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In quei giorni, un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, per- chè non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco io vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia". E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".
Nessuna festa cristiana è stata sottoposta a un attacco così ambiguo e insidioso come il Natale: dopo aver ridotto tutta la vicenda a una bella favola ed eliminato (più o meno) Dio dalla scena, ci si son messi d'impegno maestre e sindaci sensibili a trasformare l'evento cristiano in innocua festa di pace e gioia (e valori laici equivalenti) così da non emarginare più i non-cattolici.
Per non parlare poi delle associazioni di commercianti e consumatori che da anni tentano di sostituire il povero neonato con il vecchio carico di regali per tutti (non ci sono ancora riusciti del tutto, ma sono sulla buona strada)...
Ebbene, anche se un simile scempio dovesse malauguratamente realizzarsi, anche allora per i cristiani l'unico segno della festa di Natale rimarrà quello dato ai pastori dagli angeli nella notte santa : un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia.
Perché come ci ricorda Dietrich Bonhoeffer, grande profeta del nostro tempo, il Natale non celebra l'azione rivoluzionaria di un uomo forte, né l'audace scoperta di un sapiente e neppure l'opera di pietà di un santo, ma soltanto la nascita di un bambino con l'unica differenza rispetto a tutti gli altri, che lui è il nostro Dio.
Un Dio bambino nudo, debole e indifeso come tutti i neonati, che si mette letteralmente nelle nostre mani, si lascia prendere in braccio da gente come noi e accetta di dipendere dalle nostre sollecitudini per sopravvivere.
Un Dio che non si limita a volerci bene, ma decide di fidarsi anzi di affidarsi alle cure di persone come noi che lo obblighiamo a venire al mondo in una grotta e ad accettare come culla una mangiatoia perché siamo troppo distratti e svogliati per trovare un posto ai suoi poveri genitori.
Un Dio che nonostante tutto non riesce a vivere lontano dalle sue creature e si fa figlio nostro, per poter essere stretto fra le nostre braccia, rischiando di rimanere orfano o addirittura di morire se non ce ne prendiamo cura, dimenticandoci di lui, come puntualmente avverrà.
Un Dio dolce, tenero certo, ma deludente: non ci avevano forse annunciato i profeti e il Battista l'arrivo del più forte, il Signore della storia, il giudice che finalmente avreb- be separato il grano dalla paglia e battezzato il mondo nel fuoco e nello spirito, instaurando un Regno di giustizia e pace universali?
Come può un neonato risolvere i nostri immensi problemi o toglierci dai nostri guai infiniti?
Lo ignoriamo, ma di sicuro egli fà ciò che con meravigliosa semplicità diceva una giovane coppia del primogenito appena nato: "Come abbiamo fatto finora a vivere senza di lui?"
Perché un figlio cambia la vita di chi lo accoglie, diventando il motivo della sua gioia, dando pienezza di vita al suo amore e insegnando, lui che non sa neanche parlare, che la soluzione dei nostri guai sta nel prenderci cura con amore di tutto e tutti, cominciando dai più piccoli e indifesi.
Ai desideri e alle suppliche dei poveri e dei miseri della terra e ai progetti ambiziosi di chi confida solo nel proprio potere o ricchezza o intelligenza, l'Onnipotente risponde allo stesso modo: collocando nel centro della storia mondiale un bimbo generato da uomini, un figlio donato da Dio.
Nel Bambino di Betlemme infatti si abbassa fino a noi l'infinita misericordia divina per soccorrere gli sconfitti della storia, per chi avendo perduto tutto, non ha rinunciato alla speranza; in Lui misericordia e verità si incontrano, giustizia e pace si baciano, il cielo risponde al gemito della terra e questa si apre per accogliere il dono del cielo.
Il Bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia ha portato nella storia le beatitudini della povertà, mitezza, purezza di cuore, misericordia che sono i tratti del volto di Dio: per questo il Padre gli affida il giudizio.
Basterà il suo sguardo a disperdere i superbi, ad abbattere i potenti dai troni, a rimandare a mani vuote i ricchi, così come basta lo sguardo di un bambino a confondere chi ha disimparato innocenza e semplicità.
Perché il neonato di Betlemme che mette la sua vita nelle nostre mani, è il Signore che ha la nostra vita nelle sue.
Buon Natale!
Don Davide - Mozzo |
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La Natività secondo Giotto e il Ghirlandaio Quella scena che «chiede» di essere rappresentata di Antonio Paolucci"In quel tempo fu emanato un editto da Cesare Augusto per il censimento di tutto l'impero. Questo primo censimento ebbe luogo quando Quirino era governatore della Siria. Tutti andavano a iscriversi, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, per recarsi in Giudea, nella città di Davide chiamata Betlem, perché egli era della casa e della famiglia di Davide, per farsi iscrivere con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano là, si compirono i giorni in cui ella doveva partorire, e diede alla luce il figlio suo primogenito: lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia, perché nell'albergo per loro non c'era posto". Colui che scriveva queste cose era un medico nativo d'Antiochia di Siria, di lingua e di cultura greche: Luca l'evangelista in poche righe ci dà il senso della storia, della "nostra" storia. Prima c'è l'impero disteso su tutta la terra e Cesare Augusto autocrate dei romani, poi Betlemme di Giudea sacra alla stirpe di Davide, infine c'è quel Bambino deposto in una mangiatoia perché non c'era posto per lui nell'albergo. Dopo quel Bambino tutto è cambiato. La sua nascita ha mutato le regole del gioco, anzi ha rovesciato il tavolo del gioco. Tanto è vero che duemila anni dopo gli uomini e le donne del mondo - di ogni religione o di nessuna religione - misurano da quella nascita il tempo della loro vita. Io sono uno storico dell'arte e per me il racconto di Luca si moltiplica in una sterminata caleidoscopica foresta di figure. Quelle poche righe del terzo vangelo hanno incendiato il mondo di immagini perché è difficile pensare a un episodio più coinvolgente, più emozionante e quindi più "figurabile" di quello. La nascita di Gesù chiede - anzi, esige - di essere resa visibile. Lo capì per primo san Francesco quando inventò a Greccio il presepio. Lo sanno bene quelli che moltiplicano ai quattro angoli del mondo le sacre rappresentazioni della Natività. Lo hanno sempre saputo gli artisti di ogni epoca e di ogni cultura che, con sensibilità, stili, registri espressivi infinitamente diversi, ci hanno consegnato la loro idea del Natale. Dal repertorio immenso della storia dell'arte seleziono due immagini della Natività a me particolarmente care. Comincio da Giotto nella padovana Cappella dell'Arena. Giotto inaugura la lingua figurativa dell'Italia moderna. Sotto questo aspetto la sua importanza è paragonabile solo a quella che ha avuto Dante Alighieri nella creazione della lingua letteraria italiana. Dovessi stringere in una definizione sintetica l'arte di Giotto, direi che essa è la scoperta del vero nella certezza dello spazio misurabile. Lo spazio, prima di tutto. Quella di Giotto non è ancora la prospettiva scientifica del Brunelleschi ma è già profondità, solidità, abitabilità. La Madonna che ha appena partorito e che adagia il figlio nella mangiatoia secondo il racconto dell'evangelista è coperta da una tettoia di legno dislocata in profondità. I pastori che si accostano al presepio, il san Giuseppe dormiente, gli angeli in volo che cantano le glorie dell'Atteso, sono figure reali che occupano concretamente lo spazio, esattamente definite dalla modulazione cromatica dell'ombra e della luce. Una specie di solenne classicità, grave e sintetica e allo stesso tempo fusa e melodiosa, caratterizza gli anni maturi di Giotto, all'altezza degli affreschi padovani. L'altra novità rivoluzionaria del suo stile è rappresentata dalla scoperta del vero. Giotto individua e rappresenta - per la prima volta nella storia dell'arte italiana con tanta consapevolezza - il mondo della natura e quello degli affetti. Così il volto della Madonna in atto di deporre il neonato nella culla, esprime felicità, tenerezza, apprensione. Il Bambino stretto nelle fasce fissa la Madre in una specie di muto e affettuoso colloquio. Anche il bue alza lo sguardo verso l'alto per non perdersi la scena, mentre l'asino gira la testa a sinistra in una buffa torsione che serve a ben definire tuttavia il solido assetto del corpo. Le pecore e le capre allo stazzo, strette l'una all'altra per tenersi caldo, fanno un realistico assembramento che tradisce la consuetudine del pittore con lo studio diretto della natura. Dopo quella di Giotto ecco la Natività pienamente rinascimentale - di un Rinascimento che definirei archeologico-sapienziale - dipinta da Domenico Ghirlandaio in Santa Trinita a Firenze. La pala, elogiata dal Vasari come capolavoro supremo del pittore e tale da "far meravigliare ogni persona intelligente", occupa il posto d'onore nella cappella affrescata dallo stesso artista con storie di san Francesco. Siamo nel 1485. Due anni prima era arrivato a Firenze, portatovi dal banchiere Tommaso Portinari, il trittico di Hugo Van der Goes oggi agli Uffizi. Il naturalismo fiammingo che in quell'opera si esprime al livello più alto, suggestionò profondamente l'ambiente artistico fiorentino. Il primo a esserne colpito fu il Ghirlandaio, che in questo dipinto mostra di aver tratto notevole profitto dallo studio del suo collega del Nord Europa. E infatti il fiore di iris nella destra è una citazione diretta del Trittico Portinari. Allo stesso modo si ispirano alla "pittura della realtà" di Hugo Van der Goes, le fisionomie minuziosamente vere dei pastori, l'ombra del cardellino sulla pietra, la natura morta di umili oggetti sulla sinistra, il gioco sottile dell'ombra e della luce sul vello degli animali, sulla pelle e sulle vesti degli astanti. Ciononostante il Ghirlandaio resta un grande pittore italiano, anzi fiorentino, nel dominio della prospettiva, nel controllo dello spazio misurabile. La sua Natività è ambientata in un nitido paesaggio di colline toscane. La valle che si vede sullo sfondo è quella dell'Arno, fitta di città e di torri, cesellata come un prezioso gioiello. Il classicismo rinascimentale si esprime nella scelta dell'ambiente. L'evangelica povertà del presepio si colloca in uno scenario di ruderi romani, fra sarcofagi sontuosamente iscritti e scolpiti, colonne scanalate, capitelli corinzi e archi trionfali attraversati dalla cavalcata dei Magi. Tale iperbolica scenografia antico romana non vuole essere soltanto un generico omaggio al mondo classico. Essa ha un preciso significato simbolico. I ruderi archeologici sono emblema del mondo antico che la nascita di Cristo rinnova. Ghirlandaio, certo consigliato da teologi e umanisti, sviluppa il concetto e lo mette in figura con straordinaria efficacia. Perché il sarcofago romano che funge da culla per il piccolo Gesù porta iscritta la profezia dell'augure Fulvio vissuto al tempo di Pompeo e morto a Gerusalemme. Dalla sua tomba sarebbe nato un dio; così aveva profetizzato il sacerdote pagano. In tale prefigurazione, il riferimento a Cristo vittorioso del mondo antico è evidente. Con la nascita del Salvatore si conclude il tempo dell'Attesa. L'evento annunciato a Cesare Augusto dalla Sibilla Tiburtina, secondo la celebre egloga iv di Virgilio, si è finalmente realizzato. Nella grotta di Betlemme il mondo gira sul suo asse. Con la nascita di Cristo si è aperta una nuova epoca nella storia degli uomini. Questo è il messaggio che, dopo cinque secoli, ci arriva dalla Natività del Ghirlandaio. (©L'Osservatore Romano - 27-28 dicembre 2008) __________________________________________________
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