel Concilio. Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa: sui Vescovi e sul Pontefice, sui Sacerdoti, i Laici e i Religiosi nella loro comunione e nelle loro relazioni; doveva descrivere la Chiesa in cammino, "che comprende nel suo seno peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione…" [Lumen gentium, 8].

Ma questo aspetto ‘petrino’ della Chiesa è incluso in quello ‘mariano’. In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi "anime ecclesiali": così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di San Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio [cfr. Col 1,21; Ef 1,4].

Solenne Concelebrazione eucaristica in San Pietro dell'8 Dicembre 2005, presieduta da Sua Santità Benedetto XVI, nel 40° Anniversario della Conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II [foto dell'Osservatore Romano].
Solenne Conc
elebrazione eucaristica in San Pietro dell’8 Dicembre 2005, presieduta da Sua Santità Benedetto XVI,
nel 40° Anniversario della Conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II
[foto dell’Osservatore Romano].

Ma ora dobbiamo chiederci: Che cosa significa "Maria, l'Immacolata"? Questo titolo ha qualcosa da dirci? La liturgia di oggi ci chiarisce il contenuto di questa parola in due grandi immagini. C'è innanzitutto il racconto meraviglioso dell'Annuncio a Maria, la Vergine di Nazaret, della venuta del Messia. Il saluto dell'Angelo è intessuto di fili dell'Antico Testamento, specialmente del profeta Sofonia. Esso fa vedere che Maria, l'umile donna di provincia che proviene da una stirpe sacerdotale e porta in sé il grande patrimonio sacerdotale d'Israele, è "il santo resto" d'Israele a cui i Profeti, in tutti i periodi di travagli e di tenebre, hanno fatto riferimento. In lei è presente la vera Sion, quella pura, la vivente dimora di Dio. In lei dimora il Signore che in lei trova il luogo del Suo riposo. Lei è la vivente casa di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell'uomo vivo. Lei è il germoglio che, nella buia notte invernale della storia, spunta dal tronco abbattuto di Davide. In lei si compie la parola del Salmo: "La terra ha dato il suo frutto" [Sal 67, 7].

[…] Nell'umiltà della casa di Nazaret vive l'Israele santo, il resto puro. Dio ha salvato il Suo popolo. Dal tronco abbattuto rifulge nuovamente la sua storia, diventando una nuova forza viva che orienta e pervade il mondo. Maria è l'Israele santo; ella dice "sì" al Signore, si mette pienamente a Sua disposizione e diventa così il Tempio vivente di Dio.

La seconda immagine è molto più difficile ed oscura. Questa metafora, tratta dal libro della Genesi, parla a noi da una grande distanza storica, e solo a fatica può essere chiarita; soltanto nel corso della storia è stato possibile sviluppare una comprensione più profonda di ciò che lì viene riferito. Viene predetto che durante tutta la storia continuerà la lotta tra l'uomo e il serpente, cioè tra l'uomo e le potenze del male e della morte. Viene però anche preannunciato che "la stirpe" della donna un giorno vincerà e schiaccerà la testa al serpente, alla morte; è preannunciato che la stirpe della donna - e in essa la donna e la madre stessa – vincerà; e che così, mediante l'uomo, Dio vincerà.

Se insieme con la Chiesa credente ed orante ci mettiamo in ascolto davanti a questo testo, allora possiamo cominciare a capire che cosa sia il peccato originale, il peccato ereditario, e anche che cosa sia la tutela da questo peccato ereditario, che cosa sia la Redenzione.

Qual è il quadro che in questa pagina ci viene posto davanti? L'uomo non si fida di Dio. Egli cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà […]. La libertà di un essere umano è la libertà di un essere limitato ed è quindi limitata essa stessa. Possiamo possederla soltanto come libertà condivisa, nella comunione delle libertà: solo se viviamo nel modo giusto l'uno con l'altro e l'uno per l'altro, la libertà può svilupparsi.

Noi viviamo però nel modo giusto, se viviamo secondo la verità del nostro essere e cioè secondo la volontà di Dio. Perché la volontà di Dio non è per l'uomo una legge imposta dall'esterno che lo costringe, ma la misura intrinseca della sua natura, una misura che è iscritta in lui e lo rende immagine di Dio e così creatura libera. Se noi viviamo contro l'amore e contro la verità - contro Dio -, allora ci distruggiamo a vicenda e distruggiamo il mondo. Allora non troviamo la vita, ma facciamo il gioco della morte. Tutto questo è raccontato con immagini immortali nella storia della caduta originale e della cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre".

La Vergine protegge la santa Chiesa - Museo russo, San Pietroburgo [metà sec. XVI].
La Vergine protegge la santa Chiesa
– Museo russo, San Pietroburgo [metà sec. XVI].

L’insegnamento conciliare ricordato da Benedetto XVI

Il nostro Collaboratore, p. Stefano De Fiores, intervistato dall’ "Avvenire" sul significato attuale dell’insegnamento conciliare che Papa Benedetto ha inteso ricordare ai credenti nella sua stupenda Omelia, ha spiegato come la maternità di Maria abbia influenzato tutta l’ecclesiologia del Vaticano II.

"La ‘Lumen gentium’ – ha osservato p. De Fiores – parla di Maria come "Madre dei fedeli". Una maternità che è "diretta", poiché proprio la Vergine ha reso possibile la nascita di una Comunità di fedeli e della Chiesa, ma una maternità che è anche "esemplare". La Chiesa, infatti, è chiamata a viverla come propria e a generare Cristo in ogni momento della sua storia. Questa missione dà un futuro a Maria e, con essa, alla Chiesa".

Ad un’ulteriore domanda, se la figura di Maria abbia influenzato anche il testo della ‘Gaudium et Spes’ ["Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo"], p. De Fiores ha risposto: "I due temi [della maternità di Maria e del suo rapporto con il mondo] non sono direttamente ed esplicitamente legati all’interno della riflessione del Concilio, ma vi trovano una connessione logica: la Chiesa è chiamata a generare Cristo nel mondo in cui si trova a vivere. Un mondo da sempre percorso dalla lotta tra bene e male e dove Maria appare come modello della scelta del bene […]. E l’immagine della Madre di Dio e la riflessione sulla sua vita sono servite al Concilio per ridefinire alcune questioni ecclesiologiche interne fondamentali".

Riferendosi alla parte conclusiva dell’Omelia [da noi necessariamente appena accennata, per ragioni di spazio], un altro commentatore, Pierangelo Sequeri, ha osservato come Papa Benedetto XVI, nella sua passione per l’uomo, ha inteso indicare in Maria la "radice" del bene, per vincere il male del mondo: "Una passione per la causa di Dio e il destino del mondo […] che viene da lontano, inestirpabile, che sostiene passioni liete. "Più la persona si dona, più trova se stessa", ha detto il Papa. Impariamo il Figlio dell’Uomo, impariamo Dio, da questa donna. E c’è molto da imparare anche per noi, figli di donne [del nostro tempo]".

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 9

 
di BRUNO SIMONETTO

Il ruolo di Maria nella storia dell’umanità
   

In Maria si esprime l’essenza archetipa della donna, il simbolo dell’umanità e della Chiesa nella loro originaria purezza.
 

Una delle più note opere scritte dal Card. Joseph Ratzinger è indubbiamente il libro-intervista Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001].

Tra i grandi temi affrontati nel volume ci sono il Cristianesimo, Cristo e la Chiesa; e c’è, infine, il "rapporto tra Dio e il mondo", con l’invito ad accostarsi alla religione cristiana senza pregiudizi, con la sorpresa gioiosa di un incontro di vita: tema, quest’ultimo, che sta alla base della prima Enciclica di Papa Benedetto XVI, "Deus caritas".

Particolarmente significativa per noi è la tesi che la Chiesa non si rispecchia anzitutto nel Papa o nei Vescovi, nella Gerarchia ecclesiastica o nei Laici, ma nella Donna di nome Maria: ella - sostiene il futuro Papa Benedetto XVI - dà bellezza e grazia al volto della Chiesa con il quale Dio vuole attirare a sé tutti gli uomini.

Andrea del Sarto, Annunciazione - Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
Andrea del Sarto, Annunciazione – Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Riprendiamo, da questo libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, alcuni passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292]. Un discorso così ricco e articolato che cercheremo di sviluppare in più "puntate" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore:

Maria nel Vangelo

I dogmi mariani

I miracoli

Il Rosario.

Bernardo Daddi, Madonna del ‘Magnificat’ – Roma, Musei Vaticani.
Bernardo Daddi, Madonna del ‘Magnificat’ – Roma, Musei Vaticani.

Maria nel Vangelo

Il dialogo-intervista fra Peter Seewald e il Card. Joseph Ratzinger apre il capitolo sulla Vergine Maria, inquadrando la figura della Madre di Dio come risulta dai Vangeli, a cominciare dall’Annuncio dell’Arcangelo Gabriele di cui scrive Luca.

La vicenda da cui il computo temporale [dell’èra cristiana] prende il via ha avuto inizio con una donna: "E l’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria", racconta il Vangelo. Maria era una ragazza che viveva in una piccola cittadina della Galilea sconosciuta ai più, Nazareth, e nemmeno sapeva cosa le stava accadendo

– La grandezza di questo evento - esordisce il Card. Ratzinger, con la profondità del teologo e al tempo stesso con la semplicità di un catechista parrocchiale - è stata riconosciuta solo nel corso della storia. Tutto ebbe inizio dall’incontro con l’Angelo in cui Maria fu quasi sovrastata da un messaggio straordinario: aveva trovato grazia agli occhi di Dio ed era stata scelta per essere la madre di suo Figlio. Per Maria deve essere stato un momento sconvolgente.

Un essere umano scelto per essere la madre di Dio!

– È in effetti un grande paradosso. Dio si fa piccolo. Si fa uomo e accoglie tutte le condizioni connesse alla natura umana, come l’essere concepito e partorito. Ha una madre e la sua vita è così strettamente intrecciata al tessuto della nostra storia che una donna può dire che è suo figlio e che è un essere umano: in te c’è il Signore del mondo.

Frère Francois, "Maria canta il ‘Magnificat’ alla presenza di Elisabetta", Abbaye Notre-Dame du Bec (Francia).
Frère Francois, "Maria canta il ‘Magnificat’ alla presenza di Elisabetta",
Abbaye Notre-Dame du Bec (Francia).

L’espressione "madre di Dio" ha suscitato a lungo violente controversie. C’era il gruppo dei Nestoriani che diceva che ovviamente [Maria] non aveva dato alla luce Dio, ma solo l’uomo Gesù. Può perciò essere detta madre di Cristo, ma non madre di Dio.

Si trattava sostanzialmente di stabilire quanto profondamente fossero unite in quest’uomo Gesù Cristo natura umana e natura divina; se era tale da poter affermare che , quello che era stato partorito era Dio e pertanto Maria era la madre di Dio. Non naturalmente nel senso di aver generato Dio, ma nel senso di essere la madre di quell’uomo intimamente unito a Dio, fino ad essere tutt’uno con lui. In questo modo anch’essa è stata fatta partecipe di una unione con Dio che non ha eguali.

Maria viene venerata come Regina del Cielo, personificazione della Chiesa, o anche come Madre di Misericordia. La forza che si irradia dalla Madonna e che mobilita continuamente milioni di persone, non può essere misurata con parametri usuali.

– Nel corso della storia il ruolo di Maria è stato richiamato sempre più spesso a riconoscimento del ruolo più generale della donna. In Maria si esprime l’essenza archetipa della donna, il simbolo dell’umanità e della Chiesa nella loro originaria purezza. E mentre Eva, la prima donna, la "prima madre", come la si chiama oggi, la madre di ogni forma di vita vivente, partorisce nel segno della morte, Maria, dando alla luce il Salvatore, il quale risorge e porta la vita, diventa la piena realizzazione di ciò che si intende con il nome Eva, con la promessa della donna e della sua fecondità. Maria diventa la madre di Colui che è la vita e dà la vita, la madre della vita e di tutti i viventi.

Domenico Tintoretto, Madonna del Rosario e Santi Domenico, Giorgio e Maurelio – Ferrara, Chiesa San Carlo.
Domenico Tintoretto,
Madonna del Rosario e Santi Domenico, Giorgio e Maurelio
– Ferrara, Chiesa San Carlo.

L’Ave, Maria

Il saluto dell’Angelo a Maria è divenuto una preghiera fondamentale della Chiesa cattolica. Alcuni tra i più grandi geni dell’umanità, tra gli altri Mozart e Rossini, hanno messo in musica l’Ave, Maria: "Ave, Maria, piena di grazia!…". E l’Angelo le dice ancora: "Non temere!". E cosa risponde Maria?

"Eccomi: sono la serva del Signore". Sì, Maria impara a non aver paura. Lo vediamo in tutte le Sacre Scritture, nei pastori come pure nei discepoli. Quando l’uomo percepisce la presenza di Dio, ha paura. Riconosce la propria piccolezza e viene colto da timore di fronte alla soverchiante maestosità e sacralità di Dio, di cui riconosce l’incommensurabilità. Una delle prime frasi del Vangelo è proprio questa: "Non temere!". Questo Dio non viene per farci paura, ma si fa piccolo nella sua grandezza, dismette tutto ciò che incute paura perché viene per operare la nostra salvezza […].

Per quanto riguarda l’Ave, Maria, la preghiera della Chiesa, consta di due parti. La prima è il saluto dell’Angelo, l’altra è ciò che dice Elisabetta quando Maria le rende visita: "Benedetto il frutto del tuo grembo"; e segue: "D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata", che preannuncia anche la devozione mariana. Queste parole sono profeticamente suggerite dallo Spirito Santo. In altri termini, i Cristiani glorificheranno Dio anche gioiendo di coloro in cui lui ha mostrato la sua grandezza e la sua bontà.

Pier Antonio Bernabei, Nozze di Cana – Parma, Chiesa Santa Maria dei Servi.
Pier Antonio Bernabei, Nozze di Cana – Parma, Chiesa Santa Maria dei Servi.

Seguono quindi altre domande/risposte di carattere biblico-esegetico, sempre molto interessanti al fine di conoscere ulteriori elementi della mariologia di Papa Benedetto XVI.

Maria non compare spesso nei Vangeli. In alcuni importanti passaggi della vita di Gesù è addirittura assente, o, se presente, non compare necessariamente come figura positiva e madre amata.

– È vero, nella tradizione evangelica Maria ha un ruolo molto marginale. In Matteo quasi non compare, nei racconto dell’infanzia di Gesù è molto più presente Giuseppe. Direi che, finché [Maria] è vissuta, si è voluto mantenere la discrezione nei suoi confronti. E anche lei ha voluto mantenersi discreta.

Gesù costituisce una nuova famiglia, e laddove si tessono le lodi della donna che gli ha dato la luce e lo ha nutrito, lui corregge il quadro tradizionale delle relazioni familiari. Formula così ciò che conta per lui: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". Questo è il nuovo concetto di legame familiare e di maternità. Lo descrive in questi termini: chi compie la mia volontà è mio fratello, madre o sorella. È essenziale, da questo punto di vista, la fuoriuscita da un quadro meramente umano-familiare per entrare invece nella sfera di quella famiglia allargata che è la Comunità fondata sulla volontà di Dio. Luca, che riporta queste ‘puntualizzazioni’, collega anche letteralmente queste parole alla narrazione dell’infanzia, e in particolare all’incontro con Elisabetta. Maria vi appare come una madre che non incarna solo la maternità corporea, ma che si pone nella Comunità di Dio come colei che ascolta e che crede. È lei, secondo il Vangelo di Luca, che incarna l’esempio di chi ascolta e custodisce la parola di Dio.

Con altre donne Gesù si mostra più affettuoso e vicino. Sua madre, invece, viene talvolta come ‘ripresa’ da lui bruscamente. In occasione delle Nozze di Cana, ad esempio, quando gli chiede di intervenire perché il vino per gli ospiti sta per finire, le risponde in modo apparentemente duro: "Che ho da fare con te, o donna?". Ha davvero trattato sua madre duramente? Ha persino prese le distanze da lei, in qualche momento?

– Lei si riferisce a un passo riportato dal Vangelo di Giovanni. San Giovanni ha una mariologia molto particolare. In questo Vangelo relativamente tardo il ruolo di Maria viene elaborato con molta più chiarezza che in Matteo. Giovanni ricorre ad esempio alla parola "donna" ogniqualvolta Gesù si rivolge a Maria. In quest’espressione è riconoscibile anche una figura teologica. Perché, se dunque l’appellativo rivolto a Maria è quello di gynae, "la donna"; se, dal miracolo di Cana fino alla Crocifissione del figlio, il ruolo che lei riveste va al di là della sfera individuale, nella figura di Maria si affaccia l’immagine della nuova Eva.

Giovanni di Paolo, "Sub tuum praesidium confugimus…" - Siena, Chiesa San Clemente dei Servi.
Giovanni di Paolo, "Sub tuum praesidium confugimus…" – Siena, Chiesa San Clemente dei Servi.

I diversi episodi devono quindi essere letti in una prospettiva comune; e conseguentemente il miracolo di Cana va considerato in rapporto alla Crocifissione, e rappresenta la fuoriuscita da un quadro familiare cui, con la Crocifissione, subentrerà la costituzione di un nuovo contesto familiare in cui Maria rivestirà un ruolo centrale.

Ma già a Cana queste parole tanto apparentemente rudi da parere scostanti, rivelano in realtà una polisemia. Gesù intende infatti dire che non può forzare i tempi. Inizialmente non può piegarsi alle esigenze familiari. Poi accetta di operare il miracolo e anticipa conseguentemente i tempi della sua manifestazione pubblica per venire incontro all’intercessione materna [di Maria]. Se, quindi, sua madre è dapprima come non accettata, le viene poi restituito il suo posto, e insieme appare già come "la donna" per eccellenza, come la prefigurazione della Chiesa supplicante che, appunto come Maria, può implorare l’anticipazione dei tempi della storia della Salvezza.

Questo [delle Nozze di Cana] è, quindi, un testo molto profondo, su cui ci sarebbe ancora molto da pensare e da dire.

Bruno Simonetto

A questa prima "puntata", ripresa quasi integralmente dal libro-intervista "Dio e il mondo", seguiranno altre di non minore intensità mariologica del Card. Joseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI.

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La mariologia di Benedetto XVI – 10

 
di BRUNO SIMONETTO

Maria, "espressione della vicinanza di Dio"
   

L’esaltante funzione della mariologia nella religione cattolica e il rapporto dei Protestanti con la Madre di Cristo.
 

Dal libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendiamo alcuni altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].

Un discorso ricco e articolato che abbiamo già iniziato a vedere nella scorsa "puntata" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore [Maria nel Vangelo e i Dogmi mariani] ed ora sviluppato in quest’altra riflessione.

Papa Benedetto XVI durante un'Udienza davanti alla statua dell'Immacolata.
Papa Benedetto XVI durante un’Udienza davanti alla statua dell’Immacolata.

Chi è Maria per il futuro Papa Benedetto XVI?

A un certo punto dell’intervista, Peter Seewald pone al Card. Ratzinger una domanda diretta, interessantissima per noi che del futuro Papa Benedetto XVI vogliamo davvero conoscere fino in fondo quale sia il suo rapporto con la Santa Vergine. E ne abbiamo ‘confidenze’ davvero suggestive, come si può notare dal tenore della risposta del Cardinale all’intervistatore.

"Che cosa significa Maria per Lei, personalmente?".

– "L’espressione della vicinanza di Dio. Con Maria l’Incarnazione acquista in concretezza. È qualcosa di estremamente commovente il fatto che il Figlio di Dio abbia una madre umana e che noi tutti siamo affidati a questa madre. Le parole con cui Gesù dalla Croce ha dato a Giovanni Maria come madre trapassano quell’istante e pongono il loro suggello sull’interezza della storia. Con questo gesto, la preghiera a Maria dischiude ad ogni uomo un particolare aspetto di fiducia e prossimità e perfino di intimità con Dio.

Personalmente sono stato dapprincipio fortemente influenzato dal rigido cristocentrismo del movimento liturgico, ultimamente accentuato dal dialogo con i fratelli Protestanti. Ma hanno sempre significato molto per me le funzioni mariane del mese di Maggio, al di là delle feste mariane liturgiche, le celebrazioni in Ottobre del Rosario, i Pellegrinaggi nei Santuari mariani, quindi le varie manifestazioni della devozione mariana popolare. E, più invecchio, più mi diventa cara e importante la Madre di Dio".

Scuola di Lorenzo Monaco, La doppia intercessione: dal Padre al Figlio, dal Figlio alla Vergine Madre - Metropolitan Museum di New York, Coll. Cloisters.
Scuola di Lorenzo Monaco,
La doppia intercessione: dal Padre al Figlio,
dal Figlio alla Vergine Madre – Metropolitan Museum di New York
, Coll. Cloisters.

Quindi, abbandonando per un attimo il colloquio sul piano teologico, l’intervistatore apre una parentesi per rievocare al Card. Ratzinger l’esperienza di un incontro che, confessa, gli ha trasmesso qualcosa della pregnanza dell’immagine di Maria.

Confida: "Mi ricordo molto bene di una visita al Santuario di Altötting in Baviera. Faceva freddo, e attraversavo il grande piazzale alla volta della famosa Cappella delle Grazie. Il piccolo spazio della Cappella era sovraffollato Dappertutto, nella penombra, rilucevano le candele. Nella Cappella c’erano quasi esclusivamente donne. Pregavano insieme, e intonavano naturalmente anche i loro dolci canti mariani, come la "Salve Regina, mater misericordiae…".

Dapprincipio si avverte un certo distacco e una certa estraneità, ma poi si è coinvolti nella tenerezza dei canti: "…a te ci rivolgiamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime". E, stranamente, mi accorsi all’improvviso di poter comprendere quelle donne molto bene […].

- continua Peter Seewald -, avevo la percezione di un linguaggio capace di non far leva soltanto sulle mie debolezze ma anche, se così si può dire, di tonificarmi. E forse la devozione mariana è anche un bastione difensivo capace di contrastare una tendenza ecclesiastica a disfarsi in buona parte della sacralità della fede e della sua mistica, o che questa scelta ha già addirittura operato.

È forse una specie di pia insurrezione della gente semplice contro una religione di Professori?".

L'intercessione di Maria a Cana - Parma, Biblioteca Palatina, Ms. Pal. 169, c. 79v.
L’intercessione di Maria a Cana – Parma, Biblioteca Palatina, Ms. Pal. 169, c. 79v.

Risponde il Cardinale Ratzinger:

– "Credo che questa analisi possa essere condivisa. La figura di Maria ha toccato in maniera particolare il cuore degli uomini. Da un lato il cuore delle donne, che con lei si sono identificate e che l’hanno sentita vicina; ma anche il cuore degli uomini che non hanno perso il senso della maternità e della verginità.

La mariologia ha conferito alla Cristianità accenti di grande tenerezza. Grazie a Maria il Cristianesimo può essere vissuto come religione della fiducia. E queste preghiere tanto antiche e semplici, cresciute all’ombra della religiosità popolare e che non hanno mai perso di freschezza e di efficacia, confermano i Cristiani nella loro fede, perché la Madre di Cristo li fa sentire più vicini a Dio, così da non avvertire più la religione come un peso, ma come fiducia e sostegno per meglio affrontare la vita. E pensiamo anche a tutte le altre preghiere – "madre infinitamente buona, stammi vicino…" – in cui pure riecheggia una grande fiducia.

In effetti, sull’altro versante troviamo una sorta di purismo cristiano, una razionalizzazione che può sortire un effetto quasi raggelante. Naturalmente il sentimento deve essere sempre vagliato e purificato: dobbiamo darne atto ai Professori che lo annoverano tra le loro funzioni. Non può degenerare in mero sentimentalismo, che perde il contatto con la realtà e non riesce più a riconoscere la grandezza di Dio. Ma, dall’Illuminismo in avanti [e a una sorta di nuovo Illuminismo siamo ora approdati] viviamo una tendenza tanto massiccia alla razionalizzazione e al puritanesimo, se mi posso esprimere in questi termini, da suscitare nel cuore degli uomini un moto di ribellione e un più convinto ancoraggio alla mariologia".

Jacopo Zucchi, L’Esaltazione della Chiesa con Maria – Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.
Jacopo Zucchi, L’Esaltazione della Chiesa con Maria – 
Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.

La funzione della mariologia nella nostra pratica religiosa

Una funzione così esaltante della mariologia nella fede e nella pratica religiosa dei Cattolici, offre all’intervistatore motivo di parlare con il futuro Papa Benedetto XVI della posizione dei Protestanti nei confronti della devozione alla Madonna.

"I Non-Cattolici - osserva Peter Seewald, riportando il pensiero del Cardinale inglese John Henry Newman - sono abituati a considerare la venerazione mariana come una riduzione del ruolo di Gesù. E anche oggi gli scettici ritengono che una devozione mariana eccessiva rimuova il vero cuore del Cristianesimo, il messaggio di Gesù stesso".

– Gli risponde il Card. Ratzinger: "Non dobbiamo dimenticare una cosa: ciò che in terra di missione ha sempre colpito il cuore degli uomini, avvicinandoli a Cristo, è stata proprio sua madre. Questo vale particolarmente per l’America Latina. Qui il Cristianesimo è giunto in parte sotto i fatali auspici delle spade spagnole. In Messico inizialmente i tentativi missionari naufragavano inesorabilmente fino all’evento di Guadalupe, grazie al quale la Madre riesce improvvisamente a riconciliare quella gente con il Figlio".

Il dialogo continua su questo tema:

"È stato il più significativo ritrovamento di un’immagine mariana. Si può dire che abbia impresso una grande svolta al processo di cristianizzazione del Continente, che senza quell’evento sarebbe stato inimmaginabile".

– "Sì, e improvvisamente la religione cristiana ha dismesso il volto crudele dei Conquistadores, per assumere quello buono della Madre. Nell’America del Sud, ancora oggi sono vivi due punti focali della religiosità popolare: da un lato, l’amore per la Madre di Dio; dall’altro, l’identificazione con il Cristo sofferente. Grazie a queste due figure in cui si esprime la fede, gli uomini hanno potuto comprendere che quello cristiano non è il Dio dei Conquistatori, ma il vero Dio, che è anche il loro Redentore.

Perciò la figura di Maria è così cara, in particolare ai Cattolici latino-americani. E non dovremmo rimproverare loro, partendo dalla nostra prospettiva razionale, di aver falsificato il Cristianesimo. Proprio quella leva ha permesso loro una corretta comprensione del Cristianesimo. Ha cioè aperto loro uno squarcio sul vero volto di Dio, che ci vuole salvare e non è al fianco dei distruttori della loro cultura. In questo modo hanno potuto diventare Cristiani a partire da un loro autonomo processo di comprensione, e senza dover vivere il messaggio cristiano come la religione dei colonialisti".

Il Corpo di Cristo - Chiesa - Maria: "Saranno un solo Corpo" - Affresco absidale a Rubiana [Torino].
Il Corpo di Cristo – Chiesa – Maria: "Saranno un solo Corpo" – Affresco absidale a Rubiana [Torino].

Il rapporto dei Protestanti con Maria, Madre di Cristo

A proposito dei Protestanti [e prima di affrontare con l’illustre Intervistato il tema dei dogmi mariani], Peter Seewald torna sull’argomento della loro riserva mentale sul "mito" di Maria:

"I Protestanti sembrano aver rimosso da lungo tempo Maria dalla loro prospettiva di fede. Non vi ha più spazio, anche se Lutero personalmente non ha mai rinunciato al culto mariano. Per la Chiesa Cattolica il "mito" di Maria non è né un’invenzione né un elemento secondario. Fa parte degli elementi portanti della fede. I misteri inerenti alla Vergine sono garantiti come dogmi dal sigillo della verità incontestabile".

– "Torniamo sulla questione del "mito", chiarisce subito il futuro Papa Ratzinger.

Se per "mito" intendiamo una storia che va al di là del piano fattuale, allora il termine "mito" può essere appropriato. L’importante è comunque ribadire che ci si muove qui sul piano della storia reale, non su quello della pura invenzione.

Un’osservazione a proposito dei Protestanti: è corretto dire che in questa Confessione [religiosa] si è imposta una tendenza puritana. Si temeva dapprima che Maria potesse sottrarre qualcosa a Cristo. Gli sviluppi storici hanno segnato l’approdo del "solus Christus" a una radicalità tale per cui si credeva che tra le due figure ci fosse un rapporto di concorrenzialità, senza capire - come abbiamo visto proprio nell’esempio relativo all’America Latina - come nel volto della Madre fosse riconoscibile anche quello dello stesso Cristo, che ci si offre per quel tramite con le fattezze più autentiche.

Oggi tra i Protestanti ci sono timidi tentativi di riappropriarsi della figura di Maria. Si è notato come tale cancellazione degli elementi femminili dal messaggio cristiano rappresenti anche un’amputazione antropologica. Da un punto di vista antropologico e teologico è importante la centralità del ruolo della donna nel Cristianesimo. Grazie a Maria e alle pie donne, l’elemento femminile si insedia nel cuore della religione cristiana. Ma questo non implica nessuna concorrenza con Cristo. Pensare Cristo e Maria in un rapporto concorrenziale significa trascurare la differenza essenziale tra le due figure. Cristo dona a Giovanni, e conseguentemente a tutti noi, sua madre. Questa non è concorrenzialità, ma una forma più profonda di prossimità. La Madre e la Vergine sono una componente fondamentale dell’immagine cristiana dell’uomo".

Bruno Simonetto

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 La mariologia di Benedetto XVI – 11

 
di BRUNO SIMONETTO

I dogmi mariani
spiegati da Papa Ratzinger
   

L’analisi della dottrina della Chiesa su tre dei quattro dogmi mariani e il giudizio sull’eventualità di un nuovo dogma su Maria "Corredentrice del genere umano".
 

Sempre dal libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendiamo alcuni altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292]. Continuiamo così il discorso ricco e articolato che abbiamo già iniziato a vedere nelle due scorse "puntate" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore:

1] Maria nel Vangelo

2] I dogmi mariani

3] I miracoli

4] Il Rosario.

Papa Benedetto XVI pronuncia l'Omelia dell'8 Dicembre.
Papa Benedetto XVI pronuncia l’Omelia dell’8 Dicembre [foto dell’Osservatore Romano].

I dogmi mariani

Prendiamo in considerazione stavolta l’analisi della dottrina della Chiesa che il Card. Joseph Ratzinger, da grande teologo-mariologo qual è, ha esposto in merito a tre dei quattro dogmi mariani: la Verginità permanente di Maria, l’Immacolata Concezione e l’Assunzione corporea in Cielo.

1] La Verginità permanente di Maria

– Obietta Peter Seewald: "Molti hanno, rispetto a Maria, addirittura un blocco, una fobia, che spesso si ammanta di ironia. Prendiamo brevemente in considerazione alcuni dogmi, per comprendere meglio questa figura. Iniziamo dal dogma più controverso e provocatorio, quello della Verginità permanente che risale all’anno 553. È un fatto biologico o allude a qualcos’altro?".

– "Affrontando la questione dei "fratelli di Gesù" - ricorda intanto il futuro Papa Benedetto XVI - abbiamo già accennato al fatto che nel Vangelo non si trovano conferme all’ipotesi che Cristo avesse fratelli nel senso specifico del termine e che Maria avesse avuto altri figli dopo di lui. Al contrario, la particolarità e l’unicità di questo rapporto con il Figlio sono tanto evidenti da consentire una corretta interpretazione dell’espressione "fratelli" solo nel contesto della categoria dei "clan". Maria era consacrata a lui e non poteva quindi appartenere a nessun altro".

"Mater Dei".
Ai quattro angoli della Cupola del Santuario "Regina degli Apostoli" in Roma, nei "pennacchi", A. Santaga ha affrescato
i dogmi mariani, messi come a sostegno della Cupola stessa, nella celebrazione di Maria "Mater humanitatis".

"Perché no?" - chiede Seewald.

– Risponde esaurientemente il Cardinale Ratzinger: "Principalmente perché questa nascita non era avvenuta grazie al rapporto con un uomo, ma tramite un intervento diretto di Dio. Quando oggi si dice che qui non si può certo trattare di qualcosa di biologico e si respinge il piano biologico, accantonandolo come indegno della grandezza divina, si casca nel manicheismo.

L’uomo ha una componente biologica. Se non venisse coinvolto nella storia della Salvezza anche nella sua componente corporea e biologica, la materia sarebbe in qualche modo disprezzata e rimossa, e l’Incarnazione, in ultima analisi, non potrebbe essere presa sul serio fino in fondo. Ecco perché rigetto questi luoghi comuni. È la totalità della persona umana a essere in gioco: questa è la risposta a tutti gli eventuali dubbi. Dio ha preso in mano la vita, anche la vita intesa in senso fisico, biologico e materiale, e vi ha apposto il suo suggello.

I Padri della Chiesa hanno trovato a mio parere una bella immagine. In Ezechiele, nel cap. 40, nel contesto della visione del nuovo Tempio si parla di una "porta che guarda a Oriente" che solo il Re può varcare. I Padri vi hanno visto un simbolo. Partono dal presupposto che il nuovo Tempio sia un tempio vivo: la Chiesa vivente. La porta che solo lui ha varcato e attraverso cui nessun altro può passare, chi o cos’altro potrebbe essere se non la madre di Gesù, Maria? Lei, nata da Dio, non può svilirsi nel ritorno alla normalità. Permane nell’esclusività dell’appartenenza al Re, quale vera porta della storia attraverso cui passa colui che tutti attendono".

– Ancora Peter Seewald: "Insisto. Per nascita verginale si intende la nascita da una vergine?".

– "Sì".

"Semper Virgo".

2] L’Immacolata Concezione

"Che cosa si può dire del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, proclamato nel 1854?".

– E qui il Card. Joseph Ratzinger spiega esaurientemente la dottrina della Chiesa sul dogma dell’Immacolato Concepimento della Vergine Maria, legandola al tema del peccato originale: "Lo sfondo di questo dogma è costituito dalla dottrina del peccato originale, secondo cui ogni uomo ha alle spalle un contesto di peccato [che abbiamo chiamato "distorsione relazionale"] ed è quindi affetto fin dall’inizio da una distorsione nel suo rapporto con Dio. Gradualmente nel Cristianesimo si è affermata la convinzione per cui colei che, fin dall’inizio, è destinata ad essere la "porta di Dio", che è stata consacrata a lui in maniera tanto particolare, non fosse riconducibile a questo contesto.

Nel Medio Evo è sorta a questo proposito una forte controversia. Da un lato stavano i Domenicani che affermavano che Maria è una persona come le altre, e che quindi è intaccata dal peccato originale. Dall’altro lato stavano i Francescani che sostenevano la posizione opposta. Bene, nel corso di questa lunga disputa si è lentamente formata la convinzione che l’appartenenza di Maria a Cristo prevalesse sull’appartenenza ad Adamo e che inoltre la sua consacrazione a Cristo fin dalla notte dei tempi [perché Dio precede ognuno di noi, e i pensieri di Dio ci plasmano fin dall’inizio] fosse l’elemento caratterizzante della sua esistenza.

"Immaculata".

Maria non è concepibile all’interno del contesto creato dal peccato originale perché con lei ha inizio una nuova storia: la sua relazione con Dio non è distorta, fin dall’inizio gode dello sguardo benevolo di Dio che "ha guardato l’umiltà della sua serva" [Magnificat] e le ha consentito di sollevare a sua volta lo sguardo fino a lui.

Non solo; ma la sua appartenenza a Cristo, così specifica, comporta anche la grazia di cui è ricolma. Le parole dell’Angelo: "piena di grazia", che inizialmente ci paiono così semplici, possono essere interpretate fino ad abbracciare l’intero arco temporale della sua esistenza. E, in ultima analisi, non esprimono un privilegio riservato a Maria, ma una speranza che ci riguarda tutti".

3] L’Assunzione della Vergine al Cielo

– Venendo all’ultimo dogma mariano proclamato dalla Chiesa, quello dell’ Assunzione della Vergine Maria in Cielo, Peter Seewald chiede infine: "Volendo esser ancor più provocatori: che cosa significa il dogma dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo? È stato stabilito molto tardi, nel 1950. Stranamente, fin dall’inizio non esistevano né un sepolcro né reliquie [corporee] di Maria".

– "Questo dogma - risponde cauto il Cardinale Ratzinger - ci risulta particolarmente difficile da comprendere e accettare, perché non riusciamo a immaginarci cosa si possa intendere in questo caso per "Cielo", e come un corpo possa essere "assunto in Cielo". Questo dogma rappresenta quindi una grande sfida alla nostra capacità di comprendere che cosa siano il Cielo, il corpo, l’uomo, e quale possa essere il futuro di questi".

"Assumpta".

"E Lei personalmente, come risolve questa sfida?".

– "Mi soccorre in questo caso la teologia battesimale elaborata da San Paolo che dice: "Dio con Gesù Cristo ha risuscitato anche noi e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù [Ef 2, 6]. Questo significa che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

Secondo il dogma, dunque, si adempie pienamente in Maria ciò che il Battesimo opera in tutti noi: il dimorare ["sedere"] con Dio "nei cieli" [perché Dio è i Cieli!]. Il Battesimo [cioè, l’unione a Cristo] dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale i questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere ‘cristiana’".

È possibile il dogma di Maria Corredentrice?

L’intervistatore, quasi a completare il discorso sui dogmi mariani [tralasciando peraltro di parlare del primo dogma mariano della Chiesa che riguarda la Divina Maternità di Maria], chiede al Card. Ratzinger che pensa della possibilità che venga proclamato il dogma di Maria "Corredentrice del genere umano": "Intanto - dice - più di un milione di persone sollecitano l’esaltazione di Maria, da parte della Chiesa Cattolica, al riconoscimento del ruolo di "Corredentrice". Si acconsentirà a questa richiesta, o sarebbe un’eresia?".

Solenne Concelebrazione eucaristica in San Pietro dell'8 Dicembre 2005, presieduta da Sua Santità Benedetto XVI, nel 40° Anniversario della Conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Solenne Concelebrazione eucaristica in San Pietro dell’8 Dicembre 2005, presieduta da Sua Santità Benedetto XVI,
nel 40° Anniversario della Conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II [foto dell’Osservatore Romano].

– "Non credo - risponde il futuro Papa Ratzinger – che si darà seguito a questa richiesta, che nel frattempo si è guadagnata il consenso di parecchi milioni di persone, in tempi prevedibili. Secondo la "Congregazione per la Dottrina della Fede", quelle caratteristiche di Maria che la proposta vorrebbe mettere in primo piano possono essere meglio espresse da altri titoli di Maria, mentre la formula "Corredentrice" si allontana troppo dal linguaggio delle Scritture e dei Padri della Chiesa; e può perciò produrre degli equivoci.

Che cosa c’è di condivisibile in questa richiesta? Il fatto che Cristo non sia ad di fuori o accanto a noi, ma che stabilisca con noi una nuova, profonda comunione. Tutto ciò che è suo diventa nostro, e di ciò che è nostro Gesù si è fatto carico fino a farlo suo: questo grande scambio è il vero contenuto della Redenzione, che ci consente di oltrepassare i limiti della nostra individualità per approdare alla comunione con Dio.

Poiché Maria prefigura la Chiesa, e impersonifica - per così dire - la Chiesa, questa comunione è realizzata esemplarmente in lei. Ma non ci si può spingere oltre questa comunione, fino a dimenticare la priorità di Cristo: tutto procede da lui, come dicono in particolare le Lettere paoline agli Efesini e ai Colossesi. Anche Maria è tutto ciò che è, solo attraverso lui.

Il termine "Corredentrice" appannerebbe, dunque, quest’origine. Una retta intenzione si esprime con una terminologia sbagliata. Per i contenuti della fede è essenziale proprio la continuità con il linguaggio delle Scritture e dei Padri della Chiesa; perché il linguaggio non è manipolabile a proprio piacimento".

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 12

 
di BRUNO SIMONETTO

Intercessione di Maria
e miracoli da lei ottenuti
   

Il pensiero del Card. Joseph Ratzinger sui miracoli ottenuti per intercessione della Santa Vergine Maria, con particolare riferimento agli eventi di Fatima e di Lourdes.
 

Continuiamo il discorso, sempre ricco e articolato, che abbiamo iniziato nelle precedenti "puntate" di questa rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato nel libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendendo altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].

Suggestiva processione aux flambeaux nelle notti di Lourdes e il disegno sotto La "Bella Signora" appare a Bernadette Soubirous.
Suggestiva processione aux flambeaux nelle notti di Lourdes
e il disegno sotto La "Bella Signora" appare a Bernadette Soubirous.

I "tanti miracoli della Madonna"

Dopo aver analizzato i punti trattati nei precedenti paragrafi ["Maria nel Vangelo" e "I dogmi mariani"], vediamo stavolta il pensiero del futuro Papa Benedetto XVI su "I miracoli" attribuiti all’intercessione della Santa Vergine Maria. [Nel prossimo num. della rivista analizzeremo il paragrafo relativo a "Il Rosario"].

Peter Seewald prende le mosse da lontano, ponendo il seguente quesito a Joseph Ratzinger: "Signor Cardinale, nessuno viene tanto venerato nella Chiesa come Maria, cui viene dedicato un numero infinito di chiese e altari, canti e litanie, feste mariane e pellegrinaggi. Le migliaia di Santuari mariani costituiscono una vera e propria rete di Centri che avvolgono l’intero globo terrestre.

E nessuno, secondo una convinzione diffusa, compie tanti miracoli quanti ne ha compiuti Maria. I luoghi delle Apparizioni sono ricchi di testimonianze e documenti di eventi inspiegabili. Le chiedo: sono autentici tutti questi miracoli?".

Il Cardinal Ratzinger risponde in modo molto analitico, allargando il discorso a un contesto più ampio di mediazione di grazia e, al tempo stesso, di psicologia umana: "Non possiamo verificarlo nei dettagli. Spesso si tratta di straordinarie combinazioni di eventi che forse non possiamo caratterizzare come miracoli in senso stretto. Tutto ciò è comunque espressione della particolare fiducia che gli uomini ripongono in Maria. Grazie a Maria, riescono a intravedere il volto di Dio e quello di Cristo fino a maturare la comprensione di Dio.

L’ambito dei fatti che ha enumerato ci ripropone la questione della Madre come tramite, grazie a cui il mistero di Dio e il mistero del Figlio ci sono resi accessibili. Questo spiega la fiducia ben particolare che viene riposta in lei […].

Severino Baraldi, Il "miracolo del sole" a Fatima del 13 Ottobre 1917.
Severino Baraldi, Il "miracolo del sole" a Fatima del 13 Ottobre 1917.

In che misura gli interventi operati da Maria siano davvero catalogabili, in senso strettamente tecnico, come miracoli, è un’ulteriore domanda. Ciò che conta è la grande fiducia riposta in Maria e il riscontro che questa concretamente ha. Animata da questa fiducia, la fede si fa così viva da lambire la sfera fisica, quella della quotidianità, e da consentire alla mano di Dio di diventare reale, tramite la forza della bontà della madre di Cristo".

L’intervistatore insiste, quasi a voler riportare il discorso in un contesto ancora più concreto; e fa l’esempio storico classico degli eventi miracolosi di Fatima. Ricorda: "Prendiamo Fatima: Papa Giovanni Paolo II ha beatificato i piccoli Veggenti di Fatima Francisco e Jacinta il 13 Maggio 2000. Lui stesso attribuisce la sua sopravvivenza all’attentato di Piazza San Pietro [del 13 Maggio 1981] a un miracolo della Madonna di Fatima. E aggiunge persino che questo miracolo ha improntato il suo intero Pontificato in maniera decisiva.

Che cos’è accaduto? Intorno al mezzogiorno del 13 Maggio 1917, tre pastorelli - Lucia, di 10 anni, e i suoi cuginetti Francisco di 9 e Jacinta di 7 - hanno vissuto un’esperienza straordinaria nel Villaggio portoghese fino a quel momento sconosciuto […]. Il 13 Ottobre di quello stesso anno si radunarono a Fatima circa 70.000 persone, quasi a voler verificare come testimoni l’autenticità dei fatti dei quali i tre pastorinhos erano protagonisti. Secondo i resoconti dei presenti, quel giorno la visione ebbe inizio attorno a mezzogiorno; improvvisamente aveva smesso di piovere: le nubi si squarciarono, il sole iniziò a ruotare su se stesso a forte velocità, come un disco di fuoco; alberi e persone si ritrovarono di colpo avvolti da una luce fantastica; la folla proruppe allora in un grido di terrore, sembrando che il sole volesse precipitarle addosso…".

Risponde il Card. Ratzinger: "Non siamo in grado di verificare che cosa sia accaduto quel 13 Ottobre da un punto di vista meramente naturalistico. Ciò che conta è che la gente fu visibilmente commossa dall’unicità di quell’istante. Ha potuto percepire che stava accadendo qualcosa di straordinario. E in qualche modo il sole è divenuto il simbolo del mistero che si celava in quell’evento […].

E gli uomini che accorrono in pellegrinaggio a Fatima, a Lourdes o a Gaudalupe, sperimentano la grandezza della figura di Maria, ma anche la forza terapeutica e consolante che ne scaturisce".

Cova da Iria: i tre piccoli Veggenti dopo la "visione dell'Inferno" [13 Luglio 1917].
Cova da Iria: i tre piccoli Veggenti dopo la "visione dell’Inferno" [13 Luglio 1917].

"Il mistero di Fatima"

L’intervistatore apre quindi il discorso sul "Segreto di Fatima" [che chiama "il mistero di Fatima"], ritenendo peraltro che "il messaggio di Fatima non è molto complicato, al contrario: i tre piccoli Veggenti l’hanno formulato con queste parole: ‘Io sono la Signora del Rosario! […]. Sono venuta per correggere gli uomini, che devono smettere di offendere il Signore’ ".

"In effetti - concorda il Card. Ratzinger -, il messaggio [di Fatima] è in sé molto semplice. E Lucia ha sempre posto l’accento su questa semplicità e messo in guardia da tutto il contorno delle rivelazioni, perché in realtà tutto ruota attorno a fede, speranza e carità. Anch’io ho avuto l’occasione di parlare brevemente con lei. E lei ha sottolineato con grande energia la necessità di raccontarlo a tutti […].

Io credo - aggiunge il Cardinale - che tutte queste Apparizioni mariane, per quanto autentiche, non aggiungano nulla al Vangelo. Non riservano sorprese o notizie sensazionali per i curiosi, ci riconducono a quegli elementi semplici ed essenziali che siamo così inclini a dimenticare. Si tratta quindi di cogliere il nucleo centrale del messaggio cristiano, di muovere verso ciò che è davvero essenziale, approdando alla conversione, alla fede, alla speranza e alla carità".

Poi Ratzinger ricorda come "nel frattempo la ‘Congregazione per la Dottrina della Fede’ [della quale, ricordiamolo, lui era allora Prefetto], il 26 Giugno 2000, ha presentato il testo integrale del cosiddetto "terzo segreto di Fatima", con la riproduzione del testo autografo di Sr. Lucia, così da non lasciare più dubbi sulla sua autenticità e completezza. "Io stesso - dice a questo punto il Card. Joseph Ratinger - ho abbozzato un tentativo di interpretazione del "terzo mistero". E ne ricorda ancora i contenuti essenziali, che qui riassumiamo.

Papa Benedetto XVI guida la recita del Santo Rosario davanti all'immagine della "Madonna del Divino Amore", il 1° Maggio 2006.
Papa Benedetto XVI guida la recita del Santo Rosario davanti all’immagine
della "Madonna del Divino Amore", il 1° Maggio 2006.

In sostanza, è documentato come dalle parole di Lucia risulti intanto improprio parlare di "segreti" di Fatima. La veggente parla solo di un "segreto", distinto in tre parti: la prima è la visione dell’Inferno, la seconda si riferisce alla devozione al Cuore Immacolato di Maria, la terza riguarda la persecuzione della Chiesa da parte di Governi atei e l’attentato al Papa.

Lucia stessa scrive la terza parte del segreto a Tuy, il 3 Gennaio 1944; e, nella descrizione dal carattere spiccatamente simbolico che ne fa, si distinguono chiaramente due scene: 1] nella prima, un Angelo con la spada fiammeggiante incendia il mondo e grida per tre volte: "Penitenza, Penitenza, Penitenza!"; 2] la seconda scena pone di fronte ad una città in rovina, ad una strada seminata di cadaveri e ad una montagna ripida sormontata da una grande Croce. Là in cima vengono uccisi un Vescovo vestito di bianco e altri Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, uomini e donne secolari.

L’interpretazione ufficiale [dei Cardinali Sodano e Ratzinger, nonché di Mons. Bertone], avvalorata da Lucia, coincide con il valutare questa seconda scena come una profezia realizzata. Quanto al contenuto, i tre sono concordi nel ravvisare la persecuzione contro la Chiesa nel XX secolo, soprattutto della Russia sovietica, a partire dal 1917.

Essi inoltre, basandosi sull’interpretazione dei "pastorinhos", confermata anche da Suor Lucia e su quella dello stesso Giovanni Paolo II, vi leggono l’attentato del 13 Maggio 1981, quando "il Vescovo vestito di bianco cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco". Ora, è vero che il Papa non morì sotto i colpi dell’attentatore, ma questo si spiega mediante l’intervento di Maria che neutralizza le pallottole che erano mortali.

Quanto alle varie immagini presenti nel "Segreto", il Card. Ratzinger le prende in considerazione, avanzando un’interpretazione simbolica valida per ogni tempo.

Pellegrinaggio del dolore innocente a Lourdes, cittadella della sofferenza e della fede.
Pellegrinaggio del dolore innocente a Lourdes, cittadella della sofferenza e della fede.

L’acqua miracolosa e risanatrice di Lourdes

Esaurito il discorso sul "mistero di Fatima", l’intervistatore Peter Seewald fa un’incursione pure su Lourdes: "Lourdes è la più grande meta di Pellegrinaggi del mondo, più grande ancora della Mecca, pur trovandosi in una località quasi sperduta dei Pirenei francesi. Per 18 volte la Vergine sarebbe apparsa, tra il Febbraio e il Luglio del 1858, alla giovane fanciulla Bernadette; e folle sempre più numerose poterono assistere alla trasfigurazione della semplice ragazzetta figlia di un mugnaio […].

E nel luogo dove, per ordine della Madonna, scavò la terra con le mani nude, sgorgò una piccola sorgente dalla quale ancora oggi, tutti i giorni, zampillano centoventiduemila litri di acqua miracolosa…".

"La vicenda di Lourdes – confessa il Card. Ratzinger - mi commuove sempre particolarmente […]. Direi che qui non c’è molto spazio per speculazioni astruse. Alla semplice ragazza Bernadette che di proprio non poteva portare in dote altro che una grande purezza interiore, assediata com’era, nel secolo del razionalismo che sconfinava nell’anticlericalismo, ma guardata con sospetto anche da un’Autorità religiosa scettica, e che, a ragione, agì inizialmente con prudenza giustificata in quel clima di diffidenze, fu consentito di vedere il volto della Madre di Dio. E l’acqua viva risanante è insieme il segno della forza salvifica della creazione, da Maria nuovamente risvegliata.

È un grande segno il fatto che proprio in un contesto razionalistico il Cristianesimo tornasse ad essere la religione del cuore, e una realtà capace di sanare le ferite dell’anima, consentendo ad una creatura semplice di acquisire la capacità di vedere la Madonna. Ed è perciò normale ed estremamente positivo che alla sorgente sgorgata presso la Grotta di Massabielle si ritrovi continuamente il contatto con il mistero di Cristo: quest’acqua taumaturgica, infine, rinvia all’acqua salvifica del Battesimo, la vera nuova fonte che Cristo ci ha donato".

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 13

 
di BRUNO SIMONETTO

La recita del Rosario
   http://www.stpauls.it/madre06/0608md/0608md08.htm

"Nel Rosario ci si concentra sulle figure di Cristo e di Maria, e i misteri meditati calmano l’anima, liberandola da preoccupazioni e sollevandola verso Dio".
 

Ancora per questo num. della rivista, continuiamo il discorso, sempre ricco e articolato, che abbiamo iniziato nelle precedenti "puntate" della rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato nel libro-intervista rilasciata dal Card. Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendendo altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].

Benedetto XVI recita il Rosario con le migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro, la sera del 2 Aprile 2006, 1° Anniversario della morte di Giovanni Paolo II.
Benedetto XVI recita il Rosario con le migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro,
la sera del 2 Aprile 2006, 1° Anniversario della morte di Giovanni Paolo II.

Il misterioso segreto del Rosario

Dopo aver analizzato i punti trattati nei precedenti paragrafi ["Maria nel Vangelo", "I dogmi mariani" e su "I miracoli" attribuiti all’intercessione della Santa Vergine Maria], vediamo stavolta il pensiero del futuro Papa Benedetto XVI su "Il Rosario".

Circa questa pia pratica, l’intervistatore Peter Seewald osserva che "dei misteri del Rosario è intessuta una preghiera molto particolare della Chiesa Cattolica: una specie di litania, scandita dai grani che compongono la corona, dove si articola tutta una serie di riflessioni sulla vita di Gesù Cristo e della sua santa Madre; in sostanza, l’intero Nuovo Testamento".

"Grandi peccatori e mistici di tutti i tempi - prosegue l’intervistatore -, hanno apprezzato le sue molteplici potenzialità e la sua forza spirituale. Oggi, per alcuni il Rosario rappresenta qualcosa di provocatoriamente fuori moda, per altri è una promessa ultraterrena cui ascrivono la capacità di soccorrere nella vita quotidiana e di far crescere la coscienza cristiana […].

Lei, Eminenza, quale pensa sia il segreto misterioso del Rosario?".

Il Card. Joseph Ratzinger risponde puntualmente, tracciando una specie di excursus storico-psicologico della pratica del Rosario ed evidenziandone tutta la potenzialità: "L’origine storica del Rosario – dice – risale al Medio Evo. Era quello un tempo in cui i Salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i Salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un Salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro, come grani di una collana.

Benedetto XVI recita il Rosario con le migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro, la sera del 2 Aprile 2006, 1° Anniversario della morte di Giovanni Paolo II.

Queste preghiere toccano la corda della meditazione; la reiterazione delle parole, il ritmo ripetitivo cullano l’anima e le trasmettono serenità, mentre il concentrarsi sulla parola e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.

In effetti, il Rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la reiterazione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità […].

Coloro che allora recitavano il Rosario, avevano duramente lavorato tutto il giorno. Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali. Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. Penso che questa arcaica esperienza della storia delle religioni della reiterazione, del ritmo, della parola collettiva, della coralità che mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera, è stata pienamente assunta dal Cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini, scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera".

Raffigurazione dell'"Ave, Maria" - Stampa popolare francese del sec. XIX.
Raffigurazione dell’"Ave, Maria" – Stampa popolare francese del sec. XIX.

La recita del Rosario di Papa Benedetto XVI

Da una riflessione di carattere più generale, il discorso dell’intervistatore si sposta su note più personali circa il modo di recitare il Rosario dell’intervistato. Chiede Peter Seewald al futuro Papa Benedetto XVI: "Lei ha una maniera particolare di recitare il Rosario?". E il Card. Ratzinger risponde con disarmante semplicità: "Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il Rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro".

Insiste l’intervistatore: "Ma come si fa? Recita una sola parte del Rosario o tutte e tre di seguito?" – E Ratzinger, con umiltà e sincerità: "No, tre per me sono troppe; sono uno spirito irrequieto, non conserverei la concentrazione tanto a lungo. Ne scelgo una, e spesso mi limito alla proclamazione di due o tre dei cinque misteri, perché corrispondono alla pausa che io riesco a ritagliarmi dal lavoro e di cui ho bisogno per sgombrare la mente, per ritrovare serenità, in attesa di immergermi di nuovo nel lavoro, con più lena. In questa situazione un Rosario intero sarebbe troppo".

Conclusione del mese di Maggio 2006 in Vaticano: Papa Benedetto XVI è in preghiera davanti alla "Grotta di Lourdes", riprodotta nei Giardini Vaticani.
Conclusione del mese di Maggio 2006 in Vaticano: Papa Benedetto XVI è in preghiera
davanti alla "Grotta di Lourdes", riprodotta nei Giardini Vaticani.

Allargando il tema dal Rosario alla visione mariologica del futuro Papa Benedetto XVI [della quale siamo venuti discorrendo sulle pagine di questa rivista fin dal Luglio 2005], l’intervista di Peter Seewald chiude il capitolo dedicato a "La Madre di Dio" ponendo all’intervistato un interessante quesito: "Come fare per riscoprire la centralità della spiritualità mariana nella Chiesa? Da dove incominciare?" – Il grande teologo Joseph Ratzinger risponde con senso pastorale più pratico che speculativo: "Direi che non bisogna limitarsi alla meditazione [delle verità di fede enunciate] soltanto. Perché, se si tenta di avvicinarsi ai misteri di Dio [e della sua santa Madre] attraverso i meandri del pensiero, e se ci si vuole impadronire di questi da un punto di vista meramente teorico, allora si fallisce inesorabilmente. Si deve sempre combinare la riflessione con l’azione. Pascal ha detto una volta a un amico non credente: ‘Inizia a fare ciò che fanno coloro che credono, anche se al momento ti pare insensato’.

Non esiste un inizio valido per tutti, credo. Per molti - e la storia lo dimostra - Maria è la porta che introduce a Cristo. Per altri il vero inizio è Cristo, la lettura e la meditazione dei Vangeli. Direi che la lettura dei Vangeli è sempre un percorso di avvicinamento valido. Naturalmente, non può essere una lettura meramente teorica, quale quella che ci propongono gli storici o gli esegeti, che sezionano il testo per individuarne le fonti; dev’essere una lettura che ha come stella polare Cristo e che si concepisce come introduzione alla preghiera.

Direi che questo percorso di avvicinamento alla fede potrebbe essere impostato come un alternarsi - non esente talvolta da passi falsi - di prassi religiosa e ricerca spirituale fondata su lettura e meditazione […]".

Papa Benedetto XVI in preghiera davanti all'immagine della "Salus Populi Romani" nella Cappella Paolina di "Santa Maria Maggiore" in Roma.
Papa Benedetto XVI in preghiera davanti all’immagine della "Salus Populi Romani"
nella Cappella Paolina di "Santa Maria Maggiore" in Roma.

La visione mariana del futuro Papa

Ci pare che quest’ultimo pensiero del Card. Ratziger corrisponda, nella sostanza, a quanto lo stesso scrive nel volumetto di sole 86 pagine, ma che da sole valgono un trattato completo di mariologia: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998], dove ci è dato cogliere la centralità del pensiero sulla Madonna del futuro Papa Benedetto XVI.

Al riguardo, scrivevamo nel num. di Luglio 2005 che - come ouverture dell’insegnamento mariano del Card. Joseph Ratzinger - basterebbe il capitoletto introduttivo del libro citato, in cui l’illustre teologo commenta il passo di Isaia: "La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto" [Is 55, 10-11], legandolo al passo del Vangelo di Matteo [cfr. 6, 7-15] sul "Padre nostro" che Gesù ci ha insegnato.

"Quando il profeta Isaia faceva questa affermazione – scrive Joseph Ratzinger –, essa non era affatto la constatazione di una cosa tanto ovvia, ma piuttosto una contraddizione rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Infatti, questo brano appartiene sicuramente alla narrazione della passione di Israele, ove si legge che i richiami di Dio al suo popolo subiscono continui scacchi e che la sua Parola resta invariabilmente senza frutto, mentre Dio appare assiso sul palco della storia, ma non come vincitore […]. In effetti, la semina di Dio nel mondo non sembrava dare risultati. Per questo, l’oracolo [del Profeta], sebbene avvolto nell’oscurità, è un incoraggiamento per tutti coloro che non ostante tutto continuano a credere nella potenza di Dio, convinti che il mondo non è soltanto terreno arido in cui il seme non può trovare spazio, e certi che la terra non sarà solo e sempre una crosta superficiale dove i passeri beccano il seme che vi è caduto, portandoselo via [cfr. Mc 4, 1-9].

Il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II è stato sempre un grande "rosariante".
Il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II è stato sempre un grande "rosariante".

Per noi Cristiani, un’affermazione del genere suona come promessa di Gesù Cristo, grazie al quale la Parola di Dio è ora veramente penetrata nella terra ed il seme è divenuto pane per tutti noi: seme che porta frutto per i secoli; risposta feconda, in cui il disegno di Dio si è radicato in questo mondo in modo vivente".

Su questa constatazione di fede, Joseph Ratzinger fa una applicazione profondamente biblica alla figura di Maria: "È difficile rinvenire altrove il mistero di Cristo collegato a quello di Maria in forma tanto chiara e stretta come nella prospettiva di questa promessa: perché quando si afferma che la Parola – meglio: il seme – porta frutto, si vuol dire che esso non cade sulla terra per rimbalzare via, ma che penetra invece profondamente nel suolo per assorbirne la linfa e trasformarla in se stesso. Assimilata così la terra in sé, produce realmente qualcosa di nuovo, mutando la stessa terra in frutto. Il chicco non resta solo: ad esso appartiene il mistero materno della terra, allo stesso modo che a Cristo appartiene Maria, suolo santo della Chiesa, come bellamente la chiamano i Padri.

Il mistero di Maria significa appunto questo: che la Parola di Dio non rimane sola, ma assume in sé l’altro, l’humus della terra: nella "terra" della madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio" [cfr. o.c., pp. 5-6].

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 14

 
di BRUNO SIMONETTO

La recita del Rosario secondo Papa Ratzinger
  http://www.stpauls.it/madre06/0610md/0610md08.htm 

Tutta la teologia mariana, o la mariologia, del Santo Padre confluisce nel Rosario, che ne è come l’espressione riepilogativa.
 

Nel num. di Agosto/Settembre della rivista ricordavamo l’insegnamento di Benedetto XVI sul "misterioso segreto del Rosario" e sottolineavamo il fatto che Papa Ratzinger, come tracciando un excursus storico-psicologico della pia pratica del Rosario, ne evidenziasse tutta la potenzialità, affermando: "Nel Rosario ci si concentra sulle figure di Cristo e di Maria, e i misteri meditati calmano l’anima, liberandola da preoccupazioni e sollevandola verso Dio".

E ricordavamo come – all’intervistatore Peter Seewald che chiedeva al futuro Papa Benedetto XVI se avesse una maniera particolare di recitare il Rosario – il Card. Ratzinger rispondesse con disarmante semplicità: "Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il Rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro".

Papa Benedetto XVI, mariologo grande devoto del Santo Rosario. Bartolomé Esteban Murillo, Vergine del Rosario [part.] - Galleria del Prado, Madrid. Come in ogni famiglia di altri tempi, non mancava il Rosario nella casa di Bartrès, dove Bernadette Soubirous visse, quando fu affidata per l'allattamento a Maria Lagües.
Papa Benedetto XVI, mariologo grande devoto del Santo Rosario. Bartolomé Esteban Murillo,
Vergine del Rosario [part.] – Galleria del Prado, Madrid. Come in ogni famiglia di altri tempi, non mancava il Rosario
nella casa di Bartrès, dove Bernadette Soubirous visse, quando fu affidata per l’allattamento a Maria Lagües.

Grandezza e semplicità della devozione mariana del Papa teologo Benedetto XVI. In realtà, tutto quanto abbiamo fin qui scritto nelle precedenti 13 puntate di questa rubrica ["La mariologia di Benedetto XVI"] può essere considerato come un mosaico i cui tasselli compongono il grandioso quadro della visione che Papa Ratzinger ha del Rosario, in quanto questo è la riproposizione integrale del mistero di Cristo, di Maria e della Chiesa. Per evidenziarlo basti citare i titoli delle singole puntate:

  1. Maria, Chiesa nascente
  2. L’integrazione della mariologia nella teologia
  3. La struttura della devozione alla Madonna
  4. Una devozione mariana biblica
  5. "Et incarnatus est […] ex Maria Virgine…"
  6. Il segno della Donna
  7. Il "segno della Donna" nella storia dell’uomo
  8. Maria, "Madre della Chiesa"
  9. Il ruolo di Maria nella storia dell’umanità
  10. Maria, "espressione della vicinanza di Dio"
  11. I dogmi mariani spiegati dal teologo Papa Ratzinger
  12. Intercessione di Maria e miracoli da lei ottenuti
  13. La recita del Rosario.

Come si può vedere, è tutta la teologia mariana, o la mariologia, di Papa Ratzinger a confluire nel Rosario, che ne è l’espressione riepilogativa.

La pratica del Rosario promossa dai Papi

Ma nel mese di Ottobre, dedicato alla "Madonna del Rosario" e molto caro alla pietà popolare non meno che il mese di Maggio, mariano per eccellenza, tante Parrocchie e famiglie, sulla scia di tradizioni religiose ormai consolidate, continuano a promuovere fervorose iniziative liturgiche, catechistiche e pastorali. Continuano a farne soprattutto un mese di intensa preghiera con Maria con la quotidiana recita del Santo Rosario.

Al Rosario i Cristiani sono da sempre invitati a far ricorso, specie nei momenti più difficili del nostro pellegrinaggio sulla terra, come ci ricordano - fra l’altro - non meno di 16 Encicliche di Papi: dalla "Superni Apostolatus" di Leone XIII del 1 Settembre 1883 [ma Papa Leone di Encicliche sul Rosario ne scrisse ben 11], alla "Ingravescentibus malis" di Pio XI del 29 Settembre 1937, alla "Ingruentium malorum" di Pio XII del 15 Settembre 1951, alla "Grata recordatio" di Giovanni XXIII del 26 Settembre 1959, alla "Christi Matri" di Paolo VI del 15 Settembre 1966 ed alla recente "Rosarium Virginis Mariae" di Giovanni Paolo II del 16 Ottobre 2002.

Pietro Favaro, Il Rosario degli umili - "Santuario di San Giuseppe" in San Giuseppe Vesuviano, Napoli.
Pietro Favaro, Il Rosario degli umili – "Santuario di San Giuseppe" in San Giuseppe Vesuviano, Napoli.

Fra le tante citazioni del Magistero della Chiesa [incluso quanto riportiamo più sotto dell’insegnamento di Papa Benedetto XVI nella sua catechesi ordinaria], vogliamo ricordare ciò che scriveva il Servo di Dio Giovanni Paolo II: "Il Rosario, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore" ["Rosarium Virginis Mariae, 1].

Quindi, facendo sue le commoventi parole della "Supplica alla Regina del Santo Rosario" composta dal Beato Bartolo Longo, Giovanni Paolo II così concludeva la sua Enciclica sul Rosario: "O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci riannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’Inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia. A te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo!" ["Rosarium Virginis Mariae", 43 ].

Esortazioni di Papa Benedetto alla pia pratica del Rosario

Infine, a puro titolo esemplificativo [perché innumerevoli altre sono le volte che Papa Ratzinger ha invitato a ricorrere alla preghiera del Rosario], citiamo alcune esortazioni di Benedetto XVI a questa pia pratica:

1] In un Messaggio ai giovani d’Olanda, in occasione della "Iª Giornata Nazionale dei Giovani Cattolici", Papa Benedetto XVI scrive il 21 Novembre 2005: "Cari giovani amici, […] vi invito a cercare ogni giorno il Signore, che non desidera altro se non che siate realmente felici. Intrattenete con Lui una relazione intensa e costante nella preghiera e, per quanto vi è possibile, trovate momenti propizi nella vostra giornata per restare esclusivamente in sua compagnia. Se non sapete come pregare, chiedete che sia Lui stesso ad insegnarvelo e domandate alla sua celeste Madre di pregare con voi e per voi. La recita del Rosario può aiutarvi ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria".

Il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, Papa del "Totus tuus" e del Rosario.
Il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, Papa del "Totus tuus" e del Rosario.

2] In Visita al "Santuario del Divino Amore" in Roma, Papa Benedetto XVI ha aperto quest’anno il Mese di Maggio con la recita dei Misteri gaudiosi del Santo Rosario, che ha poi sapientemente illustrato, dicendo fra l’altro: "… è per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il Santo Rosario, in questo Santuario della "Madonna del Divino Amore", in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amato Predecessore Giovanni Paolo II che, esattamente 27 anni or sono, 1° giorno del mese di Maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo Santuario […].

Abbiamo recitato il Santo Rosario percorrendo i 5 "Misteri gaudiosi", che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra Salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel Tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i Dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell'Angelo: ‘Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te’, e anche le espressioni con cui Santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo’. Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al Bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio Eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel Tempio per offrire a Dio il Bambino e compiere il rito della Purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla Salvezza la contraddizione e la Croce, e quella spada che, sotto la Croce del Figlio, trafiggerà l'anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune madre….".

3] A conclusione dell’Udienza Generale di Mercoledì 17 Maggio 2006, rivolgendosi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, il Pontefice esortava tutti a "intensificare la pia pratica del Santo Rosario, specialmente in questo mese di Maggio dedicato alla Madre di Dio": "Invito voi, cari giovani, a valorizzare questa tradizionale preghiera mariana, che aiuta a meglio comprendere i momenti centrali della Salvezza operata da Cristo. Esorto voi, cari malati, a rivolgervi con fiducia alla Madonna mediante questo pio esercizio, affidando a Lei tutte le vostre necessità. Auguro a voi, cari sposi novelli, di fare della recita del Rosario in famiglia un momento di crescita spirituale sotto lo sguardo della Vergine Maria".

4] Nell’"Incontro Mondiale delle Famiglie" che si è recentemente tenuto a Valencia, in Spagna, dall’1 al 9 Luglio, Papa Benedetto ha voluto si desse particolare risalto alle odierne sfide della gioventù, come l’inserimento nel mondo del lavoro, l’impegno di contrarre Matrimonio e formare una nuova famiglia, la vocazione, le alternative alla cultura dell’ozio e del tempo libero, la libertà religiosa nel mondo universitario, lavorativo e politico. [Vi hanno partecipato 1500 giovani tra i 16 ed i 25 anni]. Altri due temi particolarmente significativi sono stati: "I nonni e la trasmissione della fede" e "I nonni e la famiglia"; poi, quasi a raccogliere le riflessioni e le ansie vissute nell’Incontro, la celebrazione del "Rosario delle famiglie" [con la suggestiva ‘Passeggiata Marittima’ sulla spiaggia di Malvarrosa, che ha visto la partecipazione dei 400 bambini che hanno sceneggiato i Misteri del Rosario, meritando il plauso del Santo Padre].

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 15

 
di BRUNO SIMONETTO

Il "luogo biblico" della mariologia
   

La mariologia ha un proprio spazio nella teologia, biblicamente fondato, e non va considerata un sottoprodotto della cristologia.
 

M. Barberis, Maria segno di Alleanza - Ed. Fate Indovino, Perugia 1975.Antecedente al libro "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, "Edizioni San Paolo", Cinisello Balsamo 1998-20052] c’è un altro testo del Card. Joseph Ratzinger sulla Madonna: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di SionLa devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064], risultato di tre Conferenze tenute dall’Autore poco prima della sua nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

"Il libretto che presento al pubblico – scriveva Joseph Ratzinger nella Prefazione alla prima edizione – è la riproduzione di tre Conferenze da me tenute a Puchberg, vicino a Linz, nella primavera 1975. Dopo la lunga eclissi del culto mariano nella Chiesa, volevamo constatare in modo del tutto spassionato che cos’era veramente rimasto della fede mariana e che cosa di essa dovrà ancora rimanere. Si trattava quindi di un’introduzione che non aveva bisogno di essere completa nei dettagli, ma che doveva mostrare bene la prospettiva dalla quale si possono cogliere adeguatamente sia il particolare che il tutto. […] Spero che esso possa a suo modo aiutare a ricomprendere e ad appropriarsi nuovamente quello che vi è di imperituro nella fede mariana".

Il prezioso libro [di sole 80 pagine, ma di densissimo contenuto mariologico] è stato di recente ristampato in nuova edizione. In sintesi, l’intento dell’Autore è quello di mostrare che, dopo la lunga crisi della devozione a Maria nella Chiesa, questa può avere fondamento e spazio nella Teologia e nella vita spirituale dei Cristiani.

Due linee direttive guidano l’opera del futuro Papa Ratzinger. In una prima riflessione egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento. È proprio attraverso le grandi figure di donne - Eva, Sara, Rachele, Anna, Ester e Giuditta - che prende concretezza la promessa del Messia. Ovviamente, il Vecchio Testamento trova il compimento nel Nuovo; ma questo non vuol dire la dissoluzione della Scrittura; e se Cristo è il nuovo Adamo, Maria è la nuova Eva.

La mariologia - conclude Joseph Ratzinger - ha perciò un proprio spazio nella teologia e non deve essere considerata una imitazione, quasi un sottoprodotto della cristologia. In una seconda riflessione l’Autore esamina i principali dogmi mariani. In essi è visibile l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza. Questo permette un altro passaggio: in Maria il Creatore si rivela paradigmaticamente come il Dio che, nella forza della sua grazia, può suscitare la libera responsabilità dell’amore della sua creatura.

Si riassume, in queste due linee di riflessione teologico-mariologica, il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che ci ripromettiamo di analizzare in diverse puntate, come abbiamo a suo tempo fatto per il libro "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente].

Il volumetto si articola in due parti:

Parte prima: Il luogo biblico della mariologia

Parte seconda: La fede mariana della Chiesa.

Quest’ultima parte analizza i dogmi mariani:

IIl dogma mariano originario: vergine e madre

II – L’esenzione dal peccato di Adamo

III – L’assunzione corporale nella gloria celeste.

Papa Benedetto XVI pronuncia un'importante Omelia sul rapporto Maria-Chiesa durante la solenne concelebrazione in San Pietro, l'8 Dicembre dello scorso anno.
Papa Benedetto XVI pronuncia un’importante Omelia sul rapporto Maria-Chiesa durante
la solenne concelebrazione in San Pietro, l’8 Dicembre dello scorso anno.

Approccio biblico al tema mariologico

L’approccio al tema mariologico non può che prendere avvio - come il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger è solito fare nelle sue analisi - dalla Sacra Scrittura: da qui la parte "introduttiva" del volumetto, dove si identifica come più proprio il luogo biblico della mariologia.

"Di fronte alla fede e alla pietà mariana della Chiesa - scrive il futuro Papa Ratzinger -, l’attento osservatore della vita ecclesiastica di oggi [siamo nel 1975, ndr] scoprirà una particolare discrepanza. Da un lato si crea l’impressione che la mariologia sia un duplicato ridotto della cristologia, nato da motivi irrazionali; di più ancora: essa appare come l’eco di antichissimi modelli di storia delle religioni, modelli che, con ritorni difficilmente soffocabili, si mettono in evidenza pure nel fatto cristiano; anche se, ad un esame più attento, non depongono a loro favore né ragioni storiche né motivazioni teologiche. Non ragioni storiche, perché è evidente che nella vita di Gesù Maria ha solamente una certa importanza, si presenta piuttosto nel segno dell’equivoco; non ragioni teologiche, perché, nella struttura del ‘Credo’ neotestamentario, la Vergine-Madre non ha alcun posto.

Al contrario, non si è certo imbarazzati a concretizzare la provenienza extra-cristiana del fatto mariano: da miti egiziani, dal culto alla ‘Grande Madre’, dalla Diana di Efeso, la quale, proprio nel Concilio di Efeso, è diventata, in modo del tutto spontaneo, la "Madre di Dio", Theotókos… D’altro lato, però, si reclamizza poi la generosità nei confronti delle diverse forme di pietà [mariana]: ai Romani bisogna lasciare la loro Madonna, senza lasciarsi prendere da tendenze puritane.

Dietro ciò - continua nella sua acuta analisi il Card. Joseph Ratzinger - si vuol vedere un atteggiamento che si fa visibilmente più forte dopo l’ondata della razionalizzazione: l’ardente desiderio di una risposta anche al sentimento nella sfera della religione; il desiderio ardente che anche nella religione possa trovare un posto l’immagine della donna come vergine e come madre. È certo però che per giustificare la pietà mariana non basterà la mera tolleranza di fronte alle molteplici usanze: se il loro fondamento è così futile, allora il sussistere di una pietà mariana non sarebbe altro che un’abitudine in contrasto con la verità […]".

Detto questo come premessa al discorso che segue, il Card. Ratzinger aggiunge: "È necessaria, dunque, una riflessione più profonda", articolata per punti.

Icona russa della Madre di Dio "Sorgente di Vita" - Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita [sec. XIX].
Icona russa della Madre di Dio "Sorgente di Vita" – Ufficio Archeologico
presso l’Accademia Ecclesiastica Moscovita [sec. XIX].

Una riflessione profonda sulla Sacra Scrittura

1] "Prima della ricerca di testi isolati [della Sacra Scrittura] dev’esserci uno sguardo d’insieme, deve essere affrontato il problema della struttura; solamente così si può ottenere un sensato inquadramento del particolare.

Ma esiste veramente - si chiede Ratzinger - un luogo per qualcosa come la mariologia nella Sacra Scrittura, nel disegno complessivo della sua fede e della sua preghiera? Si può affrontare metodicamente questo problema risalendo all’indietro: partendo dal Nuovo Testamento per tornare a rileggere l’Antico, o anche viceversa: partendo dal Vecchio Testamento per addentrarsi gradualmente nel Nuovo.

La cosa migliore sarebbe che le due strade si congiungessero e si compenetrassero l’una con l’altra, in modo che nasca un quadro più esatto possibile. Se si fa una lettura risalendo all’indietro, o più precisamente: dalla fine all’inizio, appare che l’immagine di Maria nel Nuovo Testamento è stata completamente intessuta con i fili dell’Antico Testamento, per cui si possono chiaramente distinguere due o addirittura tre binari di tradizione che vengono usati per esprimere il mistero di Maria.

Nel presentarla si assume anzitutto l’immagine delle grandi madri dell’Antico Testamento: Sara e soprattutto Anna, madre di Samuele; in secondo luogo, nella sua raffigurazione viene intessuta tutta la teologia della "figlia di Sion", con la quale soprattutto i Profeti hanno espresso il mistero dell’elezione e dell’Alleanza, il mistero dell’amore di Dio per Israele. Nel Vangelo di Giovanni si può riconoscere un terzo binario: per spiegare Maria è usata la figura di Eva, la "donna" in genere.

Queste considerazioni, che più avanti verranno approfondite, ci offrono la guida che ci introduce nell’Antico Testamento e ci mostrano dove si trovano in esso gli elementi che divennero in seguito promettenti.

"La Sapienza si è costruita una casa" - Tempera su legno [sec. XVIII], Museo Kolomenskoe, Russia.
"La Sapienza si è costruita una casa" – Tempera su legno [sec. XVIII], Museo Kolomenskoe, Russia.

2] Tutta la successiva pietà mariana e la teologia mariana si basano fondamentalmente sul fatto che nell’Antico Testamento esiste una teologia della donna profondamente ancorata, ed essenziale per la sua costruzione generale: contrariamente ad un pregiudizio ampiamente diffuso, la figura della donna occupa un posto insostituibile nella struttura generale della fede e della pietà veterotestamentarie.

Si tratta di un fatto che raramente viene tenuto presente a sufficienza, cosicché una unilateralità della lettura dell’Antico Testamento impedisce di aprire la porta per comprendere il fatto mariano nella Chiesa del Nuovo Testamento.

Generalmente si osserva solamente un aspetto: i Profeti combattono una lotta rigorosa per l’unicità di Dio contro la tentazione del politeismo, una lotta contro la religione della fecondità che raffigura Dio come uomo e donna. […] E si arriva alla conclusione che nella fede dell’Antico Testamento la donna non ha affatto una collocazione positiva; che non esiste e non può esistere una teologia della donna, giacché si tratta piuttosto del contrario; di eliminare cioè la donna dalla ‘teo-logia’, dal discorso di Dio. Questo significherebbe poi che la mariologia, di fatto, potrebbe essere considerata solamente come l’infiltrazione di un modello non biblico. Quest’affermazione si trasforma conseguentemente nell’altra, per la quale al Concilio di Efeso [431], che confermò e difese per Maria il titolo di "Madre di Dio", in effetti si è assicurato un posto nella Chiesa alla "Grande Madre", mentre essa era precedentemente respinta dalla pietà pagana.

Ma sono falsi proprio i presupposti veterotestamentari di questo modo di vedere, poiché, se la fede profetica rigetta anche il modello delle divinità in "sizigia" [cioè: accoppiate], quella stessa fede profetica, a suo modo e nel suo modello di fede e di vita, assegna alla donna una posizione indispensabile, la cui corrispondenza nella vita umana è il matrimonio […]".

Pietro Cavallini, Albero di Jesse - Cappella Minutolo del Duomo di Napoli.
Pietro Cavallini, Albero di Jesse – Cappella Minutolo del Duomo di Napoli.

3] Così, risalendo nell’Antico Testamento e ricostruendo gli elementi con i quali il Nuovo Testamento spiega teologicamente la figura di Maria, ci imbattiamo nei tre binari di una teologia biblica della donna:

A – la figura di Eva che "sta di fronte all’uomo", Adamo: essa non viene dalla terra, ma da lui stesso; e nell’intima correlazione esistente tra uomo e donna si compie la totalità dell’uomo;

B – il ruolo specifico delle grandi donne dell’AT nella realizzazione della storia della promessa;

C – la figura della Sapienza [Sophia] acquista nel tardo AT un significato centrale, di intermediaria della creazione e della storia della salvezza: la Sophia rimanda al Logos, la Parola che fonda la Sapienza, ma anche la risposta femminile che accoglie la Sapienza e la porta a frutto.

È il seguito del discorso che va sviluppato e approfondito.

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 16

 
di BRUNO SIMONETTO

La fede mariana della Chiesa
   

Nei dogmi mariani si realizza l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.
 

Continuiamo l’analisi del libro del futuro Papa Benedetto XVI sulla Madonna: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di SionLa devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064], risultato di tre Conferenze da lui tenute poco prima della sua nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Ricordavamo già che, in sintesi, l’intento dell’Autore è quello di mostrare che la devozione a Maria nella Chiesa può avere fondamento e spazio nella Teologia e nella vita spirituale dei Cristiani. Due linee direttive guidano l’opera del teologo Ratzinger: in una prima riflessione [da noi riassunta nella precedente puntata] egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento; in una seconda [nella quale ora ci introduciamo] esamina i principali dogmi mariani, vedendo in essi l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.

In queste due linee di riflessione teologico-mariologica si riassume il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che stiamo analizzando.

Come abbiamo visto, l’approccio al tema mariologico, per il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger, non poteva che prendere avvio dalla Sacra Scrittura: da qui la parte prima "introduttiva" del volumetto, dove si identificava come proprio "il luogo biblico della mariologia". Nella parte seconda dell’opera [= "La fede mariana della Chiesa"] si analizzano i dogmi mariani: quello originario della verginità e della maternità divina di Maria, la sua esenzione dal peccato di Adamo e l’assunzione corporale nella gloria celeste.

Sui singoli dogmi seguiremo l’analisi che ne fa Papa Ratzinger; qui intanto ne diamo un quadro d’insieme, quasi un’ouverture di sinfonia che li inquadra nel loro contesto teologico-mariologico.

Sandro Botticelli, Natività mistica – National Gallery, Londra.
Sandro Botticelli, Natività mistica – National Gallery, Londra.

Il fondamento biblico dei dogmi mariani

"Tutto il Nuovo Testamento – riprende Joseph Ratzinger – si fonda nel Vecchio; esso non vuole essere nient’altro che una nuova lettura dell’Antico Testamento alla luce di ciò che è avvenuto in Gesù di Nazareth e per mezzo di lui.

E nella mariologia è stato raggiunto, sotto un certo aspetto, il punto nodale di questo nesso: essa non può essere reperibile se non nell’unità con la teologia profetica del Popolo di Dio considerato come "fidanzata" e se, secondo Luca e Giovanni [i due più grandi scrittori mariani del Nuovo Testamento], in Cristo è presente il fatto nuovo della sua Parola, della sua vita, Passione, Croce e Risurrezione, Maria, con il suo silenzio e la sua fede, impersonifica la continuità che si realizza nei poveri di Jaweh, ai quali sono dirette le Beatitudini: "Beati in poveri in spirito" [Mt 5, 1].

In fondo, le Beatitudini non sono che una variazione della parte centrale e spirituale del Magnificat. "Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili" [Lc 1, 52]: questa parte centrale del Magnificat è il nucleo della teologia biblica del Popolo di Dio. E in questa prospettiva va vista anche la particolare struttura dei dogmi mariani, i quali - se così è - non possono assolutamente essere derivati soltanto da singoli testi del Nuovo Testamento, poiché essi esprimono il grande disegno unitario dei due Testamenti. Del resto, essi possono divenire visibili solamente per chi percepisce quest’unità, all’interno cioè di una prospettiva che comprende ed attua l’interpretazione ‘tipologica’, l’accordo dell’unica storia di Dio nella differenza delle varie storie di eventi esteriori.

[…] Perciò, lo spazio della mariologia, di una sana mariologia, va perso quando si dissolve l’unità tra Antico e Nuovo Testamento. E quest’unità dei Testamenti è insieme il presupposto perché rimangano intatte la dottrina della creazione e la dottrina della grazia. Nell’era moderna, tuttavia, la perdita dell’esegesi ‘tipologica’ [cioè, della connessione tra l’unica storia e le molte storie] ha condotto di fatto alla divisione dei Testamenti e, a causa di un isolamento della dottrina della grazia, ha al tempo stesso minacciato visibilmente anche la dottrina della creazione. Per questo - sia detto per inciso - si vede qui quanto la mariologia sia indice che fa capire se sono posti giustamente o no i pesi sulla bilancia della realtà cristiana".

Non si tratta, quindi, di costruire qui una elaborazione completa, di carattere scientifico, della mariologia, ma soltanto di sottolineare un meditato sviluppo dei fondamentali contenuti della pietà mariana della Chiesa. Non, dunque, una mariologia costruita pezzo dopo pezzo, partendo da singoli elementi scritturistici neotestamentari, ma dai fondamenti biblici complessivi sui quali si fondano i dogmi mariani.

Papa Benedetto XVI a Les Combes (AO), saluta i fedeli durante l'Angelus.
Papa Benedetto XVI a Les Combes (AO), saluta i fedeli durante l'Angelus.

Visione teologica unitaria dei quattro dogmi mariani

1] "Il più antico dogma mariano della Chiesa, il dogma mariano fondamentale, dice: Maria è sempre vergine ["semper virgo": Symbola, DS 10-30; 42/64; 72; 150], e madre; anzi, può essere chiamata "Madre di Dio" ["Theotókos": DS 251, Concilio di Efeso].

I due titoli sono uniti in modo strettissimo: quando la si chiama "Madre di Dio", noi usiamo anzitutto un’espressione dell’unità tra essere-Dio ed essere-uomo in Cristo, unità che è talmente profonda che, per gli avvenimenti umani, qual è la nascita, non si può immaginare un Cristo puramente umano, staccato dall’insieme del suo essere persona. Era stata questa l’argomentazione dei Nestoriani, i quali volevano si ammettesse solamente il titolo di "Madre di Cristo" [= Christotókos], al posto dell’appellativo "Theotókos". Ma in una simile dicotomia della figura di Cristo [nella quale il biologico-umano viene nettamente separato dall’essere divino], si celano concetti antropologici e teologici di grande importanza: dietro la formula "genitrice di Dio" vi è la convinzione che l’unità di questo Cristo sia tale che io non posso in qualche modo astrarre il Cristo puramente corporale, poiché nell’uomo è umano-corporale anche il corporale, come ci conferma la stessa biologia moderna.

[…] Ma se, per quanto concerne l’unità dell’uomo, essa è come la vede la fede dei Concili, allora la maternità di Maria ha profondamente a che fare col mistero dell’Incarnazione in quanto tale, e arriva al cuore del mistero stesso. In tal modo, la tesi cristologica dell’Incarnazione di Dio in Cristo diventa necessariamente mariologica, e in effetti essa lo fu fin dall’inizio. Viceversa, solamente se la cristologia è intesa in modo così radicale da toccare anche Maria e da diventare mariologia, è essa stessa radicale come dev’essere in base alla fede della Chiesa. Sicché il manifestarsi di un senso veramente mariologico è la regola per stabilire se sia veramente presente il contenuto cristologico [della fede].

[Nel Concilio di Efeso] la mariologia fu a difesa della cristologia; ciò non significa, evidentemente, istituire una concorrenza che sminuisce la cristologia, ma solo affermare che essa fonda il completo trionfo di una professione di fede in Cristo che, nella definizione dogmatica della divina maternità di Maria, ha raggiunto il suo pieno rigore.

Maria "Regina mundi" - Statua lignea [sec. XIV] venerata nella Cappella mariana del Duomo di Treviri.
Maria "Regina mundi" – Statua lignea [sec. XIV] venerata nella Cappella mariana del Duomo di Treviri.

La Chiesa credente, conformemente alla testimonianza di Matteo e di Luca, vide realizzata questa peculiarietà di una maternità che impegna tutto l’uomo per Colui che qui nasce, nell’unità di essere-madre e di essere-vergine di Maria; e, contemporaneamente, [si realizza] l’intreccio veterotestamentario di ‘benedetto’ e ‘non benedetto’, di ‘fecondo’ o ‘sterile’: elementi che si fanno conoscere in quest’unità come perenne contenuto di senso [di fede]".

[Vedremo, nella prossima puntata, quali sono i testi biblici che fondano questo "dogma originario" della perpetua verginità e della divina maternità di Maria].

2] "Dalla medesima radice della teologia del Popolo di Dio e dal suo compimento nella nuova maternità di Maria cresce un po’ alla volta la certezza la Santa Vergine sia esente da peccato, come espressione della sua particolare elezione ["immaculata conceptio", DS 2800-2804]".

Sono solo queste poche parole che l’Arcivescovo Joseph Ratzinger spende per introdurre l’analisi di questo dogma. Ma [nel seguito del discorso] il tema si allargherà tanto da concludere che "la dottrina dell’Immacolata alla fine è espressione della certezza della fede che esiste realmente la "Chiesa santa", come persona e in persona. In questo senso essa è espressione della certezza di salvezza della Chiesa. Di tale certezza partecipa la conoscenza che l’Alleanza di Dio in Israele non è fallita, ma è diventata il pollone dal quale è sbocciato il fiore di Cristo Redentore […]".

Lodi della Madre di Dio con Inno "Acathistos" - Icona del XVI sec., Mosca [Museo Russo di San Pietroburgo].
Lodi della Madre di Dio con Inno "Acathistos" – Icona del XVI sec., Mosca [Museo Russo di San Pietroburgo].

3] "La fede nell’esenzione di Maria da ogni peccato genera, a sua volta, la convinzione della sua partecipazione al destino di Risurrezione del Figlio ed alla sua vittoria sulla morte" ["assumpta est Maria in Coelum", DS 3900-3904].

Anche questo ultimo dogma mariano viene così semplicemente qui presentato. Ma per spiegare diffusamente in seguito questo dogma ricorrerà, fra l’altro, alla teologia battesimale elaborata da San Paolo che afferma: "Dio con Gesù Cristo ha risuscitato anche noi e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù" [Ef 2, 6]. "Questo significa - rispondeva il Card. Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald che lo intervistava sui principali temi della nostra fede - che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

Secondo il dogma dell’Assunzione di Maria al Cielo si adempie, dunque, pienamente in Maria ciò che il Battesimo opera in tutti noi: il dimorare ["sedere"] con Dio "nei cieli" [perché Dio è nei Cieli!]. Il Battesimo [cioè, l’unione a Cristo] dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale i questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere ‘cristiana’".

Questi sono, intanto, approfondimenti davvero grandiosi della teologia-mariologia di Papa Ratzinger sulla fede mariana della Chiesa.

Bruno Simonetto

 

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La mariologia di Benedetto XVI – 17

 
di BRUNO SIMONETTO

Il "dogma originario" della verginità 
e della divina maternità di Maria

   

Il più antico e fondamentale dogma mariano della Chiesa dice che Maria è "sempre vergine" e madre; anzi, "Madre di Dio".
 

Sempre alla scuola del futuro Papa Benedetto XVI, continuiamo l’analisi del suo libro sulla Madonna: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di SionLa devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064], risultato di tre Conferenze da lui tenute poco prima della sua nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Ricordavamo già che, in sintesi, due linee direttive guidano l’opera del teologo Ratzinger: in una prima riflessione [da noi riassunta nella puntata 15ª di questa rubrica, nel Novembre scorso] egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento; in una seconda [nella quale ci siamo introdotti con la puntata 16ª di Dicembre] esamina i principali dogmi mariani, vedendo in essi l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.

In queste due linee di riflessione teologico-mariologica si riassume, per Papa Ratzinger, il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che stiamo analizzando.

Santi di Tito, Immacolata assunta in Cielo e la devozione della Chiesa [con i Santi Pietro, Giacomo Maggiore, Francesco d'Assisi e Filippo Benizi] - Pistoia, Chiesa dell'Annunziata.
Santi di Tito, Immacolata assunta in Cielo e la devozione della Chiesa [con i Santi Pietro, Giacomo Maggiore,
Francesco d’Assisi e Filippo Benizi] - Pistoia, Chiesa dell’Annunziata.

Come ormai sappiamo, l’approccio al tema mariologico, per il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger, non può che prendere avvio dalla Sacra Scrittura: da qui la parte prima "introduttiva" del volumetto in esame, dove si identifica come proprio "il luogo biblico della mariologia".

Nella parte seconda dell’opera [= "La fede mariana della Chiesa"] si analizzano i dogmi mariani: quello della verginità e della maternità divina di Maria, la sua esenzione dal peccato di Adamo e l’assunzione corporale nella gloria celeste.

Dopo aver visto, nel num. dello scorso Dicembre, il quadro d’insieme dei singoli dogmi mariani, come in un’ouverture di sinfonia che li inquadra nel loro contesto teologico-mariologico, seguiamo stavolta l’esposizione che fa Papa Ratzinger dei primi due visti ‘specularmente’ insieme: il dogma originario della verginità e maternità di Maria.

"Semper virgo" e "Theotókos"

"Il più antico dogma mariano della Chiesa, il dogma mariano fondamentale, dice: Maria è sempre vergine ["semper virgo": Symbola, DS 10-30; 42/64; 72; 150], e madre; anzi, può essere chiamata "Madre di Dio" ["Theotókos": DS 251, Concilio di Efeso].

I due titoli sono uniti in modo strettissimo: quando la si chiama "Madre di Dio", noi usiamo anzitutto un’espressione dell’unità tra essere-Dio ed essere-uomo in Cristo, unità che è talmente profonda che, per gli avvenimenti umani, qual è la nascita, non si può immaginare un Cristo puramente umano, staccato dall’insieme del suo essere persona. Era stata questa l’argomentazione dei Nestoriani, i quali volevano si ammettesse solamente il titolo di "Madre di Cristo" [= Christotókos], al posto dell’appellativo "Theotókos". Ma in una simile dicotomia della figura di Cristo [nella quale il biologico-umano viene nettamente separato dall’essere divino], si celano concetti antropologici e teologici di grande importanza: dietro la formula "genitrice di Dio" vi è la convinzione che l’unità di questo Cristo sia tale che io non posso in qualche modo astrarre il Cristo puramente corporale, poiché nell’uomo è umano-corporale anche il corporale, come ci conferma la stessa biologia moderna.

"Madre di Dio del Roveto Ardente" – Icona russa di fine sec. XVI: fanno corona alla Vergine Madre i personaggi veterotestamentari che profetizzarono la venuta in terra del Figlio di Dio nato da lei, e i simboli degli Evangelisti che cantarono le grandezze di Maria.
"Madre di Dio del Roveto Ardente" – Icona russa di fine sec. XVI: fanno corona alla Vergine Madre
i personaggi vetero-testamentari che profetizzarono la venuta in terra del Figlio di Dio nato da lei,
e i simboli degli Evangelisti che cantarono le grandezze di Maria.

[…] Ma se, per quanto concerne l’unità dell’uomo, essa è come la vede la fede dei Concili, allora la maternità di Maria ha profondamente a che fare col mistero dell’Incarnazione in quanto tale, e arriva al cuore del mistero stesso. In tal modo, la tesi cristologica dell’Incarnazione di Dio in Cristo diventa necessariamente mariologica, e in effetti essa lo fu fin dall’inizio. Viceversa, solamente se la cristologia è intesa in modo così radicale da toccare anche Maria e da diventare mariologia, è essa stessa radicale come dev’essere in base alla fede della Chiesa. Sicché il manifestarsi di un senso veramente mariologico è la regola per stabilire se sia veramente presente il contenuto cristologico [della fede].

[Nel Concilio di Efeso] la mariologia fu a difesa della cristologia; ciò non significa, evidentemente, istituire una concorrenza che sminuisce la cristologia, ma solo affermare che essa fonda il completo trionfo di una professione di fede in Cristo che, nella definizione dogmatica della divina maternità di Maria, ha raggiunto il suo pieno rigore.

La Chiesa credente, conformemente alla testimonianza di Matteo e di Luca, vide realizzata questa peculiarietà di una maternità che impegna tutto l’uomo per Colui che qui nasce, nell’unità di essere-madre e di essere-vergine di Maria; e, contemporaneamente, [si realizza] l’intreccio veterotestamentario di ‘benedetto’ e ‘non benedetto’, di ‘fecondo’ o ‘sterile’: elementi che si fanno conoscere in quest’unità come perenne contenuto di senso [di fede]".

I testi neotestamentari fondanti il "dogma mariano originario"

In tale prospettiva, ripresa dal pensiero mariologico di Joseph Ratzinger e riportata già nell’intervento del num. scorso della nostra rivista [cfr. ibid., pp. 9-10], esaminiamo ora il fatto che l’unitarietà dei dogmi della perpetua verginità e della divina maternità di Maria va ricercata partendo dai singoli elementi scritturistici neotestamentari che li fondano.

Lode alla Vergine Madre, cantata dagli Angeli – Min. c. 90v., Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.
Lode alla Vergine Madre, cantata dagli Angeli
– Min. c. 90v., Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.

Esaminiamo in questa 17ª puntata "I testi del Nuovo Testamento" [cfr. La figlia di Sion, o.c., pp. 37-45], riservandoci di coglierne successivamente "Il senso teologico" [cfr. ibid., pp. 46-58].

Si chiede Joseph Ratzinger: "Come si è formata la strada che condusse alla professione di fede nella maternità verginale di Maria?"; e aggiunge di voler solo, in risposta all’interrogativo, cercare di ripercorrere gli stadi principali nella crescita della relativa tradizione.

Inizia con Paolo, per il quale "il problema della nascita di Gesù non ha alcuna importanza sotto il punto di vista teologico, in quanto la sua fede si sviluppa tutta partendo dalla confessione della Croce e della Risurrezione". L’unico passo "mariano" di Paolo è dove dice che Gesù è "nato da donna" [Gal 4, 4]; ma per lui si tratta semplicemente di sottolineare che Cristo ha partecipato a tutta la sorte dell’essere-uomo, che è entrato pienamente nella ‘condition humaine’.

Sono piuttosto Matteo e Luca a mettere in luce la particolare funzione dell’albero genealogico, con il quale viene presentata l’origine di Gesù e insieme viene anche cercata una spiegazione della sua natura.

L’albero genealogico di Matteo mostra che Gesù è figlio di Abramo; ma lo raffigura prima di tutto come il vero Davide nel quale è stato adempiuto quel segno della speranza che questo Re era sempre più diventato per il suo popolo.

Luca va oltre, facendo risalire fino ad Adamo, "figlio di Dio" [Lc 3, 38], la geneaologia di Gesù. Adamo, cioè l’uomo in genere. Un albero genealogico che risale fino ad Adamo vuole mostrare che in Gesù è stata adempiuta non solamente la speranza di Israele in un Re, ma anche la richiesta dell’uomo in genere, di quell’essere che vaga e brancola alla ricerca di se stesso. Gesù è l’uomo per tutti gli uomini; l’uomo nel quale si compie il destino divino dell’uomo, la sua origine divina. In lui l’essere lacerato dell’uomo è stato unito ed è stato congiunto al Dio da cui discende e che egli cerca nel suo abbandono. Gesù è "Adamo", forma dell’uomo in assoluto. Lo è perché "è di Dio".

Ad ambedue gli alberi genealogici – quello di Matteo e quello di Luca – ciò che importa è la relazione storica ed umana di Gesù. Ma tutt’e due sono pure convinti che Gesù può essere il frutto conclusivo della storia solamente perché in lui ha fatto il suo ingresso nell’albero che si dissecca di questa storia una forza nuova, perché egli non viene solo "dal basso". Egli è frutto di questo albero, certo; ma l’albero può portare frutto solamente perché esso è fondato dall’esterno. Gesù trae origine "dal basso", ma egli discende contemporaneamente "dall’alto": le due verità non si contraddicono. Egli è completamente uomo, frutto di questa terra, ed è tale proprio perché non trae origine solamente da questa terra.

Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi e venerazione della Madre di Dio – Galleria degli Uffizi, Firenze.
Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi e venerazione della Madre di Dio – Galleria degli Uffizi, Firenze.

In Matteo ciò appare dal fatto che lo schematismo dell’albero genealogico, che collega un anello all’altro con il verbo "generò", viene rotto così nell’ultimo versetto: "Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo" [Mt 1, 16].

In Luca ciò appare quando Gesù è presentato non come figlio di Giuseppe, ma come colui che era "creduto" tale [cfr. Lc 3, 23], come colui che era giuridicamente classificato tale.

Implicazioni mariologiche del testo lucano dell’Angelus

L’accenno misterioso che abbiamo qui davanti – prosegue nella sua profonda analisi il teologo Joseph Ratzinger – è stato ulteriormente sviluppato nelle storie dell’infanzia di Gesù [cfr. Mt 1, 18-25; Lc 1-2]. Al riguardo, basterà qui accennare in breve ad alcuni punti di vista del testo lucano, che sono importanti per la comprensione generale della figura di Maria.

1] Anzitutto, è già importante la localizzazione che Luca presenta, in voluta contrapposizione con la precedente storia di Giovanni Battista. L’annuncio della nascita del Battista avviene nel Tempio, come dire: nell’ordinamento ufficiale e prescritto dalla Legge; quello a Maria avviene ad una donna, in un luogo insignificante della semipagana Galilea che né Giuseppe Flavio né il Talmud nominano.

2] Il saluto a Maria [cfr. Lc 1, 28-32] è stato formulato con stretto riferimento a Sofonia 3, 14-17: è Maria la figlia di Sion alla quale sono rivolte le espressioni di quel testo: a lei viene detto: "Gioisci!"; a lei viene detto che "Il Signore è con te"; è lei che viene presa dall’angoscia perché il Signore è con lei per salvarla.

3] Nel saluto dell’Angelo compare il motivo portante con cui Luca presenta la figura di Maria in genere: è lei, in persona, la vera Sion alla quale si sono dirette le speranze in tutte le rovine della storia. È lei invero Israele, nel quale si uniscono inseparabilmente Antica e Nuova Alleanza, Israele e Chiesa. È lei il "Popolo di Dio" che porta frutto per la potenza di grazia di Dio.

4] Dobbiamo infine fare attenzione anche all’espressione con la quale viene misuratamente descritto il mistero del nuovo concepimento e della nuova nascita: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo" [Lc 1, 35]: essa appartiene alla teologia culturale d’Israele, rimandando alla nube che stende la sua ombra sul Tempio ed indica così la presenza di Dio. Maria appare perciò come la "tenda santa" sulla quale comincia ad agire la presenza nascosta del Signore.

Prima di inoltrarci [alle prossime puntate] nell’analisi teologica complessiva di questi passi scritturistici neotestamentari, ci sarebbe ancora da rispondere alle due questioni relative: a] alla provenienza della tradizione che è stata ripresa da Matteo e da Luca, b] all’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario che deriva dai testi citati.

Ma anche di ciò parleremo in seguito, mancandone ora lo spazio.

Bruno Simonetto

 

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02/11/2008 17:38

 La mariologia di Benedetto XVI – 18

 
di BRUNO SIMONETTO

Il "dogma originario" della verginità 
e della divina maternità di Maria - 2

   

Il senso teologico conclusivo dei brani biblici che fondano tale dogma e la risposta alle obiezioni ricorrenti circa la verginità di Maria.
 

Continuiamo a rivisitare l’esposizione che nel libro "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di SionLa devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064] il futuro Papa Benedetto XVI fa dei primi due dogmi mariani, visti ‘specularmente’ insieme: il dogma originario della verginità e maternità di Maria.

Prima di inoltrarci nell’analisi teologica conclusiva dei passi scritturistici neotestamentari che li fondano, vediamo intanto qual è la risposta che il Card. Joseph Ratzinger ha dato a due importanti questioni relative:

  1. alla provenienza della tradizione che è stata ripresa nei Vangeli da Matteo e da Luca
  2. all’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario che deriva dai testi citati.

Processione in onore dell'Immacolata "Madonna del Miracolo" a Piazza di Spagna in Roma, il 27 Novembre scorso, vigilia della partenza di Papa Benedetto XVI per il Viaggio apostolico in Turchia.
Processione in onore dell’Immacolata "Madonna del Miracolo"
a Piazza di Spagna in Roma, il 27 Novembre scorso,
vigilia della partenza di Papa Benedetto XVI per il Viaggio apostolico in Turchia
.

Due questioni preliminari all’analisi teologica conclusiva

1 "L’esegesi moderna - precisa il futuro Papa Benedetto XVI - dimostra che i due evangelisti hanno dato al materiale la forma ultima partendo dalle loro stesse intenzioni ed idee teologiche; questo contributo "letterario" degli evangelisti alla forma della tradizione non va sicuramente sottovalutato. Tuttavia, l’esegesi dimostra anche che i due evangelisti usano materiale di tradizione precedentemente esistente, materiale che già era stato plasmato per opera delle Comunità che lo avevano tramandato.

Per Luca, H. Schürmann crede di poter indicare una Comunità della Giudea degli anni sessanta come precedente gruppo mediatore di tradizione [cfr. Das Lukasevangelium, I, Freiburg 1969, pag. 145]. Non si potrà contestare che lo stesso Luca volesse riferirsi a Maria [e perciò alla più ampia cerchia dei parenti naturali di Gesù, cfr. Lc 2, 19-51].

Perciò, l’assunzione di questi brani nel Vangelo è un fatto di natura particolare, riguardante la storia della tradizione: tale assunzione significa che una tradizione, che per l’innanzi era stata conservata privatamente, in un ambito più ristretto, ora viene inserita nella predicazione ufficiale della Chiesa, acquistando il grado di tradizione della Comunità ecclesiastica" [cfr. o.c., pp. 43-44].

Continuando il ragionamento sulla valenza teologica della formazione della tradizione, il Card. Ratzinger continua affermando che "ciò che distingue la tradizione della Pasqua dalla tradizione del Natale non è semplicemente l’antichità come tale; Luca riconduce la storia della nascita [di Gesù] al ricordo di Maria, e, per quanto concerne il nucleo di carattere teologico della tradizione, non c’è motivo di non fidarsi di lui, tanto più che il gruppo dei "fratelli del Signore" […] si presenta come mediatore di tradizione. Ora, per quanto riguarda questo nucleo, la differenza non consiste tanto nell’antichità, ma nella diversa posizione che le tradizioni ebbero all’inizio e nel fatto che solamente tardi, in un determinato stadio dello sviluppo interiore della professione di fede in Cristo, divenne ragionevole e necessario inserire anche queste tradizioni nel "Credo" comune ed ufficiale della Chiesa" [cfr. o.c., p. 44].

L'Arca dell'Alleanza e il bastone fiorito di Aronne: figura cristologica e mariologica dell'unione dell'umanità e della divinità in Cristo nella concezione verginale di Maria - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 133v, sec. XII.
L’Arca dell’Alleanza e il bastone fiorito di Aronne:
figura cristologica e mariologica dell’unione dell’umanità
e della divinità in Cristo nella concezione verginale di Maria
– Min. biz. – Vat. gr. 1162, fol 133v, sec. XII.

2 La seconda osservazione riguarda l’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario.

"Nel Prologo del suo Vangelo Giovanni definisce i Cristiani come coloro "i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" [Gv 1, 13]. Ora, qui il motivo paolino della filiazione divina del Cristiano è stato congiunto alla tradizione di Matteo e Luca in modo da costituire un’unità nuova: diventare Cristiani significa entrare nel mistero della nuova nascita di Gesù Cristo, partecipare, rinascendo, alla sua nascita. Naturalmente si presenta anche qui la controversia che concerne in generale l’inizio del quarto Vangelo: Giovanni non voleva forse elevare il "volgare-cattolico" sul piano dello spirituale e dell’esistenziale? Non lo si è forse collegato solamente in un secondo tempo con ciò che egli aveva veramente voluto oltrepassare?".

Conclude Joseph Ratzinger: "Nell’ambito di queste considerazioni non ci è possibile discutere ulteriormente tale questione. Una cosa però mi pare chiara in tutta l’ampiezza dei fatti: tutto l’impeto dell’indicazione spirituale del quarto Vangelo si fonda sul fatto che esso possiede un fondamento reale. L’"esistenziale" non esprimerebbe proprio nulla se esso fosse l’esplicazione del nulla. La nuova nascita cristiana è possibile per il fatto che essa è realmente avvenuta in Cristo ed è quindi divenuta possibilità per tutti noi" [cfr. o.c., p. 45].

Il senso teologico conclusivo dei brani biblici analizzati

Rispondendo a queste due questioni preliminari siamo entrati già nel mezzo del problema dell’interpretazione dei passi scritturistici che fondano il duplice dogma della verginità e maternità di Maria.

La Natività di Maria: "Dalla radice di Jesse e dalla stirpe di Davide nasce oggi per noi la fanciulla di Dio Maria e tutto il creato è rinnovato e divinizzato […]. Si rallegri il cielo e la terra, perché il cielo di Dio è nato: è la Sposa di Dio, frutto della promessa" [Matt. della "Natività di Maria"] - Min. biz. -Vat. gr. 1162, fol 29 - sec. XII.
La Natività di Maria:
"Dalla radice di Jesse e dalla stirpe di Davide nasce oggi per noi la fanciulla di Dio Maria
e tutto il creato è rinnovato e divinizzato
[…]. Si rallegri il cielo e la terra, perché il cielo di Dio è nato:
è la Sposa di Dio, frutto della promessa" [Matt. della "Natività di Maria"] – Min. biz. –Vat. gr. 1162, fol 29 – sec. XII.

Ora ci si chiede perché il "fatto" fu tramandato e, rispettivamente, venne assunto nella tradizione ufficiale della Comunità ecclesiastica. "Solamente se ci domandiamo qual è la ragione teologica per questo passaggio - afferma a questo punto il Card. Joseph Ratzinger - potremo anche spiegare completamente e capire quale importanza è stata attribuita al fatto della verginità di Maria nella sua maternità". E a tale interrogativo si danno due risposte:

1] Concepimento e nascita di Gesù significano un inizio nuovo nella storia che è più della storia, e più della novità che spetta ad ogni singolo uomo. Qui Dio stesso incomincia di nuovo, poiché ciò che qui inizia ha la qualità di una nuova creazione, ed è dovuto all’intervento particolare e tutto specifico di Dio. Qui c’è veramente "Adamo" il quale, ancora una volta ed in senso superiore, viene come un tempo "da Dio" [cfr. Lc 3, 38]. E tale nascita può accadere solamente alla "sterile".

Ciò che è promesso in Isaia 54, 1 ["Esulta, o sterile che non hai partorito […] perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata"], per Luca si è concretamente avverato nel mistero di Maria-l’impotente Israele: respinto dagli uomini e infecondo, ha portato frutto. In Gesù Dio ha posto in mezzo all’umanità sterile e disperata un inizio nuovo, il quale non è risultato della sua storia, ma è dono che viene dall’Alto. Con lui ha inizio una nuova incarnazione, in quanto esiste anche nella sua esistenza terrena solamente per lo Spirito.

Così Maria, la sterile-benedetta, diviene il segno della grazia, il segno di ciò che è veramente fecondo e che salva: la disponibile apertura che si consenta alla volontà di Dio [cfr. o.c., pp. 46-47].

La Vergine al Tempio: "Oggi è il preludio della benevolenza di Dio e l'annuncio della salvezza degli uomini […]. Acclamiamo a gran voce la Vergine: 'Rallegrati, tu che sei il compimento dell'economia del Salvatore' " [Vespri dell' "Ingresso della Madre di Dio nel Tempio"] - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 62v, - sec. XII.
La Vergine al Tempio: "Oggi è il preludio della benevolenza di Dio e l’annuncio della salvezza degli uomini […].
Acclamiamo a gran voce la Vergine: ‘Rallegrati, tu che sei il compimento dell’economia del Salvatore’ " 
[Vespri dell’ "Ingresso della Madre di Dio nel Tempio"] – Min. biz. – Vat. gr. 1162, fol 62v, - sec. XII.

2] Tuttavia, vi è anche un "messaggio cristologico", che è addirittura primario rispetto a quello sopra ricordato. H. Schürmann lo esprime così: "Poiché il bambino è opera di Dio nella sua origine, egli sarà ‘santo’ in tutto e per tutto. Lo Spirito Santo non lo riempirà come Giovanni "fin dal seno di sua madre" [Lc 1, 15], ma il Pneuma di Dio gli dà vita ed esistenza in forma creativa, per cui il suo essere interiore è determinato e reso ‘santo’"[cfr. o.c., p. 53s.].

Proprio la contrapposizione a Giovanni, il quale, in stretta affinità con Geremia, è stato chiamato ancora prima del concepimento ["… prima di formarti nel grembo materno […] ti avevo consacrato", Ger 1, 4], il messaggio di Luca è che in Gesù c’è il "Figlio", poiché il suo essere come tale è frutto del Pneuma.

Hans von Balthasar ha giustificato più a fondo questo rapporto, partendo dalla logica dell’essere-uomo e dalla logica dell’incarnazione, come risuona già nel titolo di "Madre di Dio" riconosciuto alla Vergine Maria. Il ragionamento è il seguente: se il Figlio si è veramente incarnato, quest’evento giunge allora realmente fino nella "carne" e viceversa; e la "carne" [giacché l’uomo è un’unità ed un tutto], giunge fino nel centro della persona del Logos. Ora, la nascita di Gesù dalla Vergine-Madre rimanda al suo essere-Figlio, rimanda al Padre e, quindi, a ciò che per Gesù fu infinitamente più essenziale della messianità. D’altra parte, la nascita verginale è l’origine necessaria di Colui che è il Figlio e che, solamente in questo modo, può conferire alla speranza messianica un senso duraturo, che rimanda oltre Israele.

Ne consegue che nella "nuova nascita" di Gesù ["Nova nativitas" la chiama la Liturgia romana] Maria è veramente, in quanto madre, "genitrice di Dio", e non solamente organo di un casuale evento corporale.

L'Annunciazione a Maria "piena di grazia": la Vergine ha dato il suo consenso e "ha concepito di Spirito Santo"; e gli Angeli apprendono "il mistero nascosto dai secoli in Dio" - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 127v - sec. XII.
L’Annunciazione a Maria "piena di grazia": la Vergine ha dato il suo consenso e "ha concepito di Spirito Santo";
gli Angeli apprendono "il mistero nascosto dai secoli in Dio" – Min. biz. – Vat. gr. 1162, fol 127v – sec. XII.

Sulle obiezioni ricorrenti alla verginità di Maria

Il Card. Joseph Ratzinger conclude il capitolo sul "dogma mariano originario" con una lunga e molto dotta disquisizione sulle obiezioni che in modo ricorrente si fanno alla "perpetua verginità di Maria" ["ante, in e post partum", come si esprime la cristologia scolastica del "De Verbo Incarnato"].

"La decisione con la quale viene messa in dubbio la nascita verginale di Gesù - osserva fra l’altro l’illustre teologo - consiste principalmente nella differenza di pensiero tra la nostra visione del mondo ed il messaggio biblico, e nell’idea che questo non possa trovare posto in un mondo visto con l’occhio delle scienze naturali". E aggiunge: "La vera ragione che si trova nei motivi contrari alla fede nella verginità di Maria non sta nell’ambito di una conoscenza storica [esegetica], ma in handicaps legati alla visione del mondo, le cui conseguenze toccano l’immagine di Dio […]. La vera disputa quindi avviene tra due diverse concezioni del rapporto di Dio con il mondo, volendo i negatori della verginità di Maria relegare Dio nel campo dello spirituale, sul presupposto che egli non possa raggiungere la storia terrena. In tal modo si ritorna alla filosofia pagana di Dio e del mondo [cfr. o.c., pp. 54-57].

Ma noi ribadiamo che "la testimonianza della nascita di Gesù dalla Vergine Maria non è un angolo idilliaco di devozione nella struttura della fede neotestamentaria; non è una piccola Cappella di due Evangelisti, che si potrebbe alla fine anche trascurare. Si tratta del problema di Dio; […] poiché la fede in Dio che è rimasto realmente il Creatore della nuova creazione – "Creator Spiritus" – è parte centrale del messaggio del Nuovo Testamento.

Così il "messaggio" della nascita [di Gesù] dalla Vergine Maria vuole testimoniare proprio questi due fatti: Dio agisce realmente, realiter, non solo interpretative; e la terra porta il suo frutto perché egli agisce. In fondo, il "natus ex Maria Virgine" è una proposizione rigorosamente teologica: essa testimonia che Dio non ha liquidato la creazione. E su ciò si fondano la speranza, la libertà, la tranquillità e la responsabilità del Cristiano" [cfr. o.c., pp. 57-58].

[Restano da analizzare, in successive puntate, i dogmi dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo e della sua assunzione corporale nella gloria celeste].

Bruno Simonetto

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