II DOMENICA DI AVVENTO - I figli del Regno

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enricorns
00sabato 21 novembre 2009 20:12
Letture Rito Ambrosiano
 
 Is 19,18-24; Sal 86; Ef 3,8-13; Mc 1,1-8
 
 
 
 II DOMENICA DI AVVENTO - I figli del Regno

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 19, 18-24

Così dice il Signore Dio: «In quel giorno ci saranno cinque città nell’Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del Sole. In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra d’Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nella terra d’Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si farà conoscere agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani, ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà. In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra».

SALMO
Sal 86

® Popoli tutti, lodate il Signore!
Sui monti santi egli l’ha fondata;
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! ®

Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono;
ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.
Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati
e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». ®

Il Signore registrerà nel libro dei popoli:
«Là costui è nato».
E danzando canteranno:
«Sono in te tutte le mie sorgenti». ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 3, 8-13

Fratelli, a me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Marco 1, 1-8

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: / egli preparerà la tua via. / Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri», / vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
enricorns
00sabato 21 novembre 2009 20:17
Commento al Vangelo del 22 novembre
Prima l’Evangelo
II Domenica di Avvento
20.11.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Semplici e insieme solenni le parole con le quali Marco apre il suo evangelo. Inizio dell’evangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio. Tutto è detto in queste poche parole. Forse avete notato l’uso da parte mia del termine evangelo, in luogo del più comune vangelo. Una stranezza, un capriccio linguistico? No, il termine evangelo ci restituisce meglio l’originale greco: eu-angelion, appunto buon annuncio, lieta notizia. Il prefisso eu dice buono, bello e lo ritroviamo in diversi termini come per esempio eutanasia, la buona o bella morte. Oppure eugenetica, il tentativo di selezionare la specie mettendo al mondo solo creature belle, riuscite, magari bionde e con gli occhi azzurri. Scusate questa introduzione che può sembrare pedante, ma io sono davvero affezionato a questo termine che mi ricorda come il mio compito in questo momento e nell’intera mia vita di prete sia quello di ridire sempre e solo l’evangelo, la buona, la bella notizia. Altro non ho da dire. Non devo essere profeta di sventura, minacciare castighi e annunciare catastrofi. Questo non sarebbe evangelo. Nemmeno devo enunciare precetti, stabilire doveri, mettere, come si dice, i paletti contro il permissivismo dilagante. Questo non sarebbe evangelo. Ma allora che cosa è l’evangelo? Marco lo dice con chiarezza: Gesù Cristo è il figlio di Dio. Due millenni di cristianesimo ci hanno abituati a questa formula al punto che essa non suscita alcuna emozione, nessun brivido di stupore. E invece la buona, la bella notizia è che nell’uomo Gesù, Dio, l’Eterno si è a noi comunicato. Dopo aver molte volte parlato attraverso tanti uomini suoi portavoce, suoi emissari a cominciare da Abramo, adesso parla a noi nel Figlio.
Inizio dell’evangelo vorrei leggere questa parola anche così: in principio, all’inizio c’è l’evangelo, così come la prima parola del Libro sacro è: In principio Dio. L'esperienza religiosa per la Bibbia è in assoluto esperienza che Dio fa di noi, non un'esperienza che noi facciamo di Dio.

Dio si interessa dell’uomo

Almeno 350 volte leggiamo nella Bibbia l’affermazione: "Io sono il Signore Dio tuo".Quasi come sigla possiamo prendere la parola di Isaia: "Israele, non sei tu che ti interessi di Dio, é Dio che si interessa di te". E Paolo è stupito di fronte alla parola che Isaia mette in bocca a Dio: “Io mi sono fatto trovare anche da quelli che non mi cercavano". E' Dio che per primo si interessa dell'uomo, lo ricerca. Allora: "L'importante non è conoscere Dio, è essere conosciuti da lui" (Gal 4,9). E sempre Paolo, raccoglierà l’intera sua avventura con le parole: "Sono stato afferrato-impugnato da Cristo" (Fil 3,12).
Abbiamo appena iniziato il nostro cammino di Avvento: ma non siamo noi ad andare verso il Signore e il suo Natale, è lui che viene a cercarci. Questa è la buona, bella notizia, l’evangelo. Questo, solo questo dobbiamo tutti dire senza stancarci.
Eppure, subito dopo questo annuncio ci viene incontro la figura aspra di Giovanni il Battista. Ne conosciamo bene l'aspetto esteriore, i rozzi indumenti il nutrimento poverissimo. Giovanni è l'uomo del deserto. E' l'uomo dell'essenziale. Possiamo dire che Giovanni Battista è un grande moralista che conosce il male e le sue radici nel cuore dell'uomo e sa che per combatterlo occorrono uomini intransigenti con se stessi e con il proprio io egoista, arrogante, sempre pronto al compromesso. Giovanni ci appare così come il campione di una religiosità che ha nello sforzo morale dell'uomo il suo cardine, una religione affidata alla durezza della disciplina.

L’apripista

Ma Giovanni avverte altresì il suo limite, il suo esser chiamato a fare solo da apripista che deve preparare ad un Altro la via, un Altro più forte di lui.
Giovanni infatti si presenta come colui che è totalmente relativo a Gesù, come colui che mette sulla strada dell'incontro con Gesù. In due modi Giovanni descrive la sua relazione con Gesù. Anzitutto il suo battesimo è nell'acqua, segno esteriore del desiderio di conversione, ma incapace di realizzare efficacemente tale conversione. Battesimo d'acqua appunto e non di Spirito Santo. Solo il dono dello Spirito di Gesù conferirà forza ri-creativa al battesimo. Inoltre Giovanni si pone rispetto a Gesù come il servo, anzi in posizione, se possibile, di ulteriore inferiorità. Slegare i legacci dei sandali era compito così umiliante che lo si poteva esigere solo da uno schiavo. Un giudeo non lo poteva pretendere da un servo giudeo. E Giovanni si presenta come indegno di compiere verso Gesù questo gesto perché Colui al quale prepara la strada è più forte di lui. Giovanni rappresenta lo sforzo umano, l'impegno umano per conseguire la giustizia mediante le opere della penitenza. Sta qui la sua grandezza e insieme il suo limite. Con Gesù noi sappiamo ormai che la salvezza prima che conquista mediante i nostri sforzi è dono, è grazia, è evangelo, da accogliere a braccia aperte e con cuore libero. Non siamo noi gli artefici della nostra salvezza, dobbiamo invocarla come un dono.
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