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San Paolo, san Bonaventura e Joseph Ratzinger

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2009 08:18
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San Paolo, san Bonaventura e Joseph Ratzinger

di Pietro Messa, ofm*

 ROMA, giovedì, 25 giugno 2009 (ZENIT.org).-

Nel Prologo dell’Itinerarium mentis in Deum, dopo aver innalzato la preghiera all’eterno Padre della luce affinché ci illumini sulla via della pace, Bonaventura prosegue: «Poiché dunque, seguendo l’esempio del beatissimo padre Francesco, questa pace cercavo con spirito ardente, io peccatore che, benché indegno, sono il settimo suo successore nel governo dell’Ordine, accadde che trentatrè anni dopo la sua morte, mi recai per volere divino sul monte della Verna, come a un quieto rifugio ove cercare la pace dello spirito; e là, mentre meditavo sulle possibilità dell’anima di ascendere a Dio, mi si presentò, tra l’altro, quell’evento mirabile occorso in quel luogo al beato Francesco, cioè alla visione del Serafino alato in forma di Crocifisso. E su ciò stavo meditando, subito mi avvidi che tale visione mi offriva l’estasi contemplativa del medesimo padre Francesco e insieme la via che ad essa conduce».

Certamente i numeri indicati sono in contemporanea dati storici, ma anche dal forte significato teologico; considerando che san Francesco è morto nel 1226 e che Bonaventura sale a la Verna trentatrè anni dopo, si deduce che egli ha scritto l’Itinerarium mentis in Deum nel 1259, ossia due anni dopo la sua elezione a ministro generale ad opera del capitolo di Roma del 1257.

Quindi quest’anno ci troviamo nel 750 anniversario della composizione di tale testo. Proprio per tale motivo è stato organizzato un incontro, distinto in due sessioni (Santuario La Verna il 26 settembre e Antonianum di Roma il 27 ottobre 2009), su come quest’opera bonaventuriana è stata recepita da alcuni teologi e filosofi del secolo XX in modo da cogliere la posterità del pensiero di Bonaventura nel secolo che ci ha preceduto. Dei teologi che saranno presi in considerazione certamente quello che desta più interesse è Joseph Ratzinger, sia perché oggi, divenuto papa Benedetto XVI, la comprensione dei suoi studi su Bonaventura è essenziale per comprendere il suo pensiero, ma anche perchè egli ha approfondito la teologia della storia bonaventuriana, un sistema complesso che ha visto la convergenza di più correnti di pensiero, tra cui quella gioacchimita, non sempre facile da decifrare. Joseph Ratzinger nel suo studio sulla teologia della storia in san Bonaventura fa riferimento soprattutto alle Collationes in Hexaëmeron, abbondantemente citate. Tuttavia vi sono rimandi anche ad altre opere bonaventuriane, tra cui anche all’Itinerarium mentis in Deum.

Così, nel capitolo secondo, dedicato a descrivere “Il contenuto della speranza di salvezza in Bonaventura” indica pax e revelatio come i beni salvifici del tempo ultimo. Dopo aver affermato che «il vero contenuto di questo tempo di salvezza viene riassunto nella parola “pace”» egli cerca le fonti di questa convinzione bonaventuriana e tra le altre indica «la posizione dominante che lo stesso Francesco aveva riservato nel suo ordine al saluto e al messaggio di pace». In nota Ratzinger ricorda che «Bonaventura pone un particolare accento su questo tratto fondamentale del messaggio di Francesco» nell’Itinerarium mentis in Deum, riportando un brano del Prologo: «pace che predicò e donò Cristo nostro Signore, di cui fu apostolo il nostro padre Francesco, che l’annunziava al principio e alla fine di ogni discorso, l’augurava in ogni saluto, e in ogni contemplazione sospirava alla pace dell’estasi, quasi concittadino della Gerusalemme perfetta. Di questa pace parla quell’uomo pacifico che si conservava in pace anche con quanti la pace odiavano.

Chiedete quanto arreca pace a Gerusalemme. Egli ben sapeva che il trono di Salomone è fondato sulla pace, come è scritto: La sua sede è nella pace, e in Sion è la sua dimora».

Sempre nel capitolo, Ratzinger evidenzia la presenza della teologia di Dionigi l’Areopagita nelle opere bonaventuriane, facendo notare come «la teologia dionisiana di Bonaventura culmini sempre più nel concetto di rivelazione, con il quale originariamente non ha nulla a che fare, che contribuisce infine a crearne l’impronta essenziale». Infatti «per il Dottore Serafico erano sempre esistiti motivi sufficienti per aderire ad una dottrina che, quale sommo vertice dello slancio creaturale verso Dio, insegnasse un contatto con questo Dio in modo completamente non cognitivo e superintellettuale». Continuando afferma: «A questo si aggiunge ancora un altro processo che assicura a quello appena descritto la sua piena portata: dapprima nell’Itinerarium mentis in Deum e poi ancora con nuova enfasi nell’Hexaëmeron questo contatto mistico viene indicato come “rivelazione”».

Il rimando in nota è al capitolo conclusivo dell’Itinerarium mentis in Deum: «In questa ascesa, perché sia perfetta, è necessario che si abbandonino tutte le operazioni dell’intelletto, e che l’apice dell’affetto sia segretissimo, che non lo può conoscere chi non lo sperimenta, e non lo riceve se non chi lo desidera, né lo desidera se non colui che il fuoco dello Spirito Santo, che Cristo mandò sulla terra, profondamente infiamma. Per questo l’Apostolo dice che questa sapienza mistica è stata rivelata per mezzo dello Spirito Santo». Bonaventura conclude questo brano rinviando a quanto affermato da san Paolo in 1Cor 2,10ss.

Nel paragrafo conclusivo del capitolo secondo, Ratzinger illustra «la sintesi decisiva a partire dalla quale si costruisce la speranza escatologica della rivelazione in Bonaventura e il concetto di rivelazione che ne costituisce la base». Prima di tutto mostra come Bonaventura ha trasformato in senso storico la concezione cosmica delle gerarchie di Dionigi; successivamente ha mostrato che a questo sviluppo storico-gerarchico «corrisponde anche uno sviluppo della conoscenza di fede fino alla forma suprema di un contatto con Dio super-intellettuale e affettivo-mistico». Secondo Ratzinger «il concetto che sostiene e fonda questa sintesi complessa mi pare essere quello dei Serafini.

La visione di San Francesco, al quale Cristo crocifisso apparve nella figura di un Serafino, non ha più abbandonato san Bonaventura dopo il suo ritiro sul monte della Verna. Allo spirito del teologo in meditazione doveva infatti apparire indubitabile che in questa visione si annunciasse l’essenza dell’esperienza piena di mistero: il modo di cogliere Dio si è qui realizzato al supremo livello dell’amore, al livello dei Serafini. Come le stigmate, dunque, attestavano l’identità del Poverello quale “angelus cum signo Dei vivi”, allo stesso modo l’apparizione del Signore nella figura del Serafino, indicava la collocazione gerarchica di Francesco e la sua ora storica; egli doveva coseguentemente appartenere alla Chiesa serafica del tempo ultimo. Nella strana duplice figura di quella visione si cela dunque già la sintesi comprendente il pensiero delle gerarchie, la mistica e la storia, con cui Bonaventura tentava di dominare l’eredità teologica e religiosa del suo tempo».

Nel momento che Ratzinger accenna al ritiro di Bonaventura a la Verna, rimanda in nota al Prologo dell’Itinerarium mentis in Deum. Continuando Bonaventura spiega il perché del forte significato simbolico del Serafino apparso a san Francesco: «Le sei ali del Serafino, infatti, possono ben simboleggiare i sei gradi dell’illuminazione, attraverso i quali l’anima, come per gradini o vie, si dispone a salire al godimento della pace nei rapimenti estatici della sapienza cristiana. Per questa via non si va se non sospinti dall’ardentissimo amore del crocifisso che rapì Paolo al terzo cielo, trasformandolo al punto che esclamò: Con Cristo sono confitto in croce. Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. Questo amore assorbì la mente di Francesco al punto che ciò che era nella mente si manifestò nella carne, portando per due anni impresse nel corpo, fino alla morte, le sacre stimmate della Passione. Dunque, la visione delle sei ali del Serafino suggerisce le sei illuminazioni ascendenti, che partono dalle creature e conducono fino a Dio, nel quale nessuno penetra rettamente se non tramite il Crocifisso».

Come si vede il rimando è a san Paolo, rapito fino al terzo cielo, e trasformato in Cristo, come dice sempre l’Apostolo in un testo che può essere definito come il più grande della mistica cristiana: Christo confixus sum cruci, iam non ego; vivit vero in me Christus. Lo stesso passo paolino Bonaventura lo usa all’inizio del capitolo XIV della Vita beati Francisci in cui narra la morte del santo: «Francesco, ormai confitto nella carne e nello spirito con Cristo alla Croce, non solo ardeva di amore serafico verso Dio, ma era anche assetato, con Cristo crocifisso, della salvezza degli uomini». Tuttavia Bonaventura non è il primo ad applicare Gal 2,19-20 a san Francesco; infatti egli si pone in quella che ormai era diventato un patrimonio dell’agiografia francescana diffusa anche mediante l’iconografia francescana.

Ratzinger nel Prologo dell’Itinerarium si sofferma soltanto sulla figura del Serafino alato in forma di Crocifisso e la sua importanza nel pensiero bonaventuriano, ma tale brano è pienamente comprensibile soltanto se si completa con quello successivo in cui il riferimento è proprio Paolo apostolo. Infatti nella spiegazione dell’evento della Verna, Bonaventura non solo attinge abbondantemente dagli scritti paolini, ma l’esperienza stessa di san Paolo rapito al terzo cielo è presa come riferimento per comprendere ciò che avvenne a san Francesco quando gli apparve il serafino.

Sarà a conclusione dei Miracoli, posti al termine della Vita beati Francisci, che Bonaventura sintetizzerà la sua lettura teologica della vita del Santo d’Assisi con un intreccio di citazioni bibliche – soprattutto paoline – in cui l’Itinerarium mentis in Deum, denominato anche Speculatio pauperis in deserto, fa come da sfondo: «Indubbiamente, questo mistero grande e mirabile della croce, nel quale sono nascosti così profondamente da risultare nascosti ai sapienti e ai prudenti di questo mondo i carismi della grazia, i meriti delle virtù, i tesori della sapienza e della conoscenza, fu svelato in tutta la sua pienezza a questo piccolino di Cristo, tanto tutta la sua vita non fu che seguire sempre e solo le vestigia della croce, gustarne la dolcezza, predicarne la gloria. Perciò egli ha potuto dire veramente con l’Apostolo, all'inizio della sua conversione: “Quanto a me invece non vi sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Con non minor verità ha potuto ripetere, nello svolgimento della sua vita: “E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia”.

E con pienezza di verità, nel compimento della sua vita terrena, ha potuto soggiungere: “Io porto le stigmate del Signore Gesù nel mio corpo!”. Ma noi desideriamo sentire ogni giorno da lui anche queste parole: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia col vostro spirito, fratelli. Amen”. Gloriati, dunque, ormai sicuro, nella gloria della croce, o glorioso alfiere di Cristo; tu che, cominciando dalla croce, sei progredito seguendo la regola della croce e nella croce hai portato a compimento la tua opera. Gloriati, dunque ora che prendendo a testimonio la croce, manifesti a tutti i fedeli quanto è grande la tua gloria nel cielo. Ormai ti seguano sicuri coloro che escono dall'Egitto: la forza del legno della croce di Cristo farà dividere davanti a loro il mare ed essi passeranno il deserto, e traghettato il Giordano di questa vita mortale e, sorretti dalla meravigliosa potenza della croce, entreranno nella terra promessa dei viventi. Che qui ci introduca il vero condottiero e salvatore dei popoli, Gesù Cristo crocifisso, per i meriti del suo servo Francesco, a lode e gloria di Dio uno e trino; che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen».

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*Padre Pietro Messa è Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma
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A 750 anni dall’Itinerarium mentis in Deum di san Bonaventura

di padre Pietro Messa, ofm*
ROMA, martedì, 22 settembre 2009 (ZENIT.org).-

Nel 1257 Bonaventura da Bagnoregio al Capitolo Generale svoltosi presso il Convento dell’Aracoeli in Roma venne eletto ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori. Pur essendo nato a Bagnoregio, nell’Italia Centrale, di fatto crebbe e studiò a Parigi, per questo una volta eletto sentì il bisogno di visitare i luoghi santificati dalla presenza di san Francesco. Nel settembre 1259 si trovò a la Verna, in Toscana, ossia nel luogo in cui il Santo di Assisi ricevette le stimmate.
Proprio meditando tale evento in cui dopo la visione di un Serafino in forma di crocifisso nel corpo di san Francesco rimasero impresse le stimmate, Bonaventura elaborò e in seguito scrisse una delle sue opere principali, ossia l’Itinerarium mentis in Deum, in cui narra come l’uomo, prevenuto dalla grazia di Dio, possa passare dalle realtà esteriori, a quelle interiori, a quelle superiori.

Il significato di tale opera è stato ribadito anche da Benedetto XVI nella sua visita di Domenica 6 settembre proprio a Bagnoregio in onore di san Bonaventura. Egli, che ha scritto la sua tesi di abilitazione all’insegnamento proprio su san Bonaventura (cfr. Joseph Ratzinger, San Bonaventura. La teologia della storia, Edizioni Porziuncola, Assisi 2008), così ha citato l’Itinerarium mentis in Deum:

Traccia Bonaventura un percorso di fede impegnativo, nel quale non basta “la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata” (Itinerarium mentis in Deum, prol. 4). Questo cammino di purificazione coinvolge tutta la persona per arrivare, attraverso Cristo, all’amore trasformante della Trinità. E dato che Cristo, da sempre Dio e per sempre uomo, opera nei fedeli una creazione nuova con la sua grazia, l’esplorazione della presenza divina diventa contemplazione di Lui nell’anima “dove Egli abita con i doni del suo incontenibile amore” (ibid. IV,4), per essere alla fine trasportati in Lui. La fede è pertanto perfezionamento delle nostre capacità conoscitive e partecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso e del mondo; la speranza l’avvertiamo come preparazione all’incontro con il Signore, che segnerà il pieno compimento di quell’amicizia che fin d’ora ci lega a Lui. E la carità ci introduce nella vita divina, facendoci considerare fratelli tutti gli uomini, secondo la volontà del comune Padre celeste.

Oltre che cercatore di Dio, san Bonaventura fu serafico cantore del creato, che, alla sequela di san Francesco, apprese a “lodare Dio in tutte e per mezzo di tutte le creature”, nelle quali “risplendono l’onnipotenza, la sapienza e la bontà del Creatore” (ibid. I,10). San Bonaventura presenta del mondo, dono d’amore di Dio agli uomini, una visione positiva: riconosce nel mondo il riflesso della somma Bontà e Bellezza che, sulla scia di sant’Agostino e san Francesco, afferma essere Dio stesso. Tutto ci è stato dato da Dio. Da Lui, come da fonte originaria, scaturisce il vero, il bene e il bello. Verso Dio, come attraverso i gradini di una scala, si sale sino a raggiungere e quasi afferrare il Sommo Bene e in Lui trovare la nostra felicità e la nostra pace. Quanto sarebbe utile che anche oggi si riscoprisse la bellezza e il valore del creato alla luce della bontà e della bellezza divine! In Cristo, l’universo stesso, nota san Bonaventura, può tornare ad essere voce che parla di Dio e ci spinge ad esplorarne la presenza; ci esorta ad onorarlo e glorificarlo in tutte le cose (cfr ibid. I,15). Si avverte qui l’animo di san Francesco, di cui il nostro Santo condivise l’amore per tutte le creature (Benedetto XVI, Discorso a Bagnoregio, domenica 6 settembre 2009).

Tenendo conto di tutto ciò il Santuario La Verna, la Provincia Toscana dei Frati Minori, in collaborazione con la Facoltà di Filosofia e Teologia e la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum ha organizzato un incontro di studio dal titolo San Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum: la ricezione nel secolo XX. Incontro di studio in occasione del 750 anniversario dell’Itinerarium (1259-2009).

La prima sessione si terrà a la Verna il 26 settembre e interverranno: A. Bellandi, La presenza dell’Itinerarium mentis in Deum negli studi inerenti san Bonaventura di Joseph Ratzinger; P. Martinelli, L’Itinerarium mentis in Deum nella teologia di Hans Urs von Balthasar; presiede il prof. B. Faes De Mottoni.La seconda sessione si svolgerà presso la Pontificia Università Antonianum e vedrà gli interventi di S. Zucal, San Bonaventura nella formazione del pensiero di Romano Guardini con riferimento all’Itinerarium mentis in Deum; S. Oppes, Gli studi di Luigi Stefanini su l’Itinerarium mentis in Deum; presiede il prof. P. Messa.


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* Padre Pietro Messa è Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma

Per informazioni
Santuario La Verna

Via del Santuario

52010 Verna – Arezzo

tel: 0575.5341 – fax: 0575.599320

e-mail: la.verna@libero.it - segreteria@ofmtoscana.org

www.santuariolaverna.org

www.ofmtoscana.org
  
Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani

Pontificia Università Antonianum

Via Merulana, 124 – Roma

tel. 06-70373528

e-mail: sssmf@antonianum.eu

www.antonianum.eu/medieval.htm
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