Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 

8-15 maggio 2009 Benedetto XVI Pellegrino in Terra Santa

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2009 07:21
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
11/05/2009 19:38

Le testimonianze del patriarca caldeo Delly e del patriarca latino di Gerusalemme Twal

Gli appelli lanciati da Benedetto XVI a sostegno dei tanti rifugiati presenti in Giordania sono stati accolti con gioia e gratitudine dai profughi cristiani iracheni. Sean Patrick Lovett al seguito del Papa ha raccolto il commento del patriarca di Babilonia dei Caldei, il cardinale Emmanuel III Delly:

R. – Sono molto grato al nostro Santo Padre che mi ha detto: “Noi preghiamo per voi sempre, specialmente per l’Iraq, affinché la pace e la tranquillità siano sempre in questo Paese”. Io, a nome di tutti gli iracheni, ed a nome di tutti i cristiani dell’Iraq, ringrazio di cuore il Santo Padre per tutto ciò che sta facendo per l’Oriente. A lui rivolgo a Dio le mie umili preghiere e così tutti i nostri fedeli. In particolar modo, questa visita contribuirà molto per la pace in questi Paesi che da tanti anni sono torturati da tanti drammi.

Durante questo pellegrinaggio in Terra Santa il Papa sta incoraggiando la minoranza cristiana a perseverare nella testimonianza di fede e di amore. Ascoltiamo in proposito il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, sempre al microfono di Sean Patrick Lovett:

R. – Chiediamo sempre la vostra preghiera, la vostra solidarietà. La mia impressione è quella di tutto il popolo di Giordania e, oso dire, dei musulmani e dei cristiani: un’impressione molto, molto positiva. Stando accanto al Santo Padre, lui ha manifestato la sua gioia nel vedere questa comunità cristiana, una minoranza, anche se non abbiamo l’impressione di esserlo. Tutti cantano, tutti sono felici, tutti si sentono a casa, con rispetto ed amore per la nostra identità di arabi, giordani, cristiani. Andiamo avanti e con l’appoggio del Santo Padre, con la preghiera della Chiesa universale, tutto andrà bene. Speriamo che anche nella seconda parte di questo pellegrinaggio le cose andranno bene come qui in Giordania, speriamo bene. Siamo preparati al massimo, con tutta la nostra fragilità: però non perdiamo mai la speranza e la presenza del Santo Padre certamente sarà per noi tutti una benedizione.

-------------------

Mons. Sayegh: un pellegrinaggio che dà alla minoranza cristiana una nuova speranza

Per un bilancio della tappa giordana del pellegrinaggio del Papa, ascoltiamo mons. Salim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania, al microfono di Pietro Cocco:

R. – E’ stata, prima di tutto, una benedizione del Signore per tutto il Paese, per tutti gli abitanti cristiani e musulmani, che ci dà questa forza, questa speranza di continuare veramente a sperare e a vivere insieme come fratelli e sorelle. L’incontro nella Moschea con il principe Ghazi e con la comunità musulmana ha mostrato che la fratellanza è viva in Giordania e speriamo che continui a crescere come una sola famiglia continui, perché la gente sia veramente sempre in pace, guardando al futuro.


D. – Che comunità cristiana ha incontrato il Papa?


R. – Penso che il Santo Padre abbia scoperto che i cristiani di Giordania sono una comunità, una Chiesa che cresce, che guarda verso il futuro con speranza, e nel benedire le pietre di tre o quattro Chiese, due nel Sito del Battesimo, vuol dire che è una Chiesa che guarda verso il futuro, che non ha paura di niente, che programma per il futuro, mette in pratica questa fratellanza tra musulmani e cristiani nel vivere insieme, nel rispettarsi gli uni gli altri, nel costruire la Chiesa e costruire la patria. E’ una cosa veramente necessaria per tutto il Paese, per tutti i musulmani e i cristiani.


D. – Benedetto XVI ha invitato ad avere la gioia spirituale, ma il coraggio anche di costruire ponti tra persone che hanno fedi e culture diverse. E quindi ha invitato ad essere presenti nella società civile...


R. – Nel Centro Regina Pacis il 99 per cento è musulmano, e lì non guardiamo ai musulmani o ai cristiani, guardiamo all’essere umano uscito dalle mani del Signore, che riflette la presenza del Signore, di Dio creatore, che sia musulmano o cristiano. E l’incontro del Re e della Regina con il Santo Padre nella visita del Sito del Battesimo, dove Cristo è stato battezzato, è stata una cosa molto, molto bella che aiuta la convivenza e la fratellanza tra musulmani e cristiani. Il Re e il popolo giordano rispettano i luoghi santi, sia cristiani sia musulmani.


D. – La celebrazione dei Vespri nella chiesa greco-melkita e la grande Messa, il grande abbraccio della comunità cristiana nello stadio di Amman domenica, sono stati anche di grande incoraggiamento per la comunità cristiana...


R. – La Messa allo stadio è stata una bella testimonianza: tutta la Chiesa, il successore di San Pietro, il rappresentante di Gesù Cristo, il pastore di tutto il popolo di Dio, tutti a pregare insieme. Il raduno nella Chiesa melkita era per la vita consacrata: tutti i religiosi e le religiose, ma anche i maestri di catechismo erano presenti ed hanno avuto il messaggio del Santo Padre per il futuro, per penetrare più fortemente nelle anime dei giovani e ben educarle e dare loro davvero un’educazione cristiana.



D. – Il Papa si trova a Gerusalemme, la seconda tappa del suo pellegrinaggio, ha raggiunto Israele. Lei lo raggiungerà lì. Qual è il suo auspicio per questo nuovo momento che sta vivendo il Papa?


R. – Lì certamente tutto il popolo cristiano, sia in Israele, sia in Palestina, e anche tutti i responsabili dei governi in Israele e Palestina, sono sicuro che faranno tutto il possibile per ben ricevere il Santo Padre, perché faccia il suo pellegrinaggio ai luoghi santi per dare una voce che aiuti la gente ad ascoltare la ragione e ad indirizzarsi verso una pace vera, che dà speranza ai giovani, alle generazioni di oggi e del futuro, perché senza pace né Israele né la Palestina possono vivere tranquille. La vera soluzione è una pace giusta, che soddisfi tutti quanti.

Fonte: Radio Vaticana
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
11/05/2009 19:39

Il Papa accolto nella casa del premir israeliano Shimon Peres






Il Papa nel Memoriale dell'Olocausto







__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 07:58

Alla ricerca dell'amicizia


Un viaggio di amicizia per contribuire al raggiungimento di una autentica pace in una delle regioni più tormentate del mondo. A nome della Chiesa cattolica, e insieme agli altri cristiani, agli ebrei, ai musulmani. Benedetto XVI, come milioni di fedeli tra i quali i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, è venuto pellegrino in Terra Santa in un itinerario che ha un chiarissimo significato religioso, e insieme politico:  la ricerca della pace voluta dall'unico Dio. Per dimostrare al mondo - nonostante tutte le contraddizioni e le difficoltà - che le religioni non sono fattori di violenza ma, al contrario, hanno un ruolo ineliminabile nell'educazione a una convivenza basata sulla giustizia e sulla sicurezza.
Questa intenzione di pace del viaggio papale - un unico percorso nei luoghi santi dei tre monoteismi, lungamente  preparato e tenacemente voluto - è apparsa evidente sin dall'arrivo in Israele di Benedetto XVI, accolto dal presidente e dal primo ministro che dal Papa hanno ascoltato una ulteriore inequivocabile condanna dell'antisemitismo. La stessa intenzione era apparsa chiara durante i giorni trascorsi in Giordania, un Paese che vuole porsi, grazie soprattutto all'impegno del suo sovrano, come modello ideale di libertà religiosa e di pace nel contesto del Medio Oriente, dove di queste vi è un bisogno sempre più urgente. Compito ovviamente difficile, tra contrapposizioni e conflitti che persistono da decenni e crescenti fondamentalismi, al quale hanno dato e vogliono dare un contributo importante i cattolici, che in questi Paesi sono una minoranza.
Il sostegno alle piccole comunità cattoliche e alla loro veneranda varietà rituale è stato esplicito da parte del vescovo di Roma, che nel congedo dalla Giordania si è definito "pellegrino e pastore". Ha commosso l'accoglienza riservatagli dai fedeli, che ad Amman l'hanno saputa esprimere coralmente nei vespri celebrati nella cattedrale greco-melkita, nella messa celebrata allo stadio, durante la quale decine di piccoli iracheni hanno ricevuto la prima comunione, e in occasione della benedizione della prima pietra di chiese che si stanno innalzando presso il Giordano, nei luoghi sacri alla memoria dei profeti Elia e Giovanni Battista, là dove Cristo fu battezzato.
Insostituibile è, anche in queste terre davvero sante, la testimonianza della Chiesa cattolica, che desidera solo contribuire alla costruzione di una società più fraterna e più giusta dove realmente e dovunque sia rispettata la dignità di ogni persona umana. E fondamentali in questa testimonianza sono la centralità della famiglia e il ruolo delle donne, con una sottolineatura della loro dignità che certo non è nuova nella tradizione cristiana ma che assume una particolare importanza nelle società contemporanee, siano esse occidentali o musulmane.
Proprio per l'intento costruttivo di Benedetto XVI è importante che le sue parole si siano trovate in consonanza con quelle del sovrano giordano da una parte e del presidente israeliano dall'altra. In una dimostrazione indubbia che il dialogo trilaterale auspicato dal Papa è davvero possibile, nonostante i molti ostacoli, le ingiustizie, i soprusi, le violenze. Perché il nome di Gerusalemme, "città di pace", trovi realizzazione in una terra che da decenni sta cercando la strada della comprensione e dell'amicizia.

g. m. v.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 08:01

Il benvenuto di Shimon Peres al Papa

Il benvenuto del presidente israeliano


Il presidente di Israele, Shimon Peres, ha accolto il Papa all'aeroporto di Tel Aviv, durante la cerimonia di benvenuto, con il saluto in inglese, con alcune frasi in ebraico e in latino, che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione italiana.

Santità, Papa Benedetto XVI, in nome dello Stato di Israele le porgo il benvenuto e le offro una benedizione per il suo arrivo:  pace.
Salve Benedetto, primo tra i fedeli che oggi visiti la Terra Santa.
Considero la sua visita qui, in Terra Santa, un'importante ed elevatissima missione spirituale:  una missione di pace. Una missione che consiste nel piantare semi di tolleranza e nello sradicare le erbacce del fanatismo. Apprezzo le sue posizioni e le sue azioni volte ad abbassare il livello di violenza e di odio nel mondo.
Sono certo del fatto che questa visita sarà un proseguimento del dialogo fra ebraismo e cristianesimo nello spirito dei profeti.
Onoro i suoi sforzi per nutrire gli affamati e placare la sete umana di fiducia nell'uomo stesso e nel Creatore dell'universo. Nel nostro Paese, ebrei, cristiani, musulmani, beduini e circassiani vivono tutti insieme. Vivono sullo stesso suolo.
Vivono sotto lo stesso cielo. Pregano Dio Onnipotente. Ognuno può pregare con il proprio linguaggio, secondo il proprio libro di preghiere, senza interferenze esterne.
Israele tutela la libertà assoluta della pratica religiosa e il libero accesso ai luoghi santi. Siamo sempre felici di ricevere pellegrini da tutto il mondo in Terra Santa.
Dai tempi di Abramo, nostro antenato, crediamo che l'uomo dovrebbe aspirare a essere un ospite gradito e un padrone di casa generoso.
La tenda di Abramo era aperta in tutte le direzioni. L'aria pura e i venti del nord, del sud, dell'est e dell'ovest vi entravano facilmente.
Nel libro di Isaia è scritto:  "La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli" (Is 56,7).
Il nostro Paese ha poche risorse, ma è ricco di fede. Il nostro Paese è per metà costituito da deserto, ma abbiamo avviato un fiorente commercio basato sulla forza del capitale umano e creato una società che persegue la giustizia per ogni bambino nato.
Abbiamo instaurato la pace con l'Egitto e la Giordania e stiamo intrattenendo negoziati per la pace con i palestinesi e perfino per giungere a una pace regionale totale.
La sua visita qui promuove una benedetta comprensione fra le religioni e diffonde pace, vicino e lontano. L'Israele storico e quello rinnovato insieme la accolgono al suo arrivo, che prepara la grande strada verso pace di città in città.
Benvenuto in Terra Santa
Benvenuto a Gerusalemme.
Benvenuto nella nostra casa.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 08:01

L'arrivo di Benedetto XVI a Tel Aviv

Nei luoghi santi per impetrare la riconciliazione tra i popoli


dal nostro inviato Gianluca Biccini

Pregare per la pace in Terra Santa, rilanciare i negoziati tra israeliani e palestinesi, chiedere libertà di accesso e di culto nei luoghi santi, soprattutto a Gerusalemme, ricordare i sei milioni di ebrei vittime della Shoah. Con questi intenti Benedetto XVI ha iniziato stamattina, lunedì 11, la tappa in Israele del suo dodicesimo viaggio internazionale. Proveniente da Amman, da dove era decollato mezz'ora prima, l'aereo della Royal Jordanian con a bordo il Pontefice è atterrato alle ore 11 locali all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, dove ha avuto luogo la cerimonia di benvenuto.
Sul velivolo è salito ad accoglierlo l'arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e in Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, che si è unito al seguito papale. Da questo momento ne fanno parte anche l'arcivescovo Elias Chacour, vice presidente dei vescovi locali e monsignor Paolo Borgia, segretario della nunziatura apostolica.
Sulla piazzola Juliet 10 del più grande aeroscalo del Medioriente, che qui chiamano Natbag in onore di quello  che  è  considerato  uno  dei padri della patria, il suo dodicesimo successore, il presidente Shimon Peres, e il primo ministro, Benjamin Netanyahu, hanno dato il benvenuto al Pontefice appena sceso dalla scaletta dell'aereo.
Alla cerimonia erano presenti autorità politiche e civili dello Stato d'Israele, gli ordinari di Terra Santa, il cardinale Foley, Gran Maestro dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, un gruppo di fedeli cattolici con un coro, rappresentanti delle diverse religioni e delle altre Chiese e confessioni cristiane.
Dopo l'esecuzione degli inni pontificio e israeliano, e la presentazione delle autorità, il presidente Peres e Benedetto XVI hanno pronunciato i rispettivi discorsi. Ricordando in particolare le terribili conseguenze delle ideologie che negano la dignità di ogni persona umana, il Pontefice ha reso onore alla memoria dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah e ha pregato affinché l'umanità non sia mai più testimone di un crimine simile. Per il Papa è "totalmente inaccettabile" che l'antisemitismo continui a sollevare "la sua ripugnante testa" in molte parti del mondo. Urge fare ogni sforzo per combatterlo, ovunque si manifesti, e per promuovere "il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione". Quindi il riferimento a Gerusalemme, città santa, e l'auspicio che tutti i pellegrini abbiano la possibilità di accedere "liberamente e senza restrizioni" ai luoghi santi. Il Pontefice chiede poi che i negoziati fra israeliani e palestinesi vengano rilanciati al fine di trovare "una soluzione giusta" al conflitto, cosicché ambedue i popoli possano vivere in pace "in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti". Al termine Benedetto XVI ha stretto a lungo, con entrambe le mani, quelle del primo ministro Netanyahu.
In elicottero il Papa ha poi percorso i cinquanta chilometri che separano Tel Aviv da Gerusalemme. Dai moderni grattacieli del "colle di primavera", alle millenarie pietre della città santa, dove sul monte Scopus è stato accolto dal sindaco Nir Barkat.
In ebraico Yerushalayim, in arabo al-Quds, "la santa", questa antichissima città, di grande importanza storica e geopolitica soprattutto per le tre principali religioni monoteistiche, sorge sull'altopiano tra la costa orientale del Mediterraneo ed il Mar Morto.
Distrutta e ricostruita due volte, assediata, conquistata e riconquistata in decine di occasioni, la Città Vecchia, a 760 metri di altitudine, racchiude in meno di un chilometro quadrato luoghi di grande significato religioso.
Il Papa in auto ha raggiunto la Delegazione Apostolica, una palazzina quasi alla sommità del Monte degli Ulivi a cui si accede da una ripida strada che da Wadi Al-Joz porta al quartiere di Al-Tur. Da qui si vede tutta  la  parte  orientale  di  Gerusalemme.
L'edificio di modeste proporzioni, costruito negli anni '30 del secolo scorso e divenuto sede della Delegazione l'11 febbraio 1948, ha già una grande storia:  nel 1964 ospitò Paolo VI, che qui incontrò il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora. Lo ricorda una ceramica nella stanza di rappresentanza.
Tre settimane prima di Papa Montini, a metà dicembre del 1963, venne qui a Gerusalemme il giovane vescovo Karol Wojtyla. Un mese dopo sarebbe stato promosso Arcivescovo di Cracovia. Il futuro Giovanni Paolo II compose una poesia:  "O luogo, luogo di Terra Santa - scrisse -... Io parto come testimone che renderà la sua testimonianza attraverso i secoli". Trentasette anni dopo vi tornò come Pontefice.
La giornata di Benedetto XVI era iniziata nella sede di un'altra rappresentanza pontificia, quella di Amman, dove dopo aver celebrato la messa in privato aveva salutato il personale e i collaboratori della nunziatura. Successivamente, il trasferimento all'aeroporto internazionale Queen Alia per la cerimonia di congedo. Ancora una volta, a sottolineare l'eccezionalità dell'evento, erano presenti il re Abdullah ii Bin Hussein e la regina Rania. Tutta la Giordania, del resto, ha accolto con entusiasmo il Papa. Ogni momento dei suoi tre giorni di permanenza è stato scandito da una grande partecipazione, numerica e spirituale. E Benedetto XVI ha voluto ringraziare pubblicamente la famiglia reale per la considerazione che essa mostra verso la minoranza cristiana del Paese, incoraggiando quest'ultima a continuare a lavorare insieme con la maggioranza musulmana in spirito di tolleranza reciproca. Dopo il decollo, l'aereo papale - sul quale viaggiava anche il cardinale Patrick Foley, Gran Maestro dell'ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme - è stato scortato da due jet dell'aeronautica militare giordana sino al confine sul Mar Morto.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI che da oggi toccherà i luoghi strettamente legati alla vita, alla morte e alla risurrezione di Gesù prosegue dunque nel segno dell'apertura al dialogo.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 08:06

Il saluto del Patriarca di Gerusalemme dei Latini


All'inizio della celebrazione il Patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal ha rivolto al Papa il saluto che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana.

Santissimo Padre,
oggi la Giordania con tutti i suoi cittadini, musulmani e cristiani, insieme all'Assemblea degli ordinari cattolici della Terra Santa, ai cardinali, ai patriarchi, ai vescovi e al clero cattolico del Medio Oriente, a tutti i cari amici e ospiti giunti dai vicini Paesi arabi e da tutto il mondo per pregare con lei, Santità, ed esprimere devozione e amore, porge con orgoglio a lei e alla sua delegazione il benvenuto:  Ahlan wasahlan, siate i benvenuti nel regno hascemita di Giordania, la nostra amatissima patria.
Trovandomi umilmente al suo cospetto, a nome di tutti i giordani in generale e della comunità cattolica in particolare, non posso non ricordare i vincoli eccezionali fra la Santa Sede e la Giordania, soprattutto fra la nostra carissima famiglia reale e il successore di Pietro. Oggi desideriamo mostrarle l'ospitalità e il calore arabi e giordani. Sperando che la permanenza qui le sia gradita come per noi lo è la sua presenza. 

Santità, lei è la più autorevole voce di verità, amore, libertà e pace nel mondo. La accogliamo affettuosamente come successore di Pietro, al quale il Signore ha affidato il mandato di rafforzare i suoi fratelli nella fede e quelli in umanità. Guardiamo a lei, Santità, come al nostro amato Santo Padre, fermamente convinti che questa visita ci confermerà nella fede.
Santo Padre, Dio ha le proprie modalità. Oggi è la giornata di promozione delle vocazioni per la Chiesa universale. In quest'occasione dobbiamo aggiornarla sulla situazione vocazionale in Terra Santa e devo ammettere che stiamo affrontando alcuni problemi. Per la prima volta nella sua storia il nostro seminario maggiore di Gerusalemme è al completo. In realtà è stracolmo e abbiamo dovuto cominciare ad ampliare le nostre strutture e i dormitori per accogliere i seminaristi in sovrannumero. Santità, si unisca a noi nel pregare il Signore per queste benedizioni mentre noi ci uniamo a lei nella sua intenzione di preghiera:  che i laici e le comunità cristiane siano promotori responsabili di vocazioni sacerdotali e religiose.

È una grazia strabiliante. Nonostante l'emigrazione e i nostri piccoli numeri, anche decrescenti, in Terra Santa, abbiamo vocazioni abbondanti. La maggior parte di esse arrivano dalle scuole parrocchiali in Giordania, dove la stabilità politica, che è principalmente il risultato di un lungo saggio governo, crea un ambiente appropriato per lo sviluppo dei valori familiari, da cui scaturiscono queste vocazioni. Quindi, con spirito gioioso ed entusiasta, insieme alla Chiesa universale, il 19 del prossimo mese, daremo avvio all'anno dedicato al sacerdozio.

Da queste stesse famiglie arabe cristiane è sorta l'unica congregazione locale, quella delle suore del Rosario. A nome del Patriarcato latino e delle suore del Rosario, le esprimiamo la nostra gratitudine, Santità, per la prossima beatificazione della loro fondatrice, suor Marie Alphonsine. Le suore del Rosario sono le nostre principali collaboratrici e cooperano con altre generose congregazioni religiose alla nostra missione in Terra Santa. Per tutte loro chiediamo la sua benedizione, Santità.
Santo Padre, è per noi motivo di immenso orgoglio il fatto che negli ultimi cinque anni il nostro patriarcato latino abbia dato due vescovi all'Africa del nord e sia pronto a collaborare con la nostra madre Chiesa a Roma, ovunque ve ne sia bisogno.

Santo Padre, il regno hascemita di Giordania è ben noto per la sua natura ospitale e amichevole. Ne sono la prova i milioni di rifugiati e di lavoratori dell'Asia e di altri continenti, che sono stati accolti in questa terra benedetta. Di recente, dopo l'invasione americana in Iraq, più di un milione di iracheni si è rifugiato in Giordania. Circa quarantamila di loro sono cristiani. Santo Padre, conosciamo il suo interesse personale per la questione dei rifugiati. Desideriamo assicurarla che la nostra diocesi sta facendo tutto il possibile per soddisfare le loro necessità pastorali. Sebbene estremamente problematica, la loro presenza è stata un'opportunità meravigliosa per il nostro popolo e per il nostro governo di vivere le beatitudini e mettere in pratica con queste persone la solidarietà e il calore tradizionali giordani.
Santo Padre, Successore di Pietro, nostro carissimo Pastore, dal profondo dei nostri cuori colmi di letizia, le diciamo Ahalan Wasahlan, benvenuto in Giordania. Preghi per noi e benedica il nostro Paese e il nostro popolo.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 08:09

La celebrazione della prima messa pubblica in Terra Santa e la visita ai luoghi del battesimo di Gesù

Una giornata vissuta con la comunità cattolica della Giordania


dal nostro inviato Gianluca Biccini

Gli appelli per l'Iraq, per il Libano e per le minoranze cristiane; la prima comunione a due bambini iracheni; la rivalutazione del ruolo della donna nella società mediorientale e in Terra Santa, dove si sta celebrando l'anno della famiglia:  sono, in modi diversi, le intenzioni della corale preghiera che ha accompagnato la celebrazione della prima messa pubblica presieduta in Terra Santa da Benedetto XVI.
Domenica mattina, 10 maggio, nello stadio internazionale di Amman, con il Papa hanno pregato decine di migliaia di fedeli raccolti sulle tribune e sul prato del campo, nel più grande impianto sportivo della Giordania. È stata una giornata interamente dedicata alla comunità cattolica giordana. Per vedere il Papa e per pregare con lui sono giunti a migliaia dalle sessantaquattro parrocchie del regno hascemita:  fedeli della Chiesa di rito latino e delle altre Chiese orientali cattoliche. Come i caldei dell'Iraq. Sebbene manchi un censimento, sarebbero più di mezzo milione i profughi, quarantamila dei quali cristiani, che hanno trovato rifugio oltre il confine giordano. Per la maggior parte vivono ad Amman, con seri problemi di sostentamento. Per questo c'è stata grande festa tra i mille bambini vestiti con la tunica bianca della prima comunione. Tra loro infatti, con il capo coperto dal velo, c'era una piccola irachena che l'ha ricevuta direttamente dalle mani del Papa. Si chiama Secil, ha nove anni e parla aramaico, la lingua di Gesù. La stessa gioia l'ha avuta il suo connazionale Salim, dodicenne fuggito dall'Iraq con la mamma, che oggi piange commossa. 

Numerose le parti della liturgia in lingua araba. Tanti i cardinali, vescovi e sacerdoti concelebranti; di rito latino, copto, siriaco, melkita e maronita, giunti anche dal Libano, dalla Siria e dall'Egitto.
Qui in Terra Santa si celebrava la quarta domenica di Pasqua, quella del buon pastore, giornata di preghiera per le vocazioni. Al termine della messa, alla quale hanno partecipato anche autorità religiose della Chiesa ortodossa, il Pontefice ha benedetto i presenti e recitato la preghiera mariana del Regina caeli. Ha anche ricevuto doni offerti da comunità di immigrati in Giordania:  filippini, indiani, libanesi.
Lasciato lo stadio, Benedetto XVI si è recato nella sede del vicariato latino ad Amman, dove ha pranzato con i patriarchi e i vescovi. Anche Giovanni Paolo II vi sostò il 21 marzo 2000. Il territorio giordano è ripartito in tre circoscrizioni ecclesiastiche, con 1.703 cattolici per centro pastorale. Per quanto riguarda le persone impegnate ci sono quattro vescovi, 59 sacerdoti diocesani, 44 sacerdoti religiosi (per un totale di 103 preti) e un diacono permanente. Nove i religiosi non sacerdoti, 249 le consacrate. Gli indicatori del carico pastorale danno 1.058 cattolici ogni sacerdote, 298 cattolici per operatore pastorale, 1,61 sacerdoti per centro pastorale, 29,2 sacerdoti ogni cento persone impegnate in attività di apostolato. In materia di vocazioni sacerdotali, non ci sono attualmente seminaristi minori in Giordania, mentre ci sono 71 seminaristi maggiori:  in pratica 0,12 ogni centomila abitanti, 6,42 ogni centomila cattolici e 6,8 ogni cento sacerdoti.
Se diamo uno sguardo ai centri di istruzione di proprietà ecclesiastica o diretti da religiosi troviamo 97 scuole materne e primarie, con 27.095 studenti; 26 inferiori e secondarie, con 3.500 studenti, mentre non ci sono istituti superiori e università cattoliche. Ecco perché suscita grandi aspettative l'erigenda università di Madaba. Infine tra i centri caritativi e sociali della Chiesa si segnalano due ospedali, un ambulatorio, un consultorio familiare, tre centri speciali di educazione o rieducazione sociali.

Nel pomeriggio il Papa ha visitato il sito del battesimo di Gesù a Betania, sulle rive del Giordano, per un momento di preghiera culminato con la professione di fede battesimale in forma dialogica.
Ha percorso in automobile i venticinque chilometri che separano Amman da questo antichissimo luogo di pellegrinaggi. All'inizio della valle, a est del fiume, è considerato una delle più importanti scoperte religiose dell'archeologia biblica, con oltre venti chiese, grotte e piscine battesimali risalenti ai periodi romano e bizantino. A Wadi Al-Kharrar, che significa "valle del mormorio delle acque che scorrono", nota nell'antichità come Betania di Transgiordania, secondo la tradizione battezzava Giovanni. Dunque è probabile che qui sia stato battezzato anche Gesù. Qui avvenne anche l'incontro di Gesù con Pietro e altri quattro apostoli.
Sulla riva del Giordano, il Papa ha visitato il sito a bordo di un'auto elettrica, di quelle che si usano sui campi da golf, ma qui non c'è molto verde; il paesaggio è arido, quasi desertico. Con un fuori programma, lo hanno accompagnato il Re e la Regina di Giordania, unitisi al principe Ghazi, che presiede la commissione degli scavi, e al responsabile di questi ultimi, il cristiano armeno Rustom Mkhjian, che ha illustrato al Pontefice questa realtà fatta di pietre vecchie quanto il tempo. Fin dall'antichità, infatti, i cristiani sono giunti qui in pellegrinaggio. Vi giunse anche sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, e fece costruire sull'altura una chiesa che commemora l'ascesa di Elia al cielo.

Raggiunto il tendone dove si è svolta una breve cerimonia, il Pontefice ha invocato l'intercessione di Giovanni Battista e ha benedetto la prima pietra delle chiese latina e greco-melkita. I lavori sono iniziati dieci mesi fa. In questo luogo vivranno due comunità religiose differenti, ma unite nell'accoglienza ai pellegrini che verranno a rinnovare le promesse battesimali, proprio come ha fatto Benedetto XVI venendo qui a Betania, oltre il Giordano.
La sera precedente, sabato 9, Benedetto XVI aveva partecipato ai vespri nella cattedrale greco-melkita di San Giorgio con i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i movimenti ecclesiali del Paese. La sede dell'arcivescovo di Petra e Filadelfia dei greco-melkiti si trova nell'area di Amman denominata settima rotonda. Monsignor Yasser Ayyach, primo giordano a occupare la cattedra, è stato consacrato nello stesso giorno della dedicazione dell'altare, il 13 giugno 2007.
Strutturata in 29 parrocchie, la Chiesa greco-melkita riunisce la maggior parte degli arabi cattolici della Giordania. Se ne occupano ventidue sacerdoti e i consacrati delle sei congregazioni religiose che operano in alcuni istituti educativi e vocazionali.

Al suo arrivo Benedetto XVI è accolto dal Patriarca Gregorios III Laham e da monsignor Ayyach. Entrambi gli hanno rivolto parole di saluto. Il Papa ha partecipato al rito durante il quale sono risuonati antichi inni della tradizione orientale. Nel suo discorso ha denunciato l'industria del divertimento che sfrutta l'innocenza e la fragilità dei bambini. Richiamando poi la ricchezza della tradizione liturgica delle Chiese dell'Oriente cattolico, che si è sperimentata proprio durante la celebrazione dei Vespri, il Pontefice ha chiesto a queste piccole comunità disseminate in Paesi a maggioranza musulmana, di mantenere vivo il tesoro ereditato dai primi cristiani e ne ha apprezzato le iniziative sociali nei campi scolastico, sanitario e culturale. Quindi ha incoraggiato quanti si preparano alla vita religiosa e al sacerdozio, i giovani cristiani giordani e i membri dei movimenti ecclesiali. Tra questi Comunione e liberazione, che in Medio Oriente è presente con piccoli gruppi. I focolarini sono presenti nella parrocchia dell'Annunciazione. Oggi la comunità femminile è composta da cinque consacrate, quella maschile da quattro. Inoltre in Medio Oriente c'è un focolare attivo in Iraq. Infine i neocatecumenali sono presenti in Giordania dal 2003. La comunità si ritrova nella chiesa maronita di San Charbel, poco fuori Amman, sulla strada per l'aeroporto.
Al termine della suggestiva celebrazione, il Papa, commosso, è stato abbracciato a lungo dal Patriarca Laham. Questi gli ha donato un pastorale greco-melkita con cui Benedetto XVI ha fatto la processione di uscita tra l'entusiasmo dei presenti.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 08:10

Il saluto del vicario patriarcale


Pubblichiamo una nostra traduzione italiana del saluto rivolto al Papa dal vescovo Salim Sayegh, vicario patriarcale per la Giordania di Gerusalemme dei Latini.


Santissimo Padre,
questa mattina con cuori colmi di amore  abbiamo  celebrato  l'Eucaristia con sua Santità, successore di Pietro, vicario di Cristo e pastore della Chiesa.
Siamo riuniti qui intorno a lei, in questo luogo santo, riuniti come Chiesa e come pellegrini, per rinnovare le nostre promesse battesimali e unirci a lei, Santità, mentre benedice la pietra d'angolo della chiesa del Battesimo di Cristo, già in costruzione, e quella della futura chiesa melkita. Il terreno per questi edifici è stato liberamente donato dalla commissione per il sito del battesimo, presieduta dal principe Ghazi.
Due comunità della società del Verbo incarnato garantiranno ai pellegrini sia la preghiera costante sia il servizio pastorale. In questo luogo del battesimo di Cristo, i due testamenti, il vecchio e il nuovo, si incontrano lungo il cammino verso la salvezza. Infatti,  dopo la morte di Mosè, fu qui che  Giosuè  con  tutto il suo popolo attraversò il fiume per entrare nella Terra promessa. Questo passaggio fu il  simbolo  del  passaggio  che Cristo offre a tutta l'umanità, essendo passato dalla morte alla vita, dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio.
Alla fine della sua vita, il Signore portò in questi luoghi Elia accompagnato da Eliseo, che sarebbe stato il suo successore e avrebbe ricevuto una parte doppia dello spirito del suo maestro per svolgere la sua missione. Mentre camminavano conversando, un cocchio e cavalli fiammeggianti si misero fra loro ed Elia fu portato in cielo da un forte vento.
Trascorsero alcuni anni e poi Giovanni Battista apparve in questo luogo e in tutta la regione della Giordania, proclamando un battesimo di pentimento per la remissione dei peccati. Egli è l'ultimo profeta del vecchio Testamento e il primo apostolo di quello nuovo. Battezzava nel Giordano e nelle sorgenti dell'area. Fece di Betania, che si trova sull'altra sponda  del  fiume  e  ancora  giace sotto la sabbia, la sua residenza principale per il periodo della sua predicazione.

Il Vangelo ci dice che le persone si recavano lì per essere battezzate da Giovanni. Per quanto riguarda Gesù, egli lasciò Nazareth e si diresse verso Giovanni per essere da lui battezzato nel Giordano. Egli, il santo che dirà agli ebrei:  "Può qualcuno di voi giudicare i miei peccati?", è lo stesso che si mise in fila con i peccatori giunti per essere battezzati come segno di pentimento. E Giovanni battezzò Gesù nel Giordano.
Da quel momento l'acqua del Giordano divenne santa come l'acqua che viene versata sulla fronte dei battezzati in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Quest'acqua permette alle anime di nascere alla vita della Trinità e in seno alla Chiesa, libere dalla schiavitù del peccato.
Gesù, una volta battezzato, uscì dalle acque, i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra a lui. Si udì una voce dal cielo dire:  "Questi è il Figlio mio, l'amato:  in lui ho posto il mio compiacimento".

Gli ebrei di Gerusalemme inviarono alcuni sacerdoti da Giovanni per chiedergli:  "Chi sei?". Egli ammise e non negò  dicendo:   "Io non sono il Messia. Io sono la voce di uno che grida nel deserto:  raddrizzate la via del Signore!".
Il giorno successivo, vide Gesù andargli incontro e disse:  "Ecco l'Agnello di Dio!". I due discepoli lo udirono e seguirono Gesù e rimasero con lui quel giorno. Si unirono poi altri tre, fra cui Pietro.
San Giovanni ci dice anche come durante la festa della dedicazione del tempio, gli ebrei si riunirono intorno a Gesù e cominciarono a discutere con lui. Cercarono di afferrarlo, ma egli sfuggì loro. Ancora una volta, Gesù si recò al di là del Giordano nel luogo in cui Giovanni lo aveva battezzato, e vi rimase e molti credettero in Lui.
E fu lì che anche i messaggeri di Marta e di Maria si recarono per trovarlo e dirgli:  "Signore, ecco, colui che tu ami è malato".

Nell'anno 2000, per la prima volta nella storia, nella persona del suo successore, Papa Giovanni Paolo II, Pietro è venuto qui in pellegrinaggio per visitare i luoghi in cui aveva incontrato Gesù per la prima volta. E lei, Santissimo Padre, successore di Giovanni Paolo II, è giunto qui a sua volta per ripetere il suo pellegrinaggio, gioire  di  nuovo  con  Gesù  nella autenticità e nella gioia di quel primo incontro e invocare abbondanti benedizioni sulla Chiesa e su tutta l'umanità.
La ringraziamo, Santità, a nome dell'Assemblea degli ordinari cattolici della Terra Santa e del gregge loro affidato. Imploriamo la sua benedizione e le sue preghiere per la nostra amata Giordania, per la pace in Medio Oriente e per i pellegrini che sono giunti qui, in questo luogo santo, per chiedere la misericordia di Dio e la forza dello Spirito Santo per restare fedeli alle promesse del proprio battesimo.
A nome dell'Assemblea degli ordinari cattolici della Terra Santa ringraziamo anche il re Abdullah ii Bin Hussein e la regina Rania, che l'hanno accompagnata nel pellegrinaggio sul luogo del battesimo e che hanno scoperto con lei la targa commemorativa delle nostre chiese in questo luogo santo.
Nel corso degli ultimi dieci anni, sua Maestà ha mostrato grande stima e zelo per i luoghi santi cristiani e ha dimostrato a tutto il mondo che in Giordania cristiani e musulmani convivono come un'unica famiglia. Gli sforzi indefessi di sua Maestà per la pace in Medio Oriente non sono noti solo in questa regione, ma anche in tutto il mondo.
Che il Signore lo benedica! Che il Signore benedica il nostro amato Paese!


(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
12/05/2009 08:11

Il saluto del re di Giordania


Il re di Giordania ha rivolto al Papa, durante la cerimonia di congedo all'aeroporto di Amman, il saluto che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione italiana.

Nel nome di Dio Misericordioso, il Compassionevole,
Santità, eminenze, eccellenze, reverendi, amici, ci incontriamo qui al termine di questa meravigliosa visita storica:  la prima e, spero, non l'ultima di Sua Santità Benedetto XVI.
Da Amman, al Monte Nebo e a Madaba, a Betania al di là del Giordano, le persone si sono riunite, onorando l'unico Dio, per condividere le benedizioni del culto e della buona volontà. Santità, ho il privilegio, a nome di tutti i giordani, di porgerle i nostri ringraziamenti per l'onore che lei ha concesso al nostro Paese e di esprimerle i nostri migliori auguri perché il suo pellegrinaggio prosegua con successo.
È di vitale importanza continuare il dialogo di rispetto che abbiamo avviato e impegnarci a tutti i livelli per diffondere la comprensione, in particolare fra i giovani, che sono la sorgente del nostro futuro.
Santità, lei ha menzionato come la miseria morale possa essere, per il nostro mondo, una minaccia grave quanto la miseria materiale. Come credenti, è necessario condividere la ricchezza morale delle nostre fedi, per avvicinarsi gli uni agli altri, per guarire le divisioni, e per creare un mondo migliore per tutti.
Cari amici, è fondamentale ottenere giustizia per coloro che soffrono oggi, per motivi di occupazione, povertà o mancanza di rispetto. I palestinesi in particolare hanno sofferto per l'occupazione e i suoi mali. È giunto il momento di porre fine a tali sofferenze, attraverso un accordo che possa garantire ai palestinesi il loro diritto alla libertà e a una nazione, offrendo agli israeliani l'accettazione e la sicurezza di cui hanno bisogno.
La soluzione dei due Stati gode del sostegno della comunità internazionale, poiché essa fornisce l'unica promessa di una pace durevole. È necessario, tutti insieme, lavorare per questa pace.
Santità, accetti i nostri auguri più cordiali perché le visite dei prossimi giorni abbiamo successo e significato. Le auguriamo che lei possa, con tutti coloro che viaggiano con lei, ricevere le benedizioni e la guida di Dio. E, negli anni a venire, ritorni da noi in Giordania, la accoglieremo come un amico che ci è caro e gradito.



(©L'Osservatore Romano - 11-12 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 06:58

Il Papa visita lo Yad Vashem e chiede che nessuno neghi o dimentichi il nome di milioni di vittime

Mai più una tragedia orrenda come la Shoah


Un omaggio alla memoria dei milioni di ebrei uccisi e un monito perché un'"orrenda tragedia" come la Shoah non si ripeta mai più:  è stato questo il senso della visita compiuta dal Papa lunedì pomeriggio, 11 maggio, allo Yad Vashem di Gerusalemme. Nel corso della cerimonia Benedetto XVI ha pronunciato il seguente discorso. 


"Io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome... darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato" (Is 56, 5).
Questo passo tratto dal Libro del profeta Isaia offre le due semplici parole che esprimono in modo solenne il significato profondo di questo luogo venerato:  yad - "memoriale"; shem - "nome". Sono giunto qui per soffermarmi in silenzio davanti a questo monumento, eretto per onorare la memoria dei milioni di ebrei uccisi nell'orrenda tragedia della Shoah. Essi persero la propria vita, ma non perderanno mai i loro nomi:  questi sono stabilmente incisi nei cuori dei loro cari, dei loro compagni di prigionia, e di quanti sono decisi a non permettere mai più che un simile orrore possa disonorare ancora l'umanità. I loro nomi, in particolare e soprattutto, sono incisi in modo indelebile nella memoria di Dio Onnipotente.
Uno può derubare il vicino dei suoi possedimenti, delle occasioni favorevoli o della libertà. Si può intessere una insidiosa rete di bugie per convincere altri che certi gruppi non meritano rispetto. E tuttavia, per quanto ci si sforzi, non si può mai portar via il nome di un altro essere umano.

La Sacra Scrittura ci insegna l'importanza dei nomi quando viene affidata a qualcuno una missione unica o un dono speciale. Dio ha chiamato Abramo "Abraham" perché doveva diventare il "padre di molti popoli" (Gn 17, 5). Giacobbe fu chiamato "Israele" perché aveva "combattuto con Dio e con gli uomini ed aveva vinto" (cfr. Gn 32, 29). I nomi custoditi in questo venerato monumento avranno per sempre un sacro posto fra gli innumerevoli discendenti di Abraham. Come avvenne per Abraham, anche la loro fede fu provata. Come per Giacobbe, anch'essi furono immersi nella lotta fra il bene e il male, mentre lottavano per discernere i disegni dell'Onnipotente. Possano i nomi di queste vittime non perire mai! Possano le loro sofferenze non essere mai negate, sminuite o dimenticate! E possa ogni persona di buona volontà vigilare per sradicare dal cuore dell'uomo qualsiasi cosa capace di portare a tragedie simili a questa!

La Chiesa Cattolica, impegnata negli insegnamenti di Gesù e protesa ad imitarne l'amore per ogni persona, prova profonda compassione per le vittime qui ricordate. Alla stessa maniera, essa si schiera accanto a quanti oggi sono soggetti a persecuzioni per causa della razza, del colore, della condizione di vita o della religione - le loro sofferenze sono le sue e sua è la loro speranza di giustizia. Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro, ribadisco - come i miei predecessori - l'impegno della Chiesa a pregare e ad operare senza stancarsi per assicurare che l'odio non regni mai più nel cuore degli uomini. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è il Dio della pace (cfr. Sal 85, 9).
Le Scritture insegnano che è nostro dovere ricordare al mondo che questo Dio vive, anche se talvolta troviamo difficile comprendere le sue misteriose ed imperscrutabili vie. Egli ha rivelato se stesso e continua ad operare nella storia umana. Lui solo governa il mondo con giustizia e giudica con equità ogni popolo (cfr. Sal 9, 9).

Fissando lo sguardo sui volti riflessi nello specchio d'acqua che si stende silenzioso all'interno di questo memoriale, non si può fare a meno di ricordare come ciascuno di loro rechi un nome. Posso soltanto immaginare la gioiosa aspettativa dei loro genitori, mentre attendevano con ansia la nascita dei loro bambini. Quale nome daremo a questo figlio? Che ne sarà di lui o di lei? Chi avrebbe potuto immaginare che sarebbero stati condannati ad un così lacrimevole destino!
Mentre siamo qui in silenzio, il loro grido echeggia ancora nei nostri cuori. È un grido che si leva contro ogni atto di ingiustizia e di violenza. È una perenne condanna contro lo spargimento di sangue innocente. È il grido di Abele che sale dalla terra verso l'Onnipotente. Nel professare la nostra incrollabile fiducia in Dio, diamo voce a quel grido con le parole del Libro delle Lamentazioni, così cariche di significato sia per gli ebrei che per i cristiani: 

"Le grazie del Signore non sono finite,
non sono esaurite le sue misericordie;
Si rinnovano ogni mattina,
grande è la sua fedeltà;
"Mia parte è il Signore - io esclamo -,
per questo in lui spero".
Buono è il Signore con chi spera in lui,
con colui che lo cerca.
È bene aspettare in silenzio
la salvezza del Signore" (3, 22-26).

Cari Amici, sono profondamente grato a Dio e a voi per l'opportunità che mi è stata data di sostare qui in silenzio:  un silenzio per ricordare, un silenzio per pregare, un silenzio per sperare.



(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 07:00

La preghiera lasciata dal Papa nel Muro occidentale

Pace per la Terra Santa e il Medio Oriente


Nella mattina di martedì 12 maggio il Papa ha sostato in preghiera dinanzi al Muro occidentale, deponendovi un biglietto con la preghiera che pubblichiamo qui di seguito.


 
God of all the ages,
on my visit to Jerusalem, the "City of Peace",
spiritual home to Jews, Christians and Muslims alike,
I bring before you the joys, the hopes
and the aspirations,
the trials, the suffering and the pain
of all your people throughout the world.
God of Abraham, Isaac and Jacob,
hear the cry of the afflicted, the fearful, the bereft;
send your peace upon this Holy Land,
upon the Middle East,
upon the entire human family;
stir the hearts of all who call upon your name,
to walk humbly in the path of justice and compassion.
"The Lord is good to those who wait for him,
to the soul that seeks him" (Lam 3: 25)!

Questa è una nostra traduzione italiana della preghiera di Benedetto XVI.

Dio di tutte le epoche,
in occasione di questa mia visita a Gerusalemme,
la "Città di Pace",
casa spirituale per ebrei, cristiani e musulmani,
porto al tuo cospetto le gioie, le speranze e le aspirazioni,
le prove, il dolore e la pena
di tutte le persone del mondo.
Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe,
ascolta il grido degli afflitti, di chi ha paura, dei disperati;
Invia la tua pace su questa Terra Santa,
sul Medio Oriente,
su tutta la famiglia umana;
Muovi il cuore di chi chiama il tuo nome,
affinché percorra umilmente il cammino di giustizia
e di compassione.
"Buono è il Signore con chi spera in Lui,
con colui che lo cerca" (Lam, 3, 25)!



(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 07:07

  La visita al presidente di Israele Shimon Peres

La sicurezza nasce dalla giustizia


Benedetto XVI ha reso visita al presidente di Israele, Shimon Peres, lunedì pomeriggio 11 maggio. All'incontro, svoltosi nel palazzo presidenziale, hanno partecipato circa trecento personalità politiche e religiose. Il Papa ha pronunciato il discorso che pubblichiamo di seguito.

Signor Presidente,
Eccellenze,
Signore e Signori,
come gentile atto di ospitalità, il Presidente Peres ci ha accolti qui nella sua residenza, offrendo a me la possibilità di salutare tutti voi e di condividere, al tempo stesso, con voi qualche breve considerazione. Signor Presidente, La ringrazio per la cortese accoglienza e per le sue calorose parole di saluto, che di cuore contraccambio. Ringrazio inoltre i cantanti e i musicisti che ci hanno intrattenuto con la loro elegante esecuzione.
Signor Presidente, nel messaggio augurale che Le inviai in occasione del Suo insediamento, avevo di buon grado ricordato la Sua illustre testimonianza nel pubblico servizio contrassegnato da un forte impegno nel perseguire la giustizia e la pace. Oggi desidero assicurare a Lei e al nuovo Governo appena formato, come pure a tutti gli abitanti dello Stato di Israele, che il mio pellegrinaggio ai Luoghi Santi è un pellegrinaggio di preghiera in favore del dono prezioso dell'unità e della pace per il Medio Oriente e per tutta l'umanità. In verità, ogni giorno prego affinché la pace che nasce dalla giustizia ritorni in Terra Santa e nell'intera regione, portando sicurezza e rinnovata speranza per tutti.
La pace è prima di tutto un dono divino. La pace infatti è la promessa dell'Onnipotente all'intero genere umano e custodisce l'unità. Nel libro del profeta Geremia leggiamo:  "Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo - oracolo del Signore - progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza" (29, 11). Il profeta ci ricorda la promessa dell'Onnipotente che "si lascerà trovare", che "ascolterà", che "ci radunerà insieme". Ma vi è anche una condizione:  dobbiamo "cercarlo", e "cercarlo con tutto il cuore" (cfr. ibid. 12-14).
Ai leader religiosi oggi presenti vorrei dire che il contributo particolare delle religioni nella ricerca di pace si fonda primariamente sulla ricerca appassionata e concorde di Dio. Nostro è il compito di proclamare e testimoniare che l'Onnipotente è presente e conoscibile anche quando sembra nascosto alla nostra vista, che Egli agisce nel nostro mondo per il nostro bene, e che il futuro della società è contrassegnato dalla speranza quando vibra in armonia con l'ordine divino. È la presenza dinamica di Dio che raduna insieme i cuori ed assicura l'unità. Di fatto, il fondamento ultimo dell'unità tra le persone sta nella perfetta unicità e universalità di Dio, che ha creato l'uomo e la donna a propria immagine e somiglianza per condurci entro la sua vita divina, così che tutti possano essere una cosa sola.
Pertanto, i leader religiosi devono essere coscienti che qualsiasi divisione o tensione, ogni tendenza all'introversione o al sospetto fra credenti o tra le nostre comunità può facilmente condurre ad una contraddizione che oscura l'unicità dell'Onnipotente, tradisce la nostra unità e contraddice l'Unico che rivela se stesso come "ricco di amore e di fedeltà" (Es 34, 6; Sal 138, 2; Sal 85, 11). Cari Amici, Gerusalemme, che da lungo tempo è stata un crocevia di popoli di diversa origine, è una città che permette ad Ebrei, Cristiani e Musulmani sia di assumersi il dovere che di godere del privilegio di dare insieme testimonianza della pacifica coesistenza a lungo desiderata dagli adoratori dell'unico Dio; di svelare il piano dell'Onnipotente, annunciato ad Abramo, per l'unità della famiglia umana; e di proclamare la vera natura dell'uomo quale cercatore di Dio. Impegniamoci dunque ad assicurare che, mediante l'ammaestramento e la guida delle nostre rispettive comunità, le sosterremo nell'essere fedeli a ciò che veramente sono come credenti, sempre consapevoli dell'infinita bontà di Dio, dell'inviolabile dignità di ogni essere umano e dell'unità dell'intera famiglia umana.
La Sacra Scrittura ci offre anche una sua comprensione della sicurezza. Secondo il linguaggio ebraico, sicurezza - batah - deriva da fiducia e non si riferisce soltanto all'assenza di minaccia ma anche al sentimento di calma e di confidenza. Nel libro del profeta Isaia leggiamo di un tempo di benedizione divina:  "Infine in noi sarà infuso uno spirito dall'alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre" (32, 15-17). Sicurezza, integrità, giustizia e pace:  nel disegno di Dio per il mondo esse sono inseparabili. Lungi dall'essere semplicemente il prodotto dello sforzo umano, esse sono valori che promanano dalla relazione fondamentale di Dio con l'uomo, e risiedono come patrimonio comune nel cuore di ogni individuo.
Vi è una via soltanto per proteggere e promuovere tali valori:  esercitarli! viverli! Nessun individuo, nessuna famiglia, nessuna comunità o nazione è esente dal dovere di vivere nella giustizia e di operare per la pace. Naturalmente, ci si aspetta che i leader civili e politici assicurino una giusta e adeguata sicurezza per il popolo al cui servizio essi sono stati eletti. Questo obiettivo forma una parte della giusta promozione dei valori comuni all'umanità e pertanto non possono contrastare con l'unità della famiglia umana. I valori e i fini autentici di una società, che sempre tutelano la dignità umana, sono indivisibili, universali e interdipendenti (cfr. Discorso alle Nazioni Unite, 18 aprile 2008). Non si possono pertanto realizzare quando cadono preda di interessi particolari o di politiche frammentarie. Il vero interesse di una nazione viene sempre servito mediante il perseguimento della giustizia per tutti.
Gentili Signore e Signori, una sicurezza durevole è questione di fiducia, alimentata nella giustizia e nell'integrità, suggellata dalla conversione dei cuori che ci obbliga a guardare l'altro negli occhi e a riconoscere il "Tu" come un mio simile, un mio fratello, una mia sorella. In tale maniera non diventerà forse la società stessa un "giardino ricolmo di frutti" (cfr. Is 32, 15), segnato non da blocchi e ostruzioni, ma dalla coesione e dall'armonia? Non può forse divenire una comunità di nobili aspirazioni, dove a tutti di buon grado viene dato accesso all'educazione, alla dimora familiare, alla possibilità d'impiego, una società pronta ad edificare sulle fondamenta durevoli della speranza?
Per concludere, desidero rivolgermi alle comuni famiglie di questa città, di questa terra. Quali genitori vorrebbero mai violenza, insicurezza o divisione per il loro figlio o per la loro figlia? Quale umano obiettivo politico può mai essere servito attraverso conflitti e violenze? Odo il grido di quanti vivono in questo Paese che invocano giustizia, pace, rispetto per la loro dignità, stabile sicurezza, una vita quotidiana libera dalla paura di minacce esterne e di insensata violenza. So che un numero considerevole di uomini, donne e giovani stanno lavorando per la pace e la solidarietà attraverso programmi culturali e iniziative di sostegno pratico e compassionevole; umili abbastanza per perdonare, essi hanno il coraggio di tener stretto il sogno che è loro diritto.
Signor Presidente, La ringrazio per la cortesia
dimostratami e La assicuro ancora una volta delle mie preghiere per il Governo e per tutti i cittadini di questo Stato. Possa un'autentica conversione dei cuori di tutti condurre ad un sempre più deciso impegno per la pace e la sicurezza attraverso la giustizia per ciascuno.
Shalom!

(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 07:30

Il saluto del presidente israeliano




"Siamo attenti al suo messaggio e stendiamo un tappeto di amicizia mentre viaggia in questo Paese. La salutiamo con la parola comune che trasmette l'essenza dei nostri sogni:  Santità, Papa Benedetto XVI, shalom, shalom!". Con queste parole, il presidente di Israele, Shimon Peres, ha accolto Benedetto XVI, al suo arrivo nel Palazzo presidenziale, lunedì pomeriggio 11 maggio.
"In lei vediamo un promotore di pace - ha proseguito -, una grande guida spirituale, un portentoso portatore di un messaggio di pace in questo Paese e in altri. Lasceremo le divisioni alla storia e scriveremo una nuova storia nei caratteri della fede e della pace. Abbiamo perso le cose più preziose in battaglia, abbiamo trovato la nostra più grande speranza intorno al tavolo dei negoziati. La democrazia non è stata mai interrotta né dalla guerra né dalla pace. La nostra gente ha sofferto. Abbiamo vissuto l'olocausto, la Shoah". 

"Le guide spirituali - ha detto Peres - possono preparare il terreno per i responsabili politici. Possono eliminare i campi minati che ostacolano la via della pace. Le guide spirituali dovrebbero ridurre l'animosità cosicché i responsabili politici non ricorrano alla distruzione o a strumenti distruttivi. Tutte le idee si sono invecchiate e hanno perso valore, quindi più che di un altro veicolo armato, abbiamo bisogno di un forte spirito ispiratore che istilli sia la convinzione e la pace ottenuta, sia il desiderio ardente di perseguirli immediatamente. Ora si instaurano vincoli di riconciliazione e comprensione fra la Santa Sede e il popolo ebraico. Apprezziamo questo processo e il ruolo guida che Lei, Santità, svolge in esso. La nostra porta è aperta a rapporti simili anche con il mondo musulmano. Tornati nella nostra terra, dopo duemila anni di esilio, ci siamo impegnati per la libertà religiosa".
"Tutti noi, ebrei, cristiani e musulmani, tutte le persone di fede - ha aggiunto - riconosciamo che oggi la sfida non è la separazione fra Stato e religione, ma la separazione senza compromessi fra religione e violenza. Il nostro Dio universale ci ha comandato di non uccidere e ci ha chiamati a santificare la vita umana. In passato, l'ostilità era grandissima, ma la minaccia di arco e freccia era limitata. Oggi, il pericolo delle armi moderne non ha limiti e qualsiasi espressione di ostilità, anche banale, può scatenare la distruzione di popoli, nazioni e di tutta l'umanità. Santità, quest'anno, l'anno della sua visita qui, può essere un'opportunità per noi e per i nostri vicini di ottenere la pace. Sebbene alcune nubi politiche solchino l'orizzonte, voci di incitamento superino il suono della pace e vi sia molta violenza nella nostra vita, molte persone in questa regione anelano alla pace nel profondo del cuore".

Concludendo, il presidente Peres ha sottolineato come "ascoltando il loro appello, sforzi concertati possono trasformare quest'anno in un anno storico a beneficio di tutti i popoli, di tutte le religioni e di tutti i bambini. Un anno di pace regionale, non solo locale. Da qui, da Gerusalemme, da questa terra calpestata dai profeti, desidero levare una preghiera affinché cadano i muri di ostilità, l'odio fra le parti sparisca, una nuova storia porti una nuova alba cosicché le nuove generazioni possano nascere in pace, vivere in pace e trasmettere un'eredità di pace ai loro discendenti. Che veniamo liberati dalle minacce e dalla violenza, che la giustizia e la sicurezza vengano garantite a tutti! Questa preghiera, la preghiera di un uomo a Dio, raggiungerà la sua destinazione. Ognuno pregherà nella sua lingua, in buona fede, senza censure né impedimenti. Preghiamo affinché ognuno viva in tranquillità e libertà a casa sua, con la propria famiglia, con i propri figli. Né case di padroni né case di schiavi. Preghiamo insieme affinché le madri, indipendentemente dalla religione o dalla nazionalità, non conoscano più la difficoltà dell'ansia e crescano figli in grado di non peccare e il cui futuro non sia compromesso. Con lei, Santità, pregheremo affinché il Creatore ci conceda la saggezza di essere umili, la vocazione a non umiliare gli altri, la consapevolezza che gli uomini sono a immagine di Dio, sebbene siano fra loro diversi. Il senso di uguaglianza consiste nel pari diritto a essere diversi. Le differenze non dovrebbero mai essere affrontate con animo ostile".


(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 07:36

L'incontro con gli esponenti religiosi nel centro Notre Dame of Jerusalem

C'è bisogno di un dialogo genuino
delle culture e delle religioni


Benedetto XVI ha incontrato lunedì sera, 11 maggio, le organizzazioni per il dialogo interreligioso nell'auditorium del centro Notre Dame of Jerusalem. Pubblichiamo il discorso pronunciato dal Papa.




Cari Fratelli Vescovi,
Distinti Capi Religiosi,
Cari Amici,
è motivo di grande gioia per me incontrarvi questa sera. Desidero ringraziare Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal per le sue gentili parole di benvenuto espresse a nome di tutti i presenti. Ricambio i calorosi sentimenti espressi e cordialmente saluto tutti voi e i membri dei gruppi ed organizzazioni che rappresentate.
"Il Signore disse ad Abramo, "Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò"... Allora Abramo partì... e prese la moglie Sara" con sé (Gn 12, 1-5). L'irruzione della chiamata di Dio, che segna gli inizi della storia delle tradizioni della nostra fede, venne udita nel mezzo dell'ordinaria esistenza quotidiana dell'uomo. E la storia che ne conseguì fu plasmata, non nell'isolamento, ma attraverso l'incontro con la cultura Egiziana, Hittita, Sumera, Babilonese, Persiana e Greca.
La fede è sempre vissuta in una cultura. La storia della religione ci mostra che una comunità di credenti procede per gradi di fedeltà piena a Dio, prendendo dalla cultura che incontra e plasmandola. Questa stessa dinamica si riscontra in singoli credenti delle tre grandi tradizioni monoteistiche:  in sintonia con la voce di Dio, come Abramo, rispondiamo  alla sua chiamata e partiamo cercando il compimento delle sue promesse, sforzandoci di obbedire alla sua volontà, tracciando un percorso nella nostra particolare cultura. 

Oggi, circa quattromila anni dopo Abramo, l'incontro di religioni con la cultura si realizza non semplicemente su un piano geografico. Certi aspetti della globalizzazione e in particolare il mondo dell'internet hanno creato una vasta cultura virtuale il cui valore è tanto vario quanto le sue innumerevoli manifestazioni. Indubbiamente molto è stato realizzato per creare un senso di vicinanza e di unità all'interno dell'universale famiglia umana. Tuttavia, allo stesso tempo, l'uso illimitato di portali attraverso i quali le persone hanno facile accesso a indiscriminate fonti di informazioni può divenire facilmente uno strumento di crescente frammentazione:  l'unità della conoscenza viene frantumata e le complesse abilità di critica, discernimento e discriminazione apprese dalle tradizioni accademiche ed etiche sono a volte aggirate o trascurate.
La domanda che poi sorge naturalmente è quale contributo porti la religione alle culture del mondo che contrasti la ricaduta di una così rapida globalizzazione. Mentre molti sono pronti a indicare le differenze tra le religioni facilmente rilevabili, come credenti o persone religiose noi siamo posti di fronte alla sfida di proclamare con chiarezza ciò che noi abbiamo in comune.
 
Il primo passo di Abramo nella fede, e i nostri passi verso o dalla sinagoga, la chiesa, la moschea o il tempio, percorrono il sentiero della nostra singola storia umana, spianando la strada, potremmo dire, verso l'eterna Gerusalemme (cfr. Ap 21, 23). Similmente ogni cultura con la sua specifica capacità di dare e ricevere dà espressione all'unica umana natura. Tuttavia, ciò che è proprio dell'individuo non è mai espresso pienamente attraverso la cultura di lui o di lei, ma piuttosto lo trascende nella costante ricerca di qualcosa al di là. Da questa prospettiva, cari Amici, noi vediamo la possibilità di una unità che non dipende dall'uniformità. Mentre le differenze che analizziamo nel dialogo inter-religioso possono a volte apparire come barriere, tuttavia esse non esigono di oscurare il senso comune di timore riverenziale e di rispetto per l'universale, per l'assoluto e per la verità che spinge le persone religiose innanzitutto a stabilire rapporti l'una con l'altra. È invece la partecipata convinzione che queste realtà trascendenti hanno la loro fonte nell'Onnipotente e ne portano tracce - quell'Onnipotente che i credenti innalzano l'uno di fronte all'altro, alle nostre organizzazioni, alla nostra società e al nostro mondo. In questo modo, non solo noi possiamo arricchire la cultura ma anche plasmarla:  vite di religiosa fedeltà echeggiano l'irrompente presenza di Dio e formano così una cultura non definita dai limiti del tempo o del luogo ma fondamentalmente plasmate dai principi e dalle azioni che provengono dalla fede.

La fede religiosa presuppone la verità. Colui che crede è colui che cerca la verità e vive in base ad essa. Benché il mezzo attraverso il quale noi comprendiamo la scoperta e la comunicazione della verità differisca in parte da religione a religione, non dobbiamo essere scoraggiati nei nostri sforzi di rendere testimonianza al potere della verità. Insieme possiamo proclamare che Dio esiste e che può essere conosciuto, che la terra è sua creazione, che noi siamo sue creature, e che egli chiama ogni uomo e donna ad uno stile di vita che rispetti il suo disegno per il mondo. Amici, se crediamo di avere un criterio di giudizio e di discernimento che è divino nella sua origine e destinato a tutta l'umanità, allora non possiamo stancarci di portare tale conoscenza ad influire sulla vita civile. La verità deve essere offerta a tutti; essa serve a tutti i membri della società. Essa getta luce sulla fondazione della moralità e dell'etica, e permea la ragione con la forza di andare oltre i suoi limiti per dare espressione alle nostre più profonde aspirazioni comuni. Lungi dal minacciare la tolleranza delle differenze o della pluralità culturale, la verità rende il consenso possibile e mantiene ragionevole, onesto e verificabile il pubblico dibattito e apre la strada alla pace. Promuovendo la volontà di essere obbedienti alla verità, di fatto, allarga il nostro concetto di ragione e il suo ambito di applicazione e rende possibile il dialogo genuino delle culture e delle religioni di cui c'è oggi particolarmente bisogno.

Ciascuno di noi qui presenti sa, pure, comunque che la voce di Dio viene udita oggi meno chiaramente, e la ragione stessa in così numerose situazioni è divenuta sorda al divino. E, però, quel "vuoto" non è vuoto di silenzio. Al contrario, è il chiasso di pretese egoistiche, di vuote promesse e di false speranze, che così spesso invadono lo spazio stesso nel quale Dio ci cerca. Possiamo noi allora creare spazi, oasi di pace e di riflessione profonda, in cui si possa nuovamente udire la voce di Dio, in cui la sua verità può essere scoperta all'interno dell'universalità della ragione, in cui ogni individuo, senza distinzione di luogo dove abita, o di gruppo etnico, o di tinta politica, o di credenza religiosa, può essere rispettato come persona, come un essere umano, un proprio simile? In un'epoca di accesso immediato all'informazione e di tendenze sociali che generano una specie di monocultura, la riflessione profonda che contrasti l'allontanamento della presenza di Dio rafforzerà la ragione, stimolerà il genio creativo, faciliterà la valutazione critica delle consuetudini culturali e sosterrà il valore universale della credenza religiosa.

Cari Amici, le istituzioni e i gruppi che voi rappresentate s'impegnano nel dialogo interreligioso e nella promozione di iniziative culturali in un vasto ambito di livelli. Dalle istituzioni accademiche - e qui voglio fare speciale menzione delle eccezionali conquiste dell'Università di Betlemme - ai gruppi di genitori in difficoltà, da iniziative mediante la musica e le arti all'esempio coraggioso di madri e padri ordinari, dai gruppi di dialogo alle organizzazioni caritative, voi quotidianamente dimostrate la vostra convinzione che il nostro dovere davanti a Dio non si esprime soltanto nel culto ma anche nell'amore e nella cura per la società, per la cultura, per il nostro mondo e per tutti coloro che vivono in questa terra. Qualcuno vorrebbe che noi crediamo che le nostre differenze sono necessariamente causa di divisione e pertanto al più da tollerarsi. Alcuni addirittura sostengono che le nostre voci devono semplicemente essere ridotte al silenzio. Ma noi sappiamo che le nostre differenze non devono mai essere mal rappresentate come un'inevitabile sorgente di frizione o di tensione sia tra noi stessi sia, più in largo, nella società. Al contrario, esse offrono una splendida opportunità per persone di diverse religioni di vivere insieme in profondo rispetto, stima e apprezzamento, incoraggiandosi reciprocamente nelle vie di Dio. Sospinti dall'Onnipotente e illuminati dalla sua verità, possiate voi continuare a camminare con coraggio, rispettando tutto ciò che ci differenzia e promuovendo tutto ciò che ci unisce come creature benedette dal desiderio di portare speranza alle nostre comunità e al mondo. Dio ci guidi su questa strada!


(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 08:00

  Durante l'incontro con gli esponenti religiosi al centro Notre Dame of Jerusalem

Il saluto del Patriarca di Gerusalemme dei Latini


Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, ha rivolto un saluto in inglese a Benedetto XVI, lunedì sera 11 maggio, durante l'incontro con le organizzazioni per il dialogo interreligioso al centro Notre Dame of Jerusalem. Pubblichiamo il discorso in una nostra traduzione italiana.

Santità, è un onore grande e un non meno grande piacere presentarle qui, a Gerusalemme, un'eminente assemblea di numerosi amici e colleghi. Oggi, in questo auditorium, abbiamo riunito un gruppo di persone con cui noi condividiamo una visione, la visione dei profeti dell'antico Israele, la visione della prima comunità musulmana, una visione che è profondamente ancorata alle beatitudini che Nostro Signore Gesù ha insegnato nel corso della sua vita terrena:  la visione di una società fondata sui valori di giustizia e di pace, di uguaglianza e di rispetto vicendevole, di perdono e di riconciliazione e ultimamente di fraternità e d'amore. Gli abitanti di Gerusalemme e di tutta la Terra Santa hanno per vocazione di essere una luce per i popoli del mondo. Da questo luogo, la Parola del Signore deve andare avanti - Parola di santità e di giustizia per ogni uomo e per ogni donna. Davanti a lei, Santità, si trovano i rappresentanti di più di cento organizzazioni, istituzioni, movimenti e gruppi che contribuiscono al benessere umano e spirituale degli abitanti di Gerusalemme, e di tutta la Terra Santa. Alcuni tra loro sono inseriti nella società israeliana, altri nella società palestinese, altri ancora sono membri di organizzazioni non governative internazionali attive in Terra Santa. Alcuni sono stati fondati e sono animati da israeliani, altri da palestinesi, altri ancora da espatriati; alcuni da ebrei, altri da mussulmani, altri ancora da cristiani.
Sono qui presenti:  rappresentanti di capi religiosi provenienti dalle principali correnti dell'ebraismo, del cristianesimo e dell'islam presenti a Gerusalemme e dintorni. Desidero menzionare specialmente il consiglio delle istituzioni religiose di Terra Santa, una bella iniziativa che raggruppa i capi delle differenti comunità religiose e che ha per obiettivo quello di rinforzare la comprensione mutua, il rispetto e il dialogo. Questo consiglio è presente tra noi oggi.
Sono ugualmente presenti:  rappresentanti di organizzazioni che promuovono il dialogo interreligioso tra ebrei, musulmani e cristiani, in Israele o nei Territori palestinesi; rappresentanti di organizzazioni che operano per la risoluzione dei conflitti, per la giustizia, per la pace e la riconciliazione, nella società israeliana, nella società palestinese e sul conflitto politico israelo-palestinese; artefici di diverse iniziative educative che promuovono i valori della democrazia, della uguaglianza e della tolleranza, nel cuore delle divisioni politiche in Terra Santa; rappresentanti di organizzazioni che lavorano nell'ambito dello sviluppo, dei diritti dell'uomo e della coesistenza, in Israele, nei Territori palestinesi o in entrambi; rappresentanti di scuole, università, ospedali e foyers per persone portatrici di handicap, che accolgono una popolazione mista e vivono nel quotidiano il dialogo interreligioso e l'incontro intercomunitario; rappresentanti di istituzioni cattoliche e cristiane impegnate nella realtà interreligiosa e intercomunitaria costitutiva della vita in questa terra, santa per tre religioni e condivisa da due popoli.
Beatissimo Padre, questi differenti gruppi e associazioni hanno tutti una cosa in comune:  essi cercano di migliorare la società nella quale vivono, a rendere possibile il dialogo e a promuovere l'educazione alla tolleranza, alla democrazia e all'uguaglianza.
Noi le domandiamo, beatissimo Padre, di indirizzare loro una parola di incoraggiamento:  essi lavorano in un contesto difficile in cui i valori ai quali essi aderiscono e che cercano di propagare sono troppo sovente combattuti e disprezzati. Questi uomini e queste donne riunite davanti a lei oggi sono gli artigiani della pace che Nostro Signore ha benedetto nel suo insegnamento delle beatitudini, quando ha detto:  "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). Le domandiamo pure, beatissimo Padre, di benedirli.



(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 08:02

La visita ai due gran rabbini di Gerusalemme

Autentica e durevole riconciliazione fra cristiani ed ebrei


Benedetto XVI ha incontrato i due gran rabbini di Gerusalemme Yona Metzger, ashkenazita, e Shlomo Amar, sefardita. L'incontro si è svolto al centro Hechal Shlomo, martedì mattina 12 maggio. Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato dal Papa.

Distinti Rabbini,
Cari Amici,
vi sono riconoscente per l'invito fattomi a visitare Hechal Shlomo e ad incontrarmi con voi durante questo mio viaggio in Terra Santa come Vescovo di Roma. Ringrazio Sephardi Rabbi Shlomo Amar e Ashknazi Rabbi Yona Metzger per le loro calorose parole di benvenuto e per il desiderio da loro espresso di continuare a fortificare i vincoli di amicizia che la Chiesa Cattolica e il Gran Rabbinato si sono impegnati così diligentemente a far avanzare nell'ultimo decennio. Le vostre visite in Vaticano nel 2003 e 2005 sono un segno della buona volontà che caratterizza le nostre relazioni in crescita.

Distinti Rabbini, contraccambio tale atteggiamento esprimendo a mia volta i miei personali sentimenti di rispetto e di stima per voi e per le vostre comunità. Vi assicuro del mio desidero di approfondire la vicendevole comprensione e la cooperazione fra la Santa Sede, il Gran Rabbinato di Israele e il popolo Ebraico in tutto il mondo.
Un grande motivo di soddisfazione per me fin dall'inizio del mio pontificato è stato il frutto prodotto dal dialogo in corso tra la Delegazione della Commissione della Santa Sede per le Relazioni Religiose con gli Ebrei e il Gran Rabbinato della Delegazione di Israele per le Relazioni con la Chiesa Cattolica. Desidero ringraziare i membri di entrambe le Delegazioni per la loro dedizione e il faticoso lavoro nel perfezionare questa iniziativa, così sinceramente desiderata dal mio venerato predecessore, Papa Giovanni Paolo ii, come egli volle affermare nel Grande Giubileo del 2000.

Il nostro odierno incontro è un'occasione molto appropriata per rendere grazie all'Onnipotente per le tante benedizioni che hanno accompagnato il dialogo condotto dalla Commissione Bilaterale, e per guardare con speranza alle sue future sessioni. La buona volontà dei delegati nel discutere apertamente e pazientemente non solo i punti di intesa, ma anche i punti di disaccordo, ha anche spianato la strada per una più efficace collaborazione nella vita pubblica. Ebrei e Cristiani sono ugualmente interessati ad assicurare rispetto per la sacralità della vita umana, la centralità della famiglia, una valida educazione dei giovani, la libertà di religione e di coscienza per una società sana. Questi temi di dialogo rappresentano solo la fase iniziale di ciò che noi speriamo sarà un solido, progressivo cammino verso una migliorata reciproca comprensione.

Una indicazione del potenziale di questa serie di incontri si è subito vista nella nostra condivisa preoccupazione di fronte al relativismo morale e alle offese che esso genera contro la dignità della persona umana. Nell'avvicinare le più urgenti questioni etiche dei nostri giorni, le nostre due comunità si trovano di fronte alla sfida di impegnare a livello di ragione le persone di buona volontà, additando loro simultaneamente i fondamenti religiosi che meglio sostengono i perenni valori morali. Possa il dialogo che è stato avviato continuare a generare idee su come sia possibile a Cristiani ed Ebrei lavorare insieme per accrescere l'apprezzamento della società per i contributi caratteristici delle nostre tradizioni religiose ed etiche. Qui in Israele i Cristiani, dal momento che costituiscono solamente una piccola parte della popolazione totale, apprezzano in modo particolare le opportunità di dialogo con i loro vicini ebrei.
La fiducia è innegabilmente un elemento essenziale per un dialogo effettivo. Oggi ho l'opportunità di ripetere che la Chiesa Cattolica è irrevocabilmente impegnata sulla strada decisa dal Concilio Vaticano Secondo per una autentica e durevole riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei. Come la Dichiarazione Nostra Aetate ha chiarito, la Chiesa continua a valorizzare il patrimonio spirituale comune a Cristiani ed Ebrei e desidera una sempre più profonda mutua comprensione e stima tanto mediante gli studi biblici e teologici quanto mediante i dialoghi fraterni. I sette incontri della Commissione Bilaterale che già hanno avuto luogo tra la Santa Sede e il Gran Rabbinato possano costituirne una prova! Vi sono così molto grato per la vostra condivisa assicurazione che l'amicizia fra la Chiesa Cattolica e il Gran Rabbinato continuerà in futuro a svilupparsi nel rispetto e nella comprensione.

Amici miei, esprimo ancora una volta il mio profondo apprezzamento per il benvenuto che mi avete rivolto oggi. Confido che la nostra amicizia continui a porsi come esempio di fiducia nel dialogo per gli Ebrei e i Cristiani di tutto il mondo. Guardando ai risultati finora raggiunti, e traendo la nostra ispirazione dalle Sacre Scritture, possiamo con fiducia puntare ad una sempre più convinta cooperazione fra le nostre comunità - insieme con tutte le persone di buona volontà - nel condannare odio e persecuzione in tutto il mondo. Prego Iddio, che scruta i nostri cuori e conosce i nostri pensieri (Sl 139, 23), perché continui ad illuminarci con la sua sapienza, così che possiamo seguire i suoi comandamenti di amarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze (cfr. Dt 6, 5) e di amare il nostro prossimo come noi stessi (Lev 19, 18). Grazie!

(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 08:03

Il saluto del Patriarca latino


Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, ha rivolto un breve saluto in francese all'arrivo, martedì mattina 12 maggio, di Benedetto XVI nella concattedrale latina della città santa. All'incontro hanno partecipato circa trecento persone, tra le quali alcune religiose contemplative. Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione italiana delle parole del Patriarca.

Beatissimo Padre,
è un grande privilegio e una gioia profonda per me di augurarle il benvenuto in questa concattedrale del patriarcato latino di Gerusalemme e di presentarle questa bella assemblea, così felice di accoglierla, di testimoniarle la sua fedeltà affettuosa, di assicurarle la sua preghiera e di ricevere la sua benedizione.
I sacerdoti, seminaristi, religiosi, religiose e laici che lei vede davanti a sé hanno passato lunghi anni - talvolta tutta la loro vita - a pregare e a servire in Terra Santa. Essi rappresentato un tesoro inestimabile, dediti e implicati come sono nella vita della nostra famiglia cristiana di Terra Santa:  chi nell'animazione parrocchiale, chi nell'educazione, chi nella catechesi, chi nei movimenti della gioventù, chi ancora nelle comunità nuove e nei nuovi movimenti ecclesiali.

Alcuni tra loro sono originari di Terra Santa e del Medio Oriente; altri vengono dai quattro angoli del mondo, dalle Americhe al Giappone, passando per l'Europa, l'Africa, l'Asia e l'Australia. Tra loro vediamo le suore del Rosario, la sola congregazione autoctona. Le suore, in unità con tutti i loro fratelli e sorelle qui presenti, sono assai riconoscenti per la futura beatificazione della loro fondatrice, suor Marie-Aphonsine.
La riunione qui di tutte queste congregazioni è la vivente manifestazione dell'unità nella diversità come la viviamo in Terra Santa, e particolarmente a Gerusalemme; essa costituisce il cuore profondo della Chiesa
La nostra piccola Chiesa locale di Terra Santa è felice di accogliere questi inviati venuti dal mondo intero, e di collaborare con loro. Essi sono una reale sorgente di ricchezza per noi. Noi siamo loro infinitamente riconoscenti per i servizi inestimabili che essi rendono negli ambiti dell'insegnamento, dell'assistenza ai poveri, ai malati e ai portatori di handicap.

La presenza di preghiera e di contemplazione non è meno preziosa. Tra le molte congregazioni religiose presenti nel nostro patriarcato, riunite nell'Unione delle religiose di Terra Santa, una quindicina hanno una vocazione esclusivamente contemplativa. Questi fratelli e sorelle sono le "sentinelle dell'invisibile". Nel segreto della preghiera e di una vita tutta offerta, invisibilmente portano sulle loro braccia la nostra Chiesa e la Terra Santa tutta intera. Essi intercedono per la missione e l'unità della Chiesa, e per la riconciliazione tra i popoli e le religioni. Cosa saremmo noi senza di loro?

La Chiesa di Gerusalemme è ben consapevole che senza questa presenza internazionale essa non potrebbe compiere la sua missione nel cuore della Chiesa universale e in questa regione. Per questo essa spera di poter sempre contare su questa presenza. Noi siamo persuasi che lei incoraggerà e benedirà sempre, beatissimo Padre, l'attenzione che la nostra Chiesa cattolica ha verso questi discepoli di Gesù che sono i testimoni della sua resurrezione nei luoghi stessi in cui essa è avvenuta, e che vivono attualmente in circostanze assai difficili. Siamo tutti consapevoli che non possiamo amare, vivere, lavorare ed essere coraggiosi collaboratori della verità in questa Terra Santa senza passare per la croce. Anche questi figli e figlie sono tanto felici, beatissimo Padre, per la sua visita che li incoraggia e li conferma nella loro vocazione.
Beatissimo Padre, la sua presenza, la sua preghiera e la sua benedizione sono per noi tutti un potente incoraggiamento e una fonte di fiducia. Grazie d'essere venuto a visitarci, a confortarci e a fortificarci. Per lei noi riprendiamo l'antica invocazione biblica:  "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!".



(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 08:04

  Nella concattedrale latina

Pregate per la pace di Gerusalemme e la fine del conflitto


Benedetto XVI ha visitato la concattedrale latina di Gerusalemme, martedì mattina 12 maggio. Ad accoglierlo circa trecento persone, tra le quali il Patriarca Twal e alcune religiose contemplative. Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato dal Papa.

Your Beatitude, I thank you for your words of welcome. I also greet the Patriarch Emeritus and I assure you both of my fraternal good wishes and prayers.
Dear brothers and sisters in Christ, I am happy to be here with you today in this Co-Cathedral, where the Christian community in Jerusalem continues to gather, as it has been doing for centuries, ever since the earliest days of the Church. Here in this city, Peter first preached the Good News of Jesus Christ on the day of Pentecost, when about three thousand souls were added to the number of the disciples. Here too the first Christians "devoted themselves to the apostles' teaching and fellowship, to the breaking of bread and the prayers" (Acts 2: 42). From Jerusalem, the Gospel has gone out "to all the earth ... to the ends of the world" (Ps 19: 4), yet all the time, the Church's missionary effort has been sustained by the prayers of the faithful, gathered around the altar of the Lord, invoking the mighty power of the Holy Spirit upon the work of preaching.
Above all, it is the prayers of those whose vocation, in the words of Saint Thérèse of Lisieux, is to be "love, deep down in the heart of the Church" (Letter to Sister Marie of the Sacred Heart) that sustains the work of evangelization. I want to express a particular word of appreciation for the hidden apostolate of the contemplatives who are present here, and to thank you for your generous dedication to lives of prayer and self-denial. I am especially grateful for the prayers you offer for my universal ministry, and I ask you to continue to commend to the Lord my work of service to God's people all over the world. In the words of the Psalmist, I ask you also to "pray for the peace of Jerusalem" (Ps 122: 6), to pray without ceasing for an end to the conflict that has brought so much suffering to the peoples of this land. And now, I give you my blessing.

Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione in italiano del discorso.

Beatitudine, La ringrazio per le Sue parole di benvenuto. Ringrazio anche il Patriarca Emerito ed assicuro entrambi dei miei fraterni auguri e delle mie preghiere.
Cari Fratelli e Sorelle in Cristo, sono lieto di essere qui con voi oggi in questa Concattedrale, dove la comunità cristiana di Gerusalemme continua a riunirsi come ha fatto da secoli, fin dai primi giorni della Chiesa. Qui, in questa città, Pietro per primo predicò la Buona Novella di Gesù Cristo il giorno di Pentecoste, quando circa tremila anime si unirono al numero dei discepoli. Ancora qui i primi cristiani "erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere" (At 2, 42). Da Gerusalemme il Vangelo si è diffuso "per tutta la terra...fino ai confini del mondo" (Salmo 19, 4), ed in ogni tempo lo sforzo dei missionari del Vangelo è stato sostenuto dalle preghiere dei fedeli, raccolti attorno all'altare del Signore, per invocare la forza dello Spirito Santo sull'opera della predicazione.
Soprattutto sono state le preghiere di coloro la cui vocazione, secondo le parole di Santa Teresa di Lisieux, è di essere "l'amore profondo nel cuore della Chiesa" (Lettera alla sorella Maria del Sacro Cuore), che sostiene l'opera dell'evangelizzazione. Desidero esprimere una particolare parola di apprezzamento per l'apostolato nascosto delle persone di vita contemplativa che sono qui presenti, e ringraziarvi per la vostra generosa dedizione ad una vita di preghiera e di abnegazione. Sono particolarmente grato per le preghiere che offrite per il mio ministero universale e vi chiedo di continuare a raccomandare al Signore il mio servizio al popolo di Dio in tutto il mondo. Con le parole del Salmista chiedo anch'io a voi di "pregare per la pace di Gerusalemme" (Sal 122, 6), di pregare continuamente per la fine del conflitto che ha arrecato così grandi sofferenze ai popoli di questa regione. Ed ora vi imparto la mia Benedizione.



(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 08:08

  La preghiera del Regina caeli nel Cenacolo con gli Ordinari di Terra Santa

I cristiani restino nelle loro terre da cittadini leali e responsabili


Benedetto XVI, dopo il canto dell'inno "Veni Creator Spiritus", ha guidato la preghiera del Regina caeli nel Cenacolo alla presenza dei vescovi di Terra Santa, martedì mattina 12 maggio. Pubblichiamo qui di seguito il discorso pronunciato dal Papa.


Cari Fratelli Vescovi,
Caro Padre Custode,
è con grande gioia che io vi saluto, Ordinari della Terra Santa, in questo Cenacolo dove, secondo la tradizione, Dio aprì il suo cuore ai discepoli da Lui scelti e celebrò il Mistero Pasquale, e dove lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste ispirò i primi discepoli ad uscire e a predicare la Buona Novella. Ringrazio Padre Pizzaballa per le calorose parole di benvenuto che mi ha rivolto a vostro nome. Voi rappresentate le comunità cattoliche della Terra Santa che, nella loro fede e devozione, sono come delle candele accese che illuminano i luoghi santi cristiani, onorati un tempo dalla presenza di Gesù, il nostro Dio vivente. Questo particolare privilegio dà a voi e al vostro popolo un posto speciale nell'affetto del mio cuore come Successore di Pietro.

"Quando Gesù seppe che la sua ora era venuta di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13, 1). Il Cenacolo ricorda l'Ultima Cena di nostro Signore con Pietro e gli altri Apostoli ed invita la Chiesa ad orante contemplazione. Con questo stato d'animo ci ritroviamo insieme, il Successore di Pietro con i Successori degli Apostoli, in questo stesso luogo dove Gesù rivelò nell'offerta del suo corpo e del suo sangue le nuove profondità dell'alleanza di amore stabilita tra Dio e il suo popolo. Nel Cenacolo il mistero di grazia e di salvezza, del quale siamo destinatari ed anche araldi e ministri, può essere espresso solamente in termini di amore. Poiché Egli ci ha amati per primo e continua ad amarci, noi possiamo rispondere con l'amore (cfr. Deus caritas est, 2). La nostra vita come cristiani non è semplicemente uno sforzo umano di vivere le esigenze del Vangelo imposte a noi come doveri. Nell'Eucaristia noi siamo tirati dentro il mistero dell'amore divino. Le nostre vite diventano un'accettazione grata, docile ed attiva del potere di un amore che ci viene donato. Questo amore trasformante, che è grazia e verità (cfr. Gv 1, 17), ci sollecita, come individui e come comunità, a superare la tentazione di ripiegarci su noi stessi nell'egoismo o nell'indolenza, nell'isolamento, nel pregiudizio o nella paura, e a donarci generosamente al Signore ed agli altri. Ci porta come comunità cristiane ad essere fedeli alla nostra missione con franchezza e coraggio (cfr. At 4, 13). Nel Buon Pastore che dona la sua vita per il suo gregge, nel Maestro che lava i piedi ai suoi discepoli, voi, miei cari Fratelli, trovate il modello del vostro stesso ministero nel servizio del nostro Dio che promuove amore e comunione.

L'invito alla comunione di mente e di cuore, così strettamente collegato col comandamento dell'amore e col centrale ruolo unificante dell'Eucaristia nelle nostre vite, è di speciale rilevanza nella Terra Santa. Le diverse Chiese cristiane che qui si trovano rappresentano un patrimonio spirituale ricco e vario e sono un segno delle molteplici forme di interazione tra il Vangelo e le diverse culture. Esse ci ricordano anche che la missione della Chiesa è di predicare l'amore universale di Dio e di riunire da lontano e da vicino tutti quelli che sono chiamati da Lui, in modo che, con le loro tradizioni ed i loro talenti, formino l'unica famiglia di Dio. Un nuovo impulso spirituale verso la comunione nella diversità nella Chiesa Cattolica ed una nuova consapevolezza ecumenica hanno segnato il nostro tempo, specialmente a partire dal Concilio Vaticano Secondo. Lo Spirito conduce dolcemente i nostri cuori verso l'umiltà e la pace, verso l'accettazione reciproca, la comprensione e la cooperazione. Questa disposizione interiore all'unità sotto l'impulso dello Spirito Santo è decisiva perché i Cristiani possano realizzare la loro missione nel mondo (cfr. Gv 17, 21).
Nella misura in cui il dono dell'amore è accettato e cresce nella Chiesa, la presenza cristiana nella Terra Santa e nelle regioni vicine sarà viva. Questa presenza è di importanza vitale per il bene della società nel suo insieme. Le parole chiare di Gesù sull'intimo legame tra l'amore di Dio e l'amore del prossimo, sulla misericordia e sulla compassione, sulla mitezza, la pace e il perdono sono un lievito capace di trasformare i cuori e plasmare le azioni. I Cristiani nel Medio Oriente, insieme alle altre persone di buona volontà, stanno contribuendo, come cittadini leali e responsabili, nonostante le difficoltà e le restrizioni, alla promozione ed al consolidamento di un clima di pace nella diversità. Mi piace ripetere ad essi quello che affermai nel Messaggio di Natale del 2006 ai cattolici nel Medio Oriente:  "Esprimo con affetto la mia personale vicinanza in questa situazione di insicurezza umana, di sofferenza quotidiana, di paura e di speranza che state vivendo. Ripeto alle vostre comunità le parole del Redentore:  "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il "Regno" (Lc 12, 32)". (Messaggio di Natale di Sua Santità Papa Benedetto XVI ai cattolici che vivono nella Regione del Medio Oriente, 21 dicembre 2006).

Cari Fratelli Vescovi, contate sul mio appoggio ed incoraggiamento nel fare tutto quello che è in vostro potere per aiutare i nostri fratelli e sorelle Cristiani a rimanere e ad affermarsi qui nella terra dei loro antenati ed essere messaggeri e promotori di pace. Apprezzo i vostri sforzi di offrir loro, come a cittadini maturi e responsabili, assistenza spirituale, valori e principi che li aiutino nello svolgere il loro ruolo nella società. Mediante l'istruzione, la preparazione professionale ed altre iniziative sociali ed economiche la loro condizione potrà essere sostenuta e migliorata. Da parte mia, rinnovo il mio appello ai nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo a sostenere e ricordare nelle loro preghiere le comunità cristiane della Terra Santa e del Medio Oriente. In questo contesto desidero esprimere il mio apprezzamento per il servizio offerto ai molti pellegrini e visitatori che vengono in Terra Santa in cerca di ispirazione e rinnovamento sulle orme di Gesù. La storia del Vangelo, contemplata nel suo ambiente storico e geografico, diviene viva e ricca di colore, e si ottiene una comprensione più chiara del significato delle parole e dei gesti del Signore. Molte memorabili esperienze di pellegrini della Terra Santa sono state possibili grazie anche all'ospitalità e alla guida fraterna offerte da voi, specialmente dai Frati francescani della Custodia. Per questa servizio, vorrei assicurarvi l'apprezzamento e la gratitudine della Chiesa Universale e esprimo il desiderio che, nel futuro, pellegrini in numero ancora maggiore vengano qui in visita.
Cari Fratelli, nell'indirizzare insieme la nostra gioiosa preghiera a Maria, Regina del Cielo, mettiamo con fiducia nelle sue mani il benessere e il rinnovamento spirituale di tutti i Cristiani in Terra Santa, così che, sotto la guida dei loro Pastori, possano crescere nella fede, nella speranza e nella carità, e perseverare nella loro missione di promotori di comunione e di pace.


(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)

__________________________________________________

OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
13/05/2009 08:09

Il saluto di padre Pizzaballa custode di Terra Santa


Nel Cenacolo il Papa è stato salutato dal padre francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, che gli ha rivolto in italiano queste parole.

Beatissimo Padre,
fra tutti i luoghi che ella ha visitato e che visiterà in questo suo pellegrinaggio, certamente questo è il meno glorioso dal punto di vista strutturale, probabilmente è il più piccolo e, ammettiamolo, forse anche il meno curato anche se adesso l'hanno da poco restaurato per la sua visita. Eppure è emozionante darle il benvenuto, soprattutto avere la gioia di farlo "qui" è davvero qualche cosa di speciale.
Tante volte nelle nostre liturgie di Terra Santa risuona "qui", "hic", ad indicare il luogo santo che ci richiama le pagine del Vangelo. Il "qui" del Cenacolo celebra inoltre molte pagine della storia della Chiesa e anche della presenza francescana.
"Qui", "hic", proprio in questo luogo così semplice si è celebrata la Cena di Pasqua del Signore Gesù con gli apostoli, prima della Passione, e ci richiama ogni volta l'istituzione dell'Eucaristia, ma anche il gesto di testimonianza del Signore e Maestro che lava i piedi ai suoi discepoli, il comandamento nuovo, la promessa dello Spirito, e la sua grande preghiera. Cenacolo è il timore che fa chiudere le porte agli apostoli, è il Cristo risorto che entra e dice:  pace a voi. Cenacolo è l'attesa nella preghiera, con Maria, è lo Spirito che irrompe come vento gagliardo e la nascita della Chiesa, una e indivisa.
Il Cenacolo segna anche la nostra storia di francescani, che hanno qui il loro primo convento, dal quale si muovono per andare ad officiare nella basilica del Santo Sepolcro. Luogo concesso nel 1333 "con grandi spese e faticose trattative" e, come scritto nella Bolla di Papa Clemente vi, come convento sul Monte Sion, "nel cui ambito vi è il Cenacolo con le due cappelle, e il convento per dodici frati e tre persone secolari". Dopo la nostra espulsione, il Cenacolo è anche la struggente e forte nostalgia della nostra casa e insieme la nostalgia di un luogo santo che ci appartiene come cristiani e come Chiesa.
"Qui" si evidenziano, nella povertà delle pietre del luogo, tutte le contraddizioni della Terra Santa:  il succedersi di dominazioni diverse, il sovrapporsi di devozioni, la divisione della Chiesa e i diversi particolarismi. Il Cenacolo segna in un certo senso il luogo della santità di Dio, del suo amore incondizionato ma anche della piccolezza dell'uomo. Una storia che pare non si incontri mai, dove solo sappiamo che ci attende la fedeltà del Signore, come oggi, in cui il programma della sua visita ci conduce qui, al Cenacolo come luogo importante nella Città Santa di Gerusalemme, ad invitarci a fare "qui" memoria, e da "qui" alzarsi per "continuare nel mondo quella carità che è il fermento celeste del pane del Mistero" (Primo Mazzolari).
Benvenuto in Terra Santa, Beatissimo Padre, benvenuto tra i suoi figli di Gerusalemme, benvenuto "qui", al Cenacolo.



(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2009)
__________________________________________________

Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:20. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com