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Benedetto XVI a Lourdes

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2008 10:47
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La Francia si mobilita per dare il benvenuto a Benedetto XVI


Visiterà Parigi (12-13 settembre) e Lourdes (13-15 settembre)


di Anita S. Bourdin

ROMA, martedì, 24 giugno 2008 (ZENIT.org).- La Chiesa di Francia si sta mobilitando per accogliere Papa Benedetto XVI a Parigi e Lourdes dal 12 al 15 settembre, in occasione del 150° anniversario delle apparizioni della Madonna a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle. 

Il programma del viaggio è stato presentato a Parigi il 18 giugno dal Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza Episcopale di Francia (CEF), nella sede della Conferenza. Sarà il primo viaggio apostolico del Papa in Francia dopo la sua elezione alla sede di Pietro nel 2005 e il nono viaggio apostolico fuori dall'Italia.

Tutte le informazioni sono disponibili sul portale Internet della visita apostolica di Benedetto XVI in Francia: www.pape-france.org

"Perfetto francofono", "abituato alle sottigliezze della nostra lingua", Joseph Ratzinger è legato alla Francia da vincoli speciali, ha ricordato il Cardinale Vingt-Trois, che ha sottolineato "la vicinanza" del Santo Padre a "ciò che accade in Francia".

Il Cardinale Ratzinger ha pronunciato apprezzati interventi all'Accademia di Scienze Morali e Politiche, dov'era associato straniero, e ha esposto conferenze importanti a Lione e a Notre-Dame a Parigi, e anche alla Sorbona; di recente, ha rappresentato Giovanni Paolo II nelle celebrazioni di Caen per l'anniversario dello sbarco in Normandia. Tutto questo, ha detto l'Arcivescovo, "ha alimentato il suo sguardo", la sua "simpatia" e anche "il suo affetto" per la Francia.

L'Arcivescovo di Parigi ha affermato che dall'annuncio della visita del Papa molti fedeli, "interessati e motivati", chiedono come partecipare all'evento, che "tocca molta gente". 

Un appuntamento con i giovani francesi

Gli organizzatori aspettano circa 200.000 persone per la Messa a Parigi (con accesso libero), alle 10.00 di sabato 13 settembre. A Lourdes potrebbero essere anche 300.000 per le Messa della Croce Gloriosa, domenica 14 settembre, rivolta particolarmente ai giovani. 

Il Cardinale Vingt-Trois ha sottolineato che la Chiesa cattolica in Francia è sicuramente una delle organizzazioni che riunisce più giovani in modo regolare, il che implica una "responsabilità" nei loro confronti e una "forza", perché nonostante ciò che si dice le chiesa di Francia non sono vuote.

Rappresentanti di altre confessioni cristiane daranno con la loro presenza una dimensione ecumenica alla celebrazione dei Vespri a Notre-Dame con i Vescovi, i diaconi, i seminaristi e i consacrati. Del resto, Benedetto XVI non ha indicato fin dalle prime ore del suo pontificato l'unità dei cristiani come una priorità? 

I giovani saranno presenti a Parigi da venerdì 12 settembre. Il Papa rivolgerà loro alcune parole dall'atrio della cattedrale: si aprirà così la veglia di preghiera che si protrarrà a Nore-Dame e in varie chiese della capitale.

Al termine della veglia, a mezzanotte, i giovani formeranno un "Cammino della luce" fin alla spianata des Invalides, portando in processione la statua della Madonna. 

Al "Collège des Bernardins", fede e cultura

Dal pomeriggio, nell'incontro nel prestigioso Collège des Bernardins, saranno presenti le personalità del mondo della cultura - a livello nazionale e internazionale, visto che sono invitati il direttore dell'UNESCO e gli accademici dell'Istituto di Francia -, e tra queste rappresentanti delle varie fedi. Il Papa, per la sua esperienza e il suo ministero, rappresenta anche la cultura e non solo la fede, ha osservato il Cardinale Vingt-Trois. 

Al termine dell'incontro, alcuni rappresentanti islamici saluteranno il Pontefice. I rappresentanti della comunità ebraica incontreranno invece il Santo Padre nella Nunziatura un po' prima, per rispetto all'inizio dello shabbat il venerdì sera.

La prima visita di Benedetto XVI a Parigi sarà, a metà giornata, per il Presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, e le autorità statali che lo riceveranno al palazzo dell'Eliseo. 

Comunione dei Vescovi

Da sabato 13 settembre, Benedetto XVI sarà accolto a Lourdes e inizierà le tappe del Cammino del Giubileo proposto a tutti i pellegrini. Compirà le prime tre: la chiesa del Sacro Cuore, dove si conserva il fonte battesimale dove venne battezzata Bernadette Soubirous, poi la "cella", un'antica prigione dove i Soubirous, rovinati, abitavano al momento delle apparizioni, e la grotta di Massabielle, dove la Vergine si manifestò a Bernadette tra l'11 febbraio e il 16 luglio 1858. 

Verso le 20.30, Benedetto XVI si unirà alla tradizionale processione delle fiaccole e si rivolgerà ai pellegrini dalla terrazza sulla basilica del Rosario.

Il giorno dopo, l'appuntamento è sulla spianata per la Messa. Nel pomeriggio il Papa parteciperà alla processione eucaristica, incontrando in seguito i Vescovi di Francia nell'emiciclo della chiesa di Sainte-Bernadette. 

Il Cardinale Vingt-Trois ha sottolineato che si tratterà di un'"occasione importante" per ascoltare Benedetto XVI e parlare con lui, per "manifestare insieme la nostra comunione nella fede e ricevere un messaggio confortante e incoraggiante".

Evocando le sue visite ad Limina a Roma quando il Cardinale Ratzinger era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'Arcivescovo di Parigi ha menzionato la capacità del teologo di sviluppare in modo improvvisato un tema per 20 o 30 minuti, in una sorta di meditazione articolata e "in francese", e di dialogare poi con i Vescovi.

Il Papa amministrerà l'unzione dei malati 

Come pellegrino, il Papa parteciperà alla parte finale della processione eucaristica e pregherà con i pellegrini prima di pronunciare un discorso e dare la benedizione. Il giorno dopo terminerà il Cammino del Giubileo con la quarta tappa, "eucaristica": una visita all'oratorio dell'ospedale, dove Santa Bernadette fece la Prima Comunione.

Benedetto XVI presiederà poi la Messa nella basilica del Rosario nella festa di Nostra Signora Addolorata e amministrerà il sacramento dell'unzione degli infermi, particolarmente significativo visto che Lourdes accoglie ogni anno numerosi malati. 

Il Papa dovrebbe partire da Lourdes per Roma dall'aeroporto di Tarbes-Lourdes verso le 12.30, dopo un intenso pellegrinaggio sotto il segno del messaggio di Lourdes: non ha forse invitato i fedeli a entrare alla scuola di Maria?


[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Nei giorni 12-15 settembre 2008 il Santo Padre Benedetto XVI compirà un Viaggio Apostolico in Francia, recandosi a Parigi e a Lourdes in occasione del 150° Anniversario delle Apparizioni di Lourdes.

[01066-01.01]

[B0452-XX.01]


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Viaggio Apostolico
in Francia in occasione del 150° anniversario
delle apparizioni di Lourdes
(12-15 settembre 2008)

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Centocinquant'anni di racconti edificanti, apologie e tentativi di comprensione

Lourdes e la sua storia


di Sylvie Barnay

Lourdes. 1858. L'evento accade in questa piccola città degli alti Pirenei. Fra l'11 febbraio e il 16 luglio 1858, una giovinetta povera e dalla salute fragile, chiamata Bernadette Soubirous s'inginocchia in estasi in una grotta situata al limitare del comune e del bosco. Le diciotto apparizioni di cui l'adolescente di quattordici anni è la vedente imprimono per sempre un altro volto alla storia in corso.
La bella bambina ha forse visto un fantasma? L'entourage femminile crede all'inizio che l'apparizione sia la manifestazione dell'anima errante tanto fervente di Elisa Latapie, considerata santa. Ha forse visto uno spirito? I circoli spiritici sono di gran voga e basta mettere per iscritto le intenzioni dello spirito. Ha forse visto  una  demoiselle,  ossia  una  fata della foresta  o una dama bianca delle fontane, come si  raccontava  durante  le  veglie?  La fata buona  veglia  di  fatto sulla vita sociale di Lourdes:   la  Guerra  delle demoiselles che ha visto  i  contadini  dei Pirenei - vestiti di bianco come le loro protettrici dei boschi - scontrarsi con le guardie forestali della monarchia  nel  luglio del 1830 è nella memoria di tutti.
O forse Bernadette ha visto la Vergine Maria? L'idea inizia a nascere alla terza apparizione quando per la giovinetta la visione è ancora aquero, "quella là", ossia il solo termine del suo dialetto che possa definire l'alterità in ciò che ha di "strana stranezza". In confessione, la figlia dei Soubirous - di Louise e Français, mugnaio di mestiere - si accontenta di dire che "ha visto qualcosa di bianco con la forma di una signora". Una "signora" che le chiede di tornare a bere alla fontana il 25 febbraio.
Due giorni dopo non sono più alcune donne ma diverse centinaia di persone e le autorità locali ad assistere alle apparizioni della giovane ragazza che vede "una signora vestita tutta di bianco". Il giorno della festa dell'Annunciazione, il 25 marzo, l'apparizione svela finalmente il suo nome:  "Io sono l'Immacolata Concezione". Quando le apparizioni cessano, il 16 luglio, fanno già parte della sfera dell'interpretazione. Quelli a favore e quelli contro, gli ammiratori  e  i  detrattori, gli increduli e i credenti.
"Non ho il compito di farvi credere. Ho il compito di dirvelo" dirà la veggente nel rispetto dei divieti posti dalla Vergine. L'1 marzo l'apparizione ha di fatto confidato alla giovane tre segreti proibendole di rivelarli. All'indomani affida a Bernadette un messaggio ribadito il giorno seguente:  "Va dai sacerdoti e di loro di venire qui in processione e di costruire una cappella". Le istanze religiose reagiscono immediatamente, in primo luogo il vicario che ascolta Bernadette in confessione, poi gli abati Pomian e Peyramale. Lo sguardo che rivolgono alle apparizioni è quello usuale nei seminari minori del xix secolo.
Prove, prima le prove! Scettico, l'abate Peyramale chiede che la giovane donna in bianco faccia fiorire un rosario. La risposta non si fa attendere:  "La Signora ha sorriso quando le ho detto che lei ha chiesto che facesse un miracolo. Le ho detto di far fiorire il rosaio, ha sorriso di nuovo". La Vergine delle apparizioni non è neppure quella dei catechismi. Bernadette la descrive come una "piccola signora" che non somiglia affatto alle Vergini in porcellana messe in bella mostra nei saloni borghesi. Non sorregge il Bambin Gesù, ma i suoi piedi ricoperti di rose escludono una potenziale rassomiglianza con il diavolo sempre tradito dai piedi biforcuti, come enunciano tutti i trattati di discernimento dal xv secolo in poi.
A ognuno i suoi paragoni. Se l'abate Peyramale vuole che la Vergine assomigli ai canoni mariani in vigore, il commissario Jacomet che, dalla sesta apparizione in poi, interroga Bernadette, suggerisce che quest'ultima rassomiglia alle due bellezze del momento, la bella "cioccolataia" e la fidanzata del responsabile de "Le Mémorial", il giornale locale. È soprattutto la teologia monumentale contenuta nell'espressione "Immacolata Concezione", del tutto estranea al bagaglio culturale della vedente, a decidere la portata degli eventi. Nel 1854, sostenuto dalla corrente intransigente della Chiesa - detta ultramontana perché al di là delle montagne francesi (ultra montes) e collegata a Roma - Papa Pio ix aveva proclamato il dogma dell'Immacolata Concezione. La questione non si può chiudere lì. Per il momento, come avviene sempre nel caso di rivelazioni private, dell'avvio dell'inchiesta si occupa il vescovo della diocesi di Tarbes, monsignor Laurence.
La società dei Pirenei reagisce nel suo insieme con la mentalità propria del secondo impero. I più poveri avviano subito la costruzione di una cappella di fortuna in situ ma le autorità civili ne vietano immediatamente l'accesso. La Vergine dei poveri fa parte del quotidiano, il "Salve Maria" ha il suo fardello di sofferenze, di buon senso e di formule magiche di ogni genere. I più ricchi si preoccupano dell'indigenza di Bernadette, immersa con la sua famiglia in una miseria profonda, giudicata poco compatibile con la considerazione celeste di cui è oggetto. La squallida abitazione in cui vive la primogenita dei Soubirous stride con il suo essere stata scelta. La giovane che è la primogenita dei Soubirous - e a tal titolo l'erede della casa, il che implica un diritto di controllo domestico su tutti i fratelli  e  le  sorelle  -  è stata ridotta alla condizione di serva e di pastorella affidata alla sua  vecchia  nutrice, Marie Laguës nel villaggio di Bartrès. I notabili provinciali si commuovono.
A eccezione dell'abate Peyramale, tutti gli abitanti del paese e dei dintorni si recano alla grotta:  poveri, operai, patronesse, guardie forestali, militari, baroni, conti e marchesi. Vi vanno i primi malati, come "quel sarto di Tarbes chiamato Jacquet, paralizzato da dodici anni, a capo di una giovane e numerosa famiglia". Prima della fine di marzo, Louis Bouriette risulta guarito dalla sua cecità totale a un occhio. La notizia si diffonde. Sul luogo i commenti sono numerosi mentre la questione comincia ad avere un'eco. Occorre prima di tutto mantenere l'ordine, tanto più che la grotta è chiusa dal 15 giugno.
Se è vero che il vescovo e il prefetto si scontrano, le apparizioni non costituiscono tuttavia un argomento immediato a sostegno della crescente opposizione fra la Chiesa e lo Stato. Al contrario, il populismo dell'imperatore Napoleone III salito al potere nel 1852 trova un alleato importante nella popolazione di Lourdes. Viene inoltre consolidato dal populismo di un altro personaggio di spicco, Louis Veuillot, che si reca a Lourdes nel corso dell'estate del 1858 e si permette il lusso di superare la recinzione per andare a pregare nella grotta. L'uomo è il redattore del giornale "L'Univers", portavoce dell'opinione cattolica profondamente contraria al secolarismo dei tempi moderni:  "Questo è un miracolo che l'amministrazione non vuole, malgrado il popolo lo voglia". L'impatto mediatico è immediato. Dietro pressioni di ogni sorta, la grotta viene definitivamente riaperta il 5 ottobre dello stesso anno. Questa riapertura mostra anche come la corte imperiale possa momentaneamente allearsi  con  l'opinione  pubblica per sostituire così la sua stessa gerarchia amministrativa.
In quel momento Bernadette non è più un'adolescente gracile e coperta di pidocchi:  "Lei stessa è una apparizione" dirà il gesuita Cros - incaricato di scrivere la storia dei fatti - dopo il suo incontro con Bernadette nell'ottobre del 1865. Gli anni che precedono l'ingresso della novizia nel convento di Nevers nel 1866 sono segnati dal suo cammino interiore. Sotto la guida dell'abate Peyramale, la piccola contadina analfabeta riceve un'istruzione nella scuola delle suore di Nevers. La formidabile ricerca della storica Ruth Harris su Lourdes (Lourdes. Body and Spirit in the Secolar Age, Allen Lane The Pinguin Press, 1999; tradotta in francese nel 2001 con il titolo Lourdes. La grande histoire des apparitions, des pèlerinages et des guérisons, Jean-Claude Lattès) ha mostrato come tutti coloro che hanno visto Bernadette, sia durante sia dopo le apparizioni, siano stati colpiti dall'atteggiamento esteriore della vedente, dalla dolcezza della sua forza tranquilla. Più che il messaggio della Vergine, è la presenza fisica della giovane ad attirare la loro attenzione, al punto da lasciare in essi un'impressione duratura.
Questo atteggiamento la rende inoltre diversa dalla prima ondata delle sue imitatrici, subito accusate di falsificazione. Sulla base delle testimonianze, ma anche di un centinaio di casi di guarigioni riportate da un medico di Lourdes, il dottore Dozous, la commissione episcopale d'inchiesta creata da monsignor Laurence si pronuncia a favore dell'autenticità delle apparizioni quattro anni dopo il loro inizio. A tale proposito pubblica una lettera pastorale, il 18 gennaio 1862. Sette casi di guarigioni miracolose sono riportati e descritti nel rapporto finale della commissione.
Mentre la giovinetta diviene una donna, la grotta diviene un santuario. La fotografia agli albori accompagna il culto nascente. Costruisce l'immagine santa di Bernadette con il costume dei Pirenei. Eccola con il rosario in mano su un fondo di esotiche montagne estranee al contagio della civiltà moderna; c'è di che accontentare gli ultracattolici di ogni livello. La sua immagine sostituisce ormai la sua presenza e partecipa all'evolversi della gestione dei luoghi sorretta dalle ambizioni del vescovado:  da un lato la Grotta, dall'altro la cappella terminata nel 1872, prima di essere consacrata basilica con il titolo di Immacolata Concezione nel 1874. A imitazione della basilica del Sacro Cuore di Montmartre, la basilica dal titolo evocatore del dogma papale esalta la Chiesa trionfante e militante che, all'indomani della sconfitta del 1870, chiede riparazione e insieme espiazione  per  i peccati della Francia. Lourdes è ormai un santuario nazionale e l'idea si consolida  man  mano  che  diviene,  per  le stesse ragioni, un luogo di pellegrinaggio nazionale.
Nel clima politico degli anni Settanta dell'Ottocento, che vede l'avvento della Terza Repubblica in Francia e la sconfitta temporanea del Papa in Italia, il pellegrinaggio nazionale a Lourdes assume connotazioni di restaurazione monarchica, e anche di crociata antirepubblicana e ultramontana. Organizzato a partire dal 1873 da Parigi dagli assunzionisti, sotto la guida di padre Emmanuel d'Alzon, fondatore della congregazione, cerca sia di mettere la Francia sotto la bandiera protettrice del soprannaturale sia di guidare il popolo verso una società nuova e migliore.
Un'intera rete sociale viene messa al servizio di questa speranza. Gli assunzionisti fondano società caritative. Creano anche la società Notre-Dame du Salut per sostenere l'organizzazione del pellegrinaggio. Le donne dell'alta società vi trovano posto. Impegnano la propria fortuna e coinvolgono i loro amici nelle buone opere di Lourdes. Militano come "suore bianche" contro le loro sorelle dalle idee rosse dei socialismi emergenti. Per la maggior parte già Figlie di Maria - associazione fondata nel 1845 sulla scia delle rivelazioni ispirate alla vedente della Medaglia Miracolosa - indossano di fatto il vestito bianco e blu delle giovinette consacrate alla Vergine, a sua volta vestita di bianco e blu nelle apparizioni. Eccole ora arruolate in un esercito della salvezza che consente loro una rivincita rispetto sia alla loro condizione  di  donne  e  sia  al nemico da sconfiggere, sia esso prussiano, comunista o ateo.
Queste donne assistono anche le Piccole Suore dell'Assunzione nell'organizzazione dei pellegrinaggi di malati, le quali fanno anche appello alle dames servantes, ossia a tutte coloro che possono donare un po' del proprio tempo. Sotto la guida delle assunzioniste, il pellegrinaggio si consolida. La preghiera dell'Ave Maria unisce a Lourdes la Francia cattolica. Il numero dei malati non cessa di aumentare e i pellegrini continuano ad affluire. Sui sette treni che partono da Parigi diretti a Lourdes nel 1880 e che trasportano pellegrini, i malati sono settecento. Nei pressi dei santuari, vengono affidati all'Hospitalité Notre-Dame du Salut o all'ospedale Notre-Dame des Douleurs, la cui costruzione è iniziata nell'aprile del 1874.
I malati, su barelle o carretti spinti a mano, vengono immersi nelle piscine annesse agli edifici. È un momento intenso sia fisicamente che psicologicamente. Momento vissuto di Risurrezione per coloro che ne escono guariti e raccontano il miracolo, per esempio Marie Lemarchand, che ispira al Lourdes di Zola il personaggio della giovane sfigurata da un lupus. Gli uomini e le donne di fine secolo vivono il pellegrinaggio come una trasformazione del corpo e dello spirito, operazione in cui l'intera persona è coinvolta, come lo è stata Bernadette nel suo incontro con Maria. Il fervore si mescola alla pietà espiatrice. Il giornale "Le Pèlerin" - nato nel 1873 - vede in ogni pellegrino il Cristo in Croce. Se il cattolicesimo trionfa, è anche perché è sostenuto da altre forze silenziose. Sono esse a dare vita a nuove forme di coesione sociale perfettamente enunciate nel contatto fra il malato e il curante, fra il corpo sofferente e il corpo aiutante, che realizzano così l'unità del corpo di Cristo tanto desiderata e predicata dal clero. Proprio per questo motivo l'introduzione della processione eucaristica, destinata a manifestare questa unità, assume un significato profondo e diviene parte integrante del pellegrinaggio.
Centocinquanta casi di guarigione completa sono riportati in quello stesso anno, il 1880. La cronaca delle guarigioni viene aggiornata regolarmente. Nel 1883 l'ufficio delle constatazioni mediche viene incaricato di valutare le guarigioni. Il vocabolario medico delle perizie dell'Ufficio si arricchisce con i progressi della scienza e della psichiatria. La creazione di questo ufficio dimostra che la Chiesa si sforza di adottare i criteri di convalida della scienza moderna e di verificare scientificamente le guarigioni ottenute per intercessione della Vergine Maria. Ma testimonia anche, attraverso il più appropriato dei paradossi, i limiti di una medicina impotente che non esita a ricorrere all'aiuto della religione. Una scienza altrettanto inadeguata a rendere conto dei processi dell'anima che si abbandona sia alle virtù curative dell'acqua - consuete in questa regione termale - sia alla provvidenza divina. A Lourdes la pesantezza ha la leggerezza della grazia.
Il positivismo diffuso non riesce ad arrestare i movimenti continui verso il santuario. Forse perché ormai il vento è cambiato, la religione e la scienza non sono più considerate in contrasto. Lourdes è in un altro mondo. Il conflitto delle interpretazioni che era stato proprio degli uomini del secondo impero appare obsoleto. Per un po' di tempo, verso il 1870, il pubblicista Henri Lasserre e il gesuita Léonard Cros avevano entrambi incarnato la propria posizione nella loro rilettura di Lourdes. Se entrambi erano intimamente convinti della veridicità dell'esperienza di Bernadette, Lassere credeva all'apologia, mentre Cros contava solo sull'intelligenza storica propria della sua epoca. Il primo cercava l'edificazione, il secondo voleva offrire strumenti per la comprensione. Così facendo, aprirono le porte a due correnti dominanti nell'interpretazione della storia di Lourdes  nel  XX secolo.  Ogni  celebrazione  anniversario  delle apparizioni li vede così riapparire dietro le forme della modernità a cui si ispirano.
La storiografia contemporanea di Lourdes, il modo di scrivere la sua storia, è impregnata della struttura di queste prime riletture nonostante l'intenzione di trascenderle. Succede anche che l'apologia assuma il carattere di una dimostrazione storica dall'aspetto totalmente scientifico. L'opera monumentale costituita fra il 1961 e il 1964 dalla pubblicazione dei sei volumi di Lourdes:  Histoire authentique des apparisions a cura dell'abate René Laurentin è a tale proposito significativa. Non è forse un caso che si situi nel momento cardine del Concilio Vaticano II (1962-1965). Il best-seller di Lasserre Notre Dame de Lourdes pubblicato nel 1869 e l'inizio dell'inchiesta di Cros avevano già come sfondo il Concilio Vaticano i (1869-1870). Come dice bene Ruth Harris "l'opera di Lassere aveva risposto alle inclinazioni spirituali di Pio ix che cercava di arginare la marea liberale e rivoluzionaria che lo stava sommergendo in Italia". Quella di Cros - perché scritta da una penna gesuita - permetteva anche alla Chiesa locale di difendersi dalle leggi anticlericali degli inizi della Terza Repubblica che aveva portato in Francia alla dispersione dei gesuiti approvando la dissoluzione delle congregazioni non autorizzate. Il Lourdes di Laurentin aveva il merito immediato di proporre un'apparente conciliazione fra l'erudizione e l'edificazione, che giungeva al momento giusto.
Ogni libro è di per sé una costruzione, un tentativo di interpretazione di cui è opportuno ricordarsi nel 2008 in occasione del centocinquantesimo anniversario delle apparizioni. A osservarla più da vicino, Lourdes può ancora scomparire nel ragionamento che cercherebbe di farne un mero esercizio di linguaggio, una proiezione di un erudito o di un predicatore. Ruth Harris insiste a lungo sul rischio che comporta ogni ragionamento volto ad annientare l'esperienza umana del divino invece di manifestarla. Dice di aver scritto la sua opera scientifica "proprio a causa del malessere crescente per il modo in cui la corrente linguistica riduce ogni esperienza umana al linguaggio". La grande forza del suo lavoro consiste nella dolcezza tranquilla con cui riesce a esprimere il significato di Lourdes. Il suo linguaggio non svuota l'esperienza di Bernadette, non parla al suo posto. Al contrario, le sue parole sono opera di una storica e permettono alla santa di occupare pienamente il suo posto nella storia. Più che un libro su Lourdes, è una fenomenologia di Lourdes a essere proposta da Ruth Harris al XXI secolo:  un modo di interpretare il fenomeno dal punto di vista della vedente. Un modo di trasmettere la storia delle apparizioni, di esprimerne la sopravvivenza sotto la forma di un racconto in cui è il corpo che esprime lo spirito, la carne che esprime il cielo.



(©L'Osservatore Romano - 13 agosto 2008)
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In attesa dell'evento e dopo aver sostato con Lui in Preghiera anche a Cagliari, il 7 settembre.... vi posto questa anticipazione dei preparativi Sorriso...




FRANCE-RELIGION-POPE-LOURDES
Voluntary dress designers put the final touch, on August 27 2008 in Lourdes, southwestern France, on a tablecloth which will dress the altar, from where Pope Benedict XVI will celebrate a mass on September 14. The head of the Roman Catholic Church will spend most of his September 12-15 visit to France in the southwestern town, one of the main Catholic pilgrimage sites which attracts some six million pilgrims each year. ERIC CABANIS


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DA RADIO VATICANA
PELLEGRINAGGI MARIANI DI BENEDETTO XVI

IN ITALIA

Tra i dieci viaggi apostolici compiuti da Benedetto XVI in Italia dalla sua elezione alla Cattedra di Pietro sino ad oggi, tre hanno avuto un forte contenuto mariano: la visita pastorale a Santa Maria di Leuca e Brindisi (Puglia, 14-15 giugno 2008), la visita pastorale a Savona e Genova (17-18 maggio 2008) e la visita pastorale a Loreto in occasione dell'Agorà dei giovani italiani (1-2 settembre 2007).

SANTUARIO MARIANO DI POMPEI. Il 26 luglio scorso l’arcivescovo prelato di Pompei, mons. Carlo Liberati, ha annunciato che il Papa sarà in visita pastorale al Santuario della Beata Vergine Maria del S. Rosario di Pompei domenica 19 ottobre, dove celebrerà la Messa e reciterà la celebre “Supplica” alla Vergine scritta dal Beato Bartolo Longo[9]. “Il Santo Padre - scrive ancora mons. Liberati - affiderà all’intercessione della Madre del Signore e nostra le riflessioni e le conclusioni del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano nel prossimo mese mariano di ottobre”. Inoltre - prosegue - Benedetto XVI “raccomanderà ai vescovi di tutta la Chiesa le famiglie di tutto il mondo e chiederà alla SS.ma Vergine, insieme con la Chiesa che è in Pompei, e con i milioni e milioni di fedeli che recitano il S. Rosario, l’unità nelle famiglie, la fedeltà tra i coniugi, il coraggio di educare i figli alla fede”.

ALL’ESTERO

Tra i 10 viaggi apostolici internazionali realizzati dal Papa fino ad oggi, compreso quest’ultimo (a Lourdes), sette possono essere indicati anche come visite papali con forti accenti e richiami mariani che spesso si sono espressi in altrettanti pellegrinaggi di Benedetto XVI a famosi santuari consacrati a Maria Vergine.

In ordine di tempo, dal primo all’ultimo, ricordiamo: Polonia (25-28 maggio 2006) e la visita al Santuario di Jasna Góra (26 maggio 2006); a Valencia (Spagna) in occasione del V Incontro Mondiale delle Famiglie (8-9 luglio 2006) e la visita alla Basilica della "Virgen de los Desamparados" e la preghiera per le vittime dell’incidente della metropolitana avvenuto a Valencia il 3 luglio 2006 (8 luglio 2006); Germania - München, Altötting e Regensburg (9-14 settembre 2006) e la Preghiera alla Mariensäule (Colonna della Madonna) nella Marienplatz (9 settembre 2006) e poi la Santa Messa nella piazza del Santuario di Altötting (11 settembre 2006); Turchia (28 novembre - 1° dicembre 2006) e la Celebrazione Eucaristica presso il Santuario Mariano nazionale di Meryen Aria Evì ad Efeso - (29 novembre 2006); Brasile in occasione della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (9-14 maggio 2007) e la Santa Messa di Inaugurazione della V Conferenza nel piazzale di fronte al Santuario dell’Aparecida (13 maggio 2007); Austria in occasione dell’850° anniversario della fondazione del Santuario di Mariazell (7-9 settembre 2007) e la Santa Messa per la fondazione del Santuario di Mariazell (8 settembre 2007).

Madre di Dio, Madre della Chiesa[10]

« Il Vangelo di Giovanni che invita a contemplare il momento della Redenzione, quando Maria, unita al Figlio nell’offerta del Sacrificio, estese la sua maternità a tutti gli uomini e, in particolare, ai discepoli di Gesù. Testimone privilegiato di tale evento è lo stesso autore del quarto Vangelo, Giovanni, unico degli Apostoli a restare sul Golgota insieme alla Madre di Gesù e alle altre donne. La maternità di Maria, iniziata col fiat di Nazaret, si compie sotto la Croce. Se è vero – come osserva sant’Anselmo – che “dal momento del fiat Maria cominciò a portarci tutti nel suo seno”, la vocazione e missione materna della Vergine nei confronti dei credenti in Cristo iniziò effettivamente quando Gesù le disse: “Donna, ecco il tuo figlio!” (Gv 19,26). Vedendo dall’alto della croce la Madre e lì accanto il discepolo amato, il Cristo morente riconobbe la primizia della nuova Famiglia che era venuto a formare nel mondo, il germe della Chiesa e della nuova umanità. Per questo si rivolse a Maria chiamandola “donna” e non “madre”; termine che invece utilizzò affidandola al discepolo: “Ecco la tua madre!” (Gv 19,27). Il Figlio di Dio compì così la sua missione: nato dalla Vergine per condividere in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana, al momento del ritorno al Padre lasciò nel mondo il sacramento dell’unità del genere umano (cfr Cost. Lumen gentium, 1): la Famiglia “adunata dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (San Cipriano, De Orat. Dom. 23: PL 4, 536), il cui nucleo primordiale è proprio questo vincolo nuovo tra la Madre e il discepolo. In tal modo rimangono saldate in maniera indissolubile la maternità divina e la maternità ecclesiale ».

NOTE

 Sito dell’Episcopato della Francia:

www.cef.fr

 Sito ufficiale della visita del Papa:

www.pape-france.org.


[9]
Beato Bartolo Longo, laico della Terz’Ordine di San Domenico (Latiano, Brindisi, 10 Febbraio 1841 - Valle di Pompei, 5 Ottobre 1926). Bartolo Longo è stato beatificato il 26 ottobre 1980 da Papa Giovanni Paolo II. Il santuario è basilica pontificia e come Loreto è sede di un vescovo (Prelatura) con giurisdizione su Pompei. Papa Giovanni Paolo II vi si è recato in pellegrinaggio all’inizio del suo pontificato, nel 1979 e una seconda volta nel compimento dei suoi 25 anni di pontificato nel 2003, a concludere ai piedi di Maria l’anno del Rosario da lui indetto. È stato il beato Longo a compilare la “Supplica” alla Madonna del Rosario di Pompei; preghiera che si recita solennemente e con gran concorso di fedeli, l’8 maggio e la prima domenica d’ottobre.



[10]
Benedetto XVI, Omelia della Santa Messa nel Santuario mariano di Meryem Ana Evi, Efeso (Turchia), 29 novembre 2006.

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12/12/2008 10:29

Presentato il programma del viaggio di Benedetto XVI in Francia

Nel segno di Maria
alle radici della fede


di Mario Ponzi

Parigi e Lourdes sono le mete del prossimo viaggio di Benedetto XVI. La Francia, dunque. Si tratta del decimo oltre i confini italiani dall'inizio del pontificato. Il programma della visita è stato illustrato ai giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede, dal direttore padre Federico Lombardi, martedì  mattina, 9  settembre.
Il Papa parte venerdì mattina, 12 settembre, e rientra lunedì 15. Lourdes è la meta privilegiata, nel senso che è quella alla quale è legato il motivo stesso del viaggio. Il Pontefice, come è noto, concluderà qui le celebrazioni per il 150° anniversario delle apparizioni. Il fervore nell'attesa di questo evento è palpabile nella cittadina dei Pirenei, dove in questi mesi si sono succeduti innumerevoli pellegrinaggi provenienti da tutto il mondo, celebrazioni, convegni, congressi nazionali e internazionali.
Inevitabile che l'attenzione si sposti poi però su Parigi e sulla Francia, nazione che rispecchia le vicende dell'intero continente europeo, quasi ovunque in affanno alla ricerca delle sue più profonde radici. La Chiesa, in questa terra di antica fede, è chiamata ad affrontare sfide nuove. Non è un caso che il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, già all'indomani del suo ingresso in diocesi, abbia dato avvio a un programma pastorale che ha definito "i quattro cantieri della fraternità", nei quali l'intera comunità cattolica è chiamata a lavorare "per ricostruire una società degna per tutti gli uomini". Giovani e famiglia; lavoro e impegno; mondializzazione e immigrazione; etica e morale, i quattro cantieri.
Il pellegrinaggio verso Lourdes sarà anche occasione per il Papa di offrire alla Chiesa che è in Francia il suo sostegno, dare indicazioni sul cammino da seguire, non per ricostruire quanto piuttosto per riscoprire e rinverdire i valori dell'identità cristiana di un popolo le cui radici affondano nel messaggio evangelico.
A Parigi giungerà alle 11 circa all'aeroporto di Orly. Il protocollo in genere prevede che l'autorità in visita sia accolta dal primo ministro, mentre il capo dello Stato lo attende nella residenza ufficiale per la cerimonia di benvenuto. Il presidente Sarkozy "ha fatto sapere - ha detto Padre Lombardi - che sarà comunque presente anche lui all'aeroporto per ricevere il Papa". Il programma non subirà però variazioni, nel senso che l'arrivo sarà in forma privata e senza scambio di discorsi. Questo avverrà invece poco dopo all'Eliseo, dove si svolgerà la cerimonia di benvenuto, preceduta da un colloquio in privato tra il Pontefice e il presidente.
Dopo il pranzo in nunziatura, incontrerà i rappresentanti della comunità ebraica di Francia, molto numerosa, poco prima dell'inizio dello Shabbath. Dopo l'incontro all'Eliseo, il primo appuntamento, sul quale si concentra l'attenzione degli osservatori è quello del pomeriggio con il mondo della cultura. C'è molta attesa per questo momento, soprattutto per il discorso che pronuncerà il Pontefice. "Un discorso - ha rivelato padre Lombardi - che il Papa ha preparato personalmente e con molta cura, in tedesco".
Anche negli ambienti culturali francesi si dà grande valore all'incontro. Oltre settecento hanno chiesto di parteciparvi. Saranno anche presenti rappresentanti dell'Unesco e dell'Unione europea. Dunque per il Papa sarà una tribuna dalla quale parlare a tutta l'Europa. È significativa anche la scelta del luogo, il Collège des Bernardins. È un complesso fondato nel 1245 da un monaco cistercense per disposizione di Papa Innocenzo iv, convinto che il rinnovamento della Chiesa dovesse passare attraverso lo studio. Una missione, che il collegio ha portato avanti per secoli. L'esigenza di rinverdire il ruolo della Chiesa nella storia dell'uomo, ma soprattutto il desiderio di riproporre il dialogo tra la fede e la cultura ha nuovamente concentrato l'attenzione su questa istituzione, che era andata via via perdendo la sua stessa identità. Trasformata in carcere, fu destinata poi a caserma dei vigili del fuoco e infine adibita a scuola per aspiranti poliziotti.
Il cardinale Lustiger, compianto arcivescovo di Parigi, pensò bene di recuperare proprio uno dei luoghi più simbolici tra quelli che hanno segnato la cultura cattolica. Nel 2001 riacquistò per la diocesi il complesso e ne fece progettare il restauro. Il lungo lavoro, durato oltre sette anni, è giunto a compimento solo qualche settimana fa. Il collegio è stato riaperto al pubblico il 4 settembre. Ma la vera inaugurazione avverrà proprio in questa circostanza.
Prima di lasciare il collegio il Papa incontrerà i rappresentanti della comunità musulmana.
A Notre-Dame, la cattedrale di Parigi, Benedetto XVI celebrerà i vespri con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi, i diaconi. Al termine incontrerà i rappresentanti della altre confessioni cristiane.
All'esterno della cattedrale ci saranno i giovani con i quali Benedetto XVI si intratterrà sino alle prime ombre della sera. Con loro aprirà la veglia di preghiera che proseguirà in tutte le principali chiese di Parigi sino a mezzanotte, momento in cui da ogni parrocchia della città si muoverà lo chemin de lumière, una sorta di processione aux flambeaux che guiderà i giovani sino all'Esplanade des Invalides, dove il mattino successivo, il Papa celebrerà la messa, dopo aver visitato l'Institut de France. L'istituto riunisce, com'è noto, cinque accademie. Il Papa divenne membro dell'Accademia delle scienze morali ed etiche quando era cardinale. Prese il posto di Sakarov. In occasione della visita scoprirà una targa a ricordo dell'eccezionalità del fatto che uno dei suoi membri sia divenuto Pontefice.
Nel primo pomeriggio è prevista la partenza in aereo alla volta di Lourdes:  dalla chiesa del Sacro Cuore, dove c'è il fonte battesimale di Bernadette, inizierà il suo "cammino del giubileo" a Lourdes, composto di quattro tappe. Altre due - quella al Cachot, l'abitazione della famiglia di Bernadette, e quella alla Grotta delle apparizioni - saranno raggiunte dal Papa prima di concludere la processione serale aux flambeaux.
Domenica mattina il momento principale del viaggio. Nella Prairie dinanzi alla Grotta celebrerà la messa conclusiva del 150° anniversario delle apparizioni.
Nel pomeriggio l'incontro, con i vescovi della Francia, che avverrà nell'emiciclo di santa Bernadette. Al termine, il Papa tornerà nuovamente alla Prairie per la conclusione della processione eucaristica.
Lunedì sarà la giornata dei malati. Benedetto XVI - dopo aver sostato all'oratorio dell'hospice, dove Bernadette ricevette la prima comunione, per l'ultima tappa del "cammino del giubileo" - celebrerà la messa per loro. Sarà questo l'ultimo atto del viaggio:  poco dopo le 12 Benedetto XVI si congederà dalla Francia e ripartirà alla volta di Roma.


(©L'Osservatore Romano - 10 settembre 2008)
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Maria, pilastro della fede dei cristiani, spiega monsignor Marchetto

Interviene al Convegno della Rete Europea dei Santuari Mariani

SARAGOZZA (Spagna), mercoledì, 10 settembre 2008 (ZENIT.org).- "Come in ogni costruzione il pilastro portante sostiene l'edificio, così Maria fa con la nostra fede attraverso la sua preghiera d'intercessione", ha affermato questo mercoledì l'Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Il presule ha partecipato al Convegno della Rete Europea dei Santuari Mariani, in svolgimento a Saragozza (Spagna) dal 10 al 12 settembre, con un intervento sul tema "Principio petrino e mariano nella Chiesa espresso nei santuari mariani".

Ricordando che a Maria è dedicata a Saragozza la Basilica di Nostra Signora del Pilar e che secondo la leggendo nel 40 d.C. la Vergine si recò nella città spagnola per confortare l'Apostolo San Giacomo mentre predicava il Vangelo, lasciandogli come testimonianza una colonna (il pilar, appunto), il presule ha sottolineato che simbolicamente Maria "offre il 'Pilastro' della sua fede a coloro che esitano, dubitano e camminano a tentoni fra oscurità e luce, non scegliendo fra via retta e via della perdizione".

Chiedendosi perché il cristianesimo sia forse la religione che annovera il maggior numero di luoghi di culto, dedicati in prevalenza a Maria, il presule ha risposto che ciò è dovuto al fatto che "la Vergine Maria è il santuario vivente del Verbo di Dio, l'Arca dell'alleanza nuova ed eterna".

"I santuari mariani si rivelano veri pilastri nell'annuncio di Cristo", ha proseguito, perché "Maria non solo ci ha donato il Signore, ma tuttora ci conduce a Lui attraverso il Suo esempio e il Suo messaggio".

La missione dei santuari mariani è quindi quella di "proporre Maria come modello da seguire, ma soprattutto come cammino per arrivare a Cristo, che è il Signore e la fonte della salvezza".

Fin dai primi secoli del cristianesimo, il credente ha avvertito l'esigenza di recarsi in pellegrinaggio in "un luogo particolarmente significativo per la sua fede, per il desiderio di conoscere e ritrovare le sue radici e seguire anche le orme degli apostoli", ha constatato l'Arcivescovo.

Con il tempo, "il pellegrinaggio è divenuto ancor più cammino di preghiera e di penitenza", incrementato negli ultimi 30 anni anche dai numerosi viaggi apostolici dei Papi ai santuari mariani.

Maria, del resto, offre un grande esempio ai fedeli, perché la sua forza d'animo ai piedi della croce stimola ad affrontare le avversità della vita con forza e coraggio.

"Infatti, quale sofferenza è più grande di quella di una madre che assiste alla morte del proprio figlio? - ha chiesto monsignor Marchetto -. Eppure Maria ci offre l'esempio di una presenza dolorosa ma coraggiosa, in piedi al fianco del figlio sul Calvario, nella preghiera straziante ma nella fiducia incondizionata al Padre che è nei cieli".

"La maternità di Maria - ha ricordato - si compì ai piedi della croce sul Golgota, dove Gesù morente La affida all'apostolo Giovanni, il quale a Lei pure era stato consegnato in un nuovo vincolo tra Madre e Discepolo, per saldare indissolubilmente la maternità divina e la maternità ecclesiale".

I santuari, ha continuato il presule, sono considerati anche "luoghi privilegiati per pregare per la pace tra i popoli, così precaria nella nostra epoca". Alcuni sono visitati anche da non cristiani, e per questo motivo "offrono occasioni di dialogo e di sereno confronto".

In alcune Nazioni, infatti , "i pellegrinaggi hanno svolto un ruolo chiave di unione fra i fedeli cristiani, della Chiesa cattolica e di quelle di rito orientale, ma anche fra i componenti delle comunità ebraiche e musulmane, consentendo una convivenza pacifica tra le diverse confessioni e religioni".

"La loro forza d'attrazione è stata superiore alle difficoltà imposte da politiche repressive e la loro influenza si è sentita, oltre che in ambito religioso, anche in quello educativo, solidale, sociale e culturale".

Allo stesso modo, i santuari mariani sono "luoghi in cui un'adeguata catechesi può tradursi in vera e propria evangelizzazione, con purificazione anche della pietà popolare e della spontaneità".

"Si compie un pellegrinaggio per convertirci di cuore, per chiedere perdono e liberarsi dalla colpa, per avere la grazia di essere un malato cristiano, per intercedere per gli altri, per esternare riconoscenza", ha avvertito.

Considerata l'importanza dei santuari e dei pellegrinaggi, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti "ha una specifica competenza per i pellegrini, persone che viaggiano per motivi legati alla vita spirituale, 'motivi di pietà'", perché "questa esperienza deve contribuire alla loro formazione morale e religiosa, con l'aiuto delle Chiese locali che prestano adeguata assistenza pastorale".

In questo contesto, si tratta di "promuovere un'assistenza prima, durante e dopo il pellegrinaggio, monitorando le diverse tradizioni, vagliando le nuove iniziative" e favorendo "la diffusione d'informazioni fra i Paesi".

A tale scopo, ha concluso l'Arcivescovo, accanto ad alcuni documenti, il dicastero vaticano organizza periodicamente Convegni regionali specifici con la collaborazione di una Chiesa locale ospitante per "agevolare l'incontro tra i rettori dei santuari e i direttori dei pellegrinaggi di uno stesso continente affinché possano conoscersi reciprocamente, mettere in comune le loro capacità e migliorare i servizi, in ambiti sociali non distanti per usi e tradizioni".

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Messaggio di Benedetto XVI in vista della visita pastorale in Francia

* * *

Cari fratelli e sorelle,

venerdì prossimo intraprenderò il mio primo viaggio pastorale in Francia come Successore di Pietro. Alla vigilia del mio arrivo, desidero rivolgere il mio cordiale saluto al popolo francese e a tutti gli abitanti di questa carissima nazione. Vengo da voi come messaggero di pace e fraternità.

Il vostro Paese non mi è sconosciuto. In diverse occasioni ho avuto la gioia di ritornarvi e di apprezzare la sua generosa tradizione di accoglienza e tolleranza, così come la solidità della sua fede cristiana e la sua elevata cultura umana e spirituale.

Questa volta, l'occasione della mia visita è la celebrazione del centocinquantesimo anniversario della apparizione della Vergine Maria a Lourdes. Dopo aver visitato Parigi, capitale del vostro Paese, sarà una grande gioia per me unirmi alla folla dei fedeli che vengono per seguire le tappe del cammino giubilare, sulle orme di Santa Bernadette, fino alla grotta di Massabielle.

La mia preghiera si farà intensa ai piedi di Notre Dame con le intenzioni di tutta la Chiesa, in particolar modo per gli ammalati, le persone più svantaggiate, ma anche per la pace nel mondo.

Che Maria sia per tutti voi, e particolarmente per i giovani, la Madre sempre attenta ai bisogni dei suoi figli, una luce di speranza che rischiara e guida il vostro cammino!

Cari amici di Francia, io vi invito ad unirvi alla mia preghiera affinché questo viaggio porti abbondanti frutti. Nella gioiosa attesa di essere presto tra voi, invoco su ciascuno, sulle vostre famiglie e sulle vostre comunità la protezione materna della Vergine Maria, Nostra Signora di Lourdes. Che Dio vi benedica!

[Traduzione dall'originale in francese a cura di ZENIT]

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Le attese della comunità cattolica e di tutto il Paese alla vigilia della visita apostolica di Benedetto XVI

In Francia una Chiesa pronta
a prendere il largo


di André Vingt-Trois
Cardinale arcivescovo di Parigi

Fra qualche ora Papa Benedetto XVI comincerà la sua prima visita apostolica in Francia. Il cardinale Ratzinger, eccellente conoscitore della cultura francese, ha soggiornato diverse volte nel Paese. In numerose occasioni nel corso di questi ultimi venticinque anni, è stato invitato a parlare in Francia davanti a un pubblico molto vario:  a Notre-Dame de Paris, nell'Accademia delle Scienze Morali e Politiche, alla Sorbonne, o ancora a Caen, in occasione del sessantesimo anniversario dello sbarco degli alleati nel 1944.
Siamo tanto più grati per l'onore che ci fa in quanto ha accettato di prolungare il suo pellegrinaggio a Lourdes con un breve scalo a Parigi che conferirà alla sua visita una dimensione nazionale innegabile. Nel corso delle celebrazioni di Parigi e di Lourdes, il Papa incontrerà una rappresentanza importante dei cattolici di Francia. Inoltre, ha auspicato personalmente di incontrare la Conferenza episcopale dopo la concelebrazione di Lourdes con tutti i vescovi francesi. Quello che vivremo è dunque un vero incontro del Papa con la Chiesa che è in Francia.
Questa Chiesa è spesso criticata, perfino schernita, viene dipinta qua e là come un campo di macerie in cui sopravviverebbero solo alcuni gruppi particolari. Questa visione è profondamente ingiusta e inesatta. Certo, la realtà della nostra Chiesa è contrastata e per alcuni versi confusa. Tuttavia, anche se dobbiamo riconoscere un calo delle pratiche tradizionali (messe domenicali, battesimi dei bambini, catechismi, ecc.), nello stesso tempo dobbiamo rendere grazie per la vitalità delle comunità cattoliche (battesimi di adulti, incontri estivi, raduni di giovani ecc.) e per il maggiore coinvolgimento dei fedeli la cui appartenenza è più motivata e le scelte sono più ponderate. Non vi è più l'unanimità cristiana (c'è mai stata?), ma i cristiani, sono lì, vivi e attivi. Si occupano della vita delle loro comunità. Se ne fanno carico dal punto di vista finanziario, il che è una tradizione francese radicata ormai da oltre un secolo. Si occupano del funzionamento quotidiano delle attività ecclesiali. E soprattutto prendono attivamente parte alla missione dell'annuncio del Vangelo in tutti gli ambiti della loro esistenza.
La situazione della nostra Chiesa si spiega anche con i mutamenti della vita sociale che hanno caratterizzato l'ultimo mezzo secolo. La massiccia migrazione delle popolazioni rurali tradizionali verso gli agglomerati urbani con gli sconvolgimenti che hanno provocato questo esodo e la perdita di punti di riferimento che ne è seguita, hanno segnato profondamente la nostra società e le condizioni di trasmissione sociale in famiglia, a scuola e in Chiesa. Nello stesso tempo, lo sviluppo di diverse espressioni culturali e religiose, in particolare dell'Islam e del Buddismo, ha trasformato lo scenario religioso del nostro Paese. Il calo delle vocazioni dei sacerdoti e dei religiosi e delle religiose, i cui primi sintomi erano percepibili fin dalla seconda guerra mondiale, ha anch'esso aggravato la fragilità dell'universo cattolico. Davanti a queste trasformazioni è inevitabile che siamo chiamati a scoprire una forma di vitalità della Chiesa diversa da quella vissuta dal nostro Paese nel xix secolo e nella prima parte del xx. Quello che ci viene imposto è un vero lutto. Lo vivremo come la fine di un mondo o cercheremo piuttosto di discernere in questa crisi il cammino lungo il quale Dio ci chiama? È la grande sfida alla quale siamo di fronte.
Tale sfida è tanto più importante in quanto ci viene imposta in una congiuntura eccezionalmente propizia all'annuncio del Vangelo. I mutamenti sociali che ho appena menzionato si uniscono a una certa confusione rispetto alle concezioni del mondo a cui eravamo abituati. La promessa di un cambiamento radicale, i grandi progressi tecnologici, i programmi politici, la logica economica non sembrano oggi in grado di garantire un futuro di sicurezza ai nostri contemporanei. Mentre l'accentuarsi dell'individualismo spinge ognuno a proteggere le proprie convinzioni e a chiedere alla società una tutela di tipo "previdenziale" davanti ai rischi della vita, la mondializzazione economica e finanziaria mostra che molte decisioni importanti per l'esistenza di ognuno sembrano sfuggire a qualsiasi controllo. I timori, giustificati o fantomatici, che ne derivano accentuano la tendenza a proteggersi e l'ossessione di dover condividere i beni disponibili. L'ecologia come le ipotesi di condivisione del lavoro e delle risorse hanno poche possibilità di farsi udire in tale contesto. Tutti vogliono difendere il loro livello di vita, ma tutti sanno bene che le disuguaglianze nazionali o internazionali non permetteranno certamente di preservare la propria prosperità.
Cosa diverremo?
In questo contesto, l'annuncio del Vangelo assume una risonanza particolare. Il suo messaggio di speranza si oppone alla tentazione del fatalismo:  l'umanità non è disarmata dinanzi ai rischi che corre. Il suo messaggio di amore si oppone alla legge dell'"ognun per sé" e invita a sviluppare la solidarietà nel nostro Paese, come nei confronti dei paesi di forte immigrazione. Il suo messaggio di verità si oppone all'illusione che tutte le opinioni si equivalgano e che non vi sia alcun modo di scegliere fra le concezioni della vita che si affiancano o che si contrappongono. La passione che esprime per la dignità dell'uomo si oppone a tutte le forme di strumentalizzazione dell'essere umano e a tutti gli attacchi alla sua dignità dal concepimento fino alla morte.
Questa parola di verità, di amore e di speranza, l'abbiamo ricevuta dalla nostra tradizione cristiana. Spetta a noi oggi assicurarne la messa in pratica e la trasmissione alle generazioni future. Quanti oggi cercano ragionevolmente di costruire una società più giusta e più tranquilla sono meglio che in passato disposti ad ascoltare quello che la saggezza cristiana può apportare per il bene di tutti. In altre epoche, il settarismo ideologico o l'illusione dei messianismi politici non permettevano gli scambi aperti che sono oggi possibili e a volte auspicati. È giunto il tempo per noi di "rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1 Pietro 3, 15). Non è il momento di rifugiarci in una contro-cultura protettiva. È il momento di "prendere il largo" per rispondere alle aspirazioni dei nostri contemporanei e per annunciare loro la Buona Novella alla quale crediamo.
In questo contesto, la visita apostolica di Benedetto XVI sarà un momento importante nel cammino della nostra Chiesa. Opererà in tre direzioni, inseparabili l'una dall'altra. Innanzitutto sarà una grande testimonianza della fede cristiana attraverso diverse celebrazioni presiedute dal Papa. Egli non viene qui per tenere dei meeting. Viene per celebrare la fede in Cristo Risorto. A questa testimonianza saranno associate le folle che si stringeranno attorno a lui, ma anche i fedeli più o meno esitanti o dubbiosi che vedranno con i loro occhi che, ancora oggi, il Vangelo è una forza per il nostro mondo. Poi la visita del Papa sarà un momento di comunione intensa con i vescovi francesi, non solo nelle celebrazioni alle quali parteciperanno nell'unica liturgia della Chiesa, ma anche nell'incontro che ci unirà a lui nel dialogo. Infine, attraverso la conferenza che terrà nel Collège des Bernardins il Papa ci consentirà di beneficiare della sua lunga riflessione sulla situazione della fede cristiana nella cultura contemporanea e sui rapporti fra fede e ragione. Attendiamo dunque la sua venuta con gioia e fiducia. I cattolici di Francia vi si stanno preparando da mesi, ma so anche che molti concittadini che non sono cattolici lo attendono con simpatia e interesse.



(©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2008)
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Tra le inquietudini delle nuove generazioni

Fra timori e speranza


di Philippe Levillain

Giovanni Paolo II ha compiuto sette viaggi apostolici in Francia, otto se si include quello all'Île de la Réunion. Si è recato due volte al santuario di Lourdes:  il 14 e 15 agosto 1983 ed il 14 e 15 agosto 2004, per il centocinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione da parte di Pio ix. Lo sforzo compiuto fu tale che si pensò che sarebbe morto lì. Il predecessore di Papa Ratzinger ha intrattenuto con la Francia relazioni complesse e di lunga data. Nel corso del suo lungo pontificato, divenne sempre più popolare. Non fu molto ascoltato da una nazione che, anche durante il pontificato di Leone XIII, il Papa del Ralliement dal marchio repubblicano, vuole in generale ignorare o addirittura tende a maltrattare il magistero romano. Si parla naturalmente della tradizione gallicana, termine del xix secolo che riassume uno spirito di difesa dell'onore cattolico francese. È il riflesso della posizione di "figlia primogenita della Chiesa", colei che fu interpellata da Giovanni Paolo II proprio nel maggio 1980.
Dalla formula che fece fortuna "Figlia primogenita della Chiesa, sei tu fedele alle promesse del tuo battesimo?" alle prime parole che pronuncerà Benedetto XVI il prossimo venerdì 12 settembre sono trascorsi ventotto anni. Diverse "generazioni Giovanni Paolo II" sono cresciute. Gli adolescenti sono divenuti genitori. I loro figli li hanno sostituiti. Il susseguirsi è regolare. La venuta di Benedetto XVI è sicuramente attesa in forma prioritaria da questo ambito sociologico, intellettualmente curioso, attento ed energico, che intende resistere all'idea di decadenza del cristianesimo, che non è né maggioritaria né esemplare. È su questo terreno di conferma dell'ingresso continuo nella speranza che Benedetto XVI sarà più ascoltato. È chiaro che si ascolta meglio nel proprio paese che a Colonia o a Sydney, poiché la musica della voce è messa in risalto dall'ambiente d'origine. Questo viaggio atteso, che ha come sfondo la tradizione dei partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù, "sale della terra", direbbe Benedetto XVI, preoccupa particolarmente istanze più autorevoli e solenni. Da qualche giorno, i media si fanno sempre più eco della loro inquietudine, pur rallegrandosi dell'evento. Gli interrogativi vertono, anche all'interno della gerarchia della Chiesa in Francia, sulle chance di riuscita del viaggio e sul livello di popolarità della Santa Sede. Occorre leggervi nello stesso tempo segni di timore e di speranza.
Un timore nei confronti di ciò che Benedetto XVI dirà quando sarà accolto all'Eliseo dal presidente della Repubblica, e soprattutto durante il discorso che terrà davanti al mondo della cultura nel convento dei Bernardins. Esattamente tre anni fa, Benedetto XVI pronunciò il famoso "discorso di Ratisbona", che ha fatto versare tanto inchiostro in Francia. L'occasione, lo stile accademico, la sottigliezza di uno studioso che poneva sulle labbra di un imperatore bizantino un rimprovero sul jihad respinto dal suo interlocutore. Il successo del dialogo fra il cristianesimo e l'islam ristabilito poco a poco avrebbe creato un'immagine sconcertante del Pontefice. La Francia, dove il numero dei musulmani è vicino ai sette milioni e l'esigenza della libertà di culto molto sentita, ha accolto questo discorso con il disagio che si prova quando si tocca un tabù. Cosa dirà dunque Benedetto XVI nel convento dei Bernardins? Ribadirà, in ambito francese, il discorso ben strutturato preparato per la visita nel gennaio 2008 all'università romana della Sapienza sulla libertà indispensabile dell'università - in senso generico - rispetto a qualsiasi autorità politica ed ecclesiastica e sui doveri che le corrispondono? Spiegherà ulteriormente la sua visione del ruolo della Francia nella difesa dei valori cristiani? Proporrà una nuova definizione dell'intellettuale cristiano, marchio un tempo molto francese?
Benedetto XVI non è imprevedibile. È semplicemente, in ogni occasione, sorprendente. E il carattere paradossale della situazione dipende dal fatto che il cardinale Joseph Ratzinger ha espresso la sostanza ecclesiologica e teologica dei suoi anni attuali come Pontefice. La sorpresa viene dal modo in cui vi attinge, e dalle occasioni per esprimerla, per renderla viva. Le grandi questioni francesi da parte loro non sono cambiate:  l'affermazione secondo la quale la laicità esige il rispetto reciproco, della Chiesa verso lo Stato e viceversa; l'accigliato gallicanesimo - neo gallicanesimo in realtà - di un clero che auspica una considerazione particolare per la sua coraggiosa analisi pastorale dei tempi del Vaticano ii e turbato per alcuni gesti di pacificazione da parte di Roma rispetto a uno "scisma francese"; un indifferentismo religioso che ha abbassato la soglia della scristianizzazione e un rifugio nell'acquiescenza all'identificazione recente del "fatto religioso", neo-positivismo sincretico del bisogno di sopravvivere. Proprio così. Il fatto che il viaggio di Benedetto XVI sia allo stesso tempo temuto e atteso è da attribuire al bisogno di inquadramento dottrinale sentito da una Chiesa orgogliosa e da una nazione che ha beneficiato di grazie di apparizioni, che ha dato molti beati e santi.
In tutti gli ambiti, in particolare in quello della comunicazione, come si dice oggi, tutto è questione di traduzione, ossia di intepretazione appropriata. Ma bisogna ricordare che Benedetto XVI parla il francese perfettamente.



(©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2008)
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Per una rinascita intellettuale di cui si sente urgente bisogno

Rinascita intellettuale per il rinnovamento


di Alain Besançon
Membro dell'Institut de France

I recenti  viaggi  di  Papa  Benedetto XVI negli Stati Uniti e in Australia sono stati un successo. Nei due Paesi esistevano pregiudizi e apprensioni. Si temeva il severo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Subito sono stati riconosciuti la dolcezza del suo carattere, la larghezza delle sue vedute, la moderazione del suo governo. I pregiudizi sono evaporati. Questo rovesciamento è stato rapido per una ragione semplice:  in quei due Paesi esisteva un tessuto cattolico fitto, sorretto da un clima di cristianesimo fervente e generale. Il Papa era atteso da tutti con sincera buona volontà.
In Francia la situazione è ben diversa perché il quadro - come da tempo è stato più volte osservato - appare piuttosto fosco, e forse lo è ancora di più di quanto effettivamente non appaia. In materia di Chiesa è tuttavia difficile dare un giudizio generale. Non si sa dove lo Spirito soffia, né se da qualche parte la pasta sta lievitando. L'impressione del disastro nasconde forse dei rinnovamenti ancora poco visibili. Esistono nuove comunità e si spera che esse si daranno un'educazione teologica intelligente e seria per alimentare il proprio fervore. Permane un fondo di memoria cattolica popolare che i pellegrinaggi fanno emergere, specialmente a Lourdes. Nel mondo universitario, la giovane generazione non è nemica della Chiesa. Molti lavorano con sapienza e talento, e chissà che non preparino la rinascita intellettuale di cui la Chiesa ha un così urgente bisogno.
La Santa Sede ha una viva consapevolezza della gravità della situazione e dispensa tutto l'aiuto di cui è capace. Giovanni Paolo II ha visitato la Francia otto volte, una sola in meno rispetto la Polonia e molto più spesso di qualsiasi altro paese. Benedetto XVI si appresta a recarsi a Lourdes, riserva per eccellenza del cristianesimo francese profondo. Visiterà anche l'Institut de France, di cui è membro, e lo stesso giorno parlerà di cultura in un antico collegio medievale, quello dei Bernardins, in rovina per oltre due secoli e miracolosamente restaurato. Il popolo da un lato, il pensiero dall'altro:  la prospettiva è buona. Benedetto XVI sarà ben accolto.



(©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2008)
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Il cattolicesimo che Benedetto XVI si troverà di fronte

Un'eredità da far fruttificare


di Jean Duchesne

Benedetto XVI in Francia troverà un cattolicesimo messo ai margini in un paese scristianizzato? Molti esperti sembrano essere di questo avviso, sia che questo pessimismo esprima sincero dispiacere, sia che nasconda male la sua soddisfazione o le sue critiche alla Chiesa.
È però permesso cantare fuori dal coro. Certamente le statistiche sociologiche rivelano una riduzione della pratica domenicale e del numero di battesimi alla nascita, dei bambini catechizzati e dei matrimoni religiosi, mentre le cifre delle ordinazioni sacerdotali continuano a stagnare. Certamente l'insegnamento del Magistero in materia di morale continua ad essere contestato. Certamente l'anticlericalismo (o piuttosto l'anticristianesimo) della fine del xix secolo continua a manifestarsi episodicamente e appare saldamente radicato in una certa intellighenzia. Infine, certamente le strutture ecclesiali hanno sofferto dell'urbanizzazione che ha caratterizzato il periodo di crescita economica seguito alla seconda guerra mondiale, nonché di interpretazioni abusive del Concilio Vaticano ii.
La situazione in Francia non è peggiore, tuttavia, che negli altri paesi "ricchi" della vecchia Europa occidentale. Come rilevava verso la fine della sua vita il compianto René Rémond, in una società francese "esplosa", dove una prosperità relativa moltiplica le sollecitazioni "culturali" di ogni ordine senza che nessuna di queste scompaia per mancanza di "clienti" né s'imponga massicciamente, non esiste un "polo" che riunisca regolarmente tante persone come la Chiesa, né che costituisca una forza altrettanto importante e coerente, sebbene essa non cerchi assolutamente di "prendere il potere".
Il presidente Sarkozy non si è sbagliato quando, nei suoi discorsi in San Giovanni in Laterano (20 dicembre 2007) e in Arabia Saudita (14 gennaio 2008), ha invitato i credenti a impegnarsi maggiormente nella vita sociale, non malgrado la loro fede o mettendola tra parentesi, ma proprio in ragione delle loro convinzioni, che alimentano il senso di servizio al prossimo e che non possono rimanere relegate nell'ambito individuale e privato. È sorprendente constatare che questa "apertura" (o questo riconoscimento di una realtà) ha suscitato più diffidenza in alcuni cattolici (non più tanto giovani) ancora ossessionati dalla paura di un "recupero" (del resto ormai molto improbabile) che ostilità nei soliti oracoli dell'ateismo militante (quali che siano le loro reticenze a priori verso l'attuale capo dello Stato, come verso ogni motivazione religiosa).
Come si è arrivati a questo? Essenzialmente (senza dubbio) per la grazia dello Spirito Santo, che non abbandona mai la Chiesa senza assicurarle per altro che il suo attivismo pastorale realizzerà la venuta del Regno. E, in modo strumentale (se così si può dire), grazie a due uomini:  Papa Giovanni Paolo II e il cardinale Lustiger.
Il primo - gli storici già lo ammettono - ha contribuito fortemente alla caduta dell'ideologia comunista, che annunciava come ineluttabile l'estinzione di ogni credenza estranea alla sua razionalità. Il cristianesimo oggi deve affrontare altre religiosità che appaiono come varianti persistenti o attualizzate del vecchio paganesimo, o un "disincanto" che si mostra incapace di concepire un futuro o una logica vitale che vadano oltre la soddisfazione dei bisogni immediati. Il Papa venuto dalla Polonia - cioè, come diceva scherzosamente Padre Ubu d'Alfred Jarry, da "nessuna parte" nella visione del mondo degli intellettuali occidentali - non ha restaurato soltanto la credibilità operativa della fede, ma anche, e nella stessa dinamica, quella della ragione umana.
In una comunione fedele e di ammirazione con Giovanni Paolo II, il secondo è riuscito, in Francia - gli storici non dovrebbero tardare a prenderne pienamente atto - a far superare le divisioni logore tra destra e sinistra, tra conservatorismo e progressismo. Il cardinale Lustiger è andato oltre, creando - tra le altre cose un seminario, la Scuola cattedrale, emittenti radiofoniche e televisive, la Giornata mondiale della gioventù del 1997, il centro culturale dei Bernardins - e imponendo nei media la sua voce di uomo libero che dice la verità perché la sua fede non è al servizio di nessun interesse particolare, bensì ispirata da quel Dio, che vuole il bene dell'umanità, mostrando che la salvezza viene dal dono di sé, fino alla croce se occorre, seguendo Cristo.
È questa eredità che Benedetto XVI viene a far fruttificare. Viene anzitutto per il centocinquantesimo anniversario delle apparizioni della Vergine a Bernadette. Il fenomeno delle folle che non cessano di affluire a Lourdes sconcerta gli osservatori. Questo pellegrinaggio significa che il Papa non viene come "padrone" preoccupato di una multinazionale per ispezionare una delle sue succursali in difficoltà, bensì come padre spirituale, la cui missione è d'iscrivere una vitalità religiosa nella comunione della Chiesa universale.
La visita preliminare a Parigi avrà lo stesso tono positivo, con i vespri per il clero, i religiosi e le religiose a Notre-Dame venerdì sera, poi la veglia con i giovani e, sabato mattina, la grande celebrazione eucaristica aperta a tutti. Prima, il Papa, che è anche un accademico di rango, avrà illuminato, nella sua conferenza presso il centro dei Bernardins, tutti coloro - e sono molti a Parigi - che s'interrogano su ciò che la fede della Chiesa offre alla cultura per raccogliere le sfide di oggi.



(©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2008)
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Il richiamo di Benedetto XVI: "La Francia e l’Europa non dimentichino le loro radici cristiane". Poi l’esortazione a riflettere sulla laicità e ad impegnarsi per la Pace. Sarkozy: "Piena sintonia"

di Gianluca Barile

PARIGI (FRANCIA) - "Sono profondamente convinto che una nuova riflessione sul vero significato e sulla importanza della laicita' e' divenuta necessaria''. Lo ha detto il Papa, incontrando all'Eliseo le autorita' dello Stato francese, alle quali ha anche ricordato che ''le radici della Francia, come quelle dell'Europa, sono cristiane''. Benedetto XVI a questo proposito ha rammentato a piu' riprese il discorso pronunciato in dicembre a San Giovanni in Laterano dal presidente Nicolas Sarkozy, che aveva parlato della ''laicita' positiva''. ''E' fondamentale, infatti - ha detto Benedetto XVI -, da una parte insistere sulla distinzione tra l'ambito politico e quello religioso, al fine di tutelare sia la liberta' religiosa dei cittadini che la responsabilita' dello Stato verso di essi, e dall'altra parte prendere una piu' chiara coscienza della funzione della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa puo' apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società''. Se l'Unione Europea dovra' tutelare i ''diritti inalienabili della persona umana'', allora i cittadini europei diventeranno ''attivi e artefici'' della costruzione dell'Unione, ha quindi affermato il Pontefice dopo aver ricordato che la Francia ha in questo semestre la presidenza dell'Unione Europea. ''Quando il cittadino europeo - ha rilevato il Papa - vedra' e sperimentera' personalmente che i diritti inalienabili della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all'educazione libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi, quando dunque il cittadino europeo si rendera' conto che questi diritti, che costituiscono un tutto indissociabile, sono promossi e rispettati, allora comprendera' pienamente la grandezza dell'edificio dell'Unione e ne diverra' un attivo artefice''. Benedetto XVI ha poi invitato Sarkozy, in quanto presidente di turno dell'Unione Europea, a continuare a far svolgere alla Francia il suo ruolo storico di riconciliazione. ''Di fronte al pericolo del riemergere di vecchie diffidenze, tensioni e contrapposizioni tra nazioni di cui oggi siamo preoccupati testimoni - ha esortato il Pontefice -, la Francia, storicamente sensibile alla riconciliazione tra i popoli, e' chiamata ad aiutare l'Europa a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo intero''. Il Papa ha dunque invitato la Francia ''a promuovere una unita' che non puo' e non vuole divenire uniformita', ma che e' capace di garantire il rispetto delle differenze nazionali e delle diverse tradizioni culturali, che costituiscono una ricchezza della sinfonia europea'', rammentando che l'identita' nazionale si realizza nell'apertura verso gli altri popoli e nella solidarieta' con essi. La ''situazione sociale del mondo occidentale'' e' ''segnata purtroppo da una tacita progressione della distanza tra ricchi e poveri'', e' stata la preoccupazione espressa subito dopo da Benedetto XVI nel discorso pronunciato di fronte al presidente Sarkozy all'Eliseo. ''Sono certo - ha proseguito il successore di Pietro - che e' possibile trovare soluzioni giuste che, andando oltre l'aiuto immediato necessario, giungano al cuore dei problemi nell'intento di proteggere i deboli e di promuovere la loro dignita'. Attraverso le sue numerose istituzioni e iniziative, la Chiesa, come del resto numerose associazioni in Francia, cerca spesso di provvedere alle necessita' immediate, ma e' allo Stato che spetta di legiferare per sradicare le ingiustizie''. Il Pontefice ha anche parlato dei temi ambientali a lui tanto cari, sottolineando che e' ''urgente imparare a rispettare e a proteggere meglio'' il nostro pianeta. "La vostra capitale mi e' familiare e la conosco bene. In essa ho sovente sostato e, nel corso degli anni, in ragione dei miei studi e delle mie precedenti mansioni, vi ho intrecciato buone amicizie umane e intellettuali". Per questo, ha confidato il Papa nel discorso all'Eliseo, "vi ritorno quindi con gioia, lieto dell'occasione che mi e' cosi' offerta di rendere omaggio all'imponente patrimonio di cultura e di fede che ha plasmato il vostro Paese in modo splendido durante secoli e che ha offerto al mondo grandi figure di servitori della Nazione e della Chiesa, il cui insegnamento ed esempio hanno naturalmente oltrepassato i confini geografici e nazionali per contrassegnare il divenire del mondo". "La ragione principale del mio viaggio - ha dichiarato Benedetto XVI - e' la celebrazione del 150° anniversario delle apparizioni della Vergine Maria a Lourdes. Desidero unirmi alla folla degli innumerevoli pellegrini del mondo intero, che nel corso di quest'anno convergono verso il santuario mariano, animati dalla fede e dall'amore. e' una fede, e' un amore che vengo a celebrare qui, nel vostro Paese, nel corso delle quattro giornate di grazia che mi sara' dato di passarvi". Per il Santo Padre, "i giovani sono la preoccupazione piu' grande". "Alcuni di loro - ha rimarcato Benedetto XVI - faticano a trovare un orientamento che loro convenga o soffrono di una perdita di riferimenti nella loro vita familiare. Altri ancora sperimentano i limiti di un comunitarismo religioso condizionante. Messi a volte ai margini e spesso abbandonati a se stessi, sono fragili e devono affrontare da soli una realta' che li supera". "E' dunque necessario - ha chiarito il Pontefice - offrire loro un solido quadro educativo e incoraggiarli a rispettare e ad aiutare gli altri, cosi' che arrivino serenamente all'eta' matura. La Chiesa, in questo campo, puo' recare il suo contributo specifico". Dal canto suo, prima del discorso del Papa, il presidente Sarkozy aveva evidenziato che ''sarebbe una pazzia privare noi stessi della religione"; una pazzia, dunque, ma non solo: mettere da parte Dio, per Sarkozy sarebbe anche "un errore contro la cultura e il pensiero''. Secondo il Capo dell’Eliseo, infatti, ''avere un dialogo con le religioni legittima la democrazia e rispetta lo stesso secolarismo''. Questa considerazione, ha aggiunto Sarzkozy, parte dalla constatazione che ''le religioni, e soprattutto quella cristiana con la quale condividiamo una lunga storia, sono dei patrimoni viventi del pensiero, non solo quello su Dio, ma anche sull'uomo, sulla societa' e anche sulla questione oggi centrale della natura e della difesa dell'ambiente''. ''Non vogliamo una ripresa delle guerre di religione, lavoriamo per la pace'', ha poi garantito Sarkozy - a fianco di Benedetto XVI - illustrando il suo concetto di 'laicita' positiva'. ''Spesso - ha detto il capo dello Stato - ho avuto l'occasione di parlare delle radici cristiane della Francia. Cio' non ci impedisce di fare del tutto perche' i nostri compatrioti musulmani possano vivere la loro religione sullo stesso piano degli altri''. Esigendo ''una diversità'' della propria popolazione che la Francia ''rivendica come una ricchezza'', Sarkozy ha chiarito che ''la pratica della laicita' positiva e' la ricerca di significato, il rispetto delle convinzioni. Non mettiamo nessuno davanti all'altro, ma rivendichiamo le nostre radici cristiane''. ''La crescita economica per la crescita economica non ha senso. Solo il miglioramento della situazione del piu' grande numero di persone e lo sviluppo della persona ne costituiscono i suoi scopi legittimi'', ha infine detto Sarkozy, chiarendo che ''questo insegnamento, il quale e' al centro della dottrina sociale della Chiesa, e' in perfetta sintonia con le poste in gioco dell'economia contemporanea globale. E il nostro dovere e' di ascoltare questo insegnamento''.

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All'Eliseo il Papa invita a costruire pace e seminare speranza nel mondo d'oggi

Tra Chiesa e Stato
un dialogo più aperto e positivo


Una "comprensione più aperta" del concetto di laicità favorisce il "dialogo sereno e positivo" tra politica e religione. Lo ha sottolineato Benedetto XVI nel discorso pronunciato durante la cerimonia di benvenuto, svoltasi nella mattina di venerdì 12 settembre, nel palazzo presidenziale dell'Eliseo, a Parigi. Il Pontefice che si è definito "testimone di Dio che ama e che salva" ha infine invitato l'Europa a promuovere "un'unità che non può e non vuole divenire uniformità".

Nella società occidentale aumenta il divario tra ricchi e poveri:  per questo occorre trovare "soluzioni giuste" che proteggano i più deboli e difendano la loro dignità. Lo ha affermato il Papa venerdì 12 settembre, durante la cerimonia di benvenuto nel palazzo dell'Eliseo, a Parigi. Di seguito una nostra traduzione italiana del discorso.

Signor Presidente,
Signore e Signori,
cari amici!
Ponendo piede per la prima volta sul suolo di Francia dopo che la Provvidenza mi ha chiamato alla Sede di Pietro, mi sento commosso e onorato per l'accoglienza calorosa che mi avete riservato. A Lei, Signor Presidente, sono particolarmente grato per il cordiale invito fattomi a visitare il Suo Paese, così come per le gentili parole di benvenuto che mi ha ora rivolto. Come non ricordare la visita che Vostra Eccellenza mi ha reso in Vaticano nove mesi or sono? Attraverso la Sua persona, saluto tutti coloro che abitano questo Paese dalla storia millenaria, dal presente ricco di eventi e dal futuro promettente. Sappiano che la Francia è molto spesso al centro della preghiera del Papa, il quale non può dimenticare tutto ciò che essa ha apportato alla Chiesa nel corso di venti secoli! La ragione principale del mio viaggio è la celebrazione del 150° anniversario delle apparizioni della Vergine Maria a Lourdes. Desidero unirmi alla folla degli innumerevoli pellegrini del mondo intero, che nel corso di quest'anno convergono verso il santuario mariano, animati dalla fede e dall'amore. È una fede, è un amore che vengo a celebrare qui, nel vostro Paese, nel corso delle quattro giornate di grazia che mi sarà dato di passarvi.
Il mio pellegrinaggio a Lourdes doveva prevedere una sosta a Parigi. La vostra capitale mi è familiare e la conosco bene. In essa ho sovente sostato e, nel corso degli anni, in ragione dei miei studi e delle mie precedenti mansioni, vi ho intrecciato buone amicizie umane e intellettuali. Vi ritorno quindi con gioia, lieto dell'occasione che mi è così offerta di rendere omaggio all'imponente patrimonio di cultura e di fede che ha plasmato il vostro Paese in modo splendido durante secoli e che ha offerto al mondo grandi figure di servitori della Nazione e della Chiesa, il cui insegnamento ed esempio hanno naturalmente oltrepassato i confini geografici e nazionali per contrassegnare il divenire del mondo. In occasione della Sua visita a Roma, Signor Presidente, Ella ha ricordato che le radici della Francia - come quelle dell'Europa - sono cristiane. Basta la storia a dimostrarlo:  fin dalle origini il Suo Paese ha ricevuto il messaggio del Vangelo. Se i documenti fanno a volte difetto, resta comunque il fatto che l'esistenza di comunità cristiane nella Gallia è attestata in data molto antica:  non si può ricordare senza emozione che la città di Lione aveva un Vescovo già nella metà del ii secolo e che sant'Ireneo, l'autore dell'Adversus haereses, vi rese una testimonianza eloquente del vigore del pensiero cristiano. Ora, sant'Ireneo era venuto da Smirne per predicare la fede nel Cristo risorto. Lione aveva dunque un Vescovo la cui lingua materna era il greco:  vi può essere un segno più bello della natura e della destinazione universale del messaggio cristiano? La Chiesa, impiantata in epoca antica nel Suo Paese, vi ha svolto un ruolo civilizzatore al quale mi piace rendere omaggio in questo luogo. Ella stessa vi ha fatto allusione nel Suo discorso al Palazzo del Laterano nel dicembre scorso e di nuovo oggi. Trasmissione della cultura antica attraverso monaci, professori e copisti, formazione dei cuori e degli spiriti all'amore del povero, aiuto ai più sprovveduti mediante la fondazione di numerose Congregazioni religiose, il contributo dei cristiani al consolidarsi delle istituzioni della Gallia, poi della Francia, è troppo conosciuto perché mi ci dilunghi. Le migliaia di cappelle, di chiese, di abbazie, e di cattedrali che adornano il cuore delle città o la solitudine delle campagne dicono abbastanza su come gli antichi padri nella fede hanno voluto onorare Colui che aveva loro donato la vita e che ci conserva nell'esistenza.
Numerose persone, anche qui in Francia, si sono soffermate a riflettere sui rapporti tra Chiesa e Stato. In verità, sul problema delle relazioni tra sfera politica e sfera religiosa Cristo stesso aveva già offerto il criterio di fondo in base al quale trovare una giusta soluzione. Lo fece quando, rispondendo ad una domanda che gli era stata posta, affermò:  "Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio" (Mc 12, 17). La Chiesa in Francia gode attualmente di un regime di libertà. La diffidenza del passato si è trasformata poco a poco in un dialogo sereno e positivo, che si consolida sempre di più. Un nuovo strumento di dialogo esiste dal 2002 ed io ho grande fiducia nel suo lavoro, perché la buona volontà è reciproca. Sappiamo che restano ancora aperti certi territori di dialogo che dovremo percorrere e bonificare poco a poco con determinazione e pazienza. Lei ha del resto utilizzato, Signor Presidente, l'espressione di "laicità positiva" per qualificare questa comprensione più aperta. In questo momento storico in cui le culture si incrociano tra loro sempre di più, sono profondamente convinto che una nuova riflessione sul vero significato e sull'importanza della laicità è divenuta necessaria. È fondamentale infatti, da una parte, insistere sulla distinzione tra l'ambito politico e quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall'altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società.
Il Papa, testimone di un Dio che ama e che salva, si sforza di essere un seminatore di carità e di speranza. Ogni umana società ha bisogno di speranza e questa necessità è ancora più forte nel mondo d'oggi che offre poche aspirazioni spirituali e poche certezze materiali. I giovani sono la mia preoccupazione più grande. Alcuni di loro faticano a trovare un orientamento che loro convenga o soffrono di una perdita di riferimenti nella loro famiglia. Altri ancora sperimentano i limiti di un comunitarismo religioso condizionante. Messi a volte ai margini e spesso abbandonati a se stessi, sono fragili e devono affrontare da soli una realtà che li supera. È dunque necessario offrire loro un solido quadro educativo e incoraggiarli a rispettare e ad aiutare gli altri, così che arrivino serenamente all'età matura. La Chiesa, in questo campo, può recare il suo contributo specifico. Anche la situazione sociale del mondo occidentale, segnata purtroppo da una tacita progressione della distanza tra ricchi e poveri, mi preoccupa. Sono certo che è possibile trovare soluzioni giuste che, andando oltre l'aiuto immediato necessario, giungano al cuore dei problemi nell'intento di proteggere i deboli e di promuovere la loro dignità. Attraverso le sue numerose istituzioni e iniziative la Chiesa, come del resto numerose associazioni nel Suo Paese, cerca spesso di provvedere alle necessità immediate, ma è allo Stato che spetta di legiferare per sradicare le ingiustizie. In una cornice molto più larga, Signor Presidente, mi dà pensiero anche lo stato del nostro pianeta. Con grande generosità Dio ci ha affidato il mondo da Lui creato. È urgente imparare a rispettarlo e a proteggerlo meglio. Mi sembra che sia venuto il momento di fare delle proposte più costruttive per garantire il benessere delle generazioni future.
L'esercizio della Presidenza dell'Unione europea costituisce per il Suo Paese l'occasione di testimoniare l'attaccamento della Francia, secondo la sua nobile tradizione, ai diritti dell'uomo e alla loro promozione per il bene dell'individuo e della società. Quando il cittadino europeo vedrà e sperimenterà personalmente che i diritti inalienabili della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all'educazione libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi, quando dunque il cittadino europeo si renderà conto che questi diritti, che costituiscono un tutto indissociabile, sono promossi e rispettati, allora comprenderà pienamente la grandezza dell'edificio dell'Unione e ne diverrà un attivo artefice. Il compito che Le incombe, Signor Presidente, non è facile. I tempi sono incerti ed è una impresa ardua trovare la strada buona in mezzo ai meandri del quotidiano sociale ed economico, nazionale e internazionale. In particolare, di fronte al pericolo del riemergere di vecchie diffidenze, tensioni e contrapposizioni tra Nazioni, di cui oggi siamo preoccupati testimoni, la Francia, storicamente sensibile alla riconciliazione tra i popoli, è chiamata ad aiutare l'Europa a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo intero. È importante, a tale riguardo, promuovere un'unità che non può e non vuole divenire uniformità, ma che è capace di garantire il rispetto delle differenze nazionali e delle diverse tradizioni culturali, che costituiscono una ricchezza nella sinfonia europea, rammentando, d'altra parte, che "la stessa identità nazionale non si realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi" (Esort. Ap. Ecclesia in Europa, n. 112). Esprimo la mia fiducia che il Suo Paese contribuirà sempre di più a far progredire questo secolo verso la serenità, l'armonia e la pace.
Signor Presidente, cari amici, desidero ancora una volta esprimervi la mia gratitudine per questo incontro. Vi assicuro che non mancherò di pregare intensamente per la vostra bella Nazione, affinché Dio le conceda pace e prosperità, libertà e unità, uguaglianza e fraternità. Affido questi voti all'intercessione materna della Vergine Maria, Patrona principale della Francia. Che Dio benedica la Francia e tutti i Francesi!



(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2008)

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Il benvenuto del presidente Sarkozy

Il contributo delle religioni
al bene comune e alla pace


All'inizio dell'incontro all'Eliseo, svoltosi venerdì mattina, 12 settembre, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha rivolto al Papa le parole di saluto che diamo di seguito in una nostra traduzione italiana.
Santità,
È un onore per il governo francese, per tutte le persone presenti in questa sala, e naturalmente per me e per la mia famiglia, accoglierla oggi nel Palazzo dell'Eliseo.
Nel corso della sua storia, la Francia non ha mai smesso di legare il proprio destino alla causa delle arti, delle lettere, del pensiero, tutte discipline che formano quell'arte di vivere al livello più elevato di sé e che si chiama cultura. Dedicando a Parigi una delle tappe della sua visita, scegliendo il Collège des Bernardins, nel cuore del Quartiere Latino, per pronunciare uno dei discorsi più attesi del suo viaggio, accettando l'invito dell'Institut, lei onora la Francia attraverso un aspetto che le è dunque particolarmente caro:  la sua cultura, un cultura viva che affonda le proprie radici intrecciate nel pensiero greco ed ebraico-cristiano, nell'eredità medievale, nel Rinascimento e nell'Illuminismo; una cultura che lei conosce ammirevolmente bene e che ama.
Siano essi cattolici o fedeli di un'altra religione, credenti o non credenti, tutti i francesi sono colpiti dalla sua scelta di Parigi per rivolgersi questo pomeriggio al mondo della cultura, lei che è, profondamente, un uomo di convinzione, di sapere e di dialogo.
Per i milioni di francesi cattolici la sua visita è dunque un evento eccezionale. Suscita in loro una gioia immensa e grandi speranze. È naturale che il presidente della Repubblica, il governo, l'insieme dei responsabili politici del nostro Paese, si uniscano a questa gioia come si uniscono normalmente alle gioie e alle sofferenze di tutti i nostri concittadini, chiunque essi siano. Desidero, alla sua presenza, formulare ai cattolici di Francia tutti i miei voti per la riuscita della sua visita.
Ho voluto che fossero presenti in questa sala alcuni di essi, conosciuti o meno conosciuti, ma impegnati in tutti i settori della società. Sono il volto di una Chiesa in Francia varia, moderna, che vuole mettere tutta la propria energia al servizio della sua fede.
Sono anche presenti in questa sala, e li ringrazio, i rappresentanti delle altre religioni e tradizioni filosofiche, e molti francesi agnostici o non credenti, a loro volta impegnati per il bene comune. In questa repubblica laica che è la Francia, tutti la accolgono con rispetto in quanto capo di una famiglia spirituale il cui contributo alla storia del mondo, alla civiltà e alla storia della Francia non è discutibile né discusso.
Santità, il dialogo fra la fede e la ragione ha occupato un posto preponderante nel suo progredire intellettuale e teologico. Non solo non ha mai smesso di sostenere la compatibilità fra la fede e la ragione, ma ancora pensa che la specificità e la fecondità del cristianesimo non siano dissociabili dal suo incontro con i fondamenti del pensiero greco.
Neanche la democrazia deve staccarsi dalla ragione. Essa non può accontentarsi di riposare sull'addizione aritmetica dei suffragi e nemmeno sui movimenti appassionati degli individui. Deve anche procedere dall'argomentazione e dal ragionamento di cercare onestamente ciò che è buono e necessario, di rispettare i principi fondamentali riconosciuti da ciò che viene chiamata ragione comune. Come inoltre la democrazia potrebbe privarsi delle  luci  della  ragione  senza  rinnegare se stessa, lei che è figlia della ragione e dell'Illuminismo? Si tratta di un'esigenza quotidiana per il governo della cosa pubblica e per il dibattito politico.
Nello stesso modo è legittimo per la democrazia e rispettoso della laicità dialogare con le religioni. Queste, e in particolare la religione cristiana, con la quale condividiamo una lunga storia, sono patrimonio di riflessione e di pensiero, non solo su Dio, ma anche sull'uomo, sulla società e persino su quella preoccupazione, oggi centrale, che è la natura e la tutela dell'ambiente. Sarebbe una follia privarcene, sarebbe semplicemente un errore contro la natura e contro il pensiero. È per questo che faccio appello ancora una volta a una laicità positiva. Una laicità che rispetti, una laicità che riunisca, una laicità che dialoghi. E non una laicità che escluda e che denunci.
In questa epoca in cui il dubbio e il ripiegamento su se stessi pongono le nostre democrazie davanti alla sfida di rispondere ai problemi del nostro tempo, la laicità positiva offre alle nostre coscienze la possibilità di scambiare opinioni, al di là delle credenze e dei riti, sul senso che noi vogliamo dare alla nostra esistenza. La ricerca di senso.
La Francia ha intrapreso con l'Europa una riflessione sulla moralizzazione del capitalismo finanziario. La crescita economica non ha senso se è fine a se stessa. Consumare per consumare, crescere per crescere:  non ha alcun senso. Solo il miglioramento della situazione del maggior numero di individui e lo sviluppo della persona ne costituiscono gli obiettivi legittimi. Questo insegnamento è al centro della dottrina sociale della Chiesa, che è in perfetta sintonia con le sfide dell'economia contemporanea mondializzata. Il  nostro  dovere  è  dunque  di  ascoltare ciò che lei ha da dirci su tale questione.
Allo stesso modo, i progressi rapidi e importanti della scienza, negli ambiti della genetica e della procreazione pongono alle nostre società delicate questioni di bioetica. Coinvolgono la nostra concezione dell'uomo e della vita e possono condurre a mutamenti sociali. Per questo non possono restare argomento per soli esperti.
La responsabilità del politico è di organizzare il quadro proprio di questa riflessione. È quello che la Francia farà con gli Stati generali della bioetica che si svolgeranno il prossimo anno. Naturalmente, le tradizioni filosofiche e quelle religiose devono essere presenti in questo dibattito.
La laicità positiva, la laicità aperta, è un invito al dialogo, un invito alla tolleranza, un invito al rispetto. Dio sa che le nostre società, Santità, hanno bisogno di dialogo, di rispetto, di tolleranza, di calma. Ebbene, lei offre una possibilità, un incoraggiamento, una dimensione supplementare a questo dibattito pubblico.
È una sfida:  poiché fino a trent'anni fa nessuno dei nostri predecessori avrebbe potuto immaginare e neppure sospettare le questioni che noi oggi dobbiamo affrontare. E, mi creda, Santità, che per un leader politico è una pesante responsabilità dissodare questo nuovo campo della conoscenza, della democrazia e del dibattito.
Santità, domani si recherà a Lourdes. Nel cuore di milioni di persone in Francia e nel mondo Lourdes ha un posto particolare. A Lourdes, Santità, si va spesso per cercare una guarigione del corpo, si ritorna con una guarigione dell'anima e del cuore. Persino per il profano esiste un miracolo di Lourdes:  è il miracolo della compassione, il miracolo del coraggio, il miracolo della speranza, in mezzo a sofferenze fisiche o morali estreme.
La sofferenza sia essa dovuta alla malattia, all'handicap, alla disperazione, alla morte o semplicemente al male, è sicuramente uno dei principali interrogativi che la vita pone alla fede o alla speranza umana. A tale proposito, ciò che lei dirà lunedì ai malati sarà ascoltato ben oltre la comunità cattolica, poiché è attraverso la sua capacità di affrontare la sofferenza, di superarla e di trasformarla, che l'uomo offre anche ai credenti e ai non credenti un segno tangibile, una prova manifesta della propria dignità.
È perché vi sono la sofferenza e la capacità di superarla che l'uomo trova la propria dignità.
La dignità, la dignità umana, la Chiesa non smette di proclamarla e di difenderla. A noi responsabili politici, miei cari colleghi del Governo e dell'opposizione, spetta di tutelarla sempre più. È un interrogativo costante per noi, tenendo conto dei vincoli economici, delle esitazioni politiche, del rispetto della libertà di coscienza.
È pensando alla dignità delle persone che abbiamo voluto creare il revenu social d'activité, è pensando alla dignità delle persone che ci siamo impegnati nella lotta contro l'Alzheimer che fa perdere la dignità agli esseri umani che ne sono colpiti.
È pensando alla dignità delle persone che abbiamo voluto creare un controllore generale delle carceri.
So bene che la Francia, come tante altre democrazie, ha ancora molti progressi da compiere in questo campo.
È pensando alla dignità dell'uomo che affrontiamo la delicata questione dell'immigrazione, tema immenso che richiede generosità, rispetto della dignità e allo stesso tempo assunzione di responsabilità.
Santità, io ricordo davanti a lei solo alcuni temi principali, questioni che la preoccupano, questioni alle quali la Francia non pretende di rispondere perfettamente, ma che sono interrogativi immensi e lo faccio per sottolineare la complessità dell'impegno dei responsabili politici, da dovunque provengano, chiunque essi siano e qualunque sia la loro convinzione. Come rispettare meglio la dignità umana e allo stesso tempo assumere la guida del nostro Paese?
Gradualmente la dignità umana si è imposta come un valore universale. Essa è al centro della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata qui a Parigi sessant'anni fa. È il frutto di una convergenza eccezionale fra l'esperienza umana, le grandi tradizioni filosofiche e religiose dell'umanità e il progredire stesso della ragione.
Non contrappongo le due cose, penso che entrambe nutrano la riflessione sulla questione della dignità umana.
Nel momento in cui risorgono tanti fanatismi, in cui il relativismo esercita una seduzione crescente, dove la possibilità stessa di conoscere e di condividere una parte della verità è messa in dubbio, nel momento in cui gli egoismi più profondi minacciano le relazioni fra le nazioni e in seno alle nazioni, questa opzione assoluta per la dignità umana e il suo radicamento nella ragione devono essere considerati un tesoro prezioso.
Quando l'Europa ha dimenticato che la dignità umana è il suo tesoro più prezioso allora il mondo ha conosciuto la peggiore delle barbarie. Qui risiede anche lo spirito dell'Unione per il Mediterraneo, che noi abbiamo voluto.
Conosco, Santità, e condivido la sua inquietudine crescente per alcune comunità cristiane nel mondo, in particolare in Oriente. Voglio salutare soprattutto, a tale proposito, il signor Estifan Majid, presente fra noi, che è il fratello dell'arcivescovo di Mossul, recentemente assassinato. In India, cristiani, musulmani e induisti devono rinunciare a ogni forma di violenza e affidarsi alle virtù del dialogo, virtù che noi condividiamo, Santità. Ho avuto spesso l'occasione di parlare delle radici cristiane della Francia, il che non ci impedisce di fare tutto il possibile affinché i cittadini musulmani possano vivere la loro religione, come tutti gli altri. Ma questa diversità che noi consideriamo, Santità, una ricchezza, vogliamo che altri Paesi nel mondo la rispettino. Ciò si chiama reciprocità. Sì la Francia è multiforme, ne è prova il fatto che essa ha accolto con molto interesse il Dalai Lama, capo spirituale del buddismo tibetano, che ha offerto insegnamenti ai quali la nostra società è molto attenta. Merita di essere rispettato. Merita di essere ascoltato, merita che si dialoghi con lui, Santità. È questa la pratica della laicità positiva, la ricerca di senso, il rispetto delle credenze. Noi non poniamo nessuno davanti all'altro, ma rivendichiamo le nostre radici cristiane. Ecco ciò che vogliamo, Santità, per la Francia.
Noi lavoriamo per la pace, non vogliamo una ripresa delle guerre di religione. Per questo dopo il suo incontro con il Re d'Arabia Saudita, che ha lasciato un segno, mi sono recato a Riyad per insistere su ciò che avvicina le religioni, piuttosto che su ciò che le divide.
Il dialogo dunque è una sfida importante del secolo nascente. Noi responsabili politici non possiamo disinteressarci della questione religiosa. Sì, io rispetto le religioni. Naturalmente conosco gli errori che hanno commesso nel passato, gli integralismi e i fanatismi che le minacciano. Ma per equità e onestà devo dire che riconosco anche il ruolo che hanno svolto nell'edificazione dell'umanità. Riconoscerlo non sminuisce in nulla i meriti delle altre correnti di pensiero.
Conosco l'importanza delle religioni per rispondere al bisogno di speranza degli uomini e non lo sottovaluto. La ricerca di spiritualità non è un pericolo per la democrazia e neppure un pericolo per la laicità. Non perdo la speranza nelle religioni quando leggo dalla penna di Fra' Christian, il priore di Tibhirine, barbaramente assassinato con i suoi fratelli e che ha lasciato un testamento profetico. Quest'uomo tre anni prima di essere ucciso scriveva a colui che lo avrebbe assassinato, poiché sapeva quale sarebbe stato il suo tragico destino:  "L'Algeria e l'Islam, per me, sono un corpo e un'anima. L'ho proclamato molto alla luce di ciò che ne ho ricevuto, ritrovandovi così spesso quel filo conduttore del Vangelo, appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia prima chiesa, proprio in Algeria e già nel rispetto dei credenti musulmani".
Se il mondo conoscesse solo Fra' Christian il rischio di guerre di religione non esisterebbe e i fanatismi sarebbero annientati. Ecco ciò che scriveva al suo assassino tre anni prima della sua morte a Tibhirine un monaco che era là per aiutare i suoi fratelli musulmani. Per tutti questi motivi, Santità, lei lo ha capito, sia il benvenuto in Francia.



(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2008)
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Omaggio alla Francia laica e religiosa


Un omaggio del cuore alla Francia laica e religiosa - omaggio che ha oltrepassato la solennità del protocollo - per quello che il Paese nella sua storia ha portato alla Chiesa. Questo ha voluto esprimere Benedetto XVI incontrando all'Eliseo le autorità francesi dopo l'accoglienza, anch'essa non abituale, del capo dello Stato all'aeroporto di Orly. Nove mesi dopo la visita in Vaticano di Nicolas Sarkozy, come subito ha voluto sottolineare il Papa, ancora prima di ricordare la prima ragione della sua visita:  la celebrazione del centocinquantesimo anniversario delle apparizioni della Vergine a Lourdes.
Conoscitore non comune della cultura francese, Benedetto XVI si è detto felice di potere rendere omaggio a un "imponente patrimonio di cultura  e  di  fede". Questa eredità - che ha saputo aprirsi alla cultura classica, e anzi ne ha assicurato la trasmissione grazie ai copisti e ai filologi medievali - permette di riconoscere storicamente che le radici del Paese, come quelle dell'Europa, sono cristiane:  ispirate da un messaggio che sin dall'inizio ha avuto pretese e respiro universali, non legate quindi ad alcuna nazione e cultura.
Come mostra il caso del primo grande teologo cristiano, quell'Ireneo che a metà del ii secolo venne dall'Asia e fu vescovo di Lione. O l'itinerario di san Tommaso d'Aquino, che insegnò nella Parigi duecentesca. O, ancora, il contributo alla teologia del Novecento - nel senso di un allargamento radicato nella tradizione - di figure come Henri de Lubac, Yves Congar, Jean Daniélou, religiosi e poi cardinali, ma anche studiosi laici come Etienne Gilson e Henri-Irénée Marrou. Protagonisti di quella grande cultura francese che Benedetto XVI ha ricordato sull'aereo, ancora prima di arrivare nella capitale.
I frutti della tradizione cattolica di Francia si sono manifestati anche nella formazione dei cuori all'amore dei poveri, nella fondazione di numerosissime congregazioni religiose e nel contributo dei cristiani alle istituzioni del Paese, disseminato di edifici religiosi dal cuore delle città fino alla solitudine delle campagne. E proprio il rapporto nuovo tra sfera politica e sfera religiosa è uno dei frutti portati nel mondo antico dal cristianesimo e rimasto durevolmente nell'esperienza occidentale:  la laicità non è infatti opposta alla religione. In Francia poi la diffidenza del passato si è trasformata - ha ricordato il Papa all'Eliseo - in un "dialogo sereno e positivo", che il presidente francese indica con l'espressione "laicità positiva", sottolineando nel suo discorso il rispetto di ogni religione, credenza, opinione.
In questo rapporto la Chiesa cattolica può offrire alla società francese - e soprattutto ai giovani, che per la loro fragilità preoccupano Benedetto XVI, "seminatore di carità e di speranza" - un contributo importante nel campo della formazione delle coscienze e nell'ambito educativo, come è del resto riconosciuto nei fatti anche in un contesto profondamente secolarizzato come è quello della Francia di oggi. E senza esclusività, come altre associazioni, anche quelle cattoliche fanno e faranno la loro parte per educare alla giustizia e alla responsabilità verso il pianeta.
Dal canto suo la Repubblica francese - e il Papa lo ha sottolineato estendendo all'Europa e al mondo la portata, politica in senso alto, del suo discorso - ha l'occasione della presidenza dell'Unione europea per attestare una volta di più il suo attaccamento ai diritti dell'uomo. Un complesso di diritti che, una volta compreso e sostenuto nella sua unità e indissociabilità, permetterà di capire la grandezza dell'Europa e la sua responsabilità di fronte a un contesto internazionale nuovamente minacciato da diffidenze, tensioni e opposizioni che è urgente superare. Con l'aiuto di tutti e con la benedizione di Dio.


g. m. v.



(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2008)
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Lo ha ribadito il Papa nella conferenza stampa in aereo

Nessun contrasto
tra fede e laicità


dal nostro inviato Mario Ponzi

Non c'è contrasto tra fede e laicità, perché la laicità è nata proprio col cristianesimo. La "laicità positiva", in particolare, è un invito ad approfondire la conoscenza reciproca tra credenti e non credenti per proseguire nel dialogo. Del resto, il criterio per regolare i rapporti tra Stato e Chiesa lo ha indicato Cristo stesso quando ha detto:  "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio".
È questo uno dei passaggi più significativi della conversazione che il Papa ha avuto con i giornalisti al seguito durante il volo verso la Francia. Poco dopo il decollo dell'aereo, avvenuto nella mattina di venerdì 12 settembre, Benedetto XVI ha incontrato i giornalisti e ha risposto a quattro domande che gli sono state formulate dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi.
Oltre al tema della laicità, le risposte del Pontefice hanno toccato anche quello della liturgia, con particolare riferimento al motu proprio Summorum Pontificum. Benedetto XVI ha affermato che non esiste contrasto tra liturgia pre e post conciliare. Entrambe hanno la stessa identità e possono arricchirsi a vicenda. Dunque la messa conciliare resta quella ordinaria e il motu proprio rappresenta solo un atto di tolleranza pastorale verso le persone che si sono formate alla liturgia preconciliare.
Al Papa è stato chiesto anche del suo rapporto personale con la Francia. "La conosco molto bene - ha risposto - per esserci stato tante volte. Ma la conosco anche per aver studiato e insegnato molti suoi autori, a cominciare da sant'Ireneo". Il Pontefice ha confidato di aver letto libri di diversi autori francesi, tra i quali Paul Claudel, Jean Daniélou e Jean Guitton. Rispondendo infine a una domanda sul significato del pellegrinaggio a Lourdes, ha ricordato di essere nato lo stesso giorno della festa liturgica di santa Bernadette. Ha aggiunto che a Lourdes non va a cercare miracoli ma l'amore della Vergine, che è la cosa più importante che si possa trovare.
Com'è consuetudine, dunque, il viaggio del Papa è già entrato nel vivo sin dalle prime battute scambiate con i giornalisti in aereo. Del resto, anche nel discorso pronunciato all'Eliseo - il primo di quelli previsti durante i quattro giorni di visita in Francia - Benedetto XVI ha riassunto quelli che saranno i temi portanti del suo viaggio, presentandosi anzitutto come messaggero di speranza in tempi incerti per il riemergere di vecchie diffidenze, tensioni e contrapposizioni tra le nazioni. Appena giunto in questa terra "storicamente sensibile alla riconciliazione tra i popoli", il Pontefice ha rivolto il suo sguardo all'Europa, che ha "urgente bisogno" di essere aiutata a ritrovare "la serenità, l'armonia, la pace". Parole presumibilmente ricorrenti in questo viaggio che, sin dall'inizio, si annuncia foriero di una nuova speranza.
Del resto, sono bastati pochi momenti per rompere il ghiaccio tra il Papa e i francesi. Giusto il tempo di una fugace apparizione all'aeroporto internazionale parigino di Orly - dove Benedetto XVI è giunto alle 11.06 - e il trasferimento all'Eliseo, in macchina tra due ali di folla, e già il Pontefice e la gente sembrano essere entrati in perfetta sintonia. La Francia, terra di antiche tradizioni cristiane e di un vasto patrimonio culturale, è abituata a vivere i grandi eventi della storia e i francesi non rinunciano mai a farlo in prima persona. È stato così anche oggi. I francesi hanno accolto il Papa mostrandogli il volto di chi si apre senza reticenze all'interlocutore, al di là di ogni vera o presunta difficoltà.
Alla vigilia non pochi quotidiani, anche di livello internazionale, avevano definito la visita in Francia come "un viaggio difficile". In realtà, non esistono viaggi facili o difficili. Esistono semmai viaggi diversi. La Francia, si sa, nonostante le sue profonde radici cristiane, è molto sensibile alla laicità. Quella francese, si dice, è una società secolarizzata che non gradisce confusioni tra religione e questioni sociali, politiche. Indubbiamente è un terreno di confronto difficile, che richiede, e richiederà anche in futuro, uno sforzo notevole. Ma la storia del cristianesimo in Francia può vantare un grande passato e trovare risorse nuove per costruire il futuro della Chiesa. Quanto sia grande questo patrimonio lo dicono i numeri:  su poco più di 61 milioni di abitanti, oltre 46 milioni sono cattolici:  dunque il 76 per cento dei francesi si riconosce nella religione cattolica. Attualmente esistono sul territorio nazionale oltre 45.000 luoghi di culto:  solo le parrocchie sono 16.553. I genitori chiedono per i loro figli l'insegnamento nelle scuole cattoliche del Paese, tanto che gli oltre due milioni di allievi che frequentano istituti cattolici costituiscono il 60 per cento degli studenti francesi. Numerosissime le istituzioni di assistenza operanti sul territorio.
Dunque nel profondo dell'anima permane il valore dell'identità cristiana ereditata dai grandi testimoni della fede nati, vissuti e morti in questa terra. Ha bisogno solo di essere rivitalizzata. E le prime ore trascorse da Benedetto XVI in Francia lasciano intuire la potenzialità di quest'anima.
Numerose persone si sono riversate per le strade di Parigi per vedere, magari anche solo di sfuggita, il Papa. Il programma delle visita è stato ampiamente diffuso nei giorni scorsi. Dunque si sapeva che la mattinata sarebbe stata dedicata esclusivamente al momento ufficiale della visita all'Eliseo. Non erano infatti previsti incontri con la popolazione, ma tanti parigini hanno voluto partecipare. Dall'aeroporto alla residenza del presidente della Repubblica, dove si è svolta la cerimonia di benvenuto, non c'era angolo di strada senza un qualche segno di benvenuto. E non si sono lasciati prendere di sorpresa neppure dalla breve sosta in nunziatura prima dell'incontro al palazzo presidenziale.
Il Papa - che al suo arrivo all'aeroporto era stato accolto dal cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, dal nunzio apostolico Fortunato Baldelli, dal presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, il quale, facendo un'eccezione al protocollo, ha voluto recarsi personalmente all'aeroporto per ricevere il Papa, e dal primo ministro François Fillon - si è recato all'Eliseo intrattenendosi a colloquio privato con il presidente Sarkozy. Contemporaneamente il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, il sostituto della Segreteria di Stato, arcivescovo Fernando Filoni e il segretario per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo Dominique Mamberti, sono stati a colloquio con il primo ministro, alla presenza del nunzio apostolico Baldelli. Gli altri componenti del seguito papale - tra i quali i cardinali francesi Jean-Louis Tauran, Paul Poupard e Roger Etchegaray - hanno atteso con le altre autorità civili presenti. Al termine del colloquio tra il Papa e il presidente, durato quindici minuti, ha avuto luogo lo scambio dei doni. Tra i regali offerti da Sarkozy al Pontefice, un'edizione originale di Pascal e una litografia di Mozart, insieme con una medaglia ricordo.
Nel frattempo la città è andata sempre più animandosi. E quando Benedetto XVI ha lasciato l'Eliseo per raggiungere la nunziatura apostolica, si è ritrovato immerso nell'abbraccio di un popolo in festa. Di immagini del Papa ne sono state distribuite quattrocentomila; quarantamila invece i manifesti affissi e seicento le bandiere con i colori del Vaticano issate lungo le vie della città. Con frasi scritte a caratteri cubitali su manifesti e striscioni i francesi hanno salutato il Pontefice come leader morale, come un uomo libero che porta un messaggio di vita e di speranza, come difensore dei diritti di tutti gli uomini, o semplicemente come padre al quale dare il benvenuto in casa.
Al termine della mattinata il Papa è rientrato in nunziatura dove, nel pomeriggio, ha incontrato i rappresentanti della comunità ebraica e quelli della comunità musulmana prima di presentarsi all'atteso appuntamento con il mondo della cultura nel Collége des Bernardins. La prima giornata della sua visita alla Francia si è conclusa, a sera inoltrata, sul sagrato di Notre-Dame, dove ha dato inizio alla veglia di preghiera dei giovani in preparazione alla messa di sabato.



(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2008)
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Discorso di Benedetto XVI per l'incontro con i giovani a Parigi

PARIGI, venerdì, 12 settembre 2008 (ZENIT.org).-


* * *

Cari giovani,

dopo il raccoglimento orante dei Vespri a Notre-Dame, è con entusiasmo che voi mi salutate stasera, dando così un carattere festoso e molto simpatico a questo incontro. Esso mi richiama quello indimenticabile dello scorso luglio a Sydney, al quale alcuni di voi hanno partecipato in occasione della Giornata mondiale della Gioventù. Questa sera, vorrei parlarvi di due punti profondamente legati l’uno all’altro, che costituiscono un vero tesoro nel quale voi potrete porre il vostro cuore (cfr Mt 6, 21). Il primo si collega col tema scelto per Sydney. E’ pure quello della vostra veglia di preghiera che sta per cominciare tra qualche istante. Si tratta di un passo degli Atti degli Apostoli, libro che alcuni qualificano molto giustamente come il Vangelo dello Spirito Santo: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1, 8). Il Signore lo dice a voi, e ve lo dice ora.

Sydney ha fatto riscoprire a molti giovani l’importanza dello Spirito Santo, nella nostra vita, nella vita del cristiano. Lo Spirito ci mette intimamente in rapporto con Dio, presso il quale si trova la sorgente d’ogni ricchezza umana autentica. Tutti voi cercate di amare e di essere amati! È verso Dio che voi dovete volgervi per imparare ad amare e per avere la forza di amare. Lo Spirito, che è Amore, può aprire i vostri cuori per ricevere il dono dell’amore autentico. Tutti voi cercate la verità e volete viverne, viverne realmente! Questa verità è Cristo. Egli è la sola Via, l’unica Verità e la vera Vita. Seguire Cristo significa veramente “prendere il largo”, come dicono diverse volte i Salmi. La strada della Verità è una e nello stesso tempo molteplice, secondo i diversi carismi, come la Verità è una e nello stesso tempo di una ricchezza inesauribile. Affidatevi allo Spirito Santo per scoprire Cristo. Lo Spirito è la guida necessaria per la preghiera, l’anima della nostra speranza e la sorgente della vera gioia.

Per approfondire queste verità di fede, vi incoraggio a meditare la grandezza del Sacramento della Confermazione che avete ricevuto e che vi introduce in una vita di fede adulta. È urgente comprendere sempre meglio questo sacramento per verificare la qualità e la profondità della vostra fede e per rafforzarla. Lo Spirito Santo vi fa avvicinare al Mistero di Dio e vi fa comprendere chi è Dio. Egli vi invita a vedere nel vostro prossimo il fratello che Dio vi ha donato per vivere in comunione con lui, umanamente e spiritualmente, per vivere nella Chiesa dunque. Nel rivelarvi chi è il Cristo morto e risuscitato per noi, Egli vi spinge a testimoniare. Voi siete nell’età della generosità. È urgente parlare di Cristo attorno a voi, alle vostre famiglie e ai vostri amici, nei vostri luoghi di studio, di lavoro o di divertimento.

Non abbiate paura! Abbiate “il coraggio di vivere il Vangelo e l’audacia di proclamarlo” (Messaggio ai giovani del mondo, 20 luglio 2007). Per questo io vi incoraggio a trovare le parole adatte per annunciare Dio intorno a voi, poggiando la vostra testimonianza sulla forza dello Spirito implorata nella preghiera. Portate la Buona Novella ai giovani della vostra età e anche agli altri. Essi conoscono le turbolenze degli affetti, la preoccupazione e l’incertezza di fronte al lavoro ed agli studi. Affrontano sofferenze e fanno l’esperienza di gioie uniche.

Rendete testimonianza di Dio, perché, in quanto giovani, voi fate pienamente parte della comunità cattolica in virtù del vostro battesimo e in ragione della comune professione di fede (cfr. Ef 4, 5). La Chiesa conta su di voi, ci tengo a dirvelo! In questo anno dedicato a san Paolo, vorrei affidarvi un secondo tesoro, che era al centro della vita di questo Apostolo affascinante: si tratta del mistero della Croce. Domenica, a Lourdes, celebrerò la festa della Croce Gloriosa unendomi ad innumerevoli pellegrini. Molti di voi portano al collo una catena con una croce. Anch’io ne porto una, come tutti i Vescovi del resto. Non è un ornamento, né un gioiello. È il simbolo prezioso della nostra fede, il segno visibile e materiale del legame con Cristo. San Paolo parla chiaramente della Croce all’inizio della sua Prima Lettera ai Corinzi. A Corinto, viveva una comunità agitata e turbolenta che era esposta ai pericoli della corruzione presente nell’ambiente. Questi pericoli sono simili a quelli che conosciamo oggigiorno. Non citerò che i seguenti: le discussioni e le contese all’interno della comunità dei credenti, la seduzione esercitata dalle pseudo-sapienze religiose o filosofiche, la superficialità della fede e la morale dissoluta. San Paolo inizia la sua lettera scrivendo: “La parola della Croce è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio” (1 Cor 1, 18). Poi l’Apostolo mostra l’opposizione singolare che esiste fra la sapienza e la follia, secondo Dio e secondo gli uomini.

Egli ne parla quando evoca la fondazione della Chiesa a Corinto e, poi, a proposito della propria
predicazione. Egli conclude insistendo sulla bellezza della sapienza di Dio che Cristo – e, sulle sue orme, i suoi Apostoli – sono venuti ad insegnare al mondo e ai cristiani. Questa sapienza, misteriosa e restata nascosta (cfr 1 Cor 2, 7), ci è stata rivelata dallo Spirito, perché “l’uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2, 14).

Lo Spirito apre all’intelligenza umana nuovi orizzonti che la superano e le fa capire che l’unica vera sapienza risiede nella grandezza di Cristo. Per i cristiani la Croce è simbolo della sapienza di Dio e del suo amore infinito rivelatosi nel dono salvifico di Cristo morto e risorto per la vita del mondo, per la vita di ciascuno e di ciascuna di voi in particolare. Possa questa scoperta sconvolgente di Dio che si è fatto uomo per amore invitarvi a rispettare e a venerare la Croce! Essa è non soltanto il segno della vostra vita in Dio e della vostra salvezza, ma è anche – voi lo comprendete – la testimone muta dei dolori degli uomini e, allo stesso tempo l’espressione unica e preziosa di tutte le loro speranze. Cari giovani, io so che venerare la Croce attira a volte la derisione e anche la persecuzione.

La Croce mette in questione in qualche modo la sicurezza umana, ma rende sicura, anche e soprattutto, la grazia di Dio e conferma la nostra salvezza. Questa sera, io vi affido la Croce di Cristo. Lo Spirito Santo ve ne farà comprendere i misteri d’amore e voi esclamerete allora con san Paolo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella Croce del nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6, 14). Paolo aveva capito la parola di Gesù – apparentemente paradossale - secondo cui solo donando (“perdendo”) la propria vita la si può trovare (cfr Mc 8,35; Gv 12,24) e ne aveva concluso che la Croce esprime la legge fondamentale dell’amore, la formula perfetta della vera vita. Possa l’approfondimento del mistero della Croce far scoprire ad alcuni fra voi la chiamata a servire Cristo in maniera più totale nella vita sacerdotale o religiosa!

È tempo ora di cominciare la veglia di preghiera, per la quale vi siete raccolti stasera. Non dimenticate i due tesori che il Papa vi ha presentato stasera: lo Spirito Santo e la Croce! Vorrei, per concludere, dirvi ancora una volta che io conto su di voi, cari giovani, e desidererei che voi faceste esperienza oggi e domani della stima e dell’affetto della Chiesa, e il mondo vedrà così la Chiesa vivente! Che Dio vi accompagni ogni giorno e benedica voi insieme con le vostre famiglie e i vostri amici. Ben volentieri imparto a voi la Benedizione Apostolica, così come a tutti i giovani della Francia.

[Traduzione delle aggiunte a braccio a cura di ZENIT

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]


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Discorso del Papa per i Vespri nella Cattedrale di Notre-Dame

PARIGI, venerdì, 12 settembre 2008 (ZENIT.org).-



* * *


Cari Fratelli Cardinali e Vescovi,
Signori Canonici del Capitolo,
Signori Cappellani di Notre-Dame,
cari sacerdoti e diaconi,
cari amici delle Chiese e delle Comunità ecclesiali non cattoliche,
cari fratelli e sorelle,

Sia benedetto Dio che ci permette di ritrovarci in un luogo così caro al cuore dei Parigini, ma anche di tutti i Francesi! Benedetto sia Dio, che ci dà la grazia di offrirGli l’omaggio della nostra preghiera vespertina, per elevarGli la lode che Egli merita con le parole che la liturgia della Chiesa ha ereditato dalla liturgia sinagogale, praticata da Cristo e dai suoi primi discepoli! Sì, sia benedetto Dio che viene in nostro aiuto – in adiutorium nostrum – per aiutarci a far salire verso di Lui l’offerta del sacrificio delle nostre labbra! Eccoci nella chiesa-madre della diocesi di Parigi, la cattedrale di Notre-Dame, che s’innalza nel cuore della città come segno vivo della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Il mio Predecessore Alessandro III ne pose la prima pietra, i Papi Pio VII e Giovanni Paolo II l’onorarono della loro visita, ed io stesso sono lieto di mettermi al loro seguito, dopo esservi venuto un quarto di secolo fa per pronunciarvi una conferenza sulla catechesi. È difficile non rendere grazie a Colui che ha creato la materia come anche lo spirito, per la bellezza dell’edificio che ci riunisce. I cristiani di Lutezia avevano già costruito una cattedrale dedicata a santo Stefano, primo martire, ma essa divenne poi troppo piccola e fu progressivamente sostituita, tra il XII e il XIV secolo, con quella che ammiriamo ai nostri giorni.

La fede del Medio Evo ha edificato le cattedrali, e i vostri antenati sono venuti qui per lodare Dio, affidarGli le proprie speranze e dirGli il loro amore. Grandi eventi religiosi e civili si sono svolti in questo santuario, dove gli architetti, i pittori, gli scultori e i musicisti hanno dato il meglio di se stessi. Basti ricordare, fra molti altri, i nomi dell’architetto Jean de Chelles, del pittore Charles Le Brun, dello scultore Nicolas Coustou e degli organisti Louis Vierne e Pierre Cochereau. L’arte, cammino verso Dio, e la preghiera corale, lode della Chiesa al Creatore, hanno aiutato Paul Claudel, qui giunto per assistere ai Vespri del giorno di Natale 1886, a trovare il cammino verso un’esperienza personale di Dio. È significativo che Dio abbia illuminato la sua anima precisamente durante il canto del Magnificat, nel quale la Chiesa ascolta il canto della Vergine Maria, santa Patrona di questi luoghi, che ricorda al mondo che l’Onnipotente ha esaltato gli umili (cfr Lc 1,52). Teatro di conversioni meno conosciute, ma tuttavia non meno reali, pulpito dove predicatori del Vangelo, come i Padri Lacordaire, Monsabré e Samson, hanno saputo trasmettere la fiamma della propria passione alle più svariate assemblee di ascoltatori, la Cattedrale di Notre-Dame resta a giusto titolo uno dei monumenti più celebri del patrimonio del vostro Paese. Le reliquie della Vera Croce e della Corona di spine, che ho appena venerato come è consuetudine da san Luigi in poi, vi hanno oggi trovato un degno scrigno, che costituisce l’offerta dello spirito degli uomini all’Amore creatore.

Sotto le volte di questa storica Cattedrale, testimone dell’incessante scambio che Dio ha voluto stabilire fra gli uomini e se stesso, la Parola è appena risuonata per essere la materia del nostro sacrificio della sera, sottolineato dall’offerta dell’incenso che rende visibile la nostra lode a Dio. Provvidenzialmente, le parole del Salmista descrivono l’emozione della nostra anima con una precisione che non avremmo osato immaginare: “Quale gioia, quando mi dissero: ‘Andremo alla casa del Signore!’” (Sal 121, 1). Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: la gioia del Salmista, racchiusa nelle parole stesse del Salmo, si diffonde nei nostri cuori e vi suscita un’eco profonda. La nostra gioia è di recarci alla casa del Signore perché, come ci hanno insegnato i Padri, questa casa non è altro che il simbolo concreto della Gerusalemme dall’alto, quella che discende verso di noi (cfr Ap 21,2) per offrirci la più bella delle dimore. “Se vi soggiorniamo – scrive sant’Ilario di Poitier – siamo concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, poiché è la casa di Dio” (Tract. in Psal. 121,2). E sant’Agostino rincara: “Questo Salmo aspira alla Gerusalemme celeste… È un cantico dei gradini, che non sono fatti per gente che discende, ma che sale… Nel nostro esilio sospiriamo,nella patria godremo; ma intanto durante l’esilio incontriamo dei compagni che hanno già visto la città santa e ci invitano a correre verso di essa” (Enarr. in Psal. 121, 2).

Cari amici, durante questi Vespri noi ci uniamo col pensiero e nella preghiera alle innumerevoli voci di quanti, uomini e donne, hanno cantato questo Salmo proprio qui, prima di noi, nel corso di secoli e secoli. Ci uniamo a questi pellegrini che salivano verso la Gerusalemme e i gradini del suo Tempio, ci uniamo alle migliaia di uomini e donne che hanno capito che il loro pellegrinaggio sulla terra avrebbe trovato il suo traguardo nel cielo, nella Gerusalemme eterna, e che si sono fidati di Cristo per riuscire ad arrivarvi. Quale gioia, in realtà, il saperci attorniati in maniera invisibile da una tale folla di testimoni! Il nostro cammino verso la Città santa non sarebbe possibile, se non lo si facesse nella Chiesa, germe e prefigurazione della Gerusalemme dall’alto. “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori” (Sal 126,1). Chi altri è questo Signore, se non il Signore nostro Gesù Cristo? È Lui che ha fondato la Chiesa, che l’ha costruita sulla roccia, sulla fede dell’apostolo Pietro. Come dice ancora sant’Agostino, “è Gesù Cristo stesso, Signore nostro, ad edificare la sua casa. Molti si affaticano a costruire, ma se non interviene Lui a costruire, invano faticano i costruttori” (Enarr. in Psal. 126,2). Ora, cari amici, Agostino si pone la domanda su quali siano questi lavoratori; e lui stesso si dà la risposta: “Coloro che nella Chiesa predicano la Parola di Dio, tutti i ministri dei divini Sacramenti. Tutti corriamo, tutti lavoriamo, tutti edifichiamo”; ma è Dio soltanto che, in noi, “edifica, che esorta e incute timore, che apre l’intelletto e volge alla fede il vostro sentire”(ibid.). Quale meraviglia riveste la nostra azione al servizio della Parola divina! Siamo gli strumenti dello Spirito; Dio ha l’umiltà di passare attraverso di noi per diffondere la sua Parola. Diveniamo la sua voce, dopo aver teso l’orecchio verso la sua bocca. Poniamo la sua Parola sulle nostre labbra per darla al mondo. L’offerta della nostra preghiera è da Lui gradita e serve a Lui per comunicarsi a quanti incontriamo. In verità, come dice Paolo agli Efesini: “Ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo” (1,3), poiché ci ha scelti per essere suoi testimoni fino all’estremità della terra e ci ha eletti prima ancora del nostro concepimento attraverso un dono misterioso della sua grazia.

La sua Parola, il Verbo, che da sempre era presso di Lui (cfr Gv 1,1), è nato da una Donna, è nato sotto alla Legge, “per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5). Il Figlio di Dio ha preso carne nel seno di una Donna, di una Vergine. La vostra cattedrale è un inno vivente di pietra e di luce a lode di questo atto unico della storia dell’umanità: la Parola eterna di Dio che entra nella storia degli uomini nella pienezza dei tempi per riscattarli mediante l’offerta di se stesso nel sacrificio della Croce. Le nostre liturgie della terra, interamente volte a celebrare questo atto unico della storia, non giungeranno mai ad esprimerne totalmente l’infinita densità. La bellezza dei riti non sarà certamente mai abbastanza ricercata, abbastanza curata, abbastanza elaborata, poiché nulla è troppo bello per Dio, che è la Bellezza infinita. Le nostre liturgie terrene non potranno essere che un pallido riflesso della liturgia, che si celebra nella Gerusalemme del cielo, punto d’arrivo del nostro pellegrinaggio sulla terra. Possano tuttavia le nostre celebrazioni avvicinarsi ad essa il più possibile e farla pregustare!

Sin d’ora, la Parola di Dio ci è donata per essere l’anima del nostro apostolato, l’anima della nostra vita di sacerdoti. Ogni mattina la Parola ci risveglia. Ogni mattina il Signore stesso ci “apre l’orecchio” (Is 50,5) con i salmi dell’Ufficio delle letture e delle Lodi. Lungo l’intero arco della giornata, la Parola di Dio diviene materia della preghiera di tutta la Chiesa, la quale vuol così testimoniare la propria fedeltà a Cristo. Secondo la celebre formula di san Girolamo, che sarà ripresa nel corso della XII Assemblea del Sinodo dei Vescovi nel prossimo mese di ottobre: “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo” (Prologo del Commento a Isaia). Cari fratelli sacerdoti, non abbiate paura di consacrare una parte considerevole del vostro tempo alla lettura, alla meditazione della Scrittura e alla preghiera dell’Ufficio Divino! Quasi a vostra insaputa la Parola letta e meditata nella Chiesa agisce in voi e vi trasforma. Come manifestazione della Sapienza di Dio, se essa diviene la “compagna” della vostra vita, essa sarà vostra “consigliera di buone azioni”, vostro “conforto nelle preoccupazioni e nel dolore” (Sap 8,9).

“La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio”, come scrive l’autore della Lettera agli Ebrei (4,12). A voi, cari seminaristi, che vi preparate a ricevere il sacramento dell’Ordine, al fine di partecipare al triplice compito di insegnare, reggere e santificare, questa Parola viene consegnata come un bene prezioso. Grazie ad essa, che voi meditate quotidianamente, entrate nella vita stessa di Cristo che sarete chiamati a diffondere attorno a voi. Attraverso la sua parola, il Signore Gesù ha istituito il santo Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue; con la sua parola, ha guarito i malati, cacciato i demoni, perdonato i peccati; mediante la sua parola ha rivelato agli uomini i misteri nascosti del Regno. Voi siete destinati a diventare depositari di questa Parola efficace, che compie ciò che dice. Trattenete sempre in voi il gusto della Parola di Dio! Imparate, grazie ad essa, ad amare tutti coloro che si troveranno lungo la vostra strada. Nessuno è di troppo nella Chiesa, nessuno! Tutti possono e devono trovarvi il proprio posto. E voi, cari diaconi, che siete collaboratori efficaci dei Vescovi e dei sacerdoti, continuate ad amare la Parola di Dio: voi proclamate il Vangelo nel cuore della celebrazione eucaristica; lo commentate nella catechesi rivolte ai vostri fratelli e alle vostre sorelle: ponetelo al centro della vostra vita, del servizio al prossimo, della vostra intera diaconia. Senza cercare di prendere il posto dei sacerdoti, ma aiutandoli con amicizia ed efficienza, sappiate essere testimoni vivi della infinita potenza della Parola divina!

A titolo particolare, i religiosi, le religiose e tutte le persone consacrate vivono della Sapienza di Dio, espressa mediante la sua Parola. La professione dei consigli evangelici vi ha configurato, cari consacrati, a Colui che, per noi, si è fatto povero, obbediente e casto. La vostra unica ricchezza – la sola, a dire il vero, che supererà i secoli e il velo della morte – è proprio la Parola del Signore. Lui stesso ha detto: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35). La vostra obbedienza è, etimologicamente, un ascolto, dato che la parola “obbedire” viene dal latino ob-audire, che significa tendere l’orecchio verso qualcosa o qualcuno. Obbedendo, voi volgete l’anima verso Colui che è la Via, la Verità e la Vita (cfr Gv 14,6) e che vi dice, come Benedetto insegnava ai suoi monaci: “Ascolta, figlio, le istruzioni del maestro e presta l’orecchio del tuo cuore” (Prologo della Regola). Infine, lasciatevi purificare ogni giorno da Colui che ci ha detto: “Ogni tralcio che porta frutto, [il Padre] lo pota perché porti più frutto” (Gv 15,2). La purezza della Parola di Dio è il modello della vostra stessa castità; ne garantisce la fecondità spirituale. Con fiducia indefettibile nella potenza di Dio che ci ha redenti “nella speranza” (cfr Rm 8,24) e che vuol fare di noi un solo gregge sotto la guida di un solo pastore, Cristo Gesù, prego per l’unità della Chiesa. Saluto nuovamente con rispetto ed affetto i rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Comunità ecclesiali, venuti a pregare fraternamente i Vespri con noi in questa cattedrale. La potenza della Parola di Dio è tale che possiamo tutti essere affidati ad essa, come a suo tempo fece san Paolo, nostro intercessore privilegiato in quest’anno. Prendendo congedo a Mileto dagli anziani della città di Efeso, non esitava ad affidarli “a Dio ed al suo messaggio di grazia” (At 20,32), mettendoli in guardia contro ogni forma di divisione. È il senso di questa unità della Parola di Dio, segno, pegno e garanzia dell’unità della Chiesa, che chiedo ardentemente al Signore di far crescere in noi: non vi è amore nella Chiesa senza amore alla Parola, non vi è Chiesa senza unità attorno a Cristo Redentore, non vi sono frutti di redenzione senza amore a Dio e al prossimo, secondo i due comandamenti che riassumono tutta la Sacra Scrittura!

Cari fratelli e sorelle, in Maria Santissima noi abbiamo il più bell’esempio di fedeltà alla Parola divina. Questa fedeltà fu tale da compiersi in Incarnazione: “Ecco la serva del Signore; avvenga in me secondo la tua parola!” (Lc 1,38), disse Ella con fiducia assoluta. La nostra preghiera della sera riprende il Magnificat di Colei che tutte le generazioni diranno beata, poiché ha creduto nel compimento delle parole che le erano state dette da parte del Signore (cfr Lc 1,45); ella ha sperato contro ogni speranza nella risurrezione del Figlio suo; ha amato l’umanità al punto di essere data ad essa quale Madre (cfr Gv 19,27). Maria “nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio” (Enc. Deus caritas est, 41). Possiamo dirle con serenità: “Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te. Indicaci la via verso il suo regno!” (Enc. Spe salvi, 50). Amen.

[© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]

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