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Benedetto XVI da san Padre Pio il 21 giugno

Ultimo Aggiornamento: 22/06/2009 20:01
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10/06/2009 09:31

21 giugno...questa la data scelta per la visita del Papa da san Padre Pio....ma una domanda ci viene da porgere: chi ha organizzato il tutto ha più interesse verso la Persona del Pontefice che fa visita ad un grande Santo, oppure a che il Papa vada ad "ufficializzare" l'orrenda chiesa di stampo massonico costruita con la scusa di accogliere i tanti pellegrini?

vi lascio riflettere sull'interessante articolo che troverete  qui su Fides et forma

al quale segue un riferimento ad un articolo postato da Rinascimento Sacro:

PADRE AMORTH E IL FUMO DI SATANA...
 
Consigliamo vivamente la lettura di questa intervista a Padre Amorth riportata dal blog Rinascimento Sacro. Alla luce di quanto si afferma sulla chiesa di San Giovanni Rotondo non c'è più da stupirsi di nulla. Il vero problema è spesso l'ignoranza di molti che introducono nelle chiese elementi formali e simbolici del tutto incongruenti con il cattolicesimo.


Per concludere e attendere la visita del Pontefice soprattutto per attenderci da Lui PAROLE DI VERITA'....vi lascio con questo articolo di Francesco Colafemmina del quale metto solo la parte finale:

Qualche interrogativo sulla prossima visita del Papa a san Giovanni Rotondo


La chiesa di Renzo Piano, un "gormite" dell'architettura sacra (per usare un termine caro ai bambini di oggi), è il luogo all'esterno del quale il Papa celebrerà la Messa il 21 Giugno. Ma è anche il luogo da più parti accusato di essere non solo esteticamente orripilante, ma cristianamente incompatibile con la liturgia e la presenza di Cristo. C'è chi - con varie e discutibili - argomentazioni ha definito quella chiesa un "tempio di Satana", chi vi ha visto incise simbologie occultistiche e massoniche. Certamente però stupisce che nel luogo del Santo crocifisso, un'effigie concreta, naturale, non astratta, di Cristo Crocifisso, sia irreperibile.
Tutto è permeato di una religiosità alla Star Treck. Per non parlare del "Monolite" degno di 2001 Odissea nello Spazio. La nera pietra com pianta quadrata che si trasforma in ottagono è il luogo in cui è riposta l'Eucaristia. In una "cappella" (piuttosto un triangolo di spazio) definita eucaristica, unico luogo nel quale ci sono inginocchiatoi, mentre nell'aula liturgica essi mancano. Tra l'altro è alquanto strano che il colore nero incornici il luogo in cui è riposto il Corpo di Cristo. Eppure queste sono solo minuzie!

Che dire allora dell'altare a forma di piramide rovesciata, esempio della pseudo arte di Pomodoro, fatta di superfici perfette nelle quali si aprono "smangiature": immagini della decomposizione del mondo dietro le peferzioni superficiali? Che dire della croce astratta dello stesso Pomodoro, fatta di cunei, che è sospesa in perpendicolare all'altare? Un simbolo dell'energia che va verso il basso? Esoterismo e gnosi applicata all'arte sacra? Chissà! Forse bisognerebbe chiedere al Prof. Crispino Valenziano, estremo odiatore del "devozionalismo devozionistico"... espressione con cui sembra indicare quella tipologia di devozione che ha sempre caratterizzato la Santità di Padre Pio... eh si, la Chiesa moderna, adulta!


Dunque - terza domanda - chi godrà vedendo il Santo Padre entrare in quella chiesa? Chi si fregherà le mani con gioia? E - quarta domanda - chi godrà nel vedere il Papa celebrare la Messa sullo sfondo dell'arazzo di Rauschenberg, quello che rappresenta il drago a sette teste trionfante sulla Gerusalemme celeste - stranamente già scesa in terra -?
Sappiamo bene che Rauschemberg sin dalla sua opera "Monogram" cerca di sbeffeggiare il cristianesimo in chiave demoniaca, ma... si sà... la Chiesa è moderna, adulta!




Certo vedere Monogram e pensare che quel caprone rappresenta Cristo nell'incredibile interpretazione dell'artista, fa un po paura. E fa paura pensare alla grande fantasia, all'estro dei fraticelli che hanno speso così tanti milioni di euro per dar vita ad una chiesa che forse Padre Pio avrebbe ridotto in cenere con un solo sguardo...ma ....come dire... non vorrei essere noioso ma la Chiesa è adulta, moderna!


In cotanta modernità però ci lasceranno ancora la possibilità di pregare San Pio e San Michele Arcangelo perchè proteggano il Papa dagli avvoltoi che lo attendono pronti a baciargli l'anello salvo poi mancargli di obbedienza? O anche la preghiera è un inutile fronzolo in questa Chiesa adulta e moderna? 

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12/06/2009 08:24

Il 21 giugno

Benedetto XVI

a San Giovanni Rotondo


Benedetto XVI sarà a San Giovanni Rotondo domenica 21 giugno. Il programma ufficiale della visita - reso noto questa mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede - prevede l'arrivo del Papa in elicottero nel campo sportivo della cittadina pugliese alle 9.15. Da qui il Pontefice raggiungerà il santuario di Santa Maria delle Grazie, dove venererà le spoglie di padre Pio da Pietrelcina. Subito dopo celebrerà la messa sul sagrato della chiesa dedicata al santo cappuccino e reciterà l'Angelus. Nel pomeriggio, alle 16.45, è previsto l'incontro con gli ammalati, il personale medico e i dirigenti dell'ospedale Casa sollievo della sofferenza. A seguire, l'incontro con sacerdoti, religiose, religiosi e giovani nella chiesa di San Pio da Pietrelcina. La partenza è prevista per le 18.15.


(©L'Osservatore Romano - 11 giugno 2009)
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18/06/2009 20:18

Domenica prossima Benedetto XVI celebrerà la messa dinanzi alla chiesa di san Pio a San Giovanni Rotondo

Al crocevia di tante storie di fede


di Mario Ponzi

"Si va bene, ma avete fatto una scatoletta per i fiammiferi". Sembra sia stato questo il commento di padre Pio quando, nove anni prima della sua morte, fu chiamato all'inaugurazione della nuova chiesa di Santa Maria delle Grazie in aggiunta a quella piccola nella quale, per quasi mezzo secolo, aveva celebrato l'eucaristia nelle primissime ore del mattino.
Aveva ragione. Solo lui, allora, poteva prevedere i sei-sette milioni di pellegrini che ogni anno sarebbero arrivati a San Giovanni Rotondo e per i quali la "scatoletta" non sarebbe stata sufficiente. Lo è invece la nuovissima chiesa del pellegrinaggio, disegnata da Renzo Piano e inaugurata nel luglio di cinque anni fa.



Benedetto XVI domenica prossima celebrerà la messa sul sagrato di questo avveniristico complesso. Nell'intento dei frati cappuccini c'era la realizzazione di una chiesa ampia, grande come l'aveva sempre sognata padre Pio, ma che, nello stesso tempo fosse in sintonia con la semplicità e l'umiltà dell'ordine. Certo a guardare questo gioiello della moderna architettura di umiltà se ne vede poca. Meglio cercarle allora nella piccola chiesa conventuale del seicento, che la comunità dei frati cappuccini custodisce gelosamente intatta, così come era nei cinquant'anni durante i quali padre Pio vi ha celebrato l'eucaristia. L'altare è stato conservato come era a quel tempo; così l'antico coro dove ha ricevuto le stimmate ai piedi del Crocifisso, anch'esso rimasto nel suo luogo originario. Il Papa con la sua visita riunirà sostanzialmente l'antico e il nuovo di una fede vissuta e testimoniata comunque sulle orme della santità di padre Pio. Ne abbiamo parlato con fratel Francesco Dileo, rettore del santuario.

Cosa significa per la vostra comunità vivere e condividere l'eredità di padre Pio con tanta gente?

Significa dedicare a migliaia di fedeli ogni giorno la nostra paziente disponibilità e un costante sforzo organizzativo, per garantire a tutti la migliore accoglienza possibile. Principalmente, però, significa sforzarci di metterci in sintonia spirituale con padre Pio per poter tentare di essere sempre più, come lui, non solo dispensatori della Parola, ma anche modelli, punti di riferimento. Infine c'è un impegno personale che questa eredità comporta:  quello di confrontare sempre di più la nostra vita con la sua, per aprire il nostro cuore alla quotidiana conversione ed eliminare tutte le zavorre che ci impediscono di elevare lo spirito verso quelle vette raggiunte da colui che era un Frate cappuccino come noi e che certamente prega affinché noi diventiamo frati cappuccini secondo il cuore di Dio. Come lui".

Le sembra ancora attuale il messaggio di padre Pio?

Forse è più attuale oggi che nel secolo scorso, perché è sempre crescente l'atteggiamento di arrendevolezza verso i molteplici messaggi mediatici che tentano di trasformare le persone in clienti e l'umanità in una società globale asservita al dio denaro, come più volte ha sottolineato nel suo magistero Papa Benedetto XVI. Coloro che riescono a comprenderlo e che vogliono sottrarsi a questa trappola trovano nel nostro santo Confratello un modello di coerenza evangelica e un maestro di vita spirituale. Padre Pio aveva detto:  "Farò più rumore da morto che da vivo". E, in effetti, il numero dei pellegrini è oggi molto maggiore rispetto a quelli che raggiungevano San Giovanni Rotondo fino al 1968. Quale segno tangibile migliore potremmo avere dell'attualità del messaggio di padre Pio?

Sono ancora tanti quelli che si rivolgono a lui per chiedere miracoli?

Tantissimi. Lo deduco anzitutto dal gran numero di lettere che chiedono a noi di invocare l'intercessione di padre Pio o che si rivolgono direttamente a lui, come se fosse ancora vivo, per chiedere qualche guarigione, fisica o spirituale. E poi lo attestano le molte foto che i pellegrini lasciano accanto all'urna che custodisce il corpo del Santo o accanto al suo confessionale o lungo il percorso all'interno del convento, nonostante le nostre indicazioni di deporle in appositi contenitori che abbiamo dovuto collocare in vari ambienti.

Quanti pellegrini vengono annualmente al santuario?

Secondo le stime dell'ufficio turistico di San Giovanni Rotondo già dal 1998 si è raggiunta la quota di sette milioni di presenze all'anno. C'è stato un picco di otto milioni nel 2002, in concomitanza con la canonizzazione di padre Pio. Si è avuta una leggera flessione nel 2003 e si è tornati a sette milioni, rimasti costanti, a partire dal 2004. Ma questa rilevazione è sempre stata fatta col metodo, universalmente accettato, della elaborazione dei dati relativi alla produzione dei rifiuti. Durante l'ostensione del corpo di san Pio da Pietrelcina alla pubblica venerazione, attraverso dei "contapersone", abbiamo potuto verificare che in un anno sono stati circa sei milioni coloro che si sono recati in cripta a pregare. Ciò significa che l'altro milione di presenze rilevate con il metodo dei rifiuti è da considerarsi costituito da ammalati e pazienti che vengono a San Giovanni Rotondo per Casa sollievo della sofferenza.

Non ritiene che questa massa di persone che viene da tutto il mondo per confessarsi nei luoghi di padre Pio, non sia un po' in controtendenza in una società che non sembra preoccuparsi poi troppo del peccato?

Sono fermamente convinto che in questo luogo, anche dopo la morte di Padre Pio, continua ad agire la grazia di Dio che tocca il cuore degli uomini e fa germogliare o rinascere la fede. Penso sia difficile confrontarsi con la vita di questo santo senza avvertire il desiderio di rinunciare al peccato e cambiare condotta. Da parte nostra facciamo in modo che i fedeli trovino le chiese sempre aperte e qualche frate sempre presente in confessionale.

Secondo lei questa devozione è frutto della religiosità popolare, del desiderio di santità o di semplice tradizione da perpetuare, magari con un pizzico di curiosità?

Se devo giudicare in base alle nostre esperienze in confessionale e in base alla notevole partecipazione alle celebrazioni eucaristiche, direi che il primo motivo che porta qui tanta gente sia la vera fede, il desiderio di chiedere a padre Pio grazie spirituali. Indubbiamente la maggior parte è mossa proprio dal desiderio di pregare sulla tomba del nostro santo per ottenerne l'intercessione. Non si può escludere, anzi sicuramente è così, che tra i pellegrini ci siano anche diverse persone mosse dalla semplice curiosità. Per quanto riguarda i primi voglio ricordare che Gesù, prima di ascendere al cielo, preannunciò ai suoi apostoli che avrebbe dato loro alcuni carismi, tra cui quello delle guarigioni, quali "segni che accompagneranno quelli che credono", come scrive Marco nel suo Vangelo. In altre parole quei "segni" sono stati le credenziali del loro annuncio evangelico. Visto che continuano ad arrivare richieste di guarigioni e attestazioni di gratitudine per averle ottenute, devo pensare che quegli stessi "segni" sono stati donati anche a questo "apostolo" del xx secolo. Evidentemente il Signore ritiene che ci sia ancora bisogno di questi "segni" per rafforzare la fede in chi ne ha necessità. Per quanto riguarda la curiosità dobbiamo ricordare che anche quando era vivo padre Pio, alcuni venivano qui spinti dalla curiosità di conoscere questo frate. Ma è anche vero che la maggior parte di loro tornava a casa trasformata dalla grazia. Ci sono tante testimonianze al riguardo. Succede anche oggi.

E cosa significa secondo lei la visita del Papa in questo contesto?

Anzitutto è l'ulteriore, tangibile segno di quell'ammirazione che il Papa ha più volte espresso nei confronti di padre Pio, anche prima, quando era cardinale. L'immagine di Benedetto XVI in preghiera dinanzi alle spoglie mortali del nostro santo confratello sarà certamente più eloquente di tante parole e orienterà la sterminata "clientela mondiale" del Frate stigmatizzato, come la definì Paolo VI, verso un autentico atteggiamento di venerazione (e anche devozione), fondato sulla preghiera e sul proposito di imitare padre Pio nella sequela di Cristo.


(©L'Osservatore Romano - 19 giugno 2009)
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18/06/2009 20:19

Casa sollievo della sofferenza, l'ospedale voluto da padre Pio, si prepara a ricevere la visita del Pontefice

L'amore e la carità tra i farmaci quotidiani




L'Ospedale Casa sollievo della sofferenza, l'ospedale voluto da padre Pio, è una delle mete della visita di Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo. In poco più di vent'anni è la seconda volta che un Pontefice, si reca in visita a questa struttura "Si tratta indubbiamente - dice Domenico Crupi, direttore generale dell'ospedale - di un evento che ci gratifica ma che tutto sommato ci sembra quasi naturale, perché l'Opera per la quale abbiamo il privilegio di lavorare in qualche modo appartiene al Papa. Personalmente ricordo quel 23 maggio del 1987, giorno in cui l'amato Giovanni Paolo II venne tra noi e ci lasciò parole di incoraggiamento e di ammonimento.

Nei 22 anni che ci separano da quella visita molte cose sono accadute:  la Chiesa ha canonizzato padre Pio, riconoscendo così l'originalità e l'eccezionalità della sua vita e delle sue opere e presentandole al mondo quale esempio di santità; la "Casa" continua a crescere, fedele ai dettami del Fondatore che la desiderava "tecnicamente adeguata alle più ardite esigenze cliniche". Accogliere oggi Benedetto XVI è per noi un'occasione per tornare a interrogarci circa gli impegni e i doveri che derivano dall'operare in questa Opera, a chiederci se siamo ancora pienamente fedeli al mandato di san Pio".

In realtà padre Pio per la sua opera reclamava, oltre alle tecnologie più moderne, di far rivivere lo spirito e il cuore di Cristo. come ai medici chiedeva di portare al letto dei malati l'amore oltre ai farmaci. Ancora oggi ogni persona che entra nella "Casa" sa di varcare la porta di un luogo che è insieme "tempio di preghiera e di scienza". "Il presidente monsignor Domenico D'Ambrosio - dice Crupi - ce lo ricorda ogni volta che prende la parola, nelle grandi feste ma anche nell'incontro di preghiera che settimanalmente tiene con i dipendenti, così come i cappellani che instancabili percorrono i reparti per incontrare e confortare gli ammalati. In ogni reparto c'è poi una suora caposala come presenza attiva della carità di Cristo:  ogni giorno prega insieme agli ammalati, li conforta, guida il personale".

Per il pieno raggiungimento di queste finalità l'istituto organizza corsi specifici di formazione per il personale. Così la fedeltà al volere di san Pio non è vissuta in maniera "spettacolare", non fa rumore. "Lo si intuisce - conferma il direttore generale - camminando nei corridoi, parlando con gli ammalati, leggendo le lettere che questi ultimi scrivono dopo il ricovero, nelle quali umanità è una parola che ricorre spesso:  colpisce qui dentro l'attenzione alla persona. L'ammalato è considerato non un numero o un caso, ma una persona". È forse questo il fiore all'occhiello di un ospedale classificato da 1.000 posti letto, dove vengono ricoverati annualmente circa 60.000 pazienti (il 16 per cento viene da fuori regione), e visitati più di 400.000. Inoltre, come istituto di ricovero e cura a carattere scientifico famoso in tutto il mondo, Casa sollievo della sofferenza si impegna costantemente a consolidare il suo ruolo di centro di riferimento nazionale per la genetica medica e le malattie eredo-familiari, migliorando continuamente la qualità della ricerca e promuovendo collaborazioni scientifiche internazionali che possano produrre i buoni risultati che alcune delle nostre ultime pubblicazioni scientifiche testimoniano.

La ricerca scientifica nel settore della genetica è uno degli elementi chiave dell'importante piano di sviluppo tecnologico e d'innovazione che caratterizzerà il futuro prossimo del nostro ospedale. Un'altra eredità di padre Pio che abbiamo raccolto è l'attenzione verso realtà umanitarie particolarmente delicate:  un protocollo con il governo di Tirana impegna la nostra struttura ad accogliere pazienti albanesi affetti da patologie gravi e complesse non curabili presso gli istituti sanitari dell'Albania e diversi medici dell'ospedale prestano la loro opera in Ciad". Il direttore è poi fiero del modello di organizzazione gestionale "basato sulla volontà di dare al termine "efficienza" la sua giusta valenza morale, respingendo quindi ogni logica utilitaristica ed economicistica nella gestione di una organizzazione sanitaria.


(©L'Osservatore Romano - 19 giugno 2009)
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20/06/2009 16:59

Padre Florio Tessari, postulatore dei frati minori cappuccini,
parla della spiritualità del santo del Gargano alla vigilia della visita di Benedetto XVI alla tomba



Padre Pio come il curato d'Ars


di Francesco Castelli

Amore profondo per Chiesa e per il suo Signore; devozione e obbedienza verso il Papa; servizio incessante verso gli uomini per alleviare le loro sofferenze e per la loro salvezza; identificazione con il Cristo Crocifisso. Queste le principali caratteristiche della spiritualità di padre Pio descritte da padre Florio Tessari, postulatore dei frati minori cappuccini, nell'intervista rilasciata a "L'Osservatore Romano".


Lei è il postulatore dell'ordine dei frati minori cappuccini. Ha il compito di presentare alla Chiesa i candidati alla beatificazione e alla canonizzazione. In cosa consiste e come si riconosce un santo?

Il postulatore ha il compito di presentare alla Congregazione delle Cause dei Santi uomini e donne che hanno vissuto in maniera eminente la vita cristiana con l'esercizio delle virtù. L'ordine cappuccino ha diversi santi e beati tra laici, sacerdoti, predicatori, confessori, da san Lorenzo da Brindisi fino all'ultimo padre Giacomo da Ghazir. È un compito importante perché ha un campo aperto e ricco di grazia che abbraccia diversi aspetti della vita della Chiesa.

Padre Pio è stato un uomo che ha sofferto molto durante la sua esistenza, ciononostante attirava a San Giovanni Rotondo molte persone. Perché?

Padre Pio aveva una grande carica nel cuore, era un cuore effettivamente unito a Cristo e la sofferenza che ha vissuto attraverso le stimmate era un segno evidente della sua unione a Cristo.

Qual era il rapporto tra padre Pio e Francesco d'Assisi?

Padre Pio ha vissuto la spiritualità di Francesco in maniera esemplare per l'amore alla Chiesa, per l'amore al Papa, per l'essenzialità della vita austera e semplice e soprattutto per la conformità a Cristo come Francesco.

La famiglia francescana ha molti santi canonizzati. Quale contributo ha dato padre Pio alla vostra spiritualità?

Il contributo di padre Pio alla spiritualità francescana è stato grande. Era un frate, un sacerdote religioso che ha vissuto con osservanza profonda i consigli evangelici, ha sofferto in silenzio nelle difficoltà come un autentico Cireneo ed è stato al tempo stesso un crocifisso senza la croce.

Cosa è stato, secondo lei, determinante nel cammino di santificazione di san Pio?

Gli elementi fondamentali nel cammino di santificazione di san Pio sono stati due:  la fede a oltranza e l'ubbidienza a oltranza, nonostante le difficoltà incontrate nella sua vita. Importante è stato il vivere in modo semplice e totale l'unione con Gesù, la Vergine Maria e l'eucaristia.

In questi giorni Benedetto XVI si recherà a San Giovanni Rotondo da padre Pio da Pietrelcina. Quale significato ha per la famiglia cappuccina il viaggio papale?

Il viaggio di Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo è un dono grande che il Papa fa all'ordine e alla Chiesa. Questo ci invita a scoprire la santità di padre Pio il quale è stato sempre concretamente vicino a Dio e agli uomini, con la preghiera - e poi attraverso i gruppi di preghiera - e con l'impegno per il sollievo della sofferenza umana attraverso la fondazione della clinica ospedaliera Casa sollievo della sofferenza.

Qual era l'atteggiamento di padre Pio nei riguardi della Chiesa e del Papa in particolare?

Padre Pio ha sempre mostrato amore profondo per la Chiesa che è Madre e che dà la possibilità di raggiungere, di vivere la grazia che arriva attraverso la Parola di Dio e i sacramenti. Nei riguardi del Papa il suo atteggiamento è stato di totale obbedienza. Nel Pontefice egli vedeva la volontà di Dio in modo concreto anche nei momenti in cui la Chiesa ha mostrato una mano forte.

Qual è il messaggio di santità che padre Pio propone agli uomini d'oggi?

Padre Pio dice agli uomini d'oggi:  amando profondamente Dio si ama in modo forte l'uomo. Padre Pio dà all'umanità una risposta concreta alla sofferenza attraverso i gruppi di preghiera e la Casa sollievo della sofferenza. Padre Pio è l'uomo per Dio e l'uomo per l'uomo.

È iniziato l'Anno sacerdotale. Padre Pio visse con generosità il suo ministero. Quali sono gli aspetti più significativi di esso?

Padre Pio è il santo curato d'Ars di oggi. Il curato d'Ars faceva la stessa cosa di padre Pio:  celebrava l'eucaristia e si metteva a disposizione per amministrare il sacramento della riconciliazione. Gli uomini che andavano a San Giovanni Rotondo, si recavano da padre Pio come coloro che incontravano il curato d'Ars. Vi andavano per la celebrazione dell'eucaristia e per il sacramento della riconciliazione.

Oggi molta gente va da padre Pio. Con quale atteggiamento interiore bisogna recarsi presso la tomba del frate con le stimmate?

Si va da padre Pio col desiderio di incontrare l'uomo che sa avvicinare a Dio e che nello stesso tempo aiuta i fedeli ad accogliere il momento presente della loro vita e a viverlo nella serenità che passa anche attraverso la sofferenza, vissuta però nella fede.


(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)
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21/06/2009 12:13

A colloquio con l'arcivescovo D'Ambrosio alla vigilia dell'arrivo del Pontefice a San Giovanni Rotondo




Dall'accoglienza alla comunione


di Mario Ponzi

San Giovanni Rotondo ha certamente confidenza con i grandi eventi ecclesiali. Eventi in parte legati alla fama di santità dei figli dell'antica terra del Gargano, di padre Pio in particolare, e in parte dovuti alla tradizionale religiosità di un popolo devoto, generoso e accogliente. Sta di fatto che la macchina che si è messa in moto per ricevere la visita di Benedetto XVI domenica prossima, 21 giugno, non ha perso un colpo e "tutto è pronto per mostrare al Papa l'anima vera del Gargano" confida a "L'Osservatore Romano" monsignor Domenico Umberto D'Ambrosio, in procinto di fare - subito dopo la visita del Papa - il suo ingresso nell'arcidiocesi  di Lecce, sede dove è stato trasferito già dallo scorso mese di aprile.  Ha retto la Chiesa di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo dal 2002 e oggi, come ultimo atto della sua missione, prepara la sua gente ad accogliere Benedetto XVI.

Ci sono tanti motivi per definire indimenticabile il momento che si prepara a vivere domenica prossima:  la visita del Papa sembra essere il prezioso sigillo al suo incarico pastorale tra queste genti del Gargano.  Come  state  vivendo  questa vigilia?

Effettivamente è un momento particolare. Il Papa, successore di Pietro, viene a confermarci nel cammino di fede compiuto in questi anni. Il fatto che venga tra di noi per pregare sulla tomba del nostro santo padre Pio, e solo due giorni dopo aver inaugurato l'anno sacerdotale, sta a significare il riconoscimento del clima di ricchezza sacerdotale che si respira nella nostra terra, della fecondità della nostra testimonianza di devozione e di fedeltà al carisma del santo, al suo messaggio, che è il messaggio stesso della Croce. Nei giorni passati abbiamo molto riflettuto su questo messaggio e sugli insegnamenti di Benedetto XVI. Diversi vescovi si sono quotidianamente alternati nel parlarne ai fedeli della nostra diocesi ma anche ai tanti pellegrini che passano di qui. Simbolicamente questo cammino si concluderà nella veglia di sabato notte al santuario.
Nella preparazione della visita è tornato spesso un motivo:  è la seconda volta in poco più di venti anni che un Papa viene tra di noi. Un evento di grazia che si rinnova, dunque. La visita di Giovanni Paolo II è rimasta nel cuore dei fedeli. Si è fermato due giorni in questi luoghi e ha lasciato un grande messaggio di speranza.

E dalla visita di Benedetto XVI cosa vi aspettate?

Intanto ci attendiamo una rinnovata percezione dell'intensità del rapporto con la Chiesa che non può ridursi alle formalità. Un rapporto, per intenderci, del quale ci si accorge solo per necessità contingenti, cioè perché si vuole fruire dei servizi religiosi tipo il battesimo, la cresima, il matrimonio 0 quando c'è bisogno di certificazioni come se la Chiesa fosse una stazione di servizio, anche se religioso. Ecco io mi auguro che quest'esperienza accanto a Benedetto XVI ci farà da viatico per una reale inversione di tendenza.

Accogliere milioni di pellegrini che vengono qui da ogni parte del mondo comporta uno scambio di doni spirituali con la comunità ecclesiale dei residenti?

Questo è un altro degli aspetti sui quali vorrei tanto che portasse una parola nuova la visita del Papa. È una delle questioni che io ritengo tra le più grandi che debba affrontare e risolvere questa Chiesa che sto per lasciare. La nostra comunità quotidianamente si deve confrontare con i quattro cinque milioni di pellegrini che, solo a San Giovanni Rotondo, annualmente salgono a questo colle. A essi vanno poi ad aggiungersi gli oltre due milioni di quelli che annualmente fanno visita all'altro grande santuario di queste terre, quello ultramillenario dedicato a San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo. Ma è proprio questa marea di persone che si trasforma per la nostra Chiesa, una sfida da affrontare.

Non dovrebbe essere un problema visto che San Giovanni Rotondo è nota nel mondo proprio come "Città della pace e dell'accoglienza".

Certo noi i pellegrini li accogliamo molto bene. Garantiamo per quello che può essere il servizio religioso, la soddisfazione di loro bisogni, delle loro esigenze. In moltissimi casi si tratta di pellegrinaggi che durano un giorno, o due al massimo però possono trascorrere tranquillamente e nel giusto clima. Ma non è questo il problema che mi preoccupa. La domanda che ci poniamo infatti è un'altra:  cosa diamo a questa gente? cosa possiamo ricevere da questa gente? In questi anni ho visto quasi una frattura fra queste due componenti, cioè tra la Chiesa che vive in questi luoghi e quanti qui vengono per attingere alla santità di padre Pio, a cercare, nell'incontro spirituale con lui, risposte ad attese e ad incognite che pervadono la loro esistenza, a sofferenze che portano dentro di sé sino a deporle ai piedi della tomba del santo quasi gli chiedessero aiuto per sopportarle.

Certamente si sarà fatto un'idea di cosa fare per risanare questa frattura.

Bisogna reimpostare la pastorale per far sì che sia soprattutto pastorale dell'accoglienza. Non basta infatti continuare a dire che San Giovanni Rotondo è la città della pace e dell'accoglienza; bisogna fare di più perché in realtà non c'è un rapporto vero tra questa comunità ecclesiale e questa massa di persone che portano con sé il bagaglio della loro fede. Né gli uni ne gli altri ricevono un granché da questa seppure fugace vicinanza.
Ecco cosa mi aspetto dalla visita del Papa. Mi aspetto che da quanto ci dirà nei tre momenti centrali della sua visita, possano venire delle indicazioni chiare e precise per il cammino futuro di una Chiesa che è comunque già di per sé vivace e in questo momento avviata nel progetto "giovani, famiglia e missione", affinché possa realmente trasformarsi in Chiesa in missione tra questa massa di persone che vengono a bussare alle sue porte. Non possiamo più limitarci a dare quel poco che può essere la confessione o la celebrazione. Tantomeno possiamo accontentarci del ritorno dal punto di vista economico per le strutture alberghiere e di ristorazione del posto e così via. Dobbiamo offrire la ricchezza di una fede che risale alle origini della Chiesa apostolica e che vive autonomamente, separata dalla comunque provvidenziale presenza di padre Pio.

Allargando un po' lo sguardo all'intera Capitanata ci può dire quali sono le sfide che deve affrontare la Chiesa oggi in quest'area che sembra essere particolarmente colpita dalla crisi economica?

La Capitanata è un territorio molto vasto ma poco popolato. La situazione sociale presenta diverse sfaccettature. Lungo le nostre coste, per esempio, dove il turismo è la forza trainante, i riflessi della crisi non hanno lasciato tracce profonde. La situazione cambia drasticamente nelle zone interne, segnate da larghe fasce di povertà, dove i tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, raggiungono indici gravissimi. È una condanna che ci portiamo dietro da sempre. E se non fosse per quei bagliori riflessi dell'industria del turismo per tutto il territorio conosceremmo i morsi della povertà estrema.
La situazione si aggrava per la distrazione, diciamo così, di chi dovrebbe provvedere ad un'equa distribuzione delle risorse tra le diverse aree della Puglia, tanto che da qualche tempo ha ripreso forza l'ondata emigratoria. Non ha ancora raggiunto i livelli di quella degli anni cinquanta, ma di fatto bisogna prendere atto della recrudescenza di questo fenomeno che riguarda soprattutto i giovani, tra i quali sono sempre più numerosi quelli che hanno conseguito lauree ed alte specializzazioni. Per loro non c'è spazio in casa, non ci sono opportunità. Dunque bisogna emigrare. Ciò comporta non solo un distacco dalle proprie origini ma anche un cambiamento di mentalità, di atteggiamenti. Si abbandonano tutti i principi, anche etici e morali, acquisiti per immergersi in una cultura che non gli appartiene, si imbevono di un'etica lontana dalla bontà di tutto ciò di cui si sono nutriti nella loro terra originaria. Però la situazione oggi è talmente grave che la fuga si presenta come unica alternativa. Noi come Chiesa, con l'aiuto della Conferenza episcopale italiana (Cei) abbiamo istituto un fondo di solidarietà, abbiamo anche effettuato interventi ad ampio raggio, ma la situazione è quella che è. Mi preoccupa piuttosto la mancata risposta da parte di chi sarebbe preposto ad intervenire, a creare strumenti e progetti che garantiscano un approccio diverso alla povertà che fa soffrire così tante famiglie. Cassa integrazione, mobilità, licenziamenti  sembrano  essere  invece le uniche risposte alla crisi. E questo anche perché industrie che hanno ricevuto il contributo dello Stato per aprire attività in loco, non esitano a chiudere subito dopo. Questo crea grande sofferenza. Ed è estremamente pericoloso perché dà il via libera ad attività criminose, alla malavita organizzata che trova sempre più abbordabili adepti tra i giovani, e anche tra i giovanissimi.

Dal punto di vista pastorale cosa la preoccupa di più?

In questo periodo stiamo dedicando un'attenzione particolare alla famiglia. Assistiamo ad un'impennata dei divorzi. È un problema che ci assilla. C'è un allentamento dei costumi che porta all'abbandono della fedeltà coniugale, e alla separazione. I giovani sembrano sempre più orientati verso la convivenza più che verso il matrimonio. C'è poi una certa recrudescenza della pratica dell'aborto. Spesso restano coinvolti proprio dei giovanissimi, ma che hanno comunque il sostegno dei genitori. Di qui la necessità di reimpostare una pastorale giovanile che sappia andare incontro ai giovani, andarli a cercare senza aspettare che vengano loro, offrire loro proposte recepibili da parte dei giovani stessi. C'è anche bisogno di reimpostare la pastorale familiare, fondandola sull'aiuto di laici esemplari che  sappiano  offrire  modelli  da  imitare. Dobbiamo cioè aiutare la gente a recuperare il senso della stabilità della famiglia, il sapore della sua genuinità, il valore di un amore che nasce dal cuore.
Il dono che il Papa ci fa è una possibilità che ci offre per trovare modi nuovi di vivere la nostra fede, per cogliere le novità che si presentano grazie all'incontro con tante persone che portano esperienze di Chiese diverse e che dunque possono costituire un arricchimento per la nostra Chiesa come valore universale.


(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)
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Visita pastorale a San Giovanni Rotondo - Santa Messa...



















 
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OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Nel cuore del mio pellegrinaggio in questo luogo, dove tutto parla della vita e della santità di Padre Pio da Pietrelcina, ho la gioia di celebrare per voi e con voi l’Eucaristia, mistero che ha costituito il centro di tutta la sua esistenza: l’origine della sua vocazione, la forza della sua testimonianza, la consacrazione del suo sacrificio. Con grande affetto saluto tutti voi, qui convenuti numerosi, e quanti sono con noi collegati mediante la radio e la televisione. Saluto, in primo luogo, l’Arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio, che, dopo anni di fedele servizio a questa Comunità diocesana, si appresta ad assumere la cura dell’Arcidiocesi di Lecce.

Lo ringrazio cordialmente anche perché si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto gli altri Vescovi concelebranti. Un saluto speciale rivolgo ai Frati Cappuccini con il Ministro Generale, Fra Mauro Jöhri, il Definitorio Generale, il Ministro Provinciale, il Padre Guardiano del Convento, il Rettore del Santuario e la Fraternità Cappuccina di San Giovanni Rotondo. Saluto inoltre con riconoscenza quanti offrono il loro contributo nel servizio del Santuario e delle opere annesse; saluto le Autorità civili e militari; saluto i sacerdoti, i diaconi, gli altri religiosi e religiose e tutti i fedeli. Un pensiero affettuoso indirizzo a quanti sono nella Casa Sollievo della Sofferenza, alle persone sole e a tutti gli abitanti di questa vostra Città.

Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della tempesta sedata, al quale è stato accostato un breve ma incisivo testo del Libro di Giobbe, in cui Dio si rivela come il Signore del mare. Gesù minaccia il vento e ordina al mare di calmarsi, lo interpella come se esso si identificasse con il potere diabolico. In effetti, secondo quanto ci dicono la prima Lettura e il Salmo 106/107, il mare nella Bibbia è considerato un elemento minaccioso, caotico, potenzialmente distruttivo, che solo Dio, il Creatore, può dominare, governare e tacitare.

C’è però un’altra forza - una forza positiva - che muove il mondo, capace di trasformare e rinnovare le creature: la forza dell’"amore del Cristo", "(VB0 J@ũ OD4FJ@ũ (2 Cor 5,14) - come la chiama san Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi - : non quindi essenzialmente una forza cosmica, bensì divina, trascendente. Agisce anche sul cosmo ma, in se stesso, l’amore di Cristo è un potere "altro", e questa sua alterità trascendente, il Signore l’ha manifestata nella sua Pasqua, nella "santità" della "via" da Lui scelta per liberarci dal dominio del male, come era avvenuto per l’esodo dall’Egitto, quando aveva fatto uscire gli Ebrei attraverso le acque del Mar Rosso. "O Dio – esclama il salmista –, santa è la tua via… Sul mare la tua via, / i tuoi sentieri sulle grandi acque" (Sal 77/76,14.20). Nel mistero pasquale, Gesù è passato attraverso l’abisso della morte, poiché Dio ha voluto così rinnovare l’universo: mediante la morte e risurrezione del suo Figlio "morto per tutti", perché tutti possano vivere "per colui che è morto e risorto per loro" (2 Cor 5,16).

Il gesto solenne di calmare il mare in tempesta è chiaramente segno della signoria di Cristo sulle potenze negative e induce a pensare alla sua divinità: "Chi è dunque costui – si domandano stupiti e intimoriti i discepoli –, che anche il vento e il mare gli obbediscono?" (Mc 4,41). La loro non è ancora fede salda, si sta formando; è un misto di paura e di fiducia; l’abbandono confidente di Gesù al Padre è invece totale e puro. Per questo Egli dorme durante la tempesta, completamente sicuro nelle braccia di Dio. Ma verrà il momento in cui anche Gesù proverà paura e angoscia: quando verrà la sua ora, sentirà su di sé tutto il peso dei peccati dell’umanità, come un’onda di piena che sta per rovesciarsi su di Lui. Quella sì, sarà una tempesta terribile, non cosmica, ma spirituale. Sarà l’ultimo, estremo assalto del male contro il Figlio di Dio.

Ma in quell’ora Gesù non dubitò del potere di Dio Padre e della sua vicinanza, anche se dovette sperimentare pienamente la distanza dell’odio dall’amore, della menzogna dalla verità, del peccato dalla grazia. Sperimentò questo dramma in se stesso in maniera lacerante, specialmente nel Getsemani, prima dell’arresto, e poi durante tutta la passione, fino alla morte in croce. In quell’ora, Gesù da una parte fu un tutt’uno con il Padre, pienamente abbandonato a Lui; dall’altra, in quanto solidale con i peccatori, fu come separato e si sentì come abbandonato da Lui.

Alcuni Santi hanno vissuto intensamente e personalmente questa esperienza di Gesù. Padre Pio da Pietrelcina è uno di loro. Un uomo semplice, di origini umili, "afferrato da Cristo" (Fil 3,12) – come scrive di sé l’apostolo Paolo – per farne uno strumento eletto del potere perenne della sua Croce: potere di amore per le anime, di perdono e di riconciliazione, di paternità spirituale, di solidarietà fattiva con i sofferenti. Le stigmate, che lo segnarono nel corpo, lo unirono intimamente al Crocifisso-Risorto. Autentico seguace di san Francesco d’Assisi, fece propria, come il Poverello, l’esperienza dell’apostolo Paolo, così come egli la descrive nelle sue Lettere: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20); oppure: "In noi agisce la morte, in voi la vita" (2 Cor 5,12). Questo non significa alienazione, perdita della personalità: Dio non annulla mai l’umano, ma lo trasforma con il suo Spirito e lo orienta al servizio del suo disegno di salvezza. Padre Pio conservò i propri doni naturali, e anche il proprio temperamento, ma offrì ogni cosa a Dio, che ha potuto servirsene liberamente per prolungare l’opera di Cristo: annunciare il Vangelo, rimettere i peccati e guarire i malati nel corpo e nello spirito.

Come è stato per Gesù, la vera lotta, il combattimento radicale Padre Pio ha dovuto sostenerli non contro nemici terreni, bensì contro lo spirito del male (cfr Ef 6,12). Le più grandi "tempeste" che lo minacciavano erano gli assalti del diavolo, dai quali egli si difese con "l’armatura di Dio", con "lo scudo della fede" e "la spada dello Spirito, che è la parola di Dio" (Ef 6,11.16.17). Rimanendo unito a Gesù, egli ha avuto sempre di mira la profondità del dramma umano, e per questo si è offerto e ha offerto le sue tante sofferenze, ed ha saputo spendersi per la cura ed il sollievo dei malati, segno privilegiato della misericordia di Dio, del suo Regno che viene, anzi, che è già nel mondo, della vittoria dell’amore e della vita sul peccato e sulla morte. Guidare le anime e alleviare la sofferenza: così si può riassumere la missione di san Pio da Pietrelcina, come ebbe a dire di lui anche il servo di Dio, il Papa Paolo VI: "Era un uomo di preghiera e di sofferenza" (Ai Padri Capitolari Cappuccini, 20 febbraio 1971).

Cari amici, Frati Minori Cappuccini, membri dei Gruppi di preghiera e fedeli tutti di San Giovanni Rotondo, voi siete gli eredi di Padre Pio e l’eredità che vi ha lasciato è la santità. In una sua lettera scrive: "Sembra che Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l’anima vostra" (Epist. II, p. 155). Questa era sempre la sua prima preoccupazione, la sua ansia sacerdotale e paterna: che le persone ritornassero a Dio, che potessero sperimentare la sua misericordia e, interiormente rinnovate, riscoprissero la bellezza e la gioia di essere cristiani, di vivere in comunione con Gesù, di appartenere alla sua Chiesa e praticare il Vangelo. Padre Pio attirava sulla via della santità con la sua stessa testimonianza, indicando con l’esempio il "binario" che ad essa conduce: la preghiera e la carità.

Prima di tutto la preghiera. Come tutti i grandi uomini di Dio, Padre Pio era diventato lui stesso preghiera, anima e corpo. Le sue giornate erano un rosario vissuto, cioè una continua meditazione e assimilazione dei misteri di Cristo in unione spirituale con la Vergine Maria. Si spiega così la singolare compresenza in lui di doni soprannaturali e di concretezza umana. E tutto aveva il suo culmine nella celebrazione della santa Messa: lì egli si univa pienamente al Signore morto e risorto. Dalla preghiera, come da fonte sempre viva, sgorgava la carità. L’amore che egli portava nel cuore e trasmetteva agli altri era pieno di tenerezza, sempre attento alle situazioni reali delle persone e delle famiglie. Specialmente verso i malati e i sofferenti nutriva la predilezione del Cuore di Cristo, e proprio da questa ha preso origine e forma il progetto di una grande opera dedicata al "sollievo della sofferenza". Non si può capire né interpretare adeguatamente tale istituzione se la si scinde dalla sua fonte ispiratrice, che è la carità evangelica, animata a sua volta dalla preghiera.

Tutto questo, carissimi, Padre Pio ripropone oggi alla nostra attenzione. I rischi dell’attivismo e della secolarizzazione sono sempre presenti; perciò la mia visita ha anche lo scopo di confermarvi nella fedeltà alla missione ereditata dal vostro amatissimo Padre. Molti di voi, religiosi, religiose e laici, siete talmente presi dalle mille incombenze richieste dal servizio ai pellegrini, oppure ai malati nell’ospedale, da correre il rischio di trascurare la cosa veramente necessaria: ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio. Quando vi accorgete che siete vicini a correre questo rischio, guardate a Padre Pio: al suo esempio, alle sue sofferenze; e invocate la sua intercessione, perché vi ottenga dal Signore la luce e la forza di cui avete bisogno per proseguire la sua stessa missione intrisa di amore per Dio e di carità fraterna.

E dal cielo continui egli ad esercitare quella squisita paternità spirituale che lo ha contraddistinto durante l’esistenza terrena; continui ad accompagnare i suoi confratelli, i suoi figli spirituali e l’intera opera che ha iniziato. Insieme a san Francesco, e alla Madonna, che ha tanto amato e fatto amare in questo mondo, vegli su voi tutti e sempre vi protegga. Ed allora, anche nelle tempeste che possono alzarsi improvvise, potrete sperimentare il soffio dello Spirito Santo che è più forte di ogni vento contrario e spinge la barca della Chiesa ed ognuno di noi. Ecco perché dobbiamo vivere sempre nella serenità e coltivare nel cuore la gioia rendendo grazie al Signore. "Il suo amore è per sempre" (Salmo resp.).

Amen!


 PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

al termine di questa solenne Celebrazione, vi invito a recitare con me – come ogni domenica – la preghiera mariana dell’Angelus. Ma qui, nel santuario di san Pio da Pietrelcina, ci sembra di sentire la sua stessa voce, che ci esorta a rivolgerci con cuore di figli alla Vergine Santa: "Amate la Madonna e fatela amare". Così egli ripeteva a tutti, e più delle parole valeva la testimonianza esemplare della sua profonda devozione alla Madre celeste. Battezzato nella chiesa di Santa Maria degli Angeli di Pietrelcina col nome di Francesco, come il Poverello di Assisi nutrì sempre per la Vergine un amore tenerissimo.

La Provvidenza lo condusse poi qui, a San Giovanni Rotondo, presso il Santuario di Santa Maria delle Grazie, dove è rimasto fino alla morte e dove riposano le sue spoglie mortali. Tutta la sua vita e il suo apostolato si sono svolti dunque sotto lo sguardo materno della Madonna e con la potenza della sua intercessione. Anche la Casa Sollievo della Sofferenza egli la considerava opera di Maria, "Salute dei malati".

Pertanto, cari amici, sull’esempio di Padre Pio, anch’io oggi voglio affidarvi tutti alla materna protezione della Madre di Dio. In modo particolare la invoco per la comunità dei Frati Cappuccini, per i malati dell’Ospedale e per quanti con amore se ne prendono cura, come pure per i Gruppi di Preghiera che portano avanti in Italia e nel mondo la consegna spirituale del Santo fondatore.

All’intercessione della Madonna e di san Pio da Pietrelcina vorrei affidare in modo speciale l’Anno Sacerdotale, che ho inaugurato venerdì scorso, Solennità del Sacro Cuore di Gesù. Sia esso un’occasione privilegiata per porre in luce il valore della missione e della santità dei sacerdoti al servizio della Chiesa e dell’umanità del terzo millennio!

Preghiamo quest’oggi anche per la situazione difficile e talora drammatica dei rifugiati. Si è celebrata proprio ieri la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite. Molte sono le persone che cercano rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità, e la loro accoglienza pone non poche difficoltà, ma è tuttavia doverosa. Voglia Iddio che, con l’impegno di tutti, si riesca il più possibile a rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste.

Con grande affetto saluto tutti i pellegrini qui convenuti. Esprimo la mia riconoscenza alle Autorità civili e a quanti hanno collaborato alla preparazione della mia visita. Grazie di cuore! A tutti ripeto: camminate sulla via che Padre Pio vi ha indicato, la via della santità secondo il Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo. Su questa via vi precederà sempre la Vergine Maria, e con mano materna vi guiderà alla patria celeste.



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Discorso del Papa davanti alla Casa Sollievo della Sofferenza

SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009
Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questa domenica da Benedetto XVI nell'incontrarsi con gli ammalati, il personale medico, paramedico e amministrativo, i dirigenti dell’ospedale e i familiari della Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo.

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,
cari ammalati
,

in questa mia visita a San Giovanni Rotondo, non poteva mancare una sosta nella Casa Sollievo della Sofferenza, ideata e voluta da san Pio da Pietrelcina quale "luogo di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrovi in Cristo Crocifisso come un solo gregge con un solo pastore".
Proprio per questo volle affidarla al sostegno materiale e soprattutto spirituale dei Gruppi di Preghiera, che qui hanno il centro della loro missione al servizio della Chiesa.

Padre Pio voleva che in questa attrezzata struttura sanitaria si potesse toccare con mano che l’impegno della scienza nel curare il malato non deve mai disgiungersi da una filiale fiducia verso Dio, infinitamente tenero e misericordioso. Inaugurandola, il 5 maggio del 1956, la definì "creatura della Provvidenza" e parlava di questa istituzione come di "un seme deposto da Dio sulla terra, che Egli riscalderà con i raggi del suo amore".

Eccomi, dunque, tra voi per ringraziare Iddio per il bene che, da più di cinquant’anni, fedeli alle direttive di un umile Frate Cappuccino, voi fate in questa "Casa Sollievo della Sofferenza", con riconosciuti risultati sul piano scientifico e medico. Non mi è purtroppo possibile, come pur desidererei, visitarne ogni padiglione e salutare uno ad uno i degenti insieme a coloro che di essi si prendono cura. Mi preme però far giungere a ciascuno - malati, medici, familiari, operatori sanitari e pastorali – una parola di paterno conforto e di incoraggiamento a proseguire insieme quest’opera evangelica a sollievo della vita sofferente, valorizzando ogni risorsa per il bene umano e spirituale degli ammalati e dei loro familiari.

Con questi sentimenti, saluto cordialmente voi tutti, a cominciare da voi, fratelli e sorelle che siete provati dalla malattia. Saluto poi i medici, gli infermieri e il personale sanitario ed amministrativo. Saluto voi, venerati Padri Cappuccini, che, come Cappellani, proseguite l’apostolato del vostro santo Confratello. Saluto i Presuli e, in primo luogo, l’Arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio, già Pastore di questa Diocesi e ora chiamato a guidare la comunità arcidiocesana di Lecce; gli sono grato per le parole che mi ha voluto indirizzare a vostro nome. Saluto poi, il Direttore Generale dell’Ospedale, il Dottor Domenico Crupi, e il rappresentante degli ammalati, e sono riconoscente per le gentili e cordiali espressioni che essi mi hanno poc'anzi rivolto, permettendomi di meglio conoscere quanto qui viene compiuto e lo spirito con cui voi lo realizzate.

Ogni volta che si entra in un luogo di cura, il pensiero va naturalmente al mistero della malattia e del dolore, alla speranza della guarigione e al valore inestimabile della salute, di cui ci si rende conto spesso soltanto allorché essa viene a mancare. Negli ospedali si tocca con mano la preziosità della nostra esistenza, ma anche la sua fragilità. Seguendo l’esempio di Gesù, che percorreva tutta la Galilea, "curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4,23), la Chiesa, fin dalle sue origini, mossa dallo Spirito Santo, ha considerato un proprio dovere e privilegio stare accanto a chi soffre, coltivando un’attenzione preferenziale per i malati.

La malattia, che si manifesta in tante forme e colpisce in modi diversi, suscita inquietanti domande: Perché soffriamo? Può ritenersi positiva l'esperienza del dolore? Chi ci può liberare dalla sofferenza e dalla morte? Interrogativi esistenziali, che restano umanamente il più delle volte senza risposta, dato che il soffrire costituisce un enigma imperscrutabile alla ragione. La sofferenza fa parte del mistero stesso della persona umana. E’ quanto ho sottolineato nell’Enciclica
Spe salvi, notando che "essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall’altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile". Ed ho aggiunto che "certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza... ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità semplicemente perché… nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male… continuamente fonte di sofferenza" (cfr n.36).

Chi può eliminare il potere del male è solo Dio. Proprio per il fatto che Gesù Cristo è venuto nel mondo per rivelarci il disegno divino della nostra salvezza, la fede ci aiuta a penetrare il senso di tutto l'umano e quindi anche del soffrire. Esiste, quindi, un'intima relazione fra la Croce di Gesù - simbolo del supremo dolore e prezzo della nostra vera libertà - e il nostro dolore, che si trasforma e si sublima quando è vissuto nella consapevolezza della vicinanza e della solidarietà di Dio.

Padre Pio aveva intuito tale profonda verità e, nel primo anniversario dell’inaugurazione di quest’Opera, ebbe a dire che in essa "il sofferente deve vivere l’amore di Dio per mezzo della saggia accettazione dei suoi dolori, della serena meditazione del suo destino a Lui" (Discorso del 5 maggio 1957). Annotava ancora che nella Casa Sollievo "ricoverati, medici, sacerdoti saranno riserve di amore, che tanto più sarà abbondante in uno, tanto più si comunicherà agli altri" (ibid.).

Essere "riserve di amore": Ecco, cari fratelli e sorelle, la missione che questa sera il nostro Santo richiama a voi, che a vario titolo formate la grande famiglia di questa Casa Sollievo della Sofferenza.
Il Signore vi aiuti a realizzare il progetto avviato da Padre Pio con l’apporto di tutti: dei medici e dei ricercatori scientifici, degli operatori sanitari e dei collaboratori dei vari uffici, dei volontari e dei benefattori, dei Frati Cappuccini e degli altri Sacerdoti. Senza dimenticare i gruppi di preghiera che, "affiancati alla Casa del Sollievo, sono le posizioni avanzate di questa Cittadella della carità, vivai di fede, focolai d’amore" (Padre Pio, Discorso del 5 maggio 1966). Su tutti e ciascuno invoco l’intercessione di Padre Pio e la materna protezione di Maria, Salute dei malati. Grazie ancora per la vostra accoglienza e, mentre assicuro la mia preghiera per ciascuno di voi, di cuore tutti vi benedico.

 Libreria Editrice Vaticana
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Incontro del Papa con i sacerdoti, i religiosi e i giovani a San Giovanni Rotondo


SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009 

Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questa domenica da Benedetto XVI nella chiesa di san Pio da Pietrelcina di San Giovanni Rotondo, dove ha avuto luogo l’incontro con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e i giovani.

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari sacerdoti,
cari religiosi e religiose,
cari giovani
,

con questo nostro incontro si chiude il mio pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo. Sono grato all’Arcivescovo di Lecce, Amministratore Apostolico di questa Diocesi, Mons. Domenico Umberto d’Ambrosio, e al Padre Mauro Jöhri, Ministro Generale dei Frati Minori Cappuccini, per le parole di cordiale benvenuto che mi hanno rivolto a nome vostro. Il mio saluto si volge ora a voi, cari sacerdoti, che siete ogni giorno impegnati al servizio del popolo di Dio come guide sagge e assidui operai nella vigna del Signore. Saluto con affetto anche le care persone consacrate, chiamate ad offrire una testimonianza di totale dedizione a Cristo mediante la fedele pratica dei consigli evangelici. Un pensiero speciale per voi, cari Frati Cappuccini, che curate con amore questa oasi di spiritualità e di solidarietà evangelica, accogliendo pellegrini e devoti richiamati dalla viva memoria del vostro santo confratello Padre Pio da Pietrelcina. Grazie di cuore per questo prezioso servizio che rendete alla Chiesa e alle anime che qui riscoprono la bellezza della fede e il calore della tenerezza divina. Saluto voi, cari giovani, ai quali il Papa guarda con fiducia come al futuro della Chiesa e della società.

Qui, a San Giovanni Rotondo, tutto parla della santità di un umile frate e zelante sacerdote, che questa sera, invita anche noi ad aprire il cuore alla misericordia di Dio; ci esorta ad essere santi, cioè sinceri e veri amici di Gesù. E grazie alle parole dei vostri rappresentanti giovani.

Cari sacerdoti, proprio l’altro ieri, solennità del Sacro Cuore di Gesù e Giornata di santità sacerdotale, abbiamo iniziato
l’Anno Sacerdotale, durante il quale ricorderemo con venerazione ed affetto il 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars.
Nella
lettera che ho scritto per l’occasione, ho voluto sottolineare quanto sia importante la santità dei sacerdoti per la vita e la missione della Chiesa. Come il Curato d’Ars, anche Padre Pio ci ricorda la dignità e la responsabilità del ministero sacerdotale.
Chi non restava colpito dal fervore con cui egli riviveva la Passione di Cristo in ogni celebrazione eucaristica? Dall’amore per l’Eucaristia scaturiva in lui come nel Curato d’Ars una totale disponibilità all’accoglienza dei fedeli, soprattutto dei peccatori. Inoltre, se san Giovanni Maria Vianney, in un'epoca tormentata e difficile, cercò in ogni modo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale, per il santo Frate del Gargano, la cura delle anime e la conversione dei peccatori furono un anelito che lo consumò fino alla morte.

Quante persone hanno cambiato vita grazie al suo paziente ministero sacerdotale; quante lunghe ore egli trascorreva in confessionale!
 
Come per il Curato d’Ars, è proprio il ministero di confessore a costituire il maggior titolo di gloria e il tratto distintivo di questo santo Cappuccino. Come allora non renderci conto dell’importanza di partecipare devotamente alla celebrazione eucaristica e di accostarsi frequentemente al sacramento della Confessione? In particolare, il sacramento della Penitenza va ancor più valorizzato, e i sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli per questa straordinaria fonte di serenità e di pace.

C’è poi un altro grande insegnamento che possiamo trarre dalla vita di Padre Pio: il valore e la necessità della preghiera. A chi gli chiedeva un parere sulla sua persona, egli soleva rispondere: "Non sono che un povero frate che prega".

Ed effettivamente pregava sempre e dovunque con umiltà, fiducia e perseveranza.
Ecco allora un punto fondamentale non solo per la spiritualità del sacerdote, ma anche per quella di ogni cristiano, ed ancor più per la vostra, cari religiosi e religiose, scelti per seguire più da vicino Cristo mediante la pratica dei voti di povertà, castità e obbedienza. Talora si può essere presi da un certo scoraggiamento dinanzi all’affievolimento e persino all’abbandono della fede, che si registra nelle nostre società secolarizzate.

Sicuramente occorre trovare nuovi canali per comunicare la verità evangelica agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma poiché il contenuto essenziale dell’annuncio cristiano resta sempre lo stesso, è necessario tornare alla sua sorgente originaria, a Gesù Cristo che è "lo stesso ieri e oggi e sempre" (Eb 13,8). La vicenda umana e spirituale di Padre Pio insegna che solo un’anima intimamente unita al Crocifisso riesce a trasmettere anche ai lontani la gioia e la ricchezza del Vangelo.

All’amore per Cristo è inevitabilmente unito l’amore per la sua Chiesa, guidata ed animata dalla potenza dello Spirito Santo, nella quale ognuno di noi ha un ruolo e una missione da compiere. Cari sacerdoti, cari religiosi e religiose, diversi sono i compiti che vi sono affidati e i carismi dei quali siete interpreti, ma unico sia sempre lo spirito con cui realizzarli, perché la vostra presenza e la vostra azione all’interno del popolo cristiano, diventino eloquente testimonianza del primato di Dio nella vostra esistenza. Non era forse proprio questo ciò che tutti percepivano in san Pio da Pietrelcina?

Permettete ora che rivolga una parola speciale ai giovani, che vedo così numerosi ed entusiasti.

Cari amici, grazie per la vostra accoglienza calorosa e per i fervidi sentimenti di cui si è fatto interprete il vostro rappresentante. Ho notato che il piano pastorale della vostra Diocesi, per il triennio 2007-2010, dedica molta attenzione alla missione nei confronti della gioventù e della famiglia e sono certo che dall’itinerario di ascolto, di confronto, di dialogo e di verifica nel quale siete impegnati, scaturiranno una sempre maggiore cura delle famiglie e un puntuale ascolto delle reali attese delle nuove generazioni.

Ho presente i problemi che vi assillano, cari ragazzi e ragazze, e rischiano di soffocare gli entusiasmi tipici della vostra giovinezza. Tra questi, in particolare, cito il fenomeno della disoccupazione, che interessa in maniera drammatica non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d’Italia. Non perdetevi d’animo!

Siate "giovani dal cuore grande", come vi è stato ripetuto spesso quest’anno a partire dalla Missione Diocesana Giovani, animata e guidata dal Seminario Regionale di Molfetta nel settembre scorso.

La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa! C’è bisogno del vostro apporto per costruire comunità cristiane vive, e società più giuste e aperte alla speranza. E se volete avere il "cuore grande", mettetevi alla scuola di Gesù. Proprio l’altro giorno abbiamo contemplato il suo Cuore grande e colmo di amore per l’umanità. Mai Egli vi abbandonerà o tradirà la vostra fiducia, mai vi condurrà per sentieri sbagliati.

Come Padre Pio, anche voi siate fedeli amici del Signore Gesù, intrattenendo con Lui un quotidiano rapporto mediante la preghiera e l’ascolto della sua Parola, l’assidua pratica dei Sacramenti e l’appartenenza cordiale alla sua famiglia, che è la Chiesa. Questo deve essere alla base del programma di vita di ciascuno di voi, cari giovani, come pure di voi, cari sacerdoti e di voi, cari religiosi e religiose. Per ciascuno e ciascuna assicuro la mia preghiera, mentre imploro la materna protezione di Santa Maria delle Grazie, che veglia su di voi dal suo Santuario nella cui cripta riposano le spoglie di Padre Pio. Di cuore vi ringrazio, ancora una volta, per la vostra accoglienza e vi benedico tutti, insieme alle vostre famiglie, comunità, parrocchie e all’intera vostra Diocesi. Grazie!

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[Modificato da Cattolico_Romano 22/06/2009 07:28]
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Da San Giovanni Rotondo il Papa lancia un appello alla solidarietà di fronte al dramma dei rifugiati e dei giovani senza lavoro

La santità della via di padre Pio




Benedetto XVI, appena giunto ieri, domenica 21, a San Giovanni Rotondo, si è inchinato davanti alle spoglie di padre Pio e ha pregato in profondo raccoglimento. Poi si è immerso nella realtà dei luoghi in cui tutto sembra parlare del santo del Gargano, e ha invitato tutti a non distogliere mai lo sguardo da quella figura di santo sacerdote, per "non correre il rischio dell'attivismo e della secolarizzazione", come ha detto ai frati cappuccini che ne custodiscono la memoria. Il Papa, ricordando all'Angelus la giornata dei rifugiati, ha chiesto di non dimenticare "quanti fuggono da situazioni di guerra" la cui accoglienza "è doverosa". Pensare padre Pio - ha aggiunto il Pontefice - per continuare a essere, come medici e infermieri che operano accanto ai malati, "riserve d'amore". Ai giovani ha chiesto di "non abbandonare mai la Chiesa" che mai li abbandonerà, perché condivide con loro la preoccupazione per il dramma della disoccupazione.

È tutto qui il senso di una giornata interamente dedicata a uno tra i più umili dei sacerdoti, capace tuttavia di percorrere sino alle più alte vette la via della santità, e che il Papa ha voluto additare, accanto al santo curato d'Ars, come modello per la celebrazione dell'Anno sacerdotale.

Una decina di ore Benedetto XVI ha trascorso sul colle del Gargano. Ma sono state ore dense di incontri e di insegnamenti. Durante l'omelia della messa celebrata sul sagrato della nuova chiesa dedicata a san Pio, soffermandosi sulla testimonianza resa da quell'umile e grande frate ha ricordato la sua lotta contro "lo spirito del male", ha riproposto il "binario" della sua esemplarità, costituito da preghiera e carità raccomandandone la sequela ai suoi frati. Non ha dimenticato le grandi questioni che scuotono il mondo e, prima di recitare l'Angelus, ha amplificato il senso della giornata che l'Onu ha dedicato ai rifugiati. Poi ha riservato la prima parte del pomeriggio all'incontro con i sofferenti, nel pronao dell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Li ha accostati al Cristo sofferente e, a chi li assiste, ha raccomandato di non smettere mai di amarli. Non poteva infine mancare l'incontro con i giovani. Erano mischiati con i religiosi e le religiose nella nuova chiesa di san Pio. Ha assicurato loro di aver "presenti i problemi che vi assillano" e che rischiano "di soffocare gli entusiasmi tipici della vostra giovinezza", in particolare il drammatico fenomeno della disoccupazione. Li ha esortati a non perdersi d'animo.

A essere "giovani dal cuore grande" e a "mettersi alla scuola di Gesù". Poco prima aveva chiesto ai sacerdoti di "trovare nuovi canali" per evangelizzare gli uomini del nostro tempo, senza tuttavia dimenticare che "Cristo è lo stesso ieri e oggi e sempre".


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)
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22/06/2009 19:49

Il cuore dei santi e la Chiesa


In tre giorni il Papa ha pregato davanti al cuore di due santi molto popolari e cari alla devozione cattolica moderna:  nella basilica vaticana inginocchiato dinanzi a quello di Jean-Marie Vianney, il curato d'Ars morto un secolo e mezzo fa e proclamato patrono dei parroci da Pio XI, e in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo di fronte al cuore di padre Pio, il cappuccino stimmatizzato del Gargano che davvero ha adunato intorno a sé una "clientela mondiale", come disse Paolo VI solo tre anni dopo la morte del frate.

Se persino nell'impoverito linguaggio comune contemporaneo il cuore indica quanto di più intimo e profondo vi è nella persona umana, tanto più significativa è la scelta di Benedetto XVI di venerare, secondo un'antica tradizione cristiana, il cuore dei santi. Nel contesto delle ricorrenze liturgiche del Sacro Cuore di Gesù e di quello della Vergine, all'inizio dell'anno che il Papa ha voluto dedicare ai sacerdoti e nel procedere delle sue visite in Italia, scandite quest'anno dalle figure di tre santi come Benedetto, Pio e Bonaventura.

Il senso di questa scelta simbolica appare chiaro:  è la santità, sulle orme di Cristo, la via da percorrere per riformare nel profondo, appunto nel cuore, la Chiesa e ogni persona umana. Il giorno di Pentecoste Benedetto XVI ha ricordato la presenza dello Spirito:  senza di lui infatti la Chiesa non sarebbe che un movimento storico, sia pure grande, magari una solida istituzione sociale, "forse una sorta di agenzia umanitaria". E a San Giovanni Rotondo il Papa ha di nuovo contrapposto ai "rischi dell'attivismo e della secolarizzazione" la via seguita da padre Pio:  semplicemente "ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio".

Dunque, aprire il cuore a Dio e alla sua misericordia. Sull'esempio - e qui Benedetto XVI si è rivolto in particolare ai preti, ma in senso più largo a ogni fedele - del curato d'Ars e di padre Pio, che compresero bene l'importanza nella loro vita della preghiera e della confessione, testimoniandole e mettendole a disposizione, senza stancarsi mai, di chi a loro si rivolgeva. Sono questi i modelli proposti nell'anno dedicato ai sacerdoti, in contesti sociali e culturali mutati, nei quali "si può essere presi da un certo scoraggiamento dinanzi all'affievolimento e persino all'abbandono della fede" nelle società secolarizzate e di fronte ai quali bisogna allora trovare "nuovi canali" per comunicare l'annuncio cristiano.

A San Giovanni Rotondo, alla lucidità consueta dell'analisi - ripetuta anche a proposito di fenomeni come quelli della disoccupazione o dell'accoglienza dei rifugiati, difficile, doverosa e da prevenire - il Papa ha affiancato una fiducia serena, a lui altrettanto abituale. La barca della Chiesa, così come quella di ogni persona umana, nel mare della vita e sull'oceano della storia, sono infatti spinte dal soffio dello Spirito, che purifica dai peccati ed è più forte di tutti i venti contrari. Spetta a ciascuno aprire il proprio cuore a questo soffio invisibile e potente che governa la Chiesa e le vicende umane.

g. m. v.



(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)
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22/06/2009 19:53

I saluti del sindaco e dell'arcivescovo

San Giovanni Rotondo sarà gemellata con Marktl am Inn


Giunto sul sagrato del santuario di San Giovanni Rotondo, Benedetto XVI è stato salutato dal sindaco Gennaro Giuliani e dall'arcivescovo D'Ambrosio. Ecco le parole del primo cittadino.

Santità,
la comunità di San Giovanni Rotondo, stringendosi all'arcivescovo D'Ambrosio e ai Frati Cappuccini, si presenta giubilante al Sommo Pontefice come una grande famiglia spirituale, unita nel nome di san Pio e stretta attorno al Pastore della Chiesa universale. 

Oggi, a San Giovanni Rotondo, su questo sagrato, a pochi passi dal luogo dove visse e operò il Frate Cappuccino possiamo unirci in preghiera all'apostolo Pietro, rinnovando la nostra unità:  "Tu es Petrus, et portae inferi non praevalebunt adversum eam"; e possiamo indirizzare il nostro pensiero all'esempio di san Pio, simbolo di obbedienza e di totale dedizione alla Fede.

Vostra Santità, due giorni fa, nella solennità del Sacro Cuore di Gesù ha aperto l'Anno sacerdotale nella prospettiva di far percepire sempre più l'importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanee.

Un'umile cella e un minuscolo confessionale hanno fatto la Storia. Ma sono anche i luoghi in cui si è potuto irradiare il Concilio, grazie alla "semplicità sacerdotale" di un Frate che di sé stesso diceva "sono un umile prete" e che ha saputo anticipare nelle sue opere e nel suo servizio quanto ribadito da Giovanni Paolo II per l'inizio del Terzo millennio:  "Un tempo segnato dalla centralità di Cristo nella storia e nella vita di ogni uomo".

San Giovanni Rotondo è "città dell'accoglienza e della riconciliazione" perché è solida nella fede e nella sua missione di aiuto al prossimo, avendo saputo porsi con passione al servizio dell'uomo.
Siamo "un popolo generoso", come amava ricordarci, nelle sue assidue preghiere, padre Pio, implorando per i sangiovannesi pace e prosperità quale segno della sua predilezione.

Oggi, grazie alla presenza di Vostra Santità, San Giovanni Rotondo sta vivendo un giorno fatto dal Signore. Oggi, il calore che i sangiovannesi hanno saputo riservare a padre Pio è tutto per Vostra Santità.
Il popolo di San Giovanni Rotondo è pronto a seguire il Pastore della Chiesa universale con il cuore rinnovato a una gioiosa speranza e a una profonda gratitudine. Per questo, dopo la città di Wadowice, luogo natio di Papa Wojtyla, la nostra comunità sarà presto gemellata con Marktl am Inn, città natale di Vostra Santità, per condividere l'impegno al servizio della verità.


Questo il benvenuto del presule.

Beatissimo Padre,
siamo oggi in tanti, quasi una moltitudine immensa di ogni lingua e nazione a benedire e lodare il Signore per il dono della sua visita e della sua presenza. San Giovanni Rotondo, città posta sul monte, da poco meno di cento anni vede un numero sempre più crescente di uomini e donne che qui salgono, attratti dal carisma e dalla santità di padre Pio da Pietrelcina, "al quale - come lei ci ha ricordato nella memorabile udienza del 14 ottobre 2006 in piazza San Pietro - Dio ha affidato il perenne messaggio del suo amore crocifisso per l'intera umanità".

Ventidue anni fa il servo di Dio Giovanni Paolo II ci ha detto che questa città di San Giovanni Rotondo "sta vedendo da un po' di tempo un giorno fatto dal Signore che ci chiama ad essere sempre degni della testimonianza qui data da padre Pio". Oggi con gioia grande accogliamo lei, Padre Santo, venuto a confermare i fratelli nella fede nel Cristo crocifisso e risorto, volto della misericordia del Padre che in questo luogo per cinquantadue anni è stato rivelato da un povero Frate che pregava, soffriva e con il ministero del perdono, toglieva i peccati del mondo.

Abbiamo desiderato e atteso con l'impazienza affettuosa dei figli la sua venuta, Santità. Le siamo immensamente grati e vogliamo vivere questo giorno santo sostenuti, rafforzati e liberati dalle tante paure e incertezze che ci fanno talvolta dubitare come gli Apostoli nelle tempeste della vita e gridare:  Signore e Maestro, non t'importa che moriamo? Non abbiamo ancora fede. Ci guidi e ci confermi nella forte adesione e fiducia a Colui, Cristo Gesù, il solo che può annullare ogni nostra paura.

Padre Santo, a nome dell'intera Chiesa di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, dei confratelli di san Pio da Pietrelcina, i cari Padri Cappuccini, dell'immensa schiera di devoti e figli spirituali del nostro santo, dei gruppi di preghiera di san Pio, della grande comunità di San Giovanni Rotondo qui presente in tutte le sue espressioni, "vi offriamo - come scriveva padre Pio al servo di Dio Paolo VI - la nostra preghiera e sofferenza quotidiana, quale piccolo ma sincero pensiero degli ultimi dei vostri figli, affinché il Signore vi conforti con la sua grazia per continuare il diritto e faticoso cammino, nella difesa dell'eterna verità, che mai si cambia col mutare dei tempi".

Il Signore la protegga e la sostenga nel suo ministero di Pastore della Chiesa universale. Le doni forza e luce, sapienza e intelligenza per guidare tutti noi, redenti dal Signore, sulla via santa. Grazie, Beatissimo Padre, ci benedica.


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22/06/2009 19:55

Nella città dell'accoglienza e della pace


dal nostro inviato Mario Ponzi

Nella "città dell'accoglienza e della pace", forgiata dalla spiritualità di padre Pio, l'asceta del mezzogiorno che parlava in dialetto, il Papa ha rivolto il suo pensiero a chi pace e accoglienza mendica sulle vie del mondo, nel tentativo di scampare alla sofferenza causata dalla violenza della guerra:  i rifugiati. Aveva da poco concluso la celebrazione della messa sul sagrato della bella chiesa dedicata a san Pio, nella cittadina sul colle del Gargano dove ogni pietra parla del santo stigmatizzato, San Giovanni Rotondo; prima della benedizione, invitando a recitare l'Angelus, Benedetto XVI ha ricordato la ricorrenza della giornata dedicata dall'Onu proprio ai rifugiati e ha riproposto "la drammatica situazione" di quanti sono costretti a fuggire dalle loro case. E da quell'altare, innalzato dirimpetto all'ospedale voluto da padre Pio, ha ribadito che l'accoglienza "è doverosa" anche se "pone delle difficoltà". Ha invocato l'impegno di tutti per "rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste".



In una giornata interamente dedicata a un frate umile ma dai forti umori meridionali, talvolta scontrosi ma sempre capaci di calamitare l'attenzione del mondo predicando la pace, l'accoglienza e l'attenzione per chi soffre, il Papa dunque ha gettato lo sguardo oltre il colle e ha dilatato la preghiera di una popolazione che ha confidenza con chi soffre ed è incline alla preghiera. E la preghiera è stata, ancora una volta, protagonista di un evento straordinario, pur nell'ordinarietà di una cittadina abituata alle grandi folle. Ha scandito le giornate in attesa della visita di Benedetto XVI; ha accompagnato le ore della vigilia; si è trasformata in coro, unita a quella del Papa nei luoghi che hanno visto la testimonianza di uno dei sacerdoti tra i più umili, più remissivi, e anche tra i più incompresi e osteggiati, derisi e umiliati, capace tuttavia di soffrire per la Chiesa e a causa della Chiesa.

Ed è stata festa grande, nonostante il maltempo abbia provato, sin dalla sera della vigilia, a metterla in forse, tanto da far prima saltare la veglia di preghiera organizzata dai giovani e poi costringere una schiera di fiorai a rifare l'intero addobbo floreale della città, letteralmente devastato da una violenta grandinata. Solo piccoli cambiamenti di programma, invece, per la visita del Papa:  partenza in aereo da Ciampino anziché in elicottero e arrivo a San Giovanni Rotondo con una manciata di minuti di ritardo, rispetto al tabellino di marcia, per il saluto alle autorità presso il campo sportivo Antonio Massa, dove, con l'arcivescovo Domenico Umberto D'Ambrosio, erano ad attenderlo l'arcivescovo Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi, il ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto in rappresentanza del Governo italiano, il presidente della regione Puglia Nichi Vendola e il sindaco Gennaro Giuliani.

Tra due ali di folla, a stento trattenute da oltre cinque chilometri di transenne, il Papa ha raggiunto la piazza sulla quale si affacciano il santuario, l'antica e la nuovissima chiesa dominate da Casa Sollievo della Sofferenza, quasi in cima al colle. Tra i tanti striscioni esposti lungo il percorso la testimonianza della confidenza della cittadina con il Papa:  alcuni recavano ancora la scritta "Totus tuus", vecchi di almeno ventidue anni erano stati dedicati a Giovanni Paolo II in visita nel 1987.

Appena il tempo di accogliere le parole di saluto dell'arcivescovo e del sindaco, poi il Papa si è dedicato a padre Pio. Ha sostato con commozione nella sua cella, dove sono ancora conservate persino le bombole d'ossigeno che lo hanno aiutato a respirare gli ultimi giorni di vita. Sulla spalliera del letto il quadro della Madonna; ai piedi del letto le sue scarpe. Si è raccolto in preghiera nella cripta che ospita, esposto, il corpo del santo; ha venerato la reliquia del cuore e acceso due lampade a perenne ricordo delle visite degli ultimi due pontefici, la sua e quella di Giovanni Paolo II. Poi è risalito e nella sacrestia si è chinato su un fraticello di novantadue anni, che lo attendeva sulla sedia a rotelle sulla quale passa ormai i suoi giorni. Era fra Modestino, frate laico molto amico di padre Pio. Lo ha sempre affiancato, sino all'ultimo respiro; ha raccolto molte delle sue confidenze. Le custodisce gelosamente nel cuore. Il Papa lo ha teneramente accarezzato. In una sala attigua ha poi incontrato i parenti di padre Pio. La nipote Pia Forgione, figlia di Michele, il fratello di padre Pio, con i figli e i nipoti.

La celebrazione della messa ha avuto luogo sul sagrato della chiesa nuova di San Pio. Con il Papa, oltre all'arcivescovo D'Ambrosio, hanno concelebrato i cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e Salvatore De Giorgi, pugliese d'origine; gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, il nunzio Bertello, il prefetto della Casa Pontificia, James Michael Harvey; il vescovo Paolo de Nicolò, reggente della Prefettura, i presuli della Puglia, la comunità dei frati cappuccini con il ministro generale, padre Mauro Jöhri, e numerosi altri sacerdoti diocesani.

Almeno cinquantamila i fedeli che hanno partecipato alla celebrazione. Venivano da diverse parti del mondo, i più lontani da Singapore, altri dagli Stati Uniti, altri ancora dalla Germania. I più numerosi dalla Polonia. Sono giunti con ogni mezzo e per tutta la giornata di sabato hanno continuato a sbarcare a centinaia da pullman saliti al colle, arrancando a passo d'uomo, sui tornanti. Per la maggior parte si trattava di appartenenti ai gruppi di preghiera padre Pio, diffusi in tutto il mondo. Molti erano semplici fedeli che, al programmato pellegrinaggio, hanno visto aggiungersi la gioia dell'incontro con il Papa. Ed erano tutti lì alla messa sulla piazza. Una massa composta. Caratterizzata dal giallo e dal bianco delle migliaia di cappellini distribuiti dall'organizzazione. E compatti si sono mostrati nella preghiera e nell'alternarsi nel canto con una corale imponente. Guidata dall'orchestra sinfonica del conservatorio Piccinni di Bari, era composta dai cori di Lucera, di Foggia, di Bellizzi, di San Giovanni Rotondo e della fondazione Lirico-sinfonica Petruzzelli di Bari.

Il Papa ha celebrato con un calice che era solito usare padre Pio e con il quale aveva già celebrato la messa Giovanni Paolo II. L'altare, collocato su un palco bianco, era decorato dai mosaici di padre Marko Ivan Rupnik. Sulla sinistra era stato collocato il quadro raffigurante la Madonna delle Grazie, una tela del 1500 che ordinariamente si trova al centro dell'altare maggiore della chiesetta antica del convento. Poco più avanti il reliquiario con il cuore di padre Pio.

Al momento della comunione, mentre decine e decine di ombrelli bianchi disseminati sulla piazza indicavano i sacerdoti scesi tra i fedeli, il Papa la distribuiva a un centinaio di persone. Tra i primi un pronipote di padre Pio e una famiglia di terremotati dell'Aquila che hanno scelto di tornare a vivere nel loro luogo d'origine dopo la tragedia di aprile.

Al termine della messa un momento di familiarità vissuto con i ministranti. Il Papa, dismessi i paramenti liturgici, li ha salutati a uno a uno. A presentarli l'arcivescovo D'Ambrosio. Indicando un giovane chierico, il presule ha detto confidenzialmente al Papa:  "Santità, gli faccia gli auguri:  oggi è san Luigi e lui si chiama Luigi". Il Papa prima gli ha sorriso, stretto la sua mano e fatto gli auguri; ma poi, trattenendolo, gli ha detto:  "Ora fammi tu gli auguri perché il mio secondo nome è Luigi".

L'arrivo a Casa Sollievo della Sofferenza per il pranzo e un momento di riposo, è avvenuto sotto un vero e proprio diluvio. La tregua del maltempo è durata infatti solo lo spazio - e non è stato poco - della messa.


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)
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Gli indirizzi di saluto

Il dolore vissuto come offerta


"Ho il cancro e le offro le sofferenze mie e di tutti gli ammalati della Casa Sollievo delle sofferenze":  hanno suscitato una grande emozione le parole rivolte al Papa da Anna Daniele, dipendente dell'ospedale, all'inizio dell'incontro.

"Sono una dei dipendenti che hanno l'onore e la gioia di lavorare qui - ha spiegato la donna - ma da luglio sono anche un'ammalata di cancro. La scoperta del nodulo, la conferma della diagnosi mi hanno trovato incredula, smarrita, persa, in mille perché senza risposta. Credere in un Dio Padre mi ha dato la risposta anche a quei perché che risposta non hanno".

"Mi sono chiesta quale progetto Dio ha su di me - ha affermato - e non mi sono ribellata, ma ho voluto dire eccomi, sono pronta. La malattia è per me una rivelazione:  non ho paura di morire, ho solo paura che, quando sarà, non avrò nulla da offrire al Signore. Voglio essere una donna con la lampada sempre accesa, con le valigie pronte e voglio che il mio cammino su questa terra sia teso a far del bene non nelle grandi opere, ma nelle azioni del vivere quotidiano. Non voglio parlar male di alcuno, voglio fuggire il pettegolezzo, con umiltà voglio essere al servizio del prossimo, voglio dedicare la mia vita al bene, così quando il Padre mi chiamerà a sé, in virtù del poco di buono che ho fatto, perdoni il tanto di male che in vita ho potuto compiere"

Un "pensiero particolare" la donna l'ha riservato a tutti coloro che hanno cura dei malati:  "Non ci lasciate soli con i nostri pensieri, le nostre paure e quando non avete nulla da dire non vi preoccupate, basta che ci prendiate solo per mano e noi sapremo e sentiremo che ci siete".

Prima di Anna Daniele, l'arcivescovo D'Ambrosio ha presentato al Papa la realtà della struttura, "cantiere aperto di preghiera e carità operosa" con una "storia viva che narra le acrobazie dell'amore". Poi il direttore generale, Domenico Crupi, ha salutato il Papa a nome dei dipendenti e degli ammalati, in particolare dei bambini.

La parola di Benedetto XVI, ha riconosciuto, darà la "forza per praticare e vivere giorno per giorno la centralità della persona del malato, nella visione dell'antropologia cristiana, anteponendo questo valore agli egoismi, alle nostre umane ambizioni, a fuorvianti teorie scientifiche ed economiche". Sarà anche "guida nell'affrontare le grandi sfide etiche poste da un tumultuoso sviluppo della medicina che si concentrerà sempre più sull'impiego delle nanotecnologie, delle bionanotecnologie, della robotica e della post-genomica. Come istituto scientifico di ricerca per la genetica e le malattie eredo-familiari non ci sottrarremo alle sfide, le affronteremo sicuri nel solco tracciato dal magistero della Chiesa".


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Tra i sofferenti e i giovani la conclusione della visita a San Giovanni Rotondo

Un invito a mantenere viva una grande eredità


dal nostro inviato Mario Ponzi

È stata segnata da momenti significativi la seconda parte della giornata trascorsa dal Papa a San Giovanni Rotondo, là dove quello spirito grande "afferrato da Dio", parla ancora oggi a chi ha la pazienza di raggiungerlo dove riposa o di provare ad ascoltarlo tra i gemiti di quanti, sofferenti, cercano sollievo nella Casa da lui voluta più di ogni altra cosa.

Il primo di questi momenti è stato vissuto proprio nell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, da cinquantatré anni monumento all'amore, alla carità operosa, alla generosità. Oltre mezzo secolo di lacrime e di speranze, in ginocchio dinanzi alle tante croci quotidiane del dolore e della malattia. Questa è la storia dell'ospedale di padre Pio.

Era il 5 maggio del 1956 quando, su un piazzale gremito da migliaia di persone, il santo cappuccino presentava al mondo "la creatura che la Provvidenza ha creato", un luogo "di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrova con il Cristo crocifisso come un solo gregge con un solo pastore". Oggi quella singolare cittadella della carità, sorta ai piedi del monte Castellano e affacciata sui luoghi della straordinaria avventura spirituale del santo del Gargano, accoglie il popolo che, dei trascorsi cinquantatré anni, è stato autentico protagonista. Accoglie i malati, i disabili che qui, senza distinzione alcuna, trovano attenzioni e cure, conforto e dedizione senza limiti. Accoglie medici, infermieri, operatori sanitari con diverse mansioni, religiosi e religiose, volontari.

Insieme costituiscono la grande famiglia che si è presentata all'appuntamento con il Papa in un singolare pomeriggio di prima estate, caratterizzato da pioggia a dirotto e sprazzi di sole. Come si conviene in una famiglia perbene, ognuno dei componenti si è presentato al Papa:  l'arcivescovo D'Ambrosio, in qualità di presidente, il direttore generale Crupi, e Anna Daniele alla quale il destino ha mischiato le carte:  da infermiera al servizio dei malati a malata essa stessa, oggi servita e assistita con un tale amore "da darmi la forza ha detto al Papa di affrontare serenamente il cancro, senza chiedermi perché abbia colpito proprio me". Ad Anna, e con lei a tutti i malati, Benedetto XVI ha ricordato che "la sofferenza fa parte del mistero stesso della persona" e ha chiesto a tutti i membri di quella grande famiglia, che costituisce l'anima vera dell'ospedale di padre Pio, di essere "una riserva di amore".

Infine l'incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e soprattutto con i giovani. Tutti insieme lo hanno accolto nello splendore della chiesa costruita da Renzo Piano. Ciascuno ha incaricato un proprio rappresentante di parlare al Papa. Prima, per i sacerdoti, l'arcivescovo verso il quale i sangiovannesi non hanno perso occasione per dimostrare un affetto straordinario poi il ministro generale per i cappuccini e infine Maria Celeste Buenza e Luigi Gravina per quella grande platea di giovani che non ha cessato un solo istante di acclamare al Papa. Maria e Luigi comunicavano al Papa le loro gioie, le loro ansie, le loro attese. Sull'assemblea svettava uno striscione enorme sul quale i giovani avevano scritto il loro messaggio per il Papa:  "Noi siamo con te".

Benedetto XVI ha avuto una parola per tutti. Ha esortato i sacerdoti a non arrendersi dinanzi ai confessionali vuoti e a cercare l'uomo con ogni mezzo per riportarlo alle origini, cioè a Cristo. Ai religiosi - dopo che in mattinata aveva raccomandato loro di non farsi distrarre dall'attivismo - ha chiesto di non lasciarsi prendere dallo scoramento dinanzi "all'affievolimento e persino all'abbandono della fede, come accade nella nostra società secolarizzata". La forza la devono trarre dalla grande eredità spirituale del loro santo confratello, che, insieme al curato d'Ars, dovrà essere preso - come ha ricordato più volte il Papa nel corso della giornata riferendosi alle due grandi figure - come modello da seguire e da imparare a imitare lungo tutto l'Anno sacerdotale appena inaugurato.

Infine si è rivolto ai giovani con i quali ha voluto condividere le preoccupazioni per ciò che rischia di soffocare il loro tipico e sano entusiasmo "il fenomeno della disoccupazione". Il Papa ha denunciato la drammaticità della situazione di "non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d'Italia". "Non perdetevi d'animo - ha cercato di incoraggiarli -. Siate giovani dal cuore grande". E ancora:  "La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa!". Quasi una promessa reciproca, un patto d'amore e di fiducia, l'ennesimo, tra il Papa e i giovani.

L'ultimo atto prima della partenza è stato la benedizione dei mosaici di padre Marko Ivan Rupnik nella nuovissima cripta della chiesa di San Pio. Si tratta di opere di straordinaria bellezza che vanno ad arricchire una maestosa realizzazione voluta per ospitare le spoglie di padre Pio.


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