08.01.2010di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, MilanoQuesta domenica è indicata come domenica del Battesimo di Gesù. Preferirei indicarla come seconda epifania, seconda manifestazione dopo la prima ai Magi. Il gesto compiuto da Gesù nel Giordano non deve essere confuso con il battesimo che noi abbiamo ricevuto. L'immersione nel fiume è momento inaugurale della cosiddetta vita pubblica di Gesù. Ne abbiamo la conferma in un testo degli Atti. Quando si trattò di scegliere un discepolo che prendesse il posto di Giuda, venne posta una condizione: che fosse stato testimone della vita di Gesù dal battesimo di Giovanni fino alla Ascensione al cielo (At 1,22). Quattro particolari del racconto lucano ci aiutano a cogliere il senso di questa manifestazione.
E' singolare che la vita pubblica di Gesù inizi mescolandosi alla folla che si accalca sulle rive del Giordano per ricevere il segno del battesimo di penitenza. Due volte il testo menziona il popolo assiepato sulle rive del fiume. Lo stile di Dio nel manifestarsi è davvero paradossale. Già i Magi avevano dovuto lasciare le luci di Gerusalemme per cercare il Messia lungo oscuri viottoli di campagna. Ed ora, all’inizio della sua vita pubblica, Gesù si manifesta nascondendosi tra la folla, confondendosi con una umanità che chiede al Battista il segno della penitenza. Anzi, secondo Matteo Giovanni Battista non vorrebbe compiere su Gesù il gesto penitenziale. Gesù invece vuole identificarsi con questa umanità.
Gesù è presentato in preghiera. Solo Luca ha questa annotazione. E Luca è singolarmente attento a cogliere l'intensa preghiera di Gesù soprattutto nei momenti cruciali della sua vita: quando le folle lo cercano (5,16); prima di chiamare gli apostoli (6,12); prima della 'confessione' di Pietro (9,18); durante un'altra 'epifania' cioè la Trasfigurazione (9,28); nell'ora della Passione (22,41; 23,34.46). Affiora in questa solitaria preghiera di Gesù la sua coscienza d'essere una cosa sola col Padre, il suo essere rivelazione del Padre.
Il cielo si aprì
Il cielo si aprì... E' questa una espressione consueta per indicare il comunicarsi di Dio all'uomo. La ritroviamo sulle labbra di Stefano morente: "Vedo i cieli aperti..." (At 7,56). Istintivamente noi alziamo gli occhi al cielo quando il peso dell'esistenza quotidiana ci opprime, ci schiaccia. Cielo aperto vuol dire allora apertura, speranza, futuro per l'uomo. Un poeta ha scritto: 'Lasciamo il cielo alle rondini e agli angeli'. Con Gesù il cielo è per l'uomo. Una comunicazione s'è ormai stabilita tra cielo e terra, tra il nostro quotidiano e il nostro destino ultimo. Secondo l'espressione stupenda di Osea 11,7, noi siamo "un popolo chiamato a guardare in alto". Ora il cielo si è aperto e quel Dio che nessuno può vedere si è manifestato a noi in Gesù. Questa è l'Epifania.
E infine: la voce proclama: Tu sei il Figlio mio, l’amato... Gesù di Nazareth è colui nel quale il Padre si rivela, si manifesta. Dirà Gesù (Gv 4,34): "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e portare a compimento la sua opera". Gesù non è venuto a dire parole proprie, originali, tali da mettere in mostra la sua persona. Egli è proteso nello sforzo di una continua obbedienza.
Possiamo dire che in questa manifestazione Gesù appare come 'trasparenza' del Padre. Trae dalla propria profonda comunione con il Padre i criteri della propria azione e i giudizi per le proprie valutazioni. In tutto ciò che fa intende esclusivamente rivelare il Padre, il suo amore. Così la sua dedizione ai poveri, ai piccoli non deriva tanto da una analisi della società, quanto dallo stile di Dio: il Padre ama ogni uomo, quindi non fa distinzioni. E' a partire da qui che per Gesù ogni emarginazione è un peccato religioso, una contraddizione con il volto del Padre. La seconda lettura ce lo ricorda con efficacia. E la comunione con il Padre affiora appunto nella preghiera. La preghiera di Gesù esprime la sua attenzione al piano di Dio: pensiamo alla notte del Getsemani, nella preghiera Gesù ritrova la forza per compiere la sua dedizione. Infine la preghiera di Gesù esprime la sua solitudine. Una solitudine che nasce dalla ricchezza d'essere sempre con Dio (Gv 16,32). A Gesù non bastava parlare con gli uomini, neppure bastava morire per i fratelli. Avverte una solitudine che solo Dio poteva colmare. La preghiera esprime la solitudine dell'uomo che si sente pellegrino verso l'Assoluto. Così la preghiera è segno che l'uomo è fatto per Dio. Davvero significativa la prima immagine pubblica di Gesù: in preghiera, nascosto tra la folla.