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26-28 settembre 2009 Benedetto XVI in visita Apostolica nella Rep. Ceca

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 11:33
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26/09/2009 06:04

Il Papa a Praga

Vlk: «Una scossa salutare al Paese secolarizzato»


DAL NOSTRO INVIATO A P RAGA

LUIGI GENINAZZI

È il motto scelto da Benedetto XVI per la
visita che comincia domani nella Re­pubblica Ceca: «L’amore di Cristo è la no­stra forza».
Ma si adatta perfettamente alla per­sonalità dell’arcivescovo di Praga, il cardinale Miloslav Vlk, che si prepara ad accogliere il Santo Padre. « Sarà una scossa salutare per la nostra società ultra- secolarizzata » , si dice con­vinto.
Per lui sarà il sigillo di una lunga attività pa­storale al vertice della Chiesa ceca. Ordinato vescovo nel 1990, insediato a capo della dio­cesi praghese nel 1991, nominato cardinale nel 1994. Tra breve, a 77 anni compiuti, lascerà l’incarico, anche perché « i limiti canonici d’età li ho già superati da oltre due anni » .
Vlk è un uomo saggio e pacato, ha guidato la Chiesa locale nella difficile transizione post­comunista puntando sui laici e sui movimen­ti. In gioventù, il regime gli tolse il permesso di parroco e così, per dieci anni, si ridusse a fare il lavavetri nei negozi di Praga.

«Guarda­vo Cristo sulla croce e m’identificavo piena­mente con lui, cele­brando Messa clande­stinamente nelle ca­se. Sono stati gli anni più benedetti della mia vita» , confessa con un timido sorriso, prima di rispondere alla nostre domande.

Eminenza, quello del Papa in Repubblica Ceca sarà un viaggio « nel cuore dell’Euro­pa » , come lui stesso ha detto domenica scorsa. Sarà l’occa­sione per un messaggio papale a tutto il con­tinente?

La visita in Repubblica Ceca è il primo viaggio internazionale che il Santo Padre compie do­po la pubblicazione dell’enciclica
Caritas in veritate.
Penso dunque che Benedetto
XVI ri­prenderà quelle riflessioni, che entrano nel vi­vo delle problematiche del nostro tempo. Par­lerà ai credenti ed agli uomini di buona vo­lontà del mio Paese e di tutta l’Europa, sullo sfondo del ventesimo anniversario della ca­duta del comunismo. Una ricorrenza che per noi cechi è strettamente legata alla canoniz­zazione di Sant’Agnese di Praga, avvenuta il 12 novembre del 1989. Per la prima volta nel­la storia del regime comunista 10mila pelle­grini poterono uscire dalla Cecoslovacchia e recarsi a Roma per la cerimonia. Pochi giorni dopo a Praga ci fu la manifestazione studen­tesca, repressa duramente dalla polizia, che segnò l’avvio della cosiddetta ' rivoluzione di velluto'. Un cambiamento epocale che molti subito chiamarono ' il miracolo di Sant’Agne­se'.

Eppure, oggi la Repubblica Ceca è considera­ta la nazione più secolarizzata d’Europa. Qua­li sono i motivi di questo diffuso laicismo?

Ci sono ragioni storiche che risalgono ai tem­pi di Jan Hus, il riformatore boemo finito sul rogo cui venivano condannati gli eretici. Poi ci fu la guerra dei Trent’anni, che acuì i contra­sti religiosi, quindi il lungo dominio degli A­sburgo e la supposta complicità della Chiesa cattolica nel soffocare le aspirazioni naziona­li. In realtà, molti sacerdoti, continuando a pre­dicare nella lingua ceca, contribuirono a sal­vare l’identità popolare. E l’idea che Chiesa e nazione fossero in netto contrasto venne poi ripresa e propagandata dopo la prima guerra mondiale e più tardi anche dai comunisti.

Ma laici e credenti si ritrovarono insieme nel­la lotta contro il regime a partire dagli anni Settanta. Non è rimasto nulla di quella straor­dinaria collaborazione?

La Chiesa cattolica è stata protagonista delle battaglie per la libertà alla fine del comuni­smo. Ma raggiunto l’obiettivo la politica ha preso un’altra strada, concentrandosi sulle tra­sformazioni dell’economia e dimenticando quella che io chiamo la necessaria trasforma­zione del cuore. Ed oggi i sentimenti anti- re­ligiosi si rinnovano nel tentativo di ridurre la questione dei rapporti tra Stato e Chiesa al pro­blema dei beni ecclesiastici, come a dire che la Chiesa vuole il potere. Non è così. Noi non abbiamo chiesto la restituzione di tutti i beni confiscati alla Chiesa nel 1948 e ci siamo di­chiarati disponibili ad accettare meccanismi di compensazione finanziaria che garantiscano il funzionamento delle nostre istituzio­ni.

A che punto è la que­stione?

Noi dialoghiamo con lo Stato ma i vari go­verni che si sono suc­ceduti in questi quin­dici anni non hanno mai voluto affronta­re seriamente il pro­blema. Recentemen­te, sembrava che si stesse per aprire uno spiraglio. L’ultimo governo guidato da Topolanek aveva avanza­to una proposta: la Chiesa lascia le sue antiche proprietà nelle mani dello Stato dietro un rim­borso di 83 miliardi di corone ( circa 3 miliar­di di euro), rateizzato nei prossimi 60 anni. Ma poi il progetto è stato bocciato in sede di com­missione per il repentino cambio d’idea di u­no degli esponenti governativi. E così siamo di nuovo al punto di partenza.

Tutto questo avrà ripercussioni sull’immi­nente visita del Papa?

No, non credo che Benedetto XVI ne parlerà nei suoi discorsi, anche se ha ben presente il problema. Ma forse l’argomento verrà affron­tato nel colloquio che il Segretario di Stato va­ticano avrà con il primo ministro ceco.

La visita del Papa potrà contribuire ad ap­pianare la strada verso una soluzione?

La Repubblica ceca si trova in uno stato di grande confusione. E la Chiesa è oggetto di tanti pregiudizi. Le dico solo questo: il nostro presidente Vaclav Klaus, quand’era primo mi­nistro negli anni Novanta, definì spregiativa­mente la Chiesa come un club turistico. In que­sto quadro nerissimo, ecco che adesso arriva una figura bianca e luminosa che, senza im­porre nulla, parlerà delle cose più importanti che riguardano la vita degli uomini e della so­cietà. E richiamerà i credenti a essere meno ti­midi e ad avere più coraggio, testimoniando il Vangelo in una società secolarizzata che ha bi­sogno di toccare con mano e di fare esperien­za della novità cristiana.

© Copyright Avvenire, 25 settembre 2009

BOEMIA E MORAVIA, REALTÀ DIVERSE

Resta aperto il contenzioso sui beni ecclesiastici

Nella Repubblica Ceca i cattolici sono poco più di tre milioni, circa il 30 % della popolazione. Ma la cifra si riferisce ai battezzati, mentre la pratica religiosa è molto bassa.
A Praga, una delle città più secolarizzate del continente, non va oltre il 5 %. E in tutta la diocesi della capitale, che ricopre gran parte della Boemia, lo scorso anno c’è stata una sola ordinazione sacerdotale.
Più consolante invece la situazione in Moravia e nel suo capoluogo, Brno, dove resiste un cattolicesimo popolare dalle solide radici. Benedetto XVI vi si recherà domenica per celebrare una solenne Messa all’aperto che rappresenterà il momento più partecipato della sua visita. La Chiesa cattolica è presente nella Repubblica Ceca con molti centri educativi e assistenziali ma, a vent’anni dalla caduta del comunismo, resta ancora aperto il contenzioso con lo Stato per la restituzione dei beni ecclesiastici confiscati nel 1948. Si tratta di 3.500 edifici e 72mila ettari di terreni. All’inizio degli anni Novanta la Chiesa è tornata in possesso di un centinaio di luoghi di culto e di monasteri, poi tutto si è bloccato. Ed anche l’ipotesi di una graduale compensazione finanziaria è stata recentemente bocciata da una commissione del Parlamento. ( L.Gen.)

© Copyright Avvenire, 25 settembre 2009
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Nuovo slancio al dialogo tra Chiesa e società


di Mario Ponzi


"Dio, nostro Padre celeste, ti ringraziamo per l'imminente visita di Benedetto XVI. Guidaci con il tuo amore affinché ci prepariamo bene all'incontro con colui che guida la Chiesa universale... Fa' che i giorni che trascorrerà tra noi servano a lui e a tutta la nostra società, come stimolo e incoraggiamento". Sono alcune strofe della preghiera che da qualche mese riecheggia sotto le volte
delle maestose cattedrali di Boemia e di Moravia, così come nelle più piccole e sperdute parrocchie sparse nell'intero territorio della Repubblica Ceca, il sesto Paese europeo - dopo Polonia, Spagna, Germania, Austria e Francia - che si accinge ad accogliere Benedetto XVI.

Joseph Ratzinger segue le orme del suo predecessore Giovanni Paolo II, per tre volte pellegrino in quelle terre. La prima visita risale al 21 aprile 1990. Il popolo cecoslovacco si era da poco liberato dal giogo del regime comunista e lentamente si avviava verso la democrazia. Papa Wojtyla portò il suo incoraggiamento alla giovane Repubblica federativa. Il 20 maggio 1995 tornò a Praga. Si trattò di un passaggio rapido:  la sua meta era infatti Olomuc, dove venivano canonizzati i beati Zdislava di Lemberk e Jan Sarkander. Ma, come aveva promesso proprio in quell'occasione, tornò due anni più tardi, il 25 aprile 1997, per la celebrazione del millennio del martirio di sant'Adalberto, uno dei padri dell'ideale dell'unità europea. Trovò una situazione nuova:  la neonata Repubblica Ceca separata, con un pacifico accordo, dalla Slovacchia.

Dalla prima visita i tempi sono cambiati. Boemi e moravi hanno vissuto secoli di storia tormentata:  una storia di sofferenza che ha fatto della libertà un sogno da coltivare quasi all'infinito. Alla fine l'hanno ottenuta sulle ali del vento che ha sgretolato, nell'est europeo, il muro di Berlino e, con esso, l'ideologia comunista. Karol Wojtyla, visitando la Cecoslovacchia prima degli altri Paesi di questa parte del continente, volle in un certo senso riconoscere ai suoi abitanti il primato delle lunghe e penose sofferenze.

Pesano ancora oggi i ricordi della repubblica nata con la caduta dell'impero degli Asburgo, alle prese prima con il nazionalsocialismo e poi con l'espansionismo sovietico. È una terra situata nel cuore dell'Europa e forse proprio gli appetiti suscitati dalla collocazione geografica sono stati la causa di tanto penare. Non a caso Bismarck sosteneva che chi ne fosse diventato padrone avrebbe dominato il mondo.

La Chiesa è stata sempre vicina al popolo, sia quando c'era da riconquistare la libertà negata dal regime, sia quando si trattava di sostenerla mentre muoveva i suoi primi passi. La stessa storia della Chiesa cattolica ceca è strettamente legata a quella dello Stato. Basti qui ricordare alcune date e alcuni episodi. Le prime notizie risalgono al lontano 13 gennaio 845, giorno in cui quattordici membri della nobiltà ceca con il loro seguito furono battezzati a Ratisbona. Qualche anno più tardi, nell'863, giunsero Cirillo e Metodio e iniziarono la loro missione evangelizzatrice dalla Moravia. Trovarono un terreno già reso fertile dalla testimonianza del principe boemo Venceslao.

La Chiesa ha avuto un ruolo determinante anche nella promozione della cultura, dell'educazione, della scienza e della vita sociale della nazione. La predicazione della fede, l'introduzione della scrittura paleoslava - con la relativa traduzione della Bibbia - e la diffusione dei libri liturgici e della collezione del diritto bizantino, sia canonico che civile, posero infatti le fondamenta della cultura del Paese. Sant'Agnese di Praga e santa Zdislava di Lemberk sono diventate modelli di carità nell'assistenza dei poveri, dei malati, degli anziani.

La popolazione è uscita a testa alta dal tentativo di stravolgere la sua storia, nell'intento di sradicarla dalle tradizioni e di rifondarla su basi inaccettabili. Il pericolo è definitivamente sfumato. Il problema ora è lo sviluppo della prosperità civile e spirituale della nazione e il suo naturale inserimento in Europa, che non significa semplicemente una somma di adempimenti economici e finanziari. L'Unione è anche il frutto di una ricca esperienza umana e spirituale che non è semplicemente consegnata al futuro, ma è in continua costruzione.

Quando Giovanni Paolo II volle proclamare Cirillo e Metodio compatroni d'Europa, accanto a Benedetto da Norcia, mise tutti di fronte a una responsabilità:  la ricomposizione unitaria, religiosa e civile di una patria comune che - sola - dà senso e rilievo alle singole componenti. È, in altri termini, l'idea dei due polmoni che danno vitalità al vecchio continente e che, per definizione, evitano separazioni, rafforzando le legittime individualità di cui è sempre fondante l'esperienza religiosa. La Repubblica Ceca, nella geografia e nella storia civile e religiosa, occupa ancora un ruolo nel continente. E, in questo senso, ha un'importante missione da compiere.

Il Paese sta attraversando un periodo difficile, dovuto non solo alla crisi mondiale. Sono trascorsi quasi vent'anni dalla riconquistata libertà, ma gli animi sono ancora da affinare e il cammino da compiere è lungo. C'è da fronteggiare un deficit economico record, nell'ordine di miliardi di euro. La politica è in una delicata fase di transizione. Sfiduciato il Governo del premier liberale Mirek Topolanek, bocciata la proposta di elezioni anticipate, il timone è stato affidato a un Governo tecnico il cui compito è quello di traghettare il Paese sino alle elezioni del prossimo anno. Il presidente Václav Klaus, rieletto per il secondo quinquennio nel febbraio del 2008, è dichiaratamente euroscettico, ma è consapevole della necessità di aprirsi al resto del continente. I rapporti tra Chiesa e Governo stanno lentamente normalizzandosi. Ma nonostante il pieno riconoscimento della legittimità della presenza della Chiesa e dunque della piena libertà di culto, restano sul tappeto alcune questioni ereditate dal passato, soprattutto per quanto riguarda la restituzione dei beni confiscati dal regime comunista.

Arriva il Papa. Una visita, la sua, fortemente voluta. E non solo dalla Chiesa locale. Il presidente in persona l'ha più volte sollecitata. Lo ha fatto ancora pochi mesi fa, durante un'udienza in Vaticano. Forse si cerca l'occasione per rileggere la storia e ripensare così il futuro. Un futuro che riguarda immancabilmente l'Europa, o meglio il ruolo che il Paese deve assumere nell'Europa di oggi ma anche e soprattutto in quella di domani. Un ruolo proporzionato alle aspettative di un contesto - quello continentale appunto - che si è sempre dimostrato simpatizzante e solidale nei confronti di questa nazione. E la visita di Benedetto XVI esalterà sicuramente questo ruolo. Del resto i Pontefici di questi ultimi decenni hanno dato un contributo decisivo alla crescita della coscienza collettiva europea, rivendicando la tensione unificante dell'evangelizzazione, i modelli culturali e comportamentali dei grandi santi, l'umanizzazione del territorio costruita da generazioni di monaci e l'ininterrotta opera di lievitazione spirituale, coltivata e arricchita sino ai nostri giorni.

Ma poi si guarda avanti. C'è una pace da costruire, uno sviluppo solidale da far decollare nell'ottica di una sana e responsabile globalizzazione, libera da ipocrisie e conflittualità, lontana da interessi nazionali individualistici e ricca di valori.

C'è soprattutto da ricostruire un legame tra la Chiesa e il popolo che sembra aver perso confidenza con il messaggio evangelico. Nel censimento del 2001, il 59 per cento della popolazione adulta ha dichiarato di non essere "affiliata" ad alcuna religione; i cattolici sono il 30 per cento (circa 3 milioni su un totale di 10,5 milioni di abitanti, distribuiti in 8 diocesi e un esarcato di rito bizantino); gli altri cristiani non superano il 5 per cento e sono divisi in almeno 22 denominazioni ufficialmente riconosciute dallo Stato. La Chiesa è ancora poco organizzata, immersa come è in una società indifferente. La parte maggioritaria della popolazione, memore di una storia tormentata ha trovato rifugio in un diffuso cinismo nei confronti della politica, della cultura e della religione.

Da qui nasce il bisogno di animare vescovi e sacerdoti di nuova energia interiore, aiutandoli a ritrovare fiducia in sé stessi per affrontare la sfida nuova e restituire così alla Chiesa il suo proprio ruolo. È l'intento che guida Benedetto XVI in questa visita. Non a caso il filo conduttore del suo messaggio complessivo sarà costituito dalle tre virtù teologali che hanno sino a oggi segnato il suo pontificato:  la fede, la speranza e la carità.


di Mario Ponzi

"Dio, nostro Padre celeste, ti ringraziamo per l'imminente visita di Benedetto XVI. Guidaci con il tuo amore affinché ci prepariamo bene all'incontro con colui che guida la Chiesa universale... Fa' che i giorni che trascorrerà tra noi servano a lui e a tutta la nostra società, come stimolo e incoraggiamento". Sono alcune strofe della preghiera che da qualche mese riecheggia sotto le volte delle antiche, maestose cattedrali di Boemia e di Moravia, così come nelle più piccole e sperdute parrocchie sparse nell'intero territorio della Repubblica Ceca, il sesto paese europeo - dopo Polonia, Spagna, Germania, Austria e Francia - che si accinge ad accogliere Benedetto XVI.

Joseph Ratzinger segue le orme del suo predecessore Giovanni Paolo II, per tre volte pellegrino in quelle terre. La prima visita risale al 21 aprile 1990. Il popolo cecoslovacco era da poco riuscito a sottrarsi al giogo del regime comunista e lentamente si avviava verso una stagione di democrazia. Ppaa Wojtyla si recò a portare il suo incoraggiamento alla giovane repubblica federativa. Il 20 maggio 1995 tornò a Praga. Si trattò di un passaggio rapido:  la sua meta era infatti Olomuc, dove venivano canonizzati i beati Zdslava di Lemberk e Jan Sarkander. Ma, come aveva promesso proprio in quell'occasione, tornò due anni più tardi, il 25 aprile 1997, per la celebrazione del millennio del martirio di sant'Adalberto, uno dei padri dell'ideale dell'unità europea. Trovò una situazione nuova:  la neonata Repubblica Ceca separata, con un pacifico accordo, dalla Slovacchia.

Ora i tempi sono di nuovo cambiati. Boemi e moravi hanno vissuto secoli di storia tormentata:  una storia di sofferenza che ha fatto della libertà un sogno da coltivare quasi all'infinito. Alla fine l'hanno ottenuta sulle ali del vento che ha sgretolato, nell'est europeo, il muro di Berlino e, con esso, l'ideologia comunista. Karol Wojtyla, visitando la Cecoslovacchia prima degli altri Paesi di questa parte del continente, volle in un certo senso riconoscere ai suoi abitanti il primato delle più lunghe e penose sofferenze.

Pesano ancora oggi i ricordi della repubblica nata con la caduta dell'impero degli Asburgo, alle prese prima con il nazionalsocialismo e poi con l'espansionismo sovietico. È una terra situata nel cuore dell'Europa e forse proprio gli appetiti suscitati da questo privilegio geografico sono stati la causa di tanto penare. Non a caso Bismarck sosteneva che chi ne fosse diventato padrone avrebbe dominato il mondo.

La Chiesa è stata sempre al fianco del popolo, sia quando c'era da riconquistare la libertà conculcata dal regime, sia quando si trattava di sostenerla mentre muoveva i suoi primi passi. La stessa storia della Chiesa cattolica ceca è strettamente legata a quella dello Stato. Basta ricordare alcune date e alcuni episodi. Le prime notizie risalgono al lontano 13 gennaio dell'845, giorno in cui quattordici membri della nobiltà ceca con il loro seguito furono battezzati a Ratisbona. Qualche anno più tardi, nell'863, giunsero Cirillo e Metodio e iniziarono la loro missione evangelizzatrice a partire dalla Moravia. Trovarono un terreno già reso fertile dalla testimonianza del principe boemo Venceslao.

La Chiesa ha avuto un ruolo determinante anche nella promozione della cultura, dell'educazione, della scienza e della vita sociale della nazione. La predicazione della fede, l'introduzione della scrittura paleoslava - copn la relativa traduzione della Bibbia - e la diffusione dei libri liturgici e della collezione del diritto bizantino, sia canonico che civile, posero infatti le fondamenta della cultura del Paese. Sant'Agnese di Praga e santa Zdislava di Lemberk sono diventate modelli di carità nell'assistenza dei poveri, dei malati, degli anziani. Tutte memorie che la persecuzione comunista non ha cancellato.

La popolazione è uscita a testa alta dal tentativo di stravolgere la sua storia, nell'intento di sradicarla dalle tradizioni e di rifondarla su basi inaccettabili. Il pericolo è definitivamente sfumato. Il problema semmai è lo sviluppo della prosperità civile e spirituale della nazione e il suo naturale inserimento in Europa, che non significa semplicemente una somma di adempimenti economici e finanziari. L'unione è anche il frutto di una ricca esperienza umana e spirituale che non è semplicemente consegnata al futuro, ma è in continua fioritura.

Quando Giovanni Paolo II ha voluto proclamare Cirillo e Metodio compatroni d'Europa, accanto a Benedetto da Norcia, ha messo tutti di fronte ad una responsabilità:  la ricomposizione unitaria, religiosa e civile di una patria comune che - sola - dà senso e rilievo alle singole componenti. È, in altri termini, l'idea dei due polmoni che danno vitalità al vecchio continente e che, per definizione, evitano separazioni, rafforzando le legittime individualità di cui è sempre fondante l'esperienza religiosa. La Repubblica Ceca, nella geografia e nella storia civile e religiosa, occupa ancora un ruolo chiave nel continente. E, in questo senso, ha un'importante missione da compiere.

Il Paese sta attraversando un periodo difficile, dovuto certamente alla crisi mondiale, ma non solo. Sono trascorsi quasi vent'anni dalla rinascita nella libertà, ma gli animi sono ancora da affinare completamente e il cammino da compiere è lungo. C'è da fronteggiare un deficit economico record, nell'ordine di miliardi di euro. La politica è in una delicata fase di transizione. Sfiduciato il governo del premier liberale Mirek Topolanek, bocciata la proposta di elezioni anticipate, il timone è stato affidato ad un governo tecnico il cui compito è quello di traghettare il Paese sino alle elezioni del prossimo anno. Il presidente Václav Klaus, rieletto per il secondo quinquennio nel febbraio del 2008, è dichiaratamente euroscettico, ma è consapevole della necessità di aprirsi al resto del continente. I rapporti tra Chiesa e governo stanno lentamente normalizzandosi. Ma nonostante il pieno riconoscimento della legittimità della presenza della Chiesa e dunque della piena libertà di culto, restano sul tappeto alcune questioni ereditate dal passato, soprattutto per quanto riguarda la restituzione dei beni confiscati dal regime comunista.

Arriva il Papa. Una visita, la sua, fortemente voluta. E non solo dalla Chiesa locale. Il presidente in persona l'ha più volte sollecitata. Lo ha fatto ancora pochi mesi fa, durante un'udienza in Vaticano. Forse si cerca l'occasione per rileggere la storia e ripensare così al futuro. Un futuro che riguarda immancabilmente l'Europa, o meglio il ruolo che il Paese deve assumere nell'Europa di oggi ma anche e soprattutto in quella di domani. Un ruolo proporzionato alle aspettative di un contesto - quello continentale appunto - che, e non da oggi, si è sempre dimostrato simpatizzante e solidale nei confronti della nazione. E la visita di Benedetto XVI esalterà sicuramente questo ruolo. Del resto i Pontefici di questi ultimi decenni hanno dato un contributo decisivo alla crescita della coscienza collettiva europea, rivendicando la tensione unificante dell'evangelizzazione, i modelli culturali e comportamentali dei grandi santi, l'umanizzazione del territorio costruita da generazioni di monaci e l'ininterrotta opera di lievitazione spirituale, coltivata e arricchita sino ai nostri giorni.

Ma poi si guarda avanti. C'è una pace da costruire, uno sviluppo solidale da far decollare nell'ottica di una sana e responsabile globalizzazione, libera da ipocrisie e conflittualità, lontana da interessi nazionali individualistici e ricca di valori.

Ma c'è soprattutto da ricostruire un legame tra la Chiesa ed il popolo che sembra aver perso confidenza con il messaggio evangelico. Nel censimento del 2001, il 59 per cento della popolazione adulta ha dichiarato di non essere "affiliata" ad alcuna religione; i cattolici sono il 30 per cento (circa 3 milioni su un totale di 10,5 milioni di abitanti, distribuiti in 8 diocesi ed un esarcato di rito bizantino); gli altri cristiani non superano il 5 per cento e sono divisi in almeno 22 denominazioni ufficialmente riconosciute dallo Stato. La Chiesa è incerta, ancora poco organizzata, immersa come è in una società indifferente e fredda. Anzi una parte maggioritaria della popolazione, memore di una storia tormentata e, spesso, sottomessa, ha trovato rifugio in un diffuso cinismo nei confronti della politica, della cultura e della religione.

Di qui nasce il bisogno di animare vescovi e sacerdoti di nuova energia interiore, aiutandoli a ritrovare fiducia in sé stessi per affrontare la sfida nuova e restituire così alla Chiesa il ruolo che le appartiene. È l'intento che guida Benedetto XVI in questa visita. Non a caso il filo conduttore del suo messaggio complessivo sarà costituito dalle tre virtù teologali che hanno sino ad oggi segnato il suo pontificato:  la fede, la speranza e la carità.


(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2009)
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A Stará Boleslav dove si celebra ufficialmente ogni anno la festa della nazione

Nel luogo del martirio di san Venceslao


di Vladimír Kelna
Prevosto della chiesa di San Venceslao a Stará Boleslav

La visita del Papa alla Repubblica Ceca farà tappa, nell'ultima giornata, a Stará Boleslav, una cittadina a una trentina di chilometri da Praga. Si tratta di un luogo che resta legato ai più grandi santi cristiani del Paese.
Cirillo e Metodio vennero qui a visitare la famiglia del principe. Santa Ludmila vi abitava con i suoi nipoti. In un angolo della basilica di San Venceslao riposa Bozena, la moglie del principe Oldrich. Vi si trovano inoltre le spoglie dei santi cinque fratelli martiri, discepoli di sant'Adalberto. Qui veniva in pellegrinaggio il carismatico san Procopio. E qui si preparò per la sua ultima battaglia san Giovanni Nepomuceno.

Boleslav fu molto amata da quello che qui viene ricordato come il padre della patria, l'imperatore Carlo iv, grande devoto di san Venceslao. Egli fece costruire le nuove mura della città. A Boleslav celebrò la messa l'arcivescovo Arnost di Pardubice. Qui si recò in visita la venerabile carmelitana Marie Elekta. Nella cittadina vivevano il cronista Kosmas e lo storico gesuita Balbín. E a questo luogo guardavano i patrioti del risorgimento e anche quelli del periodo più recente della travagliata storia del Paese, cercando l'aiuto e la protezione celeste dinanzi al pericolo nazista e comunista. Si può dire dunque che Boleslav fu amata da tutti quanti quelli che amavano la terra boema, la sua gente e la sua fede ereditata da san Venceslao.

Oggi ci sono due santuari poco distanti l'uno dall'altro:  la basilica di San Venceslao e il santuario dell'Assunzione della Vergine Maria. Gli eventi storici di questa terra sono strettamente legati a entrambi. Dinanzi alla porta della chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano fu assassinato il principe boemo Venceslao. Alcuni storici datano questo fatto al 929, altri al 935. Non si conoscono i motivi di questo fatto così tragico e insieme glorioso per la nostra nazione. Un argomento significativo rimane il carattere fortemente cristiano del governo di Venceslao, che non era ben accolto in un Paese con forti radici pagane. Il primo degli avversari di Venceslao era suo fratello Boleslao. Innegabile è anche il fatto che il luogo dell'assassinio fu proprio il castello di Boleslao, che - secondo la tradizione - si trovava sul luogo dell'odierna basilica di San Venceslao, dove probabilmente una volta sorgeva la chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Secondo la tradizione, Venceslao fu sepolto dinanzi a questa chiesa. Solo tre anni dopo le sue spoglie, per volontà di Boleslav, furono trasportate al castello di Praga, nella chiesa di San Vito, costruita dallo stesso Venceslao.

La basilica fu fondata attorno al 1042 dal principe Bretislav i per adempiere alla penitenza impostagli da Benedetto ix per il saccheggio di Gniezno, in Polonia, da parte dalle truppe boeme, con il conseguente trafugamento delle reliquie di sant'Adalberto, di suo fratello Radim e dei cinque santi fratelli.

In questo antichissimo luogo si venera un'immagine di Maria con il Bambino Gesù, alla quale fu molto legato Venceslao.
Durante le guerre ussite la cappella in cui l'immagine è conservata e la chiesa furono distrutte dal fuoco. Ma non cessarono mai i pellegrinaggi, anche sulle rovine. Per questo già alla fine del secolo xv entrambi gli edifici furono ricostruiti.

Per la storia mariana di Stará Boleslav è importante l'anno 1609, quando i cattolici boemi vi si recarono in pellegrinaggio per chiedere alla Vergine la salvezza della fede e la protezione dalla germanizzazione della terra boema. Allora la celebre icona fu intitolata "Palladio della terra Boema" e ne divenne il baluardo. Da allora ogni volta che la patria è stata in pericolo, i nostri avi sono venuti a Stará Boleslav per chiedere l'aiuto a Maria.
 
Durante l'occupazione nazista della la seconda guerra mondiale, il Palladio fu tolto dall'altare e murato. I nazisti, che conoscevano bene l'importanza di Stará Boleslav per la nazione ceca, avevano in animo di distruggere tutta la città. Ma non ebbero il tempo di farlo. Conclusa la guerra il Palladio fu portato a Praga ed esposto durante le celebrazioni di ringraziamento per la salvezza della patria. Durante la persecuzione comunista, questo simbolo della fedeltà della popolazione boema fu di nuovo nascosto e solo nel 1968 fu restituito alla venerazione dei fedeli.

I pellegrini si recano a Stará Boleslav da diverse parti. I pellegrinaggi più numerosi sono quelli che seguono la cosiddetta strada di san Venceslao, lungo la quale, secondo la tradizione, furono portate a Praga le spoglie mortali del principe. Lungo la strada i gesuiti costruirono nel 1674 - con il sostegno finanziario della contessa Leopoldina Príchovská - 44 cappelle decorate con episodi della vita di san Venceslao e raffigurazioni dei vari santuari mariani della Boemia e della Moravia. Oggi, dopo più di 300 anni, sono rimaste solo 29 cappelle. La maggior parte fu distrutta durante il regime totalitario dei decenni appena passati.

Ancora oggi sono numerosi i pellegrini che si recano a Stará Boleslav. Nel 2003 è stata rinnovata anche la tradizione del pellegrinaggio di san Venceslao. Si svolge ogni anno nel giorno della festa liturgica - il 28 settembre appunto - battezzata "della statalità" per sottolineare la comune determinazione di proteggere il patrimonio di san Venceslao:  la fede cristiana, la lingua e tutta la cultura della nazione.



(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2009)
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PAPA RATZINGER DECOLLA PER PRAGA SULLA PISTA DOVE ATTERRA BERLUSCONI

Da "IL FOGLIO" di sabato 26 settembre 2009

LE COINCIDENZE E I FUORI PROGRAMMA

Paolo Rodari

Papa Ratzinger decolla per Praga sulla pista dove atterra Berlusconi Roma.
La partenza di Benedetto XVI per la Repubblica ceca è prevista per questa mattina alle nove e venti dall`aeroporto di Ciampino. Un orario che potrebbe permettere un fuori programma fino a pochi giorni fa improbabile.
Ovvero, un saluto veloce di Silvio Berlusconi, di ritorno proprio in quelle ore dal G20 di Pittsburgh, al Papa sulla pista dello scalo.
La cosa è stata valutata come possibile dagli staff dei due (a molto è servito il lavoro di Gianni Letta dal giorno della visita dì Ratzinger a Viterbo in poi), ma se effettivamente andrà in porto dipenderà dalle coincidenze. E cioè dal fatto che il premier riesca a lasciare o no la città statunitense in tempo per arrivare a Roma prima che il Papa decolli.
Il tempo d`un saluto non permetterà ai due chissà quali ragionamenti.
Eppure, la foto-notizia vale piè di mille parole, soprattutto dopo le ultime vicende: il "caso Boffo" provocato dal Giornale, il rimbalzare sui media della "vicenda Escort" e, non ultimi, i dissidi (reali o presunti) del Vaticano verso il governo sulla questione immigrazione. I saluti di un presidente del Consiglio al Pontefice quando parte per viaggi internazionali non sono uno strappo alla regola - sono un atto di referenza sempre apprezzato oltre il Tevere - ma la cosa, vista l`attualità, potrebbe essere ritenuta una forzatura.
Anche se, orario d`arrivo del premier alla mano, non fermarsi ad aspettare il Papa per un saluto prima del suo decollo potrebbe, al contrario, sembrare una scortesia.
Berlusconi a parte, il
viaggio di Benedetto XVI nella Repubblica ceca (terzo viaggio internazionale del 2009) segue un itinerario che non ammette fuoriprogramma. Uno, per dirla tutta, ci sarebbe potuto anche essere: l`arrivo a Praga del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill per uno storico incontro col capo della chiesa cattolica. Né il Vaticano né Mosca hanno lavorato più di tanto alla cosa Ma quando Ratzinger ha accettato mesi fa l`invito del presidente ceco Vaclav Klaus, l`auspicio che Praga potesse divenire il famoso campo neutro in cui incontrare il Patriarca c`era tutto. Tra l`altro, l`auspicio non era campato per aria: oggi i rapporti tra le due chiese sono buoni, complice la volontà di ambo le parti di fare scudo contro la deriva secolarista del Vecchio continente.
La secolarizzazione è parola centrale La secolarizzazione è parola centrale nel viaggio di Ratzinger al cuore della Mitteleuropa.
Perché la Repubblica ceca, come e più di altri, è paese che dopo il crollo del Muro di Berlino ha dovuto fare i conti con una significativa assenza di fede. Un ateismo diffusosi già da prima, dagli anni post Seconda guerra mondiale quando il nocciolo duro dei cattolici, migliaia di cittadini d`origine tedesca, vennero allontanati dai confini. Dietro di loro, un vuoto acuitosi dal 1989 in poi. Ratzinger cerca in ogni modo di contrastare questo processo oramai presente in tutta Europa, seppure non sia facile. Già Giovanni Paolo Il aveva lavorato in questo senso: 19 anni fa era il 1990-scelse proprio l`allora Repubblica federativa ceca (ex Cecoslovacchia) quale meta del suo primo viaggio in un paese dell`est.
Ma anche per Benedetto XVI la visita a Praga non è una prima volta. Nel `92, infatti, quando era prefetto dell`ex Sant`Uffizio, si recò a Praga per un seminario sul catechismo, nel corso del quale tenne una relazione sul tema "Che Dio sia tutto in tutti: la fede cristiana nella vita eterna". Oggi, ad attenderlo, c`è una chiesa ridotta ai minimi termini e guidata dal 77enne cardinale Miloslav Vlk. Per lui è l`ultima fatica prima della pensione.
Presto il Papa dovrà scegliere un successore.
Si parla del vescovo di Litomerice, Jan Baxant, o del vescovo di Hradec Kràlové, Dominik Duka.

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Messaggio del Presidente Napolitano a Sua S.S. Benedetto XVI in occasione del viaggio pastorale nella Repubblica Ceca

C o m u n i c a t o

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha inviato a Sua Santità Benedetto XVI il seguente messaggio:

"Desidero farle pervenire il più sincero ringraziamento per il messaggio che ha voluto cortesemente indirizzarmi nel momento in cui si accinge a partire per il viaggio apostolico nella Repubblica Ceca.
Trascorsi 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, Ella si appresta a visitare un paese simbolo della transizione democratica dell'Europa dell'Est, oggi in gran parte integrata nell'Unione Europea. In questo contesto l'Italia, quale paese fondatore, ha sempre profuso il proprio impegno verso la più ampia condivisione dei valori posti a fondamento dell'Unione, nella convinzione che essa rappresenti la necessaria premessa per la prosperità e l'armonico sviluppo economico e sociale del nostro continente.
Sono certo che anche in questa circostanza il Suo costante e reiterato messaggio di pace e solidarietà - insieme con la Sua sensibiltà per le ragioni e il ruolo dell'Europa - offrirà a tutti non solo conforto, ma anche rinnovata speranza e fiducia nell'avvenire.
Nell'augurarLe pieno successo per la Sua missione, mi è gradito rinnovarLe i sensi della mia profonda stima e considerazione."

Roma, 26 settembre 2009

Il nostro Presidente fa riferimento al Messaggio inviatogli dal Santo Padre. Purtroppo il sito del Vaticano (non efficiente come quello del Quirinale) non ha ancora diffuso il testo. Ci affidiamo all'agenzia Apcom:

Papa/ Telegramma a Napolitano: Pace e serenità per Italia

In volo verso Praga messaggio Pontefice a Presidente

Il Papa auspica "pace e serenità" per l'Italia intera. In un telegramma inviato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del viaggio che inizia oggi in Repubblica Ceca Benedetto XVI rivolge "al signor Presidente e a tutti gli italiani il mio affettuoso e beneagurante saluto che accompagno con ogni più cordiale e orante auspicio di pace e serenità".

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Viaggio del Papa nella Repubblica Ceca: i telegrammi ai Presidenti della Repubblica italiana, austriaca e tedesca

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009), 26.09.2009

Ha inizio questa mattina il 13° Viaggio internazionale del Santo Padre Benedetto XVI, che lo porta nella Repubblica Ceca.
Il Papa è arrivato da Castel Gandolfo all’aeroporto diCiampino (Roma) poco dopo le ore 9 e, prima della partenza, si è intrattenuto brevemente con il Presidente del Consiglio, On. Silvio Berlusconi, che lo ha poi accompagnato alla scaletta dell’aereo.
L’aereo con a bordo il Santo Padre - un Airbus 320 dell’Alitalia - è partito dall’aeroporto di Ciampino (Roma) alle ore 9.45. L’arrivo all’aeroporto internazionale Stará Ruzyně di Praha è previsto per le ore 11.30.

TELEGRAMMI A CAPI DI STATO

Nel momento di lasciare il territorio italiano, e nel sorvolare poi gli spazi aerei di Austria e Germania, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto pervenire ai rispettivi Capi di Stato i seguenti messaggi telegrafici:

A SUA ECCELLENZA
ON. GIORGIO NAPOLITANO
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
PALAZZO DEL QUIRINALE
00187 ROMA

NEL MOMENTO IN CUI MI ACCINGO A INTRAPRENDERE IL VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA CECA MI È GRADITO RIVOLGERE A LEI SIGNOR PRESIDENTE E A TUTTI GLI ITALIANI IL MIO AFFETTUOSO E BENEAUGURANTE SALUTO CHE ACCOMPAGNO CON OGNI PIÙ CORDIALE ED ORANTE AUSPICIO DI PACE E DI SERENITÀ

BENEDICTUS PP XVI

SEINER EXZELLENZ
HERRN DOKTOR HEINZ FISCHER
BUNDESPRÄSIDENT DER REPUBLIK ÖSTERREICH
WIEN

AUF DER REISE ZU MEINEM PASTORALBESUCH IN DER TSCHECHISCHEN REPUBLIK ÜBERFLIEGE ICH DAS HOHEITSGEBIET DER REPUBLIK ÖSTERREICH. DIES IST MIR EIN WILLKOMMENER ANLASS IHNEN VEREHRTER HERR BUNDESPRÄSIDENT UND DEM GANZEN ÖSTERREICHISCHEN VOLK HERZLICHE GRÜSSE ZU SENDEN(.) DER HERR SCHENKE IHNEN ALLEN SEINEN SEGEN

BENEDICTUS PP XVI

[A SUA ECCELLENZA
IL DOTTOR HEINZ FISCHER
PRESIDENTE FEDERALE DELLA REPUBBLICA D’AUSTRIA
VIENNA

DURANTE IL MIO VIAGGIO PER LA VISITA PASTORALE NELLA REPUBBLICA CECA SORVOLO IL TERRITORIO SOVRANO DELLA REPUBBLICA D’AUSTRIA. MI È GRADITA L’OCCASIONE PER INVIARE A LEI, STIMATO SIGNOR PRESIDENTE FEDERALE, E A TUTTO IL POPOLO AUSTRIACO CORDIALI SALUTI. DIO DONI A TUTTI VOI LA SUA BENEDIZIONE.

BENEDICTUS PP XVI]

SEINER EXZELLENZ
HERRN DOKTOR HORST KÖHLER
PRÄSIDENT DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND
BERLIN

AUF DEM FLUG ZU MEINER APOSTOLISCHEN REISE IN DIE TSCHECHISCHE REPUBLIK PASSIERE ICH DAS HOHEITSGEBIET DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND(.) IN GEDANKEN AN UNSER HEIMATLAND ÜBERMITTLE ICH IHNEN SEHR GEEHRTER HERR BUNDESPRÄSIDENT UND ALLEN LANDSLEUTEN MEINE AUFRICHTIGEN GRÜSSE(.) VON HERZEN ERBITTE ICH IHNEN ALLEN GOTTES SCHUTZ UND SEGEN

BENEDICTUS PP XVI

[A SUA ECCELLENZA
IL DOTTOR HORST KÖHLER
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA
BERLINO

DURANTE IL VOLO PER IL MIO VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA CECA ATTRAVERSO IL TERRITORIO SOVRANO DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA. RICORDANDO LA NOSTRA COMUNE PATRIA, INVIO A LEI ILLUSTRE SIGNOR PRESIDENTE FEDERALE, E A TUTTI I CONNAZIONALI I MIEI SINCERI SALUTI. DI CUORE INVOCO PER VOI TUTTI LA PROTEZIONE E LA BENEDIZIONE DI DIO.

BENEDICTUS PP XVI]

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26/09/2009 11:33

Rilanciare la grande speranza: l’editoriale di padre Lombardi sul viaggio del Papa nella Repubblica Ceca

Il
viaggio di Benedetto XVI nella Repubblica Ceca è un evento che porta speranza non solo ai fedeli, ma a tutto il popolo ceco. Su questa speranza, radicata in Cristo, si sofferma padre Federico Lombardi nell’editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

“Io non so che cosa sia un miracolo. Ma se c’è un miracolo, è questo. Io pochi mesi fa ero in carcere e ora sto ricevendo qui a Praga il Papa della Chiesa cattolica”. Così Vaclav Havel riceveva Giovanni Paolo II il 21 aprile 1990, all’arrivo del suo primo viaggio nella Repubblica Ceca, il primo in un paese postcomunista, dopo la “rivoluzione di velluto” e il crollo del muro di Berlino. Tempo di nuovi orizzonti e di grandi speranze. Una società da ricostruire nella libertà e nella responsabilità. Altre due volte lo stesso Papa ritornò nel Paese per ribadire e offrire di nuovo i suoi grandi messaggi. La storia ha continuato a camminare. Le speranze di allora si sono realizzate? Probabilmente in parte sì. Certamente in parte no o non ancora. Venti anni sono passati e il Successore ritorna a Praga. Certamente parlerà di speranza: è un tema che gli è caro e familiare, perché risponde ad attese profonde dell’umanità di questo tempo. Nella sua Enciclica sulla speranza egli ha fatto una profonda distinzione, fra le “piccole” speranze e la “grande” speranza, quella che può dare un senso e un’anima a tutte le altre, affinché non si disperdano e si inaridiscano. La grande speranza può guardare e andare lontano perché ha un fondamento solido, che non va dimenticato, trascurato o peggio negato. Parliamo di Dio. Ricordandoci di lui possiamo contribuire a rilanciare la grande speranza.

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