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Il Belgio vuole obbligare il Papa a ritrattare.... VERGOGNOSO

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2009 08:06
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03/04/2009 22:51

...poichè ci sono tre interventi ed è lungo il fatto da riportare, posto al momento il link, poi se qualcuno volesse riportarlo, lo faccia integralmente [SM=g10765]

l'evento è gravissimo....

 Il Belgio emana una legge per obbligare il Papa a ritrattare(stiamo alla follia!)

 

[SM=g7362] [SM=g7362] [SM=g7362]


[SM=g7270]
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04/04/2009 08:10

Ne approfitto per inserire la dichiarazione del dottor Edward Green:

Green (Harvard): io, scienziato laico, sto con il Papa

INT. Edward C. Green lunedì 23 marzo 2009

Il dott. Edward Green è il Direttore dell'AIDS Prevention Research Project della Harvard School of Public Health and Center for Population and Development Studies. Una voce autorevole in campo medico e con una grande esperienza nella lotta all'AIDS nei Paesi in via di sviluppo. Ilsussidiario.net lo ha intervistato in esclusiva.

Le dichiarazioni del Papa su AIDS e uso dei preservativi è al centro di un aspro dibattito e molti, da Kouchner a Zapatero, inclusa la UE, hanno definito la sua posizione come astratta e alla fine anche pericolosa. Qual è la sua opinione?

Io sono un liberal sui temi sociali e per me è difficile ammetterlo, ma il Papa ha davvero ragione. Le prove che abbiamo dimostrano che, in Africa, i preservativi non funzionano come intervento per ridurre il tasso di infezione da HIV. Hanno funzionato, per esempio, in Tailandia e Cambogia che hanno dinamiche epidemiologiche molto diverse.

In una recente intervista a National Review Online, lei ha detto che non vi è alcuna consistente relazione tra l’uso del preservativo e un più basso tasso di infezione da HIV. Può approfondire questa affermazione?

Quello che si riscontra in realtà è una relazione tra un più largo uso di preservativi e un maggiore tasso di infezione. Non conosciamo tutte le cause di questo fenomeno, ma parte di esso è dovuto a ciò che chiamiamo compensazione del rischio. Significa che chi usa i preservativi è convinto che siano più efficaci di quanto realmente sono, finendo così per assumere maggiori rischi sessuali. Un altro fatto che è ampiamente trascurato è che i preservativi sono usati in caso di sesso occasionale o a pagamento, ma non sono usati tra persone sposate o con il partner abituale. Perciò, una conseguenza dell’incremento nell’uso dei preservativi può essere un aumento del sesso occasionale.

Quindi, per quanto sorprendente, è provato che un maggior utilizzo di preservativi è collegato ad un più alto tasso di infezione?

Si è cominciato a notare qualche anno fa che, in Africa, i paesi con maggiore disponibilità di preservativi e tassi superiori di loro utilizzo avevano anche il più alto tasso di infezione da HIV. Questo non prova una relazione causale, ma ci avrebbe dovuto portare qualche anno fa a valutare in modo più critico i programmi relativi all’utilizzo del preservativo.

Oltre il caso dell’Uganda, vi sono altre prove che il modello cosiddetto ABC (Abstinence, Be faithful, Condom) possa funzionare?

Stiamo osservando il declino dell’HIV in almeno 8 o 9 paesi africani. In tutti i casi, la proporzione di uomini e donne che dichiarano rapporti sessuali con molti partner è diminuito qualche anno prima che noi riscontrassimo questo declino. Tuttavia, molti programmi contro l’AIDS mettono l’accento su preservativi, controlli e farmaci: questo ampio cambiamento nel comportamento è quindi avvenuto malgrado questi programmi, che hanno posto l’enfasi su elementi errati (almeno per l’Africa). Sono contento di riferire che i due paesi con il più alto tasso di infezione, Swaziland e Botswana, hanno lanciato campagne mirate a scoraggiare i rapporti sessuali con partner multipli e contemporanei.
L’astinenza tra i ragazzi è un altro fattore, ovviamente. Se le persone cominciano a fare sesso in un’età più adulta avranno meno partner sessuali durante la loro vita, diminuendo così le probabilità di contrarre infezioni da HIV.

Quindi, nella lotta contro l’AIDS la riduzione del numero dei partner sessuali è uno dei fattori più importanti.

Come ho già detto, è la sfida più importante in questa battaglia.

Un’ultima domanda. Nel modello ABC, A e B non sono così economicamente rilevanti come C, che ha alle spalle una forte industria. È improprio dire che non si tratta, quindi, solo di una questione culturale e sanitaria, ma anche economica?

Dipende da cosa intende per aspetti economici. Se consideriamo i programmi ABC, PEPFAR (programma governativo di lotta contro l’AIDS varato nel 2003 da Bush) è l’unico grande donatore che ha immesso reali finanziamenti in A e B e, forse purtroppo, la maggior parte dei soldi, e comunque dell’enfasi, sull’astinenza. Il fattore B è il più importante, con l’astinenza al secondo posto, secondo la mia opinione e in accordo con le evidenze da me riscontrate.
Se invece il punto è se la povertà dà impulso all’AIDS, anche in questo caso l’Africa è diversa dal resto del mondo, perché in Africa il tasso di infezione è più alto presso i ceti più agiati e più istruiti. Perciò il miglioramento della situazione economica dei paesi africani non porterà una diminuzione delle infezioni. Questa evidentemente non è una buona ragione per abbandonare a se stesse le economie africane.

© Copyright Il Sussidiario, 23 marzo 2009
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18/04/2009 07:57

Papa e Aids: la Santa Sede deplora le critiche del Belgio

Contro il Papa è stato messo in atto un vero e proprio attacco "intimidatorio" e inalcuni Paesi europei è stata scatenata "una campagna mediatica senza precedenti sul valore preponderante, per non dire esclusivo, del profilattico nella lotta contro l'Aids". È quanto si legge in un comunicato della Segreteria di Stato vaticana che esprime il proprio disappunto per le proteste ufficiali del Belgio contro la posizioneespressa dal Papa in merito all'uso del condom nella lotta contro l'Aids nel suo recente viaggio in Africa.

"È confortante constatare - si afferma nel testo - che le considerazioni in ordine morale sviluppate dal Santo Padre sono state capite e apprezzate, in particolare dagli africani e dai veri amici dell'Africa, nonché da alcuni membri della comunità scientifica".

Nel comunicato si fa anche riferimento a una recente dichiarazione della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest nella quale fra l'altro si afferma: "Siamo grati per il messaggio di speranza che il Santo Padre è venuto ad affidarci in Camerum e in Angola. È venuto ad incoraggiarci a vivere uniti, riconciliati nella giustizia e la pace, affinchè la Chiesa in Africa sia lei stessa una fiamma ardente di speranza per la vita di tutto il continente. E lo ringraziamo per aver riproposto a tutti, con sfumatura, chiarezza e acume, l'insegnamento comune della Chiesa in materia di pastolare dei malati di Aids".


www.avvenire.it
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18/04/2009 12:34

La dichiarazione della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest francofono

Grati al Papa per le sue parole
sulla lotta all'aids


Pubblichiamo una nostra traduzione italiana della dichiarazione diffusa dai vescovi della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest francofono (Cerao), diffusa lo scorso 27 marzo in risposta alle critiche rivolte a Benedetto XVI dopo le sue parole sulla lotta all'aids.

Riguardo alla controversia circa la posizione di Papa Benedetto XVI sul preservativo i vescovi della Cerao dichiarano: 

Stupore dinanzi a una manipolazione oltraggiosa pianificata

Siamo rimasti tutti sorpresi e meravigliati per il modo in cui una frase del Santo Padre è stata completamente estrapolata dal suo contesto diretto e indiretto per farne il motivo conduttore di tutte le trasmissioni di Rfi e di altri media francesi sul primo viaggio apostolico del Santo Padre, Papa Benedetto XVI, in Africa. Il culmine è l'occultamento sistematico delle altre idee espresse nell'intervista e la minimizzazione di tutto ciò che il Santo Padre ha cercato di comunicare come speranza all'Africa, sia in Camerun sia in Angola. Proprio per questo non si dovrebbe riconoscere che è la Chiesa e la sua missione evangelizzatrice che gli attori dell'ombra hanno attaccato?
Noi vescovi della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest (Cerao) abbiamo analizzato l'evento e teniamo a dichiarare a tutti quanto segue.

Demolire la morale è un crimine contro l'umanità

Non si vincerà l'aids annullando le risorse spirituali e morali degli uomini, soprattutto degli adolescenti e dei giovani, rendendoli fragili e facendo di loro oggetti di desideri sessuali senza gli elementi regolatori previsti dal Creatore. È un crimine contro l'umanità privare il bambino, l'adolescente e il giovane di quell'allenamento al dominio dello spirito sul corpo e sulle sue pulsioni che si chiama educazione sessuale. In tal senso, gli slogan pubblicitari e la distribuzione dei preservativi potrebbero essere solo un atto di irresponsabilità e un crimine contro l'umanità.

Dichiarazioni irriverenti, ingiuriose e sacrileghe

Per noi africani, il Papa è il padre di quella grande famiglia che è la Chiesa e, a tale titolo, gli dobbiamo rispetto e affetto. È un sacrilegio, a nostro parere, dal semplice punto di vista della nostra cultura africana tradizionale, per non parlare ancora della fede, che figli e figlie della Chiesa che si professano cattolici attacchino il Papa con volgarità, arroganza e ingiurie, come alcuni giornalisti francesi e alcune personalità francesi, spagnole ed europee, si sono permessi di fare. Deploriamo e condanniamo le loro dichiarazioni irriverenti e ingiuriose.

L'attentato post-moderno contro la verità e le sue conseguenze violente sulle relazioni umane

Tuttavia noi non apparteniamo a una cultura se non a motivo della verità più profonda della nostra umanità. E l'umanità, che è comune a tutti, è unica; essa si concretizza in un certo numero di diritti e di doveri, inscindibili dalla dignità di ogni persona umana. È assolutamente intollerabile che un piccolo gruppo di operatori dei media - a volte purtroppo africani che attingono senza scrupoli alla ricchezza "sporca" di quanti hanno spogliato i loro popoli - si arroghino il diritto di deformare la verità per presentarsi come benefattori responsabili di fronte alla condizione drammatica dei nostri fratelli e delle nostre sorelle portatori dell'hiv-aids, e per trasformare invece il Santo Padre in un personaggio "irresponsabile" e sprovvisto di umanità, poterlo così ingiuriare e cercare di aizzare contro di lui una massa di individui che ritengono di avere il diritto di parlare di un tema che non si sono curati di conoscere con precisione. Dimenticano che, così facendo, perdono credito professionalmente, in quanto esiste una differenza fondamentale fra creare notizie sensazionali scandalose e informare. Deploriamo e condanniamo l'attentato contro la verità che è il peccato del nostro mondo post-moderno, da cui derivano le gravi ferite che la Santa Chiesa, nostra Madre, sta sempre più subendo. Che mondo è questo in cui non si dedica del tempo ad ascoltare l'altro, ad ascoltarlo fino in fondo e gli si fa dire ciò che si vuole che dica? La saggezza africana e la saggezza biblica, tutte e due fondate sull'ascolto, hanno un'altra visione del mondo da proporre.

Profonda unione di pensiero e di cuore fra Benedetto XVI e l'Africa

Noi vescovi africani ringraziamo dal profondo del cuore il Santo Padre, che ha tante affinità con noi, a motivo della nostra comunione di pensiero sulla Chiesa e del nostro impegno comune a favore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle malati di aids, dei poveri, dei feriti della vita e dei piccoli. Chi ignora che le definizioni Chiesa, Casa (Famiglia) e Popolo di Dio, Chiesa, Fraternità Cristiana, Chiesa-Comunione, sono sue? Ci ha creduto e ci ha lavorato a lungo prima come giovane teologo e più di recente come cardinale prefetto di Dicastero. Anche noi ci crediamo e siamo pronti a edificare in Africa la Chiesa Comunione come Famiglia di Dio e Fraternità di Cristo. Il Papa è venuto in mezzo a noi per confermarci in questa fede. Lo ringraziamo per questo.

La Chiesa in Africa, una Chiesa portatrice di speranza

Gli siamo grati anche per il messaggio di speranza che è venuto ad affidarci in Camerun e in Angola. È venuto ad incoraggiarci a vivere uniti, riconciliati nella giustizia e la pace, affinché la Chiesa in Africa sia lei stessa una fiamma ardente di speranza per la vita di tutto il continente. E lo ringraziamo per aver riproposto a tutti, con sfumatura, chiarezza e acume, l'insegnamento comune della Chiesa in materia di pastorale dei malati di aids.

Umanizzazione della sessualità e dono di sé ai malati di aids

Egli ci incoraggi tutti a vivere e a promuovere l'umanizzazione della sessualità e il dono della propria umanità per essere con e aiutare nella verità i fratelli e le sorelle affetti da Aids come autentico atteggiamento responsabile dei cattolici dinanzi ai malati di Aids e di tutti coloro che amano veramente gli africani colpiti da questo male. Accogliamo il suo messaggio, che esprime anche la nostra posizione. E dichiariamo tutti insieme a lui:  "Non si può superare questo problema dell'aids solo con soldi, pur necessari. Se non c'è l'anima, se gli africani non aiutano, non si può superarlo con la distribuzione di preservativi:  al contrario, aumentano il problema". Sono queste le parole di Benedetto XVI che un martellamento mediatico ha cercato di snaturare. Invano.

Responsabilità dei media

Dire meno significa disprezzare l'africano e mostrarsi zelanti nell'uccidere ciò che vi è di autenticamente umano nell'uomo africano, le cui tradizioni, per esempio, attribuiscono tutte molto valore alla verginità che viene constatata nel matrimonio. Deploriamo e condanniamo questa pretesa responsabilità nei confronti dell'uomo africano, che non avrebbe altra soluzione che quella meccanica dinanzi a un problema così vitale come è la sessualità per tutti gli uomini, quindi anche per l'africano. La responsabilità dei media è grande; non devono scadere, poiché rischiano di sminuire qualcosa di fondamentale dal punto di vista umano.

No al pensiero per procura

Infine, affermiamo che gli africani sono capaci di pensare con la propria testa sia per i problemi che li riguardano, sia per quelli che riguardano tutta l'umanità. Deploriamo e denunciamo il crimine, che ha origine nei tempi in cui i nostri fratelli e le nostre sorelle venivano trattati come merce e come "beni mobili" (Le Code Noir, art. 44), e che oggi consiste nell'ostinarsi a pensare per noi, a parlare per noi, a fare al posto nostro, certamente perché non siamo ritenuti in grado di farlo da soli. Forse si dirà che viene abilmente affidato a degli operatori dei media africani lo sconcio lavoro di fare i giullari per divertire il mondo e rendere l'Africa doppiamente da compatire:  non solo materialmente, ma anche moralmente. Ma non ci sono che questi africani, i quali ignorano le strutture antropologiche più salde e i valori morali più sicuri dell'Africa, a essere in grado di parlare a nome del continente.
Noi vescovi della Chiesa cattolica dell'area Cerao, esigiamo che si smetta di pensare per noi, di spingere l'Africa della strada a parlare a nome di tutta l'Africa e a divertire il pubblico a scapito dei nostri popoli. Esigiamo che per parlare dell'Africa si rispettino i valori fondamentali, senza i quali l'uomo non è più uomo, e che sono sintetizzati nella dignità di ogni uomo, creato a immagine di Dio. Sì, riprendendo il Concilio Vaticano ii noi ribadiamo che "la creatura senza il Creatore svanisce". Ringraziamo il Santo Padre per aver fatto del Dio d'Amore e della fede in lui la priorità delle priorità per il nostro tempo. È proprio l'illusione che possa esservi un'altra priorità ad aver creato quella situazione paradossale e violenta in cui si pretende di essere responsabili di noi, saccheggiando ciò che abbiamo di più vitale:  il nostro rapporto di fede, di speranza e di amore con il Dio vivente, Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, e la nostra vita morale.

Abidjan, 27 marzo 2009
Cardinale Théodore Adrien Sarr
Presidente della Cerao



(©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)
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  Voci fuori dal coro

Oltre il pregiudizio


di Giuseppe Fiorentino

Sono state poche le voci che hanno cercato di andare oltre il facile pregiudizio nella polemica sollevata dai mezzi di comunicazione - soprattutto occidentali - per le parole di Benedetto XVI circa la lotta all'aids nel continente africano. Ma non deve essere stato semplice porsi al di fuori del coro, assediati, come si è stati, da una massiccia campagna mediatica che ha travisato le frasi del Papa, proponendo in maniera aggressiva un messaggio distorto.
Una forte denuncia di questa operazione messa in atto da tanti organi della stampa internazionale è giunta dai presuli della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest francofono (Cerao) - comprendente gli episcopati di Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger, Senegal e Togo - i quali, in un messaggio diffuso lo scorso 27 marzo, e che pubblichiamo integralmente in questa pagina, manifestano sorpresa e dolore di fronte a quella che definiscono una manipolazione oltraggiosa pianificata e che ha finito per generare un occultamento sistematico del messaggio di speranza, giustizia e pace lanciato da Benedetto XVI nel suo viaggio. "È assolutamente intollerabile - sottolineano i vescovi - che un piccolo gruppo di operatori dei media, a volte purtroppo africani che attingono senza scrupoli alla ricchezza "sporca" di quanti hanno spogliato i loro popoli, si arroghino il diritto di deformare la verità per presentarsi come benefattori responsabili di fronte alla condizione drammatica dei nostri fratelli e delle nostre sorelle portatori dell'hiv-aids e per trasformare invece il Santo Padre in un personaggio "irresponsabile" e sprovvisto di umanità". Anche i presuli della Conferenza episcopale di Angola e São Tomé (Ceast) hanno lamentato il fatto che i media - soprattutto occidentali - abbiano praticamente "dimenticato la visita del Papa", concentrandosi sulla sterile polemica da essi stessi sollevata e "cancellando il modo estremamente positivo in cui l'avvenimento si è svolto".
Gli interventi dei vescovi della Cerao e della Ceast hanno seguito quello in difesa del Papa diffuso dalla Conferenza episcopale del Camerun con una dichiarazione ripresa da "L'Osservatore Romano" del 27 marzo. Attestati di solidarietà a Benedetto XVI sono giunti da molti altri ambienti africani come hanno testimoniato a Roma i tanti studenti del continente che, all'Angelus di domenica 29 marzo, hanno manifestato gratitudine per il messaggio di speranza lanciato dal Papa.
Ma anche nei mezzi di comunicazione sociale - una volta placatasi la strumentale polemica - comincia a spuntare qualche articolo, qualche lettera, che potrebbero insinuare un dubbio positivo, portando i lettori a chiedersi se, in definitiva, il Papa non abbia ragione. È il caso di "Le Monde". Il quotidiano parigino, che nei giorni della pellegrinaggio del Papa in Africa ha pubblicato articoli a dir poco disinvolti contro Benedetto XVI definendo "irresponsabili" le sue parole, ha ospitato, nell'edizione di sabato 11, un intervento di alcuni scienziati ed esperti nella lotta contro l'aids che definiscono realistiche le parole del Pontefice.
Il testo - a firma dello psicanalista Tony Anatrella, del ginecologo Michele Barbato, degli epidemiologi Jokin de Irala e René Ecochard e del presidente della Federazione africana di azione familiare Dany Sauvage - sostiene che "riflettere sui comportamenti sessuali diventa talmente doloroso da provocare la rabbia di numerosi militanti e ideologi in materia". Non c'è nessun Paese con un'epidemia generalizzata - scrivono - "che sia riuscito a far calare la proporzione di popolazione infettata dall'hiv grazie alle campagne centrate sull'uso del solo preservativo. I casi di minore trasmissione dell'hiv pubblicati nella letteratura scientifica - rilevano inoltre - sono associati all'attuazione dell'astinenza e della fedeltà aggiunte al preservativo, nella triade Abc (abstinence, be faithful, cioè fedeltà e condom). In altri termini - continua l'articolo - soltanto i programmi che hanno seriamente raccomandato il ritardo dell'attività sessuale dei giovani e la monogamia reciproca (quella che i cristiani chiamano fedeltà) sono stati premiati dal successo". I medici ricordano che "la Chiesa cattolica propone a e b da sempre. Gli specialisti sottolineano inoltre che "l'astinenza e la fedeltà hanno finora evitato sei milioni di morti in Africa". Il Papa - concludono - "fa notare che rischiamo di aggravare il problema dell'aids se i programmi di prevenzione si fondano solo sui preservativi. Questo è anche lo stato delle conoscenze in materia di salute pubblica e di epidemiologia".
Quello di "Le Monde" non è un caso isolato. Il 29 marzo " The Washington Post" ha pubblicato un articolo che non ha nulla di dogmatico, a firma di Edward C. Green, in cui viene citato uno studio della University of California. Dalla ricerca dell'ateneo statunitense si evince che l'uso del preservativo non si è mostrato efficace come misura di prevenzione primaria dell'aids in Africa. L'articolo dal titolo The Pope may be right (Il Papa potrebbe avere ragione) rileva inoltre come l'Unaids, l'agenzia delle Nazione Unite responsabile per la lotta all'infezione, abbia semplicemente ignorato lo studio. Che in realtà non è unico nel suo genere. "The Washington Post" cita infatti altre ricerche scientifiche pubblicate su autorevoli riviste, quali "Lancet" e "Science", in cui si evidenzia come l'uso diffuso del preservativo anche dopo molti anni non abbia garantito un significativo rallentamento dell'infezione da hiv nell'Africa sub-sahariana. Lo stesso articolo si conclude citando l'esempio dell'Uganda in cui la promozione della fedeltà sessuale ha davvero funzionato come argine contro l'infezione.
Sulla stessa lunghezza d'onda è sintonizzato il britannico "The Guardian" nella sua edizione in rete, che già il 19 marzo - quando cioè infuriava l'attacco mediatico contro il Papa - faceva pacatamente notare come il tasso di infezione in Africa sia cresciuto insieme alla diffusione dei preservativi. Perché in Africa il contesto è ben diverso da quello europeo o americano:  "La promiscuità - si legge - non è causata dall'edonismo, ma dalla disperazione. L'aids esplode attorno alle miniere, nelle baraccopoli, nelle regioni devastate dalla guerra". In realtà - segnala ancora "The Guardian" - il preservativo minaccia di compromettere la lotta contro l'infezione in Africa, perché incoraggia comportamenti a rischio.
Ma al di là degli organi di informazione, di particolare rilievo è l'opinione di chi, africano, si occupa di combattere l'aids in Africa. Rose Busigye, direttrice di un centro di assistenza ai malati di Kampala, in Uganda, in un'intervista pubblicata su "Ilsussidiario.net", ha senza mezzi termini affermato che la polemica sollevata contro il Papa è ridicola. "All'origine della diffusione dell'aids - ha detto - c'è un comportamento, un modo di essere. Il Papa - ha affermato ancora - non ha fatto altro che difendere e sostenere ciò che è veramente necessario, affermando il vero significato della vita e la dignità della persona umana". Sono parole di chi, quotidianamente lotta contro il flagello dell'aids. Di chi non ha interessi da difendere, se non quelli dei malati. Sono parole basate sulla verità dei fatti. Oltre il pregiudizio.



(©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)
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17/09/2009 08:06

Un epidemiologo francese dà ragione al Papa sul preservativo

E ricorda il parere condiviso dall'UNAIDS, il programma dell'ONU contro l'HIV



PARIGI, mercoledì, 16 settembre 2009 (ZENIT.org).-

Per René Ecochard, professore di medicina, epidemiologo e responsabile del servizio di biostatistica del Centro Ospedaliero Universitario di Lione, “le parole di Benedetto XVI sul preservativo sono semplicemente realistiche”.

E' questo, infatti, il titolo di un documento che ha firmato nell'aprile scorso, dopo il viaggio papale in Africa (dal 17 al 23 marzo) e la polemica sollevata dai mezzi di comunicazione occidentali sulle dichiarazioni del Papa sul preservativo.

Intervistato dal settimanale francese “La Manche Libre”, il professor Ecochard ha lamentato “la mancanza di realismo” “in tale questione, che è prigioniera dell'ideologia”. Sembra come se “l'opinione pubblica perdesse i suoi punti di riferimento quando affronta le questioni della sessualità e della famiglia”.Per René Ecochard “c'è stato un errore di comprensione nell'opinione pubblica”. “La gente ha creduto che il Papa parlasse dell'efficacia del preservativo, quando in realtà parlava delle campagne di diffusione del preservativo. E' una cosa molto diversa”.

“Come qualsiasi oggetto tecnologico di prevenzione, il preservativo ha un'efficiacia quantificata”, ha affermato l'esperto, ma “il problema non risiede in questo: tutti gli epidemiologi concordano oggi nell'affermare che le campagne di diffusione, nei Paesi in cui la percentuale di persone colpite è molto alta, non funzionano”.

“Se il preservativo funziona quattro volte su cinque”, questo può essere sufficiente “dove l'Aids non è molto diffuso”, “ma in un Paese in cui il 25% dei giovani di 25 anni è infetto (Kenya, Malawi, Uganda, Zambia) non è sufficiente”. “Il fallimento di questa forma di prevenzione è una realtà epidemiologica”.“Circondato di esperti, ben informato dall'Accademia delle Scienze di Roma, il Papa dominava perfettamente la questione prima di andare in Africa”, ha rilevato.

Ecochard si è soffermato particolarmente sul caso dell'Uganda, l'unico Paese in cui il numero dei malati si è drasticamente ridotto. “Oltre alla campagna sul preservativo, questo Paese ne ha svolta un'altra molto ampia basata sul trittico ABC (astinenza, fedeltà, preservativo)”.

“La coppia presidenziale, i gruppi religiosi, le scuole, le imprese... tutti hanno sostenuto questa campagna, frenando l'Aids, che sarà combattuto se ciascuno ritroverà atteggiamenti sessuali conformi alle tradizioni familiari”, ha spiegato.

“Può essere che questo metodo non sia facile da riproporre in un altro Paese, ma oggi è l'unica speranza”.

Attualmente, “più del 60% degli scienziati è a favore delle campagne ABC”, ha concluso, ricordando che è la politica adottata anche dall'UNAIDS, il programma delle Nazioni Unite per far fronte alla malattia. 
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