16 aprile 1209 Papa Innocenzo III approvò i FRANCESCANI MINORI

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Cattolico_Romano
00domenica 19 aprile 2009 05:34
Il 16 aprile 1209 Papa Innocenzo III approvò la forma di vita dei frati minori

L'identità di Francesco tra storia e agiografia



In occasione dell'ottavo centenario della fondazione dell'ordine francescano è stata pubblicata una nuova traduzione della Vita di san Francesco (Milano, Edizioni Paoline, 2009, pagine 368, euro 29) - la cosiddetta Legenda maior - di san Bonaventura da Bagnoregio. Pubblichiamo un estratto dell'introduzione del curatore del volume.


di Pietro Messa

È stato notato come, dopo il modernismo, la storia religiosa abbia cominciato a essere studiata secondo parametri simili a quelli della storia profana, venendo svincolata, pertanto, dai legami con la historia salutis. In questo modo, ad esempio, Francesco ha subito una sorta di "decattolicizzazione" ed è stato sottoposto alla critica rigorosa dell'analisi storica, la quale, tuttavia, non è giunta al superamento del mito, ma anzi la "questione francescana" ha rappresentato un esempio piuttosto raro in cui la ricerca storica ha contribuito alla formazione di un vero e proprio mito contemporaneo.

Di fronte a queste osservazioni, che costringono a ripensare il rapporto tra storia e agiografia, diviene inevitabile porsi anche altri quesiti:  chi decide dove finisce la historia salutis - intesa come lettura provvidenziale degli avvenimenti - e comincia la storia? E ancora, chi decide dove debba collocarsi il confine tra mito e realtà? Similmente, sempre circa l'approccio che abbiamo definito "decattolicizzato" con Francesco d'Assisi, si deve quanto meno ricordare che il contesto in cui si colloca la sua vicenda è quello cristiano cattolico, come mostra, ad esempio, l'importanza della liturgia nella vicenda della fraternità minoritica. Gli studi moderni hanno certamente contribuito a creare il mito di una determinata immagine di san Francesco, come è avvenuto, d'altronde, anche per altri personaggi, come ad esempio l'imperatore Federico ii, spesso raffigurato come un antesignano dell'idea di tolleranza.
 
In generale, riguardo all'agiografia, compresa quella inerente a san Francesco, si può affermare che la vera questione non sia tanto quella di "decattolicizzare" o "deteologizzare" per giungere a una illusoria purezza profana/secolare, quanto quella di essere rispettosi nei confronti dell'altro - che sia persona o fonte, ossia opera di una persona - relazionandosi con esso, per quanto ci è possibile, nella sua alterità, che nel nostro caso vive e sceglie una visione teologica della realtà. Tale questione, tra l'altro, è stata messa in evidenza da alcuni interventi di Claudio Leonardi circa la vicenda francescana.

Nella storiografia francescana, a cominciare da Sabatier, un dato assodato, e ribadito con forza da Giovanni Miccoli, è che per ricostruire la vicenda della prima fraternitas minoritica, "unico punto fermo restano gli scritti di Francesco". In conseguenza di una tale affermazione, secondo alcuni tutto ciò che ci è trasmesso da altre fonti può essere ritenuto inaffidabile e quindi non degno di attenzione. Da tale posizione, tuttavia, mette in guardia lo stesso Miccoli.

Se tale assunto è almeno in parte reso necessario dal rigore della critica storica, non si deve però dimenticare che "la deformazione è sempre parziale, perché la ricostruzione, il racconto, l'episodio puntuale sono inevitabilmente formati da materiali preesistenti, che hanno avuto vita, consistenza e significato propri". Se questi ha avuto l'accortezza di affermare che ogni deformazione agiografica è sempre parziale, per cui rimane senz'altro possibile passare dall'agiografia alla storia, Raimondo Michetti ha messo in evidenza come anche l'agiografia sia forzata - o deformata, se si vuole - dalla storia.

Come già detto, ciò che senz'altro va riconosciuto come significativa novità nell'opera di questo studioso è la relativizzazione dell'influenza "deformante" del genere agiografico; egli attribuisce, pertanto, una maggior attendibilità storica a narrazioni generalmente considerate di scarso rilievo per la ricostruzione della vicenda storica di frate Francesco d'Assisi, dal momento che in esse risulta predominante l'elemento agiografico. Secondo Michetti è "come se la memoria storica premesse sulla maglia agiografica per trasformarla".

Nel tentativo di "recuperare tale spessore storico dell'opera", egli giunge a volte a conclusioni diverse da quelle che hanno fatto scuola negli ultimi anni, quali quelle di Miccoli. Michetti evidenzia, in particolare, l'articolazione del binomio storia-agiografia, e se la preoccupazione del primo era quella di trovare i modi per passare "dall'agiografia alla storia", cercando di decifrare i modi con cui l'agiografia ha deformato la storia, egli, al contrario, cerca anzitutto di vedere come la storia abbia "forzato" l'agiografia, costringendola a cambiamenti certamente significativi. Ciò non impedisce, tuttavia, a quest'ultimo di concludere il suo volume riconoscendo frate Tommaso da Celano, in quanto autore della Vita del beato Francesco, come "l'inventore del san Francesco d'Assisi". In questo modo si torna nuovamente al problema del rapporto tra storia e agiografia, tra storia e costruzione della memoria.
 
Si deve tener conto, infine, che in autori diversi sono riscontrabili differenti inclinazioni al genere agiografico, per cui in alcuni tale genere letterario ha avuto un maggior peso deformante, in altri minore.
Luigi Canetti, a proposito della ricostruzione della vicenda di san Domenico, affronta ed evidenzia concetti tipo costruzione della memoria, invenzione della memoria e così via:  essi, trasportati nell'ambito degli studi francescani, portano a distinguere tra Francesco di Pietro di Bernardone, frate Francesco d'Assisi e san Francesco canonizzato. Estremizzando tali concetti, di per sé senz'altro validi, si può giungere persino a una grossolana distinzione.

A questo proposito, nel 2003, Joseph Ratzinger, in occasione del centenario della Pontificia Commissione Biblica, riferendosi allo studioso di Sacra Scrittura Friedrich Wilhelm Maier, ebbe a dire che "era scontata per lui l'attendibilità e la inequivocabilità del metodo storico; non lo sfiorava neppure l'idea che anche nel metodo storico entrassero in gioco dei presupposti filosofici e che potesse diventare necessaria una riflessione sulle implicazioni filosofiche del metodo storico. A lui, come a molti suoi colleghi, la filosofia sembrava un elemento di disturbo, qualcosa che poteva inquinare la pura oggettività storica. Non gli si prospettava la questione ermeneutica, cioè non si chiedeva in che misura l'orizzonte di chi domanda determini l'accesso al testo, rendendo necessario chiarire, anzitutto, qual sia il modo giusto di domandare e in qual modo sia possibile purificare il proprio domandare".

Continuando, affermava:  "La mera oggettività del metodo storico non esiste. È semplicemente impossibile escludere del tutto la filosofia, ovvero la precomprensione ermeneutica".

Tale questione, tra l'altro, era già stata evidenziata dal teologo Henri de Lubac, e aveva sollevato la reazione di Gian Luca Potestà nella recensione da questi scritta nel 1984 sui due volumi dedicati da de Lubac alla posterità spirituale di Gioacchino da Fiore. De Lubac rispose indirettamente a Potestà in una lettera indirizzata nello stesso 1984 all'amico Giovanni Benedetti - vescovo di Foligno, che gli aveva trasmesso il testo della suddetta recensione - rifiutando l'accusa di aver falsificato l'interpretazione di Gioacchino e affermando di non riuscire a scorgere l'idea preconcetta che secondo Potestà avrebbe mosso il suo lavoro.

Monsignor Benedetti, commentando la lettera di risposta di Henri de Lubac, citò ad esempio testi di vari autori per dimostrare come "la storia sa che nessun metodo è innocente"; infatti "lo storico stesso, che ricostruisce nel suo discorso l'intelligibilità del passato, lo fa meno in qualità di archivista che di ermeneuta. Né l'uno né l'altro sono neutri. I suoi lettori non lo saranno di più".

Continuando, sostenne che "d'altra parte, lo storico non può prescindere dal problema della soggettività, è coinvolto anche lui nella storia che racconta"; quindi "per fare un'autentica "storia della teologia" non si dovrebbe tener presente solo la scienza storica allo stato puro, se così si può dire. Si chiederebbe troppo allo storico se gli si domandasse di tener presente nella sua ricerca anche la teologia, quando essa ne è l'oggetto, obbedendo alle leggi che questa comporta?".

Il problema del rapporto tra storia e teologia - nel nostro caso tra storia e agiografia - finisce quindi per risolversi nella problematica che connette la storia con l'ermeneutica.

Ritornare alle fonti, rendere accessibili dei testi significa anzitutto realizzarne edizioni critiche, così che diventino documenti affidabili e fruibili per qualsiasi ricercatore. Tuttavia, qualcuno ha definito l'opera di edizione, naturalmente semplificando e usando un linguaggio fatto di slogan, un'operazione da veri e propri "scanner viventi", atta solo a trascrivere testimonianze del passato. Eppure il testo è importante, e in palese conseguenza di ciò, circa la filologia Pierre Judet de La Combe nel Dizionario di scienze storiche scrive:  "La filologia è opposta alla filosofia, che dà i principi di una conoscenza sempre aperta:  scienza storica generale, la filologia è (ri)conoscimento di una conoscenza già prodotta nel passato".
 
Di conseguenza, lo studio dei testi - che comporta l'utilizzo di discipline che ormai nessuno ritiene più accessorie della storia, quali la codicologia, la paleografia, la diplomatica, la sfragistica, la filologia e così via - è essenziale per cogliere lo spirito e lo spirito è ciò che dà senso/valore/bellezza al testo. Serve quindi un metodo scientifico, basato sulle scienze proprie dell'analisi filologica, ma sempre attento anche all'ermeneutica e all'epistemologia sottostante.

Il rapporto tra storia e teologia è invece fondamentale qualora si prenda in considerazione un'opera come la vita di san Francesco scritta da Bonaventura, e ciò semplicemente perché tale dialettica ritorna continuamente quando si parla di santi, in riferimento sia ai loro scritti sia alle loro vite. A questo proposito sono interessanti alcune osservazioni inerenti al passaggio "dalla storia alla teologia" che Giuseppe Betori ha esposto nelle conclusioni a un convegno inerente al Liber di Angela da Foligno, una penitente francescana il cui pensiero è debitore anche della teologia di Bonaventura:  "Non è vero forse che proprio la separazione tra fatti e dottrina, tra storia e teologia, tra contesto e testo è ciò che conduce a due assurdi:  quello di ridurre Angela - nel nostro caso san Francesco - a un trattato mistico e quello di annullarne l'originalità nella temperie spirituale del suo tempo? Qui proprio dall'esperienza dell'esegesi biblica può venire un decisivo aiuto:  gli ultimi due secoli della sua storia non insegnano forse come sia impossibile separare il Gesù della storia dal Cristo della fede, se non si vuole rendere irrilevante il primo e inconsistente il secondo?".



(©L'Osservatore Romano - 16 aprile 2009)
Cattolico_Romano
00domenica 19 aprile 2009 05:39
 

L'incontro raccontato da san Bonaventura



Nella Legenda maior, san Bonaventura narra l'incontro tra Francesco e Innocenzo III.

Giunto alla curia romana e introdotto al cospetto del sommo Pontefice, espose il suo proposito, chiedendo umilmente e vivamente che gli fosse approvata la suddetta regola di vita. Il Vicario di Cristo, Papa Innocenzo III, uomo davvero illustre per sapienza, ammirando nell'uomo di Dio la purezza di un animo semplice, la fermezza nel proposito e l'infiammato ardore di una volontà santa, si sentì incline a concedere un benigno assenso.

Tuttavia non volle approvare subito ciò che chiedeva il poverello di Cristo, perché ad alcuni cardinali sembrava qualcosa di nuovo e arduo per le forze umane. Tra i cardinali, però, c'era un uomo degno di venerazione, il signore Giovanni di San Paolo, vescovo di Sabina, amante di ogni santità e sostegno dei poveri di Cristo che, infiammato dal divino Spirito, disse al sommo Pontefice e ai suoi fratelli:  "Se respingiamo la richiesta di questo povero come una cosa nuova o troppo ardua, dato che in realtà chiede soltanto che gli sia approvata una forma di vita evangelica, dobbiamo stare attenti a non offendere il Vangelo di Cristo.

Infatti, se uno dice che nell'osservanza della perfezione evangelica e nel voto di praticarla vi è qualcosa di nuovo e irrazionale o di impossibile, è colpevole di bestemmia contro Cristo, autore del Vangelo". Dopo queste parole, il successore dell'apostolo Pietro, rivoltosi al povero di Cristo, disse:  "Figlio, prega Cristo affinché per mezzo tuo ci mostri la sua volontà, e quando l'avremo conosciuta con maggiore certezza, potremo accondiscendere con più sicurezza ai tuoi pii desideri".

Il servo di Dio onnipotente, affidandosi totalmente alla preghiera, con le sue devote orazioni ottenne per sé le parole che avrebbe dovuto dire e per il Papa la disposizione d'animo. Infatti, dopo aver raccontato, così come Dio gliel'aveva suggerita, la parabola di un ricco re che con gioia aveva sposato una donna bella e povera, e dei figli avuti da lei, così somiglianti al re che li aveva generati da dover essere allevati alla sua mensa, soggiunse la spiegazione:  "Non c'è da temere che i figli ed eredi dell'eterno Re muoiano di fame, perché essi, nati a immagine di Cristo Re per virtù dello Spirito Santo da una madre povera, è necessario che siano generati dallo spirito di povertà in una religione poverella.

Se, infatti, il Re dei cieli promette ai suoi imitatori il regno eterno, quanto più provvederà per loro quelle cose che elargisce indifferentemente ai buoni e ai cattivi". Il Vicario di Cristo, avendo ascoltato con attenzione questa parabola e la sua interpretazione, restò pienamente ammirato e riconobbe senza ombra di dubbio che, in quell'uomo, aveva parlato Cristo.
 

                                                                               



Duemila francescani ricordano gli ottocento anni della Protoregola

Si apre ad Assisi
il Capitolo delle stuoie


Assisi, 15. Circa duemila rappresentanti della famiglia francescana - Frati Minori, Minori Conventuali, Minori Cappuccini, Terz'Ordine Regolare - provenienti da sessantacinque Paesi, sono da oggi ad Assisi per ricordare gli 800 anni dall'approvazione della Protoregola di san Francesco da parte di Papa Innocenzo III. Ad accoglierli non delle semplici stuoie, come nello storico Capitolo del 1221, ma una grande tensostruttura allestita nei pressi della chiesa di Santa Maria degli Angeli, al cui interno, come noto, è custodita la Porziuncola, luogo simbolo dell'intero movimento francescano.
 
È il Capitolo internazionale delle stuoie, che appunto intende rievocare l'incontro che si tenne proprio a Santa Maria degli Angeli nel 1221, al quale - secondo quanto riportato dalle Fonti francescane - parteciparono oltre cinquemila frati, i quali come sistemazione per la notte ebbero a disposizione solo delle povere stuoie.

Il Capitolo vivrà il suo momento focale nella giornata conclusiva di sabato 18, quando i francescani saranno ricevuti a Castel Gandolfo da Benedetto XVI, nelle cui mani i quattro ministri generali rinnoveranno la professione religiosa.
 

L'incontro è incominciato nel pomeriggio di oggi con una liturgia d'accoglienza presieduta da padre José Rodriguez Carballo, ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori e presidente di turno dei ministri generali. A seguire una riflessione incentrata sul tema del Capitolo - "Osserviamo la Regola che abbiamo promesso al Signore" - tenuta dal padre cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. Infine, dopo una processione e un atto d'affidamento alla Vergine della Porziuncola, la messa presieduta dal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino.

La giornata di giovedì 16 sarà dedicata alla "Testimonianza" dei francescani sparsi nel mondo, con una tavola rotonda sul tema "La Regola e la vita dei Frati Minori è questa:  osservare..." e, successivamente, con la proiezione di cinque video su alcune delle esperienze missionarie più significative.

Venerdì 17 sarà la giornata della penitenza e del digiuno. Infine, sabato 18, dopo l'udienza con il Santo Padre, una delegazione guidata dai ministri generali farà visita al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
 
Per padre Enzo Fortunato, portavoce del Capitolo internazionale delle stuoie, sono diversi gli aspetti che rendono questo incontro, oltre che "storico", anche molto attuale. In primo luogo perché l'incontro dei francescani cade in un momento assai difficile per la società italiana e internazionale, alle prese con la crisi economica. In questo senso - spiega padre Fortunato - "l'essenzialità francescana può essere una buona strada da percorrere".

Il secondo aspetto, "è legato alla sofferenza che parte della popolazione italiana sta vivendo a seguito del terremoto in Abruzzo. Francesco vuole essere accanto agli ultimi, accanto a coloro che soffrono". Terzo aspetto, che concerne ancora l'attualità, "è che ci troviamo ad affrontare un individualismo e un egoismo imperanti. La proposta fraterna dello stare insieme, l'uno accanto all'altro, l'uno per l'altro, può essere anche questa una strada da percorrere, una proposta all'uomo e alla sua libertà".





(©L'Osservatore Romano - 16 aprile 2009)
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00domenica 19 aprile 2009 05:40

Il Papa: Francesco concepì il piccolo "noi" che aveva iniziato con i suoi primi frati all’interno del grande "noi" della Chiesa una e universale


Vedi anche:

Sisma, il Papa ai Francescani: la rovina delle persone è ben più grave dei danni alle Chiese

Il Papa: il Poverello attira a Cristo uomini e donne di ogni tempo, specialmente i giovani, che preferiscono la radicalità alle mezze misure

Benedetto XVI: Un atteggiamento polemico verso la Gerarchia avrebbe procurato a Francesco non pochi seguaci, ma scelse la fedeltà al Papa



UDIENZA AI MEMBRI DELLA FAMIGLIA FRANCESCANA PARTECIPANTI AL "CAPITOLO DELLE STUOIE", 18.04.2009

Alle ore 12.30 di questa mattina, nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve i Membri della Famiglia Francescana partecipanti al "Capitolo delle Stuoie", iniziato ad Assisi il 15 aprile per concludersi oggi a Roma.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle della Famiglia Francescana!

Con grande gioia dò il benvenuto a tutti voi, in questa felice e storica ricorrenza che vi ha riuniti insieme: l’ottavo centenario dell’approvazione della "protoregola" di san Francesco da parte del Papa Innocenzo III.

Sono passati ottocento anni, e quella dozzina di Frati è diventata una moltitudine, disseminata in ogni parte del mondo e oggi qui, da voi, degnamente rappresentata. Nei giorni scorsi vi siete dati appuntamento ad Assisi per quello che avete voluto chiamare "Capitolo delle Stuoie", per rievocare le vostre origini. E al termine di questa straordinaria esperienza siete venuti insieme dal "Signor Papa", come direbbe il vostro serafico Fondatore.

Vi saluto tutti con affetto: i Frati Minori delle tre obbedienze, guidati dai rispettivi Ministri Generali, tra i quali ringrazio Padre José Rodriguez Carballo per le sue cortesi parole; i membri del Terzo Ordine, con il loro Ministro Generale; le religiose Francescane e i membri degli Istituti secolari francescani; e, sapendole spiritualmente presenti, le Suore Clarisse, che costituiscono il "secondo Ordine". Sono lieto di accogliere alcuni Vescovi francescani; e in particolare saluto il Vescovo di Assisi, Mons. Domenico Sorrentino, che rappresenta la Chiesa assisana, patria di Francesco e Chiara e, spiritualmente, di tutti i francescani.

Sappiamo quanto fu importante per Francesco il legame col Vescovo di Assisi di allora, Guido, che riconobbe il suo carisma e lo sostenne. Fu Guido a presentare Francesco al Cardinale Giovanni di San Paolo, il quale poi lo introdusse dal Papa favorendo l’approvazione della Regola. Carisma e Istituzione sono sempre complementari per l’edificazione della Chiesa.

Che dirvi, cari amici? Prima di tutto desidero unirmi a voi nel rendimento di grazie a Dio per tutto il cammino che vi ha fatto compiere, ricolmandovi dei suoi benefici. E come Pastore di tutta la Chiesa, lo voglio ringraziare per il dono prezioso che voi stessi siete per l’intero popolo cristiano. Dal piccolo ruscello sgorgato ai piedi del Monte Subasio, si è formato un grande fiume, che ha dato un contributo notevole alla diffusione universale del Vangelo. Tutto ha avuto inizio dalla conversione di Francesco, il quale, sull’esempio di Gesù, "spogliò se stesso" (cfr Fil 2,7) e, sposando Madonna Povertà, divenne testimone e araldo del Padre che è nei cieli. Al Poverello si possono applicare letteralmente alcune espressioni che l’apostolo Paolo riferisce a se stesso e che mi piace ricordare in questo Anno Paolino: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Gal 2,19-20).

E ancora: "D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo" (Gal 6,17). Francesco ricalca perfettamente queste orme di Paolo ed in verità può dire con lui: "Per me vivere è Cristo" (Fil 1,21). Ha sperimentato la potenza della grazia divina ed è come morto e risorto. Tutte le sue ricchezze precedenti, ogni motivo di vanto e di sicurezza, tutto diventa una "perdita" dal momento dell’incontro con Gesù crocifisso e risorto (cfr Fil 3,7-11). Il lasciare tutto diventa a quel punto quasi necessario, per esprimere la sovrabbondanza del dono ricevuto. Questo è talmente grande, da richiedere uno spogliamento totale, che comunque non basta; merita una vita intera vissuta "secondo la forma del santo Vangelo" (2 Test., 14: Fonti Francescane, 116).

E qui veniamo al punto che sicuramente sta al centro di questo nostro incontro. Lo riassumerei così: il Vangelo come regola di vita. "La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo": così scrive Francesco all’inizio della Regola bollata (Rb I, 1: FF, 75).

Egli comprese se stesso interamente alla luce del Vangelo. Questo è il suo fascino. Questa la sua perenne attualità. Tommaso da Celano riferisce che il Poverello "portava sempre nel cuore Gesù. Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra… Anzi, trovandosi molte volte in viaggio e meditando o cantando Gesù, scordava di essere in viaggio e si fermava ad invitare tutte le creature alla lode di Gesù" (1 Cel., II, 9, 115: FF, 115).

Così il Poverello è diventato un vangelo vivente, capace di attirare a Cristo uomini e donne di ogni tempo, specialmente i giovani, che preferiscono la radicalità alle mezze misure.

Il Vescovo di Assisi Guido e poi il Papa Innocenzo III riconobbero nel proposito di Francesco e dei suoi compagni l’autenticità evangelica, e seppero incoraggiarne l’impegno in vista anche del bene della Chiesa.

Viene spontanea qui una riflessione: Francesco avrebbe potuto anche non venire dal Papa.

Molti gruppi e movimenti religiosi si andavano formando in quell’epoca, e alcuni di essi si contrapponevano alla Chiesa come istituzione, o per lo meno non cercavano la sua approvazione.

Sicuramente un atteggiamento polemico verso la Gerarchia avrebbe procurato a Francesco non pochi seguaci.


Invece egli pensò subito a mettere il cammino suo e dei suoi compagni nelle mani del Vescovo di Roma, il Successore di Pietro. Questo fatto rivela il suo autentico spirito ecclesiale. Il piccolo "noi" che aveva iniziato con i suoi primi frati lo concepì fin dall’inizio all’interno del grande "noi" della Chiesa una e universale. E il Papa questo riconobbe e apprezzò.

Anche il Papa, infatti, da parte sua, avrebbe potuto non approvare il progetto di vita di Francesco.

Anzi, possiamo ben immaginare che, tra i collaboratori di Innocenzo III, qualcuno lo abbia consigliato in tal senso, magari proprio temendo che quel gruppetto di frati assomigliasse ad altre aggregazioni ereticali e pauperiste del tempo. Invece il Romano Pontefice, ben informato dal Vescovo di Assisi e dal Cardinale Giovanni di San Paolo, seppe discernere l’iniziativa dello Spirito Santo e accolse, benedisse ed incoraggiò la nascente comunità dei "frati minori".

Cari fratelli e sorelle, sono passati otto secoli, e oggi avete voluto rinnovare il gesto del vostro Fondatore. Tutti voi siete figli ed eredi di quelle origini. Di quel "buon seme" che è stato Francesco, conformato a sua volta al "chicco di grano" che è il Signore Gesù, morto e risorto per portare molto frutto (cfr Gv 12,24). I Santi ripropongono la fecondità di Cristo. Come Francesco e Chiara d’Assisi, anche voi impegnatevi a seguire sempre questa stessa logica: perdere la propria vita a causa di Gesù e del Vangelo, per salvarla e renderla feconda di frutti abbondanti. Mentre lodate e ringraziate il Signore, che vi ha chiamati a far parte di una così grande e bella "famiglia", rimanete in ascolto di ciò che lo Spirito dice oggi ad essa, in ciascuna delle sue componenti, per continuare ad annunciare con passione il Regno di Dio, sulle orme del serafico Padre. Ogni fratello e ogni sorella custodisca sempre un animo contemplativo, semplice e lieto: ripartite sempre da Cristo, come Francesco partì dallo sguardo del Crocifisso di san Damiano e dall’incontro con il lebbroso, per vedere il volto di Cristo nei fratelli che soffrono e portare a tutti la sua pace. Siate testimoni della "bellezza" di Dio, che Francesco seppe cantare contemplando le meraviglie del creato, e che gli fece esclamare rivolto all’Altissimo: "Tu sei bellezza!" (Lodi di Dio altissimo, 4.6: FF, 261).

Carissimi, l’ultima parola che voglio lasciarvi è la stessa che Gesù risorto consegnò ai suoi discepoli: "Andate!" (cfr Mt 28,19; Mc 16,15). Andate e continuate a "riparare la casa" del Signore Gesù Cristo, la sua Chiesa.

Nei giorni scorsi, il terremoto che ha colpito l’Abruzzo ha danneggiato gravemente molte chiese, e voi di Assisi sapete bene che cosa questo significhi. Ma c’è un’altra "rovina" che è ben più grave: quella delle persone e delle comunità! Come Francesco, cominciate sempre da voi stessi. Siamo noi per primi la casa che Dio vuole restaurare.

Se sarete sempre capaci di rinnovarvi nello spirito del Vangelo, continuerete ad aiutare i Pastori della Chiesa a rendere sempre più bello il suo volto di sposa di Cristo. Questo il Papa, oggi come alle origini, si aspetta da voi. Grazie di essere venuti! Ora andate e portate a tutti la pace e l’amore di Cristo Salvatore. Maria Immacolata, "Vergine fatta Chiesa" (cfr Saluto alla Beata Vergine Maria, 1: FF, 259), vi accompagni sempre. E vi sostenga anche la Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a voi tutti, qui presenti, e all’intera Famiglia francescana.

I am pleased to welcome in a special way the Minister Generals gathered with the priests, Sisters and Brothers of the world-wide Franciscan community present at this audience. As you mark the Eight-hundredth Anniversary of the approval of the Rule of Saint Francis, I pray that through the intercession of the Poverello Franciscans everywhere will continue to offer themselves completely at the service of others, especially the poor. May the Lord bless you in your Apostolates and shower your communities with abundant vocations.

Saludo con afecto a los queridos Hermanos y Hermanas de la Familia Franciscana, provenientes de los países de lengua española. En esta significativa conmemoración, os animo a enamoraros cada vez más de Cristo para que, siguiendo el ejemplo de Francisco de Asís, conforméis vuestra vida al Evangelio del Señor y deis ante el mundo un testimonio generoso de caridad, pobreza y humildad. Que Dios os bendiga.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do polskiej rodziny franciszkańskiej. Obejmuję nim ojców i braci, siostry franciszkanki i klaryski oraz z innych zgromadzeń odwołujących się do duchowości św. Franciszka, jak też tercjarzy i tercjarki. W osiemsetlecie zatwierdzenia pierwszej reguły razem z wami dziękuję Bogu za wszelkie dobro jakie Zakon wniósł w życie i rozwój Kościoła. Dziękuję wam szczególnie za zaangażowanie w dzieło misyjne na różnych kontynentach. Na wzór waszego Założyciela trwajcie w miłości Chrystusa ubogiego i nieście ewangeliczną radość wszystkim ludziom. Niech was wspiera Boże błogosławieństwo.

[Un cordiale saluto rivolgo alla famiglia francescana polacca. Con esso abbraccio padri e frati, suore francescane e clarisse, e le altre congregazioni che si fondano sulla spiritualità di San Francesco, nonché terziari e terziarie. Nell’ottocentesimo anniversario dell’approvazione della "protoregola", insieme con voi ringrazio Dio per ogni bene che l’Ordine ha recato alla vita e allo sviluppo della Chiesa. Vi ringrazio particolarmente per l’impegno missionario nei diversi continenti. Sull’esempio del vostro Fondatore perseverate nell’amore di Cristo povero e portate la gioia evangelica a tutti gli uomini. Vi sostenga la benedizione di Dio.]

 2009 - Libreria Editrice Vaticana

Le foto dell'incontro

    

Una foto molto suggestiva e significativa: i Tre Maestri Generali dei tre Rami dell'Ordine Francescano, riformulano a nome di tutti i Frati, Monache, Suore e Laici dell'Ordine L'OBBEDIENZA AL PAPA come fece Francesco 800 anni fa... 

      

...e il Papa approva e conferma nella fede (cfr Lc.22,33)   

   

 



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