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Il discorso di Benedetto XVI ai membri della fondazione intitolata allo statista trentino

Ultimo Aggiornamento: 22/08/2009 13:12
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21/06/2009 11:47

Il discorso di Benedetto XVI ai membri della fondazione intitolata allo statista trentino

De Gasperi ha onorato la Chiesa, l'Italia e l'Europa


La "riconosciuta dirittura morale" di Alcide De Gasperi, basata "su un'indiscussa fedeltà ai valori umani e cristiani", è stata evidenziata dal Papa nel discorso rivolto ai membri della fondazione intitolata allo statista trentino, ricevuti in udienza sabato mattina, 20 giugno, nella Sala dei Papi.



Cari amici del Consiglio della Fondazione Alcide De Gasperi!
Mi è molto gradita la vostra visita, e con affetto tutti vi saluto. In particolare, saluto la Signora Maria Romana, figlia di Alcide De Gasperi, e l'On. Giulio Andreotti, che a lungo è stato suo stretto collaboratore. Colgo volentieri l'opportunità, che mi offre la vostra presenza, per rievocare la figura di questa grande personalità, che, in momenti storici di profondi cambiamenti sociali in Italia e in Europa, irti di non poche difficoltà, seppe prodigarsi efficacemente per il bene comune. Formato alla scuola del Vangelo, De Gasperi fu capace di tradurre in atti concreti e coerenti la fede che professava. Spiritualità e politica furono in effetti due dimensioni che convissero nella sua persona e ne caratterizzarono l'impegno sociale e spirituale. Con prudente lungimiranza guidò la ricostruzione dell'Italia uscita dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale, e ne tracciò con coraggio il cammino verso il futuro; ne difese la libertà e la democrazia; ne rilanciò l'immagine in ambito internazionale; ne promosse la ripresa economica aprendosi alla collaborazione di tutte le persone di buona volontà.

Spiritualità e politica si integrarono così bene in lui che, se si vuole comprendere sino in fondo questo stimato uomo di governo, occorre non limitarsi a registrare i risultati politici da lui conseguiti, ma bisogna tener conto anche della sua fine sensibilità religiosa e della fede salda che costantemente ne animò il pensiero e l'azione. Nel 1981, a cento anni dalla nascita, il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II gli rese omaggio, affermando che "in lui la fede fu centro ispiratore, forza coesiva, criterio di valori, ragione di scelta" (Insegnamenti, IV, 1981, p. 861). Le radici di tale solida testimonianza evangelica vanno ricercate nella formazione umana e spirituale ricevuta nella sua regione, il Trentino, in una famiglia dove l'amore per Cristo costituiva pane quotidiano e riferimento di ogni scelta. Egli aveva poco più di vent'anni quando nel 1902, prendendo parte al primo Congresso Cattolico trentino, tracciò le linee di azione apostolica che costituiranno il programma dell'intera sua esistenza:  "Non basta conservare il cristianesimo in se stessi - egli disse - , conviene combattere con tutto il grosso dell'esercito cattolico per riconquistare alla fede i campi perduti" (cfr. A. De Gasperi, I cattolici trentini sotto l'Austria, Ed. di storia e letteratura, Roma 1964, p. 24). A quest'orientamento resterà fedele sino alla morte, anche a costo di sacrifici personali, affascinato dalla figura di Cristo. "Non sono bigotto - scriveva alla sua futura sposa Francesca - e forse nemmeno religioso come dovrei essere; ma la personalità del Cristo vivente mi trascina; mi soggioga, mi solleva come un fanciullo. Vieni, io ti voglio con me e che mi segua nella stessa attrazione, come verso un abisso di luce" (A. De Gasperi, Cara Francesca, Lettere, a cura di M.R. De Gasperi, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 40-41).

Non si resta allora sorpresi quando si apprende che nella sua giornata, oberata di impegni istituzionali, conservarono sempre largo spazio la preghiera e il rapporto con Dio, iniziando ogni giorno, quando gli era possibile, con il partecipare alla Santa Messa. Anzi i momenti più caotici e movimentati segnarono il vertice della sua spiritualità. Quando, ad esempio, conobbe l'esperienza del carcere, volle con sé come primo libro la Bibbia ed in seguito conservò l'abitudine di annotare i riferimenti biblici su foglietti per alimentare costantemente il suo spirito. Verso la fine della sua attività governativa, dopo un duro confronto parlamentare, ad un collega del governo che gli chiedeva quale fosse il segreto della sua azione politica rispose:  "Che vuoi, è il Signore!".

Cari amici, mi piacerebbe soffermarmi ancor più su questo personaggio che ha onorato la Chiesa e l'Italia, ma mi limito a evidenziarne la riconosciuta dirittura morale, basata su un'indiscussa fedeltà ai valori umani e cristiani, come pure la serena coscienza morale che lo guidò nelle scelte della politica. "Nel sistema democratico - afferma in uno dei suoi interventi - viene conferito un mandato politico amministrativo con una responsabilità specifica..., ma parallelamente vi è una responsabilità morale dinanzi alla propria coscienza, e la coscienza per decidere deve essere sempre illuminata dalla dottrina e dall'insegnamento della Chiesa" (cfr. A. De Gasperi, Discorsi politici 1923-1954, Cinque Lune, Roma 1990, p. 243). Certo, in qualche momento non mancarono difficoltà e, forse, anche incomprensioni da parte del mondo ecclesiastico, ma De Gasperi non conobbe tentennamenti nella sua adesione alla Chiesa che fu - come ebbe a testimoniare in un discorso a Napoli nel giugno del 1954 - "piena e sincera... anche nelle direttive morali e sociali contenute nei documenti pontifici che quasi quotidianamente hanno alimentato e formano la nostra vocazione alla vita pubblica".

In quella stessa occasione notava che "per operare nel campo sociale e politico non basta la fede né la virtù; conviene creare ed alimentare uno strumento adatto ai tempi... che abbia un programma, un metodo proprio, una responsabilità autonoma, una fattura e una gestione democratica". Docile ed obbediente alla Chiesa, fu dunque autonomo e responsabile nelle sue scelte politiche, senza servirsi della Chiesa per fini politici e senza mai scendere a compromessi con la sua retta coscienza.

Al tramonto dei suoi giorni potrà dire:  "Ho fatto tutto ciò che era in mio potere, la mia coscienza è in pace", spegnendosi, confortato dal sostegno dei familiari, il 19 agosto del 1954, dopo aver mormorato per tre volte il nome di Gesù. Cari amici, mentre preghiamo per l'anima di questo statista di fama internazionale, che con la sua azione politica ha reso servizio alla Chiesa, all'Italia e all'Europa, domandiamo al Signore che il ricordo della sua esperienza di governo e della sua testimonianza cristiana siano incoraggiamento e stimolo per coloro che oggi reggono le sorti dell'Italia e degli altri popoli, specialmente per quanti si ispirano al Vangelo. Con questo auspicio, vi ringrazio ancora per la vostra visita e con affetto tutti vi benedico.



(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)
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Il cardinale Giovanni Battista Re ricorda lo statista a Pesaro

Alcide De Gasperi resta un grande nella fede e nella politica


Pesaro, 21. "Nell'agosto di 55 anni fa Alcide De Gasperi chiudeva la sua vita invocando il nome di Gesù. Morí fra i suoi monti, a Selva di Valsugana, pregando. Noi lo vogliamo ricordare questa sera con la gratitudine che si deve a un uomo che tanto ha fatto per l'Italia e per l'Europa". Lo ha sottolineato il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi, durante la concelebrazione, da lui presieduta nella cattedrale di Pesaro, a commemorazione del cinquantesimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi.

"Nel momento più difficile dell'Italia moderna, cioè in quegli anni cruciali dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, l'opera di De Gasperi - ha esordito il porporato evidenziando il debito speciale di memoria e di riconoscenza che il Paese ha verso lo statista - ha segnato il cammino e ha determinato il futuro dell'Italia. È fuori dubbio infatti che gran parte della vita italiana di questi ultimi sessanta anni è stata determinata dalle decisive scelte compiute nel decennio che porta impresso il segno degasperiano e che hanno assicurato al Paese un futuro di libertà, di democrazia e di progresso".

"Cattolico serio e convinto, deciso nel portare avanti la politica in cui credeva, ma al tempo stesso costantemente rispettoso degli altri e attento alla verità contenuta nelle ragioni degli altri, De Gasperi nella libertà e nella democrazia seppe costruire un equilibrio e dare spazio anche a coloro che, pur di differente orientamento, accettarono di contribuire alla ripresa dell'Italia. Con intelligente lungimiranza guidò la ricostruzione dell'Italia, ottenne il recupero della credibilità del Paese in campo internazionale e promosse il rilancio dell'economia.
"Fu un vero credente - ha continuato il cardinale Re - e un politico di professione, nella chiara distinzione dei ruoli, anche se in lui spiritualità e politica vissero intrecciate, anzi sembrava che l'una prendesse forza e ragione di vita dall'altra. Per questo se si vuole capire realmente De Gasperi, bisogna approfondire non soltanto l'azione che svolse e le idee che lo mossero, ma anche la spiritualità che lo animò".

De Gasperi fu un uomo coerente e fedele agli ideali, nella buona e nella cattiva sorte. "Giovane deputato al Parlamento e segretario del Partito popolare, quando nel 1925 capisce che la "normalizzazione" del fascismo era diventata un'illusione, esprime dure critiche al fascismo. Per questo motivo - ha ricordato il porporato ripercorrendo alcuni momenti salienti della vita dello statista - viene dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e, dopo un anno dal suo ritiro da ogni attività pubblica, l'onorevole De Gasperi viene arrestato mentre è sul treno verso Firenze, con l'accusa di tentativo di espatrio clandestino. E condannato a 4 anni di carcere. Di fatto però passerà nel carcere di Regina Coeli solo cinque mesi e poi quasi un anno nella clinica Cianciarelli di Roma, sotto stretta sorveglianza. Messo in libertà ma con l'obbligo di risiedere a Roma, sempre sotto stretta vigilanza, non trovava lavoro. Si guadagna qualche soldo traducendo dal tedesco in italiano per conto di una casa editrice. Con l'aprile del 1929, la Santa Sede - per dare a De Gasperi la possibilità di guadagnarsi il pane - lo assunse come collaboratore fuori ruolo alla Biblioteca Vaticana. Il Pro-Prefetto della Biblioteca Vaticana, cioè il suo superiore, scriverà in una lettera al Conte Della Torre (Direttore de "L'Osservatore Romano") che De Gasperi "ha svolto nella Biblioteca un lavoro troppo umile per le sue capacità, ma tanto utile per noi:  catalogo degli stampati, una descrizione breve di ogni volume, ecc...". Un lavoro umile per un uomo della cultura e della statura di De Gasperi, da lui accettato con semplicità e svolto con impegno. Solo dopo 10 anni, cioè nel 1939, De Gasperi vedrà riconosciuto il suo valore e i suoi meriti:  sarà nominato dal Papa segretario della Biblioteca Vaticana e vedrà riconosciuti agli effetti economici e pensionistici i precedenti 10 anni trascorsi fuori ruolo".

Nella sua attività, De Gasperi si è sempre sentito responsabile di fronte a Dio. Tutta la sua vita fu in armonia con la sua coscienza di uomo, di cittadino, di cristiano. "Ragionevolezza, senso concreto del giusto e del possibile - ha sottolineato il cardinale Re - caratterizzarono l'intera sua attività di uomo di coscienza. Sul terreno della libertà e della democrazia, fu pronto a collaborare con tutti coloro che erano disponibili a impegnarsi per il bene del Paese. Nel libero confronto delle idee, fu sempre rispettoso verso tutti e, in pari tempo, coerente e chiaro nelle sue posizioni. Fu così che ebbe il consenso di molti, pur lontani dalle sue convinzioni personali". Ebbe sempre un forte senso dello Stato e sempre considerò lo Stato al servizio della persona umana. "A poche settimane dal termine della sua vita - ha ricordato ancora il porporato - De Gasperi dirà in famiglia a Sella di Valsugana:  "La mia coscienza ora è in pace!". Lo dirà esprimendo la personale convinzione di avere fatto quanto era in suo potere per il bene dell'Italia e dell'Europa, convinto di essere sempre stato fedele alla propria coscienza e ai propri ideali. La fede fu l'ossatura della sua vita. Tale fede era dovuta non soltanto alla formazione che aveva ricevuto, ma era anche frutto di una profonda maturazione personale".

Le lettere dalla prigione, scritte in gran parte alla moglie Francesca, ci danno la misura della sua spiritualità e della sua vita religiosa. "I primi libri che chiese di avere quando fu chiuso in cella furono - ha evidenziato il cardinale - la Bibbia, l'Imitazione di Cristo e le Confessioni di sant'Agostino. Soltanto in un secondo tempo chiese libri per perfezionare il suo studio dell'inglese. Durante la carcerazione gli furono di sostegno spirituale la preghiera dei Salmi e il Rosario, che nei primi giorni recitava "come poteva", cioè senza la corona; poi la moglie gli inviò una corona del Rosario, che Alcide recitava alla sera pensando che verso quell'ora anche la moglie e le sue bambine erano in preghiera e allora così scriveva alla sua sposa:  "Il mio spirito si inginocchia con voi" (Lettere dalla prigione, pagine 26-27)". Secondo il porporato le pagine più alte da lui scritte sono quelle della lettera inviata alla moglie il giorno dopo la condanna a sei anni di prigione (che furono poi ridotti in appello a quattro). "Quando la mattina gli misero le manette ai polsi per portarlo in tribunale, Alcide De Gasperi era convinto che sarebbe stato assolto, perché dal punto di vista procedurale non vi erano prove che egli stesse tentando di espatriare. Quando, però, dopo la sentenza, venne riportato nella cella di Regina Coeli, dopo avere pianto, nelle sue riflessioni De Gasperi si elevò a Dio che guida la grande storia del mondo e la piccola storia di ogni vita. In questa visione si inchina alla volontà di Dio adorando. E termina la lettera scrivendo:  "Iddio non può essere né ingiusto né crudele. Egli ci ama e fa di noi qualche cosa che oggi non comprendiamo. Così ragionando mi sono alquanto consolato" (Lettera del 31 maggio 1927). Per scrivere questo, in quella situazione, ci voleva una fede vera!".

Insieme con Adenauer e Schuman De Gasperi compì i primi passi sulla strada verso la formazione della "Comunità europea", ora Unione europea. "Il progetto dell'unificazione europea - ha rilevato il cardinale Re - gli derivava non soltanto dalla convinzione che l'Italia, unita in un'Europa forte, avrebbe potuto confidare con tranquillità in un futuro di pace e di collaborazione reciproca, ma nasceva anche da un'ispirazione che mirava al recupero dei valori radicati nelle popolazioni del continente europeo.

De Gasperi, Adenauer e Schuman, nel loro impegno europeistico, miravano non soltanto ai vantaggi economici e pratici ma volevano anche dare un'anima all'unificazione dei popoli europei, fondandola su ideali sociali e di pace, e sui valori propri dell'identità del continente".

"A 55 anni dalla morte di De Gasperi, la sua immagine non è stata scalfita dal tempo. Egli - ha concluso il prefetto della Congregazione dei Vescovi - rimane un grande, per le prove sostenute, per le lotte affrontate e per le opere compiute. Il suo impegno politico fu un vero servizio al bene dell'Italia e dell'Europa. La testimonianza di Alcide De Gasperi - come uomo, come cristiano e come statista - rimane una grande luce ed è di incoraggiamento a trovare nell'esempio da lui lasciato le energie per dare un colpo d'ala allo stile dell'impegno nel servizio dello Stato e della società, nel servizio del bene comune. L'augurio è che il suo esempio e la sua eredità continuino a illuminare il cammino dell'Italia e dell'umanità".


(©L'Osservatore Romano - 22 agosto 2009)
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