Questa "grande speranza" non è un’utopia astratta, non un sogno fonte di illusioni, non un’evasione dall’esistenza quotidiana. Al contrario accende qualcosa di nuovo nella storia: riprende tutti i valori e le necessità della vita umana, li conferma, li purifica, li eleva e li trasforma in quell’esperienza nuova di vita che viene dalla salvezza di Cristo. Lui ama la vita dell’uomo: per questo la vuole salva! Con lui si apre così lo spazio per qualcosa di inatteso, di inedito, di rivoluzionario nella vita delle persone e della società.
Ora la festa dell’Assunta ci chiede uno sguardo nuovo e un atteggiamento nuovo nei riguardi, anzitutto, della stessa vita umana. Con l’assunzione nella gloria e nella gioia di Dio, Maria sperimenta il massimo trionfo della sua vita, della sua vita umana in anima e corpo. E’ per lei, questo trionfo; ma non solo, perché può e deve riflettersi anche su di noi. E così questo trionfo viene a rivestire una portata storica, sociale e culturale d’enorme importanza per lo sviluppo della "cultura della vita" di fronte a quella "cultura della morte" che tanto grava nel nostro mondo.
Certo, sono innumerevoli e svariatissime le concretizzazioni di questa cultura di morte: sia pure nella loro diversa gravità, tutte sono da ricordare, perché tutte sono inaccettabili. Sì, tutte: non c’è verità, non c’è autenticità se per alcune c’è denuncia e rifiuto, mentre per altre si riserva silenzio, tolleranza, accettazione, rivendicazione.
Oggi, festa dell’Assunta o del trionfo pieno della vita umana, sento forte il bisogno e grave il dovere pastorale, nel contesto che stiamo vivendo – quello cioè delle discussioni attuali sulla vita nascente – dire una chiara e precisa parola sull’inviolabilità della vita di ogni essere umano: una parola offerta al credente e insieme ad ogni persona di buona volontà.
E’ doveroso discutere di una pratica abortiva che comporta pericoli e rischi riguardanti, tra l’altro, la salute della donna, la non conformità con una legge dello Stato, la non considerazione di tutti i titolari dei diritti in gioco, la privatizzazione estrema e la banalizzazione di un gesto umano che esige grande responsabilità. Ma questi e altri pericoli non possono sostituire o mettere tra parentesi la questione centrale e decisiva, quella che tocca la sostanza delle cose: e questa è l’eliminazione di un essere umano, sia pure nei suoi primi stadi di sviluppo, essere umano che viene derubato del diritto fontale alla vita. L’espressione per me familiare e continua "I diritti dei deboli non sono diritti deboli" trova qui, nella debolezza tipica della vita nascente, una sua applicazione particolarmente paradigmatica.
In questa discussione poi non può affatto mancare un’attenzione altrettanto decisiva per il giusto sviluppo della società e della sua civiltà: quella dell’opera educativa-formativa, che per la Chiesa Maestra e Madre – annunciatrice e testimone del Vangelo e della dignità di ogni uomo – è primaria e assolutamente irrinunciabile. Sì, è un’opera educativa sempre aperta, lunga, difficile, faticosa, a confronto continuo con ideologie e posizioni di rifiuto, ma è vincente perché è l’unica che dice amore vero per ogni uomo e che sa sprigionare autentico senso della vita, della sua dignità e inviolabilità: a beneficio di tutti, e in ogni campo della convivenza sociale.
Sia benedetto ogni sforzo che viene fatto per illuminare la coscienza morale, fortificare il cuore e incoraggiare gesti di generosità per la custodia e per il servizio alla vita. Anche questa è una grazia da implorare con fiducia dall’Assunta, da colei che ci ha donato l’autore della vita, Cristo Gesù!