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Il Papa: "Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza"
VIDEO MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI AL RITIRO SACERDOTALE INTERNAZIONALE (ARS, 27 SETTEMBRE - 3 OTTOBRE 2009), 29.09.2009
Pubblichiamo di seguito il testo del Video Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha registrato nei giorni scorsi e che è stato trasmesso ieri nel corso del Ritiro Sacerdotale Internazionale che si tiene questa settimana ad Ars sul tema "La gioia di essere sacerdote: consacrato per la salvezza del mondo":
TESTO DEL VIDEO MESSAGGIO
Cari fratelli nel sacerdozio,
Come potete facilmente immaginare, sarei stato estremamente felice di potere essere con voi in questo ritiro sacerdotale internazionale sul tema: "La gioia del sacerdote consacrato per la salvezza del mondo". Vi state partecipando in gran numero e state beneficiando degli insegnamenti del cardinale Christoph Schönborn. Saluto cordialmente anche gli altri predicatori e il vescovo di Belley-Ars, monsignor Guy-Marie Bagnard. Devo accontentarmi di rivolgervi questo video messaggio, ma credetemi, attraverso queste poche parole è a ognuno di voi che parlo nel modo più personale possibile, poiché, come dice san Paolo: "Vi porto nel cuore... voi con me siete tutti partecipi della grazia" (Fil 1, 7). San Giovanni Maria Vianney sottolineava il ruolo indispensabile del sacerdote quando diceva: "Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è questo il tesoro più grande che il buon Dio può concedere a una parrocchia, e uno dei doni più preziosi della misericordia divina" (Il curato d'Ars, Pensieri, presentato dall'abate Bernard Nodet, Desclée de Brouwer, Foi Vivante, 2000, p. 101). In questo Anno sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti "consacrati nella verità" (Gv 17, 19). Scelto fra gli uomini, il sacerdote resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio. È lui che "continua l'opera di redenzione sulla terra" (Nodet, p. 98). La nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta (cfr 2 Cor 4, 7). San Paolo ha espresso felicemente l'infinita distanza che esiste fra la nostra vocazione e la povertà delle risposte che possiamo dare a Dio. Vi è, da questo punto di vista, un legame segreto che unisce l'Anno paolino e l'Anno sacerdotale. Noi udiamo ancora e conserviamo nell'intimo del nostro cuore la commovente e fiduciosa esclamazione dell'Apostolo che dice: "Quando sono debole, è allora che sono forte" (2 Cor 12, 10). La consapevolezza di questa debolezza apre all'intimità di Dio che dà forza e gioia. Più il sacerdote persevererà nell'amicizia di Dio, più continuerà l'opera del Redentore sulla terra (cfr Nodet, p. 98). Il sacerdote non è per se stesso, ma per tutti (cfr Nodet, p. 100).
È questa una delle sfide più grandi del nostro tempo. Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza. Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini.
La religione del Curato d'Ars è una religione della felicità, non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si è creduto: "La nostra felicità è troppo grande; no, no, non lo capiremo mai" (Nodet, p. 110), diceva. O ancora: "Quando siamo in cammino e vediamo un campanile, questa visione deva far battere il nostro cuore come quella della casa dove dimora il suo amato fa battere il cuore della sposa" (Ibidem).
Desidero qui salutare con un affetto particolare quelli fra voi che si prendono cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunità. La riconoscenza della Chiesa verso tutti voi è immensa! Non perdetevi d'animo, ma continuate a pregare e a far pregare affinché molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi.
Cari sacerdoti, pensate anche alla grande diversità dei ministeri che esercitate al servizio della Chiesa. Pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull'altare.
Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere. Percepite allora la fecondità infinita del sacramento dell'Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità. Come diceva il santo Curato: "Se si avesse la fede, si vedrebbe Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro un vetro, come un vino mescolato all'acqua" (Nodet, p 97). Questa considerazione deve portare ad armonizzare le relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunità sacerdotale alla quale invitava san Pietro (cfr 1 Pt 2, 9) per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell'amore (cfr Ef 4, 11-16). Il sacerdote è l'uomo del futuro: è colui che ha preso sul serio le parole di Paolo: "Se dunque siete risorti in Cristo, cercate le cose di lassù" (Col 3, 1). Ciò che fa sulla terra fa parte dei mezzi ordinati al Fine ultimo. La messa è quel punto unico di congiunzione fra il mezzo e il Fine, poiché ci permette già di contemplare, sotto le umili specie del pane e del vino, il Corpo e il Sangue di Colui che adoreremo per l'eternità. Le frasi semplici e intense del santo Curato sull'Eucaristia ci aiutano a percepire meglio la ricchezza di questo momento unico della giornata in cui viviamo un faccia a faccia vivificante per noi stessi e per ognuno dei fedeli. "La felicità che vi è nel dire la messa si comprenderà solo in cielo" scriveva (Nodet. p. 104). Vi incoraggio quindi a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia. Il santo d'Ars scriveva: "Il sacerdote deve provare la stessa gioia (degli apostoli) nel vedere Nostro Signore che tiene fra le mani" (Ibidem). Rendendo grazie per ciò che siete e ciò che fate, vi ripeto: "Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa!" (Omelia durante la messa del 13 settembre 2008 all'Esplanade des Invalides, Parigi). Testimoni viventi della potenza di Dio all'opera nella debolezza degli uomini, consacrati per la salvezza del mondo, siete, miei cari fratelli, stati scelti da Cristo stesso al fine di essere, grazie a Lui, sale della terra e luce del mondo. Che possiate, durante questo ritiro spirituale, sperimentare in modo profondo l'Intimo Indicibile (Sant'Agostino, Confessioni, iii, 6, 11, va 13, p. 383) per essere perfettamente uniti a Cristo al fine di annunciare il suo amore attorno a voi e di essere totalmente impegnati al servizio della santificazione di tutti i membri del popolo di Dio! Affidandovi alla Vergine Maria, Madre di Cristo e dei sacerdoti, imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica.
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
(©L'Osservatore Romano - 30 settembre 2009) __________________________________________________
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"Nulla sostituirà mai nella Chiesa il ministero dei sacerdoti". Così il Papa nel messaggio indirizzato al clero riunito ad Ars
“Il sacerdote è l’uomo del futuro”. Così il Papa nel messaggio videoregistrato indirizzato agli oltre mille partecipanti al ritiro sacerdotale internazionale che è in corso ad Ars, in Francia. Il seminario si svolge attorno al tema “La gioia del sacerdote consacrato alla salvezza del mondo” e si concluderà il prossimo tre ottobre. L’iniziativa nasce in occasione dell’Anno sacerdotale indetto a giugno da Benedetto XVI. Il servizio di Benedetta Capelli:
Una riflessione sul ruolo del sacerdote a partire da San Paolo fino al Curato d’Ars. E’ il contenuto del messaggio del Papa ai religiosi riuniti in Francia. “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio - ha detto il Santo Padre facendo sue le parole di San Giovanni Maria Vianney - è il più gran tesoro che Dio può concedere ad una parrocchia ed è uno dei più preziosi doni della misericordia divina”. Il sacerdote è chiamato a servire, dando la sua vita a Dio, a continuare l’opera di redenzione sulla terra “ma - ricorda Benedetto XVI - la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che portiamo in vasi d’argilla”. In questo senso, proprio San Paolo ha espresso l’infinita distanza che esiste tra la vocazione sacerdotale e la povertà delle risposte che possiamo donare a Dio. “Quando sono debole - diceva l’Apostolo delle genti e ricorda il Papa - è allora che io sono forte”. La coscienza di questa fragilità apre all’intimità di Dio e dona forza e gioia. “Il sacerdote non è dunque per se stesso ma per tutti” e questa è una delle maggiori sfide del nostro tempo.
Proprio il sacerdote, “uomo della Parola divina”, oggi deve essere più che mai un “uomo della gioia e della speranza”. “Davanti a coloro che non possono più concepire che Dio sia puro amore - prosegue Benedetto XVI - egli affermerà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo ne dà tutto il senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini''. Esprimendo la propria vicinanza a quanti compiono il loro magistero in difficoltà, il Papa ha poi ricordato che il sacerdote è l’uomo del futuro, colui che tiene sempre presenti le parole di San Paolo: “Siate risorti in Cristo”. “Vi invito - aggiunge - a fortificare la vostra fede e quella dei fedeli nell’Eucaristia che celebrate, fonte della vera gioia”. “Nulla sostituirà mai nella Chiesa - prosegue il Papa - il ministero dei sacerdoti”. Testimoni viventi della potenza di Dio che opera nella debolezza degli uomini, religiosi che sono consacrati alla salvezza del mondo e scelti da Cristo affinché siano sale della terra e luce del mondo stesso.
Il sacerdozio “è il mezzo con cui Cristo costruisce la Chiesa - ha detto l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schonborn - è instrumentum animatorum che compie il sacrificio Eucaristico in virtù della sacra potestà ricevuta”. “Lo scopo del sacerdozio - ha aggiunto il porporato - è condurre gli uomini alle felicità della vita beata". Un’esortazione ai sacerdoti affinché non si scoraggino di fronte ad una cultura post-moderna, secolarizzata e relativista, né a deprimersi di fronte al calo delle vocazioni è venuta dal cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, che ha invitato i sacerdoti a “ripartire da Cristo” come ha più volte sottolineato Benedetto XVI.
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PAPA: CRISTIANESIMO RELIGIONE DI FELICITA' NON DI MORTIFICAZIONE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 29 set.
Quella cristiana ''e' una religione della felicita', non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si e' creduto''. Lo afferma Papa Ratzinger in un videomessaggio a un incontro internazionale di sacerdoti in corso a Ars, la cittadina di San Giovanni Maria Vianney, il parroco alla cui spiritualita' e' ispirato l'Anno Sacerdotale. ''Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinita', come diceva il santo Curato'', chiede il Papa che invita a un rinnovamento delle ''relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunita' sacerdotale alla quale invitava san Pietro per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell'amore'' e testimoniare che ''il sacerdote e' l'uomo del futuro''. Nel videomessaggio, Benedetto XVI ricorda il santo curato d'Ars come esempio di sacerdote impegnato e sereno in particolare ai parroci ''che hanno cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunita'''. ''La riconoscenza della Chiesa verso tutti voi - assicura il Pontefice - e' immensa. Non perdetevi d'animo - li esorta - ma continuate a pregare e a far pregare affinche' molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi''. ''Cari sacerdoti - continua il Papa teologo - pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull'altare. Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere: percepirete cosi' la fecondita' infinita del sacramento dell'Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute - conclude - per un istante, le mani e le labbra di Dio''.
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Benedetto XVI: il sacerdote sia l'"uomo della gioia e della speranza"
Videomessaggio al ritiro internazionale di sacerdoti ad Ars
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 29 settembre 2009 (ZENIT.org).-
Una delle sfide più grandi del nostro tempo per il sacerdote è essere "non per se stesso, ma per tutti", ha affermato Benedetto XVI in un videomessaggio diffuso questo lunedì in occasione del ritiro internazionale di sacerdoti in svolgimento ad Ars (Francia) fino al 3 ottobre sul tema "La gioia del sacerdote consacrato per la salvezza del mondo".
Il Pontefice si è rivolto ai partecipanti all'incontro sottolineato che il presbitero, "uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza".
"Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini", ha spiegato. "In questo Anno Sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti consacrati nella verità".
Anno Paolino e Anno Sacerdotale
Nel suo discorso, il Papa ha spiegato che il sacerdote, "scelto fra gli uomini", "resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio". In questo contesto, ha citato San Paolo (2 Cor 4,7) ricordando che "la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta".L'Apostolo delle Genti, ha sottolineato, "ha espresso felicemente l'infinita distanza che esiste fra la nostra vocazione e la povertà delle risposte che possiamo dare a Dio". Per questo, si può dire che esista "un legame segreto che unisce l'Anno Paolino e l'Anno Sacerdotale".
"Noi udiamo ancora e conserviamo nell'intimo del nostro cuore la commovente e fiduciosa esclamazione dell'Apostolo che dice: 'Quando sono debole, è allora che sono forte' (2 Cor 12, 10). La consapevolezza di questa debolezza apre all'intimità di Dio che dà forza e gioia. Più il sacerdote persevererà nell'amicizia di Dio, più continuerà l'opera del Redentore sulla terra".
Preghiera per le vocazioni
Il Pontefice ha quindi salutato "con un affetto particolare" i sacerdoti "che si prendono cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunità", sottolineando che la riconoscenza della Chiesa nei loro confronti è "immensa"."Non perdetevi d'animo, ma continuate a pregare e a far pregare affinché molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi", ha esortato. Allo stesso modo, li ha invitati a pensare alla grande diversità dei ministeri che esercitano al servizio della Chiesa, per percepire "la fecondità infinita del sacramento dell'Ordine".
"Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità". Questa considerazione, ha constatato, "deve portare ad armonizzare le relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunità sacerdotale alla quale invitava San Pietro (cfr 1 Pt 2, 9) per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell'amore (cfr Ef 4, 11-16)".
Il sacerdote, uomo del futuro
"Il sacerdote è l'uomo del futuro: è colui che ha preso sul serio le parole di Paolo: 'Se dunque siete risorti in Cristo, cercate le cose di lassù'", ha proseguito Benedetto XVI, ricordando che ciò che il presbitero fa sulla terra "fa parte dei mezzi ordinati al Fine ultimo". La Santa Messa è il "punto unico di congiunzione fra il mezzo e il Fine, poiché ci permette già di contemplare, sotto le umili specie del pane e del vino, il Corpo e il Sangue di Colui che adoreremo per l'eternità". Per questa ragione, il Papa ha incoraggiato i sacerdoti "a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia".
"Possiate, durante questo ritiro spirituale, sperimentare in modo profondo l'Intimo Indicibile per essere perfettamente uniti a Cristo al fine di annunciare il suo amore attorno a voi e di essere totalmente impegnati al servizio della santificazione di tutti i membri del popolo di Dio!", ha concluso.
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L'incontro di mille presbiteri ad Ars
Schönborn: «Siamo testimoni di misericordia»
«Siate testimoni di misericordia. Gli uomini di tutto il mondo implorano la misericordia di Dio». Con i mille sacerdoti venuti ad Ars da tutti i Paesi in occasione del ritiro dell’anno sacerdotale, il cardinale Christoph Schönborn sceglie le parole di Giovanni Paolo II, pronunciate in Polonia nel 2002. Parole forti, quasi, dice Schönborn, «un testamento» lasciato ai sacerdoti. Parole che scuotono nella basilica di Ars questa schiera di preti – bianchi, neri, vietnamiti, indiani, o venuti fin qui da lontane isole del Pacifico – che nel piccolo Paese francese meditano su «La gioia di essere preti».
Un titolo controcorrente, nello scenario di crisi delle vocazioni e secolarizzazione che il sacerdozio affronta almeno in Europa. Scenario che l’arcivescovo di Vienna non nasconde: «Ci sono diocesi in questa Francia – dice – in cui il sacerdote più giovane è il vescovo». Eppure. Eppure ad Ars, nella memoria del santo curato che dell’anno sacerdotale è il centro, sono ben visibili un fermento e una vitalità che meravigliano l’osservatore. Sono i sei preti cinesi, giovanissimi, che ti dicono delle speranze per la loro Chiesa; sono i monaci ragazzi che la mattina presto camminano per le strade col breviario aperto in mano. Schönborn parla come a dei fratelli. Concede anche ricordi personali, quasi delle confessioni.
Come quando, per dire della essenzialità della preghiera, ricorda i suoi anni di giovane domenicano: «La crisi post conciliare fu per noi giovani preti, negli anni ’60, come un’onda di tsunami. Ci convincemmo che solo l’azione contava, per rinnovare la Chiesa. Io presi troppo alla lettera questa idea, e smisi di pregare. All’inizio mi parve un sollievo: l’Ufficio, prima del Concilio, era così lungo. Ma a poco a poco la vita religiosa mi parve perdere di senso, le cose spirituali impallidire. Dopo un anno, la mia vocazione vacillava. È stata, la crisi della preghiera, il dramma della mia generazione di preti. Quegli anni ora sono passati. Ma il sacerdote non deve mai perdere l’abitudine del pregare». «Lo so – continua Schönborn – dobbiamo tutti lottare col tempo, il tempo che manca, e che occorre trovare nella giornata. Ma pensate a quanto tempo ci tolgono la tv, e Internet; e quanto vuoto interiore alla fine ci lasciano. Guardate: piuttosto che stare ore da soli su un computer, facciamo una partita a carte con gli amici. Fa molto bene, è un bel modo di stare insieme », sorride il cardinale. Stare insieme, non essere soli.
È un argomento su cui Schönborn torna. Esorta i sacerdoti ad avere degli amici con cui condividere le fatiche. « Una sfida del sacerdozio nel XXI secolo – dice – sarà, credo, ritrovare delle forme di vita in comune, o comunque di prossimità». Ma la solitudine non mina solo i preti. A Vienna «più della metà delle persone vive sola » . E ben sembra conoscere, l’arcivescovo, la grande solitudine della sua città: piena di vecchi e con così pochi bambini. Eppure. Eppure gli uomini hanno ancora bisogno dei preti. «Non cercano in noi dei manager, né dei grandi predicatori. Semplicemente, cercano degli uomini di Dio. Il curato d’Ars era un uomo semplice. Ma i suoi parrocchiani dicevano: bastava stargli accanto, per sentirsi uomini migliori». Già, il curato d’Ars, povero prete in un villaggio di 230 anime dopo la tempesta della Rivoluzione, All’alba in confessionale, per tutto il giorno tra la gente con la sua tonaca lisa. Testimone di misericordia. Schönborn ai mille, che ascoltano silenziosi: «Solo alla luce della misericordia di Dio possiamo guardare in faccia la nostra miseria. Se non c’è una percezione della misericordia di Dio, gli uomini non sopportano la verità. In un mondo senza misericordia tutti tendono ad autogiustificarsi, e ad accusare gli altri. E quando ci si accorge della nostra miseria, siamo tentati dello scoraggiamento e della disperazione». Al sacramento della misericordia, la confessione, il cardinale dedica un ampio insegnamento (ne scriviamo a parte, ndr ). Ma ai sacerdoti ricorda ancora il cuore del loro stesso ministero. «Senza l’Eucarestia, la nostra vita di sacerdoti mancherebbe del suo centro», dice. Quel sacrificio, esorta, da celebrare nel silenzio interiore. « Io stesso, lo confesso, spesso arrivo in sacrestia in ritardo, preso dai pensieri. Soffermiamoci a pregare almeno mentre vestiamo i paramenti. Come disse Gogol, «in quel momento il sacerdote indossa delle vesti, per distinguersi da se stesso». Per mostrare dunque d’essere, ora, « in persona Christi ». E, vi chiedo, lasciamo qualche istante di silenzio dopo la Comunione, nella Messa. Abbiamo cacciato il silenzio dalla liturgia. Quanto ne abbiamo invece bisogno». E Schönborn estrae un’altra immagine dai ricordi. «1961, avevo 16 anni. Andai con la parrocchia in pellegrinaggio a san Giovanni Rotondo. Mi sentivo estraneo a tanta pietà popolare, mi turbava la folla che alle quattro del mattino già gridava chiamando quel frate. Poi, lo vidi celebrare la Messa. Mai vista, prima e dopo di allora, una Messa così. Ho avuto l’impressione di vedere la realtà del sacrificio di Cristo; come se il velo del Sacramento fosse caduto. Poi, in sacrestia, a quel frate ho avuto il privilegio di baciare la mano». I mille ascoltano intensamente. Come un esercito rinnovato nella memoria della sua origine, e di ciò a cui è chiamato.
I giornalisti in conferenza stampa insistono: e la crisi delle vocazioni? E le ragioni del celibato? A loro Schönborn risponde: «Io credo che le vocazioni in realtà ci siano, e molte. Spesso non maturano a causa di un clima di indecisione che la società contagia ai giovani. Come per il matrimonio. Incontro uomini di 40 anni che entrano in seminario. Già a 20 anni lo avevano desiderato, ma nessuno li aveva aiutati a capire. Dio, credo, chiama sempre. Il problema è saperlo ascoltare. Guardate poi in molti Movimenti e giovani comunità cristiane, quante sono le vocazioni. Chiediamoci perché, lì, ci sono. Non facciamo come certi miei confratelli che anni fa si lamentavano della mancanza di coraggio dei giovani, e non si rendevano conto che proprio il loro stile di vita secolarizzato, la loro 'teologia orizzontale' non potevano che allontanarli».
E il celibato, Eminenza – incalza un giornalista – le ragioni del celibato? Schönborn: «Il sacerdote fa questa scelta volontariamente, in una prospettiva di disponibilità per Dio e per l’uomo. Sull’esempio di Cristo. Che ha scelto quella strada, donandosi interamente a Dio e alla sua missione. Che questa scelta sia possibile, lo vediamo nella vita di molti preti». Ma, ed è ancora una confessione di Schönborn qui ad Ars, per i suoi preti l’arcivescovo di Vienna prega. «Ogni sera la mia ultima preghiera è per loro. Poi, come naturalmente la preghiera si allarga a tutti quelli che sono in tribolazione. Penso ai carcerati, alle donne maltrattate, ai bambini picchiati. Ai drogati, alle prostitute, ai disperati che non hanno più voglia di vivere. La preghiera si fa allora condivisione della sofferenza di Cristo al Getsemani. E solo immergendo il dolore degli uomini nell’abisso dell’amore di Cristo, la mia preghiera della sera si fa finalmente preghiera di fiducia».
Dal nostro inviato ad Ars-sur-Formans (Francia) Marina Corradi www.avvenire.it [Modificato da S_Daniele 05/10/2009 09:25] |
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