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Assemblea generale dell'ONU

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 06:23
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23/09/2009 18:12

Il vertice a New York conferma lo stallo nelle trattative per la riduzione dei gas serra

Lo scioglimento dei ghiacciai è più rapido dei negoziati sul clima




New York, 23. I negoziati sul clima stanno procedendo "a ritmo glaciale:  più lenti della velocità di scioglimento dei ghiacciai". Con queste parole, il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha aperto il vertice sul clima organizzato a New York in margine all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. "Adesso è il vostro momento per agire. Il destino delle generazioni future e le speranze di miliardi di persone oggi dipendono letteralmente da voi", ha detto Ban Ki-moon agli oltre cento leader mondiali intervenuti al vertice.

Gli appelli ad agire subito si sono susseguiti in quasi tutti gli interventi, compreso quello del presidente statunitense Barack Obama, ma di fatto non sono emerse soluzioni in vista della conferenza mondiale di dicembre a Copenaghen, quando si dovrà definire l'accordo internazionale che subentrerà al Protocollo di Kyoto.

Di negoziati giunti a un punto morto ha parlato il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha proposto un vertice a novembre delle maggiori economie (che sono anche i maggiori inquinatori) per dare una spinta alla fase finale della conferenza di Copenaghen.

In questo clima di pessimismo, di parole di allarme, ma di pochi passi concreti per uscire dallo stallo, un segnale di novità è venuto dalla Cina e dal Giappone. Il presidente cinese Hu Jintao, rispondendo alle critiche di mancanza di azione che da tempo bersagliano Pechino, si è impegnato a ridurre le emissioni di anidride carbonica in misura notevole entro il 2020 con un calcolo agganciato alla unità di prodotto nazionale lordo. L'impegno è in sintonia con la convinzione della Cina che "i Paesi in via di sviluppo hanno responsabilità diverse dai Paesi sviluppati", in materia di lotta all'inquinamento, come ha detto Hu Jintao. Il presidente cinese si è inoltre impegnato a sviluppare vigorosamente le energie rinnovabili e l'energia nucleare, con un aumento del 15 per cento, sempre entro il 2020, della quota di energia non fossile nel totale del consumo energetico della Cina. Ma Hu Jintao ha anche sottolineato che "bisogna associare agli sforzi messi in atto per contrastare i cambiamenti climatici quelli destinati a promuovere la crescita dei Paesi in via di sviluppo". Il presidente cinese ha cioè riproposto la questione cruciale che minaccia di impedire risultati a Copenaghen.

Da parte sua, il primo ministro giapponese Yukio Hatoyama ha ribadito l'impegno alla riduzione del 25 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2020. Il premier ha però aggiunto che il Giappone da solo non può fermare il cambiamento climatico e che per questo motivo i Paesi sviluppati devono guidare la riduzione delle emissioni.

Obama ha ribadito l'urgenza e la gravità del problema e ha sottolineato di avere fatto nei suoi otto mesi di presidenza per affrontare la sfida climatica più di tutti i suoi predecessori. Obama ha detto che gli Stati Uniti sono impegnati a fare un investimento senza precedenti nel campo della energia pulita, ad applicare nuovi standard per ridurre le emissioni di gas inquinanti dei veicoli e a fornire assistenza tecnica ai Paesi in via di sviluppo. "Noi continueremo a fare la nostra parte - ha detto Obama - investendo in energia rinnovabile, promuovendo una maggiore efficienza e diminuendo le nostre emissioni per raggiungere gli obiettivi posti per il 2020 ed il 2050. Ma i paesi a rapida crescita economica che produrranno quasi tutto l'aumento delle emissioni nei prossimi decenni devono anche fare la loro parte".

Tuttavia, Obama non ha indicato iniziative volte a sbloccare la situazione di stallo dei negoziati quando mancano ormai solo due mesi e mezzo alla conferenza di Copenaghen. Tra l'altro, fonti ufficiali dell'Amministrazione di Washington hanno ammesso che molto dipende anche dalle azioni di un Senato alle prese al momento con la riforma della sanità. Gli Stati Uniti, inoltre, contestano le pressioni europee per l'uso dei livelli del 1990 come base di partenza per i tagli alle emissioni e vogliono invece partire da livelli più recenti considerati più vantaggiosi.

A chiarire qual è la posta in palio ha provveduto, meglio di qualunque altro intervento, quello di Mohamed Nasheed, il presidente delle Maldive, l'arcipelago dell'Oceano indiano la cui sopravvivenza è messa a rischio dal riscaldamento globale e dal conseguente innalzamento del livello del mare. "Se le cose continueranno così noi non vivremo, noi moriremo e il mio Paese non esisterà più", ha detto Nasheed, esortando a superare le divisioni per trovare un accordo che inverta la tendenza climatica. "Non possiamo fare in modo che Copenaghen diventi un accordo per il suicidio" ha aggiunto ancora Nasheed che è anche il presidente dell'Alleanza dei piccoli Stati insulari. Quest'ultima, proprio ieri ha adottato una dichiarazione in cui i 42 Paesi membri chiedono un accordo che assicuri che il riscaldamento globale venga mantenuto sotto 1,5 gradi.



(©L'Osservatore Romano - 24 settembre 2009)
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23/09/2009 18:13

E la desertificazione minaccia la pace


Buenos Aires, 23. Le zone più colpite dalla desertificazione sono quelle più conflittuali del mondo e il fenomeno rappresenta ovunque una minaccia alla pace. Lo ha ricordato ieri il segretario della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (Uncdd), Luc Gnacadja, aprendo ieri a Buenos Aires la ix conferenza dell'organismo, istituito a Parigi nel 1994.

Diversi interventi hanno sottolineato che i Paesi ricchi non si preoccupano del fenomeno della desertificazione, con un atteggiamento miope, dato che il problema riguarda da vicino anche loro perché causa migrazioni di intere popolazioni e mette a rischio la sicurezza alimentare e, quindi, anche la pace mondiale.

Nell'agenda della conferenza ci sono la valutazione della strategia comune definita a Madrid nel 2007 e l'elaborazione di nuovi programmi ambientali per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni colpite. Tra gli obiettivi della riunione a Buenos Aires, nella quale per la prima volta è prevista una sessione scientifica alla quale partecipano più di trecento ricercatori di 193 Paesi, c'è anche quello di presentare un dossier che possa servire da base di partenza per la conferenza contro il cambiamento climatico convocata dall'Onu in dicembre a Copenaghen.

Soprattutto i delegati dei Paesi in via di sviluppo hanno sottolineato come la lotta alla desertificazione sia parte integrante dei provvedimenti per salvare l'ambiente. In merito, il segretario dell'Uncdd ha sottolineato che quando si pensa ai cambiamenti climatici, si fa riferimento quasi esclusivamente allo scioglimento dei ghiacciai nel mare e non alla sofferenza umana nelle zone in cui la siccità affligge ogni anno milioni di persone. "Per combattere l'avanzamento delle zone aride e incoltivabili - ha ricordato Gnacadja - si utilizza solo il 2 per cento dei fondi destinati a misure per prevenire i cambiamenti climatici".



(©L'Osservatore Romano - 24 settembre 2009)
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24/09/2009 16:16

Videomessaggio di Benedetto XVI alla Conferenza Onu sul clima: i leader del mondo si uniscano per proteggere il Creato

I leader degli Stati agiscano con coraggio per salvaguardare il dono prezioso del Creato: è l’esortazione di Benedetto XVI contenuta in un
videomessaggio rivolto ai partecipanti al Summit dell’Onu sui cambiamenti climatici, in corso a New York. Il testo del messaggio riproduce quanto il Papa ha detto durante l’udienza generale del 26 agosto scorso, nella quale ha dedicato ampio spazio al tema della difesa dell’ambiente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

E’ importante che “la comunità internazionale e i singoli governi mandino i segnali giusti ai cittadini”: è l’auspicio di Benedetto XVI che esorta i partecipanti alla Conferenza Onu sul clima a trovare le misure adeguate per contrastare le pratiche di sfruttamento dell’ambiente:

The economic and social costs...

“I costi economici e sociali nell’utilizzo delle risorse comuni – sottolinea il Papa – devono essere riconosciuti con trasparenza”, avendo cura per le future generazioni. “La protezione dell’ambiente, la salvaguardia delle risorse e del clima – è il suo monito - obbliga tutti i leader ad agire assieme, nel rispetto del diritto e promuovendo la solidarietà con le regioni più deboli del mondo”:

Together we can build an integral human…

“Assieme – prosegue il Pontefice – possiamo costruire uno sviluppo umano integrale da cui traggano tutti beneficio”, oggi come nel futuro. Uno sviluppo, rileva riecheggiando la sua ultima Enciclica, che sia “ispirato ai valori della carità nella verità”. Affinché ciò avvenga, è la riflessione del Papa, “è essenziale che l’attuale modello di sviluppo sia trasformato” attraverso un più grande senso di responsabilità per il Creato. Ciò, avverte, non è richiesto solo dai fattori ambientali, “ma anche dallo scandalo della fame e della miseria umana”. Benedetto XVI assicura quindi il suo sostegno alla Conferenza Onu, ricordando che la Chiesa considera le questioni concernenti l’ambiente strettamente legate allo sviluppo umano integrale.

© Copyright Radio Vaticana
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25/09/2009 05:31

I lavori dell'Assemblea generale

Le Nazioni Unite lungo la strada del multilateralismo


New York, 24. Un appello all'unità della comunità internazionale per affrontare le sfide del XXI secolo e a percorrere le strade del multilateralismo è stato lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel discorso che ha segnato l'apertura della 64ª Assemblea generale.
Il segretario generale ha anche esortato a una "sincera azione collettiva" da parte delle Nazioni Unite. E sulla stessa lunghezza d'onda si è espresso il presidente americano, Barack Obama, che nel suo atteso discorso ha voluto rilanciare sul multilateralismo ammettendo che gli Stati Uniti non possono risolvere da soli i problemi globali più pressanti.

Una collaborazione non solo sul fronte della sicurezza internazionale e dei cambiamenti climatici - due temi dominanti nell'Assemblea dell'Onu - ma anche delle regole finanziarie, per "porre fine all'avidità, agli eccessi e agli abusi che ci hanno portato sulla soglia del disastro". Il capo della Casa Bianca ha usato il suo intervento per illustrare i sommi capi della sua politica estera, ma il suo debutto alle Nazioni Unite è soprattutto servito a cercare di incoraggiare sulla strada per il cambiamento. "È giunto il momento che il mondo si muova in una direzione nuova - ha detto il presidente Obama - dobbiamo impegnarci per il reciproco rispetto e dobbiamo farlo da subito. Sono consapevole dell'aspettativa che circonda il mio incarico, ma so che non ha radici in quello che io rappresento, ma nel fatto che il mondo è scontento dello stato delle cose e vuole cambiare. L'America è pronta a guidare questo cambiamento".

Tra i vari leader che hanno parlato dalla tribuna dell'Assemblea generale, il leader libico, Muammar Gheddafi, presidente di turno dell'Unione africana, in un discorso fiume - i quindici minuti sono durati oltre un'ora e mezzo - ha accusato l'Onu di non essere riuscito a prevenire 65 guerre dalla sua nascita. Gheddafi ha avuto parole di elogio per Obama.

Nel suo intervento il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha proposto ai Paesi dell'Onu di spingere per una riforma del Consiglio di sicurezza "almeno provvisoria" entro la fine del 2009. Sarkozy ha detto che "la crisi ci obbliga a fare prova di immaginazione e di audacia" nella creazione di una nuova forma di governance mondiale. Secondo il capo di Stato francese "i Paesi più sviluppati non possono pretendere di governare da soli l'umanità" e occorre allargare la rosa dei membri permanenti e non permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu.


(©L'Osservatore Romano - 25 settembre 2009)
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25/09/2009 05:40

Risoluzione al vaglio del Consiglio di sicurezza

Il momento del disarmo atomico


New York, 24. Sembra arrivato il momento giusto per fare passi avanti sul disarmo. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunisce oggi in seduta straordinaria sotto la presidenza di Barack Obama - è il primo inquilino della Casa Bianca a presiedere una riunione del Consiglio - per adottare una risoluzione, su proposta degli Stati Uniti, per una maggiore cooperazione in vista di un pianeta denuclearizzato. Gli Stati che hanno firmato il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) saranno invitati a rispettare i loro obblighi e gli altri ad aderire al Trattato. Inoltre, sarà rivolto un appello a negoziare una riduzione degli arsenali nucleari e a impegnarsi per l'elaborazione di un "Trattato di disarmo generale e completo sotto stretto controllo internazionale".

Aprendo i lavori della 64ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, aveva auspicato che il 2009 diventi "l'anno in cui ci accordiamo per mettere al bando la bomba atomica". Ora, secondo Ban Ki-moon, l'atmosfera internazionale sta cambiando perché i due giovani presidenti americano e russo si sono impegnati a ridurre i rispettivi arsenali nucleari. Questi ultimi mesi - pur nelle difficoltà contingenti su alcuni temi di politica estera - hanno rafforzato il clima di fiducia e speranza nella possibilità di una nuova era di collaborazione nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Non ultimo la rinuncia da parte dell'Amministrazione Obama - annunciata nella scorsa settimana - al progetto di difesa antimissile nell'Europa dell'est che Mosca aveva sempre inviso.

Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha ribadito ieri a New York che un nuovo Trattato Start sulla riduzione degli armamenti nucleari strategici potrebbe essere raggiunto entro la fine dell'anno. Medvedev ha incontrato a New York - a margine dell'Assemblea generale dell'Onu - il presidente americano Barack Obama. Il leader del Cremlino ha detto che si sta lavorando per giungere a un risultato positivo. "I colloqui hanno avuto una buona partenza - ha aggiunto Medvedev - che ci consente di sperare che i nostri team siano in grado di centrare l'obiettivo e produrre un documento al momento giusto, cioè entro dicembre". Il vecchio accordo Start scadrà in dicembre e Stati Uniti e Russia hanno avviato da aprile negoziati (in corso in questi giorni il sesto round a Ginevra) per giungere a un nuovo accordo - con una ulteriore riduzione degli arsenali nucleari - per quel periodo, cioè entro il 2009.

Anche il presidente Obama ha ribadito ieri la sua determinazione a raggiungere un accordo con la Russia per un nuovo Trattato Start. Meno testate nucleari negli Stati Uniti e nel mondo, con il sogno di cancellare l'incubo atomico. È questo il messaggio - già preannunciato la scorsa primavera alla folla che lo aveva accolto a Praga - che il presidente statunitense ha portato al Palazzo di Vetro.


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25/09/2009 05:41

Ban Ki-moon potrebbe convocare un nuovo summit prima di Copenaghen

Come disinnescare la bomba del clima


New York, 24. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, potrebbe convocare a breve una nuova riunione di capi di Stato e di Governo dedicata all'emergenza provocata dai cambiamenti climatici. Ne ha dato notizia ieri Janoz Pasztor, direttore della squadra di esperti che si occupano di clima per conto dell'Onu. La data dell'incontro non è ancora ipotizzata, ma dovrebbe comunque precedere l'apertura della conferenza mondiale di dicembre a Copenaghen, quando si dovrà definire l'accordo che subentrerà al Protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas nocivi responsabili del cosiddetto effetto serra.

Al vertice sul clima tenuto martedì a margine all'Assemblea generale dell'Onu, sempre per iniziativa di Ban Ki-moon, erano intervenuti un centinaio di capi di Stato e di Governo. Sul sito internet dell'Onu è visibile la registrazione del messaggio pronunciato da Benedetto XVI, in vista del vertice sul clima, durante l'udienza generale dello scorso 26 agosto.

Sia dal vertice di martedì, sia dagli interventi in Assemblea generale, è comunque emersa una corale affermazione della volontà di giungere al buon esito della conferenza di Copenaghen. Lo stesso Ban Ki-moon ha indicato nella la lotta ai cambiamenti climatici la principale sfida del XXI secolo, insieme a quella per il disarmo nucleare.

Sul piano concreto, tuttavia, non sono state ancora individuate, con qualche eccezione, le misure per superare i contrasti, in particolare tra i Paesi in via di sviluppo e quelli più ricchi. Questi ultimi, che sono storicamente i principali responsabili dell'inquinamento, sono anche quelli che hanno avviato le maggiori misure di risanamento e chiedono - soprattutto l'Unione europea - vincoli rigidi sulle emissioni di gas.
Di contro, i Paesi in via di sviluppo temono di non poter sostenere i costi di una riconversione dei loro sistemi industriali e un freno alla loro crescita economica.

Il nuovo vertice ipotizzato da Ban Ki-moon dovrebbe - secondo gli analisti - servire appunto a limare le differenze di posizione per arrivare a Copenaghen alla firma di un documento condiviso.


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26/09/2009 06:21

Varata all'unanimità la storica risoluzione 1887 sul disarmo

Il Consiglio di sicurezza ha un sogno


New York, 25. Un gesto coraggioso in un clima di fiducia, trasparenza e vera cooperazione. La risoluzione 1887 che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu - presieduto per la prima volta da un presidente degli Stati Uniti - ha approvato ieri all'unanimità è di quelle che rasentano l'utopia:  liberare il mondo dalle armi nucleari. "È la nostra sfida, i prossimi mesi saranno cruciali per prevenire un incubo nucleare in stile Guerra fredda", ha dichiarato il presidente americano dopo l'approvazione del documento di cinque pagine mirato ad aumentare le deterrenze contro l'abbandono del Trattato di non proliferazione nucleare e diminuire i rischi che impianti atomici a scopi civili possano essere trasformati a fini bellici.

La nuova misura adottata esprime la preoccupazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu per la proliferazione e per la minaccia del terrorismo internazionale. La risoluzione 1887 invita, ma non obbliga, i Paesi a dare luce verde agli ispettori internazionali per il controllo di materiale esportato che potrebbe servire a costruire una bomba, anche nel caso di un Paese che si ritiri dal Trattato di non proliferazione. I Quindici "incoraggiano gli sforzi per lo sviluppo degli usi pacifici dell'energia nucleare da parte di quei Paesi che vogliono mantenere queste capacità" e incoraggia il lavoro dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, (Aiea) in particolare nel minimizzare il rischio della proliferazione.

"Si apre un nuovo capitolo" ha dichiarato il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, parlando della risoluzione sul disarmo. È stata la prima volta che un inquilino della Casa Bianca ha presieduto una riunione del Consiglio di sicurezza e per l'occasione la sala dei lavori era affollata di personaggi tra cui gli ex segretari di Stato Henry Kissinger e George Shulz, e la Regina Noor di Giordania. Grande assente, il leader libico Muammar Gheddafi, il cui Paese occupa fino a dicembre un seggio non permanente e che mercoledì dal podio dell'Assemblea generale aveva inveito contro il Consiglio di sicurezza dell'Onu:  al suo posto ha votato a favore della risoluzione 1887 l'ambasciatore Abdurrahman Mohamed Shalham.

Più che Gheddafi, il cui Paese nel 2003 ha rinunciato all'atomica, il vero convitato di pietra della riunione è stato il leader iraniano, Mahmud Ahmadinejad. Il premier britannico, Gordon Brown, ha detto che il mondo dovrebbe considerare sanzioni "molto più dure" contro l'Iran se Teheran prosegue sulla strada della bomba atomica. "Mentre crescono le prove della sfida alla comunità internazionale - ha sottolineato il premier britannico - dobbiamo considerare tutti assieme sanzioni molto più dure".

Quella di ieri è stata solo la quinta volta dalla sua istituzione che il Consiglio di sicurezza dell'Onu si è riunito a livello di capi di Stato e di Governo. Obama ha sottolineato che "la legge internazionale non è una promessa vuota", mentre il collega francese, Nicolas Sarkozy, ha detto che il dialogo con Teheran deve produrre risultati, e "di risultati finora non se ne sono visti". Ma convincere la Cina - che come membro permanente ha diritto di veto nel Consiglio di sicurezza - a rafforzare le sanzioni contro l'Iran non sarà così facile:  un portavoce del Governo ha ribadito ieri la posizione di Pechino contraria a ulteriori sanzioni.

Anche il regime comunista di Pyongyang è stato al centro del dibattito nella riunione del Consiglio:  i nordcoreani hanno abbandonato il Trattato di non proliferazione e ieri in aula sia Brown che Sarkozy hanno definito illegale il loro programma nucleare:  "Se abbiamo il coraggio di affermare e imporre sanzioni contro chi viola le risoluzioni del Consiglio di sicurezza - ha detto Sarkozy - daremo credibilità al nostro impegno per un mondo con meno armi nucleari".


(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2009)
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26/09/2009 06:23

Intervento della Santa Sede alla 12ª sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell'uomo

La persona umana al centro delle politiche economiche e sociali


Pubblichiamo una traduzione italiana dell'intervento pronunciato il 22 settembre dall'arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, in occasione della dodicesima sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell'uomo.

Signor Presidente,
l'attuale crisi finanziaria mostra il grado d'interdipendenza globale delle economie nazionali. Rischia anche di mettere a repentaglio gli sforzi della comunità internazionale per soddisfare il Millennio e altri obiettivi di sviluppo in numerosi Paesi. Inoltre, potrebbe causare una riduzione del finanziamento pubblico e privato di reti nazionali di previdenza sociale e minare quindi il godimento dei diritti umani non solo da parte dei segmenti più poveri e deboli della popolazione, ma anche da parte di altri gruppi colpiti negativamente dalla crisi. Riteniamo che un fattore chiave per mitigare gli effetti avversi della crisi sia porre la persona umana al centro delle politiche economiche e sociali a livello internazionale e nazionale.
La Delegazione della Santa Sede considera l'attuale dibattito sul diritto allo sviluppo, che si svolge in questo Consiglio e nei suoi organismi, un'occasione opportuna per rafforzare l'impegno internazionale per l'esercizio di questo diritto e per trasformare questa volontà politica in azione concreta. Il raggiungimento dello sviluppo non implica solo l'eliminazione della povertà materiale, ma anche principi e valori a guida di economie e società in tutti i Paesi indipendentemente dal loro livello di reddito procapite. Inoltre, nella maggior parte dei Paesi, inclusi quelli ad alto reddito, si corre il rischio di un deterioramento della situazione economica e sociale a causa del crescente numero di persone colpite da nuove forme di povertà, esclusione sociale ed emarginazione. Inutile dire che queste ineguaglianze economiche e sociali fra Paesi rischiano di divenire significativamente più profonde a causa della crisi finanziaria. Per questi motivi, la mia Delegazione osserva con interesse l'opera svolta dalla Task Force per creare una lista di criteri del diritto allo sviluppo e di sottocriteri operativi relativi a tre elementi principali:  sviluppo incentrato sull'uomo, un ambiente adatto nonché giustizia sociale ed equità. Riteniamo che un accordo globale su tali criteri possa costituire un passo fondamentale non solo verso l'attuazione della Dichiarazione del 1986, ma anche verso la considerazione sistematica della persona umana e della sua dignità e dei suoi diritti intrinseci nella elaborazione di politiche di sviluppo a tutti i livelli.
Nel contesto del processo di sviluppo, la persona umana non è solo un fruitore di aiuto, ma anche un autore reale del proprio sviluppo e dei rapporti fra popolazioni e fra persone. Come riaffermato dalla recente Enciclica Caritas in Veritate:  "l'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" (n. 25). Sosteniamo l'approccio della Task Force basato su uno sviluppo totale e incentrato sull'uomo, che implichi l'indivisibilità e l'interdipendenza di tutti i diritti umani così come l'importanza non solo dei risultati dello sviluppo, ma anche del processo stesso di realizzazione dello sviluppo e della sua sostenibilità. La mia Delegazione ritiene anche che l'elemento culturale del diritto allo sviluppo, definito nella Dichiarazione del 1986, non può essere completo senza includervi le dimensioni etiche e spirituali della persona. Queste dimensioni qualitative dovrebbero essere presenti fra i criteri incentrati sull'uomo di questo diritto elaborati dalla Task Force.
È importante sostenere l'idea della Task Force del dovere degli Stati di creare, individualmente e collettivamente, un ambiente adatto alla realizzazione del diritto allo sviluppo. Quindi gli Stati sono chiamati a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo consistenti nella violazione dei diritti umani e la comunità internazionale è esortata a sostenere il processo di sviluppo, in particolare nei Paesi più poveri. In questo contesto, uil principio di soladarietà è particolarmente rilevante. La solidarietà e la sussidiarietà si possono considerare complementari. Sebbene la prima riguardi la mobilitazione di risorse economiche e umane per lo sviluppo, la seconda contribuisce a identificare il livello più appropriato di decisionalità di intervento. Il principio di sussidiarietà può, dunque, essere visto come un criterio trasversale per la creazione di un ambiente idoneo al diritto allo sviluppo. Infatti permette la partecipazione dei beneficiari dell'aiuto al processo di sviluppo attraverso il responsabile esercizio della loro libertà e delle loro doti.
Infine, sosteniamo l'adozione di criteri di giustizia sociale e di equità che implichino imperativi morali promotori che inducono azioni a tutela dei diritti umani e una condivisione equa dei benefici dello sviluppo, inclusi, fra gli altri, l'accesso al cibo, l'educazione abitativa, la sanità e l'impiego. Seguiamo con interesse anche l'opera generale della Task Force e del Gruppo di Lavoro volti a identificare criteri operativi per il diritto allo sviluppo e a dialogare con chi si occupa di riduzione della povertà, trasferimento del debito, trasferimento di tecnologie e altri partenariati globali. Riteniamo che quest'opera stia preparando il terreno per far sì che gli Stati e la comunità internazionale riducano concretamente le disparità sociali ed economiche che sono troppo spesso causa di violazioni della dignità e dei diritti umani.


(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2009)
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