Come da previsione ecco le puntuali critiche al Papa su Pio XII

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S_Daniele
00domenica 20 dicembre 2009 12:40
INTERVISTA
Per il presidente emerito delle Comunità ebraiche Pacelli resta figura controversa

Sulle sue posizioni sull'Olocausto tocca agli storici diradare i dubbi


Tullia Zevi: "Era meglio il silenzio fino all'apertura di tutti gli archivi"

di ORAZIO LA ROCCA

ROMA - "Di fronte ad una figura complessa come Pio XII sarebbe meglio osservare un doveroso silenzio, in attesa di saperne di più e con più mirata certezza quando saranno completamente aperti gli archivi del suo tormentato pontificato. Ma non credo che la decisione assunta da Benedetto XVI su papa Pacelli possa compromettere i rapporti tra ebrei e cristiani, e, tantomeno, mettere in pericolo la visita che papa Ratzinger farà alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio prossimo".
Cerca di gettare acqua sul fuoco delle polemiche, la professoressa Tullia Zevi, presidente emerito dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la prima donna ad essere stata eletta alla più alta carica ebraica del nostro Paese. "Prima di fare commenti è bene meditare a lungo, ma è altrettanto opportuno - avverte - non avere mai paura di sollevare tutti i veli che finora hanno coperto la storia di Pio XII e di esprimere, alla fine, giudizi obiettivi e pacati".

Signora Tullia Zevi, perché Pio XII, a 51 anni dalla morte, suscita ancora tanta diffidenza in una parte del mondo ebraico?

"Non c'è dubbio che, stando a quanto è stato scritto e a tutto quello che è stato tramandato nei libri di storia e anche oralmente, papa Pacelli è un personaggio complesso e controverso, soprattutto per tutto quanto c'è stato tra lui e il regime fascista nell'ambito del quale guidò la Chiesa cattolica come sommo pontefice. Cinquantuno anni dalla morte possono essere tanti, ma anche pochi proprio in relazione agli anni apocalittici del suo pontificato".

Eppure, papa Ratzinger non sembra avere dubbi...

"Non sta a me e, tantomeno, a tutto il mondo ebraico sindacare sulle decisioni di un Papa. In questo caso, però, forse è bene non avere fretta. Per un giudizio complessivo su Pio XII manca ancora tutta la parte relativa alla documentazione del suo pontificato che dovrà essere messa a disposizione degli studiosi. Aspettiamo di leggere quelle carte, non è da escludere che potrebbero emergere nuovi aspetti e far evidenziare altri episodi inediti che potrebbero portare altra luce e diradare le nubi che ancora gravano su Pacelli. Perché non farlo?".

Ma qual è l'aspetto più controverso di Pacelli? I suoi presunti "silenzi" sull'Olocausto? I suoi rapporti con i fascisti?...

"Sono gli storici che devono rispondere a questi quesiti e diradare, sulla base di documentazioni attendibili, i dubbi che ancora circondano Pio XII. È, comunque, un fatto storicamente provato che tante sue scelte furono dettate dalla sulla apocalittica paura verso il comunismo, senza tener conto che, anche in quegli anni, non c'era solo il comunismo sovietico, ma tante altre forze progressiste, socialiste e socialdemocratiche. Non va comunque sottovalutato il fatto che avere a che fare con regimi fascisti e nazisti non era cosa semplice ed indolore".

Si aspettava da Ratzinger una accelerazione tanto inaspettata sulla beatificazione di Pio XII?

"Ripeto, non giudico le scelte dei pontefici.
Storicamente, quasi mai un Papa ha criticato o contraddetto un suo predecessore. Pio XII va comunque studiato a fondo, va capito, sviscerato, perché non va mai dimenticato che è stato un pontefice che è vissuto in tempi drammatici e difficili".

Teme che ora i rapporti tra Comunità ebraica e Vaticano torneranno ad essere critici? Il 17 gennaio prossimo Benedetto XVI visiterà la Sinagoga di Roma.

"Non credo che ci saranno conseguenze sui rapporti tra cristiani ed ebrei. Ormai non si torna indietro, il dialogo andrà sempre avanti, anche di fronte ad incomprensioni momentanee e persino a critiche reciproche, come può legittimamente succedere con Pio XII. Indietro però non si torna. Per fortuna".

© Copyright Repubblica, 20 dicembre 2009 consultabile anche
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Quanti pregiudizi...ci si chiede mai la ragione per cui molti bambini ebrei, nati durante la seconda guerra mondiali, si chiamano Pio oppure Eugenio?
R.
S_Daniele
00domenica 20 dicembre 2009 12:49
Come giustamente ha fatto notare l'amica Raffaella del blog gli amici di Papa Ratzinger, molti bambini ebrei portano tutt'oggi i nomi del Papa Pio XII, questo perchè?
Per riconoscenza ad una persona collusa con i nazisti?
Ci credereste a tale cretinaggine?
O forse perchè il sudetto Papa durante l'invasione dei nazisti in Italia, in particolar modo a Roma, ospitò, sia in Vaticano, sia a Castel Gandolfo più di 5000 ebrei, moltissime mamme partorirono nella camera da letto del Pontefice, quelle mamme e quei papà per ringraziare il Papa per averli sottratti dalla morte diedero ai suoi figli i nomi del Papa, Pio e Eugenio.
Persino il capo rabbino di Roma si convertì alla fede cattolica, tutti gli ebrei nessuno escluso ringraziarono l'opera del Papa in tutta Europa, il massimo esperto dell'olocausto, uno storico ebraico di fama internazionale ha dichiarato che grazie al Papa e alla sua azione la Chiesa ha salvato più di 750000 Ebrei!!!
Questa è la loro riconoscenza attuale degli ebrei che pretendono di pontificare in ogni cosa, anche sulla santità di un Papa.
S_Daniele
00lunedì 21 dicembre 2009 08:38
La supplica nascosta di Pio XII che maledice il nazismo

di Andrea Tornielli

Roma
Trentacinque milioni di cristiani che pregano per le nazioni dove «il neopaganesimo ha fatto maggiori stragi» e dove si sottomettono «alla razza e al sangue anche gli eterni principi regolatori della vita».
Il giorno dopo la coraggiosa scelta di Benedetto XVI, che ha deciso di promulgare il decreto sull’eroicità delle virtù di Pio XII, passo decisivo verso la beatificazione, le reazioni dal mondo sono molteplici. Ma al di là del dibattito storico sulla figura di Papa Pacelli, che deve continuare e continuerà vagliando documenti e fonti, sul numero di ieri del quotidiano cattolico Avvenire, nella rubrica «Lupus in pagina» curata da Gianni Gennari, veniva data una piccola-grande notizia, di quelle in grado di illuminare quale fosse la reale attitudine della Chiesa nei confronti del nazismo.
Si tratta dell’intenzione dell’Apostolato della preghiera (AdP) per il mese di ottobre 1939.
L’AdP è un movimento di spiritualità con 150 anni di storia, tuttora molto attivo (www.adp.it), che unisce moltissime persone in tutto il mondo nella preghiera per alcune intenzioni che variano di mese in mese. Come attesta l’originale del foglietto con l’intenzione per l’ottobre del ’39, l’indicazione è di pregare esplicitamente «Per le nazioni dove l’ateismo e il neopaganesimo ha fatto maggiori stragi». Nello stesso foglietto si legge ancora, a scanso di equivoci: «Tutti sappiamo quali siano queste nazioni, quelle dove l’ateismo è eretto a bandiera; quelle dove, disconosciuti i valori spirituali e morali, si considera solo la parte bestiale, subordinando alla razza e al sangue anche gli eterni principi regolatori della vita. Purtroppo le rovine e le apostasie in mezzo a questi popoli non si contano! È il trionfo di Barabba!».
Tutti sapevano, dunque, che al centro dell’intenzione di preghiera c’erano l’Unione Sovietica di Stalin e il comunismo ateo – condannato esplicitamente dall’enciclica di Pio XI Divini Redemptoris, del 1937 – insieme al razzismo nazista della Germania di Hitler, la cui ideologia neopagana era stata condannata dall’enciclica «Mit Brennender Sorge», pubblicata sempre da Pio XI in quello stesso anno a una settimana di distanza dall’altra.
In tutte le parrocchie d’Italia, i «trentacinque milioni di iscritti» ricevevano questo foglietto che portava stampate e affiancate le effigi di San Pietro e di Pio XII. E pregavano per frenare materialismo e razzismo. La Seconda guerra mondiale era appena iniziata, la poderosa e terribile macchina bellica del Führer di Berlino si era messa in moto con l’invasione della Polonia, il grido del nuovo Papa, Eugenio Pacelli, che aveva rivolto pubbliche suppliche perché si evitasse il conflitto, era rimasto inascoltato. «La Cei non esisteva – ha scritto su Avvenire Gianni Gennari – tutto era deciso in Vaticano, e dal 2 marzo Papa era Pio XII!». Quelle preghiere esplicite e chiaramente riferibili a Urss e Germania, ma applicabili pure all’appendice italiana fascista dopo la promulgazione delle vergognose leggi razziali, erano state approvate e autorizzate dall’autorità ecclesiastica.
È ovvio che segnalare questi episodi, troppo spesso dimenticati, ma illuminanti, non significa voler costruire sul caso Pacelli e sul rapporto tra cristiani ed ebrei negli anni tremendi della Shoah, delle «leggende rosa» da contrapporre all’ormai ben nota «leggenda nera».
Può però essere d’aiuto a capire come giudizi sommari o pregiudizi ideologici devono lasciare spazio a più pacate riflessioni storiche e allo studio attento dei documenti, dai quali emerge una realtà ben più complessa di quella che fino ad oggi certa pubblicistica ha dipinto contro Pio XII.

© Copyright Il Giornale, 21 dicembre 2009 consultabile anche
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S_Daniele
00lunedì 21 dicembre 2009 11:54
PAPA PACELLI E’ DA SABATO VENERABILE, MA LO SCONTRO NON SI PLACA

Ora è a rischio la visita di Ratzinger in sinagoga


E sul caso Pio XII interviene il governo israeliano

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Il «via libera» di Benedetto XVI alla beatificazione di Pacelli «preoccupa e addolora» il mondo ebraico. Secondo quanto si apprende, sarebbe a rischio persino la visita del 17 gennaio di Joseph Ratzinger alla sinagoga di Roma.
Fra tre settimane, infatti, il Papa è atteso al Tempio maggiore per il solenne «faccia a faccia» con il rabbino capo Riccardo Di Segni e al ghetto per l’incontro con i reduci dai campi di concentramento. «Ci aspettiamo un chiarimento da parte del Vaticano nei prossimi giorni, altrimenti andrà rivisto tutto quanto era stato concordato per la visita - spiegano alla comunità ebraica -. L’accordo era di lasciare fuori le questioni di papa Pacelli e della preghiera del Venerdì Santo per la conversione degli ebrei, ma l’inattesa accelerazione alla beatificazione cambia le carte in tavola».
Il mutato scenario «mette a rischio» la stessa visita, mentre «si moltiplicano le proteste da molteplici settori dell’ebraismo per un invito che in queste condizioni diventa un boomerang nel dialogo interreligioso». A ciò si somma il timore che «Benedetto XVI ci metta in imbarazzo in sinagoga rivendicando i meriti di Pacelli nell’aiuto ai perseguitati».
Intanto il governo israeliano, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Ygal Palmor, riconosce che si tratta di «un affare interno della Chiesa cattolica», perciò «non intende interferire», però reclama che «gli storici possano determinare e valutare il significato della sua azione nel contesto dei tempi». Quindi, «ritiene di vitale importanza per il Vaticano consentire l’accesso agli archivi». Il Museo dell’Olocausto rincara la dose.
I suoi storici assicurano che il Vaticano fu informato di uccisioni sistematiche di ebrei verso la fine del 1941 e che nel marzo 1942 Pio XII non agì in alcun modo per impedire la deportazione ad Auschwitz degli ebrei della Slovacchia: «Pacelli denunciò in maniera laconica gli orrori della guerra in corso, ma non condannò mai la Germania nazista». Dunque è «deplorevole» secondo lo «Yad Vashem» che Benedetto XVI «abbia deciso di avanzare nel processo di beatificazione prima che tutti i rilevanti documenti relativi a quell’epoca storica siano stati resi pubblici dal Vaticano». Inoltre, «avevamo capito che prima di fare altri passi la Chiesa avrebbe atteso l’apertura di rilevanti archivi vaticani, permettendo così agli studiosi di chiarire questo controverso periodo nella storia della Chiesa e la posizione di Pio XII durante l’Olocausto». Il gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, chiede alla Chiesa di «rinunciare» alla beatificazione di Pacelli: «E’ un progetto agli antipodi del dialogo giudaico-cristiano, oltreché del messaggio e dei valori cattolici. Il silenzio sulla Shoah non lo rende un esempio di moralità per l’umanità».L’Osservatore Romano difende la scelta di Ratzinger: «Pio XII è stato un grande Papa e un testimone di Cristo nel mondo. Se lungo è spesso il cammino di purificazione di chi sceglie di imitare Cristo, altrettanto complesso e rigoroso è l’itinerario che porta all’accertamento della santità». Il ministro dei Santi, Amato garantisce che le cause di Pacelli e Wojtyla procederanno separate. Inoltre «la firma papale al decreto su Pio XII non è una sorpresa: il congresso dei cardinali e vescovi aveva già votato, da tempo, unanimemente a favore dell’eroicità delle sue virtù. E l’inchiesta negli archivi della Segreteria di Stato si era positivamente conclusa». Ieri il Papa all’Angelus ha richiamato l’attenzione sul Medio Oriente. «Città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero», ancora oggi Betlemme «purtroppo non rappresenta una pace raggiunta e stabile, bensì ricercata e attesa. Dio non si rassegna mai a questo stato di cose».

© Copyright La Stampa, 21 dicembre 2009 consultabile anche
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S_Daniele
00lunedì 21 dicembre 2009 11:56

ARCHIVI E IPOCRISIE

di Francesco Colafemmina


Si tratta del dettato dell'Anti Defamation Legue:

L'ADL ha da anni insistentemente affermato che è nei migliori interessi sia della Chiesa Cattolica Romana che del popole ebraico declassificare e rendere disponibili a studiosi indipendenti e storici tutti gli archivi più importanti pre e post II guerra mondiale, per cercare la migliore verità possibile sul ruolo di Pio XII durante l'Olocausto. Questo materiale dovrà includere materiale noto come gli Archivi Segreti Vaticani, gli archivi delle Conferenze Episcopali Europee e gli archivi delle nunziature apostoliche di tutto il mondo durante il papato di Pio XII. Sebbene noi riconosciamo completamente che il processo di santità è una questione interna alla Chiesa, il problema di quanto Pio XII abbia o non abbia fatto per salvare gli Ebrei durante l'Olocausto è una questione profonda che deve essere risolta in primo luogo per il bene delle relazioni ebraico-cattoliche. Questi documenti ecclesiastici rivestono particolare importanza per i sopravvissuti dell'Olocausto e le loro famiglie. Procedere oltre nella causa di beatificazione senza avere nelle mani tutta l'evidenza fattuale, sarebbe prematuro dal momento che così tante cose sono sconosciute in merito alla verità storica delle azioni vaticane intraprese durante la guerra. Fino a quando tutti gli archivi segreti Vaticani della II guerra mondiale non saranno declassificati e resi disponibili a studiosi indipendenti per studi ed analisi, la figura di Pio XII in rapporto agli Ebrei continuerà ad essere velata e fonte di controversia e contesa. Premiamo fortemente il Vaticano di considerare una sua più alta priorità il completo e pieno accesso agli archivi.

A prima vista può sembrare una richiesta ammissibile. In realtà non lo è. Consultare la documentazione d'archivio relativa agli anni del secondo conflitto mondiale ed a quelli immediatamente successivi, significherebbe -stando a stime esorbitanti di parte ebraica- declassificare almeno 16 milioni di documenti. Questi documenti dovrebbero essere analizzati da chi? Sicuramente da storici incaricati di difendere l'ortodossia olocaustica e la rispondenza della storia alle esigenze di parte israeliana, visto che questa richiesta giunge solo da gruppi di pressione di parte.

Una richiesta che è anche arrogante e presuntuosa accusando, implicitamente, il Vaticano di coprire col segreto informazioni sensibili sulle "sue azioni" negli anni della guerra. Tanto più arrogante in quanto proviene dalla massima autorità lobbistica ebraica mondiale, fondata nel 1913 dal B'nai B'rith ed oggi dalla bocca di autorità dello Stato di Israele. Ma soprattutto perchè sembra ignorare tutti i 12 volumi con più di 5000 documenti sul periodo della Guerra fatti pubblicare da papa Paolo VI e tutti i documenti e le testimonianze raccolti in quesi ultimi anni.

Da un lato c'è dunque una ingerenza di fondo che è letteralmente inammissibile e in malafede, giacché la Santa Sede non delega a nessuno la "certificazione" della sua storia. E' un'ingerenza doppiamente inammissibile allorchè sulla base di questa "certificazione" storica la Chiesa dovrebbe decidere la "santità" o meno di Papa Pacelli, subordinando così il mistero spirituale al materialismo storicistico ed alle convenienze politiche.

Se si trattasse di una semplice questione storica sarebbe come se l'Italia chiedesse ad Israele - uno stato sovrano - di consultare tutta la documentazione d'archivio relativa, che so io, al massacro di Sabra e Shatila o alle varie distruzioni effettuate a Gaza negli ultimi decenni, prima di autorizzare Israele a proclamare nel mondo le sue lamentationes olocaustiche. E' evidente che ciò sarebbe paragonabile da Israele ad un vero e proprio atto ostile.

Quando è invece il piccolo, ma potente, stato mediorientale a chiedere alla Santa Sede di aprire gli archivi per alcuni anni alla ricerca di studiosi "ortodossi", beh... il Vaticano dovrebbe ritenersi quasi onorato per la concessione...

A questa dinamica si aggiunge la completa ignoranza delle implicazioni ecclesiologiche e spirituali in genere che comporta la causa di beatificazione di Pio XII. Una ignoranza che personalmente ritengo vera soltanto a parole. Da un lato, infatti, si considera la Chiesa Cattolica una mera istituzione mondana e politica. Dall'altro siamo consapevoli che la questione strettamente storica è usata quale "paravento" ideologico delle implicazioni più autentiche della beatificazione di Pio XII. Implicazioni tutte intraecclesiali, appartenenti al mondo cattolico più che a quello ebraico.

Si "lotta" contro Pio XII perchè egli è l'ultimo papa prima del Concilio. Perchè rappresenta un modello di Chiesa considerato ormai superato e "defunto". Perchè si pensa che la Chiesa abbia intrapreso un nuovo cammino - accettabile al mondo ebraico - solo con la Nostra Aetate, e tutto ciò che la precede non possa essere che cassato, ostracizzato, ideologicamente gettato nel dimenticatoio. Anche rispetto alla beatificazione di Pio IX quella di papa Pacelli non può che essere considerata con maggiore fastidio e inesauribile ostilità. Quando nel 2000 fu beatificato Pio IX sembrava forse talmente lontano nella storia che la sua beatificazione finiva per ricadere nella categoria del pittoresco vaticano, più che in quella del pernicioso passatismo "antisemita"...

Sia come sia, oggi dobbiamo prepararci ad un'offensiva natalizia e postnatalizia nei riguardi del Santo Padre. Come nel gennaio scorso col caso Williamson, così anche nei prossimi giorni potremmo assistere all'inizio di una nuova via crucis mediatica del Sommo Pontefice.

Gli antidoti? Anzitutto l'unità di Vescovi e Cardinali. In vista del Natale sarebbe auspicabile che nessuno facesse dichiarazioni fuori luogo o palesemente ostili all'operato di Sua Santità. Non è nemmeno accettabile il silenzio non ostile. Servire il Papa ed amare la Chiesa dovrebbe spingere tutti ad avere un maggior senso di comunione e concordia, indipendentemente dalle proprie personali e mondane opinioni.

In secondo luogo si tratta di informare correttamente. Su questo punto non si può fare molto. I giornali sono sempre pronti a scatenarsi contro il Papa e a dar ragione alla political correctness della propaganda lobbistica.

Per smontare la propaganda sarebbe tuttavia opportuno ricordare almeno un evento fondamentale e porre una domanda discriminante: se Pio XII è stato un papa "controverso", che "non ha ritenuto di gridare di fronte al mondo in maniera forte e chiara la sua condanna del nazismo", perchè allora colui che fu Rabbino capo di Roma negli anni della guerra (1940-1944) si convertì al cattolicesimo pubblicamente il 13 febbraio 1945? E perchè lui, Israel Zoller, decise di farsi battezzare Eugenio Pio Zolli? E perchè dichiarò allora: "Io non ho esitato a dare una risposta negativa alla domanda se mi fossi convertito per gratitudine a Pio XII, per i suoi innumerevoli atti di carità.Ciò nonostante, sento il dovere di rendergli omaggio e di affermare che la carità del Vangelo fu la luce che mostrò la via al mio cuore vecchio e stanco. È quella carità che tanto spesso brilla nella storia della Chiesa e che rifulge nell’opera del Pontefice regnante"?

Questa vicenda rimossa dalla memoria storica dell'ebraismo italiano è una prova determinante delle menzogne e dei sospetti infondati e malevoli diffusi sulla figura del Venerabile Pio XII. E attesta ancora di più l'ipocrisia delle valutazioni storiche e delle richieste di aprire gli archivi vaticani. Ipocrisia che non occulta del tutto le vere ragioni dell'ostilità ideologica a papa Pacelli: il suo incarnare una Chiesa che si vorrebbe apertamente "archiviare", una Chiesa diversa dal mondo, fatta di carità silenziosa e non gridata, di obbedienza riservata e non di democratismo relativista e mediatizzato, fatta di persone operanti nella preghiera e non di attivisti in cerca di un posto al sole. Quella Chiesa di 60 anni fa è talmente incompatibile con la moderna mentalità da costituire un autentico "scandalo".

Perciò scandalizza l'ermeneutica della continuità fra quella Chiesa e la Chiesa dell'oggi: un'unica Chiesa in cammino verso l'Oriente, verso il Signore che ritorna. Ermeneutica della continuità che oggi Papa Benedetto ribadisce con grande coraggio e profonda serenità, indicandoci, in previsione del Natale, che il vero centro della nostra vita non sono tutti questi mondani cavilli e queste vili macchinazioni, bensì il Dio bambino che nasce a Betlemme. Quel Bambino che duemila anni fa ha cambiato la storia del mondo e cambia ogni giorno il cuore dell'uomo.

S_Daniele
00lunedì 21 dicembre 2009 12:18


PIO XII: NEUHAUS (EBREI CATTOLICI), «NON SI VUOLE MINIZZARE LA SHOAH»

“Rigettiamo la diffamazione e le accuse di viltà e persino di antisemitismo e collaborazionismo rivolte contro Pio XII. Sono assolutamente prive di fondamento. Allo stesso modo rigettiamo le interpretazioni che vedono qualsiasi venerazione di Pio XII come un minimizzare l’importanza della Shoah o come un passo indietro nei progressi compiuti nel campo delle relazioni tra Ebrei e cattolici negli ultimi decenni”. E’ quanto scrive in una nota, padre David Neuhaus, vicario patriarcale per i cattolici di espressione ebraica, commentando la promulgazione, da parte di Benedetto XVI, del decreto sull'eroicità delle virtù di Pio XII, Eugenio Pacelli, passo decisivo verso la sua beatificazione. Ricordando come la vocazione dei cattolici di espressione ebraica “sia quella di sentirsi sia parte della Chiesa che di Israele e quindi cercare di essere un ponte tra i due” il gesuita riconosce che questa decisione “ferisce gli ebrei” ma spiega anche che “la promulgazione di Benedetto XVI non si focalizza sul periodo della Shoah e non chiude le porte alle ricerche degli storici”.
Il decreto evidenzia l’attività di papa Pacelli “in molti diversi campi”: “Pio XII – annota padre Neuhaus – aprì le porte alla ricerca scientifica biblica che oggi unisce ebrei e cristiani e che influenza grandemente la definizione della loro comune eredità, nominò vescovi da nazioni non europee per servire la Chiesa in Africa e Asia, incoraggiò la riforma liturgica e il dialogo tra scienza e fede. Ebbe a che fare con le persecuzioni della Chiesa nelle nazioni comuniste. I cattolici lo ricordano in una memoria molto più ampia di quella degli anni bui della Seconda guerra mondiale”. “Comprendiamo – dice il Vicario – lo sconforto di molti nostri fratelli ebrei che affermano che il Papa non fece abbastanza per salvare gli ebrei nel momento della Shoah. Alla luce di questa comprendiamo la domanda ‘poteva il papa fare di più?’, domanda legittima e comprensibile, ma non c’è risposta umana. Solo Dio sa. Siamo testimoni – prosegue la nota – di molte ricerche sugli sforzi diplomatici messi in campo da papa Pacelli per porre fine alla guerra e al terrore contro gli ebrei”.
“Conosciamo molte storie sulle istruzioni date dal Papa per aprire chiese, monasteri, così da dare rifugio agli ebrei in fuga, per fornire loro falsi documenti e per portarli via di nascosto dalle zone pericolose”. “Dobbiamo commemorare – conclude padre Neuhaus - il ruolo di uomini e donne nella Chiesa, di eroici ‘giusti delle nazioni’ che, sotto l’autorità del papa, si attivarono in Italia ed in Europa per aiutare gli ebrei, pagando in alcuni casi con la loro vita. Continuiamo a pregare affinché nella Chiesa e tra gli ebrei si continui a ricercare la verità così da educare i nostri bambini al reciproco rispetto e fratellanza”.

© Copyright Sir
S_Daniele
00lunedì 21 dicembre 2009 21:39

I "silenzi" di Pio XII: un'utile opera di approfondimento di Mons. Marchetto

Clicca qui per leggere la lunga ed approfondita riflessione

Naturalmente su Pio XII e sulla leggenda nera che gli è stata attribuita fino ad oggi potete consultare questi brani che sono stati messi a disposizione dei lettori da parte nostra:

Pio XII tra realtà e spy story

Voleva Hitler allontanare da Roma Pio XII?

Quando Pio XII faceva nascondere gli ebrei in convento

Documentario rivela segreti su "Pio XII e l'Olocausto"

Pio XII, il Papa che si oppose a Hitler

Pio XII e gli ebrei: Verità storica senza pregiudizi

Le ragioni della storia in difesa di Pio XII
S_Daniele
00lunedì 21 dicembre 2009 21:42

La leggenda nera di Pio XII l’ha inventata un cattolico: Mounier

E con lui un altro grande cattolico, Mauriac. La propaganda comunista non fu la sola a creare l’immagine di papa Pacelli filo-nazista. Due saggi su due autorevoli riviste gettano nuova luce su come è nata

di Sandro Magister




ROMA, 20 giugno 2005 – Sull’ultimo numero di “La Civiltà Cattolica” lo storico gesuita Giovanni Sale ricostruisce con documenti anche inediti la nascita della “leggenda nera” di un Pio XII filo-hitleriano.

“La Civiltà Cattolica” è la rivista dei gesuiti di Roma i cui articoli sono previamente letti e autorizzati dalla segreteria di stato vaticana.

Stando alla ricostruzione di p. Sale, a generare la leggenda nera fu, sul finire della seconda guerra mondiale, la stampa comunista internazionale guidata da Mosca.

Negli stessi giorni, però, sull’ultimo numero di "Archivum Historiae Pontificiae" – la rivista annuale della facoltà di storia ecclesiastica della Pontificia Università Gregoriana, anch’essa affidata ai gesuiti – è uscito un articolo dello storico Giovanni Maria Vian che sulle origini della leggenda nera di Pio XII dà una ricostruzione differente.

Secondo Vian, a dar vita all’accusa contro i “silenzi” di Pio XII, oltre che la propaganda sovietica, furono dei cattolici francesi e polacchi, e in particolare due intellettuali di spicco, Emmanuel Mounier e François Mauriac.

* * *
P. Sale richiama l’attenzione sul primo discorso importante pronunciato da Pio XII dopo la fine della seconda guerra mondiale: il messaggio ai cardinali pronunciato il 2 giugno 1945.

In esso papa Eugenio Pacelli condannò con parole molto forti “le rovinose e inesorabili applicazioni della dottrina nazinalsocialista, che giungevano fin a valersi dei più raffinati metodi scientifici per torturare e sopprimere persone spesso innocenti”.

Queste parole del papa riprendevano quasi alla lettera un suggerimento a lui fatto pochi giorni prima dall’allora ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, il filosofo cattolico Jacques Maritain. Sia nel suggerimento di Maritain sia nel discorso del papa gli ebrei non erano nominati esplicitamente, ma p. Sale vi vede una trasparente “allusione alla soluzione finale posta in esecuzione dai gerarchi nazisti contro gli ebrei”.

Subito dopo, nel suo discorso, Pio XII ricordò l’uccisione di migliaia di sacerdoti cattolici nei campi di concentramento nazisti, con “in prima linea per il numero e per la durezza del trattamento i sacerdoti polacchi”.

Quel discorso di Pio XII ebbe una vasta eco nel mondo. Riportando i commenti della stampa internazionale, p. Sale fa notare che “la parola del papa fu interpretata secondo gli orientamenti ideologici e politici che nei vari paesi si andavano prefigurando, agli esordi della guerra fredda”.

A dettare la linea alla stampa comunista di tutto il mondo fu un commento di Radio Mosca del 7 giugno 1945, nel quale p. Sale vede “già sviluppati alcuni motivi che diventeranno centrali nei decenni successivi nella polemica antipacelliana”.

Radio Mosca accusò Pio XII di farsi vanto tardivamente e a torto della sua opposizione al nazismo, perché invece “aveva taciuto quando operavano le macchine tedesche della morte, quando fumavano i camini dei forni crematori”. Nemmeno da Radio Mosca, in questo commento, gli ebrei furono chiamati per nome. In ogni modo – scrive p. Sale – da lì “iniziò la leggenda nera, la quale in qualche misura è arrivata fino ai giorni nostri, di un Pio XII amico e alleato dei nazisti”.

Nella conclusione del suo saggio, p. Sale ricorda che cinque mesi dopo quel discorso Pio XII “ebbe modo di rilevare tutto l’orrore per le atrocità naziste quando, il 29 novembre 1945, ricevette una delegazione di profughi ebrei venuti a ringraziarlo per l’opera della Chiesa cattolica in loro favore durante la seconda guerra mondiale”. E aggiunge:

“In ogni caso non c’era ancora in quel periodo la percezione esatta (sia psicologica, sia culturale, sia storico-conoscitiva) di ciò che nel cuore dell’Europa era accaduto agli ebrei negli ultimi anni della guerra. [...] Lo stesso concetto di Olocausto e di unicità della Shoah non era ancora stato elaborato neppure in ambiente ebraico”.

* * *
Su "Archivum Historiae Pontificiae" Vian non contraddice la ricostruzione di p. Sale. La integra però gettando luce su accuse contro i “silenzi” papali provenienti in quegli stessi anni anche da cattolici francesi e polacchi. Accuse di cui Pio XII mostrò di essere al corrente nei passaggi sopra citati del suo discorso del 2 giugno 1945.

Ecco qui di seguito l’articolo di Vian apparso su "Archivum Historiae Pontificiae", n. 42, 2004, pp. 223-229. L’articolo (qui senza le note) ricostruisce la genesi e lo sviluppo della leggenda nera di Pio XII dal 1939 fino agli inizi del pontificato di Paolo VI. L’autore è docente di filologia patristica all’università di Roma La Sapienza e membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche.


Il silenzio di Pio XII: alle origini della leggenda nera

di Giovanni Maria Vian


La polemica sul silenzio di Pio XII durante la seconda guerra mondiale – di fronte soprattutto all’orrendo tentativo genocida dei nazisti di sterminare gli ebrei in Europa, una delle maggiori tragedie del Novecento – fa parte ormai della storia. Su questo argomento molto si è scritto e si continua a scrivere, per la sua indubbia rilevanza, per l’interesse sempre vivissimo suscitato anche oltre le cerchie ristrette degli specialisti e per il suo innegabile uso strumentale, che s’intreccia anche con l’introduzione della causa di canonizzazione del pontefice.

Soprattutto questa strumentalizzazione ha finito per creare una vera e propria leggenda nera, al di là delle diverse possibili valutazioni dell’atteggiamento del papa negli anni tragici del conflitto. Ricordare le origini, spesso trascurate, delle accuse al pontefice – formulate dapprima da ambienti cattolici e poi amplificate, già durante gli anni di guerra, dalla propaganda sovietica e poi comunista – è lo scopo di questa nota.

A interrogarsi sui “silenzi di Pio XII” fu per primo Emmanuel Mounier, addirittura poche settimane dopo l’elezione a papa del cardinale segretario di stato Eugenio Pacelli, il 2 marzo 1939. E lo fece a proposito dell’aggressione dell’Italia all’Albania, avvenuta agli inizi di aprile di quell’anno, e dell’assenza di reazioni di condanna da parte del nuovo pontefice.

In un articolo scritto immediatamente dopo, l’intellettuale cattolico francese, pur premettendo di avvertire “il ridicolo che vi sarebbe per un fedele nel sostituirsi alla coscienza pontificale”, sottolineava “che lo scandalo, a causa di questo silenzio” era entrato “in migliaia di cuori”. E aggiungeva: “Non sono in grado di giudicare se questo non era che l’inevitabile tributo di una diplomazia riuscita […]. Io non ho chiesto che alcune parole. Perché capita anche che la Parola vivifichi” .

Il problema delle parole non pronunciate, e già allora invocate da Mounier, avrebbe tormentato la coscienza del pontefice durante i lunghissimi e tremendi sei anni della guerra, scatenata soltanto pochi mesi più tardi dall’aggressione alla Polonia da parte della Germania nazionalsocialista alleata con la Russia sovietica. In questo contesto, ha scritto lo storico gesuita Burkhart Schneider, “il papa venne accusato per il suo apparente silenzio che sembrava indifferenza di fronte ad indicibili sofferenze”. E queste accuse vennero soprattutto da “ambienti dei polacchi in esilio”, dunque di nuovo da parte cattolica.

La linea politica e diplomatica della Santa Sede nei decenni precedenti e soprattutto durante la spaventosa guerra del 1914-1918 aveva cercato di perseguire, senza troppi consensi nemmeno tra i cattolici, una sorta di neutrale imparzialità tra le parti in conflitto. Questa linea aveva incluso la condanna, da parte di Benedetto XV, dell’“inutile strage” e una vera e propria “diplomazia dell’assistenza”, di cui in Germania era stato protagonista lo stesso Pacelli, allora nunzio a Monaco.

Nella nuova tragedia bellica – provocata dai totalitarismi nazista e sovietico che la Santa Sede aveva condannato nel 1937 con le encicliche “Mit Brennender Sorge” e “Divini Redemptoris” – Pio XII intese seguire la stessa linea, anche se invece nei fatti il pontefice compì scelte che non è possibile classificare come neutrali.

Così il papa, con una decisione senza precedenti, appoggiò tra l’autunno del 1939 e la primavera del 1940, già nei primi mesi del conflitto, il tentativo – presto abortito – di rovesciare il regime hitleriano da parte di alcuni circoli militari tedeschi in contatto con i britannici, mentre dopo l’attacco della Germania all’Unione Sovietica a metà del 1941 Pio XII dapprima si rifiutò di schierare la Santa Sede con quella che era presentata come una crociata contro il comunismo e poi si adoperò per smussare l’opposizione di moltissimi cattolici statunitensi all’alleanza degli Stati Uniti con la Russia staliniana.

Certamente, non per questo cambiò il giudizio del papa e dei suoi più stretti collaboratori sul comunismo, giudizio che restò sempre radicalmente negativo, accentuandosi dal 1943 e culminando nel decreto di condanna emanato nel 1949 dal Sant’Uffizio. L’immagine di un Pio XII “al soldo degli Americani” – diffusa e sempre sostenuta dai sovietici a causa dell’indubbio anticomunismo del papa – è però dal punto di vista storico insostenibile.

Proprio in questa polemica – frutto della propaganda sovietica e più in generale comunista, ripresa presto anche da esponenti della Chiesa ortodossa russa – trovarono posto, fin dal 1944, le accuse a papa Pacelli e al Vaticano, che s’innestavano così sugli interrogativi espressi da Mounier e che si ritrovano nei diplomatici accreditati presso la Santa Sede, ma questa volta a proposito della politica nazista di sterminio degli ebrei.

Nel quadro del progressivo distanziamento e irrigidimento dei due blocchi vittoriosi che avrebbe portato negli anni del dopoguerra all’imposizione dell’egemonia sovietica in quasi tutti i paesi dell’Europa orientale e centrale e quindi alla guerra fredda, a Pio XII fu imputato di avere sostenuto la Germania nazista e il fascismo, di averli perdonati, di avere nascosto criminali di guerra tedeschi, di non aver condannato la barbarie hitleriana, di avere taciuto e di essersi schierato con l’Occidente capitalista.

Già durante la guerra, il 13 giugno 1943, il pontefice replicò alle accuse “che il papa ha voluto la guerra, che il papa mantiene la guerra e fornisce il denaro per continuarla, che il papa non fa nulla per la pace. Mai forse fu lanciata una calunnia più mostruosa e assurda di questa”.

Dopo la guerra, il 24 dicembre 1946, Pio XII alluse esplicitamente alla propaganda contro la Santa Sede: “Noi ben sappiamo che tutte le nostre parole, le nostre intenzioni rischiano di essere male interpretate e svisate a scopo di propaganda politica”.

E nel 1951 l’interrogativo che Mounier aveva sollevato una dozzina d’anni prima a proposito dell’aggressione italiana all’Albania diveniva, nelle parole di un altro intellettuale cattolico francese – François Mauriac, che l’anno dopo sarebbe stato insignito del premio Nobel per la letteratura – un duro rimprovero a Pio XII per non aver condannato la mostruosa persecuzione degli ebrei.

Nella prefazione al “Bréviaire de la haine. Le IIIe Reich et les Juifs” di Léon Poliakov, dopo aver sottolineato che il libro era in primo luogo diretto ai tedeschi, Mauriac scriveva:

“Questo breviario è stato scritto anche per noi francesi, il cui tradizionale antisemitismo è sopravvissuto a quegli eccessi di orrore nei quali Vichy ha avuto la sua timida e ignobile parte; per noi cattolici francesi, soprattutto, che, se abbiamo salvato l’onore, senza dubbio ne andiano debitori all’eroismo e alla carità di molti vescovi, preti e religiosi verso gli ebrei braccati, ma che non abbiamo avuto il conforto di sentire il successore del Galileo, Simone Pietro, condannare con parola netta e chiara, e non con allusioni diplomatiche la crocifissione di questi innumerevoli ‘fratelli del Signore’. Al tempo dell’occupazione, chiesi un giorno al venerando cardinale Suhard, che d’altra parte tanto aveva fatto, nell’ombra, a favore dei perseguitati: ‘Eminenza, comandateci di pregare per gli ebrei’, ed egli per tutta risposta levò le braccia al cielo. Certamente, la potenza occupante aveva mezzi di pressione cui non si poteva resistere, e il silenzio del papa e della gerarchia altro non era che un repugnante dovere; si trattava di evitare sciagure peggiori. Ciò non toglie che un crimine di tanta ampiezza ricada in parte non indifferente su tutti i testimoni che hanno taciuto, quali siano state le ragioni del loro silenzio”.

Meno severi invece erano gli accenti dell’ebreo Poliakov che – a proposito della tradizione antiebraica e dell’atteggiamento di Pio XII, e appena prima di alcuni acuti cenni sull’“essenza anticristiana dell’antisemitismo” – esprimeva un giudizio ben più sfumato:

“Non spetta a uno scrittore israelita pronunciarsi in merito a dogmi secolari di un’altra religione; ma, di fronte all’immensità delle conseguenze, non si può non essere profondamente turbati. Che il senso del nostro turbamento non vada frainteso. Noi non ammettiamo che vi sia stato anche soltanto una traccia di antisemitismo nel pensiero del papa. Se, contrariamente a tanti vescovi francesi, egli non fece sentire la sua voce, ciò fu dovuto senza dubbio al fatto che la sua giurisdizione si estendeva all’Europa tutta intera e che egli doveva tener conto non soltanto delle gravi minacce sospese sulla Chiesa, ma anche della condizione di spirito dei suoi fedeli di tutti i paesi”, che erano influenzati dalla tradizione antiebraica del cristianesimo.

In questo contesto si colloca la svolta nella questione del silenzio di Pio XII, quando il pontefice era morto (il 9 ottobre 1958) da più di quattro anni.

Questa svolta fu avviata dal dramma teatrale “Der Stellvertreter” di Rolf Hochhuth, che venne rappresentato per la prima volta a Berlino il 20 febbraio 1963 e che, per le sue tesi estreme avverse a papa Pacelli e per le forti polemiche da subito suscitate, ha da allora esercitato un influsso enorme sulla formazione dell’immagine di Pio XII e della Santa Sede nell’opinione pubblica e nello stesso dibattito storiografico.

Particolarmente significativa, nel divampare immediato della polemica, fu quasi subito la difesa del pontefice da parte di uno dei suoi più stretti collaboratori, Giovanni Battista Montini, che dalla fine del 1954 era arcivescovo di Milano e nel 1958 era stato creato cardinale da Giovanni XXIII.

Occasione dell’intervento di Montini fu un articolo in difesa di Pio XII – pubblicato dalla rivista cattolica inglese “The Tablet” nel numero dell’11 maggio 1963 – che tra l’altro sottolineava la vicinanza del lavoro teatrale di Hochhuth a una “pubblicazione comunista” sul Vaticano e la seconda guerra mondiale.

Il cardinale di Milano – in una lettera giunta a “The Tablet” lo stesso giorno della sua elezione al pontificato, il 21 giugno 1963, quando assunse il nome di Paolo VI – difendeva il comportamento di Pio XII di fronte alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, crimini di cui il papa sarebbe stato corresponsabile per non averli condannati, secondo la tesi di Hochhuth.

“Un atteggiamento di condanna e di protesta, quale costui rimprovera al papa di non avere adottato, sarebbe stato, oltre che inutile, dannoso; questo è tutto”, scriveva tra l’altro l’antico collaboratore di papa Pacelli, e concludeva:

“Non si gioca con questi argomenti e con i personaggi storici che conosciamo con la fantasia creatrice di artisti di teatro, non abbastanza dotati di discernimento storico e, Dio non voglia, di onestà umana. Perché altrimenti, nel caso presente, il dramma vero sarebbe un altro: quello di colui che tenta di scaricare sopra un papa, estremamente coscienzioso del proprio dovere e della realtà storica, e per di più d’un amico, imparziale, sì, ma fedelissimo del popolo germanico, gli orribili crimini del nazismo tedesco. Pio XII avrà egualmente il merito d’essere stato un ‘Vicario’ di Cristo, che ha cercato di compiere coraggiosamente e integralmente, come poteva, la sua missione; ma si potrà ascrivere a merito della cultura e dell’arte una simile ingiustizia teatrale?”.

Gli stessi accenti e spunti critici contro la tesi propagandistica del drammaturgo tedesco si ritrovano quasi due anni più tardi in un articolo dello storico liberale Giovanni Spadolini, pubblicato il 18 febbraio 1965 dopo le prime rappresentazioni del testo teatrale di Hochhuth a Roma, che furono subito proibite e seguite da aspre polemiche.

L’articolo dell’autorevole intellettuale e uomo politico laico esordiva con un attacco diretto alla posizione assunta dai partiti di sinistra e soprattutto dai comunisti: “Il partito che propugna il dialogo coi cattolici ha bandito una specie di crociata per la libertà di pensiero sulla base di questo libello di diffamazione anticlericale e di autodifesa nazionalista”.

E ricordando la difesa di Pio XII da parte di Montini – nel 1963 appena prima di essere eletto papa e poi durante lo storico viaggio del pontefice in Terra Santa nel gennaio del 1964 – Spadolini insisteva sugli elementi di propaganda politica presenti nel dramma appena rappresentato a Roma: così l’allora cardinale di Milano “era insorto, con la lealtà del collaboratore e del discepolo che non dimentica, contro le assurde e inique requisitorie di una propaganda politica appena ammantata di moralismo”, mentre quando “Paolo VI pose piede in terra israeliana, in quella che fu la tappa più significativa e rivoluzionaria della sua missione palestinese, tutti avvertirono che il pontefice intendeva rispondere, dallo stesso cuore del focolare nazionale ebraico, ai sistematici attacchi del mondo comunista che non mancavano di trovare qualche complicità o qualche condiscendenza anche nei cuori cattolici – o almeno in certi cattolici non ignoti neppure all’Italia”.

Nell’articolo di Spadolini chiarissima risulta dunque la percezione dell’origine delle accuse a papa Pacelli: dapprima, tra il 1939 e il 1951, in due intellettuali cattolici francesi come Mounier e Mauriac, e poi soprattutto nella propaganda sovietica degli anni di guerra e più in generale in quella comunista durante il dopoguerra e la guerra fredda.

Accentuatasi dopo la morte di Pio XII e durante il pontificato così diverso di Giovanni XXIII, la polemica esplose definitivamente al tempo di Paolo VI e s’intrecciò con la contrapposizione dei pontificati pacelliano e roncalliano che, tra l’altro, indusse nel 1965 papa Montini a introdurre simultaneamente le cause dei due predecessori:

“Sarà così assecondato il desiderio, che per l’uno e per l’altro è stato in tal senso espresso da innumerevoli voci; sarà così assicurato alla storia il patrimonio della loro eredità spirituale; sarà evitato che alcun altro motivo, che non sia il culto della vera santità e cioè la gloria di Dio e l’edificazione della sua Chiesa, ricomponga le loro autentiche e care figure per la nostra venerazione e per quella dei secoli futuri”.

Con il trascorrere del tempo la questione del silenzio di Pio XII si è molto complicata perché le reiterate accuse a papa Pacelli si sono trasformate in una leggenda nera. Questa non facilita certo i nuovi positivi rapporti tra Chiesa cattolica ed ebraismo, mentre si sono dimenticate le origini delle accuse, nate in ambienti cattolici e amplificate soprattutto dalla propaganda sovietica e comunista e dai suoi nostalgici, che non perdonano a Pio XII il suo anticomunismo.

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Il link alla rivista della facoltà di storia ecclesiastica della Pontificia Università Gregoriana su cui è uscito l’articolo di Giovanni Maria Vian:

> “Archivum Historiae Pontificiae”

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Il saggio di p. Giovanni Sale è invece uscito su “La Civiltà Cattolica” del 4 giugno 2005, pp. 419-432, con il titolo “Pio XII e la fine della seconda guerra mondiale”:

> “La Civiltà Cattolica”

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In questo sito, una valutazione della figura di Pio XII in un saggio di Pietro De Marco:

> Un figlio della Chiesa di Pio XII rompe il silenzio sulla sua santità (27.1.2005)

Fonte
 
S_Daniele
00martedì 22 dicembre 2009 08:10

Gli ebrei italiani non dimenticano l'aiuto della Chiesa Cattolica (Tornielli)

Clicca qui per leggere l'articolo di Andrea Tornielli.
S_Daniele
00martedì 22 dicembre 2009 13:09
Gli attacchi a Pio XII nascono nella chiesa

Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

Al direttore - Si propone di archiviare come non pertinenti le argomentazioni polemiche su quella che viene letta come l’ennesima provocazione di Benedetto XVI, che ha osato firmare il decreto sulle virtù eroiche di Pio XII, il cosiddetto “Papa di Hitler” e del “silenzio” sulla tragedia del popolo ebraico. Tale proposta è destinata a non essere presa in considerazione, non tanto a causa dei rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo, perché, se fosse solo per questo, la questione sarebbe facilmente risolvibile: alla lunga, la logica renderebbe evidente l’incongruenza di una religione che si occupa degli affari interni a un’altra.
Il film sulla leggenda nera di Pio XII continuerà ad andare in onda perché frutto di un’antica partita interna al mondo cattolico.
Lo ha spiegato il rabbino americano David G. Dalin in appendice al volume di Burkhart Schneider, “Pio XII”. “Quasi nessuno degli ultimi libri su Pio XII e sull’Olocausto” spiega “parla di Pio XII e dell’Olocausto.
Il vero tema di questi libri risulta essere una discussione interna al cattolicesimo circa il senso della chiesa oggi, dove l’Olocausto diviene semplicemente il bastone più grosso di cui i cattolici progressisti possono disporre come arma contro i tradizionalisti”.
Gli attacchi a Papa Pacelli iniziarono all’interno del modo cattolico un decennio prima che in quello ebraico. Erano frutto di quel cattoprogressismo che non perdonò mai al Pontefice l’opposizione al progetto di apertura a sinistra concepito da Alcide De Gasperi. Correva l’anno 1952: Pio XII aveva capito che l’ambigua visione degasperiana, ispirata al progressismo di Jacques Maritain ed
Emmanuel Mounier, rappresentava la strategia cattocomunista il cui strumento poteva essere solo un partito a due teste come la Dc: una bigotta e perbenista e l’altra eterodossa, in rivolta contro l’autorità romana.
La cattiva politica è frutto della cattiva teologia. E la cattiva politica, di rimando, cerca sempre di influire sulla teologia allo scopo di modificare la realtà della chiesa. Si capisce dunque che la ritorsione cattoprogressista contro Pio XII, dal piano politico, doveva salire a quello teologico. Tanto più che quell’ambiente aveva più di un conto in sospeso con quel Papa.
Nel 1950, con l’enciclica “Humani generis” aveva messo in guardia il gregge cattolico dalle teorie eterodosse di teologi come Rahner, Teilhard de Chardin, de Lubac. Prima, da cardinale, aveva individuato nel pensiero di Maritain la chiave della deriva sinistrorsa e nichilista del pensiero cattolico.
La difesa dei novatori, in perfetto stile rivoluzionario, partì dalla calunnia personale per cercare di erigere un castello teologico. Ci provò Mounier accreditando come reazione agli errori del cardinale Pacelli le atrocità commesse dai rivoluzionari spagnoli contro i cattolici. Dal canto suo, Maritain diceva di avere “una certa paura del cardinale Pacelli”.
Pio XII divenne l’emblema della chiesa costantiniana da abbattere per far luogo alla Nuova Chiesa dello Spirito. Giuseppe Alberigo raccontò a Repubblica che nel 1953, su istigazione di “un padre benedettino pio e assai famoso”, pregò perché Pio XII morisse presto in quanto era “un peso per la chiesa”.
L’aggressione personale non rappresenta nulla di nuovo sotto il cielo cattoprogressista.
E mostra la vera anima degli adepti di questa neoreligione, scissi tra la caccia al male assoluto e il compromesso con il male necessario.
Per questo gli attacchi a Pio XII non cesseranno in fretta e troveranno linfa dentro al mondo cattolico.

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S_Daniele
00martedì 22 dicembre 2009 19:44
Pio XII oltre i dubbi

Gumpel: «Fino al 1939 gli archivi sono già aperti: perché nessuno li consulta?»


Filippo Rizzi

Dal suo studio a Roma, nella sede della Curia generale della Compagnia di Gesù, padre Peter Gumpel – il relatore della causa di beatificazione di Pio XII – commenta positivamente la notizia che il «suo» Papa è «venerabile». Non è solo legittima soddisfazione: il gesuita tedesco legge questo passo come un segnale importante verso il raggiungimento della verità storica.

«Sono sempre più convinto – spiega – della santità di questo grande Papa e certamente se avessi scoperto nell’Archivio Segreto vaticano qualsiasi documento che potesse minare la sua causa di beatificazione, sarei stato il primo a denunciare la cosa». Padre Gumpel ha vissuto con amarezza la reazione di alcune frange del mondo ebraico all’ulteriore passo in avanti verso la beatificazione di Eugenio Pacelli.

«Prima di tutto vorrei dire che non tutto il mondo giudaico è contro la beatificazione, ma solo una parte di esso. Penso ad esempio agli ebrei americani, che in maggioranza sono grati per quanto Pio XII si prodigò per salvare il maggior numero di vite umane. E poi mi chiedo come mai – ora che gli archivi vaticani sono aperti fino al febbraio 1939 – non si accede a questi documenti. Si conoscerebbe un Pacelli nunzio in Baviera e segretario di Stato sotto Pio XI molto diverso da quello raffigurato da Rolf Hochhuth nel suo dramma Il Vicario».

Gumpel aggiunge un particolare: «Ci sono tanti documenti inediti in difesa di Pio XII nelle cancellerie di molti Paesi. Mi chiedo: perché questi testi non vengono studiati?».

Gumpel ricorda i tanti discorsi pubblici di Pacelli contro il nazismo e il razzismo, come «l’allocuzione natalizia del 1942», e fa sua la tesi dello storico e biografo di Winston Churchill, l’inglese Martin Gilbert di origini ebraiche che il cosiddetto «silenzio di Pio XII» permise di salvare molti più ebrei di una esplicita condanna.

Anche il domenicano Ambrosius Eszer, il religioso che per conto della Santa Sede ha condotto un’ulteriore indagine sulla causa di beatificazione di Pio XII, gli ha confermato la sua convinzione: «Nel luglio scorso mi ha scritto una lettera, dove si legge: "Ho finito il mio lavoro presso l’archivio della Segreteria di Stato e ogni nuova ricerca potrà confermare la posizione attuale della Santa Sede su Pio XII"». Gumpel snocciola i tanti aspetti poco conosciuti sulla vita del Pontefice a favore degli ebrei: «È morto povero, lui principe romano, perché usò buona parte delle sue fortune per salvare il maggior numero di ebrei perseguitati e nascosti nei conventi. Mi tornano alla mente le tante "missioni ufficiose" nella capitale della fidata suor Pascalina Lehnert.

Mai si ricorda quanto Pacelli fece prima della deportazione degli ebrei di Roma, il 16 ottobre 1943.
Si pensi al fatto che Pio XII si dichiarò disposto a recuperare dell’oro da consegnare al rabbino capo di Roma Eugenio Zolli. O la protesta informale che il Papa fece per la deportazione degli ebrei nel 1943 all’ambasciatore Ernst von Weizecker.
Una testimonianza – quest’ultima – da me raccolta dalla viva voce della principessa Enza Pignatelli Aragona». L’augurio finale di padre Gumpel è che, dopo questo importante attestato, «presto o tardi papa Pacelli venga elevato agli onori degli altari. Non so dire quando, perché non sono né un profeta né un indovino. Ma sono sicuro che avverrà e Pio XII potrà essere venerato prima come beato e poi come santo».

Eszer: «I miei dieci mesi di ricerche supplementari confermano: il Vaticano difese gli ebrei»

Dieci mesi di ricerca presso la prima sezione dell’archivio della Segreteria di Stato, esplorando 27 faldoni per appurare come Pio XII, attraverso la sua rete diplomatica e il suo provvidenziale silenzio, si fosse mosso a favore degli ebrei durante la Shoah. È la conseguenza del supplemento d’indagine richiesto, solo pochi mesi fa, dalla Santa Sede e da Benedetto XVI al padre domenicano tedesco Ambrosius Eszer, prima di dare il via libera al decreto sull’eroicità delle virtù di Papa Pacelli.

E l’indagine di padre Eszer – che ha studiato le carte relative a lettere e a messaggi arrivati in Vaticano tra il 1939 e il 1945 – ha permesso di dissipare ogni eventuale dubbio sulla beatificazione di Pio XII. Dal suo convento di San Paolo nel cuore di Berlino, padre Eszer, 77 anni, insigne studioso e già relatore generale alla Congregazione per le cause dei santi, commenta con grande soddisfazione la notizia che Eugenio Pacelli è ufficialmente «servo di Dio»: «Sono contento, perché proprio la recente indagine mi ha permesso di vedere quanto la Santa Sede e di riflesso Papa Pacelli si siano prodigati per gli ebrei». E aggiunge un particolare: «Quando si apriranno gli archivi penso si scoprirà ancor di più quanto la luce del Pastor Angelicus meriti di brillare per quanto, a volte nel silenzio e fuori dai riflettori, si è prodigato per arginare il dramma della Shoah».

Il domenicano, nell’arco di dieci mesi, ha verificato molte delle corrispondenze degli episcopati (soprattutto quello tedesco e dei Paesi occupati dal Reich): «Sono stato scelto io – sorride p. Ambrosius – anche perché quasi tutti i documenti sono in lingua tedesca, dai ritagli di giornale alle lettere autografe». E tra le tante fonti, edite e no, padre Eszer ne ricorda alcune molto significative: «Mi ha sorpreso la diplomazia nascosta e parallela, soprattutto in Paesi come Cecoslovacchia o Ungheria, messa in atto dalla Santa Sede per salvare tante vite.

Penso alla vigorosa lettera di protesta dell’arcivescovo di Breslavia Adolf Bertram indirizzata ad Hitler, in cui il cardinale si oppose a separare nei matrimoni misti i cattolici dagli ebrei, scongiurando così la deportazione di questi ultimi». Ma emergono particolari anche sul ruolo dell’Italia nel Patto d’acciaio: «Strano a dirsi, ma la presenza dell’Italia nell’Asse ha permesso di mitigare la ferocia nazista verso gli ebrei.

Mi ha colpito nella mia verifica scoprire una lettera preoccupata di Mussolini al gerarca fascista Cesare de Vecchi sul fatto che Hitler desse poca importanza al rischio di proteste dei cattolici tedeschi fedeli a Roma, perché costituivano solo un terzo della popolazione». In generale, conclude il domenicano, «quanto ho verificato conferma quanto già pubblicato nei 12 volumi degli Actes et Documents du Saint-Siège relatifs à la seconde guerre mondiale, editi dai gesuiti Angelo Martini, Burkhart Schneider, Robert Graham e Pierre Blet». Cioè che il presunto «silenzio» di Pio XII era obbligato per non compromettere ulteriormente la situazione degli ebrei.

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S_Daniele
00martedì 22 dicembre 2009 19:50

Prof. Israel: Chi usa Papa Pacelli per fare litigare gli ebrei e Benedetto XVI

Clicca qui per leggere la riflessione, ponderata e ragionata, del Prof. Israel.
S_Daniele
00martedì 22 dicembre 2009 19:53
Pio XII? “Il Papa ha deciso dopo aver studiato a fondo i documenti”. Malumori , ma la sinagoga lo aspetta

di Paolo Rodari

Padre Bernard Ardura è stato chiamato da meno di un mese dal Papa a presiedere il pontificio comitato di scienze storiche del Vaticano al posto di Walter Brandmüller. L’incarico consente di avere una panoramica privilegiata su tutti gli archivi vaticani e, quindi, anche sugli studi della Santa Sede dedicati a Pio XII. Dice Ardura al Foglio: “La decisione del Papa di promulgare il decreto sull’eroicità delle virtù di Pacelli viene dopo un lungo studio. La chiesa non si fa influenzare esternamente. Non l’ha influenzata la leggenda aurea che contornava la figura di Leone XIII né quella nera attorno a Pio IX. E così sta accadendo con Wojtyla e Pio XII. L’unica influenza è la scientificità degli studi. La chiave per capire l’annuncio su Pio XII è tutta interna alla chiesa: attingendo alla documentazione il Papa ha deciso ciò che è di competenza del suo magistero”.
Eppure le polemiche non sono mancate. Ieri è stato il congresso mondiale ebraico a definire la decisione del Papa “inopportuna e prematura”. Mentre in Vaticano c’è chi dice che Ratzinger è stato tempestivo: il 17 gennaio, infatti, è invitato dalla comunità ebraica di Roma nella sinagoga e la cosa non può che costringere tutti a lavorare per superare i dubbi intorno all’operato di Pio XII durante il nazismo. A oggi, comunque, non sembrano esservi novità: secondo ambienti della comunità ebraica italiana sentiti dal Foglio l’invito in sinagoga è confermato anche se, soprattutto nella base della stessa comunità, non mancano voci critiche: secondo alcuni le virtù eroiche accordate a Pacelli dal Papa sono un affronto aggravato dal fatto che, soltanto due mesi fa, la parte ebraica aveva dato il proprio assenso a riprendere, proprio il 17 gennaio, la celebrazione comune della giornata di riflessione ebraico-cristiana.
Il Papa comunque sta preparando il discorso da tenere in sinagoga dopo che molto si è speso per il
discorso di ieri alla curia romana. Qui, come fece in Terra Santa e come molto probabilmente farà in sinagoga, non ha citato Pio XII. Bensì ha ricordato la visita al museo dello Yad Vashem: “Un incontro sconvolgente con la crudeltà della colpa umana, con l’odio di un’ideologia accecata che, senza alcuna giustificazione, ha consegnato milioni di persone umane alla morte”.

Pubblicato sul Foglio martedì 22 dicembre 2009

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qui, sul blog di Rodari.
S_Daniele
00martedì 22 dicembre 2009 19:54

Dossier segreti di Hitler che riabilitano Pio XII dalle calunnie comuniste (Marco Ansaldo per Repubblica del 29 marzo 2007)

Clicca qui per leggere l'articolo
S_Daniele
00mercoledì 23 dicembre 2009 07:09
I cattolici di lingua ebraica sostengono Pio XII
Solo Dio, affermano, può sapere se ha fatto abbastanza per salvare gli ebrei

GERUSALEMME, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).-

Per i cattolici di lingua ebraica di Israele potrebbe non essere mai “umanamente possibile” determinare se Papa Pio XII fece “abbastanza” per salvare gli ebrei durante l'Olocausto, tuttavia le molte virtù del Pontefice della Seconda Guerra Mondiale sono innegabili.

Il Vicariato dei Cattolici di Lingua Ebraica in Israele (www.catholic.co.il) ha emesso questo lunedì una dichiarazione in cui esprime il proprio sostegno alla decisione di Benedetto XVI di approvare un decreto che testimonia le virtù eroiche di Pio XII, un gesto che spalanca la via verso la gloria degli altari per Papa Pacelli.

Perché Pio XII sia dichiarato beato dalla Chiesa, deve essere approvato un decreto che testimoni un miracolo attribuito alla sua intercessione.

La nota, firmata dal vicario della comunità, il sacerdote gesuita David Neuhaus, e dai sacerdoti del Vicariato, lamenta che la decisione ha scatenato una nuova “tempesta nelle relazioni tra gli ebrei e i cattolici”.

Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress, ha affermato in una dichiarazione che “ci sono serie preoccupazioni relative al ruolo politico di Papa Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale, e non dovrebbero essere ignorate”.

Lauder ha esortato il Vaticano ad aprire i propri archivi riguardanti gli anni della Guerra, tra il 1939 e il 1945, ed ha aggiunto che finché ciò non accadrà una sua beatificazione sarà “inopportuna e prematura”.

La dichiarazione della comunità cattolica di lingua ebraica di Israele, tuttavia, sottolinea i tanti risultati di Pio XII, tra cui gli sforzi per promuovere una ricerca biblica scientifica, che “unisce ebrei e cristiani e influenza notevolmente la definizione dell'eredità biblica condivisa ebraico-cristiana”.

“Il Papa, il cui pontificato è durato dal 1939 al 1958, è stato attivo in molti settori e ha lasciato la sua impronta sulla Chiesa del XX secolo”, afferma la dichiarazione. “I cattolici lo ricordano e onorano la sua memoria in un contesto ecclesiale molto più ampio di quello che riguarda solo gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale”.

Le accuse

Riferendosi a quanti criticano la direzione della Chiesa da parte di Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale, la nota afferma che si “respingono la diffamazione di Pio XII” e le accuse della sua “codardia e perfino del suo antisemitismo e della collaborazione con il nemico nazista. Queste accuse sono assolutamente infondate”.

“Allo stesso modo, respingiamo le interpretazioni che vedono ogni onore a Pio XII come una minimizzazione dell'importanza della Shoah o un passo indietro nell'enorme progresso dei rapporti tra ebrei e cattolici nei decenni scorsi”.

Detto questo, la comunità dice di “capire il disagio di molti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle ebrei che pensano che il Papa 'non abbia fatto abbastanza' per salvare gli ebrei dalle sofferenze della Shoah”.

“Comprendiamo il grido 'non ha fatto abbastanza' come un grido di profondo dolore che deriva dal senso di tradimento del popolo ebraico al momento della prova”, spiega la dichiarazione. “Il mondo non fece abbastanza visto che è innegabile che sei milioni di membri del popolo ebraico siano stati assassinati”.

“In definitiva, non ci può essere alcun 'abbastanza' nel tentativo di far fronte a una tragedia delle dimensioni della Shoah!”, dichiara la nota.

“Il Papa avrebbe potuto fare di più?”, chiede il testo. “La domanda è legittima e comprensibile, ma forse non ha alcuna risposta umana”.

“Solo Dio può sapere se fece davvero tutto ciò che era nelle sue forze”.

Padre Neuhaus e gli altri sacerdoti del Vicariato ricordano, tuttavia, l'esistenza di un ampio filone di ricerca storica che documenta gli forzi diplomatici di Pio XII alla fine della Seconda Guerra Mondiale e le sue istruzioni a chiese e monasteri perché aiutassero gli ebrei che fuggivano dalle persecuzioni, al punto da fornire loro falsi documenti e farli uscire dalle zone controllate dai nazisti.

“Continuiamo a pregare”, conclude la nota, che sia nella Chiesa che nel popolo ebraico si continui a cercare insieme la verità storica per poter educare i nostri figli al rispetto reciproco e alla fratellanza, e che si portino avanti gli sforzi per collaborare alla 'guarigione del mondo' (tikkum olam)”.

S_Daniele
00mercoledì 23 dicembre 2009 11:49
Nota di padre Lombardi sul Decreto “sulle virtù eroiche” di Pio XII

La firma da parte del Papa del Decreto “sulle virtù eroiche” di Pio XII ha suscitato un certo numero di reazioni nel mondo ebraico, probabilmente perché si tratta di una firma il cui significato è chiaro nell’ambito della Chiesa cattolica e degli “addetti ai lavori”, e può meritare alcune spiegazioni per un pubblico più vasto, in particolare quello ebraico, comprensibilmente molto sensibile a tutto ciò che riguarda il periodo storico della Seconda Guerra Mondiale e dell’Olocausto.

Quando il Papa firma un Decreto “sulle virtù eroiche “ di un Servo di Dio, cioè di una persona di cui è stata introdotta la Causa di beatificazione, conferma la valutazione positiva che la Congregazione delle Cause dei Santi ha già votato - dopo attento esame degli scritti e delle testimonianze – sul fatto che il candidato ha vissuto in modo eminente le virtù cristiane e ha manifestato la sua fede, la sua speranza, la sua carità, in grado superiore a ciò che si attende normalmente dai fedeli. Perciò può essere proposto come modello di vita cristiana al popolo di Dio. Naturalmente si tiene conto in questa valutazione delle circostanze in cui la persona ha vissuto, occorre quindi un esame dal punto di vista storico, ma la valutazione riguarda essenzialmente la testimonianza di vita cristiana data dalla persona (il suo intenso rapporto con Dio e la continua ricerca della perfezione evangelica – come diceva il Papa sabato scorso nel suo discorso alla Congregazione delle Cause dei Santi), e non la valutazione della portata storica di tutte le sue scelte operative.
Anche una eventuale successiva Beatificazione si colloca nella stessa linea, di proporre al popolo di Dio – con l’ulteriore conforto del segno di grazie straordinarie date da Dio per intercessione del Servo di Dio – un modello di vita cristiana eminente.
In occasione della Beatificazione di Giovanni XXIII e di Pio IX, Giovanni Paolo II
affermava: “La santità vive nella storia e ogni santo non è sottratto ai limiti e condizionamenti propri della nostra umanità. Beatificando un suo figlio, la Chiesa non celebra particolari opzioni storiche da lui compiute, ma piuttosto lo addita all’imitazione e alla venerazione per le sue virtù a lode della grazia divina che in esse risplende” (3.9.2000).

Ciò non intende dunque minimamente limitare la discussione circa le scelte concrete compiute da Pio XII nella situazione in cui si trovava. Per parte sua, la Chiesa afferma che sono state compiute con la pura intenzione di svolgere al meglio il servizio di altissima e drammatica responsabilità del Pontefice. In ogni caso, l’attenzione e la preoccupazione di Pio XII per la sorte degli ebrei – cosa che certamente è rilevante per la valutazione delle sue virtù – sono largamente testimoniate e riconosciute anche da molti ebrei.

Rimane quindi aperta anche in futuro la ricerca e la valutazione degli storici nel loro campo specifico. E nel caso concreto si comprende la richiesta di avere aperte tutte le possibilità di ricerca sui documenti. Già Paolo VI aveva voluto favorire rapidamente tale ricerca con la pubblicazione dei volumi degli Actes et Documents. Per l’apertura completa degli archivi – come si è detto più volte – occorre provvedere all’ordinamento e alla catalogazione di una massa enorme di documenti, che richiede un tempo tecnico ancora di alcuni anni.

Quanto al fatto che i Decreti sulle virtù eroiche di Papa Giovanni Paolo II e Pio XII siano stati promulgati nello stesso giorno, ciò non significa un “abbinamento” delle due Cause da ora in poi. Le due Cause sono del tutto indipendenti e seguiranno ciascuna il proprio iter. Non vi è quindi nessun motivo di ipotizzare un’eventuale Beatificazione contemporanea.

Infine, le disposizioni di grande amicizia e rispetto del Papa Benedetto XVI verso il popolo ebraico sono state già testimoniate moltissime volte e trovano nel suo stesso lavoro teologico una testimonianza inconfutabile. E’ chiaro quindi che la recente firma del Decreto non va in alcun modo letta come un atto ostile contro il popolo ebraico e ci si augura che non sia considerata un ostacolo sul cammino del dialogo fra l’ebraismo e la Chiesa cattolica. Ci si augura anzi che la prossima visita del Papa alla Sinagoga di Roma sia occasione per riaffermare e rinsaldare con grande cordialità questi vincoli di amicizia e di stima.

© Copyright Radio Vaticana

E' incredibile quante giustificazioni dobbiamo dare per una scelta leggittima, come sono incredibili le ingerenze degli Ebrei per la questioni prettamente ecclesiastiche.
 
Cattolico_Romano
00giovedì 24 dicembre 2009 10:51
Mano tesa agli ebrei: «Pio XII non è Wojtyla»

di Andrea Tornielli

Roma
Il via libera di Benedetto XVI alla beatificazione di Pio XII non intende in alcun modo «limitare la discussione» su di lui perché la Chiesa, quando beatifica «un suo figlio», non «celebra» le particolari opzioni storiche che ha compiuto. Lo ha precisato ieri, in una lunga
nota, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, per mandare un segnale distensivo alla comunità ebraica in vista della visita che Ratzinger compirà alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio. Un segnale apprezzato dal mondo ebraico sia in Italia che all’estero.
Il portavoce vaticano ha espresso comprensione per l’alta sensibilità del pubblico ebraico rispetto a tutto ciò che riguarda l’Olocausto e ha spiegato che quando il Pontefice firma un decreto sulle «virtù eroiche» di una persona per la quale è stata introdotta la causa di beatificazione, conferma la valutazione positiva e attentamente vagliata della Congregazione delle cause dei santi, attestando che «il candidato ha vissuto in modo eminente le virtù cristiane e ha manifestato la sua fede, la sua speranza, la sua carità, in grado superiore a ciò che si attende normalmente dai fedeli». Naturalmente «si tiene conto in questa valutazione delle circostanze in cui la persona ha vissuto», ma la valutazione «riguarda essenzialmente la testimonianza di vita cristiana data dalla persona, il suo intenso rapporto con Dio e la continua ricerca della perfezione evangelica» e non la valutazione «della portata storica di tutte le sue scelte operative».
Come affermò nel settembre 2000 Giovanni Paolo II, beatificando Pio IX – il Papa discusso per il suo atteggiamento verso il Risorgimento – «ogni santo non è sottratto ai limiti e condizionamenti propri della nostra umanità. Beatificando un suo figlio, la Chiesa non celebra particolari opzioni storiche da lui compiute». Dunque, spiega Lombardi, la firma di Ratzinger «non intende minimamente limitare la discussione circa le scelte concrete compiute da Pio XII nella situazione in cui si trovava». Il portavoce della Santa Sede ribadisce il giudizio della Chiesa sulla prudenza tenuta da Papa Pacelli negli interventi pubblici, una scelta compiuta, «con la pura intenzione di svolgere al meglio» il suo servizio «di altissima e drammatica responsabilità»; e non manca di ricordare «l’attenzione e la preoccupazione di Pio XII per la sorte degli ebrei», peraltro «largamente testimoniate e riconosciute» anche da molti israeliti. Ma «la ricerca e la valutazione degli storici nel loro campo specifico» rimane aperta. Occorreranno peraltro ancora alcuni anni per terminare il lavoro di catalogazione delle carte relative al pontificato pacelliano rendendoli consultabili agli studiosi, anche se ben dodici volumi di quei documenti sono già pubblicati da molti anni. Lombardi precisa quindi che la promulgazione congiunta dei decreti riguardanti Pacelli e Wojtyla non significa un collegamento tra i due processi, che non saranno abbinati e seguiranno ciascuno il proprio iter. «Non vi è quindi nessun motivo di ipotizzare un’eventuale beatificazione contemporanea». Infine, ricordando «le disposizioni di grande amicizia e rispetto» di Benedetto XVI verso il popolo ebraico, smentisce che la firma del decreto su Pio XII possa essere letta «come un atto ostile contro il popolo ebraico».
Positive le prime reazioni ebraiche. Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, apprezza «la tempestività e l’attenzione del Vaticano» e giudica la nota «un opportuno segnale distensivo»: «Sono importanti sia la distinzione dell'aspetto religioso della questione da quello storico, sia la precisazione che la causa di beatificazione avrà un suo iter indipendente. Certamente rimane aperta e controversa la valutazione storica, ma è rilevante la comprensione vaticana della richiesta di avere aperte tutte le possibilita di ricerca». Anche il rabbino israeliano David Rosen, tra i primi a criticare il via libera alla beatificazione di Pacelli, ha espresso apprezzamento per la nota vaticana.

© Copyright Il Giornale, 24 dicembre 2009 consultabile online anche
qui.
Cattolico_Romano
00martedì 29 dicembre 2009 12:07

Lo spillo. L'aiuto "silenzioso" agli ebrei di Papa Pacelli, Venerabile e "Giusto tra le Nazioni".

Prendendo spunto dal buon articolo di Arrigo Levi, apparso sul quotidiano La Stampa di ieri, scriviamo con pacatezza una lettera aperta ai nostri 'Fratelli Maggiori', con indicazioni di eventi e toccanti testimonianze di ebrei contemporanei di Pio XII, che la stampa, i mass media e gli organi culturali dell'ultimo trentennio hanno però colpevolmente taciuto, contribuendo così ad alimentare quella infondata polemica che crebbe per poi diventare la spettrale condanna destinata a pesare su Pio XII: il suo silenzio. Da qualche tempo però si nota una positiva controtendenza, per cui rinasce un'obiettiva e documentata attenzione ai fatti storici che rendono giustizia al Pastor Angelicus e alla sua opera di aiuto per gli Ebrei durante lo sterminio.
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Se tanto si è dovuto attendere per la dichiarazione di "Venerabile" di un grande Pontefice, bisogna dire "grazie", tra gli altri, agli Ebrei. Ma anche a
i Vescovi e Cardinali dissidenti potrebbero essere mosse critiche, dato che hanno voce in capitolo. Ma perchè gli Ebrei dei nostri giorni tanto ce l'hanno col povero Pio XII? Perchè sembrano voler dimenticare o confutare le testimonianze dei loro padri, che quel terribile tempo di persecuzione (e quindi, anche dell'attività del Papa) hanno conosciuto e vissuto in prima persona?
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Regnante Pio XII, infatti, molte ed eminenti furono le manifestazioni di riconoscenza e di gratitudine rivoltegli per il suo aiuto in difesa degli Ebrei. Dal 1944 e ben oltre la fine del conflitto mondiale, copiosi e spontanei furono gli attestati ufficiali di riconoscimento dell'opera della Chiesa e del Papa per salvare quanti più Ebrei possibile. Ne diamo un parzialissimo resoconto.

I RICONOSCIMENTI PUBBLICI DEL MERITO DI PIO XII

(durante e terminata la II Guerra Mondiale)

a. "Risulta sempre più chiaro che gli Ebrei son stati salvati dentro le mura del Vaticano durante l'occupazione di Roma." (Jewish News di Detroit, 7.07.1944).

b. "La Santa Sede aveva fornito ai rifugiati ebrei anche cibo kosher." (Congress Weekly, 14.07.1944).

c. "Il Vaticano ha sempre aiutato gli Ebrei e gli Ebrei son grati alla carità del Vaticano, fatta e distribuita senza distinzione di razza." (American Hebrew di New York, 14.07.1944).

d. "Salvati dalla Chiesa, atti eroici di cattolici italiani. - In migliaia salvati dai cardinali ai curati di campagna. Sebbene messi pericolo per il fatto di soccorrere Ebrei, cattolici italiani aiutarono migliaia di nostri fratelli. Lo stesso Papa Pio XII ha dato asilo, entro le mura vaticane a centinaia di Ebrei senza tetto." (R. R. Resnik, sul Palestine Post del 22.01.1946).

e. I rabbini dell'esercito statunitense mandarono dettagliai rapporti sull'azione della Chiesa in favore degli ebrei italiani (Bollettino Jewish Brigade Group, giugno 1944 - Commitee on Army and Navy Religious Activity of the National Jewish Welfare Board, 21 luglio 1944).

f. Giuseppe Nathan, commissario dell'Unione delle Comunità israelitiche rese grazie, il 7.09.1945, "al Sovrano Pontefice e ai religiosi che non hanno visto nei perseguitati nient'altro che fratelli da salvare, secondo le indicazioni del Santo Padre" (L’ Osservatore Romano, 8-9-1945).

g. Il 21 settembre 1945 il dott. Leo Kubowitski, Segretario del Congresso Ebraico Mondiale, fu ricevuto dal Papa Pio XII per presentargli i suoi ringraziamenti per l'opera effettuata dalla Chiesa Cattolica in tutta Europa in difesa del popolo ebraico (L’ Osservatore Romano, 23-9-1945).

h. Il mese dopo, l'11 ottobre 1945, lo stesso Congresso Ebraico Mondiale offrì 20.000 dollari alla Santa Sede come segno di riconoscenza degli sforzi profusi dalla Santa Chiesa Cattolica Romana nel salvataggio degli Ebrei perseguitati dal nazismo (New York Times, 11 octobre 1945).

i. Il 29 novembre 1945 80 ebrei delegati dai rifugiati nei campi di concentramento tedeschi, vennero ricevuti dal Papa Pio XII per potergli riferire : "siamo onoratissimi di poter ringraziare personalmente il Santo Padre per la generosità che Egli ci ha mostrato durante il terribile periodo nazista."

l. Il 9 marzo 1946, 82 sopravvissuti di Auschwitz e Dachau ringraziarono personalmente il Papa per averli aiutati a scappare, salvandoli.

m. Dieci anni dopo, in occasione delle commemorazioni della fine del conflitto mondiale, il 26 maggio 1955, l'orchestra Filarmonica d'Israele (composta da 94 professori ebrei, diretti dal Maestro Paul Kletzki), suonarono sotto le finestre del Palazzo Apostolico come segno "di riconoscenza della grandiosa opera umanitaria compiuta dal Papa per salvare un gran numero di ebrei, durante la II Guerra Mondiale" .

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Come si vede, i contemporanei del Papa, che avevano conosciuto o sperimentato la sua salvifica attività verso migliaia di ebrei, gli avevano espresso la loro sincera e spontanea riconoscenza al termine del conflitto.


IL CORDOGLIO DEGLI EBREI PER LA MORTE DI PIO XII


Nell'immediatezza della sua morte, inoltre, furono molti i sensi di cordoglio che giunsero dalle comunità ebraiche di allora, alcune delle quali espresse addirittura da autorevoli colonne di importanti quotidiani (nazionali e non). Se ne riportano alcuni a scopo di esempio.

1. L'allora Ministro degli Esteri di Israele, Golda Meir, ad esempio, appresa che ebbe la morte di Pio XII, inviò alla S. Sede un accorato telegramma: "Partecipiamo al dolore dell'umanità per la morte di S. Santità Pio XII. In periodo turbato da guerre e da discordie, egli ha mantenuto alti gli ideali più belli di pace e di carità. Quanto il martirio più spaventoso ha colpito il nostro popolo, durante i dieci anni di terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata a favore delle vittime."

2. Il Gran Rabbino di Gerusalemme di quel tempo (la più alta autorità religiosa ebraica) Isaac Herzog inviò telegramma, la mattina del 9 ottobre 1958 col seguente messaggio: "La morte di Pio XII è una grave perdita per tutto il mondo libero. I cattolici non sono i soli a deplorarne il decesso".

3. Dagli Stati Uniti, il Rabbino Jacob Philip Rudin, presidente della Central Conference of American Rabbies così commentò la morte del Papa: "La Conferenza centrale dei Rabbini americani si unisce con profonda commozione ai milioni di membri della Chiesa Cattolica romana, per la morte di Pio XII. [...]. Possa il suo ricordo essere una benedizione per la vita della Chiesa cattolica Romana e per il Mondo." (L'Osservatore Romano, 10.10.1058).

4. Il Rabbino capo di Londra, Brodie, in un messaggio inviato all'Arcivescovo di Westminster, così si doleva: "Noi della Comunità ebraica abbiamo ragioni perticolari per dolerci della morte di una personalità la quale, in ogni circostanza, ha dimostrato coraggiosa e concreta preoccupazione per le vittime della sofferenza e della persecuzione." (L'Osservatore Romano, 11.10.1958).

5. Il Presidente d'Israele, Itzhak Ben-Zvi per tramite dell'Ambasciatore israeliano a Roma, trasmise il seguente messaggio di sincero cordoglio al Cardinal Tisserant (decano del S. Collegio): "... facendomi portavoce dei numerosi rifugiati ebrei, salvati dalla morte e dalle torture, per l'intercessione di Pio XII." (Christian News from Israel, vol IX, nn. 3-4-, dicembre 1958).

6. William Zunkermann, direttore di "Jewish Newsletter" (rivista ebraica americana) il 10 ottobre 1958 invitò tutti gli Ebrei d'America "a rendere omaggio e a esprimere il loro compianto perché probabilmente nessuno statista di quella generazione aveva dato agli Ebrei più poderoso aiuto nell'ora della più grande tragedia. [...] Quello che il Vaticano ha fatto è stata una delle più grandi manifestazione di 'umanitarismo' del secolo XX e ha costituito un nuovo ed efficace metodo di combattere l'antisemitismo. [...] Qualunque ebreo toccasse il Vaticano, era salvo." (The Commonweal, 7.11.1958).

7. Messaggi di cordoglio e tributi di stima furono rivolti al Papa da poco defunto anche da Leonard Bernistein (che impose un minuto di silenzio prima di iniziare un concerto dell'Orchestra Filarmonica di New York), dal Rabbino Israel Goldstein e dai membri del Comitato esecutivo sionista.

E ancora.

8. Il Rabbino Capo di Roma il 10 ottobre 1958 rendeva così omaggio a Pio XII: "Più di chiunque altri noi abbiamo abbiamo avuto modo di beneficiare della grande e caritatevole bontà e della magnanimità del rimpanto Pontefice, durante gli anni della persecuzione e del terrore, quanto ogni speranza sembrava per noi essere morta" (parole riportate dai quotidiani italiani e internazionali dell'11 ottobre 1958). Egli solennemente affermò ciò che i suoi successori sembrano aver oggi dimenticato: "Gli Ebrei si ricorderanno sempre di quello che la Chiesa Cattolica ha fatto per loro su ordine del Papa al momento della persecuzione razziale. (Le Monde 10.10.1958). (peccato che la Storia gli abbia dato torto, almeno finora, e molti ambienti della Comunità Ebraica se ne siano scordati)

9. Il Console israeliano a Milano, M. Pinchas Lapide, ebbe ad ammetere, riferendosi a Pio XII: "Non c'è Papa nella storia degli ebrei che sia mai stato ringraziato tanto calorosamente per l'aiuto e la salvezza ai loro fratelli nei momenti di grave pericolo." Anni dopo, dalle colonne dell'autorevole Le Monde il console consegnò alla Storia la conferma dell'impegno silenzioso della Chiesa. Chiaro ed inequivocabile il suo pensiero di "testimone" referenziato e attendibile (in quanto diplomatico attivo con la S. Sede): "Io posso affermare che il Papa, La Santa Sede i Nunzi e tutta la Chiesa Cattolica hanno salvato dai 150.000 ai 400.000 ebrei da una morte certa. La Chiesa Cattolica ha salvato più vite ebree da sola, che tutte le altre chiese, istituzioni religiose e organizzazioni messe insieme." (Le Monde 13.12.1963).

10. Gli ufficiali statunitensi ebrei della brigata entrata a Roma per la liberazione riferirono: "... i superstiti ebrei ci dissero con voce piena di gratitudine e di rispetto: 'Se siamo vivi bisogna ringraziare Pio XII. E' nel Vaticano, nelle chiese, nei monasteri, nelle case private che ebrei son stati tenuti nascosti per suo ordine personale. Persino sulla sinagoga vicino al Tevere aveva fatto imprimere il suo sigillo pontificio e anche i nazisti l'hanno rispettato" (Davar, 10 ottobre 1959).

L'AIUTO CONCRETO E PERSONALE DI PIO XII

Come si nota, appena morto il Papa, egli non fu criticato per quello che non aveva detto (e che avrebbe dovuto dire), ma venne ringraziato dagli stessi Ebrei per tutto ciò che aveva fatto, salvando migliaia di vite di ebrei. All'epoca nessuna polemica era sorta sui meriti indiscussi di Pio XII, e molti furono, come si è visto, i messaggi di riconoscenza delle comunità ebraiche verso di lui. Solo a Roma il Papa aveva nascosto migliaia di ebrei nei conventi, nelle chiese (ad es. S. Callisto, S. Maria in Trastevere); nei seminari (ad es. 400 presso il Seminario Romano Maggiore), li aveva protetti con lo scudo dell'extraterritorialità dello Stato della Città del Vaticano (ad es. nella Canonica di San Pietro, nel Palazzo di San Giovanni al Laterano, in S. Paolo, a Castel Gandolfo), tra le file della neutrale Guardia Palatina (con un incremento di arruolati ebrei del 1000%); o dietro i sigilli della S. Sede e dietro ai passaporti diplomatici. E altrettanto aveva fatto, dando disposizioni al clero cattolico in Italia ed in Europa. Ebbe anche a contribuire, con 15 chili d'oro, al pagamento del riscatto imposto da Kappler per impedire una deportazione che poi, proditoriamente, i nazisti effettuarono comunque.

Roma è ricca delle lapidi o targhe che furono poste ad imperitura (?) memoria della sua opera e della riconoscenza degli ebrei (lapide nel museo della Liberazione di via Tasso a Roma: "A S. S. Pio XII, gli Ebrei."; lapide sul palazzo della Curia generalizia degli Agostiniani, di fronte al colonnato di S. Pietro, ove furono salvati alcuni ebrei, "sotto l'egida caritatevole di Sua Santità Pio XII", come recita la lapide; lapide sulla facciata dell'Abbazia delle Tre Fontane, in via Laurentina, sotto arco di Carlo Magno, ecc.).

TUTTO SCORDATO?

Basterebbero queste testimonianze e i documenti citati (e i numerosi non citati) per constatare l'opera di Pio XII e il suo ordine per salvare quanti più Ebrei in Italia e in Europa, attraverso i Nunzi e gli ordini religiosi. Sarebbe bastato ricordare tutto ciò, per impedire che la memoria di un grande Papa, e della sua fatica, potessero essere così ingiuriosamente trascinate nel fango da fittizie polemiche ideologiche e meschine, note a tutti, e così difficili da sconfessare.

Tutta l'opera di Pio XII e la gratitudine dei superstiti o dei rifugiati di allora, ad un certo punto della Storia, sembrano essere state dimenticate. Cancellate. O più codardemente, ignorate, messe da un lato, derise.

E non c'è assolutamente alcuno motivo di dubitare della veridicità delle coeve testimonianze di riconoscenza per Papa Pacelli, data la loro genuinità, e spontaneità, fresca com'era la memoria della sua attività e stante la gratituine delle persone che erano vive grazie a lui.

Ulteriore conferma ne sia la mirabile conversione del Gran Rabbino di Roma, Israele Zolli (1881-1956) che il 13 febbraio 1945 fu battezzato a S. Maria degli Angeli con tutta la famiglia, scegliendo come nome di battesimo proprio Eugenio Pio, in omaggio a Papa Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli. La domenica successiva egli ricevette la Prima Comunione e la S. Cresima.
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Le testimonianze del tempo, devono essere considerate più attendibili delle successive critiche e delle infondate accuse infamanti, sul tanto disprezzato "silenzio" di Pio XII. Accuse, si sa, ingiuriose, pilotate ed ideologiche.

Il cambiamento di giudizio sul Papa e sul suo operato a difesa degli ebrei, avvenuto nella seconda metà del secolo scorso, è tristemente noto a tutti. Se ne conoscono anche i motivi, e i provocatori che dietro ad opere teatrali, culturali e sociali spingevano per una ignobile, improvvisa e inspiegabile condanna di Papa Pacelli, e con lui, di tutta la Chiesa (forse vero obiettivo delle polemiche).

FORSE LA SVOLTA?

Ma da qualche anno, finalmente, le cose stanno cambiando. I documenti e le testimonianze del tempo stanno prevalendo sulle infamie e sugli attacchi ideologici e religiosi. Ecco alcuni fatti che fanno ben sperare in una piena e meritata rivalutazione del Venerabile Pio XII.

I. Di recente, il 16 febbraio 2001, il Gran Rabbino di New York David Dalin, ha dichiarato che Pio XII è stato ingiustamente attaccato dal momento che egli può essere considerato un "Giusto" agli occhi degli Ebrei. "Egli fu un grande amico degli Ebrei, e merita di essere proclamato "Giusto tra le Nazioni", giacchè egli salvò moltisismi dei miei correligionari, molti più di Schindler. Stando a certi conti, almeno 800.000." Omaggiando Antonio Gaspari (per l'opera Gli ebrei salvati da Pio XII) il Gran Rabbino ha ricordato che "nei mesi in cui Roma era stata occupata dai Nazisti, Pio XII aveva dato istruzioni al clero di salvare gli ebrei in tutti i modi". Nel momento in cui veniva consegnata la medaglia dei "Giusti" al Cardinal Palazzini per aver salvato molti Ebrei, egli affermò. "Il merito va interamente a Pio XII". Il Gran Rabbino Dalin così concludeva il suo commento: "Mai un Papa è stato così omaggiato e ringraziato dagli Ebrei". Anche il Dott. Dalin, ha riconosciuto che subito dopo la II Guerra Mondiale e durante gli anni successivi ci furono molte manifestazione di stima verso Pio XII che gli vennero rivolte dalle più alte autorità d'Israele, dal Ministro Golda Meir, al Gran Rabbino di Gerusalemme fino al Gran Rabbino di Roma, Elio Toaff . (Intervista al Weekly Standard).

II. In tempi ancor più recenti si ha avuto finalmente un'altra conferma di correzione di rotta, rispetto alla infondata critica e monotona polemica sul preteso "silenzio" di Pio XII. Il 13 ottobre 2008, infatti, molti ebrei hanno testimoniato davanti alle telecamere di essere stati salvati dal clero cattolico, con il sostegno di Pio XII durante le persecuzioni nazziste. Tra coloro, Emanuele Pacifici, figlio di Riccardo Pacifici, Rabbino di Genova ai tempi della guerra.

III. In un bell'articolo di Arrigo Levi su Pio XII del 27.10.2008 egli ha sintetizzato quanto fin ora detto: "la Santa Sede compì ripetuti passi diplomatici, fidandosi, a torto, dell’ambasciatore tedesco, minacciando una protesta pubblica del Papa se la deportazione fosse continuata. [..] non solo a Roma ma in tutta Italia l’apertura dei conventi e l'organizzazione del salvataggio degli Ebrei e di altri perseguitati da parte del clero ebbe dimensioni tali da rendere certo, anche per molte testimonianze, che il Papa avesse dato il proprio assenso (anche se non per iscritto: sarebbe stato follia) a questa azione corale. Posso aggiungere che nei primi tempi dopo la fine della guerra le espressioni di gratitudine di Ebrei alla Chiesa e al Papa furono numerosissime. (E perchè oggi di quelle espressioni ci si è quasi dimenticati o non si dà più il giusto peso?) [...] al Laterano: dove si rifugiarono, protetti dalla extraterritorialità della sede del vescovo di Roma, non solo ebrei ma l’intero CLN centrale, con Nenni, Saragat, Ivanoe Bonomi, De Gasperi, Meuccio Ruini e altri ancora: gli ospiti del Laterano furono in totale più di 40 mila). Certo che il Papa sapeva! Tacque sulla Shoah, per prudenza, nel timore del peggio. [...] Come ebreo, mi associo a Toaff nella lode della 'grande compassionevole bontà del Papa durante gli infelici anni della persecuzione', e giustifico il suo silenzio, senza il quale molte altre migliaia di ebrei sarebbero finiti nei forni crematori"
(quale fonte autorevole e obiettiva!)

III: Su Sat2000, il 23 maggio 2009 è andata in onda una obiettiva inchiesta che finalmente rende giustizia a Pio XII. "In essa sono contenute anche altre nuove testimonianze e documenti inediti che chiariscono ancora di più come la rete di salvataggio per i perseguitati, costituita da conventi, istituti religiosi e nunziature - non solo a Roma, ma anche in Italia e nel mondo - facesse capo a precise disposizioni di Pio XII" (Arrigo Levi, La Stampa del 22.05.2009)

IV Quest'anno addirittura, il 3 luglio 2009, la Fondazione Pave the way (PTWF) ha annunciato la sua intenzione di proporre al Museo della Memoria Yad Vashem, a Gerusalemme il riconoscimento del titolo di "Giusto tra le Nazioni" a Eugenio Pacelli, Papa XII (
http://www.zenit.it/)

V. Padre Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, in una nota di ieri indirizzata alla Comunita Ebraica per rassicurarli (ma si è mai visto la Chiesa che deve render conto o giustificarsi circa i propri Santi?) ha ricordato che: "L’attenzione e la preoccupazione di Pio XII per la sorte degli ebrei, cosa che certamente è rilevante per la valutazione delle sue virtù, sono largamente testimoniate e riconosciute da molti ebrei" [...] le sue scelte sono stata compiute con la pura intenzione di svolgere al meglio il servizio di altissima e drammatica responsabilità di pontefice"

La Verità Storica sta trionfando e i giusti riconoscimenti per i meriti di Pio XII stanno schiacciando la Calunnia.

PERCHE'?

Tutto ciò premesso, non si riescono a ben comprendere alcuni aspetti delle recenti vicende. Quali son le ragioni di tanta ostilità contro la beatificazione di Papa Pio XII? Perchè strumentalizzare alcuni episodi storici, distorcerli, alterarli, interpretarli a proprio comodo, per utilizzarli a scopo politico-religioso? Perchè sconfessare o ignorare le originarie posizioni ebraiche e i positivi sentimenti verso Pio XII provenienti dalla Comnunità Ebraiche di allora? Perchè tanta polemica, da dover costringere la Santa Sede a rassicurare benignamente gli Ebrei per un atto interno alla fede cattolica e che, quindi, non può e non deve riguardarli? Perchè tanta ostinazione a voler trovare a tutti i costi una colpa da addossare a quel Papa che, come si sta riscoprendo in questi ultimi anni, tanto si adoperò per salvare migliaia di vite ebree, come pochi altri fecero?

Un confronto con gli altri grandi Statisti del Mondo sarebbe meschino e squallido. Non ci può essere competizioni di tal sorta. Ma l'accanimento contro Pio XII potrebbe far ricorrere anche a questo strumento estremo in sua difesa: perchè gli Ebrei non polemizzano anche coi Capi di Stato o Capi Spirituali di altre confessioni religiose che ben si guardarono di dire quel poco che Pio XII disse? Non dimentichiamo, infatti, che comunque il Papa, se pur in manire generica, condannò le deportazioni per motivi di razza (Radiomessaggio del 24 dicembre 1942 "Questo voto l'umanità lo deve alle centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento"). Le conseguenze di una sua più epliscita condanna non si possono sapere, ma facilmente immaginare. E non sarebbe stato opportuno correre il rischio. La condanna gli avrebbe legato le mani, e gli avrebbe impedito di agire nel silenzio. E non avrebbe risparmiato altre vite (sia di ebrei sia di cattolici).


Quali sono allora le preoccupazioni degli Ebrei circa la Canonizzazione di Pio XII? Perchè si dimenticano quelle limpide e toccanti testimonianze dei loro padri, a tal punto da sentirsi in diritto di ingerirsi sempre e indebitamente negli affarei interni della Chiesa?

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UN INVITO

Per concludere. Un cordiale e benevolo, ma pressante, invito rivolto agli Ebrei contemporanei. Rileggete le cronache dei giornali del tempo, i discorsi dei Vostri grati confratelli di allora, le loro accorate testimonianze, e le commosse parole dei Vostri onesti Rabbini di quegli anni terribili. Essi dissero che Papa Pio XII volle salvare e salvò quasi 800.000 ebrei (e il 90% di quelli a Roma). Essi gli tributarono la loro riconoscenza. Perchè non creder loro?

Dalle testimonianze poc'anzi riportate, è di tutta evidenza che essi gli assicurarono la loro gratitudine e la loro stima. Un fondamento di verità ci dev'essere pur essere, quindi, nel dire che Pio XII salvò degli ebrei. O no? Siate onesti anche Voi col defunto Pio XII così come essi lo furono con lui, da vivo. Orsù smettete di lamentare il "silenzio" del Papa, e riconoscetegli in maniera esplicita e incondizionata il merito di aver agito, salvando molte vite ebree. Ammettete che il suo aiuto concreto riscatte (e giustifica) un silenzio che, come ha dichiarato anche Arrigo Levi, si rese necessario per non provocare l'ira dello scellerato Führer e impedire l'aiuto concreto. Forse, se il Papa avesse parlato, molti di Voi, ora, non sareste qui a criticarlo. Molto probabilmente la reazione di Hitler per una condanna esplicita del nazismo e delle deportazioni da parte del Papa, avrebbe provocato una terribile rappresaglia, con effetti ancor più terrificanti dei tragici noti eventi: è tristemente documentato che in Olanda, dove vi furono esplicite condanne della chiesa locale, si salvarono solo il 20 degli ebrei e furono rastrellati perfino i conventi, deportandone i rifugiati e pure le suore di origine ebraica come Santa Edith Stein. A Roma il Papa, con la sua attività silenziosa e il suo silenzio operoso, riuscì invece a salvare ben il 90% degli Ebrei.
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Ciò che è ad oggi certo e riconosciuto è l'opera pur silenziosa del Papa. Sulla bilancia del Vostro (pre?)giudizio verso Pio XII pesa forse di più l'omissione di un'accusa esplicita ma rischiosa, anzi rovinosa, o la concreta opera umanitaria condotta dal Papa in silenzio, con immani sforzi e tra grandissimi rischi?

Il Papa non scappò da Roma, nè quando seppe del piano di Hitler di farlo rapire (insieme coi Cardinali) nè durante l'occupazione tedesca. Il Papa non smise di nascondere ebrei nei Sacri Palazzi quando gli riferirono che Hitler lo aveva saputo. Il Papa continuò a salvare ebrei pur mettendo in pericolo la propria vita e quella di altri preti, vescovi e fedeli.

E' un fatto storico che Papa Pio XII esercitò eroicamente le virtù dell'amore per i fratelli. Della generosità verso i bisognosi. Dell'accoglienza del perseguitato. Il Papa PIO XII è Venerabile! E, preghiamo, sarà, presto Beato e Santo.
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Preferite perseverate nei Vostri convincimenti e nella Vostra miopia storica? Nessun fatto storico, nessuna testimonianza dei Vostri padri, nessun argomentazione può farVi cambiare idea (o meglio, dissuaderVi dal perseverare in questa che è ormai diventata una questione politico-religiosa, nascosta dietro questioni storiche?). Ma almeno non ingeriteVi negli affari interni di casa nostra (dai nostri Santi alle nostre preghiere, come quella del Venerdì Santo). Così come noi, d'altronde, non lo facciamo con i Vostri: tollerereste un'ingerenza della S. Sede sulla nomina dei Vostri Gran Rabbini di Gerusalemme? Tollerereste giudizi di merito sulle Vostre preghiere del Sabato o sulla foggia dei peòt? O su altre questioni della Vostra Religione?

E ricordate: le altrui scelte religiose (se lecite, legittime ed inoffensive, beninteso!) non possono sempre essere prese avendo quale unico criterio di opportunità, unicamente la Vostra facile suscettibilità e il Vostro continuo risentimento che, in questo caso, è del tutto fuori luogo.

Con cordialità

Messainlatino

S_Daniele
00martedì 19 gennaio 2010 17:18


Marcia indietro del settimanale francese “Marianne” sui suoi attacchi a Pio XII

Pubblica l'articolo: “Pio XII: e se 'Marianne' si fosse sbagliato?”


PARIGI, martedì, 19 gennaio 2010 (ZENIT.org).

Dopo la pubblicazione di un articolo che evoca lo “scandalo della beatificazione di Pio XII”, il settimanale francese “Marianne” ha fatto marcia indietro sull'argomento.
“Il nostro articolo del 2 gennaio 'Il Papa che rimase in silenzio di fronte a Hitler', che ha affrontato il tema della possibile beatificazione di Pio XII, ha suscitato reazioni”, osserva la redazione di “Marianne”.
“Anche tra i nostri cronisti abituali. Tra questi, Roland Hureaux considera che, di fronte all'Olocausto, Pio XII agì come un uomo responsabile anziché dare lezioni”.
Nell'articolo, diffuso l'11 gennaio, Hureaux ricorda che i “dirigenti della Chiesa cattolica si situano dalla parte dell'etica della responsabilità”.
“Perché, contrariamente a ciò che possono far pensare alcuni, i buoni cristiani non sono adolescenti tardivi, e la Chiesa cattolica ha responsabilità effettive: quella, tra il 1939 e il 1945, di milioni di cattolici ma anche di centinaia di migliaia di ebrei rifugiati nelle sue istituzioni!”.
“E' estremamente immaturo pensare che il Papa potesse parlare indiscriminatamente senza preoccuparsi di questa responsabilità”, afferma.
Secondo il giornalista di “Marianne”, “nulla permette di dire che, in relazione a quella situazione, il Papa avrebbe potuto, essendo meno 'prudente', migliorare l'equilibrio tra bene e male”.
“Serve una presunzione singolare da parte di coloro che non hanno vissuto le stesse circostanze né hanno mai esercitato analoghe responsabilità per presentare giudizi a questo proposito”.
“Come ha detto Serge Klarsfeld, alcune parole solenni durante la retata degli ebrei di Roma avrebbero 'sicuramente migliorato la reputazione attuale di Pio XII'. Ma che criminale sarebbe stato se, per forgiare la propria immagine davanti alla storia o anche per preservare l'onore dell'istituzione, avesse sacrificato la vita di anche solo uno delle migliaia di bambini ebrei rifugiati nei giardini di Castel Gandolfo e in tanti conventi!”.
Roland Hureaux considera anche che bisognerebbe avere “una singolare ignoranza di quello che fu il regime nazista per immaginare che questo tipo di proclami avrebbero potuto commuoverlo”.
“Come si può dire che il Papa non abbia detto nulla contro il nazismo, quando fu lo sherpa della redazione, dall'inizio alla fine, dell'Enciclica Mit brennender Sorge (1937)?”, aggiunge.
Pio XII era “ossessionato dall'anticomunismo”. “Come sono leggere queste parole! Dimenticano che tra l'agosto 1939 e il giugno 1941 Hitler e Stalin furono alleati, si portò a termine un piano di sterminio dei sacerdoti e delle élites polacche e centinaia di migliaia di cattolici polacchi vennero assassinate. Ma non ci fu alcuna protesta memorabile”. “Perché? Non lo so”.
“Egli sapeva che, di fronte alla 'Bestia immonda', non sarebbe servito a nulla cercare di intenerire. Bisognava limitare in modo prioritario i danni senza alimentare la sua ira”.
“Di fatto – continua Roland Hureaux –, il vero mistero di Pio XII non è tanto il suo comportamento durante la guerra, ma la lettura che se ne è fatta 70 anni dopo. Com'è possibile che questo Papa, che era oggetto di elogi unanimi da parte del mondo ebraico (Ben Gurion, Golda Meir, Albert Einstein, Léo Kubowitski, segretario del Congresso Ebraico Mondiale, il Gran Rabbino di Roma, ecc.) e non era ebreo possa essere oggi così vilipeso?”.

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