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SPECIALE VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA CECA : I DISCORSI DEL PAPA

Ultimo Aggiornamento: 28/09/2009 19:13
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26/09/2009 11:36

Il discorso di Benedetto XVI alla Cerimonia di Benvenuto all’aeroporto Stará Ruzyne di Praga:

È per me una grande gioia essere qui con voi oggi nella Repubblica Ceca e sono profondamente grato a tutti per la cordialità del vostro benvenuto.
Ringrazio il Presidente, S.E. Václav Klaus, per l’invito rivoltomi a visitare il Paese e per le sue cortesi parole. Sono onorato per la presenza delle Autorità civili e politiche ed estendo il mio saluto a loro, insieme a tutto il Popolo ceco. Essendo qui, in primo luogo, per visitare le comunità cattoliche della Boemia e Moravia, esprimo un cordiale, fraterno saluto al Cardinale Vlk, Arcivescovo di Praga, a S.E. Mons. Graubner, Arcivescovo di Olomouc e Presidente della Conferenza Episcopale Ceca e a tutti i Vescovi e fedeli presenti. Sono stato particolarmente colpito dal gesto della giovane coppia che mi ha portato dei doni tipici della cultura di questa Nazione, assieme all’offerta di un po’ della vostra terra. Ciò mi ricorda quanto profondamente la cultura ceca sia permeata dal cristianesimo, dal momento che questi elementi del pane e del sale hanno un particolare significato tra le immagini del Nuovo Testamento.

Se l’intera cultura europea è stata profondamente plasmata dall’eredità cristiana, ciò è vero in modo particolare nelle terre ceche, poiché, grazie all’azione missionaria dei Santi Cirillo e Metodio nel nono secolo, l’antica lingua slava fu per la prima volta messa in iscritto. Apostoli dei popoli slavi e fondatori della loro cultura, essi a ragione sono venerati come Patroni d’Europa. È poi degno di menzione il fatto che questi due grandi santi della tradizione bizantina incontrarono qui missionari provenienti dall’Occidente latino.

Nella sua storia, questo territorio posto nel cuore del continente europeo, al crocevia tra nord e sud, est ed ovest, è stato un punto d’incontro di popoli, tradizioni e culture diverse.
Non si può negare che ciò abbia talora causato delle frizioni, tuttavia, nel tempo, ciò si è rivelato essere un incontro fruttuoso. Da qui il significativo ruolo che le terre ceche hanno giocato nella storia intellettuale, culturale e religiosa d’Europa, talora come un campo di battaglia, più spesso come un ponte.
Nei prossimi mesi si ricorderà il ventesimo anniversario della “Rivoluzione di Velluto”, che felicemente pose fine in modo pacifico ad un’epoca particolarmente dura per questo Paese, un’epoca in cui la circolazione di idee e di movimenti culturali era rigidamente controllata.
Mi unisco a voi e ai vostri vicini nel rendere grazie per la vostra liberazione da quei regimi oppressivi. Se il crollo del muro di Berlino ha segnato uno spartiacque nella storia mondiale, ciò è ancora più vero per i Paesi dell’Europa Centrale e Orientale, rendendoli capaci di assumere quel posto che spetta loro nel consesso delle Nazioni, in qualità di attori sovrani.

Non si deve tuttavia sottovalutare il costo di quarant’anni di repressione politica. Una particolare tragedia per questa terra è stato il tentativo spietato da parte del Governo di quel tempo di mettere a tacere la voce della Chiesa.

Nel corso della vostra storia, dal tempo di San Venceslao, di Santa Ludmilla e Sant’Adalberto fino a San Giovanni Nepomuceno, vi sono stati martiri coraggiosi la cui fedeltà a Cristo si è fatta sentire con voce più chiara e più eloquente di quella dei loro uccisori. Quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della morte del Servo di Dio il Cardinale Josef Beran, Arcivescovo di Praga. Desidero rendere omaggio a lui e al suo successore, il Cardinale František Tomášek, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente, per la loro indomita testimonianza cristiana di fronte alla persecuzione. Essi, ed altri innumerevoli coraggiosi sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne, hanno mantenuto viva la fiamma della fede in questo Paese.

Ora che è stata recuperata la libertà religiosa, faccio appello a tutti i cittadini della Repubblica, perché riscoprano le tradizioni cristiane che hanno plasmato la loro cultura ed esorto la comunità cristiana a continuare a far sentire la propria voce mentre la nazione deve affrontare le sfide del nuovo millennio.

Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia” (
Caritas in veritate, 78). La verità del Vangelo è indispensabile per una società prospera, poiché apre alla speranza e ci rende capaci di scoprire la nostra inalienabile dignità di figli di Dio.
Signor Presidente, sono a conoscenza del Suo desiderio di vedere riconosciuto alla religione un ruolo maggiore nelle questioni del Paese. La bandiera presidenziale che sventola sul Castello di Praga ha come motto “Pravda Vítĕzí – La Verità vince”: è il mio più fermo auspicio che la luce della verità continui a guidare questa nazione, tanto benedetta nel corso della sua storia dalla testimonianza di grandi santi e martiri. In questa età della scienza è significativo richiamare l’esempio di Johann Gregor Mendel, l’abate agostiniano della Moravia le cui ricerche pionieristiche gettarono le fondamenta della moderna genetica. Non sarebbe stato certo indirizzato a lui il rimprovero del suo patrono, Sant’Agostino, il quale lamentava che molti fossero “più portati ad ammirare i fatti che a cercarne le cause” (Epistula 120,5; cfr Giovanni Paolo II, Commemorazione dell’abate Gregorio Mendel nel I° centenario della morte, 10 marzo 1984, 2).

Il progresso autentico dell’umanità è servito al meglio proprio da una tale convergenza tra sapienza della fede ed intuito della ragione. Possa il Popolo ceco godere sempre i benefici che provengono da questa felice sintesi.

Mi rimane solo di rinnovare il mio ringraziamento a tutti voi e dirvi quanto ho atteso di poter trascorrere questi giorni nella Repubblica Ceca, che voi con orgoglio chiamate “žemĕ Česká, domov můj” (terra ceca, casa mia). Grazie di cuore!

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
[Modificato da Cattolico_Romano 26/09/2009 12:28]
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26/09/2009 13:05

INTERVISTA PAPA

1 domanda
come lei ha detto all’angelus si trovola repubblica ceca si trova nel cuore dell’europa, come e perché questa visita possa essere significativa per il continente nel suo insieme

In tutti i secoli questa repubblica Ceca è stata il luogo dell’incontro di culture Cominciamo dal 9 secolo, da una parte in Moravia abbiamo la grande missione dei fratelli Cirillo e Metodio, che da Bisanzio portano la cultura bizantina, ma creano la cultura slava, con i caratteri cirilicci, con una liturgia in lingua slava. Dall’altra parte in Boemia ci sono le diocesi confinanti che portano il vangelo in lingua latina, quindi la connessione con la cultura romana, si incontrano così le due culture, ogni incontro è difficile ma anche fecondo, si potrebbe facilmente mostrare su questo esempio. Faccio un grande salto nel 13esimo secolo Carlo IV che crea qui a Praga la prima università del centro europa, in questo caso luogo di incontro tra cultura slava e germanofona, come nei secoli e ai tempi della riforma, proprio in questo terreno incontri e scontri diventano decisivi e forti. Faccio un salto subito al nostro presente nel nel secolo scorso la Repubblica Ceca ha sofferto di una dittatura particolarmente rigorosa, ma anche di un resistenza cattolica e laica di grandissimo livello, penso ai testi di Havel, al cardinal vlk alla grande personalità del card. Tomasek che chiaramente hanno dato all’europa un messaggio di che cosa è libertà e di come dobbiamo vivere ed elaborare la libertà. Penso che da questo incontro di culture per i secoli, e proprio da quest’ ultima fase di riflessione e non solo di sofferenza, viene un concetto nuovo di libertà, di una società libera escono tanti messaggi importanti per noi che possono e devono essere fecondi per la costruzione dell’Europa. Dobbiamo essere molto attenti proprio al messaggio che arriva da questo paese.

2 domanda caduta del muro, nuova fase storica

Come ho detto questi paesi hanno sofferto particolarmente sotto la dittatura, ma nella sofferenza sono anche maturati concetti di libertà che sono attuali , essi ancora adesso devono essere ancora più elaborati e realizzati. Penso per esempio a un testo di Vaclav Havel, che dice “la dittatura è basata sulla menzogna, e se la menzogna andasse separata nessuno mente più se viene alla luce la verità c’è anche la libertà” e così è elaborato questo nesso tra verità e libertà, che la libertà non è arbitrarietà, libertinismo, ma è connesso e condizionato dai grandi valori della Verità, dell’amore e della solidarietà, e del bene generale. E così penso che questi concetti e ide ematurate nel tempo della dittatura non devono essere persi adesso ma dobbiamo proprio ritornare a questi concetti e nella libertà spesso un po’ vuota e senza valori, di nuovo riconoscere che libertà è valore, libertà è bene, libertà e verità vanno insieme, altrimenti si distrugge anche la libertà. Questo è il messaggio che viene da questi paesi e che deve essere attualizzato in questo momento

3 domanda ruolo della chiesa ceca

Vediamo che normalmente le minoranze creative determinano il futuro in questo senso la direi che la chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa e ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva e attuale e devono attualizzarli e rendereli presenti nel dibattito pubblico, nella nostra lotta per il concetto vero di libertà e di pace e così contribuire in diversi settori: primo il dialogo intellettuale tra agnostici e credenti. Ambedue hanno bisogno dell’altro. Gli agnostici non devono mai essere contenti di non sapere se Dio esiste o no, ma devono essere in ricerca e sentire la grande eredità della fede. Il cattolico non deve essere contento di avere la fede ma deve essere in ricerca. E ancora di più nel dialogo con gli altri deve imparare Dio nel modo più profondo. Questo è il primo livello del grande dialogo intellettuale e umano. Nel settore educativo la chiesa ha molto nel fare e nel dare, nella formazione ad esempio parliamo di Italia, sul problema dell’emergenza educativa , è un problema comune a tutto l’occidente, che la chiesa deve di nuovo concretizzare e attualizzare, aprire al futuro la sua grande eredità. Terzo settore è la caritas, la chiesa ha sempre avuto questo come un segno della sua identità, essere di aiuto dei poveri è organo della carità. La repubblica ceca fa moltissimo per le diverse situazioni di bisogno e offre molto anche all’umanità sofferente nei diversi continenti e dà così l’esempio che la responsbailità per gli altri e la solidarietà internazionale è condizione per la pace.

4 domanda caritas in veritate, umanità più disponibile alla rilfessione morale e spirituale

Sono molto contento, per questa grande discussione, era proprio questo lo scopo di incentivare e motivare una discussione su questi problemi. Non lasciare andare le cose come sono ma trovare nuovi modelli di una nuova economia responsabile sia nei singoli paesi che per la totalità dlel’umanità unificata.
Mi sembra oggi visibile che l’etica non è esterna all’economia, etica è un principio interiore dell’economia che non funziona se non tiene onto dei valori umani della solidarietà e della responsabilità reciproca Integrare l’etica nella costruzione dell’economia stessa è la grande sfida di questo momento. Spero di aver contribuito a questa sfida con l’enciclica. Il dibattito in corso mi sembra incoraggiante. Vogliamo continuare a rispondere alle sfide del mondo ed aiuatre che il senso di responsabilità sia più grande della volontà del profitto, che la responsabilità per gli altri sia più forte dell’egoismo, vogliamo contribuire all’economia umana a nche in futuro.

5 domanda. Incidente

Non è ancora pienamente superato, ma vedete che la mano destra è in funzione, essenziale posso mangiare e soprattutto scrivere. Il mio pensiero si sviluppa soprattutto scrivendo. Era una pena e una scuola di pazienza non poter scrivere per sei settimane tuttavia potevo lavorare e leggere. Sono un po’ andato avanti con il libro. Ma c’è ancora molto da fare, tra la bibliografia e il resto penso di terminarlo nella prossima primavera, ma è questo è solo una speranza.

Dal blog di Andrea Tornielli
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26/09/2009 13:31

Discorso davanti al "Bambin Gesù" di Praga

Signori Cardinali,
Signor Sindaco e distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle,
cari bambini
,

rivolgo a tutti il mio cordiale saluto ed esprimo la gioia di visitare questa Chiesa, dedicata a Santa Maria della Vittoria, dove è venerata l’effigie del Bambino Gesù, conosciuta dappertutto come il “Bambino di Praga”.
Ringrazio Mons. Jan Graubner, Presidente della Conferenza Episcopale, per le sue parole di benvenuto a nome di tutti i Vescovi. Indirizzo un saluto deferente al Sindaco e alle altre Autorità civili e religiose, che hanno voluto essere presenti a questo incontro. Saluto voi, care famiglie, che siete venute ad incontrarmi così numerose.

L’immagine del Bambino Gesù fa subito pensare al mistero dell’Incarnazione, al Dio Onnipotente che si è fatto uomo, ed è vissuto per 30 anni nell’umile famiglia di Nazaret, affidato dalla Provvidenza alla premurosa custodia di Maria e di Giuseppe.
Il pensiero va alle vostre famiglie e a tutte le famiglie del mondo, alle loro gioie e alle loro difficoltà. Alla riflessione uniamo la preghiera, invocando dal Bambino Gesù il dono dell’unità e della concordia per tutte le famiglie. Pensiamo specialmente a quelle giovani, che debbono fare tanti sforzi per dare ai figli sicurezza e un avvenire dignitoso.
Preghiamo per le famiglie in difficoltà, provate dalla malattia e dal dolore, per quelle in crisi, disunite o lacerate dalla discordia e dall’infedeltà. Tutte le affidiamo al Santo Bambino di Praga, sapendo quanto sia importante la loro stabilità e la loro concordia per il vero progresso della società e per il futuro dell’umanità.
L’effigie del Bambino Gesù, con la tenerezza della sua infanzia, ci fa inoltre percepire la vicinanza di Dio e il suo amore. Comprendiamo quanto siamo preziosi ai suoi occhi perché, proprio grazie a Lui, siamo divenuti a nostra volta figli di Dio.

Ogni essere umano è figlio di Dio e quindi nostro fratello e, come tale, da accogliere e rispettare. Possa la nostra società comprendere questa realtà! Ogni persona umana sarebbe allora valorizzata non per quello che ha, ma per quello che è, poiché nel volto di ogni essere umano, senza distinzione di razza e cultura, brilla l’immagine di Dio.

Questo vale soprattutto per i bambini. Nel Santo Bambino di Praga contempliamo la bellezza dell’infanzia e la predilezione che Gesù Cristo ha sempre manifestato verso i piccoli, come leggiamo nel Vangelo (cfr Mc 10,13-16).
Quanti bambini invece non sono amati, né accolti, né rispettati! Quanti sono vittime della violenza e di ogni forma di sfruttamento da parte di persone senza scrupoli! Possano essere riservati ai minori quel rispetto e quell’attenzione loro dovuti: i bambini sono il futuro e la speranza dell’umanità.
Vorrei ora rivolgere una parola particolare a voi, cari bambini, e alle vostre famiglie. Siete venuti numerosi ad incontrarmi e per questo vi ringrazio di cuore. Voi, che siete i prediletti del cuore del Bambino Gesù, sappiate ricambiare il suo amore, e, seguendone l’esempio, siate ubbidienti, gentili e caritatevoli. Imparate ad essere, come Lui, il conforto dei vostri genitori. Siate veri amici di Gesù e ricorrete a Lui con fiducia sempre. Pregatelo per voi stessi, per i vostri genitori, parenti, maestri ed amici, e pregatelo anche per me. Grazie ancora per la vostra accoglienza e di cuore vi benedico, mentre su tutti invoco la protezione del Santo Bambino Gesù, della sua Madre Immacolata e di san Giuseppe.

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26/09/2009 16:24

Il Papa: «Bisogna integrare l’etica nella costruzione dell’economia mondiale»

Intervista al Pontefice: «E' questa la grande sfida di questo momento storico»

DAL VOLO PAPALE ROMA-PRAGA


L’incontro fra le culture e il «dialogo intellettuale fra credenti e agnostici»; la dittatura comunista e la «resistenza laica e cattolica»; i vent’anni dalla «rivoluzione di velluto» e il nesso tra libertà e verità contrapposti a totalitarismo e menzogna; la secolarizzazione e la Chiesa cattolica come «minoranza creativa» che può «determinare il futuro» grazie alla sua eredità «viva», spirituale e culturale; la necessità di «trovare nuovi modelli di economia responsabile» affermata nell’ultima enciclica e la seconda parte del libro su Gesù che potrebbe uscire, «ma è una speranza», a primavera. Volo AZ 4000, l’aereo papale verso Praga è decollato da mezz’ora quando Benedetto XVI raggiunge sorridente i giornalisti e risponde ad alcune domande preparate alla vigilia della partenza, anticipando i temi che affronterà da sabato 26 a lunedì 28 nella Repubblica Ceca, «per la costruzione dell’Europa dobbiamo essere molto attenti al messaggio che viene da questo Paese».


Santità, come lei ha detto all’Angelus di domenica scorsa, la Repubblica Ceca si trova non solo geograficamente, ma anche storicamente nel cuore dell’Europa. Vuole spiegarci meglio questo «storicamente», e dirci come e perché pensa che questa visita possa essere significativa per il Continente nel suo insieme, nel suo cammino culturale, spirituale, eventualmente anche politico di costruzione dell’Unione Europea?

« Da secoli il territorio di questa Repubblica Ceca è luogo di incontro di culture. Cominciamo nel IX secolo: da una parte, in Moravia, abbiamo la grande missione dei fratelli Cirillo e Metodio che da Bisanzio portano la cultura bizantina ma creano la cultura slava con i caratteri cirillici e con una liturgia in lingua slava; dall’altra parte, in Boemia, sono le diocesi confinanti che portano l’evangelo in lingua latina e nella connessione con la cultura romana-latina si incontrano così le due culture. Ogni incontro è difficile ma anche fecondo, si potrebbe facilmente mostrarlo con questo esempio. Faccio un grande salto: nel XIII secolo è Carlo IV che crea qui a Praga la prima università nel centro Europa. L’università di per sé è un luogo di incontro di culture, in questo caso diventa inoltre luogo di incontro tra cultura slava e germanofona. Come nel secolo e nei tempi della Riforma, proprio in questo terreno gli incontri e scontri diventano decisi e forti, lo sappiamo tutti. Faccio un altro salto al tempo presente: nel secolo scorso la Repubblica Ceca ha sofferto di una dittatura comunista particolarmente rigorosa, ma anche di una resistenza sia cattolica sia laica di grandissimo livello. Penso a Vaclav Havel, a personalità come il cardinale Tomaseck, che chiaramente hanno dato all’Europa un messaggio di che cosa è la libertà e come dobbiamo vivere e impegnarci per la libertà. Da questo incontro i culture attraverso i secoli e da questa ultima fase di riflessione, non solo di sofferenza, per un concetto nuovo di libertà e di società libera escono tanti messaggi importanti per noi che possono e devono essere fecondi per la costruzione dell’Europa. Dobbiamo essere molto attenti proprio al messaggio di questo Paese».

Siamo a vent’anni dalla caduta dei regimi comunisti nell’Est europeo. Giovanni Paolo II, visitando diversi Paesi reduci dal comunismo, li incoraggiava a usare con responsabilità la libertà recuperata. Qual è oggi il suo messaggio per i popoli dell’Europa orientale in questa nuova fase storica?

«Come ho detto, questi Paesi hanno sofferto particolarmente sotto la dittatura, ma nella sofferenza sono anche maturati i concetti di libertà che sono attuali adesso e devono essere ancora di più elaborati e realizzati. Penso ad esempio a un testo di Vaclav Havel che dice: la dittatura è basata sulla menzogna, e se la menzogna fosse superata, se nessuno mentisse più, se viene in luce la verità c’è anche la libertà e così ha elaborato questo nesso tra libertà e verità. Libertà non è libertinismo, arbitrarietà, ma è connessa, è condizionata dai grandi valori dell’amore e della solidarietà e in generale del bene. Così penso che questi concetti, queste idee maturate nel tempo della dittatura, non devono essere perse adesso ma ora dobbiamo proprio ritornare a questo e nella libertà spesso un po’ vuota e senza valori riconoscere che libertà e valori , libertà e bene, libertà e verità vanno insieme, altrimenti si distrugge anche la libertà. Questo mi sembra il messaggio che viene da questi Paesi e che deve essere attualizzato in questo momento».

Santità, la Repubblica Ceca è un Paese molto secolarizzato in cui la Chiesa cattolica è una minoranza. In tale situazione, come può contribuire questa Chiesa effettivamente al bene comune del Paese?

«Sono normalmente le minoranze creative che determinano il futuro. In questo senso la Chiesa Cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha una eredità di valori che non sono una cosa del passato ma sono una realtà molto viva e attuale e si devono attualizzare, rendere presente nel dibattito pubblico, nella nostra lotta per un concetto vero di libertà e di pace. Così si può contribuire in diversi settori. Il primo direi che è proprio il dialogo intellettuale tra agnostici e credenti. Ambedue hanno bisogno dell’altro: l’agnostico non può esser mai contento di non sapere ma deve essere in ricerca della grande verità della fede; il cattolico non può essere contento di avere la fede ma deve essere in ricerca di Dio ancora di più e nel dialogo con gli altri reimparare Dio in modo ancora più profondo. Questo è il primo livello, il grande dialogo intellettuale, etico e umano. Nel settore educativo la Chiesa ha molto da fare e da dare nell formazione. In Italia parliamo del problema dell’emergenza educativa, un problema comune a tutto l’Occidente, qui la Chiesa deve di nuovo attualizzare, concretizzare, aprire per il futuro la sua grande eredità. Un terzo settore è la Caritas: la Chiesa ha sempre avuto questo come un segno della sua identità, essere in aiuto dei poveri, essere organo della carità. La Caritas nella Repubblica Ceca fa moltissimo per le diverse comunità, nelle situazioni di bisogno, e offre molto anche alla umanità sofferente nei diversi continenti e dà così un esempio della responsabilità per gli altri, della solidarietà internazionale che è condizione anche della pace».

Santità, la sua ultima enciclica, Caritas in veritate, ha avuto un’ampia eco nel mondo. Come valuta questa eco, ne è soddisfatto? Pensa che effettivamente la crisi mondiale recente sia un’occasione in cui l’umanità sia divenuta più disponibile a riflettere sull’importanza dei valori morali e spirituali per fronteggiare i grandi problemi del suo futuro? E la Chiesa continuerà a offrire orientamenti in questa direzione?

«Sono molto contento per questa grande discussione, era proprio questo lo scopo: incentivare, motivare una discussione su questi problemi, non lasciare andare le cose come sono ma trovare nuovi modelli di una economia responsabile sia nei singoli Paesi sia per la totalità della umanità unificata. Mi sembra realmente oggi visibile che l’etica non è una cosa esteriore all’economia che come una tecnica potrebbe funzionare in se stessa, ma che l’etica è un principio interiore dell’economia che non funziona se non tiene conto dei valori umani della solidarietà, della responsabilità reciproca. Integrare l’etica nella costruzione dell’economia stessa è la grande sfida di questo momento e spero di aver contribuito a questa sfida con la enciclica. Il dibattito in corso mi sembra incoraggiante. E certamente vogliamo continuare a rispondere alle sfide del momento e aiutare che il senso della responsabilità sia più forte della volontà di profitto, che la responsabilità per gli altri più forte dell’egoismo, e vogliamo in questo senso contribuire».

Per concludere, una domanda più personale. Nel corso dell’estate c’è stato il piccolo incidente al polso. Lo considera ora pienamente superato? Ha potuto riprendere pienamente la sua attività? E ha potuto riprendere la sua attività e lavorare alla seconda parte del libro su Gesù come desiderava?

«Non è ancora pienamente superato ma vedete che la mano destra è in funzione e l’essenziale lo posso fare. Posso mangiare, posso soprattutto scrivere: il mio pensiero si sviluppa soprattutto scrivendo e così per me è stata realmente una pena e una scuola di pazienza il non poter scrivere per sei settimane. Tuttavia potevo lavorare, leggere, fare altre cose. E sono anche andato un po’ avanti col libro, ma ho ancora molto da fare. Penso che con la bibliografia e tutte le cose che seguono ancora, con l’aiuto di Dio potrebbe essere terminato nella prossima primavera. Ma questa è una speranza».

Gian Guido Vecchi
26 settembre 2009

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26/09/2009 20:51

Il Papa: "L’Europa è più che un continente. Essa è una casa! E la libertà trova il suo significato più profondo proprio nell’essere una patria spirituale" (Discorso alle autorità)

Testo integrale del discorso del Papa alle autorità politiche e al Corpo diplomatico

DISCORSO DEL SANTO PADRE


Eccellenze,
Signore e Signori,

vi sono grato per l'opportunità che mi viene data di incontrare, in questo straordinario contesto, le autorità politiche e civili della Repubblica Ceca ed i membri della comunità diplomatica. Ringrazio vivamente il Signor Presidente Klaus per le gentili parole di saluto che ha pronunciato in vostro nome. Esprimo inoltre il mio apprezzamento all'Orchestra Filarmonica Ceca per l’esecuzione musicale che ha aperto il nostro incontro, e che ha espresso in maniera eloquente sia le radici della cultura ceca che il rilevante contributo offerto da questa Nazione alla cultura europea.
La mia visita pastorale alla Repubblica Ceca coincide col ventesimo anniversario della caduta dei regimi totalitari in Europa Centrale ed Orientale, e della “Rivoluzione di Velluto” che ripristinò la democrazia in questa nazione.
L'euforia che ne seguì fu espressa in termini di libertà. A due decenni di distanza dai profondi cambiamenti politici che trasformarono questo continente, il processo di risanamento e ricostruzione continua, ora all'interno del più ampio contesto dell’unificazione europea e di un mondo sempre più globalizzato. Le aspirazioni dei cittadini e le aspettative riposte nei governi reclamavano nuovi modelli nella vita pubblica e di solidarietà tra nazioni e popoli, senza i quali il futuro di giustizia, di pace e di prosperità, a lungo atteso, sarebbe rimasto senza risposta. Tali desideri continuano ad evolversi.
Oggi, specialmente fra i giovani, emerge di nuovo la domanda sulla natura della libertà conquistata. Per quale scopo si vive in libertà? Quali sono i suoi autentici tratti distintivi?
Ogni generazione ha il compito di impegnarsi da capo nell’ardua ricerca di come ordinare rettamente le realtà umane, sforzandosi di comprendere il corretto uso della libertà (cfr Spe salvi, 25). Il dovere di rafforzare le "strutture di libertà" è fondamentale, ma non è mai sufficiente: le aspirazioni umane si elevano al di là di se stessi, al di là di ciò che qualsiasi autorità politica od economica possa offrire, verso quella speranza luminosa (cfr ibid., 35), che trova origine al di là di noi stessi e tuttavia si manifesta al nostro interno come verità, bellezza e bontà. La libertà cerca uno scopo e per questo richiede una convinzione.
La vera libertà presuppone la ricerca della verità – del vero bene – e pertanto trova il proprio compimento precisamente nel conoscere e fare ciò che è retto e giusto. La verità, in altre parole, è la norma-guida per la libertà e la bontà ne è la perfezione.
Aristotele definì il bene come "ciò a cui tutte le cose tendono", e giunse a suggerire che "benché sia degno il conseguire il fine anche soltanto per un uomo, tuttavia è più bello e più divino conseguirlo per una nazione o per una polis" (Etica Nicomachea, 1; cfr Caritas in veritate, 2). In verità, l’alta responsabilità di tener desta la sensibilità per il vero ed il bene ricade su chiunque eserciti il ruolo di guida: in campo religioso, politico o culturale, ciascuno secondo il modo a lui proprio. Insieme dobbiamo impegnarci nella lotta per la libertà e nella ricerca della verità: o le due cose vanno insieme, mano nella mano, oppure insieme periscono miseramente (cfr Fides et ratio, 90).

Per i Cristiani la verità ha un nome: Dio. E il bene ha un volto: Gesù Cristo. La fede cristiana, dal tempo dei Santi Cirillo e Metodio e dei primi missionari, ha avuto in realtà un ruolo decisivo nel plasmare l’eredità spirituale e culturale di questo Paese.

Deve essere lo stesso nel presente e per il futuro. Il ricco patrimonio di valori spirituali e culturali, che si esprimono gli uni attraverso gli altri, non solo ha dato forma all’identità di questa nazione, ma l’ha anche dotata della prospettiva necessaria ad esercitare un ruolo di coesione al cuore dell’Europa. Per secoli questa terra è stata un punto d’incontro tra popoli, tradizioni e culture diverse. Come ben sappiamo, essa ha conosciuto capitoli dolorosi e porta le cicatrici dei tragici avvenimenti causati dall’incomprensione, dalla guerra e dalla persecuzione. E tuttavia è anche vero che le sue radici cristiane hanno favorito la crescita di un considerevole spirito di perdono, di riconciliazione e di collaborazione, che ha reso la gente di queste terre capace di ritrovare la libertà e di inaugurare una nuova era, una nuova sintesi, una rinnovata speranza. Non è proprio di questo spirito che ha bisogno l’Europa di oggi?

L’Europa è più che un continente. Essa è una casa! E la libertà trova il suo significato più profondo proprio nell’essere una patria spirituale.

Nel pieno rispetto della distinzione tra la sfera politica e quella religiosa – distinzione che garantisce la libertà dei cittadini di esprimere il proprio credo religioso e di vivere in sintonia con esso – desidero rimarcare l’insostituibile ruolo del cristianesimo per la formazione della coscienza di ogni generazione e per la promozione di un consenso etico di fondo, al servizio di ogni persona che chiama questo continente “casa”!

In questo spirito, rendo atto alla voce di quanti oggi, in questo Paese e in Europa, cercano di applicare la propria fede, in modo rispettoso ma determinato, nell’arena pubblica, nell’aspettativa che le norme sociali e le linee politiche siano ispirate al desiderio di vivere secondo la verità che rende libero ogni uomo e donna (cfr Caritas in veritate, 9).

La fedeltà ai popoli che voi servite e rappresentate richiede la fedeltà alla verità che, sola, è la garanzia della libertà e dello sviluppo umano integrale (cfr ibid., 9). In effetti, il coraggio di presentare chiaramente la verità è un servizio a tutti i membri della società: esso infatti getta luce sul cammino del progresso umano, ne indica i fondamenti etici e morali e garantisce che le direttive politiche si ispirino al tesoro della saggezza umana.

L’attenzione alla verità universale non dovrebbe mai venire eclissata da interessi particolaristici, per quanto importanti essi possano essere, perché ciò condurrebbe unicamente a nuovi casi di frammentazione sociale o di discriminazione, che proprio quei gruppi di interesse o di pressione dichiarano di voler superare.

In effetti, la ricerca della verità, lungi dal minacciare la tolleranza delle differenze o il pluralismo culturale, rende il consenso possibile e permette al dibattito pubblico di mantenersi logico, onesto e responsabile, assicurando quell'unità che le vaghe nozioni di integrazione semplicemente non sono in grado di realizzare.

Sono fiducioso che, alla luce della tradizione ecclesiale circa la dimensione materiale, intellettuale e spirituale delle opere di carità, i membri della comunità cattolica, assieme a quelli di altre Chiese, comunità ecclesiali e religioni, continueranno a perseguire, in questa nazione e altrove, obiettivi di sviluppo che possiedano un valore più umano ed umanizzante (cfr ibid., 9).
Cari amici, la nostra presenza in questa magnifica capitale, spesso denominata “il cuore d'Europa”, ci stimola a chiederci in cosa consista questo “cuore”. È vero che non c’è una risposta facile a tale domanda, tuttavia un indizio è costituito sicuramente dai gioielli architettonici che adornano questa città. La stupefacente bellezza delle sue chiese, del castello, delle piazze e dei ponti non possono che orientare a Dio le nostre menti. La loro bellezza esprime fede; sono epifanie di Dio che giustamente ci permettono di considerare le grandi meraviglie alle quali noi creature possiamo aspirare quando diamo espressione alla dimensione estetica e conoscitiva del nostro essere più profondo. Come sarebbe tragico se si ammirassero tali esempi di bellezza, ignorando però il mistero trascendente che essi indicano. L'incontro creativo della tradizione classica e del Vangelo ha dato vita ad una visione dell’uomo e della società sensibile alla presenza di Dio fra noi. Tale visione, nel plasmare il patrimonio culturale di questo continente, ha chiaramente posto in luce che la ragione non finisce con ciò che l'occhio vede, anzi essa è attratta da ciò che sta al di là, ciò a cui noi profondamente aneliamo: lo Spirito, potremmo dire, della Creazione.
Nel contesto dell’attuale crocevia di civiltà, così spesso marcato da un’allarmante scissione dell’unità di bontà, verità e bellezza, e dalla conseguente difficoltà di trovare un consenso sui valori comuni, ogni sforzo per l’umano progresso deve trarre ispirazione da quella vivente eredità.
L’Europa, fedele alle sue radici cristiane, ha una particolare vocazione a sostenere questa visione trascendente nelle sue iniziative al servizio del bene comune di individui, comunità e nazioni. Di particolare importanza è il compito urgente di incoraggiare i giovani europei mediante una formazione che rispetti ed alimenti la capacità, donata loro da Dio, di trascendere proprio quei limiti che talvolta si presume che debbano intrappolarli.
Negli sport, nelle arti creative e nella ricerca accademica, i giovani trovano volentieri l'opportunità di eccellere. Non è ugualmente vero che, se confrontati con alti ideali, essi aspireranno anche alla virtù morale e ad una vita basata sull’amore e sulla bontà? Incoraggio vivamente quei genitori e responsabili delle comunità che si attendono dalle autorità la promozione di valori capaci di integrare la dimensione intellettuale, umana e spirituale in una solida formazione, degna delle aspirazioni dei nostri giovani.
“Veritas vincit”. Questo è il motto della bandiera del Presidente della Repubblica Ceca: alla fine, davvero la verità vince, non con la forza, ma grazie alla persuasione, alla testimonianza eroica di uomini e donne di solidi principi, al dialogo sincero che sa guardare, al di là dell’interesse personale, alle necessità del bene comune. La sete di verità, bontà, bellezza, impressa in tutti gli uomini e donne dal Creatore, è intesa a condurre insieme le persone nella ricerca della giustizia, della libertà e della pace. La storia ha ampiamente dimostrato che la verità può essere tradita e manipolata a servizio di false ideologie, dell’oppressione e dell'ingiustizia. Tuttavia, le sfide che deve affrontare la famiglia umana non ci chiamano forse a guardare oltre a quei pericoli? Alla fine, cosa è più disumano e distruttivo del cinismo che vorrebbe negare la grandezza della nostra ricerca per la verità, e del relativismo che corrode i valori stessi che sostengono la costruzione di un mondo unito e fraterno? Noi, al contrario, dobbiamo riacquistare fiducia nella nobiltà e grandezza dello spirito umano per la sua capacità di raggiungere la verità, e lasciare che quella fiducia ci guidi nel paziente lavoro della politica e della diplomazia.
Signore e Signori, con questi sentimenti esprimo nella preghiera l’augurio che il vostro servizio sia ispirato e sostenuto dalla luce di quella verità che è il riflesso della eterna Sapienza di Dio Creatore. Su di Voi e sulle Vostre famiglie, invoco di cuore l’abbondanza delle benedizioni divine.

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Il Papa: "Solo l’amore di Cristo rende efficace l’azione apostolica, soprattutto nei momenti della difficoltà e della prova. Amare Cristo e i fratelli deve essere la caratteristica di ogni battezzato e di ogni comunità" (Vespri)

Ecco il testo integrale dell'omelia del Papa in occasione della celebrazione dei Vespri:

Cari fratelli e sorelle!


Rivolgo a tutti voi il saluto di san Paolo che abbiamo ascoltato nella lettura breve: Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro!
Lo rivolgo in primo luogo al Cardinale Arcivescovo, che ringrazio per le sue cordiali parole. Estendo il mio saluto agli altri Cardinali e Presuli presenti, ai sacerdoti e ai diaconi, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e agli operatori pastorali, ai giovani e alle famiglie, alle associazioni e ai movimenti ecclesiali.
Ci troviamo raccolti questa sera in un luogo a voi caro, che è segno visibile di quanto sia potente la grazia divina che agisce nel cuore dei credenti.
La bellezza di questo tempio millenario è infatti testimonianza vivente della ricca storia di fede e di tradizione cristiana del vostro popolo; una storia illuminata, in particolare, dalla fedeltà di coloro che hanno sigillato la loro adesione a Cristo e alla Chiesa con il martirio. Penso alle figure dei santi Venceslao, Adalberto e Giovanni Nepomuceno, pietre miliari del cammino della vostra Chiesa, a cui si aggiungono gli esempi del giovane san Vito, che preferì il martirio piuttosto che tradire Cristo, del monaco san Procopio e di santa Ludmilla. Penso alle vicende di due Arcivescovi, nel secolo scorso, di questa Chiesa locale, i Cardinali Josef Beran e František Tomášek, e di tanti Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, che hanno resistito con eroica fermezza alla persecuzione comunista, giungendo persino al sacrificio della vita. Da dove hanno tratto forza questi coraggiosi amici di Cristo se non dal Vangelo? Sì! Essi si sono lasciati affascinare da Gesù che ha detto: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Nell’ora della difficoltà hanno sentito risuonare nel cuore quest’altra sua considerazione: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 20).

L’eroismo dei testimoni della fede ricorda che solo dalla conoscenza personale e dal legame profondo con Cristo è possibile trarre l’energia spirituale per realizzare appieno la vocazione cristiana.

Solo l’amore di Cristo rende efficace l’azione apostolica, soprattutto nei momenti della difficoltà e della prova. Amare Cristo e i fratelli deve essere la caratteristica di ogni battezzato e di ogni comunità.

Negli Atti degli Apostoli leggiamo che “la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32).
E Tertulliano, un autore dei primi secoli, scriveva che i pagani rimanevano colpiti dall’amore che legava i cristiani tra di loro (cfr Apologeticum XXXIX).
Cari fratelli e sorelle, imitate il divino Maestro che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). L
’amore risplenda in ogni vostra parrocchia e comunità, nelle varie associazioni e movimenti. La vostra Chiesa, secondo l’immagine di san Paolo, sia un corpo ben strutturato che ha Cristo come Capo, e nel quale ogni membro agisce in armonia con il tutto. Alimentate l’amore di Cristo con la preghiera e l’ascolto della sua parola; nutritevi di Lui nell’Eucaristia, e siate, con la sua grazia, artefici di unità e di pace in ogni ambiente.
Le vostre comunità cristiane, dopo il lungo inverno della dittatura comunista, 20 anni fa hanno ripreso ad esprimersi liberamente quando il vostro popolo, con gli eventi avviati dalla manifestazione studentesca del 17 novembre del 1989, ha riacquistato la propria libertà. Voi avvertite però che anche oggi non è facile vivere e testimoniare il Vangelo.

La società reca ancora le ferite causate dall’ideologia atea ed è spesso affascinata dalla moderna mentalità del consumismo edonista, con una pericolosa crisi di valori umani e religiosi e la deriva di un dilagante relativismo etico e culturale.

In questo contesto si rende urgente un rinnovato impegno da parte di tutte le componenti ecclesiali per rafforzare i valori spirituali e morali nella vita della società odierna.

So che le vostre comunità sono già impegnate su molti fronti, in particolare nell’ambito caritativo con le Caritas. La vostra attività pastorale abbracci con particolare zelo il campo dell’educazione delle nuove generazioni. Le scuole cattoliche promuovano il rispetto dell’uomo; si dedichi attenzione alla pastorale giovanile anche fuori dell’ambito scolastico, senza trascurare le altre categorie di fedeli.
Cristo è per tutti!
Auspico di cuore una sempre crescente intesa con le altre istituzioni sia pubbliche che private. La Chiesa – è sempre utile ripeterlo – non domanda privilegi, ma solo di poter operare liberamente al servizio di tutti e con spirito evangelico.
Cari fratelli e sorelle, vi doni il Signore di essere come il sale di cui parla il Vangelo, quello che dona sapore alla vita, per essere fedeli operai nella vigna del Signore.
Tocca, in primo luogo, a voi, cari Vescovi e sacerdoti, lavorare instancabilmente per il bene di quanti sono affidati alle vostre cure. Ispiratevi sempre all’immagine evangelica del Buon Pastore, che conosce le sue pecore, le chiama per nome, le conduce in luoghi sicuri, ed è disposto a dare se stesso per loro (cfr Gv 10,1-19). Care persone consacrate, con la professione dei consigli evangelici voi richiamate il primato che Dio deve avere nella vita di ogni essere umano, e, vivendo in fraternità, testimoniate quanto arricchente sia la pratica del comandamento dell’amore (cfr Gv 13,34). Fedeli a questa vocazione, aiuterete gli uomini e le donne del nostro tempo a lasciarsi affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio (cfr Vita consecrata, 104).
E voi, cari giovani, che siete nei Seminari o nelle Case di formazione, preoccupatevi di acquisire una solida preparazione culturale, spirituale e pastorale.

In questo
Anno Sacerdotale, che ho indetto per commemorare il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, vi sia di esempio la figura di questo Pastore totalmente dedito a Dio e alle anime, pienamente consapevole che proprio il suo ministero, animato dalla preghiera, era il suo cammino di santificazione.
Cari fratelli e sorelle, varie ricorrenze ricordiamo quest’anno con animo grato al Signore: i 280 anni della canonizzazione di san Giovanni Nepomuceno, l’80° della dedicazione di questa Cattedrale intitolata a san Vito e il 20° anniversario della canonizzazione di sant’Agnese di Praga, evento che ha annunciato la liberazione del vostro Paese dall’oppressione atea. Tanti motivi per proseguire il cammino ecclesiale con gioia ed entusiasmo contando sulla materna intercessione di Maria, Madre di Dio, e di tutti i vostri Santi Protettori. Amen!

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27/09/2009 05:34

Discorso del Papa nel Palazzo presidenziale di Praga

 (ZENIT.org).-

 * * *

Eccellenze,

Signore e Signori,

vi sono grato per l'opportunità che mi viene data di incontrare, in questo straordinario contesto, le autorità politiche e civili della Repubblica Ceca ed i membri della comunità diplomatica. Ringrazio vivamente il Signor Presidente Klaus per le gentili parole di saluto che ha pronunciato in vostro nome. Esprimo inoltre il mio apprezzamento all'Orchestra Filarmonica Ceca per l’esecuzione musicale che ha aperto il nostro incontro, e che ha espresso in maniera eloquente sia le radici della cultura ceca che il rilevante contributo offerto da questa Nazione alla cultura europea. 

La mia visita pastorale alla Repubblica Ceca coincide col ventesimo anniversario della caduta dei regimi totalitari in Europa Centrale ed Orientale, e della “Rivoluzione di Velluto” che ripristinò la democrazia in questa nazione. L'euforia che ne seguì fu espressa in termini di libertà. A due decenni di distanza dai profondi cambiamenti politici che trasformarono questo continente, il processo di risanamento e ricostruzione continua, ora all'interno del più ampio contesto dell’unificazione europea e di un mondo sempre più globalizzato. Le aspirazioni dei cittadini e le aspettative riposte nei governi reclamavano nuovi modelli nella vita pubblica e di solidarietà tra nazioni e popoli, senza i quali il futuro di giustizia, di pace e di prosperità, a lungo atteso, sarebbe rimasto senza risposta. Tali desideri continuano ad evolversi. Oggi, specialmente fra i giovani, emerge di nuovo la domanda sulla natura della libertà conquistata. Per quale scopo si vive in libertà? Quali sono i suoi autentici tratti distintivi?

Ogni generazione ha il compito di impegnarsi da capo nell’ardua ricerca di come ordinare rettamente le realtà umane, sforzandosi di comprendere il corretto uso della libertà (cfr Spe salvi, 25). Il dovere di rafforzare le "strutture di libertà" è fondamentale, ma non è mai sufficiente: le aspirazioni umane si elevano al di là di se stessi, al di là di ciò che qualsiasi autorità politica od economica possa offrire, verso quella speranza luminosa (cfr ibid., 35), che trova origine al di là di noi stessi e tuttavia si manifesta al nostro interno come verità, bellezza e bontà. La libertà cerca uno scopo e per questo richiede una convinzione. La vera libertà presuppone la ricerca della verità – del vero bene – e pertanto trova il proprio compimento precisamente nel conoscere e fare ciò che è retto e giusto. La verità, in altre parole, è la norma-guida per la libertà e la bontà ne è la perfezione. Aristotele definì il bene come "ciò a cui tutte le cose tendono", e giunse a suggerire che "benché sia degno il conseguire il fine anche soltanto per un uomo, tuttavia è più bello e più divino conseguirlo per una nazione o per una polis" (Etica Nicomachea, 1; cfr Caritas in veritate, 2). In verità, l’alta responsabilità di tener desta la sensibilità per il vero ed il bene ricade su chiunque eserciti il ruolo di guida: in campo religioso, politico o culturale, ciascuno secondo il modo a lui proprio. Insieme dobbiamo impegnarci nella lotta per la libertà e nella ricerca della verità: o le due cose vanno insieme, mano nella mano, oppure insieme periscono miseramente (cfr Fides et ratio, 90).

Per i Cristiani la verità ha un nome: Dio. E il bene ha un volto: Gesù Cristo. La fede cristiana, dal tempo dei Santi Cirillo e Metodio e dei primi missionari, ha avuto in realtà un ruolo decisivo nel plasmare l’eredità spirituale e culturale di questo Paese. Deve essere lo stesso nel presente e per il futuro. Il ricco patrimonio di valori spirituali e culturali, che si esprimono gli uni attraverso gli altri, non solo ha dato forma all’identità di questa nazione, ma l’ha anche dotata della prospettiva necessaria ad esercitare un ruolo di coesione al cuore dell’Europa. Per secoli questa terra è stata un punto d’incontro tra popoli, tradizioni e culture diverse. Come ben sappiamo, essa ha conosciuto capitoli dolorosi e porta le cicatrici dei tragici avvenimenti causati dall’incomprensione, dalla guerra e dalla persecuzione. E tuttavia è anche vero che le sue radici cristiane hanno favorito la crescita di un considerevole spirito di perdono, di riconciliazione e di collaborazione, che ha reso la gente di queste terre capace di ritrovare la libertà e di inaugurare una nuova era, una nuova sintesi, una rinnovata speranza. Non è proprio di questo spirito che ha bisogno l’Europa di oggi?

L’Europa è più che un continente. Essa è una casa! E la libertà trova il suo significato più profondo proprio nell’essere una patria spirituale. Nel pieno rispetto della distinzione tra la sfera politica e quella religiosa – distinzione che garantisce la libertà dei cittadini di esprimere il proprio credo religioso e di vivere in sintonia con esso – desidero rimarcare l’insostituibile ruolo del cristianesimo per la formazione della coscienza di ogni generazione e per la promozione di un consenso etico di fondo, al servizio di ogni persona che chiama questo continente “casa”!

In questo spirito, rendo atto alla voce di quanti oggi, in questo Paese e in Europa, cercano di applicare la propria fede, in modo rispettoso ma determinato, nell’arena pubblica, nell’aspettativa che le norme  sociali e le linee politiche siano ispirate al desiderio di vivere secondo la verità che rende libero ogni uomo e donna (cfr Caritas in veritate, 9).

La fedeltà ai popoli che voi servite e rappresentate richiede la fedeltà alla verità che, sola, è la garanzia della libertà e dello sviluppo umano integrale (cfr ibid., 9). In effetti, il coraggio di presentare chiaramente la verità è un servizio a tutti i membri della società: esso infatti getta luce sul cammino del progresso umano, ne indica i fondamenti etici e morali e garantisce che le direttive politiche si ispirino al tesoro della saggezza umana. L’attenzione alla verità universale non dovrebbe mai venire eclissata da interessi particolaristici, per quanto importanti essi possano essere, perché ciò condurrebbe unicamente a nuovi casi di frammentazione sociale o di discriminazione, che proprio quei gruppi di interesse o di pressione dichiarano di voler superare. In effetti, la ricerca della verità, lungi dal minacciare la tolleranza delle differenze o il pluralismo culturale, rende il consenso possibile e permette al dibattito pubblico di mantenersi logico, onesto e responsabile, assicurando quell'unità che le vaghe nozioni di integrazione semplicemente non sono in grado di realizzare.

Sono fiducioso che, alla luce della tradizione ecclesiale circa la dimensione materiale, intellettuale e spirituale delle opere di carità, i membri della comunità cattolica, assieme a quelli di altre Chiese, comunità ecclesiali e religioni, continueranno a perseguire, in questa nazione e altrove, obiettivi di sviluppo che possiedano un valore più umano ed umanizzante (cfr ibid., 9).

Cari amici, la nostra presenza in questa magnifica capitale, spesso denominata “il cuore d'Europa”, ci stimola a chiederci in cosa consista questo “cuore”. È vero che non c’è una risposta facile a tale domanda, tuttavia un indizio è costituito sicuramente dai gioielli architettonici che adornano questa città. La stupefacente bellezza delle sue chiese, del castello, delle piazze e dei ponti non possono che orientare a Dio le nostre menti. La loro bellezza esprime fede; sono epifanie di Dio che giustamente ci permettono di considerare le grandi meraviglie alle quali noi creature possiamo aspirare quando diamo espressione alla dimensione estetica e conoscitiva del nostro essere più profondo. Come sarebbe tragico se si ammirassero tali esempi di bellezza, ignorando però il mistero trascendente che essi indicano. L'incontro creativo della tradizione classica e del Vangelo ha dato vita ad una visione dell’uomo e della società sensibile alla presenza di Dio fra noi. Tale visione, nel plasmare il patrimonio culturale di questo continente, ha chiaramente posto in luce che la ragione non finisce con ciò che l'occhio vede, anzi essa è attratta da ciò che sta al di là, ciò a cui noi profondamente aneliamo: lo Spirito, potremmo dire, della Creazione.

Nel contesto dell’attuale crocevia di civiltà, così spesso marcato da un’allarmante scissione dell’unità di bontà, verità e bellezza, e dalla conseguente difficoltà di trovare un consenso sui valori comuni, ogni sforzo per l’umano progresso deve trarre ispirazione da quella vivente eredità. L’Europa, fedele alle sue radici cristiane, ha una particolare vocazione a sostenere questa visione trascendente nelle sue iniziative al servizio del bene comune di individui, comunità e nazioni. Di particolare importanza è il compito urgente di incoraggiare i giovani europei mediante una formazione che rispetti ed alimenti la capacità, donata loro da Dio, di trascendere proprio quei limiti che talvolta si presume che debbano intrappolarli. Negli sport, nelle arti creative e nella ricerca accademica, i giovani trovano volentieri l'opportunità di eccellere. Non è ugualmente vero che, se confrontati con alti ideali, essi aspireranno anche alla virtù morale e ad una vita basata sull’amore e sulla bontà? Incoraggio vivamente quei genitori e responsabili delle comunità che si attendono dalle autorità la promozione di valori capaci di integrare la dimensione intellettuale, umana e spirituale in una solida formazione, degna delle aspirazioni dei nostri giovani.

Veritas vincit”. Questo è il motto della bandiera del Presidente della Repubblica Ceca: alla fine, davvero la verità vince, non con la forza, ma grazie alla persuasione, alla testimonianza eroica di uomini e donne di solidi principi, al dialogo sincero che sa guardare, al di là dell’interesse personale, alle necessità del bene comune. La sete di verità, bontà, bellezza, impressa in tutti gli uomini e donne dal Creatore, è intesa a condurre insieme le persone nella ricerca della giustizia, della libertà e della pace. La storia ha ampiamente dimostrato che la verità può essere tradita e manipolata a servizio di false ideologie, dell’oppressione e dell'ingiustizia. Tuttavia, le sfide che deve affrontare la famiglia umana non ci chiamano forse a guardare oltre a quei pericoli? Alla fine, cosa è più disumano e distruttivo del cinismo che vorrebbe negare la grandezza della nostra ricerca per la verità, e del relativismo che corrode i valori stessi che sostengono la costruzione di un mondo unito e fraterno? Noi, al contrario, dobbiamo riacquistare fiducia nella nobiltà e grandezza dello spirito umano per la sua capacità di raggiungere la verità, e lasciare che quella fiducia ci guidi nel paziente lavoro della politica e della diplomazia.

Signore e Signori, con questi sentimenti esprimo nella preghiera l’augurio che il vostro servizio sia ispirato e sostenuto dalla luce di quella verità che è il riflesso della eterna Sapienza di Dio Creatore. Su di Voi e sulle Vostre famiglie, invoco di cuore l’abbondanza delle benedizioni divine.

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Il Papa: "Gesù mai abbandona i suoi amici. Egli assicura il suo aiuto, perché nulla è possibile fare senza di Lui, ma, al tempo stesso, chiede ad ognuno di impegnarsi personalmente per diffondere il suo universale messaggio di amore e di pace"(Omelia)


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009), 27.09.2009

SANTA MESSA NELLA SPIANATA ACCANTO ALL’AEROPORTO DI BRNO


Questa mattina, lasciata la Nunziatura Apostolica di Praga, il Santo Padre Benedetto XVI si trasferisce in auto all’aeroporto di Stará Ruzyně dove, alle ore 8.45, decolla a bordo di un A319 della Presidenza della Repubblica, diretto a Brno. Al Suo arrivo all’aeroporto Tuřany di Brno è accolto dal Vescovo, S.E. Mons. Vojtěch Cikrle, dal Presidente della Repubblica con la Consorte, dal Presidente della Regione Sud Moravia e dal Sindaco della città. Quindi raggiunge in auto la spianata attigua all’aeroporto, dove presiede la Santa Messa che inizia alle ore 10.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, introdotta dal saluto del Vescovo di Brno, S.E. Mons. Vojtěch Cikrle, dopo la proclamazione del Santo Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Milí bratři a sestry!

„Pojďte ke mně, všichni, kdo se lopotíte a jste obtíženi, a já vás občerstvím" (Mt 11,28). Ježíš zve každého svého učedníka, aby s ním zůstal, aby v něm našel posilu, oporu a útěchu.

[Cari fratelli e sorelle!

"Venite a me voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro" (Mt 11,28). Gesù invita ogni suo discepolo a sostare con Lui, a trovare in Lui conforto, sostegno e ristoro.]

L'invito lo rivolge in particolare alla nostra Assemblea liturgica, che vede raccolta idealmente, con il Successore di Pietro, l'intera vostra Comunità ecclesiale. A tutti e a ciascuno va il mio saluto: in primo luogo al Vescovo di Brno - al quale sono grato anche per le cordiali parole che mi ha rivolto all'inizio della Messa – ai Signori Cardinali e agli altri Vescovi presenti. Saluto i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i catechisti e gli operatori pastorali, i giovani e le numerose famiglie. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità civili e militari, in modo speciale al Presidente della Repubblica con la gentile consorte, al Sindaco della Città di Brno e al Presidente della Regione della Moravia del Sud, terra ricca di storia, di attività culturali, di industrie e di commercio. Vorrei inoltre salutare con affetto i pellegrini provenienti da tutta la regione della Moravia e dalle diocesi della Slovacchia, della Polonia, dell'Austria e della Germania.

Cari amici, per il carattere che riveste l'odierna Assemblea liturgica, ho condiviso volentieri la scelta, a cui ha accennato il vostro Vescovo, di intonare le letture bibliche della Santa Messa al tema della speranza: l'ho condivisa pensando sia al popolo di questo caro Paese, sia all'Europa e all'umanità intera, che è assetata di qualcosa su cui poggiare saldamente il proprio avvenire.
Nella mia seconda Enciclica - la
Spe salvi -, ho sottolineato che l'unica speranza "certa" e "affidabile" (cfr n. 1) si fonda su Dio. L'esperienza della storia mostra a quali assurdità giunge l'uomo quando esclude Dio dall'orizzonte delle sue scelte e delle sue azioni, e come non è facile costruire una società ispirata ai valori del bene, della giustizia e della fraternità, perché l'essere umano è libero e la sua libertà permane fragile. La libertà va allora costantemente riconquistata per il bene e la non facile ricerca dei "retti ordinamenti per le cose umane" è un compito che appartiene a tutte le generazioni (cfr ibid., 24-25). Ecco perché, cari amici, noi siamo qui prima di tutto in ascolto, in ascolto di una parola che ci indichi la strada che conduce alla speranza; anzi, siamo in ascolto della Parola che sola può darci speranza solida, perché è Parola di Dio.

Nella prima Lettura (Is 61,1-3a), il Profeta si presenta investito della missione di annunciare a tutti gli afflitti e i poveri la liberazione, la consolazione, la gioia. Questo testo Gesù l'ha ripreso e l'ha fatto proprio nella sua predicazione. Anzi, ha detto esplicitamente che la promessa del profeta si è compiuta in Lui (cfr Lc 4,16-21).

Si è completamente realizzata quando, morendo in croce e risorgendo da morte, ci ha liberati dalla schiavitù dell'egoismo e del male, del peccato e della morte. E questo è l'annuncio di salvezza, antico e sempre nuovo, che la Chiesa proclama di generazione in generazione: Cristo crocifisso e risorto, Speranza dell'umanità!

Questa parola di salvezza risuona con forza anche oggi, nella nostra Assemblea liturgica. Gesù si rivolge con amore a voi, figli e figlie di questa terra benedetta, nella quale è stato sparso da oltre un millennio il seme del Vangelo.

Il vostro Paese, come altre nazioni, sta vivendo una condizione culturale che rappresenta spesso una sfida radicale per la fede e, quindi, anche per la speranza.

In effetti, sia la fede che la speranza, nell'epoca moderna, hanno subito come uno "spostamento", perché sono state relegate sul piano privato e ultraterreno, mentre nella vita concreta e pubblica si è affermata la fiducia nel progresso scientifico ed economico (cfr Spe salvi, 17). Conosciamo tutti che questo progresso è ambiguo: apre possibilità di bene insieme a prospettive negative. Gli sviluppi tecnici ed il miglioramento delle strutture sociali sono importanti e certamente necessari, ma non bastano a garantire il benessere morale della società (cfr ibid., 24). L'uomo ha bisogno di essere liberato dalle oppressioni materiali, ma deve essere salvato, e più profondamente, dai mali che affliggono lo spirito. E chi può salvarlo se non Dio, che è Amore e ha rivelato il suo volto di Padre onnipotente e misericordioso in Gesù Cristo? La nostra salda speranza è dunque Cristo: in Lui, Dio ci ha amato fino all'estremo e ci ha dato la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10), quella vita che ogni persona, talora persino inconsapevolmente, anela a possedere.

"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". Queste parole di Gesù, scritte a grandi lettere sopra la porta della vostra Cattedrale di Brno, Egli le indirizza ora a ciascuno di noi ed aggiunge: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita" (Mt 11,29-30). Possiamo restare indifferenti dinanzi al suo amore? Qui, come altrove, nei secoli passati tanti hanno sofferto per mantenersi fedeli al Vangelo e non hanno perso la speranza; tanti si sono sacrificati per ridare dignità all'uomo e libertà ai popoli, trovando nell'adesione generosa a Cristo la forza per costruire una nuova umanità. E pure nell'attuale società, dove tante forme di povertà nascono dall'isolamento, dal non essere amati, dal rifiuto di Dio e da un'originaria tragica chiusura dell'uomo che pensa di poter bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero; in questo nostro mondo che è alienato "quando si affida a progetti solo umani" (cfr Caritas in veritate, 53), solo Cristo può essere la nostra certa speranza. Questo è l'annuncio che noi cristiani siamo chiamati a diffondere ogni giorno, con la nostra testimonianza.

Annunciatelo voi, cari sacerdoti, restando intimamente uniti a Gesù ed esercitando con entusiasmo il vostro ministero, certi che nulla può mancare a chi si fida di Lui. Testimoniate Cristo voi, cari religiosi e religiose, con la gioiosa e coerente pratica dei consigli evangelici, indicando quale è la nostra vera patria: il Cielo.

E voi, cari fedeli laici giovani ed adulti, voi, care famiglie, poggiate sulla fede in Cristo i vostri progetti familiari, di lavoro, della scuola, e le attività di ogni ambito della società.

Gesù mai abbandona i suoi amici. Egli assicura il suo aiuto, perché nulla è possibile fare senza di Lui, ma, al tempo stesso, chiede ad ognuno di impegnarsi personalmente per diffondere il suo universale messaggio di amore e di pace.

Vi sia di incoraggiamento l’esempio dei santi Cirillo e Metodio, Patroni principali della Moravia, che hanno evangelizzato i popoli slavi, e dei santi Pietro e Paolo, ai quali è dedicata la vostra Cattedrale. Guardate alla testimonianza luminosa di santa Zdislava, madre di famiglia, ricca di opere di religione e di misericordia; di san Giovanni Sarkander, sacerdote e martire; di san Clemente Maria Hofbauer, sacerdote e religioso, nato in questa Diocesi, e canonizzato 100 anni fa e della beata Restituta Kafkova, religiosa nata a Brno e uccisa dai nazisti a Vienna. Vi accompagni e protegga la Madonna, Madre di Cristo, nostra Speranza. Amen!

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Il Papa: "Maria tenga desta la fede di tutti voi,la fede alimentata anche da numerose tradizioni popolari che affondano le loro radici nel passato..."

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009), 27.09.2009

RECITA DELL’ANGELUS NELLA SPIANATA ACCANTO ALL’AEROPORTO DI BRNO


Al termine della Santa Messa nella spianata accanto all’Aeroporto di Brno, il Santo Padre guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Siamo giunti al termine di
questa solenne Celebrazione e l’ora del mezzogiorno ci invita alla preghiera dell’Angelus. Sono lieto di recitarla qui, nel cuore della Moravia, regione fraternamente unita alla Boemia, terra segnata da molti secoli di fede cristiana, che richiama all’origine la coraggiosa missione dei santi Cirillo e Metodio.

Quando, venti anni or sono, Giovanni Paolo II decise di visitare l’Europa centrale ed orientale dopo la caduta del totalitarismo comunista, volle cominciare il suo viaggio pastorale da Velehrad, centro dei famosi Congressi unionistici precursori dell’ecumenismo tra i popoli slavi, e conosciuto in tutto il mondo cristiano. Voi ricordate inoltre un’altra sua visita, quella del 1995 a Svatý Kopeček, presso Olomouc, con l’indimenticabile incontro con i giovani. Vorrei idealmente riprendere l’insegnamento di questo mio venerato Predecessore e invitarvi a mantenervi fedeli alla vostra vocazione cristiana e al Vangelo per costruire insieme un avvenire di solidarietà e di pace.

La Moravia è terra ricca di santuari mariani, che folle di pellegrini visitano durante tutto l’anno. In questo momento vorrei recarmi in ideale pellegrinaggio presso la montagna boscosa di Hostýn, dove venerate la Madonna come vostra Protettrice.

Maria tenga desta la fede di tutti voi, la fede alimentata anche da numerose tradizioni popolari che affondano le loro radici nel passato, ma che giustamente voi avete cura di conservare perché non venga meno il calore della convivenza familiare nei villaggi e nelle città.

A volte si costata, con una certa nostalgia, che il ritmo della vita moderna tende a cancellare alcune tracce di un passato ricco di fede. E’ importante invece non perdere di vista l’ideale che le usanze tradizionali esprimevano, e soprattutto va mantenuto il patrimonio spirituale ereditato dai vostri antenati, per custodirlo ed anzi renderlo rispondente alle esigenze dei tempi presenti. Vi aiuti in questo la Vergine Maria, alla quale rinnovo l’affidamento della vostra Chiesa e dell’intera Nazione ceca.
Angelus Domini…

DOPO L’ANGELUS

Infine, il Papa rivolge il Suo saluto ai numerosi fedeli presenti, provenienti, oltre che dalla Moravia, anche dalle vicine diocesi della Slovacchia, della Polonia, dell’Austria e della Germania:

Sláskou pozdravujem pútnikov z blízkeho Slovenska. Drahí bratia a sestry, dnešné Božie slovo nás pobáda, aby sme v Ježišovi Kristovi uznali našu jedinú nádej. Pozývam vás, aby ste boli vo svete vernými svedkami tejto zvesti. Zo srdca žehnám vás i vaše rodiny vo vlasti. S týmto želaním vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Con affetto do il benvenuto ai pellegrini provenienti dalla vicina Slovacchia. Cari fratelli e sorelle, l’odierna Parola di Dio ci esorta a riconoscere Gesù Cristo come nostra unica speranza. Vi invito ad essere nel mondo testimoni fedeli di questo annuncio. Di cuore benedico voi e le vostre famiglie in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!]

[I warmly welcome the pilgrims who have come from neighbouring Slovakia. Dear brothers and sisters, today’s Liturgy of the Word challenges us to recognize Jesus Christ as our one hope. I invite you to bear faithful witness to this message before the world. From my heart I bless you and your families at home. May Jesus Christ be praised!]

Serdecznie pozdrawiam Polaków biorących udział w tej Eucharystii. Dziękuję za Waszą obecność i duchowe wsparcie. Niech spotkanie z Papieżem we wspólnocie Kościoła, który jest w Czechach, przyniesie owoce wiary i miłości w waszych sercach. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto cordialmente i polacchi che prendono parte a quest’Eucaristia. Vi ringrazio per la vostra presenza e per il sostegno spirituale. L’incontro del Papa con la Chiesa che è nella Repubblica Ceca porti abbondanti frutti di fede e di amore nei vostri cuori. Dio vi benedica!]

[I extend cordial greetings to the Poles taking part in this Mass. I thank you for coming, and for the support of your prayers. May the Pope’s pastoral visit to the Church in the Czech Republic bear abundant fruits of faith and love in your hearts. May God bless you!]

Von Herzen grüße ich die Pilger aus Deutschland und aus Österreich. Ich freue mich über euer Kommen, über euer Mitbeten und Mitfeiern mit den Brüdern und Schwestern hier in Tschechien. Noch mehr als alle nachbarschaftlichen Bande ist es der Glaube an Jesus Christus, der uns zusammenführt und eint. Und heute braucht es besonders unser gemeinschaftliches Zeugnis, um neu und kraftvoll die Botschaft des Heils zu verkünden: den gekreuzigten und auferstandenen Herrn – Jesus Christus, die Hoffnung der Menschheit! Die Erfahrung, daß Christus seine Freunde nicht allein läßt, sondern ihnen hilft, damit sie glücklich leben können, darf uns nicht kalt und gleichgültig lassen gegenüber unseren Mitmenschen, die auf der Suche nach Wahrheit und Liebe sind und sich nach dem wirklichen Leben sehnen. Zeigen wir ihnen den Weg zu Jesus Christus, der das Leben in Fülle schenkt. Mit Freude wollen wir Tag für Tag aus unserem Glauben und unserer Hoffnung leben und am Aufbau einer Gesellschaft mitarbeiten, die auf den Werten des Guten, der Gerechtigkeit und Brüderlichkeit, auf der Liebe zu Gott und dem Nächsten gründet. Dazu schenke der Herr uns seinen Segen.

[Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Germania e dall’Austria. Sono lieto della vostra presenza, del vostro pregare e celebrare insieme con i fratelli e le sorelle qui nella Repubblica Ceca. È la fede in Gesù Cristo, che, ancora di più di tutti i legami di vicinato, ci ricongiunge e ci unisce. E oggi è necessaria in modo particolare la nostra comune testimonianza per proclamare di nuovo e con forza l’annuncio di salvezza: il Signore crocifisso e risorto – Gesù Cristo, Speranza dell’umanità! L’esperienza che Cristo non lascia soli i suoi amici, ma li aiuta perché possano vivere felicemente, non deve lasciarci indifferenti nei confronti del nostro prossimo che cerca verità e amore e anela la vita vera. Mostriamo loro la via verso Gesù Cristo che dona la vita in abbondanza. Con gioia vogliamo vivere giorno per giorno la nostra fede e speranza, collaborando a costruire una società fondata sui valori del bene, della giustizia e della fraternità, sull’amore verso Dio e il prossimo. Per questo, Dio ci dia la Sua benedizione.]

[I extend heartfelt greetings to the pilgrims from Germany and Austria. I am glad that you have come here to pray and to celebrate alongside your brothers and sisters in the Czech Republic. Even more than the bonds of neighbourliness, it is faith in Jesus Christ that brings us together and unites us. And today our common witness is more necessary than ever, if we are to proclaim in new and powerful ways the message of salvation: the crucified and risen Lord – Jesus Christ, the hope of humanity! The experience that Christ does not abandon his friends, but helps them to live lives of happiness, must not leave us cold and indifferent towards our fellow men and women who are seeking truth and love and longing for true life. Let us show them the way to Jesus Christ, who gives us life in its fullness. With joy we seek to live day by day from our faith and our hope and we work together in building up a society on the foundations of goodness, justice and fraternity, on love of God and neighbour. May God bless our endeavours.]

Moji milovaní, je pro mě velikou radostí být dnes s vámi zde v Brně, v srdci Moravy. Zdravím také všechny, kteří jsou s námi spojeni sdělovacími prostředky. S láskou pamatuji i na starší osoby, na trpící a na nemocné. Prosím vás všechny o vzpomínku v modlitbě, tak jako já vás ujišťuji svou duchovní blízkostí. Nechť vás všemohoucí Bůh zahrne hojnými nebeskými milostmi a požehnáním!

[Miei cari, è per me una grande gioia essere oggi qui con voi, a Brno, nel cuore della Moravia. Saluto anche quanti sono collegati con noi attraverso i mezzi di comunicazione. In particolare, il mio affettuoso pensiero va alle persone anziane, ai sofferenti e ai malati. Chiedo un ricordo nella preghiera, così come assicuro a voi la mia vicinanza spirituale. Che Dio Onnipotente vi conceda abbondanti grazie celesti e benedizioni.]

[Dear friends, it is a great joy for me to be here with you in Brno, in the heart of Moravia. I also greet those who are following our celebration through the media. In a particular way, I think with affection of the elderly, the suffering and the sick. I ask you to remember me in your prayers, just as I assure you of my own spiritual closeness. May Almighty God grant you abundant heavenly graces and blessings.]

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27/09/2009 17:53

Cristiani uniti in un mondo che cerca di emarginare la fede: così il Papa nell'incontro ecumenico. Il testo integrale del discorso

Nel pomeriggio si è svolto a Praga l’incontro ecumenico: il Papa ha invitato i cristiani a lavorare strenuamente per l’unità, in un mondo che spesso vuole emarginare la fede dalla vita pubblica. In questo contesto ha parlato della necessità di una autocritica dell’età contemporanea e di certo cristianesimo moderno che tendono a ridurre a fatto privato il credere. Non bisogna dimenticare infatti che è grazie alla fede cristiana che in Europa si sono affermati i principi di giustizia e libertà. I cristiani allora non devono essere timidi nell’annunciare il tesoro della fede, bene per tutta la società. Da parte sua il presidente del Consiglio Ecumenico Pavel Cerny ha sottolineato i buoni rapporti tra le varie Chiese cristiane presenti nel Paese. Ecco il testo integrale del discorso del Papa. 

 

Signori Cardinali,

Eccellenze,

fratelli e sorelle in Cristo,

 

ringrazio il Signore Onnipotente per l’opportunità che mi viene data di incontrare voi, che siete i rappresentanti delle diverse comunità Cristiane di questo Paese. Ringrazio il Dottor Černý, Presidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese nella Repubblica Ceca, per le gentili parole di benvenuto che mi ha indirizzato a vostro nome.

 

Cari amici, l’Europa continua ad essere sottoposta a molti cambiamenti. È difficile credere che solo due decenni sono passati da quando il crollo dei precedenti regimi ha dato avvio a una difficile ma produttiva transizione verso strutture politiche più partecipative. In questo periodo, i cristiani si sono uniti assieme ad altri uomini di buona volontà nell'aiutare a ricostruire un ordine politico giusto, e continuano oggi ad impegnarsi nel dialogo per aprire nuove vie verso la comprensione reciproca, la collaborazione in vista della pace e il progresso del bene comune.

 

Ciononostante, stanno emergendo sotto nuove forme tentativi tesi a marginalizzare l’influsso del cristianesimo nella vita pubblica, talora sotto il pretesto che i suoi insegnamenti sono dannosi al benessere della società. Questo fenomeno ci chiede di fermarci a riflettere. Come ho suggerito nella mia Enciclica sulla speranza cristiana, la separazione artificiale del Vangelo dalla vita intellettuale e pubblica dovrebbe condurci ad impegnarci in una reciproca “autocritica dell’età moderna” e “autocritica del cristianesimo moderno”, particolarmente riguardo alla speranza che essi possono offrire all’umanità (cfr Spe salvi, 22). Possiamo chiederci: cosa ha da dire oggi il Vangelo alla Repubblica Ceca e più in generale all’intera Europa, in un periodo segnato dal proliferare di diverse visioni del mondo?

 

Il cristianesimo ha molto da offrire sul piano pratico e morale, poiché il Vangelo non cessa mai di ispirare uomini e donne a porsi al servizio dei loro fratelli e sorelle. Pochi potrebbero contestare ciò. Tuttavia, quanti fissano il loro sguardo su Gesù di Nazareth con occhi di fede sanno che Dio offre una realtà più profonda e nondimeno inseparabile dall’"economia" della carità all’opera in questo mondo (cfr Caritas in veritate, 2): Egli offre la salvezza.

 

Il termine salvezza è ricco di significati, tuttavia esprime qualche cosa di fondamentale ed universale dell’anelito umano verso la felicità e la pienezza. Esso allude al desiderio ardente di riconciliazione e di comunione che spontaneamente sgorga nelle profondità dello spirito umano. È la verità centrale del Vangelo e l’obiettivo verso cui è diretto ogni sforzo di evangelizzazione e di cura pastorale. Ed è il criterio sul quale i cristiani tornano sempre a focalizzarsi, nel loro impegno per sanare le ferite delle divisioni del passato. A tal fine – come il Dr. Černý ha notato – la Santa Sede ha organizzato un Convegno internazionale nel 1999 su Jan Hus per facilitare l’analisi della complessa e travagliata storia religiosa in questa nazione e più in generale in Europa (cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno Internazionale su Giovanni Hus, 1999). Prego perché tali iniziative ecumeniche portino frutto non solo per proseguire il cammino dell’unità dei cristiani, ma per il bene dell’intera società europea.

 

Acquistiamo fiducia sapendo che la proclamazione da parte della Chiesa della salvezza in Gesù Cristo è sempre antica e sempre nuova, imbevuta della saggezza del passato e ricolma di speranza per il futuro. Quando l’Europa si pone in ascolto della storia del cristianesimo, ascolta la sua stessa storia. Le sue nozioni di giustizia, libertà e responsabilità sociale, assieme alle istituzioni culturali e giuridiche stabilite per difendere queste idee e trasmetterle alle generazioni future, sono plasmate dalla sua eredità cristiana. In verità, la memoria del passato anima le sue aspirazioni per il futuro.

 

Ciò spiega perché, in effetti, i cristiani attingano all’esempio di figure come sant’Adalberto e sant’Agnese di Boemia. Il loro impegno per la diffusione del Vangelo fu motivato dalla convinzione che i cristiani non devono ripiegarsi su di sé, timorosi del mondo, ma piuttosto condividere con fiducia il tesoro di verità loro affidato. Allo stesso modo i cristiani di oggi, aprendosi alla situazione attuale e riconoscendo tutto ciò che vi è di buono nella società, devono avere il coraggio di invitare uomini e donne alla radicale conversione che deriva dall’incontro con Cristo e introduce in una nuova vita di grazia.

 

Da questo punto di vista noi comprendiamo più chiaramente perché i cristiani siano tenuti ad unirsi ad altri nel ricordare all’Europa le sue radici. Non perché queste radici siano da tempo avvizzite. Al contrario! È per il fatto che esse continuano – in maniera tenue ma al tempo stesso feconda – a provvedere al Continente il sostegno spirituale e morale che permette di stabilire un dialogo significativo con persone di altre culture e religioni. Proprio perché il Vangelo non è un'ideologia, non pretende di bloccare dentro schemi rigidi le realtà socio politiche che si evolvono. Piuttosto, esso trascende le vicissitudini di questo mondo e getta nuova luce sulla dignità della persona umana in ogni epoca. Cari amici, chiediamo a Dio di infondere in noi uno spirito di coraggio per condividere le verità salvifiche eterne che hanno permesso, e continueranno a permettere, il progresso sociale e culturale di questo Continente.

 

La salvezza operata da Gesù con la sua passione, morte, risurrezione ed ascensione in cielo non solo trasforma noi che crediamo in lui, ma ci spinge a condividere questa Buona Notizia con altri. La nostra capacità di attingere alla verità insegnata da Gesù Cristo, illuminata dai doni dello Spirito di conoscenza, saggezza e intelletto (cfr Is 11,1-2; Es 35,31) ci sproni a lavorare strenuamente in favore dell'unità che Egli desidera per tutti i suoi figli rinati nel Battesimo, e anzi per l’intero genere umano.

 

Con questi sentimenti, e con affetto fraterno per voi e per i membri delle vostre rispettive comunità, esprimo il mio profondo ringraziamento a tutti voi e vi affido a Dio Onnipotente, che è la nostra fortezza, il nostro rifugio e la nostra liberazione (cfr Sal 144,2). Amen!  

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27/09/2009 18:46

Il testo integrale del discorso al mondo accademico

Nell’incontro col mondo accademico nel Castello di Praga il Papa ha ricordato che dal cristianesimo è nata l’università: così, dove si sopprime la dimensione trascendente si soffoca la libertà di ricerca. E’ successo durante il passato regime materialista, e in modo più sottile succede oggi, quando domina una mentalità relativista che in nome di una malintesa tolleranza – che attribuisce in modo indiscriminato uguale valore a tutto - si piega alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di miopi obiettivi utilitaristici. Di qui l’appello del Papa a non separare fede e ragione, le due ali con le quali lo spirito umano è innalzato alla contemplazione della verità.
Ecco il testo integrale del discorso del Papa. 

Signor Presidente,

Illustri Rettori e Professori,

Cari Studenti ed Amici,

 

L’incontro di questa sera mi offre la gradita opportunità di manifestare la mia stima per il ruolo indispensabile che svolgono nella società le università e gli istituti di studi accademici. Ringrazio lo studente che mi ha gentilmente salutato in vostro nome, i membri del coro universitario per la loro ottima interpretazione e l’illustre Rettore dell’Università Carlo, il Professor Václav Hampl, per le sue profonde parole. Il mondo accademico, sostenendo i valori culturali e spirituali della società e insieme offrendo ad essi il proprio contributo, svolge il prezioso servizio di arricchire il patrimonio intellettuale della nazione e di fortificare le fondamenta del suo futuro sviluppo. I grandi cambiamenti che venti anni fa trasformarono la società ceca furono causati, non da ultimo, dai movimenti di riforma che si originarono nelle università e nei circoli studenteschi. Quella ricerca di libertà ha continuato a guidare il lavoro degli studiosi: la loro diakonia alla verità è indispensabile al benessere di qualsiasi nazione.

 

Chi vi parla è stato un professore, attento al diritto della libertà accademica e alla responsabilità per l'uso autentico della ragione, ed ora è il Papa che, nel suo ruolo di Pastore, è riconosciuto come voce autorevole per la riflessione etica dell’umanità. Se è vero che alcuni ritengono che le domande sollevate dalla religione, dalla fede e dall’etica non abbiano posto nell’ambito della ragione pubblica, tale visione non è per nulla evidente. La libertà che è alla base dell'esercizio della ragione – in una università come nella Chiesa – ha uno scopo preciso: essa è diretta alla ricerca della verità, e come tale esprime una dimensione propria del Cristianesimo, che non per nulla ha portato alla nascita dell'università. In verità, la sete di conoscenza dell’uomo spinge ogni generazione ad ampliare il concetto di ragione e ad abbeverarsi alle fonti della fede. È stata proprio la ricca eredità della sapienza classica, assimilata e posta a servizio del Vangelo, che i primi missionari cristiani hanno portato in queste terre e stabilita come fondamento di un’unità spirituale e culturale che dura fino ad oggi. La medesima convinzione condusse il mio predecessore, Papa Clemente VI, ad istituire nel 1347 questa famosa Università Carlo, che continua ad offrire un importante contributo al più vasto mondo accademico, religioso e culturale europeo.

 

L’autonomia propria di una università, anzi di qualsiasi istituzione scolastica, trova significato nella capacità di rendersi responsabile di fronte alla verità. Ciononostante, quell'autonomia può essere resa vana in diversi modi. La grande tradizione formativa, aperta al trascendente, che è all’origine delle università in tutta Europa, è stata sistematicamente sovvertita, qui in questa terra e altrove, dalla riduttiva ideologia del materialismo, dalla repressione della religione e dall’oppressione dello spirito umano. Nel 1989, tuttavia, il mondo è stato testimone in maniera drammatica del rovesciamento di una ideologia totalitaria fallita e del trionfo dello spirito umano.

 

L’anelito per la libertà e la verità è parte inalienabile della nostra comune umanità. Esso non può mai essere eliminato e, come la storia ha dimostrato, può essere negato solo mettendo in pericolo l’umanità stessa. È a questo anelito che cercano di rispondere la fede religiosa, le varie arti, la filosofia, la teologia e le altre discipline scientifiche, ciascuna col proprio metodo, sia sul piano di un’attenta riflessione che su quello di una buona prassi.

Illustri Rettori e Professori, assieme alla vostra ricerca c’è un ulteriore essenziale aspetto della missione dell'università in cui siete impegnati, vale a dire la responsabilità di illuminare le menti e i cuori dei giovani e delle giovani di oggi. Questo grave compito non è certamente nuovo. Sin dai tempi di Platone, l’istruzione non consiste nel mero accumulo di conoscenze o di abilità, bensì in una paideia, una formazione umana nelle ricchezze di una tradizione intellettuale finalizzata ad una vita virtuosa. Se è vero che le grandi università, che nel medioevo nascevano in tutta Europa, tendevano con fiducia all'ideale della sintesi di ogni sapere, ciò era sempre a servizio di un’autentica humanitas, ossia di una perfezione dell'individuo all'interno dell'unità di una società bene ordinata. Allo stesso modo oggi: una volta che la comprensione della pienezza e unità della verità viene risvegliata nei giovani, essi provano il piacere di scoprire che la domanda su ciò che essi possono conoscere dispiega loro l’orizzonte della grande avventura su come debbano essere e cosa debbano compiere.

 

Deve essere riguadagnata l’idea di una formazione integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità. Ciò può contrastare la tendenza, così evidente nella società contemporanea, verso la frammentazione del sapere. Con la massiccia crescita dell’informazione e della tecnologia nasce la tentazione di separare la ragione dalla ricerca della verità. La ragione però, una volta separata dal fondamentale orientamento umano verso la verità, comincia a perdere la propria direzione. Essa finisce per inaridire o sotto la parvenza di modestia, quando si accontenta di ciò che è puramente parziale o provvisorio, oppure sotto l’apparenza di certezza, quando impone la resa alle richieste di quanti danno in maniera indiscriminata uguale valore praticamente a tutto. Il relativismo che ne deriva genera un camuffamento, dietro cui possono nascondersi nuove minacce all'autonomia delle istituzioni accademiche.

 

Se per un verso è passato il periodo di ingerenza derivante dal totalitarismo politico, non è forse vero, dall’altro, che di frequente oggi nel mondo l'esercizio della ragione e la ricerca accademica sono costretti – in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile – a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine o solo pragmatici? Cosa potrà accadere se la nostra cultura dovesse costruire se stessa solamente su argomenti alla moda, con scarso riferimento ad una tradizione intellettuale storica genuina o sulle convinzioni che vengono promosse facendo molto rumore e che sono fortemente finanziate? Cosa potrà accadere se, nell’ansia di mantenere una secolarizzazione radicale, finisse per separarsi dalle radici che le danno vita? Le nostre società non diventeranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno inclusive, e dovranno faticare sempre di più per riconoscere quello che è vero, nobile e buono.

 

Cari amici, desidero incoraggiarvi in tutto quello che fate per andare incontro all’idealismo e alla generosità dei giovani di oggi, non solo con programmi di studio che li aiutino ad eccellere, ma anche mediante l’esperienza di ideali condivisi e di aiuto reciproco nella grande impresa dell’apprendere. Le abilità di analisi e quelle richieste per formulare un’ipotesi scientifica, unite alla prudente arte del discernimento, offrono un antidoto efficace agli atteggiamenti di ripiegamento su se stessi, di disimpegno e persino di alienazione che talvolta si trovano nelle nostre società del benessere e che possono colpire soprattutto i giovani.

 

In questo contesto di una visione eminentemente umanistica della missione dell’università, vorrei accennare brevemente al superamento di quella frattura tra scienza e religione che fu una preoccupazione centrale del mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II.

 

Egli, come sapete, ha promosso una più piena comprensione della relazione tra fede e ragione, intese come le due ali con le quali lo spirito umano è innalzato alla contemplazione della verità (cfr Fides et ratio, Proemio) L’una sostiene l'altra ed ognuna ha il suo proprio ambito di azione (cfr ibid., 17), nonostante vi siano ancora quelli che vorrebbero disgiungere l’una dall’altra. Coloro che propongono questa esclusione positivistica del divino dall'universalità della ragione non solo negano quella che è una delle più profonde convinzioni dei credenti: essi finiscono per contrastare proprio quel dialogo delle culture che loro stessi propongono. Una comprensione della ragione sorda al divino, che relega le religioni nel regno delle subculture, è incapace di entrare in quel dialogo delle culture di cui il nostro mondo ha così urgente bisogno. Alla fine, la "fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà" (Caritas in veritate, 9). Questa fiducia nella capacità umana di cercare la verità, di trovare la verità e di vivere secondo la verità portò alla fondazione delle grandi università europee. Certamente noi dobbiamo riaffermare questo oggi per donare al mondo intellettuale il coraggio necessario per lo sviluppo di un futuro di autentico benessere, un futuro veramente degno dell’uomo.

Con queste riflessioni, cari amici, formulo nella preghiera i migliori auspici per il vostro impegnativo lavoro. Prego affinché esso sia sempre ispirato e diretto da una sapienza umana che ricerca sinceramente la verità che ci rende liberi (cfr 8,28). Su di voi e sulle vostre famiglie invoco la benedizione della gioia e della pace di Dio.

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Preghiera al “Gesù Bambino di Praga”: “Proteggi le nostre famiglie, benedici tutti i bambini del mondo…”
(Preghiera al “Gesù Bambino di Praga” nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria di Praga, 26 settembre 2009)

PREGHIERA AL “GESU’ BAMBINO DI PRAGA”

(Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Praga)

Signore Gesù,

noi ti vediamo bambino
e crediamo che tu sei il Figlio di Dio,
fatto uomo per opera dello Spirito Santo
nel grembo della Vergine Maria.
Come a Betlemme
anche noi con Maria, Giuseppe,
gli Angeli e i pastori
ti adoriamo e ti riconosciamo
nostro unico Salvatore.
Ti sei fatto povero
per farci ricchi con la tua povertà:
concedi a noi di non dimenticarci mai
dei poveri e di tutti coloro che soffrono.
Proteggi le nostre famiglie,
benedici tutti i bambini del mondo
e fa’ che regni sempre tra noi
l’amore che tu ci hai portato
e che rende piu` felice la vita.
Dona a tutti, o Gesù,
di riconoscere la verità del tuo Natale
perche´ tutti sappiano
che tu sei venuto a portare
all’intera famiglia umana
la luce, la gioia e la pace.
Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre,
nell’unita` dello Spirito Santo,
pertutti i secoli dei secoli.

C. Amen.

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28/09/2009 11:06

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Il Papa: "Buono ed onesto è colui che non copre con il suo io la luce di Dio, non mette davanti se stesso, ma lascia trasparire Dio..."


OMELIA DEL SANTO PADRE

Omelia del Papa per la Messa nella ricorrenza liturgica di San Venceslao


Nella Spianata sulla Via di Melnik a Stará Boleslav

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,
cari giovani
,

con grande gioia vi incontro questa mattina, mentre si va concludendo il mio viaggio apostolico nell’amata Repubblica Ceca. A tutti rivolgo il mio cordiale saluto, in modo particolare al Cardinale Arcivescovo, al quale sono grato per le parole che mi ha indirizzato a nome vostro, all’inizio della celebrazione eucaristica.
Il mio saluto si estende agli altri Cardinali, ai Vescovi, ai sacerdoti e alle persone consacrate, ai rappresentanti dei movimenti e delle associazioni laicali e specialmente ai giovani. Saluto con deferenza il Signor Presidente della Repubblica, al quale presento un cordiale augurio in occasione della sua festa onomastica; augurio che mi piace indirizzare a coloro che portano il nome di Venceslao, e all’intero popolo ceco nel giorno della sua festa nazionale.

Questa mattina ci riunisce attorno all’altare il ricordo glorioso del martire san Venceslao, del quale ho potuto venerare la reliquia, prima della Santa Messa, nella Basilica a lui dedicata. Egli ha versato il sangue sulla vostra Terra e la sua aquila da voi scelta come stemma dell’odierna visita – lo ha ricordato poco fa il vostro Cardinale Arcivescovo - costituisce l’emblema storico della nobile Nazione ceca. Questo grande Santo, che voi amate chiamare "eterno" Principe dei Cechi, ci invita a seguire sempre e fedelmente Cristo, ci invita ad essere santi. Egli stesso è modello di santità per tutti, specialmente per quanti guidano le sorti delle comunità e dei popoli.

Ma ci chiediamo: ai nostri giorni la santità è ancora attuale? O non è piuttosto un tema poco attraente ed importante? Non si ricercano oggi più il successo e la gloria degli uomini? Quanto dura, però, e quanto vale il successo terreno?

Il secolo passato – e questa vostra Terra ne è stata testimone - ha visto cadere non pochi potenti, che parevano giunti ad altezze quasi irraggiungibili. All’improvviso si sono ritrovati privi del loro potere.

Chi ha negato e continua a negare Dio e, di conseguenza, non rispetta l’uomo, sembra avere vita facile e conseguire un successo materiale. Ma basta scrostare la superficie per costatare che, in queste persone, c’è tristezza e insoddisfazione. Solo chi conserva nel cuore il santo "timore di Dio" ha fiducia anche nell’uomo e spende la sua esistenza per costruire un mondo più giusto e fraterno.

C’è oggi bisogno di persone che siano "credenti" e "credibili", pronte a diffondere in ogni ambito della società quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione. Questa è la santità, vocazione universale di tutti i battezzati, che spinge a compiere il proprio dovere con fedeltà e coraggio, guardando non al proprio interesse egoistico, bensì al bene comune, e ricercando in ogni momento la volontà divina.

Nella pagina evangelica abbiamo ascoltato, al riguardo, parole assai chiare: "Quale vantaggio – afferma Gesù - avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?" (Mt 16,26). Ci stimola così a considerare che il valore autentico dell’esistenza umana non è commisurato solo su beni terreni e interessi passeggeri, perché non sono le realtà materiali ad appagare la sete profonda di senso e di felicità che c’è nel cuore di ogni persona. Per questo Gesù non esita a proporre ai suoi discepoli la via "stretta" della santità: "Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (v. 25). E con decisione ci ripete questa mattina: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (v. 24). Certamente è un linguaggio duro, difficile da accettare e mettere in pratica, ma la testimonianza dei Santi e delle Sante assicura che è possibile a tutti, se ci si fida e ci si affida a Cristo.

Il loro esempio incoraggia chi si dice cristiano ad essere credibile, cioè coerente con i principi e la fede che professa. Non basta infatti apparire buoni ed onesti; occorre esserlo realmente. E buono ed onesto è colui che non copre con il suo io la luce di Dio, non mette davanti se stesso, ma lascia trasparire Dio.

Questa è la lezione di vita di san Venceslao, che ebbe il coraggio di anteporre il regno dei cieli al fascino del potere terreno. Il suo sguardo non si staccò mai da Gesù Cristo, il quale patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme, come scrive san Pietro nella seconda lettura poc’anzi proclamata. Quale docile discepolo del Signore, il giovane sovrano Venceslao si mantenne fedele agli insegnamenti evangelici che gli aveva impartito la santa nonna, la martire Ludmilla. Seguendoli, ancor prima di impegnarsi nel costruire una convivenza pacifica all’interno della Patria e con i Paesi confinanti, si adoperò per propagare la fede cristiana, chiamando sacerdoti e costruendo chiese. Nella prima "narrazione" paleoslava si legge che "soccorreva i ministri di Dio e abbellì anche molte chiese" e che "beneficava i poveri, vestiva gli ignudi, dava da mangiare agli affamati, accoglieva i pellegrini, proprio come vuole il Vangelo.

Non tollerava che si facesse ingiustizia alle vedove, amava tutti gli uomini, poveri o ricchi che fossero". Imparò dal Signore ad essere "misericordioso e pietoso" (Salmo respon.) ed animato da spirito evangelico giunse a perdonare persino il fratello, che aveva attentato alla sua vita. Giustamente, pertanto, lo invocate come "Erede" della vostra Nazione, e, in un canto a voi ben noto, gli domandate di non permettere che essa perisca.

Venceslao è morto martire per Cristo. E’ interessante notare che il fratello Boleslao riuscì, uccidendolo, ad impadronirsi del trono di Praga, ma la corona che in seguito si imponevano sulla testa i suoi successori non portava il suo nome. Porta invece il nome di Venceslao, a testimonianza che "il trono del re che giudica i poveri nella verità resterà saldo in eterno" (cfr l’odierno Ufficio delle letture).

Questo fatto viene giudicato come un meraviglioso intervento di Dio, che non abbandona i suoi fedeli: "l’innocente vinto vinse il crudele vincitore similmente a Cristo sulla croce" (cfr La leggenda di san Venceslao), ed il sangue del martire non ha chiamato odio e vendetta, bensì perdono e pace.

Cari fratelli e sorelle, ringraziamo insieme, in questa Eucaristia, il Signore per aver donato alla vostra Patria e alla Chiesa questo Santo sovrano. Preghiamo al tempo stesso perché, come lui, anche noi camminiamo con passo spedito verso la santità. E’ certamente difficile, poiché la fede è sempre esposta a molteplici sfide, ma quando ci si lascia attrarre da Dio che è Verità, il cammino si fa deciso, perché si sperimenta la forza del suo amore. Ci ottenga questa grazia l’intercessione di san Venceslao e degli altri Santi protettori delle Terre Ceche. Ci protegga e ci assista sempre Maria, Regina della pace e Madre dell’Amore. Amen.

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Il Papa ai giovani cechi: "Il Signore viene incontro a ciascuno di voi. Bussa alla porta della vostra libertà e chiede di essere accolto come amico"


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009), 28.09.2009

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI GIOVANI PRESENTI A STARÁ BOLESLAV

Al termine della Santa Messa Stará Boleslav, il Papa si rivolge ai giovani che ieri sera hanno compiuto un pellegrinaggio sul luogo del martirio di San Venceslao e che hanno pernottato sulla spianata lungo la via di Melnik in attesa della celebrazione odierna. Dopo il saluto di un ragazzo, il Santo Padre rivolge ai giovani il seguente Messaggio:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Milí mladí přátelé!

Na konci této slavnosti se obracím přímo na vás a především vás upřímně zdravím.

[Cari giovani!
Al termine di questa celebrazione, mi rivolgo direttamente a voi e innanzitutto vi saluto con affetto.]

Siete venuti numerosi da tutto il Paese e anche dai Paesi vicini; vi siete "accampati" qui ieri sera e avete pernottato nelle tende, facendo insieme un’esperienza di fede e di fraternità. Grazie per questa vostra presenza, che mi fa sentire l’entusiasmo e la generosità che sono propri della giovinezza.

Con voi anche il Papa si sente giovane!

Un ringraziamento particolare rivolgo al vostro rappresentante per le sue parole.

Cari amici, non è difficile costatare che in ogni giovane c’è un’aspirazione alla felicità, talvolta mescolata ad un senso di inquietudine; un’aspirazione che spesso però l’attuale società dei consumi sfrutta in modo falso e alienante. Occorre invece valutare seriamente l’anelito alla felicità che esige una risposta vera ed esaustiva.

Nella vostra età infatti si compiono le prime grandi scelte, capaci di orientare la vita verso il bene o verso il male. Purtroppo non sono pochi i vostri coetanei che si lasciano attrarre da illusori miraggi di paradisi artificiali per ritrovarsi poi in una triste solitudine. Ci sono però anche tanti ragazzi e ragazze che vogliono trasformare, come ha detto il vostro portavoce, la dottrina nell’azione per dare un senso pieno alla loro vita.

Vi invito tutti a guardare all’esperienza di sant’Agostino, il quale diceva che il cuore di ogni persona è inquieto fino a quando non trova ciò che veramente cerca. Ed egli scoprì che solo Gesù Cristo era la risposta soddisfacente al desiderio, suo e di ogni uomo, di una vita felice, piena di significato e di valore (cfr Confessioni I,1,1).

Come ha fatto con Agostino, il Signore viene incontro a ciascuno di voi. Bussa alla porta della vostra libertà e chiede di essere accolto come amico. Vi vuole rendere felici, riempirvi di umanità e di dignità.

La fede cristiana è questo: l’incontro con Cristo, Persona viva che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. E quando il cuore di un giovane si apre ai suoi divini disegni, non fa troppa fatica a riconoscere e seguire la sua voce. Il Signore infatti chiama ciascuno per nome e ad ognuno vuole affidare una specifica missione nella Chiesa e nella società.

Cari giovani, prendete consapevolezza che il Battesimo vi ha resi figli di Dio e membri del suo Corpo che è la Chiesa. Gesù vi rinnova costantemente l’invito ad essere suoi discepoli e suoi testimoni. Molti di voi li chiama al matrimonio e la preparazione a questo Sacramento costituisce un vero cammino vocazionale. Considerate allora seriamente la chiamata divina a costituire una famiglia cristiana e la vostra giovinezza sia il tempo in cui costruire con senso di responsabilità il vostro futuro. La società ha bisogno di famiglie cristiane, di famiglie sante!

Se poi il Signore vi chiama a seguirlo nel sacerdozio ministeriale o nella vita consacrata, non esitate a rispondere al suo invito. In particolare,
in quest’Anno Sacerdotale, mi appello a voi, giovani: siate attenti e disponibili alla chiamata di Gesù ad offrire la vita al servizio di Dio e del suo popolo. La Chiesa, anche in questo Paese, ha bisogno di numerosi e santi sacerdoti e di persone totalmente consacrate al servizio di Cristo, Speranza del mondo.

La speranza! Questa parola, su cui torno spesso, si coniuga bene con giovinezza. Voi, cari giovani, siete la speranza della Chiesa!

Essa attende che voi vi facciate messaggeri della speranza, com’è avvenuto l’anno scorso, in
Australia, per la Giornata Mondiale della Gioventù, grande manifestazione di fede giovanile, che ho potuto vivere personalmente e alla quale alcuni di voi hanno preso parte. Molti di più potrete venire a Madrid, nell’agosto 2011. Vi invito fin da ora a questo grande raduno dei giovani con Cristo nella Chiesa.
Cari amici, grazie ancora per la vostra presenza e grazie per il vostro dono: il libro con le foto che raccontano la vita dei giovani nelle vostre diocesi. Grazie anche per il segno della vostra solidarietà verso i giovani dell’Africa, che mi avete voluto consegnare.

Il Papa vi chiede di vivere con gioia ed entusiasmo la vostra fede; di crescere nell’unità tra di voi e con Cristo; di pregare e di essere assidui nella pratica dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia e della Confessione; di curare la vostra formazione cristiana rimanendo sempre docili agli insegnamenti dei vostri Pastori.

Vi guidi su questo cammino san Venceslao con il suo esempio e la sua intercessione, e sempre vi protegga la Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. Vi benedico tutti con affetto!

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Il Papa: "Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità, allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto" (Discorso di congedo)

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NELLA REPUBBLICA CECA (26-28 SETTEMBRE 2009), 28.09.2009

Signor Presidente,
Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Eccellenze, Signori e Signore
!

Nel momento di prendere congedo, desidero ringraziarvi per la vostra generosa ospitalità durante la mia breve permanenza in questo splendido Paese.
Sono particolarmente grato a Lei, Signor, Presidente, per le Sue parole e per il tempo trascorso nella Sua residenza.
In questa festa di San Venceslao, protettore e patrono del Suo Paese, mi permetta ancora una volta di porgerLe i più vivi auguri di buon onomastico. Essendo anche l’onomastico di Sua Eccellenza Mons. Václav Malý, rivolgo anche a lui il mio augurio e desidero ringraziarlo per l’alacre lavoro svolto per coordinare l’organizzazione della mia visita pastorale nella Repubblica Ceca.
Sono profondamente grato al Cardinale Vlk, a Sua Eccellenza Mons. Graubner e a tutti coloro che si sono prodigati per assicurare l’ordinato svolgimento dei vari incontri e celebrazioni. Naturalmente includo nei miei ringraziamenti le autorità, i mezzi di comunicazione e i molti volontari che hanno aiutato nel regolare l’afflusso della gente e tutti i fedeli che hanno pregato perché questa visita portasse buoni frutti alla nazione ceca e alla Chiesa in questa regione.
Conserverò la memoria dei momenti di preghiera che ho potuto trascorrere insieme con i Vescovi, i sacerdoti e i fedeli di questo Paese.
È stato specialmente commovente, questa mattina,
celebrare la Messa a Stará Boleslav, luogo del martirio del giovane duca Venceslao, e venerarlo presso la sua tomba sabato sera, all’interno della maestosa Cattedrale che domina il panorama di Praga.
Ieri in Moravia, dove i Santi Cirillo e Metodio diedero il via alla loro missione apostolica, ho potuto riflettere, in orante rendimento di grazie, sulle origini del cristianesimo in questa regione ed, effettivamente, in tutte le terre slave. La Chiesa in questo Paese è stata veramente benedetta con una straordinaria schiera di missionari e di martiri, come anche di santi contemplativi, tra i quali vorrei in particolare ricordare Sant’Agnese di Boemia, la cui canonizzazione, proprio venti anni fa, fu messaggera della liberazione di questo Paese dall’oppressione atea.
Il mio
incontro di ieri con i rappresentanti delle altre comunità cristiane mi ha confermato l’importanza del dialogo ecumenico in questa terra che ha assai sofferto per le conseguenze della divisione religiosa al tempo della guerra dei Trent’anni.
Molto è già stato fatto per sanare le ferite del passato, e sono stati intrapresi dei passi decisivi sul cammino della riconciliazione e della vera unità in Cristo.
Nell’edificare ulteriormente queste solide fondamenta, la comunità accademica ha un importante ruolo da svolgere, mediante una ricerca della verità senza compromessi.
È stato un piacere per me avere l’opportunità di
incontrarmi ieri con i rappresentanti delle università di questo Paese e di esprimere il mio apprezzamento per la nobile missione a cui essi hanno dedicato la vita.
Sono stato particolarmente felice di
incontrare i giovani e di incoraggiarli a costruire sulle migliori tradizioni del passato di questa nazione, in particolar modo sulla eredità cristiana. Secondo un detto attribuito a Franz Kafka, “Chi mantiene la capacità di vedere la bellezza non invecchia mai” (Gustav Janouch, Conversazioni con Kafka).

Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità, allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto.

Signor Presidente, cari amici: ancora una volta esprimo il mio grazie, promettendo di ricordarvi nelle mie preghiere e di portarvi nel mio cuore. Dio benedica la Repubblica Ceca! Il Bambino Gesù di Praga continui a ispirare e guidare Lei e tutte le famiglie della nazione! Dio benedica tutti voi!

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