Che c'è tra me e te o donna?

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(Teofilo)
00mercoledì 2 dicembre 2009 22:37

Giov 2,3 Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».

4 E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».

5 La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».

Questa frase ha dato origine a molte spiegazioni. Mi piacerebbe sapere dagli altri partecipanti al gruppo, cosa ne pensano del senso della strana espressione di Gesù a Maria sua madre, su cui spesso mi soffermo a riflettere perchè sono convinto che contiene più di quanto sembri a prima vista.
Forse col vostro contributo potrò arricchire o cambiare idea sulla conclusione a cui sono pervenuto.


Con affetto

iyvan
00giovedì 3 dicembre 2009 15:36
Ci provo, anche se posso sbagliare.
Si potrebbe pensare che l'affermazione di Gesù, apparentemente dura verso la madre, volesse significare che lo scopo della Sua venuta era soprattutto per motivi spirituali e non per concedere grazie meramente materiali.
E' anche vero che queste grazie avvennero, ma solo perchè l'uomo ha sempre bisogno di prove per credere.
Nell'episodio di Cana, la richiesta di Maria sembrava avere il solo scopo di favorire il buon andamento della cerimonia.
Forse, in questa occasione, Gesù potrebbe aver voluto evidenziare la distinzione tra la sua umanità e la sua divinità.
La Sua divinità potrebbe avergli fatto dire "Che ho da fare con te, o donna?", nel senso cioè che, prima di essere suo figlio, era una manifestazione divina che non può prestarsi a richieste del genere fini a se stesse.
Inoltre, solo Dio, e non certo un umano, può determinare quando operare, e per Gesù non era ancora il tempo.
Ma Gesù era anche uomo, ed è alla sua umanità che Maria si appellò, ben certa che, come figlio, non avrebbe potuto negarglielo.

Oppure, dato che lo scritto non può enunciare il tono con cui una frase viene detta,  potrebbe più semplicemente trattarsi di una bonaria esclamazione di Gesù verso la madre, la quale pretendeva di precorrere i tempi facendogli fare ciò che ancora non era tempo di fare.
Un po' come noi stessi, di fronte a certe richieste, potremmo dire: "Ma insomma, come te lo devo dire che non sei tu a dovermi dire quando devo fare qualcosa", ma poi magari lo facciamo ugualmente per amore verso chi ce lo chiede.

Io propenderei per la seconda interpretazione.
enricorns
00giovedì 3 dicembre 2009 16:17

Se in questa luce possiamo capire molto bene l’atteggiamento e le parole di Maria, ci resta ancor più difficile comprendere la risposta di Gesù. Già l’appellativo non ci piace: "Donna" – perché non dice: madre? In realtà, questo titolo esprime la posizione di Maria nella storia della salvezza. Esso rimanda al futuro, all’ora della crocifissione, in cui Gesù le dirà: "Donna, ecco il tuo figlio – figlio, ecco la tua madre!" (cfr Gv 19, 26-27). Indica quindi in anticipo l’ora in cui Egli renderà la donna, sua madre, madre di tutti i suoi discepoli. D’altra parte, il titolo evoca il racconto della creazione di Eva: Adamo, in mezzo alla creazione con tutta la sua ricchezza, come essere umano si sente solo. Allora viene creata Eva, e in lei egli trova la compagna che aspettava e che chiama con il titolo di "donna". Così, nel Vangelo di Giovanni, Maria rappresenta la nuova, la definitiva donna, la compagna del Redentore, la Madre nostra: l’appellativo apparentemente poco affettuoso esprime invece la grandezza della sua missione.

Ma ancora meno ci piace tutto il resto della risposta che Gesù a Cana dà a Maria: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora" (Gv 2, 4). Noi vorremmo obiettare: Molto hai da fare con lei! È stata lei a darti carne e sangue, il tuo corpo. E non soltanto il tuo corpo: con il "sì" proveniente dal profondo del suo cuore ti ha portato in grembo e con amore materno ti ha introdotto nella vita e ambientato nella comunità del popolo d’Israele. Se così parliamo con Gesù, siamo già sulla buona strada per comprendere la sua risposta. Poiché tutto ciò deve richiamare alla nostra memoria che nella Sacra Scrittura esiste un parallelismo con il dialogo che Maria aveva avuto con l’Arcangelo Gabriele, nel quale ella dice: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38). Questo parallelismo si trova nella Lettera agli Ebrei che, con parole tratte dal Salmo 40 ci racconta del dialogo tra Padre e Figlio – quel dialogo nel quale si s’avvia l’incarnazione. L’eterno Figlio dice al Padre: "Tu non hai voluto né sacrifici né offerte, un corpo invece mi hai preparato… Ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà" (Ebr 10,5-7; cfr Sl 40,6-8). Il "si" del Figlio: "Vengo per fare la tua volontà", e il "sì" di Maria: "Avvenga di me quello che hai detto" – questo duplice "sì" diventa un unico "sì", e così il Verbo diventa carne in Maria. In questo duplice "sì" l’obbedienza del Figlio si fa corpo, Maria gli dona il corpo. "Che ho da fare con te, o donna?" Quello che nel più profondo hanno da fare l’uno con l’altra, è questo duplice "sì", nella cui coincidenza è avvenuta l’incarnazione. È a questo punto della loro profondissima unità che il Signore mira con la sua parola. Lì, in questo comune "sì" alla volontà del Padre, si trova la soluzione.Dobbiamo incamminarci anche noi verso questo punto; lì emerge la risposta alle nostre domande.

Partendo da lì comprendiamo anche la seconda frase della risposta di Gesù: "Non è ancora giunta la mia ora". Gesù non agisce mai solamente da sé; mai per piacere agli altri. Egli agisce sempre partendo dal Padre, ed è proprio questo che lo unisce a Maria, perché là, in questa unità di volontà col Padre, ha voluto deporre anche lei la sua richiesta. Per questo, dopo la risposta di Gesù, che sembra respingere la domanda, lei sorprendentemente può dire ai servi con semplicità: "Fate quello che vi dirà!" (Gv 2,5). Gesù non fa un prodigio, non gioca col suo potere in una vicenda in fondo del tutto privata. Egli pone in essere un segno, col quale annuncia la sua ora, l’ora delle nozze, dell’unione tra Dio e l’uomo. Egli non "produce" semplicemente vino, ma trasforma le nozze umane in un’immagine delle nozze divine, alle quali il Padre invita mediante il Figlio e nelle quali Egli dona la pienezza del bene. Le nozze diventano immagine della Croce, sulla quale Dio spinge il suo amore fino all’estremo, dando se stesso nel Figlio in carne e sangue – nel Figlio che ha istituito il Sacramento, in cui si dona a noi per tutti i tempi. Così la necessità viene risolta in modo veramente divino e la domanda iniziale largamente oltrepassata. L’ora di Gesù non è ancora arrivata, ma nel segno della trasformazione dell’acqua in vino, nel segno del dono festivo, anticipa la sua ora già in questo momento.

La sua "ora" definitiva sarà il suo ritorno alla fine dei tempi. Egli però anticipa continuamente questa ora nell’Eucaristia, nella quale viene sempre già ora. E sempre di nuovo lo fa per intercessione della sua Madre, per intercessione della Chiesa, che lo invoca nelle preghiere eucaristiche: "Vieni, Signore Gesù!" Nel Canone la Chiesa implora sempre di nuovo questa anticipazione dell’"ora", chiede che venga già adesso e si doni a noi. Così vogliamo lasciarci guidare da Maria, dalla Madre delle grazie di Altötting, dalla Madre di tutti i fedeli, verso l’"ora" di Gesù. Chiediamo a Lui il dono di riconoscerlo e di comprenderlo sempre di più. E non lasciamo che il ricevere sia ridotto solo al momento della Comunione. Egli rimane presente nell’Ostia santa e ci aspetta continuamente. L’adorazione del Signore nell’Eucaristia ha trovato a Altötting nella vecchia camera del tesoro un luogo nuovo. Maria e Gesù vanno insieme. Mediante lei vogliamo restare in dialogo col Signore, imparando così a riceverlo meglio. Santa Madre di Dio, prega per noi, come a Cana hai pregato per gli sposi! Guidaci verso Gesù – sempre di nuovo! Amen!

tratto da: Omelia nella Santa messa presso la piazza del santuario di Altötting (11 settembre 2006)

iyvan
00giovedì 3 dicembre 2009 17:51
Ehhhhhh ... con tutto il rispetto per chi ha tenuto questa omelia, ma mi sembra che si sia andati ben oltre con accostamenti che, a dir poco, sono visibilmente forzati. Credevo di aver fatto io una forzatura, ma qui si è proprio esagerato.  A questo punto si potrebbero costruire più romanzi, uno diverso dall'altro.
Il termine "donna", per esempio, riflette semplicemente quella che era la cultura ebraica e rientrava quindi nel liinguaggio comune di allora.
Apostrofare oggi la madre in questo modo, per noi sarebbe una mancanza di rispetto, ma non era così nel linguaggio di allora, a meno che non si volesse evidenziare, usando questo termine generico,  un'inferiorità e sudditanza nei confronti dell'uomo in una società strettamente patriarcale.
Probabilmente Gesù non intendeva questo, ma il linguaggio non poteva che essere quello in uso.
Mi sembra invece che si sia voluto attribuire il valore della nostra terminologia a quella di quei tempi.
enricorns
00giovedì 3 dicembre 2009 18:48
mi sono dimenticato di dire che l'omelia è stata dettata da Benedetto XVI
S_Daniele
00giovedì 3 dicembre 2009 22:09
Re:
iyvan, 03/12/2009 17.51:

Ehhhhhh ... con tutto il rispetto per chi ha tenuto questa omelia, ma mi sembra che si sia andati ben oltre con accostamenti che, a dir poco, sono visibilmente forzati. Credevo di aver fatto io una forzatura, ma qui si è proprio esagerato.  A questo punto si potrebbero costruire più romanzi, uno diverso dall'altro.
Il termine "donna", per esempio, riflette semplicemente quella che era la cultura ebraica e rientrava quindi nel liinguaggio comune di allora.
Apostrofare oggi la madre in questo modo, per noi sarebbe una mancanza di rispetto, ma non era così nel linguaggio di allora, a meno che non si volesse evidenziare, usando questo termine generico,  un'inferiorità e sudditanza nei confronti dell'uomo in una società strettamente patriarcale.
Probabilmente Gesù non intendeva questo, ma il linguaggio non poteva che essere quello in uso.
Mi sembra invece che si sia voluto attribuire il valore della nostra terminologia a quella di quei tempi.



Credo che Benedetto XVI nella sua omelia stia sostenendo che il breve dialogo tra Gesù e la madre sia stato impostato dall'evangelista Giovanni in un senso più ampio, e che quelle frasi abbiano un senso molto teologico e escatologico, il richiamo al termine Donna potrebbe essere, sempre teologicamente parlando, alla rievocazione di Eva quale prima Donna e alla Donna citata sempre in Genesi dalla quale nascerà colui che schiaccerà la testa al serpente, quest'ultimo per noi per l'appunto è Cristo.
Non la vedo questa spiegazione tanto assurda, naturalmente può essere condivisa o meno.

Caterina63
00venerdì 4 dicembre 2009 09:13
[SM=g7427] la richiesta di Teofilo e i vostri preziosi contributi ci dimostrano l'errore della dottrina del Sola Scriptura perchè la Parola di Dio, come stiamo vedendo, si presta a diverse interpretazioni...

L'omelia (per altro stupenda) di Benedetto XVI in occasione del suo viaggio in Baviera, raccoglie diversi quadri riguardanti Maria e di conseguenza non risponde direttamente all'osservazione di Teofilo [SM=g8468] tuttavia dà una risposta, meravigliosamente TEOLOGICA, all'interno di un contesto più ampio nello stile tipico che usavano fare i Padri della Chiesa, quale esempio lo potete notare qui:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

Nei Vangeli si possono individuare tre periodi tra i rapporti fra Gesù e Maria:

1. la vita nascosta: l'infanzia
2. la vita pubblica: i tre anni della predicazione
3. l'ORA: cioè il momento della passione, morte e risurrezione.

nel primo periodo troviamo lo "smarrimento di Gesù al tempio" che termina sia con la rivelazione della missione di Gesù ma al tempo stesso con la sua SOTTOMISSIONE ai suoi genitori... [SM=g8864]

Nel secondo periodo le cose cambiano...Gesù deve dimostrare ed insegnare come la sua volontà è unita e proviene dal Padre...è come se Gesù avesse detto alla Madre: "ora non devi più intervenire NELLA MIA VITA..." l'importante è che non si interpreti questo episodio come un rimprovero di Gesù alla Madre, al contrario, è IL PROGRESSO DELLA FEDE [SM=g8864] INFATTI, richiamando la Genesi, Gesù chiama ancora una volta Maria "donna", come a Cana. Ella diventa la nuova Eva, riceve la missione di essere madre di ogni discepolo.
Il "vino nuovo" è frutto dell'"ora" di Gesù (IL TERZO PERIODO): «D'ora in poi non berrò più di questo frutto della vite, fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio» (Mt 26,29). Il vino è il segno della gioia e della festa, di ciò che serve non per "sopravvivere" ma per vivere in pienezza...

Occorre infatti leggere attentamente quando Giovanni, scrivendo della Vergine-Madre,adopera parole diverse. Se riporta il termine con cui Gesù si rivolge alla mamma, usa la parola gynai, "donna", appellativo nobilissimo per quel tempo....Così avviene a Cana (2, 4) contro ogni costume sociale ebraico,e sotto la croce (19, 26).
Invece, nella narrazione di ciò che accade sotto la croce di Gesù, Maria per due volte viene detta in modo assoluto ê mêtêr, "la madre". [SM=g8864] Cioè viene sottolineata la maternità della Madonna nei riguardi del popolo di Dio, e messo in rilievo il compimento della sua vocazione ad essere la Madre per eccellenza, figura della Chiesa-Madre, che sarà Madre di tutti i fedeli.

Quindi a Cana è come se Gesù avesse detto alla Madre: Adesso stiamo entrando nella fase in cui tu devi farti da parte. Nella mia ora, insieme al vino nuovo della Pasqua ti donerò ai miei discepoli come madre.....
l'eccezionalità dell'evento sta in due aspetti importanti già rilevati dai Padri della Chiesa:

a. Maria INTUISCE IL PERICOLO che può portare quella festa di matrimonio ad un fallimento, ecco che piena di fede INTERCEDE presso il Figlio perchè sa che può salvare la situazione;

b. Maria pur comprendendo la risposta del Figlio, SUPERA I CANONI DEL PROGETTO DI DIO E VA OLTRE....come a dire: anche se non è giunta la tua ora, TU SE VUOI PUOI SALVARE QUESTA SITUAZIONE....

Maria infatti NON risponde al Figlio, ma si rivolge ai servi: FATE TUTTO QUELLO CHE VI DIRA' DI FARE....perchè sa che otterrà la grazia...Anche questa volta la sua umiltà viene esaltata: Gesù compie il miracolo del vino come gesto che esprime in anticipo il frutto della sua ora: la festa della liberazione piena, della vittoria di sulla morte.
Maria, immagine e modello di ogni discepolo, ci invita a fare come lei e ci accompagna nel nostro esodo....con piena fiducia in Cristo anche quando chiediamo nei momenti meno opportuni...

Nell'omelia di Benedetto XVI postata da enricorns manca la prima parte del discorso che vale la pena ora di unire a quanto abbiamo detto perchè ci aiuta a comprendere la questione:

"Infine, nel brano evangelico, Maria rivolge al suo Figlio una richiesta in favore degli amici che si trovano in difficoltà. A prima vista, questo può apparire un colloquio del tutto umano tra Madre e Figlio e, infatti, è anche un dialogo pieno di profonda umanità. Tuttavia Maria si rivolge a Gesù non semplicemente come a un uomo, sulla cui fantasia e disponibilità a soccorrere sta contando. Lei affida una necessità umana al suo potere – a un potere che va al di là della bravura e della capacità umana. E così, nel dialogo con Gesù, la vediamo realmente come Madre che chiede, che intercede. Vale la pena di andare un po' più a fondo nell'ascolto di questo brano evangelico: per capire meglio Gesù e Maria, ma proprio anche per imparare da Maria a pregare nel modo giusto. Maria non rivolge una vera richiesta a Gesù. Gli dice soltanto: "Non hanno più vino" (Gv 2,3).

Le nozze in Terra Santa si festeggiavano per una settimana intera; era coinvolto tutto il paese, e si consumavano quindi grandi quantità di vino. Ora gli sposi si trovano in difficoltà, e Maria semplicemente lo dice a Gesù. Non dice a Gesù che cosa Egli deve fare. Non domanda una cosa precisa, e per niente chiede che Egli compia un miracolo mediante il quale produrre del vino. Semplicemente affida la cosa a Gesù e lascia a Lui la decisione su come reagire.
Vediamo così nella semplice parola della Madre di Gesù due cose:
- da una parte, la sua sollecitudine affettuosa per gli uomini, l'attenzione materna con cui avverte l'altrui situazione difficile;
- vediamo la sua bontà cordiale e la sua disponibilità ad aiutare.
È questa la Madre, verso la quale la gente da generazioni si mette in pellegrinaggio qui ad Altötting. A lei affidiamo le nostre preoccupazioni, le necessità e le situazioni penose. La bontà pronta ad aiutare della Madre, alla quale ci affidiamo, è qui nella Sacra Scrittura, che la vediamo per la prima volta.

Ma a questo primo aspetto molto familiare a tutti noi se ne unisce ancora un altro, che facilmente ci sfugge: Maria rimette tutto al giudizio del Signore. A Nazaret ha consegnato la sua volontà immergendola in quella di Dio: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38). Questo è il suo permanente atteggiamento di fondo. E così ci insegna a pregare: non voler affermare la nostra volontà e i nostri desideri, per quanto essi siano importanti per noi, per quanto essi siano sensati per noi, di fronte a Dio, ma portarli a lui e lasciare a Lui di decidere ciò che intende fare. Da Maria impariamo la bontà pronta ad aiutare, anche l'umiltà e la generosità di accettare la volontà di Dio, dandogli fiducia nella convinzione che la sua risposta, qualsiasi essa sia, sarà il nostro, sarà il mio vero bene".

[SM=g7427]
iyvan
00venerdì 4 dicembre 2009 12:03

Trovo la ricostruzione di Caterina ben fatta, come pure non posso negare che che quella di Benedetto possa essere affascinante, ma ciò non toglie  che, forse, si rischia anche di andare ben oltre all'intenzionalità del racconto.
Io lo vedrei più semplicemente come una dimostrazione dell'umanità di Maria che si preoccupa di come la cerimonia nuziale rischiasse di essere compromessa.
Nello stesso tempo potrebbe anche significare come un desiderio dettato con umiltà dall'amore possa essere accolto da Dio anche se non rientra nel disegno da Lui stabilito, e come la fede possa trasformarsi da speranza in certezza, una certezza che fa dire a Maria "Fate ciò che vi dirà", nonostante l'apparente ritrosia di Gesù.
In altre parole, la fede di Maria non la fa preoccupare per ciò che il figlio le aveva detto, sicura che il suo desiderio sarebbe stato comunque esaudito.
Ho semplificato troppo?

S_Daniele
00venerdì 4 dicembre 2009 12:16
Si ma rimane sempre un punto spinoso e cioè, cosa intende Gesù quando dice non è giunta ancora la sua ora?
Egli sembra dire a sua Madre che una volta giunta la sua ora le poteva chiedere qualunque cosa, invece adesso era ancora presto poichè non era la sua ora, ma di quale ora parla?
Intende la morte/risurezzione/ascensione oppure l'ora in cui vedremo il figlio dell'uomo assiso alla destra del Padre scendere dalle nubi?
enricorns
00venerdì 4 dicembre 2009 14:44
Re:
S_Daniele, 04/12/2009 12.16:

Si ma rimane sempre un punto spinoso e cioè, cosa intende Gesù quando dice non è giunta ancora la sua ora? Egli sembra dire a sua Madre che una volta giunta la sua ora le poteva chiedere qualunque cosa, invece adesso era ancora presto poichè non era la sua ora, ma di quale ora parla? Intende la morte/risurezzione/ascensione oppure l'ora in cui vedremo il figlio dell'uomo assiso alla destra del Padre scendere dalle nubi?



2,4 Non è ancora giunta la mia ora: è l’ora della passione e della risurrezione.
iyvan
00venerdì 4 dicembre 2009 14:58
Forse, intendeva più semplicemente dire che non fosse ancora il momento per rivelare la Sua natura divina, e questa mi sembrerebbe la spiegazione più naturale.
Ci sono dei tempi per ogni cosa.
Forse, dovevano ancora verificarsi le circostanze che avrebbero permesso il completo adempimento delle profezie.

Gabbianella1.
00venerdì 4 dicembre 2009 15:37
Anche per me e' piu' plausibile che l'ora si riferisse alla rivelazione della Sua natura divina...come dice Iyvan.
Infatti e' l'inizio dei suoi segni ,miracoli.
Mi ha colpito qta frase dell'omelia molto bella di Papa Benedetto XVI ed è la seguente...

"Semplicemente affida la cosa a Gesù e lascia a Lui la decisione su come reagire"

Io vedo in qta richiesta la fiducia incrollabile di una Madre, Maria,la serva di Dio, in Suo figlio....certa che Lui sa come risolvere la situazione....


Commento personalissimo.


enricorns
00venerdì 4 dicembre 2009 17:32
semplicemente l'ora della passione e morte, tutto il resto è conseguente
(Teofilo)
00sabato 5 dicembre 2009 12:25

Grazie per il vostro contributo che mi ha aiutato a capire ancor più questo difficile versetto.

Soprattutto, Il commento che ne dà il Papa, riportato da Enrico e Caterina, mi sembra quella che meglio spiega ciò che si cela in quelle strane parole.

Penso che le traduzioni correnti, sia cattoliche che protestanti, non rendano il senso della risposta che Gesù fa alla Madre. Il Papa, pur non analizzando il testo originale greco (nella omelia non era evidentemente il caso), sono convinto che ne spiega però il concetto.

A lyvan pare una spiegazione inverosimile ma forse se si analizza il testo d'origine, apparirà più chiaro il commento.

La traduzione parola per parola di questo versetto è il seguente:

2:4 Gesù {Ð ho „hsoàj Iêsous} le {aÙtÍ autos} disse {lšgei legô}: «Cosa (Quello che) {t… tis} a me {™moˆ egô} e {kaˆ kai} a te {so… su}, o donna {gÚnai gunê}? L' {¹ ho}ora {éra hôra} mia {mou egô} non è ancora {oÜpw oupô} venuta {¼kei hêkô}». | {kaˆ kai}



Dunque la strana risposta, tanto discussa, che Gèsù fa alla madre, tradotta alla lettera, potrebbe assumere queste forme:

CHE A ME E A TE O DONNA?

oppure

QUELLO CHE A ME E A TE O DONNA?


La traduzione letterale, in nessuno dei due casi, a mio modesto avviso, si rispecchia nelle traduzioni correnti che riportano quasi unanimemente questa forma:

Giov 2,4 E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».


La Vulgata latina era forse più vicina all'originale riportando questa forma:


Giov 2,4 et dicit ei Iesus quid mihi et tibi est mulier nondum venit hora mea


Quello che mi rimane difficile accettare leggendo le traduzioni correnti, è il comportamento di Maria, che di fronte a un rifiuto secco e distaccato del Figlio, il quale motiva anche il rifiuto dicendo che la sua ora non è ancora arrivata(comunque la si intenda, sia della sua passione, sia della sua manifestazione), Maria invece, non tenendo conto di questo rifiuto e di questa importantissima motivazione, si mette ad aggirare il rifiuto procedendo con un invito ai servi a mettersi a disposizione del Figlio, il quale sembra essersi dimenticato del rifiuto e della motivazione data. Mentre nel ritrovamento del tempio Gesù disse che avrebbe dovuto  occuparsi delle cose del Padre suo, qui sembra volersi occupare delle preoccupazioni della Madre.

Alcuni spiegano questo atteggiamento con il grande influsso che Maria può avere avuto sul Figlio tanto da averlo indotto ad anticipare i tempi. Altri con la potenza della sua intercessione, altri ancora, non potendo comprendere tale modo di fare, spiegano che subito dopo quelle parole del Figlio, il tempo era ormani diventato opportuno. (praticamente, un minuto prima non sarebbe stato opportuno, mentre un minuto dopo sì)

Personalmente faccio fatica ad accettare queste spiegazioni del comportamento di Maria, se si prendono per buone le traduzioni correnti.

La traduzione letterale invece permette di cogliere un aspetto diverso e cioè che Maria non vuole forzare la mano del Figlio.

Per ora mi fermo perchè devo andare, ma lascio a voi ulteriori considerazioni, alla luce di questa traduzione, e su quello che potrebbe significare, dando eventualmente altri contributi.

Con affetto

iyvan
00sabato 5 dicembre 2009 14:42
A lyvan pare una spiegazione inverosimile

Non  ho inteso dire che la spiegazione sia inverosimile, ma solo che potrebbe non essere quella che voleva significare l'evangelista.
Magari la spiegazione può essere molto pià semplice tanto da apparire banale.
Poi, su poche parole, si possono sempre costruire romanzi l'uno diverso dall'altro sulla base dell'interpretazione e del fine che ci si prefigge.
Personalmente non trovo difficoltà nel valutare quelle parole come un semplice discorso tra madre e figlio: la madre che cerca, come spesso accade, di forzare una decisione del figlio e la ritrosia di questo ad acconsentire.
Senonchè ci troviamo di fronte a Gesù, e le sue parole non possono essere banali, ma hanno sempre un profondo significato che a volte potrebbe anche sfuggire.
Non mi soffermerei sul termine "donna" per i motivi chè ho già espresso, ma lo farei sull'affermazione che non era ancora giunto il suo tempo.
Che si riferisca alla sua morte e resurrezione oppure al momento in cui Egli si sarebbe dovuto rivelare non è molto importante, perchè la rivelazione abbraccia comunque una serie di eventi che partono dalla predicazione fino al Suo ritorno nel Padre, e tutto questo va visto in un unico contesto.
Mi sembra, quindi, verosimile che egli intendesse semplicemente affermare che il momento in cui doveva rivelare la Sua missione non fosse ancora giunto a maturazione, e questo spiegherebbe l'apparente rimprovero che fa alla madre, la quale vuole "costringerlo" ad anticipare i tempi.
Ma la madre aveva saputo metterlo alle strette, perchè ormai i servitori si aspettavano da Lui cosa dovevano fare e non poteva ignorarli e sconfessare ciò che Maria aveva detto loro: "Fate ciò che vi dirà".
Io potrei anche non escludere che, successivamente, Gesù abbia rimproverato a Maria di averlo costretto a fare qualcosa, ma a questo punto si tratterebbe di illazioni, forse non inverosimili, ma che sempre di illazioni si tratta. 
S_Daniele
00sabato 5 dicembre 2009 17:22
Re:
iyvan, 05/12/2009 14.42:

A lyvan pare una spiegazione inverosimile

Non  ho inteso dire che la spiegazione sia inverosimile, ma solo che potrebbe non essere quella che voleva significare l'evangelista.
Magari la spiegazione può essere molto pià semplice tanto da apparire banale.
Poi, su poche parole, si possono sempre costruire romanzi l'uno diverso dall'altro sulla base dell'interpretazione e del fine che ci si prefigge.
Personalmente non trovo difficoltà nel valutare quelle parole come un semplice discorso tra madre e figlio: la madre che cerca, come spesso accade, di forzare una decisione del figlio e la ritrosia di questo ad acconsentire.
Senonchè ci troviamo di fronte a Gesù, e le sue parole non possono essere banali, ma hanno sempre un profondo significato che a volte potrebbe anche sfuggire.
Non mi soffermerei sul termine "donna" per i motivi chè ho già espresso, ma lo farei sull'affermazione che non era ancora giunto il suo tempo.
Che si riferisca alla sua morte e resurrezione oppure al momento in cui Egli si sarebbe dovuto rivelare non è molto importante, perchè la rivelazione abbraccia comunque una serie di eventi che partono dalla predicazione fino al Suo ritorno nel Padre, e tutto questo va visto in un unico contesto.
Mi sembra, quindi, verosimile che egli intendesse semplicemente affermare che il momento in cui doveva rivelare la Sua missione non fosse ancora giunto a maturazione, e questo spiegherebbe l'apparente rimprovero che fa alla madre, la quale vuole "costringerlo" ad anticipare i tempi.
Ma la madre aveva saputo metterlo alle strette, perchè ormai i servitori si aspettavano da Lui cosa dovevano fare e non poteva ignorarli e sconfessare ciò che Maria aveva detto loro: "Fate ciò che vi dirà".
Io potrei anche non escludere che, successivamente, Gesù abbia rimproverato a Maria di averlo costretto a fare qualcosa, ma a questo punto si tratterebbe di illazioni, forse non inverosimili, ma che sempre di illazioni si tratta. 




Il termine donna invece acquisisce un significato particolare dato che solo il Vangelo di Giovanni chiama Maria in questo modo e dato che Giovanni nel suo Vangelo cerca di mettere in evidenza sia la natura divina di Gesù sia l'intero mistero della sua missione, missione che per l'appunto inizia da prima di cana e cioè dal battesimo al giordano che in teologia viene chiamata teofania cioè Dio che si manifesta, ergo la sua ora non è quindi riferibile alla sua manifestazione della missione in terra.
Qui che le cose sono due; o Maria era così sfacciata da non solo non aver capito il figlio ma persino di fregarsene del parere suo e di fare di testa sua tanto da mettere in imbarazzo Gesù e costringerlo a rimediare trasformando l'acqua in vino, oppure, cosa più probabile, la frase è tradotta erroneamente, e la corretta interpretazione sarebbe simile a; Che importa a me e a te o donna?
Ma a Maria importava e così divenne importante anche a Gesù.
Per quanto riguarda l'ora citata da Gesù, ritengo che egli si riferisca all'ora in cui siederà come unico mediatore dell'uomo presso il Padre, ora in cui qualunque cosa noi chiediamo nel suo nome, in questo contesto c'è anche la madre che intercede per noi, egli la esaudirà.
Il Vangelo di Giovanni non si limita al solo racconto storico, ma sempre imprime a questi eventi significati teologici profondi proprio per sopperire ad alcune mancanze degli altri evangeli che si erano limitati ad un impostazione prevalentemente storica.
(Teofilo)
00sabato 5 dicembre 2009 22:43
Caro lyvan,
tu dicevi,

Ma la madre aveva saputo metterlo alle strette, perchè ormai i servitori si aspettavano da Lui cosa dovevano fare e non poteva ignorarli e sconfessare ciò che Maria aveva detto loro: "Fate ciò che vi dirà".


Praticamente, questo vuol dire, secondo la tua ricostruzione, che la Madre, avrebbe completamente ignorato la risposta motivata del Figlio e lo avrebbe in un certo senso "incastrato" inducendolo a fare una cosa contro la sua volontà e in un momento inopportuno.  E' proprio questo che mi resta difficile accettare. Ma è quanto consegue alla lettura delle traduzioni correnti. Da cui consegue che Maria è riuscita ad ottenere quella che voleva lei senza che il Figlio lo ritenesse opportuno.

A me sembra invece molto più verosimile la spiegazione di Daniele.

Traducendo letteralmente la frase : Che cosa a me e a te? nel senso di: Che cosa (importa) a me e a te?

Si attenua l'inopportunità dell'intervento di Maria, che appare preoccuparsi di una cosa di cui semplicemente Gesù non si stava preoccupando.

Resto aperto ad altre considerazioni.

Con affetto
S_Daniele
00lunedì 7 dicembre 2009 05:23
Un caro amico mi ha segnalato questa spiegazione che da il Riciotti nella sua "Vita di Gesù Cristo", vi cito il paragrafo che dedica alle nozza di Cana:


§ 283. Maria s'avvide subito della mancanza, e previde la vergogna degli ospitanti; tuttavia non ne fu costernata come le altre donne. Al suo spirito la presenza del suo figlio Rabbi diceva tante cose che non diceva agli altri; soprattutto ella ricollegava quella presenza con la previsione da lei fatta nella sua solitudine di Na­zareth. Non era forse giunta l'ora di lui? Dominata da questi pensieri Maria, fra lo smarrimento generale a mala pena dissimulato, dice sommessamente a Gesù: “Non han­no vino”. E dice a lei Gesu': “Che cosa (é) a me e a te, donna? Non ancora e' giunta l'ora mia” (Giov., 2, 3-4). Gesù pronunziò queste parole in aramaico, e secondo questa lingua esse vanno interpretate. In primo luogo donna era un appellativo di rispetto, circa come l'appellativo (ma) donna nel Trecento italiano. Un figlio chiamava ordinariamente madre la donna che lo aveva ge­nerato, ma in circostanze particolari poteva chiamarla per maggior riverenza donna. E donna chiamerà nuovamente Gesù sua madre dall'alto della croce (Giov., 19, 26); ma anche prima, secondo un aneddoto rabbinico, un mendicante giudeo aveva chiamato donna la moglie del grande Hillel, come Augusto aveva chiamato donna Cleopatra (Cassio Dione, LI, 12), e così in altri casi. Più tipica è l'altra espressione che cosa (e') a me e a te...?, è certamente traduzione della fra­se fondamentale ebraica mahlz wal (ak) che ricorre più volte nella Bibbia. Ora, il significato di questa frase era precisato nell'uso molto più dalle circostanze del discorso, dal tono della voce, del gesto, ecc., che dal semplice valore delle parole; tutte le lingue han­no di tali frasi idiomatiche in cui le parole sono rimaste un semplice pretesto per esprimere un pensiero, e che verbalmente non si possono tradurre in altra lingua. Nel caso nostro una parafrasi, che tenga qualche conto anche delle parole ebraiche, potrebb'esser que­sta: Che (motivo fa fare) a me e a te (questo discorso)?; il che, indipendentemente dalle parole, equivale all'espressione italiana: Per­ché mi fai questo discorso? Era insomma una frase ellittica con la quale si ricercava la recondita ragione per cui tra due persone av­veniva un discorso, un fatto, e simili. Con questa risposta Gesù declinava l'invito fattogli da Maria, e ne adduceva come ragione il fatto che ancora non era giunta l'ora sua. Dunque in quelle tre sole parole di Maria non hanno vino (seppure furono dette quelle tre sole) era nascosto l'invito a com­piere un miracolo, e la mira dell'invito era nettamente designata dalle circostanze esterne ma soprattutto dai pensieri interni e dal volto materno di colei che invitava. Gesù, che si rende ben conto di tutto, rifiuta, come già nel Tempio aveva rifiutato di subordi­nare la sua presenza nella casa del Padre celeste a quella nella sua famiglia terrena (§ 262): ancora non è giunta l'ora di dimostrare con miracoli l'autorità della propria missione, poiché il precursore Giovanni sta ancora svolgendo la sua. Tuttavia il dialogo fra Maria e Gesù non è finito; anzi le sue più importanti parole non furono mai pronunziate da labbro, ma solo trasmesse da sguardo a sguardo. Come già nel Tempio Gesù dopo il rifiuto aveva obbedito lasciando subito la casa del Padre celeste, così dopo questo nuovo rifiuto accede senz'altro all'invito di Maria. La madre, nel dialogo muto seguito al dialogo parlato viene assicurata che il figlio acconsente; perciò senza perder tempo si volge agli inservienti e dice loro: Fate tutto ciò che vi dirà!
Gabbianella1.
00lunedì 7 dicembre 2009 10:19
Mi piacerebbe leggere qto libro ,che edizione è?
S_Daniele
00lunedì 7 dicembre 2009 10:31
Gabbianella1.
00lunedì 7 dicembre 2009 10:50
Meglio.Non devo andare in biblioteca a cercarlo.Grazie.
Katietta-64
00domenica 13 dicembre 2009 15:31
Caro teofilo,

di fronte alle tue domande sull'episodio delle nozze di Cana mi è stato inevitabile pensare a Maria, così come emerge nei Vangeli, in particolare pensando al suo "sì" incondizionato e a quanto dice di lei Luca, ossia "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore".
Mi riesce pertanto difficile cavalcare l'idea che Maria possa aver forzato la mano contro la volontà di Dio o "incastrato" Gesù costringendolo a fare qualcosa che, nel sua esecuzione anzitempo, non avesse un significato più profondo.
Questo significato, oltre allintercessione e alla premurosa attenzione di Maria anche verso le esigenze terrene, va ricercato soprattutto nella sua fede, di una donna che ha sempre meditato nel cuore...
Nel Vangelo leggiamo molte volte come Gesù conceda miracoli soprattutto dopo aver provato la fede di qualcuno e nel farlo spesso appare severo, come nel caso della donna cananea
L'atteggiamento di Gesù pertanto io lo "leggo" da una prospettiva diversa: nelle sembianze di un rifiuto e di un rimprovero apparentemente severi, in realtà Egl mette alla prova la fede di Maria e la risposta di quest'utlima "fate ciò che vi dirà" ne è semplicemente la conferma, senza alcun risvolto di arroganza, costrizione o protagonismo.
Se fossero stati questi i sentimenti di Maria, dubito che Gesù âccettasse di inziare il prodigio.
Di fronte alla fede di Maria, Gesù concede il miracolo, fedele alla Parola di Dio, quando afferma che se abbiamo fede anche come un granellino di senape, possono essere spostate le montagne.
Maria ha accettato ancora una volta con umiltà gli apparenti rimproveri di Gesù, senza desistere nella fede in suo Figlio, ma dopo questa prova, quale ricompensa! Una ricompensa che ha superato perfino i tempi! L'acqua trasformata in vino...
E, mi permetto di aggiungere: altro che atteggiamento infatidito di Gesù verso le richieste di Maria, altro che durezza nei suoi confronti. Era solo un mezzo necessario per fortificare, ma colmo di amore. Maria è stata doppiamente onorata come Madre: sia nella sua intercessione verso altri, sia come Colei alla quale Dio ha concesso il primo miracolo.


S_Daniele
00domenica 13 dicembre 2009 17:07
Trovo davvero interessante il commento di Katietta, non avevo mai collegato l'atteggiamento di Gesù nella sua risposta a Maria con l'aver messo alla prova la fede di quest'ultima come è avvenuto in avanti con altre figure che incontreranno il Signore.
Davvero significativo questo commento.
Grazie.
(Teofilo)
00domenica 13 dicembre 2009 22:18

Cara Katietta,

ti ringrazio per questa interessante riflessione che hai postato e che posso anch'io come Daniele, condividere perchè considerando la risposta altrettanto evasiva se non apparentemente offensiva rivolta alla cananea, vediamo come questa viene accontentata ampiamente per la sua fede. Può ben essere che quella risposta fatta alla Madre fosse volta a provare la fede anche di Maria che viene in tal modo esaudita.

Anche la parabola della vedova che importuna il giudice che non vorrebbe ascoltarla è una conferma di questo. Pertanto la tua ipotesi è molto pertinente e non può essere da scartare.

Sono inoltre sicuramente d'accordo col fatto che Maria non aveva certamente nessuna intenzione di prevaricare il Figlio, nè tantomeno di essere inopportuna o come tu dici, non aveva risvolto di arroganza, costrizione o protagonismo. Su questo non ho alcun dubbio.

Resta comunque il fatto che Maria sembra prendere iniziativa ancor prima di aver avuto l'assenso del Figlio, anzi subito dopo aver avuto una spiegazione della inopportunità di un intervento in quella specifica occasione.

Quindi o Maria mostra non una fede qualsiasi ma una fede audace, il che rientra nel caso da te considerato, oppure si potrebbe ipotizzare un'altra spiegazione.

Solo una mia ipotesi, che però non trova nessun riscontro nella letteratura cristiana e che quindi non posso chiedere a nessuno di condividere.


Tenendo conto delle sfumature con cui si potevano pronunciare certe frasi idiomatiche, se leggessimo la risposta di Gesù alla Madre, nella forma anche possibile: " quello che è a me e a te?" Perchè la mia ora non è ancora giunta. Dando a questa espressione il senso: Ti riferisci a quello che (interessa) a me e a te? Perchè non è ancora giunta l'ora delle mia glorificazione (cf Bibbia di Gerusalemme), in cui potrò bere il vino nuovo al banchetto delle mie nozze con la mia Chiesa (cf Mt 26,29) . Ora manifestiamo, agendo insieme, una anticipazione in immagine simbolica, che in questa ora riguarda, interessa a me e a te, di quel banchetto che si farà nella mia ora, che non è ancora giunta.

E quindi Maria agisce di conseguenza accompagnando i servi, che rappresentano tutti noi, dal Figlio, invitandoli a fare quello che Egli avrebbe comandato, in modo analogo a quanto espresso dalla voce del Padre che aveva tuonato dal cielo: Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo.

Facendo questa ipotesi la risposta di Gesù appare tutt'altro che irriverente o evasiva ( se la traduzione fosse stata CHE C'E' TRA ME E TE? oppure CHE IMPORTA A ME E A TE?) anzi, la spiegazione di Gesù appare come una conferma alla Madre che può e deve fare la sua parte in quella occasione così come Maria appunto fa prendendo parte attiva nell'intervento del Figlio in quelle nozze terrene, simbolo di quelle eterne.

Con affetto.

Katietta-64
00lunedì 14 dicembre 2009 22:01

Caro teofilo,

condivido le tue ultime riflessioni e lo snodarsi della tua ipotesi. solo che non la metterei come "altra" possibile spiegazione, ma come qualcosa che approfondisce, chiarisce e/o completa tutto un discorso fino a qui effettuato, grazie a diversi interventi.
Si è parlato di intercessione, di fede... e non solo, l'omelia di Papa Ratzinger tocca dei punti di valore estremamente teologico, che vanno anche più lontano.
Perciò, quando dici " ...così come Maria appunto fa prendendo parte attiva nell'intervento del Figlio in quelle nozze terrene, simbolo di quelle eterne"
personalmente percepisco un altro seme di verità e questo sempre pensando ai Vangeli, dove spesso ciò che si manifesta sul piano terreno, oltre a dare spiegazioni e consolazioni contingenti, diviene il simbolo concreto di quelle eterne.
Un esempio potrebbe essere anche la Resurrezione, dove, unita al grande significato che ha nella storia di Dio fatto uomo e quindi di vittoria della vita sulla morte, sul piano prettamente umano potrebbe insegnarci, nelle nostre tribolazioni quotidiane, che è inevitabile attraversare il dolore per superarlo. La risurrezione dalle nostre sofferenze divine simbolo di quella eterna.
La natura stessa di Gesù, umana e divina, rappresenta questi duplici insegnamenti. Alcune anime hanno la Grazia di comprendere subito i tesori del Regno dei Cieli, ma l'immensa tenerezza e amore di Dio per i suoi Figli, concede di attraversare prima le esigenze della condizione umana per poi, si spera, elevarsi a/con Dio.
Così, noi abbiamo forse bisogno di conoscere e vivere tante nozze di Cana per arrivare a comprendere che siamo invitati ad un banchetto in cui lo Sposo non farà mai mancare il buon vino, dato che la Vite è Lui:)...e Maria, partecipe, lo sa.
Maria vuole che facciamo come Lui dice perchè sa quale è la ricompensa.

Scusami, non so se sono riuscita bene ad esprimere il concetto o se sono andata fuori tema e soprattutto scusami per i toni, che non vogliono insegnare assolutamente nulla, solo essere di riflessione.
Un abbraccio in Cristo.



A Daniele:
... grazie a te.


Katietta-64
00lunedì 14 dicembre 2009 22:06
La risurrezione dalle nostre sofferenze divine simbolo di quella eterna.



Ops... correggo questa frase: la risurrezione dalla nostre sofferenze diviene simbolo di quella eterna.
(Teofilo)
00martedì 15 dicembre 2009 16:23

Cara Catietta,


Ho letto con piacere e attenzione il tuo post che manifesta ancora una volta che sai cogliere nel Vangelo aspetti non sempre evidenti.

Giustamente ti sei richiamata al brano del Papa postato da Enrico, di cui vorrei riportare questo pezzetto che permette di comprendere che nè la risposta di Gesù è una sorta di offesa, nè l'intervento di Maria una forzatura.

Il Papa spiega:


....Gesù non agisce mai solamente da sé; mai per piacere agli altri. Egli agisce sempre partendo dal Padre, ed è proprio questo che lo unisce a Maria, perché là, in questa unità di volontà col Padre, ha voluto deporre anche lei la sua richiesta. Per questo, dopo la risposta di Gesù, che sembra respingere la domanda, lei sorprendentemente può dire ai servi con semplicità: "Fate quello che vi dirà!" (Gv 2,5). Gesù non fa un prodigio, non gioca col suo potere in una vicenda in fondo del tutto privata. Egli pone in essere un segno, col quale annuncia la sua ora, l’ora delle nozze, dell’unione tra Dio e l’uomo. Egli non "produce" semplicemente vino, ma trasforma le nozze umane in un’immagine delle nozze divine, alle quali il Padre invita mediante il Figlio e nelle quali Egli dona la pienezza del bene. Le nozze diventano immagine della Croce, sulla quale Dio spinge il suo amore fino all’estremo, dando se stesso nel Figlio in carne e sangue – nel Figlio che ha istituito il Sacramento, in cui si dona a noi per tutti i tempi. Così la necessità viene risolta in modo veramente divino e la domanda iniziale largamente oltrepassata. L’ora di Gesù non è ancora arrivata, ma nel segno della trasformazione dell’acqua in vino, nel segno del dono festivo, anticipa la sua ora già in questo momento.




Proprio per questo motivo, io credo che il testo non possa essere tranquillamente tradotto così come generalmente è tradotto. Perchè tale traduzione non permette di capire l'importanza di quel momento che unisce Gesù a Maria in un intervento predisposto dalla sapienza divina e che rappresenta l'inizio della missione e della manifestazione dei "segni" compiuti da Gesù e come dice il Papa trasforma le nozze umane in un’immagine delle nozze divine.

Ho trovato solo una traduzione cattolica a cura di Galbiati e Penna che riporta: Cosa importa a me e a te? come diceva Daniele.


Ma anche questa traduzione, che attenua è vero, la risposta quasi offensiva delle altre traduzioni, fa intendere che quel momento non sia da Gesù ritenuto tanto importante, il che appare assurdo.

Il papa pur senza entrare nel merito del problema della traduzione, a mio avviso spiega bene l'avvenimento, e in fondo, di fatto, tutta la tradizione cattolica, nonostante le traduzioni, hanno sempre riconosciuto l'importanza dell'avvenimento e del ruolo di Maria in questa vicenda.

Con affetto

Katietta-64
00martedì 15 dicembre 2009 21:47
Caro teofilo,
è bello il tuo modo di ricercare, approfondendo i testi anche nelle loro traduzioni, per approfondire delle riflessioni.
Grazie a te e a Daniele ho imparato qualcosa di nuovo.
Ti ringrazio anche di aver di nuovo riportato quel brano del testo del Papa.
Quando poi scrivi
"Il papa pur senza entrare nel merito del problema della traduzione, a mio avviso spiega bene l'avvenimento, e in fondo, di fatto, tutta la tradizione cattolica, nonostante le traduzioni, hanno sempre riconosciuto l'importanza dell'avvenimento e del ruolo di Maria in questa vicenda." in un certo qualmodo possiamo avere ancora un'altra risposta, ossia l'intervento dello Spirito Santo, che aiuta i suoi santi servi ad andare oltre le parole stesse per cogliere l'essenza.
(Teofilo)
00mercoledì 16 dicembre 2009 16:37
Grazie cara Katietta,
e grazie a tutti gli altri che hanno apportato il loro valido contributo a questo argomento
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