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Ultimo Aggiornamento: 31/08/2009 07:23
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30/08/2009 17:10

Otto per mille: quanto costa la Chiesa agli italiani
2 luglio 2007 - Paolo Boccuccia - tratto da www.rinascita.info

Con la revisione-riconferma del Concordato del 1929 sottoscritta nel 1984 dal governo Craxi, (due grandi errori commessi da due grandi uomini di Stato) il Cattolicesimo ha cessato (teoricamente) di essere in Italia religione di Stato, anche se nel nuovo testo l’art. 9 recita:
“La Repubblica italiana riconosce il valore della cultura religiosa (cattolica) e tiene conto che i principi del Cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”;
ed anche se, per effetto della revisione della Convenzione economica annessa al nuovo Concordato è stata abolita la “congrua” di sostentamento del clero versata antecedentemente dalle casse dello Stato, tale esborso è stato subito sostituito con il finanziamento “volontario” dell’otto per mille sul gettito totale del patrimonio soggetto ad IRPEF, versato da ogni cittadino ed inserito d’ufficio nei moduli della denuncia dei redditi. Un tale meccanismo di denuncia “caritatevole” dà modo al cittadino-contribuente di scegliere a chi devolvere la decima prescritta: se allo Stato, alla Chiesa Cattolica o ad altre confessioni religiose (cristiane), con l’esclusione quindi di organizzazioni umanitarie laiche, enti di ricerca scientifica e quant’altro (1).
Ma qui scatta un’astuta trappola escogitata a suo tempo dai nostri “laici” politicanti sull’input dei (mon) signori della Gerarchia: siccome, com’era prevedibile e fu previsto, solo un terzo dei contribuenti, per pigrizia, menefreghismo o disperazione, sceglie a chi devolvere l’obolo, l’art. 37 della relativa legge di attuazione recita:

“In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione (dei quozienti da distribuire del gettito totale) si stabilisce in proporzione alle scelte (percentualmente) espresse”.
E poiché, com’era prevedibile e fu previsto, tra la minoranza che opera una scelta solo il 35% non opta a favore della Chiesa Cattolica, questa oltre alla quota parte espressamente assegnatale ottiene di incassare anche l’85% dell’intero gettito relativo.

L’ammontare di tale cifra, stornata dai redditi dei cittadini ed in un certo senso prelevata direttamente dalle loro tasche, è stato calcolato in circa un miliardo per anno. In teoria, una tale enorme somma dovrebbe essere destinata ad opere di carità; ma le stesse cifre ufficiali della C.E.I. relative al triennio 2002-2004 ammettono che il 46% dell’incasso viene destinato “alle esigenze del culto [del Papa]” (adunate oceaniche, viaggi papali, ecc. ecc.), il 34% al sostentamento del clero e solo il restante 20% ad interventi caritatevoli. Ma in quest’ultima voce, è da notare come la maggior parte di una tale frazione sia destinata all’Opera Missionaria, e quindi ad un lavoro di propaganda e proselitismo in aree non cristiane del mondo.
All’ingente cifra scucita ogni anno, bon crè mal crè, dai contribuenti, va aggiunta una somma dello stesso ordine di grandezza sborsata direttamente dallo Stato (senza considerare quindi regioni, province e comuni) con le causali più disparate: nel 2004 sono stati destinati 258 milioni per le scuole cattoliche, 44 milioni per le cinque grandi università cattoliche, 20 milioni per la sola Università dell’Opus Dei (2), 478 milioni per gli stipendi dei 15000 insegnanti di religione passati di ruolo in tutte le scuole di ogni ordine e grado (3).

Aggiungendo poi ai finanziamenti scolastici quelli relativi agli istituti di sanità gestiti da istituzioni cattoliche, si può calcolare un altro miliardo di spesa da parte dello Stato. La Chiesa gestisce infatti oltre a 6000 centri di assistenza medica, suddivisi in 1853 ospedali e case di cura convenzionati; 729 orfanotrofi, 534 consultori medici, 136 ambulatori, 10 grandi ospedali (tra cui l’Agostino Gemelli in Roma che funge da nosocomio del Vaticano) nonché 111 ospedali di media dimensione, ecc. Nel campo poi della pubblica istruzione (o meglio, dell’istruzione cattolica) la Chiesa italiana dispone di 504 seminari, 6228 scuole materne ed asili, 1280 elementari, 1136 secondarie, cinque grandi università, la cui frequenza ai corsi, che assicura il collocamento post lauream, è ambitissima, e 130 altri atenei di media dimensione, di cui lo Stato paga i finanziamenti e le rette ai corsisti (4).

Ma come è naturale, un tale enorme patrimonio di produzione e riproduzione viene affiancato da un altrettanto grande apparato di gestione, costituito da 118 sedi vescovili, 12314 parrocchie, quasi altrettanti oratori, 360 case generalizie di ordini religiosi, un migliaio di conventi maschili o femminili (la metà dei quali, per le scarse vocazioni, finisce per diventare centri alberghieri a 4 stelle). Inoltre, nella sola area metropolitana di Roma, la Santa Sede e l’episcopato romano possiedono un vastissimo patrimonio immobiliare, dentro e fuori le mura aureliane, pari ad un quinto dell’area urbana che si estende dentro il circuito delle storiche fortificazioni. Solo lo Stato della città del Vaticano possiede cospicue proprietà edilizie extra moenia solo in parte specificate dai Patti Lateranensi del 1929: ad es., il palazzo di Propaganda Fidei a P.zza di Spagna, l’Università Gregoriana, il Collegio Lombardo, il Russicum ecc. ecc.

Per non parlare dell’area di Santa Maria di Galeria che ospita la Radio Televisione Vaticana che si estende per 44 ettari , ancora oggi al centro di uno scandalo per l’inquinamento elettromagnetico provocato dalle sue emissioni televisive. Su tutto questo immenso patrimonio immobiliare né il Vaticano né la CEI pagano un solo euro di imposte (5). Bisogna aggiungere gli enti ecclesiastici che sono 59.000 e possiedono 90.000 immobili, il cui valore ammonta ad almeno 30 miliardi; ma essi per via della Convenzione economica annessa al Concordato sono esenti dalle imposte sui fabbricati e sui terreni e sui redditi relativi ad enti o istituti, sulle compravendite e su quelle di valore aggiunto: insomma, da ogni carico fiscale e contributivo. In tal modo le istituzioni statali e comunali italiane perdono ogni anno un gettito valutato intorno ai 9 miliardi e mezzo; per cui senza questi privilegi fiscali della Chiesa lo Stato italiano potrebbe dimezzare il carico fiscale diretto e indiretto che grava sui cittadini-contribuenti. Ma come se ciò non bastasse, alle esenzioni fiscali dello Stato è necessario aggiungere quelle comunali, poiché per una recente legge gli enti ecclesiastici “non esclusivamente commerciali” sono esenti dall’ ICI. E siccome per ottenere una tale esenzione è sufficiente che tali enti (alberghi, ristoranti, posti di ristoro ecc.) autocertifichino la loro destinazione “anche” a luoghi di culto (avendo annessa una cappellina o chiesuola6), nessun comune della penisola riceve un euro da tali lucrose attività. In tal modo, i comuni italiani perdono l’incredibile ammontare di 2 miliardi e mezzo all’anno, che sommati ai mancati incassi fiscali dello Stato fanno lievitare a circa 12 miliardi la cifra complessiva dell’evasione fiscale (ladrocinio autorizzato) di Santa Romana Chiesa.

Immensa cifra che lo Stato ed i Comuni provvedono a ripianare addebitandola in conto tassazione ai cittadini; ognuno di noi versa quindi ogni anno alla Chiesa Cattolica ben più dell’8 per mille dei suoi redditi! Naturalmente si può obiettare che se gli ecclesiastici dovessero pagare le tasse come i comuni cittadini e gli enti laici di ogni natura e finalità, si troverebbero nell’impossibilità di farlo e andrebbero incontro alla bancarotta: istituto giuridico che per via del Concordato primo e secondo non si applica a nessun ente ecclesiastico. Che viene così proclamato immune dal rischio di fallimento e non sottoposto a giudizio del Foro di competenza.
Ma a parte questo aspetto propriamente giuridico della faccenda, c’è da chiedersi quale sia il ritorno dell’immensa spesa economica sopportata dal popolo italiano per mantenere uno Stato estero (uno pseudo Stato, una finzione giuridica, un’entità fittizia ed artificiale) ed un apparato ecclesiastico che oltretutto si intromette di continuo in tutti gli aspetti della vita nazionale, e non solo esprimendo le sue opinioni, ma mobilitando concrete forze politiche e conducendo costose campagne di pressione che l’abbondanza di denaro disponibile rende possibile attuare. Per un carico finanziario, politico, giuridico e morale tanto schiacciante la controparte non può essere costituita dalla semplice “salvaguardia del valore” di una cultura e dalla soddisfazione di “tener conto dei principi del Cattolicesimo”, nella convinzione (errata) che essi facciano parte (comprese le Crociate, la caccia alle streghe e l’Inquisizione) del patrimonio storico del popolo italiano. Io temo, ed a ragione, che il ritorno del costo sia appannaggio non del popolo, ma della classe politica italiana, che dai tempi della Legge delle Guarentigie e del Patto Gentiloni, pur nelle sue interne contrapposizioni punta sull’appoggio interessantissimo di S.R.C. alle proprie manovre di potere ed alla salvaguardia dei propri interessi politici e personali.

Note
Legge N° 122 del 1985
Secondo Rapporto sulla Laicità in Critica Liberale N° 123-124 Gennaio-Febbraio 2006. pag 31, 39 Legge N° 186 del 2003
Secondo Rapporto sulla Laicità in Critica Liberale N° 123-124 Gennaio-Febbraio 2006. pag 52, 57
Agenzia di Ricerca Economica e Sociale Enti Ecclesiastici: le cifre dell’evasione fiscale. Rapporto del 7 Settembre 2006 Legge N° 248 del 2006
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30/08/2009 20:04

Credo che, su questo argomento, abbia ben risposto il Senatore Cossiga in un'intervista del 25 agosto 2009:

L’ ex Presidente della Repubblica sen. Francesco Cossiga sulla questione della esenzione ICI e dell’ 8 per mille

Il che avviene pacificamente, ed in modo anche più rilevante, in paesi occidentali di alta tradizione democratica, quali la Germania, gli USA, la Gran Bretagna.

In particolare, in merito alle polemiche sulle esenzioni ICI riguardanti gli immobili degli enti ecclesiastici, possiamo considerare:


Il discorso, anzitutto, riguarda, non solo la confessione cattolica, ma indistintamente i beni e le attività di tutte le confessioni convenzionate con lo Stato italiano. La particolare posizione della Chiesa Cattolica in Italia non dipende certo da contingenze o da fattori politici, ma discende da ragioni storiche. L’ attacco quindi che subisce la Chiesa sulla questione dell’ ICI è un attacco portato a tutte le Confessioni religiose.


Lo Stato riconosce che l’ attività religiosa e di culto è di interesse collettivo e generale, cioè pubblico, al pari dell’ istruzione, della tutela militare, della tutela della sicurezza e dell’ ordine pubblico, della garanzia giurisdizionale e via dicendo.

Chi esercita tale attività svolge un servizio pubblico. Perciò, come nessuno si meraviglia se lo Stato non paga le imposte sulle mense e sui circoli ricreativi e sportivi militari, giudiziari, ove esistono, scolastici e via dicendo, così nessuno si meraviglierebbe se lo Stato, gestendo oratori, campi sportivi e ricreativi, mense e refettori, case di accoglienza religiosi non pagasse le imposte su tali attività e strutture.

Ma lo Stato non esercita direttamente l’ attività religiosa e di culto, né delega il suo esercizio alle diverse confessioni. Esso riconosce che l’ attività stessa, esercitata dalle diverse confessioni, secondo i propri fini istituzionali e secondo le regole proprie di ciascuna di esse, vada per ciò stesso considerata attività di interesse collettivo. Ogni confessione esercita dunque, in via autonoma ed insindacabile da parte dello Stato, la funzione di culto e di religione.

La Chiesa ha previsto istituzionalmente una distinzione fra attività principali ed attività complementari di religione. Fra le prime la celebrazione del culto, i riti e le liturgie, la catechesi, la missionarietà, la vita e l’ organizzazione del clero, l’ educazione religiosa: fra le altre le attività ricreative, culturali, didattiche, ricettive, caritative, assistenziali e quant’ altro la Chiesa ritiene utile alla sua missione.

Conseguentemente tutte le strutture e le attrezzature in cui viene svolta, secondo i fini istituzionali detti, un’ attività sia principale, sia complementare di religione e di culto, sono da ritenersi equiparate, sul piano della loro diretta destinazione alla funzione pubblica cui assolve la Chiesa.

Diversamente, la Chiesa stessa riconosce che una serie di beni (i cosiddetti strumentali) non hanno una finalizzazione diretta ai compiti della Istituzione; ma producono puramente un reddito. Il reddito viene dunque assoggettato a tassazione, cosi come il bene, se immobile, è soggetto a ICI.


Coerentemente per l’ applicazione dell’ esenzione ICI agli immobili degli enti religiosi devono ricorrere due requisiti: il primo soggettivo riguardante la natura dell’ ente che esercita l’ attività; si deve trattare di enti aventi finalità di religione e di culto. L’ altro oggettivo nel senso che l’ immobile deve essere destinato ad ospitare una attività connessa alla finalità religiosa.


Le ricorrenti polemiche sull’ ICI relativa ai beni della Chiesa non trovano spiegazione, dunque, sul piano giuridico; ma piuttosto con la pretesa di affermare una concezione laicista dello Stato, basata sull’ assunto che esso non debba riconoscere la componente spirituale come parte integrante della persona umana della quale occuparsi e da porre nella propria sfera di interesse (al pari della salute, della integrità ed incolumità fisiche, della istruzione e della cultura, della sfera affettiva, relazionale lavorativa; aspetti tutti,dei quali lo Stato si occupa direttamente, a pieno titolo).


L’ art. 7 del D. Lgs. 504 / 92, dunque, elenca tassativamente le attività che possono fruire dell’ esenzione ICI:

1- attività assistenziali;
2- attività previdenziali;
3- attività sanitarie;
4- attività didattiche;
5- attività ricettive;
6- attività culturali;
7- attività ricreative;
8- attività sportive;
9- attività di religione e di culto.

Mi sembra in conclusione che il legislatore italiano conosca bene i termini della questione e, con questa norma, non dia alla questione stessa una risposta né emotiva, né superficiale.

30/08/2009 20:08

E allora? Perchè non pubbichi i bilanci della tua Chiesa? Ti è stato forse fatto obbligo di devolvere l'8 x mille a favore della Chiesa Cattolica? 
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30/08/2009 20:40

Luca 12:13-21

Il ricco stolto
(Sl 49; 73) Mt 16:26; Lu 16:19-26; Gr 9:23; Ec 8:8; 9:12
13 Or uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». 14 Ma Gesù gli rispose: «Uomo, chi mi ha costituito su di voi giudice o spartitore?» 15 Poi disse loro: «State attenti e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall'abbondanza dei beni che uno possiede, che egli ha la sua vita». 16 E disse loro questa parabola:
«La campagna di un uomo ricco fruttò abbondantemente; 17 egli ragionava così, fra sé: "Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?" E disse: 18 "Questo farò: demolirò i miei granai, ne costruirò altri più grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, 19 e dirò all'anima mia: «Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti»". 20 Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?" 21 Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio».

[SM=g7413]
30/08/2009 20:54

 indagine Il Congresso americano indaga sui tesori milionari delle congregazioni cristiane autonome. Gli imperi Le chiese sono veri imperi con palestre, scuole, centri commerciali, televisioni

Processo alle chiese in limousine

Rolls Royce e jet privati: negli Usa i «pastori della prosperità» nel mirino del fisco


DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - «Sono un cristiano e ho grande rispetto per la libertà religiosa. Ma Gesù arrivò a Gerusalemme sul dorso di un mulo. Quando oggi vedo pastori che girano in Rolls Royce e che si spostano da una città all' altra col loro jet personale, mi chiedo: serve davvero a diffondere il Vangelo?». Charles Grassley, il capo dei repubblicani nella Commissione Finanze del Senato - uno che da anni combatte le forme di elusione fiscale che si nascondono nel «non profit» - stavolta l' ha fatta grossa: dopo aver passato al setaccio i bilanci della Croce Rossa, di istituzioni culturali «intoccabili» come la Smithsonian (quella che gestisce i principali musei di Washington) e aver contestato le «donazioni parziali» di opere d' arte ai musei fatte in esenzione d' imposta, il senatore dell' Iowa ha spinto il Congresso a mettersi in rotta di collisione con i pastori delle «megachiese»: i capi di congregazioni cristiane autonome dai culti ufficiali che praticano la cosiddetta teologia della prosperità. Pastori di anime come il reverendo Binny Hinn che ha fondato a Grapevine, in Texas, una chiesa con decine di migliaia di fedeli o Randy White della Without Walls International Church di Tampa, in Florida, che non esitano a definirsi, oltre che predicatori, amministratori delegati di congregazioni che gestiscono anche attività di rilevante valore economico: attorno a molte megachiese, infatti, sorgono centri di servizi per le comunità locali che in molti casi possono comprendere palestre, scuole, campi sportivi, centri commerciali, case per anziani, farmacie, agenzie di viaggio, uffici di consulenza tributaria e perfino servizi di limousine. C' è anche chi ha realizzato villaggi residenziali con centinaia di appartamenti. Attività spesso svolte in parziale o totale esenzione d' imposta, nelle quali è difficilissimo tirare una linea di confine tra cura delle anime e iniziative commerciali. I profitti vanno alle congregazioni che ostentano sedi sempre più lussuose, mentre i pastori non fanno nulla per nascondere la loro ricchezza. «Tutto regolare» spiegano i sostenitori della teologia della prosperità: Dio non vuole solo gli uomini felici in Paradiso, li vuole anche ricchi sulla Terra. Quindi l' opulenza esibita è un modo di fare proselitismo: la prosperità rende più convincente il messaggio evangelico, la Rolls Royce è la prova che il pastore ha avuto successo e che, quindi, merita di essere seguito. Grassley la vede in modo un po' diverso: i sontuosi ingressi foderati di marmo degli uffici amministrativi di alcune congregazioni gli sembrano uno spreco. Ma, soprattutto, trova inaccettabile che i soldi coi quali i pastori di queste chiese «autonome» pagano i loro lussi vengano da attività spesso esercitate senza pagare un dollaro di tasse. Il potente senatore repubblicano lo considera un caso analogo a quello dell' elusione dei tributi da parte di alcune «non profit» culturali; nulla, insomma, che interferisca con le libertà religiose. Così ha convinto la Commissione del Senato a chiedere a sei di queste chiese - quelle che più hanno attirato l' attenzione di giornali e tv - di riferire al Parlamento sulla loro organizzazione e sulle tecniche adottate per separare gli affari religiosi dalle attività economiche che dovrebbero essere regolarmente tassabili. La reazione di queste chiese, ma anche quella dei movimenti evangelici, è stata molto dura: i pastori hanno accusato il Congresso di violare il principio della separazione tra Chiesa e Stato e di addentrarsi illegittimamente in un terreno - quello della libertà assoluta di praticare ogni tipo di religione - protetto dalla Costituzione. Giovedì 6 novembre, la scadenza fissata dal Congresso per la consegna della documentazione, solo una delle sei congregazioni ha risposto all' invito di Grassley. Tre pastori hanno preso tempo sostenendo che possono anche obbedire a una richiesta che ritengono illegittima, ma aggiungendo che hanno bisogno di mesi per raccogliere le carte. Due congregazioni hanno, invece, opposto un netto rifiuto. Creflo Dollar, il più noto tra i «pastori della prosperità», un predicatore nero che fa la spola tra le sue due chiese di Atlanta e New York a bordo di un Gulfstream da 30 milioni di dollari, ha addirittura sfidato il Congresso: «Non rispondo a chi mi accusa e poi mi chiede una collaborazione volontaria: se mi vogliono, abbiano il coraggio di emettere una citazione ufficiale, un "subpoena"». Per la prima volta Grassley è in difficoltà, ma non demorde: sfidare chiese con decine di migliaia di fedeli non è impresa facile per chi ha bisogno di voti per fare politica. Ma in America c' è anche un' altra religione - quella del rispetto per i contribuente e per il modo nel quale viene speso il suo denaro - alla quale gli elettori sono molto sensibile. Il senatore spera che alla fine la sua crociata antievasione paghi anche in termini politici e prova ad andare avanti: ha concesso una proroga fino a fine gennaio alle chiese che ancora non hanno inviato i documenti contabili richiesti e si appresta ad affrontare il caso-Dollar. Ma anche tra i critici delle megachiese c' è chi vede il rischio di un eccessivo interventismo della politica: entro certi limiti i centri di culto hanno sempre goduto di esenzioni fiscali per le attività svolte a favore della comunità. È giusto perseguire gli abusi delle congregazioni che gestiscono imperi finanziari miliardari fingendo che si tratti di assistenza ai bambini e agli anziani, ma il Congresso non deve farsi prendere dalla tentazione di imporre una gabbia di regole alle organizzazioni religiose. I pastori finti nel mirino di Grassley sanno che i politici rischiano grosso e, per metterli ancor più in difficoltà, si atteggiano a martiri. Il pastore texano John Copeland, uno dei «ribelli», invita i suoi fedeli a gioire per l' attacco del Congresso: «La Bibbia dice che sarai perseguitato per aver fatto del bene, alleluia». E ad appoggiarli arriva anche un deputato democratico del Parlamento della Georgia. Randal Mangham giudica addirittura educativo l' uso delle Bentley da parte dei pastori: «Così anche i bambini dei quartieri "difficili" capiscono che non è necessario spacciare droga per guidare una macchina di lusso». 30 *** milioni di dollari è il valore del Gulfstream sul quale vola il reverendo Dollar

Gaggi Massimo

Pagina 26
(30 dicembre 2007) - Corriere della Sera

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31/08/2009 06:18

A volte non capisco per quale ragione aprire un Topic con un articolo lungo al quale difficilmente si ha il tempo per rispondere.
Il 70% dell'assistenzialismo in Italia e ad opera della Chiesa Cattolica, la CEI inoltre ogni Anno mette Online quanto ha ricavato dall'8x1000 e cosa ha fatto con questi soldi.
Infine l'8x1000 ha ragioni storiche per esistere, ragioni storiche che riguardano lo Stato Italiano e lo Stato Pontificio, se dovessimo mettere i puntini sulle I solo la Chiesa Cattolica dovrebbe usufruirne, dato che solo la Chiesa subì ingiustamente la confisca dei suoi beni dal neonato Stato Italiano.

A proposito di soldi, la campagna scandalistica contro quell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che i contribuenti possono liberamente mettere a disposizione della Chiesa italiana ignora (o vuole ignorare) quale sia il retroscena storico. Nel 1860 i Piemontesi, per raggiungere (e bloccare) Garibaldi al Sud, invasero - approfittandone per annetterle con la forza al nuovo Regno - le regioni pontificie della Romagna, delle Marche e dell’Umbria. Dei suoi possedimenti, alla Chiesa non restò che il Lazio, anch’esso poi invaso e incamerato dai Savoia nel 1870. Tutto ciò fu considerato come una vera e propria rapina da parte degli studiosi dì diritto internazionale, e di certo non solo cattolici: si scandalizzarono per il sopruso persino i grandi giuristi della luterana Germania di Bismarck. A questo si aggiunse quell’altro clamoroso sopruso del sequestro e dell’incameramento di tutti i beni ecclesiastici italiani: dai monasteri, alle istituzioni benefiche, ai campi, sino alle chiese stesse. Confisca, si badi, senza alcun indennizzo. Per tentare di salvare la faccia di fronte alla comunità internazionale - e per dare una qualche rassicurazione alle masse cattoliche che rappresentavano l’enorme maggioranza, ma senza voce perché escluse dal voto, dei sudditi del nuovo Regno d’Italia - subito dopo la breccia di Porta Pia il governo dei liberali approvava la cosiddetta "Legge delle Guarentigie". Una legge che, riconoscendo implicitamente che la conquista, senza neppure dichiarazione di guerra, di tutti i territori di uno Stato violava il diritto delle genti, attribuiva un "rimborso" al papa, come sovrano derubato. La somma fu stabilita in una rendita di quasi tre milioni e mezzo di lire-oro: un’enormità, per uno Stato come quello italiano, il cui bilancio era di poche centinaia di milioni di lire. Un’enormità che confermava però quale fosse l’entità della "rapina" perpetrata. Quello delle Guarentigie non era però un trattato accettato dalle due parti, era una legge unilaterale del governo sabaudo: i Papi mai la riconobbero né vollero accettare un centesimo di quella somma vistosa. Per le necessità economiche della Santa Sede preferirono affidarsi alla carità dei fedeli, istituendo l’Obolo di San Pietro.

Solo quasi sei decenni dopo, nel 1929, si giunse ai Patti Lateranensi, che comprendevano un Concordato e un Trattato che regolava anche i rapporti finanziari. Il Trattato ristabiliva il principio di quel "rimborso" per la confisca dello Stato Pontificio e dei beni ecclesiastici che lo stesso governo italiano del 1870 aveva giudicato necessario. Si stabilì così che l’Italia avrebbe versato 750 milioni in contanti e che si sarebbe accollata alcuni oneri come quello di uno stipendio ai sacerdoti "in cura d’anime". Quello stipendio, in parte era fondato sui crediti che la Chiesa vantava verso lo Stato italiano, in parte derivava dalle nuove funzioni pubbliche - come la celebrazione e la registrazione dei matrimoni con rito religioso, aventi però anche validità civile che i Patti attribuivano alla Chiesa. Dunque, le concessioni economiche del 1929, motivo di tanto scandalo per la polemica anticlericale, non erano un "regalo", il frutto di qualche favore "costantiniano", ma la copertura (seppure, solo parziale) di un debito determinato dalle spoliazioni del XIX secolo. È in questa prospettiva storica che andrebbe giudicata la recente revisione dei Patti Lateranensi ad opera del governo non di un democristiano ma di un socialista come Bettino Craxi. In quella revisione, tra l’altro, si supera il concetto, pur del tutto legittimo alla luce del diritto internazionale, di "rimborso" e si instaura quello della contribuzione volontaria della quale lo Stato si limita a fare da esattore. Il famoso "otto per mille", dunque, va inquadrato in una più che secolare vicenda della storia italiana. Ma, questa, chi la conosce più?

("Pensare la storia", San Paolo, Milano 1992)

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31/08/2009 06:54

Mi domandavo quale problema possa creare a Caluzzu l'8x1000 alla Chiesa Cattolica dato che anche gli evangelici usufruiscono di questo bene economico, ci sono infatti tre denominazioni evangeliche al quale si possono donare questi soldi, ADI, Valdesi e Avventisti del settimo giorno.
Quindi Caluzzu può benissimo destinare la sua parte ad una di queste denominazioni, nessuno è obbligato a destinare l'8x1000 alla Chiesa Cattolica, inoltre, se non ricordo male, Caluzzu non ha nemmeno la residenza in Italia, dato che lui stesso affermava tempo fa di abitare in Belgio, quindi a maggior ragione non dovrà uscire un centesimo per l'8x1000, quindi dove sta il problema?

Infine faccio presente che la quasi totalità di persone che donano l'8x1000 alla Chiesa Cattolica è cattolica, ma, quando un povero va alla mensa della caritas, o a un dormitorio, o a qualsiasi opera di beneficenza gestita da preti, non gli chiedono il certificato di battesimo, e questi barboni sono italiani come me e te. Siccome il clero non fa della beneficenza solo per i battezzati cattolici, bensì una meritoria opera verso tutti gli uomini in generale, è giusto che lo Stato dia il suo contributo, perché lo Stato si occupa dei cittadini e la Chiesa mette a disposizione delle strutture perché questo sia fatto. Gran parte dell'assistenzialismo del nostro paese è di matrice religiosa.

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31/08/2009 07:23

Inserisco un messaggio di un evangelico, ora pasato al cattolicesimo per aiutarci a comprendere che prima di togliere la pagliuzza dagli occhi del fratello dobbiamo togliere la trave dai nostri occhi.

Pace a tutti.

Non so se faccio bene ad intervenire, non vorrei apparire per polemico o altro, ma credo doveroso dire qualcosa quando si è in grazia di farlo, anche per esperienza diretta.

Gli evangelici (ma questa non è una regola per tutte le chiese evangeliche) devono dare la decima, come vi raccontai la mia famiglia ebbe difficoltà economiche ed ebbe difficoltà a riprendersi perchè mio padre si era impegnato anche molti risparmi per permettere al pastore di avere la sala con appartamento attiguo.

Anche se non viene mai detto esplicitamente, queste donazioni hanno in sè stesse una promessa che accompagnerà il cristiano donatore alla piena salvezza, cioè, il cristiano donatore più donerà alla sua chiesa, più sarà ricompensato da Gesù.

Ripeto questa non è una dottrina evangelica, e non viene insegnata come una dottrina, ma deve essere praticata il più possibile.
Problemi che alcuni cristiani hanno avuto o incorrerebbero se, potendo fare, non facessero e non hanno fatto, non li descriverò.

Non faccio i commenti lascio che siate voi, liberamente, a dare una valutazione al metodo.

Ma posso testimoniare di come ho partecipato tante volte alla Messa, senza dare un solo euro, nessuno è venuto a chiedermi i soldi e nessuno è venuto mai a dirmi che quella Messa per me non era valida perchè < non avevo pagato >.
Quando posso dono, credo che questo sia nella coscienza di ogni individuo.

Ho chiesto a chi ne sa più di me perchè allora la CEI che è la conferenza dei vescovi italiani, perchè hanno fatto un tariffario delle Messe, mi è stato risposto:

La Messa è l'unico incontro comunitario che vede unite molte persone.

Negli Atti leggiamo che di loro spontanea volontà i cristiani mettevano tutto a disposizione della comunità e portavano denaro ed altro ai piedi degli apostoli (in fondo è quanto avviene in molte chiese evangeliche oggi, di cristiani che danno molto ai loro pastori). Oggi questo non si fa più. A cosa serve il tariffario? Serve per assicurare un minimo di sussistenza alla comunità. L'energia da pagare, il riscaldamento, i servizi dell'oratorio, famiglie a cui pensare che si rivolgono alla comunità, molte volte ci sono gemellaggi con le missioni estere. A queste spese vanno anche i soldi della così detta - Messa - ma non è la messa che si va a pagare, l'associazione che se n'è fatta nasce da alcuni abusi denunciati appunto da Lutero.

Ma l'abuso compiuto non vanifica nulla, resta abuso e per questo condannato e per questo riportato al suo valore originale come viene descritto in Atti, cioè, che erano i fedeli della Comunità a provvedere sia agli apostoli, che al resto della comunità e ai suoi bisogni, nel cui frangente si celebrava l'Eucarestia.

Questa è una spiegazione che a me ha aperto, a suo tempo la mente, spero possa aiutare anche altri alla comprensione.

Sia lodato Gesù Cristo
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