“Se mancano chiare e legittime regole di convivenza, oppure se queste non sono applicate, la forza tende a prevalere sulla giustizia, l’arbitrio sul diritto, con la conseguenza che la libertà è messa a rischio fino a scomparire. La “legalità”, ossia il rispetto e la pratica delle leggi, costituisce perciò una condizione fondamentale perché vi siano libertà, giustizia e pace tra gli uomini.... Il rispetto della legalità è chiamato ad essere non un semplice atto formale, ma un gesto personale che trova nell’ordine morale la sua anima e la sua giustificazione”. E’ un passaggio della Nota Pastorale “Educare alla legalità approvata” dalla Cei nell’ottobre ‘91. Un documento che mostra tuttora la capacità di illuminare l’azione della comunità cristiana e di tutti coloro che hanno a cuore il futuro del paese. Gli ultimi dati forniti dalla Corte dei Conti quantificano in 400 miliardi di euro il fatturato annuo derivato dalle attività illecite , di cui 250 provenienti da attività economiche non fiscalmente dichiarate (l’economia in nero) e i restanti derivati da attività criminali (droga, rapine, usura, ecomafie, prostituzione). Una cifra che per le sue dimensioni impressiona e fa paura: rappresenta quasi un quarto del Pil sottratto al bene comune. I motivi sono tanti e noti: qui vorrei rimarcare non gli elementi strutturali (la carenza di forti politiche di contrasto), ma quelli di ordine socioculturale determinanti come i primi. Dietro al fenomeno si nasconde una cultura che tollera e talvolta giustifica il lavoro nero e il non pagamento delle tasse. Con l’aggravio che ciò accade all’interno di un circuito di relazioni e reti amicali tra loro conniventi che di fatto coprono il fenomeno. Lo stesso accade – con una carica di illegalità maggiore – anche nelle attività dell’economia criminale che in alcune regioni è riuscita a costituire veri e propri distretti industriali gestiti da imprese ben posizionate nei territori e con un buon grado di “efficienza”. In questi anni qualcosa di buono si è fatto, l’azione delle forze di polizia in alcune regioni è stata efficace. Ma l’attività di repressione si mostrerà insufficiente se non sarà affiancata da una forte ripresa della legalità come valore morale della cittadinanza. Manca – ricorda il documento del ’91 – quella mobilitazione delle coscienze che, insieme ad un’efficace azione istituzionale, può frenare e ridurre il fenomeno criminoso. Non vi è solo paura, ma spesso anche omertà; non si dà solo disimpegno, ma anche collusione; non sempre si subisce una concussione, ma spesso si trova comoda la corruzione per ottenere ciò che altrimenti non si potrebbe avere. Non sempre si è vittima del sopruso del potente o del gruppo criminale, ma spesso si cercano più il favore che il diritto, il “comparaggio” politico o criminale che il rispetto della legge e della propria dignità. La Chiesa italiana nel Convegno ecclesiale di Verona ha posto nella propria agenda il tema di una cittadinanza più solida al servizio del bene comune: la legalità assieme alla solidarietà ne rappresentano un tratto fondamentale. Edoardo Patriarca |