AIDS: CARD. TURKSON, SI' A CONDOM NELLE COPPIE SPOSATE

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S_Daniele
00lunedì 5 ottobre 2009 16:18
AIDS: CARD. TURKSON, SI' A CONDOM NELLE COPPIE SPOSATE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 5 ott.

Contro l'Aids, "la prima via e' la fedelta' nel matrimonio". Ma all'interno di una coppia sposata, quando uno dei coniugi e' sieropositivo, si puo' consigliare il condom. Ne e' convinto il card. Peter Turkson, relatore generale al Sinodo Africano, aperto ieri dal Papa. "Se una persona sa di essere contagiata - afferma il cardinale del Ghana - non dovrebbe avere rapporti, per carita' in quel caso - aggiunge pero' rispondendo ai giornalisti - consiglierei l'uso dei preservativi, ma in Africa ce ne sono di bassa qualita' che non proteggono completamente".
Le parole del cardinale africano Turkson ricalcano posizioni gia' espresse in Italia, sia pure con sfumature diverse, dai cardinali Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi. E non contraddicono in modo esplicito la posizione del Papa, che parlo' di questo tema nel volo verso il Camerun, lo scorso 17 gennaio ma non entro' nel merito della liceita' del preservativo se utilizzato all'interno di una coppia sposata, quando uno dei coniugi e' sieropositivo e non puo' sottrarsi ai doveri coniugali. Ed in realta' e' solo cosa fare in questa disgraziata eventualita' che divide dalla dottrina tradizionale quanti nella Chiesa sostengono la linea piu' morbida. "Non sara' la Chiesa a promuovere il profilattico" e su questo punto non possono esserci posizioni diverse", ha assicurato qualche mese fa il card. Javier Lozano Barragan, allora presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, sottolineando che fuori dal matrimonio i rapporti sessuali non sono mai leciti e dunque il problema non e' il condom. Benedetto XVI affermo', come e' noto, che l'uso del condom non era sufficiente a combattere l'Aids, anzi poteva peggiorare la situazione, offrendo garanzie di sicurezza che in realta' non sono assolute.
Le parole del Papa sull'aero verso il Camerun suscitarono uno strascico di polemiche e non basto' nemmeno diffondere il testo integrale delle dichiarazioni, che escludevano qualunque nuova condanna e si basavano sull'esperienza concreta dei cattolici impegnati nella lotta all'Aids. Le stesse polemiche, d'altra parte, avevano accolto Giovanni Paolo II a San Francisco nel 1987 e anche in quel caso non ci fu nulla da fare per frenarle, nemmeno basto' che il Papa abbracciasse e baciasse un bambino malato di Aids.
Fuori dal Centro visitato dal Pontefice polacco, infatti, gay e lesbiche vestiti da "papa" distribuivano condom come fossero caramelle ai passanti.
Scena che si e' ripetuta appena dieci giorni fa anche a Praga, nell'indifferenza generale. Ed e' proprio questo che la Chiesa non vuole fare: distribuire essa stessa i condom. Un rifiuto che comunque non impedisce il libero commercio dei preservativi, anche in Africa. Dove pero', denuncia oggi il card. Turkson, ne arrivano di pessima qualita', che non proteggono completamente. Quanto a verificare se questi mezzi poi sono sufficienti a eradicare l'Aids, il problema resta aperto: i medici cattolici, ad esempio, sono d'accordo con Ratzinger e dicono di no, avvertendo anzi che il preservativo puo' dare una falsa sicurezza e quindi ha l'effetto di favorire i rapporti promiscui e finisce cosi' con il favorire anche la diffusione dell'Aids. Il problema riguardo al "no" ribadito dal Vaticano pero' e' un altro, sganciato dagli effetti pratici del condom sull'epidemia: la Chiesa ha legittimamente una sua dottrina morale sul matrimonio, unico luogo lecito per i rapporti sessuali e distribuire i condom confliggerebbe proprio con il Catechismo che al numero 2391 recita: "l'unione carnale e' moralmente legittima solo quando tra l'uomo e la donna si sia instaurata una comunita' di vita definitiva. L'amore umano non ammette la prova". Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro". Inoltre, per il Catechismo (come per l'enciclica 'Humanae Vitae' e il Magistero convergente degli ultimi Papi) "e' intrinsecamente cattiva ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione". Sono questi in realta' i termini del problema.

© Copyright (AGI)
S_Daniele
00martedì 6 ottobre 2009 19:17
Il vescovo dice sì al preservativo se il coniuge ha l’Aids

di Andrea Tornielli

Roma
A una coppia di coniugi, uno dei quali è stato contagiato dall’Aids, «io raccomanderei l’uso del preservativo». Lo ha detto ieri, rispondendo alla domanda di un giornalista, il cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson, relatore generale al Sinodo sull’Africa. «Il preservativo è importante - ha risposto il porporato - ma bisogna rilanciare insieme gli aspetti della fedeltà nell’ambito della coppia». «Ci sono preservativi - ha continuato - che danno false sicurezze a causa della loro qualità e fanno aumentare il contagio. Certo io raccomanderei l’utilizzo dei preservativi ma anche questo è un rischio perché ce ne sono in giro troppi di bassa qualità». Notoriamente contraria all’uso del profilattico, la Chiesa ha più volte discusso del caso di rapporti matrimoniali a rischio Aids.
Già nel 1989 i vescovi francesi si dichiararono favorevoli al condom per la lotta all’Aids. Nel 2000, l’allora arcivescovo di Genova Dionigi Tettamanzi aveva detto sì al profilattico nella coppia se la moglie di un contagiato fosse stata costretta ad avere rapporti sessuali. Nel 2004 era stato il cardinale di Bruxelles, Godfried Dannels, a dire che il sesso con un sieropositivo andrebbe evitato, ma se avvenisse, il profilattico andrebbe usato «per non disobbedire al comandamento che condanna l’omicidio». L’anno dopo era stato il «ministro della sanità» del Vaticano, il cardinale Lozano Barragán ad affermare che la Chiesa ribadisce l’illiceità del preservativo, ma senza voler giudicare «il comportamento» di singole persone «che si trovano in particolari situazioni». Un’apertura era venuta infine, nel 2005, anche dal cardinale George Cottier, teologo della Casa pontificia, che aveva definito «un gesto di tutela della vita» l’uso del condom in certe situazioni. Come si ricorderà, l’efficacia delle campagne di prevenzione dell’Aids che puntano sulla distribuzione dei profilattici era stata contestata lo scorso 17 marzo da Benedetto XVI, durante la conferenza stampa sul volo che lo portava in Camerun. Sei mesi dopo quell’intervento, l’epidemiologo René Ecochard, responsabile del servizio di biostatistica dell’università di Lione, ha definito «semplicemente realistiche» le parole di Ratzinger, ricordando che l’Uganda è l’unico Paese in cui il numero dei malati si è drasticamente ridotto perché «oltre alla campagna sul preservativo, ne ha svolta un’altra molto ampia basata sul trittico “abc” (astinenza, fedeltà, preservativo)».
Durante la conferenza stampa di ieri il cardinale Turkson ha anche detto che la Chiesa è senz’altro pronta ad accogliere un Papa nero. Il porporato, candidato alla guida del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace al posto del dimissionario cardinale Martino, pare non voglia lasciare l’Africa per la curia romana. Il successore di Martino dovrebbe essere un altro africano, il cardinale di Dakar, Théodore-Adrien Sarr.

© Copyright Il Giornale, 6 ottobre 2009 consultabile online anche
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S_Daniele
00mercoledì 7 ottobre 2009 08:58
Dichiarazioni del Card. Turkson sul preservativo e la prevenzione dell'Aids

ROMA, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).

Pubblichiamo di seguito la traduzione della trascrizione integrale della risposta alla domanda di un giornalista data dal Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), in occasione della conferenza stampa di lunedì per la presentazione della "Relazione prima della discussione" (Relatio ante disceptationem) della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (4 - 25 ottobre 2009).

* * *

La questione dell'Hiv/Aids... penso che in Africa ci siano molti scenari diversi che riguardano la questione dell'Hiv/Aids. Nell'Africa meridionale c'è una situazione tragica, molto pressante, ed è a questa che rimanda la maggior parte dei riferimenti sulla situazione dell'Hiv. Ho un'esperienza personale legata al Botswana, dove ho trascorso del tempo e ho testimoniato il fatto che quasi ogni fine settimana quattro-cinque persone vengono seppellite, giovani e non. E' come dissipare la forza-lavoro della Nazione, e l'effetto è negativo. Per quanto riguarda i rimedi, penso ce ne siano due prevalenti... Ora sono stati scoperti gli antiretrovirali, e quindi per fermare la diffusione dell'Hiv/Aids ci sono o gli antiretrovirali o l'utilizzo del preservativo, a meno che non si considerino l'astinenza e la fedeltà al partner... Abbiamo imparato dal Ghana: non abbiamo condotto una ricerca totale e approfondita su questo, ma disponiamo dei dati che abbiamo ricevuto dai nostri ospedali.

In Ghana la Chiesa cattolica gestisce circa il 30% di tutte le strutture sanitarie nel Paese; insieme al Governo, abbiamo fornito il più alto numero di strutture sanitarie, così da questa piccola ricerca abbiamo scoperto nei nostri ospedali che quando la gente propone l'uso del preservativo, questo diventa efficace solo in famiglie in cui si decide anche di rimanere fedeli.
L'uso ordinario del preservativo solo come modo per fermare l'Aids non è la risorsa adatta al nostro caso.
Quando i giovani ricorrono al preservativo, lo fanno solo quando c'è anche la fedeltà, nella situazione in cui uno dei partner può essere affetto da Hiv/Aids. Quanto si verifica questo caso, parliamo chiaramente, stiamo parlando di un prodotto di fabbrica, ce ne sono di varie qualità. Arrivano dei preservativi in Ghana (dove con il caldo scoppiano durante i rapporti), e quando è così questo dà ai poveri un falso senso di sicurezza che piuttosto facilita la diffusione dell'Hiv/Aids.
In questo caso, siamo riluttanti anche davanti ai rapporti coniugali e di gente fedele. La gente è restia a parlarne. La nostra preoccupazione principale e la nostra priorità sono tali che ciò di cui parleremo come prima cosa sarà probabilmente questo: l'astinenza, la lealtà e la fedeltà, e l'evitare il sesso se non è il caso.

Come ho suggerito una volta a un tizio, se qualcuno viene da me con l'Hiv/Aids e vuole il mio punto di vista, il so che in tutte le situazioni di assistenza pastorale il pastore non decide mai cosa deve fare una persona. Vale lo stesso nelle situazioni di assistenza psicologica: tu esponi le questioni, le discuti con la persona e le permetti di prendere la propria decisione. E non sottovaluterei la possibilità che qualcuno che ha l'Aids, riconoscendo il proprio impegno cristiano, decida semplicemente di astenersi dal sesso. Non ne ho incontrati tanti, ma qualcuno sì; qualche cristiano e cattolico che, riconoscendo di avere l'Aids, si è astenuto o ha rifiutato di fare sesso per la paura di contagiare.

Alcuni, in questa situazione, avrebbero raccomandato l'uso del condom da parte del partner con l'Hiv/Aids per evitare di diffonderlo, ma nella nostra parte del mondo anche l'uso del preservativo a volte è rischioso, nel senso che avremo casi di preservativi scoppiati durante il rapporto, e sono state le persone stesse a parlarne, altrimenti non lo avremmo saputo nei nostri ospedali. Per questo, anche se avessimo fornito dei condom di alta qualità, molto probabilmente nessuno avrebbe potuto parlarne con certezza, ma questo non è il nostro caso. Vorrei quindi che le risorse disponibili per produrre preservativi fossero spese per finanziare i medicinali antiretrovirali. Penso che in Africa saremmo più felici di avere gli antiretrovirali. Se me lo chiedessero direi: fateci usare le risorse destinate a produrre preservativi per sostenere la produzione di farmaci antiretrovirali perché possano essere più alla portata delle persone. Ora non sono disponibili per molti a causa del costo. Se ci fossero i modi per abbattere i costi, sarebbe probabilmente il più grande favore che si potrebbe fare a quanti soffrono per l'Hiv/Aids.

[Traduzione del testo originale in inglese a cura di ZENIT]
S_Daniele
00mercoledì 7 ottobre 2009 13:21
Il Papa ha ragione: l’AIDS non si ferma con il condom

Intervista al dott. Renzo Puccetti e al dott. Cesare Cavoni



di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 6 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Hanno destato scalpore le dichiarazioni del Cardinale del Ghana Peter Kodwo Appiah Turkson, in merito all’uso del profilattico all’interno di una coppia dove uno dei due è contagiato dall’AIDS.

Rispondendo alle domande di un giornalista il relatore generale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha spiegato che è più efficace investire in farmaci antiretrovirali piuttosto che in preservativi al fine di contenere la diffusione dell'AIDS.

La risposta ha riaperto il dibattito sull’uso dei profilattici come tecnica per contrastare la diffusione dell’Hiv.

Sulla questione il Pontefice Benedetto XVI si era già espresso e ne era nata una tempesta mediatica.

Per cercare di comprendere quali sono le argomentazioni che sottostanno al dibattito e che sembrano coinvolgere così tanti interessi, ZENIT ha intervistato il dott. Renzo Puccetti e il dott. Cesare Cavoni, il primo medico, l’altro docente di bioetica e giornalista di Sat2000, conduttore del programma “2030 tra scienza e coscienza”, che hanno appena consegnato all’editore il libro “Il Papa ha ragione! L’Aids non si ferma con il condom” (Fede & Cultura).

Cosa pensate delle dichiarazioni del Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson in merito all’uso del profilattico?

Puccetti: A leggere i giornali sono rimasto allibito, poi però ho letto la trascrizione dell'intervento del Cardinale e allora ho compreso che si trattava dell'ennesimo caso di distorsione del messaggio. Il Cardinale per prima cosa non si è soffermato su una valutazione morale della questione, allo stesso tempo attraverso le sue dichiarazioni non si è per niente discostato dal costante insegnamento morale della Chiesa.

Il Cardinale riconosce, come è logico, che insieme ai farmaci antiretrovirali, l'uso del preservativo si oppone alla diffusione dell'AIDS nei casi in cui non si ricorra all'astinenza e alla fedeltà. Si sta parlando quindi di quanto teoricamente può essere messo in campo.

Il Cardinale poi prosegue riferendo l'esperienza dei presidi sanitari del Ghana riconducibili alla Chiesa Cattolica, secondo cui nelle famiglie in cui è stato proposto il preservativo la prevenzione ha funzionato soltanto se ci si è risolti ad abbracciare la fedeltà. Il Cardinale ha ricordato che anche in caso di rapporti tra persone sierodiscordanti il ricorso al preservativo è fonte di una falsa sicurezza, aggravata dal fatto di affidarsi ad un manufatto.

Quando il presidente dell'Uganda ha dato il via alla strategia ABC (Abstinence, Be faithful, Condom) che si è rivelata estremamente efficace nel contrastare l'epidemia di AIDS e che poi è stata presa a modello con pari successo in altri paesi africani, egli diceva cose assai simili a quello che ieri ha detto il Cardinale: la vita non può essere giocata affidandola ad un sottile strato di lattice.

Ma il preservativo serve o no a fermare l'AIDS?

Puccetti: Non è facile rispondere in modo secco, ma se devo dire se il preservativo serve a fermare l'AIDS nelle epidemie generalizzate la risposta che mi sento di dare sulla base del corpo di conoscenze scientifiche disponibili è "no".

Perché potesse funzionare l'uomo dovrebbe essere qualcosa di non troppo diverso da un topolino in una gabbia a cui prima di ogni copula qualcuno infila il preservativo. In quel caso il preservativo potrebbe essere utile.

Siccome però l'uomo non è un topolino, non vive nelle gabbie e non ci sono professionisti pronti ad infilare il condom, non ci deve stupire che l'efficacia teorica non la si ritrovi poi sul terreno della vita reale.

Perchè avete deciso di scrivere un libro su questo tema?

Cavoni: Questo libro nasce da una triste constatazione, e cioè che spesso l’informazione parla di fatti che non conosce e, per giunta, li deforma. È quello che è successo durante la prima visita del Papa in Africa nel marzo di quest’anno.

Ecco: il libro nasce da questa tristezza e, anche, dalla rabbia di vedere calpestati i principi fondamentali di una corretta informazione. Nello stesso tempo ci sembrava doveroso far conoscere al pubblico i fatti così come si erano svolti e, in qualche modo, far partire gli occhi all’opinione pubblica, in modo tale che non prenda come oro colato goffe strumentalizzazioni, perpetrate per motivi ideologici, per superficialità o per entrambe i fattori.

Come è impostato il libro e quali sono gli argomenti che sollevate per dire che il Papa ha ragione?

Puccetti: Il libro si articola in due parti. Nella prima è stato ricostruito con fedeltà assoluta il lavoro di impiastricciamento delle dichiarazioni del Santo Padre; dalla lettura del libro diventa oltremodo evidente la progressiva distorsione del messaggio operata con aggiunte, omissioni, sostituzioni. Abbiamo poi trascritto, così come fate voi oggi con quelle del Cardinale Turkson, le parole esatte del Pontefice al giornalistra francese che aveva posto la domanda sul preservativo. Nella seconda parte del libro abbiamo riassunto al meglio delle nostre capacità il panorama di conoscenze offerto dalla letteratura scientifica internazionale in tema di applicazione clinica della prevenzione mediante la promozione dell'uso del condom.

Abbiamo prestato particolare attenzione ai numeri, perché riteniamo che essi possano essere una base di discussione condivisa a prescindere dall'orientamento religioso. Quando un mio interlocutore mostra di essere sorpreso se dichiarazioni di eminenti scienziati confermano quanto dice il Papa, non posso che dedurne la scarsa conoscenza dei dati che nel corso degli anni si sono sedimentati e della vastità delle voci che su riviste internazionali come The Lancet o il British Medical Journal hanno replicato agli editoriali di quelle stesse riviste. Qualche giorno fa mi sono imbattuto alla televisione in un signore piuttosto corpulento che definiva "una cavolata" le parole del Papa, poi mi sono accorto che si trattava della stessa persona che spesso appare sullo schermo con una grande parruccona bionda. Beh, se chiunque può alzarsi la mattina e dare giudizi come se fosse un epidemiologo clinico, forse allora un libro che spieghi come stanno le cose può essere utile. Sono convinto che tanta parte di una bioetica in cui è sempre più difficile ravvisare qualche traccia di etica deriva da una sciatteria scientifica davvero preoccupante.

Perchè tanto clamore alle parole del Papa e come è avvenuta la disinformazione?

Cavoni: Tutti i maggiori quotidiani nazionali ed internazionali, si sono scagliati, direttamente o indirettamente contro il Pontefice, reo di aver detto che i ‘preservativi’ non risolvono i problemi in Africa anzi li aggravano.Le critiche si sono poi accentuate nel momento in cui sono arrivati i rilevi, più feroci, da parte di vari esponenti di governo europei e perfino la risoluzione del parlamento belga che chiedeva al Papa di smentire quanto affermato.

Il punto è che chi prende posizioni così forti, si presume che sappia che cosa ha detto davvero il Papa; e invece non è andata così. Tutti parlavano ma pochi avevano ascoltato. Tant’è che in un secondo momento, molti scienziati, hanno confermato i concetti espressi da Benedetto XVI.

Dobbiamo pensare che per molte persone la prima e unica fonte di informazione, di acculturamento, o di semplice conoscenza della realtà circostante, è detemirminata da giornali e telgiornali. Vige ancora, insomma, il classico ‘l’ha detto il telegiornale’, oppure, ‘l’ho letto sul giornale’, e questo a conferma della veridictà di quanto si è appreso.

I mezzi di informazione acquisiscono cioè un principio di autorità potentissimo. Se dunque le cose, i fatti, le notizie presentate si basano su ricostruzioni parziali o sbocconcellate della realtà, il lettore riceverà in dono una lettura della realtà deformata, non corrispondente al vero. Con questa tecnica si può addirittura creare una realtà virtuale parallela a quella reale.

Se io, dovendo riportare le parole del Papa, e commentarle, non le ascolto e non le riporto correttamente, rischio di commentare qualcosa che non è stato detto o è stato detto in maniera sostanzialmente diversa.

Il problema delle fonti giornalistiche, che devono essere accessibili eccetera eccetera, di cui si parla tanto in queste settimane, non vale solo, e non tanto, per gli atti, pubblici, delle procure, ma per l’abc del giornalismo: essere testimoni di quanto ci si appresterà a descrivere.

Non stiamo parlando di una fumosa oggettività, di imparzialità; no, stiamo parlando del fatto che devo essere presente sulla scena del fatto che descrivo. E se questo non è possibile, visto che nel caso specifico, non tutti i giornalisti possono essere al seguito del Pontefice, quanto meno mi prendo la briga di riascoltare, parola per parola, ciò che davvero il Papa ha detto e perché lo ha detto.

Invece in molti si sono fidati del sentito dire, di un primo testo, scorretto. Il resto è ordinaria storia di disinformazione.
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