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Buona Festa dell'Assunta a tutti voi...

Ultimo Aggiornamento: 16/08/2009 09:30
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Maria, Assunta in Cielo

C’era una volta un uomo rude e coraggioso, di nome Pietro, che aveva scelto come mestiere quello di soldato. Sapeva combattere con l’archibugio e la spada e si era distinto nelle battaglie più celebri.
Ma fare il soldato e girare il mondo per combattere sono avventure davvero pericolose. Così, un giorno, durante un furioso assalto, il soldato Pietro fu colpito a morte. Quello stesso giorno arrivo alle porte del Paradiso. Bussò con energia. San Pietro si affrettò ad aprire.
“Bene, giovanotto”, disse San Pietro squadrando la divisa del soldato. “Che cosa volete?”.
“Voglio entrare in Paradiso”, rispose il soldato. “Io sono il soldato Pietro. Voi mi conoscete certamente, perché porto il vostro stesso nome. Guardate quante medaglie ho meritato! Non c’era nel reggimento un soldato coraggioso quanto me. Modestia a Parte, sono il migliore. Ho combattuto molto. Sono persino morto per la mia patria. Credo di essermelo guadagnato il Paradiso!”.
“Vedo, vedo”, borbottò San Pietro, il vostro nome è il più bello che ci sia, non c’è dubbio. Avete combattuto bene, già... Ma tutto questo non basta. Devo prima dare un’occhiata ai miei registri”. San Pietro estrasse un grosso librone da uno scaffale e comincio a leggere lentamente una pagina dopo l’altra. Tutto quello che il soldato aveva fatto era scritto in quel librone.
Man mano che san Pietro leggeva, però, scuoteva la testa, si tormentava la lunga barba bianca, bofonchiava: “Uhm... Uhm...”. Il contenuto del libro non era soddisfacente. Secondo quello che c’era scritto e secondo le leggi che regolano l’accesso in Paradiso, san Pietro non poteva assolutamente lasciar entrare il soldato. Ma il sant’uomo provava una grande simpatia per il soldato che portava il suo nome. “Non posso mica mandare all’inferno uno che si chiama Pietro!”, pensava.

Ma che cosa poteva fare?

San Pietro chiamò san Michele, l’arcangelo che portava la spada e l’armatura e che quindi avrebbe dovuto trovare comprensione nei confronti di un suo collega umano. I due parlarono e discussero a lungo. San Pietro cercava di trovare qualche scusa per poter permettere al soldato di entrare in Paradiso.
“Ma no, ma no!”, gridava san Michele. “Non puoi infrangere i regolamenti. Questo soldato non può assolutamente entrare. Devi cacciarlo via!”. Allora san Pietro convocò un’adunanza. Un’adunanza di tutti i santi più buoni che riuscì a trovare. C’erano san Giuseppe, santa Teresina, san Francesco e santa Caterina. Ma non ci fu niente da fare. Anche i santi scuotevano la testa e affermavano che il soldato Pietro non era stato sufficientemente buono per entrare in Paradiso. Ci voleva ben altro per fermare san Pietro.
Senza esitare si recò da Gesù e cominciò a raccontargli tutto ciò che si riferiva al soldato. Gli parlò in lungo e in largo del suo coraggio, della sua generosità, del fatto che era morto per la patria. Gesù prestava attenzione ad ogni parola. Ma proprio in quel momento, ci fu un baccano indescrivibile.
Venti diavoli, trafelati e rabbiosi, stavano salendo su per i gradini che portano al Paradiso.“Ferma, ferma!”, gridavano i diavoli, agitando i forconi aguzzi. “Questo soldato non appartiene al Paradiso. Questo soldato appartiene a noi!”. Le cose si mettevano decisamente male per il povero soldato Pietro. Un diavolaccio rosso lo punzecchiò con il forcone sghignazzando: “Eccolo qui, quello che diceva sempre PORCO DIAVOLO!”.
Ma proprio allora, al fianco di Gesù, apparve una bella signora. Era Maria. Aveva in mano un grosso libro d’oro, che consegnò a Gesù. Gesù prese il libro. Aveva centinaia di pagine, ed era tutto scritto, su tutte le pagine. Gesù incominciò a leggere.
Gesù leggeva, leggeva e leggeva. Alla fine si voltò verso Maria e fece un bell’inchino. Quello era il segnale. Il soldato Pietro poteva entrare in Paradiso. Fu Maria stessa a prenderlo per mano e farlo entrare, mentre san Pietro sorrideva soddisfatto.
Molto meno soddisfatti, naturalmente, erano i diavoli. Si avviarono furibondi verso l’inferno, protestando: “Maria è la nostra rovina! Continua a rubarci le anime che ci appartengono. Di questo passo rimarremo disoccupati.!”.
A san Pietro, però, era rimasta una gran curiosità. Che cosa era scritto sul grande libro d’oro che Maria aveva fatto leggere a Gesù? Così, mentre tutti erano distratti a festeggiare il nuovo arrivato, san Pietro si avvicinò, quatto quatto, al libro d’oro e lo aprì.
C’erano scritte tante Ave Maria su ogni pagina. Migliaia e migliaia di Ave Maria. Ogni volta che il soldato Pietro aveva detto un’Ave Maria, la Madonna l’aveva scritta sul suo grande libro d’oro. Erano sta proprio quelle Ave Maria ad aprire le porte del Paradiso al soldato Pietro

Quanto dovevamo dire, l’abbiamo detto. Abbiamo scherzato? Mica tanto!

E allora diciamo insieme: Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta tra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen
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14/08/2009 18:59

  Il segno dell'Assunzione di Maria

Un caso serio dell'esistenza umana


di Salvatore Perrella



L'attuale concezione del mondo è fortemente contrassegnata dalla dimensione escatologica, perché si vuole edificare, costruire un futuro che dia un senso globale all'esistenza umana. La cultura contemporanea, nonostante fenomeni contraddittori frutto della posterità nichilista e relativista, è anche contraddistinta da un pressante interrogativo escatologico, come osservava sin dal 1977 A. Giudici:  "Essendo ogni giorno sempre più possibile modificare il futuro, esso è diventato un problema e una domanda. Questa domanda è al centro della cultura, dell'autocomprensione dell'uomo e costituisce oggi la domanda ultima o religiosa".

Il nostro tempo tecnologizzato e sempre più globalizzato nei suoi interessi ma anche aporie economiche e sociali è quindi caratterizzato, da un lato, dall'angoscia della mancanza di significato e dall'altro dal profondo bisogno di avere risposte sul senso globale del futuro. L'ambito in cui è possibile trovare pareri cogenti e convincenti è quello della trascendenza dell'uomo, ossia il luogo dove l'uomo, uscendo dalla propria angoscia - lo ricorda Benedetto XVI nella Spe salvi - si apre a Qualcuno che sta oltre lui stesso e la sua storia. A un'analisi superficiale potrebbe anche sfuggire l'esigenza di un senso totale della vita presente nel nostro convulso periodo storico, così contraddittoriamente immerso nel presentismo, nel passatismo, nel terrenismo, nel consumismo esasperato, cioè nelle forme mutevoli del nichilismo, con le tragiche conseguenze della degradazione umana e della violenza o della indifferenza verso la persona umana. Ma volendo indagare in modo più serio, minuzioso, attento e radicale su alcuni fenomeni diffusi sul mondo d'oggi (come la mistica orientale, le pratiche yoga, lo spiritismo, il satanismo, la parapsicologia, la droga, la new age con i suoi instabili ma continui derivati), non si può non avvertire ch'essi denunciano in qualche modo, magari oscuro e confuso, l'enorme insoddisfazione dell'uomo e della donna contemporanei.
I suddetti fenomeni denotano in qualche modo l'attesa spasmodica di qualcosa che rompa le barriere del mondo materiale; che forzi "la prigione del terrenismo", per aprirsi a prospettive esaltanti quali la dimensione spirituale dell'esistenza, estesa oltre i limiti angusti della semplice sfera sensibile della vita, per trovare un senso totale e trascendente alla vita umana, per soddisfare il bisogno insopprimibile e urgente di natura escatologica sempre più presente.

Dinanzi all'enigma-mistero della morte, l'unico "caso serio" indilazionabile e inesorabile, sorgente perenne di indagini, di tristezze e di paure, il discepolo del Crocifisso-Risorto non è nel buio completo, anzi, per essere in linea colla fede che professa, "deve comunicare le conoscenze che ha della morte, poiché in tal caso può portare agli uomini una buona novella. Questo dovere di carità gli si impone con maggiore urgenza ai nostri giorni, nei quali molti dei nostri contemporanei ignorano il messaggio di Cristo risuscitato e cercano di esorcizzare la paura della morte ricorrendo a quelle che san Paolo chiamava "vane filosofie" (F. X. Durrwell). Purtroppo anche nel popolo cristiano si osserva un certo disorientamento riguardo alla materia escatologica, oltre che una certa conflittualità connotante la vita di tanti fedeli. Da un lato il credente sembra rinunciare a riflettere sul "dopo la morte" per paura di dover rispondere ad alcuni permanenti interrogativi:  esiste qualcosa al di là della morte? sussiste qualche cosa di noi stessi dopo questa morte? non sarà il nulla che ci attende? A nostro conforto risponde, ancora una volta, l'insegnamento della Chiesa che interpella e motiva la fede e la speranza:  "Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna". Per cui "vivere in cielo è "essere con Cristo". Gli eletti vivono "in lui", ma conservando la loro vera identità, il loro proprio nome". E, aggiunge ancora la Chiesa:  "Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione".

Questi brani del catechismo, esprimenti la fede, rimandano il credente a fidarsi completamente all'amore di Dio, il quale mai si separerà da noi; Egli è, infatti, irrimediabilmente versato alla comunione. Perciò, scrive san Paolo:  "Certa è questa parola:  se moriamo con lui, vivremo anche con lui". Qui sta la novità radicale ed essenziale della morte cristiana.
D'altro canto il cristiano degli ultimi anni del secolo xx e dei primi del xxi ravvisa l'urgenza di avere chiare risposte in questa materia, per dare un senso a tutta la sua vita; un'esistenza credente, se è vera, consapevole e consequenziale, è fondata sulla speranza escatologico-evangelica, cioè sulla certezza della vita eterna. Speranza che si radica nella fede nella risurrezione di Gesù Cristo, "veramente risorto dai morti, primizia di risurrezione per quelli che sono morti". La morte non è più la stessa dopo che Gesù l'ha affrontata, attraversata e vinta; il credente non deve né dimenticare né minimizzare le parole del Risorto:  "Io sono la resurrezione e la vita. Chi vive e crede in me, anche se morto vivrà". Il Nuovo Testamento completa queste essenziali affermazioni sulla resurrezione di Gesù parlando del fatto che "egli è vivo", sta alla "destra" di Dio; "entrò" o "fu assunto nella gloria". L'affermazione primaria del Nuovo Testamento riguarda comunque il destino vivente e glorioso di Gesù dopo la morte. Credere che Cristo è risorto dai morti ed ora e nei secoli è, rimane, e sarà sempre il "Vivente", oltre a impegnare nella vita di ogni giorno a rendere conto della speranza che è in noi, ci obbliga a rendere testimonianza sulla realtà e dono escatologico da lui ricevuto per puro dono mediante la fede. Cristo è il "nostro futuro eterno":  da sempre la Chiesa, seppur con modi e mezzi diversi, proclama questa ferma speranza.

Rimane innegabile, a livello teologico, teologale ed esistenziale, il grande richiamo e il grande fascino dell'evento dell'Assunta ai valori della trascendenza, della bellezza e della trasfigurazione dell'uomo creato a immagine di Cristo e destinato a ricongiungersi eternamente a lui nella santità e nell'amore che non conosce tentennamenti e tramonto. Possiamo ben dire che l'assunzione di Maria è per la Chiesa, il credente e per ogni uomo e ogni donna di buona volontà, che cercano senso e meta non illusori ma definitivi, dopo aver per molto tempo e ancor oggi "sperato nel tragico nulla":  - un segno di sicura speranza - un segno di un destino di gloria; - un segno del valore del corpo; - un segno dell'inconfondibile "stile" di Dio; - la primizia ed immagine escatologica della Chiesa; - il segno della presenza dell'Unitrino e della Donna della Speranza che non svanisce. Il fatto e il "caso serio" dell'assunzione di Maria è un fatto emblematico dell'agire divino:  Santa Maria, creatura insignificante agli occhi del mondo, è divenuta per Grazia la persona dopo Cristo più significativa nella storia e nella gloria. Per cui l'evento salvifico integrale della sua assunzione al cielo in anima e corpo, in definitiva, diviene chiave interpretativa di tutto il mistero di Maria, e, per complementare reciprocità, dell'intero mistero della Chiesa, nonché del mistero dell'uomo. È su questo tenue ma resistente residuo di speranza che trova il suo punto di contatto il nostro discorso cristiano sul futuro ultimo in Dio, impersonato in una donna, Maria di Nazaret, la cui esistenza gloriosa dalla soglia escatologica si fa modello, esempio e paradigma di vita per l'"oggi" della Chiesa e del mondo.

Cristo è veramente risorto; egli è il Vivente, che elargisce a ogni creatura il dono della risurrezione per la vita eterna. L'Assunta è il compimento anticipato di tale promessa; è "il segno della trasformazione finale del mondo" (A. Carr). Maria già possiede "lo splendore dei corpi celesti".



(©L'Osservatore Romano - 15 agosto 2009)
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14/08/2009 20:28

Scusate se mischio il sacro con il profano:

domani giorno dell'Assunta è il mio compleanno
15/08/2009 06:54

Assunzione al cielo 01

Ave, Signora, santa regina,

santa Madre di Dio, Maria,

che sei vergine fatta Chiesa

ed eletta dal santissimo Padre celeste,

che ti ha consacrata

insieme col santissimo suo Figlio diletto

e con lo Spirito Santo Paraclito;

Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.

Ave, suo palazzo,

ave, suo tabernacolo,

ave, sua casa.

Ave, suo vestimento,

ave, sua ancella,

ave, sua Madre.

E saluto voi tutte, sante virtù,

che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo

venite infuse nei cuori dei fedeli,

perché da infedeli

fedeli a Dio li rendiate.

San Francesco d’Assisi

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15/08/2009 18:03

Re:
pavel43, 14/08/2009 20.28:

Scusate se mischio il sacro con il profano: domani giorno dell'Assunta è il mio compleanno



Non ti preoccupare Pavel, comunque il topic dedicato al tuo compleanno è stato spostato nella giusta sezione:
Compleanni e ricorrenze
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15/08/2009 18:45

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'ASSUNZIONE
DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI



Parrocchia Pontificia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo
Lunedì, 15 agosto 2005

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari Fratelli e Sorelle,

innanzi tutto, un cordiale saluto a voi tutti. Per me è una grande gioia celebrare la Messa nel giorno dell’Assunta in questa bella chiesa parrocchiale. Saluti al Cardinale Sodano, al Vescovo di Albano, a tutti i sacerdoti, al Sindaco, a tutti voi. Grazie per la vostra presenza. La festa dell’Assunta è un giorno di gioia. Dio ha vinto. L’amore ha vinto. Ha vinto la vita. Si è mostrato che l’amore è più forte della morte. Che Dio ha la vera forza e la sua forza è bontà e amore.

Maria è assunta in cielo in corpo e anima: anche per il corpo c’è posto in Dio. Il cielo non è più per noi una sfera molto lontana e sconosciuta. Nel cielo abbiamo una madre. E la Madre di Dio, la Madre del Figlio di Dio, è la nostra Madre. Egli stesso lo ha detto. Ne ha fatto la nostra Madre, quando ha detto al discepolo e a tutti noi: “Ecco la tua Madre!” Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore.

Nel Vangelo abbiamo sentito il Magnificat, questa grande poesia venuta dalle labbra, anzi dal cuore di Maria, ispirata dallo Spirito Santo. In questo canto meraviglioso si riflette tutta l’anima, tutta la personalità di Maria. Possiamo dire che questo suo canto è un ritratto, una vera icona di Maria, nella quale possiamo vederla proprio così com'è. Vorrei rilevare solo due punti di questo grande canto. Esso comincia con la parola “Magnificat”: la mia anima “magnifica” il Signore, cioè “proclama grande” il Signore. Maria desidera che Dio sia grande nel mondo, sia grande nella sua vita, sia presente tra tutti noi. Non ha paura che Dio possa essere un “concorrente” nella nostra vita, che possa toglierci qualcosa della nostra libertà, del nostro spazio vitale con la sua grandezza. Ella sa che, se Dio è grande, anche noi siamo grandi. La nostra vita non viene oppressa, ma viene elevata e allargata: proprio allora diventa grande nello splendore di Dio.

Il fatto che i nostri progenitori pensassero il contrario fu il nucleo del peccato originale. Temevano che, se Dio fosse stato troppo grande, avrebbe tolto qualcosa alla loro vita. Pensavano di dover accantonare Dio per avere spazio per loro stessi.  Questa è stata anche la grande tentazione dell’epoca moderna, degli ultimi tre-quattro secoli. Sempre più si è pensato ed anche si è detto: “Ma questo Dio non ci lascia la nostra libertà, rende stretto lo spazio della nostra vita con tutti i suoi comandamenti. Dio deve dunque scomparire; vogliamo essere autonomi, indipendenti. Senza questo Dio noi stessi saremo dei, facendo quel che vogliamo noi". Era questo il pensiero anche del figlio prodigo, il quale non capì che, proprio per il fatto di essere nella casa del padre, era  “libero”. Andò via in paesi lontani e consumò la sostanza della sua vita. Alla fine capì che, proprio per essersi allontanato dal padre, invece che libero, era divenuto schiavo; capì che solo ritornando alla casa del padre avrebbe potuto essere libero davvero, in tutta la bellezza della vita. E’ così anche nell’epoca moderna. Prima si pensava e si credeva che, accantonando Dio ed essendo noi autonomi, seguendo solo le nostre idee, la nostra volontà, saremmo divenuti realmente liberi, potendo fare quanto volevamo senza che nessun altro potesse darci alcun ordine. Ma dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande;  perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. Alla fine risulta solo il prodotto di un’evoluzione cieca e, come tale, può essere usato e abusato.  E' proprio quanto l'esperienza di questa nostra epoca ha confermato.

Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio; far sì che Egli sia grande nella nostra vita; così anche noi diventiamo divini;  tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro. Applichiamo questo alla nostra vita. E’ importante che Dio sia grande tra di noi, nella vita pubblica e nella vita privata. Nella vita pubblica, è importante che Dio sia presente, ad esempio, mediante la Croce negli edifici pubblici, che Dio sia presente nella nostra vita comune, perché solo se Dio è presente abbiamo un orientamento, una strada comune; altrimenti i contrasti diventano inconciliabili, non essendoci più il riconoscimento della comune dignità. Rendiamo Dio grande nella vita pubblica e nella vita privata. Ciò vuol dire fare spazio ogni giorno a Dio nella nostra vita, cominciando dal mattino con la preghiera, e poi dando tempo a Dio, dando la domenica a Dio. Non perdiamo il nostro tempo libero se lo offriamo a Dio. Se Dio entra nel nostro tempo, tutto il tempo diventa più grande, più ampio, più ricco.

Una seconda osservazione. Questa poesia di Maria - il Magnificat – è tutta originale; tuttavia è, nello stesso tempo, un “tessuto” fatto totalmente di “fili” dell’Antico Testamento, fatto di parola di Dio. E così vediamo che Maria era, per così dire, “a casa” nella parola di Dio, viveva della parola di Dio, era penetrata dalla parola di Dio. Nella misura in cui parlava con le parole di Dio, pensava con le parole di Dio, i suoi pensieri erano i pensieri di Dio, le sue parole le parole di Dio. Era penetrata dalla luce divina e perciò era così splendida, così buona, così raggiante di amore e di bontà. Maria vive della parola di Dio, è pervasa dalla parola di Dio. E questo essere immersa nella parola di Dio, questo essere totalmente familiare con la parola di Dio le dà poi anche la luce interiore della sapienza. Chi pensa con Dio pensa bene, e chi parla con Dio parla bene. Ha criteri di giudizio validi per tutte le cose del mondo. Diventa sapiente, saggio e, nello stesso tempo, buono; diventa anche forte e coraggioso, con la forza di Dio che resiste al male e promuove il bene nel mondo.

E, così,  Maria parla con noi, parla a noi, ci invita a conoscere la parola di Dio, ad amare la parola di Dio, a vivere con la parola di Dio, a pensare con la parola di Dio. E possiamo farlo in diversissimi modi: leggendo la Sacra Scrittura, soprattutto partecipando alla Liturgia, nella quale nel corso dell’anno la Santa Chiesa ci apre dinanzi tutto il libro della Sacra Scrittura. Lo apre alla nostra vita e lo rende presente nella nostra vita. Ma penso anche al “Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica”, che recentemente abbiamo pubblicato, nel quale la parola di Dio è applicata alla nostra vita, interpreta la realtà della nostra vita, ci aiuta ad entrare nel grande “tempio” della parola di Dio, ad imparare ad amarla e ad essere, come Maria, penetrati da questa parola. Così la vita diventa luminosa e abbiamo il criterio in base al quale giudicare, riceviamo bontà e forza nello stesso momento.

Maria è assunta in corpo e anima nella gloria del cielo e con Dio e in Dio è regina del cielo e della terra. E’ forse così lontana da noi? E' vero il contrario. Proprio perché è con Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Quando era in terra poteva essere vicina solo ad alcune persone. Essendo in Dio, che è vicino a noi, anzi che è “interiore” a noi tutti, Maria partecipa a questa vicinanza di Dio. Essendo in Dio e con Dio, è vicina ad ognuno di noi, conosce il nostro cuore, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto dal Signore – proprio come “madre”, alla quale possiamo rivolgerci in ogni momento. Ella ci ascolta sempre, ci è sempre vicina, ed essendo Madre del Figlio, partecipa del potere del Figlio, della sua bontà. Possiamo sempre affidare tutta la nostra vita a questa Madre, che non è lontana da nessuno di noi.

Ringraziamo, in questo giorno di festa, il Signore per il dono della Madre e preghiamo Maria, perché ci aiuti a trovare la giusta strada ogni giorno. Amen.

 

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[Modificato da Cattolico_Romano 15/08/2009 19:26]
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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ
DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo
Sabato, 15 agosto 2009

Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle

L'odierna solennità corona il ciclo delle grandi celebrazioni liturgiche nelle quali siamo chiamati a contemplare il ruolo della Beata Vergine Maria nella Storia della salvezza. Infatti, l'Immacolata Concezione, l'Annunciazione, la Divina Maternità e l'Assunzione sono tappe fondamentali, intimamente connesse tra loro, con cui la Chiesa esalta e canta il glorioso destino della Madre di Dio, ma nelle quali possiamo leggere anche la nostra storia. Il mistero della concezione di Maria richiama la prima pagina della vicenda umana, indicandoci che, nel disegno divino della creazione, l’uomo avrebbe dovuto avere la purezza e la bellezza dell'Immacolata. Quel disegno compromesso, ma non distrutto dal peccato, attraverso l’Incarnazione del Figlio di Dio, annunciata e realizzata in Maria, è stato ricomposto e restituito alla libera accettazione dell'uomo nella fede. Nell’Assunzione di Maria, contempliamo, infine, ciò che siamo chiamati a raggiungere nella sequela di Cristo Signore e nell'obbedienza alla sua Parola, al termine del nostro cammino sulla terra.

La tappa ultima del pellegrinaggio terreno della Madre di Dio ci invita a guardare al modo in cui Ella ha percorso il suo cammino verso la meta dell’eternità gloriosa.

Nel brano del Vangelo appena proclamato, san Luca racconta che Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, “si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa” per fare visita ad Elisabetta (Lc 1, 39). L’evangelista, dicendo questo, vuole sottolineare che per Maria seguire la propria vocazione, nella docilità allo Spirito di Dio, che ha operato in Lei l’incarnazione del Verbo, significa percorrere una nuova strada ed intraprendere subito un cammino fuori della propria casa, lasciandosi condurre solamente da Dio. Sant’Ambrogio, commentando la “fretta” di Maria, afferma: “la grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze” (Expos. Evang. sec. Lucam, II, 19: PL 15,1560). La vita della Madonna è condotta da un Altro - “Ecco la serva del Signore: avvenga in me secondo la tua parola” (Lc 1,38) - è modellata dallo Spirito Santo, è segnata da eventi ed incontri, come quello con Elisabetta, ma soprattutto dalla particolarissima relazione con il suo figlio Gesù. E’ un cammino nel quale Maria, serbando e meditando nel cuore gli avvenimenti della propria esistenza, scorge in essi in modo sempre più profondo il misterioso disegno di Dio Padre, per la salvezza del mondo.

Seguendo poi Gesù da Betlemme all’esilio in Egitto, nella vita nascosta e in quella pubblica, fino ai piedi della Croce, Maria vive la sua costante ascesa verso Dio nello spirito del Magnificat, aderendo pienamente, anche nel momento dell’oscurità e della sofferenza, al progetto d’amore di Dio e alimentando nel cuore l’abbandono totale nelle mani del Signore, così da essere paradigma per la fede della Chiesa (cfr Lumen gentium, 64-65)

Tutta la vita è un’ascensione, tutta la vita è meditazione, obbedienza, fiducia e speranza, anche nelle oscurità; e tutta la vita è questa “sacra fretta”, che sa che Dio è sempre la priorità e nient’altro deve creare fretta nella nostra esistenza.

E, finalmente, l’Assunzione ci ricorda che la vita di Maria, come quella di ogni cristiano, è un cammino alla sequela, la sequela di Gesù, un cammino che ha una meta ben precisa, un futuro già tracciato: la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte e la comunione piena con Dio, perché – come dice Paolo nella Lettera agli Efesini - il Padre “ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli in Cristo Gesù” (Ef 2,6). Ciò vuol dire che con il Battesimo siamo fondamentalmente già risuscitati e sediamo nei cieli in Cristo Gesù, ma dobbiamo corporalmente raggiungere quanto già cominciato e realizzato nel Battesimo. In noi l’unione con Cristo, la risurrezione, è incompiuta, ma per la Vergine Maria essa è compiuta, nonostante il cammino che anche la Madonna ha dovuto fare. Ella è entrata nella pienezza dell’unione con Dio, con il suo Figlio, e ci attira e ci accompagna nel nostro cammino.

In Maria assunta in cielo contempliamo, allora, Colei che, per singolare privilegio, è resa partecipe con l’anima e con il corpo della definitiva vittoria di Cristo sulla morte. “Compiuto il corso della vita terrena – dice il Concilio Vaticano II - fu assunta alla gloria celeste in corpo e anima, ed esaltata dal Signore come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, Signore dei signori (cfr Ap 19,16) e vincitore del peccato e della morte” (Lumen gentium, 59). Nella Vergine Assunta in cielo contempliamo il coronamento della sua fede, di quel cammino di fede che Ella indica alla Chiesa e a ciascuno di noi: Colei che in ogni momento ha accolto la Parola di Dio, è assunta in cielo, cioè è accolta Lei stessa dal Figlio, in quella “dimora” che ci ha preparato con la sua morte e risurrezione (cfr Gv 14,2-3).

La vita dell’uomo sulla terra – come ci ha ricordato la prima lettura – è un cammino che si svolge, costantemente, nella tensione della lotta tra il drago e la donna, tra il bene e il male, E’ questa la situazione della storia umana: è come un viaggio in un mare spesso burrascoso; Maria è la stella, che ci guida verso il Figlio suo Gesù, sole sorto sopra le tenebre della storia” (cfr Spe salvi, 49) e ci dona la speranza di cui abbiamo bisogno: la speranza che possiamo vincere, che Dio ha vinto e che, con il Battesimo, siamo entrati in questa vittoria. Non soccombiamo definitivamente: Dio ci aiuta, ci guida. Questa è la speranza: questa presenza del Signore in noi, che diventa visibile in Maria assunta in cielo. “In Lei (…)- leggeremo tra poco nel Prefazio di questa Solennità – hai fatto risplendere per il tuo popolo pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”.

Con San Bernardo, mistico cantore della Vergine Santa, così la invochiamo: “Ti preghiamo, o benedetta, per la grazia che tu trovasti, per quelle prerogative che tu meritasti, per la Misericordia che tu partoristi, fa’ che colui che per te s’è degnato di farsi partecipe della nostra miseria ed infermità, grazie alla tua preghiera, ci faccia partecipi delle sue grazie, della sua beatitudine ed eterna gloria, Gesù Cristo, Figlio tuo, Signore nostro, il quale è sopra tutte le cose, Dio benedetto nei secoli dei secoli. Amen” (Sermo 2 de Adventu, 5: PL 183, 43).

 

 

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[Modificato da Cattolico_Romano 16/08/2009 09:30]
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