Costantino costruttore degli edifici di culto sulle memorie bibliche

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Cattolico_Romano
00venerdì 15 maggio 2009 09:35
Costantino costruttore degli edifici di culto sulle memorie bibliche

Un imperatore alla ricerca della città ideale


di Fabrizio Bisconti


La "svolta costantiniana" cambia il volto delle grandi metropoli dell'orbis christianus antiquus che accolgono nel loro sistema urbano nuovi grandi edifici di culto, per sostituire le più piccole domus ecclesiae, mimetizzate tra le costruzioni intensive degli insediamenti abitativi, sia per i "piccoli numeri" che caratterizzano le prime comunità, sia il loro potenziale economico, che suggerisce di utilizzare, talora provvisoriamente e in maniera alternata, semplici abitazioni prestate o donate dai cristiani più facoltosi o generosi. Rare e poco giudicabili sono risultate le domus ecclesiae e, nonostante gli archeologi le abbiano cercate affannosamente, è stata rinvenuta solo quella di Dura Europos su un'ansa dell'Eufrate, nell'attuale Siria.



Solo con Costantino e con la sua famiglia venne, dunque, concepita un'edilizia cristiana monumentale, a cominciare da Roma dove, in pochi anni, fu promossa una serie di imponenti edifici di culto; a cominciare dalla cattedrale, la basilica Salvatoris, nell'area periferica del Laterano, che inizialmente venne anche definita basilica Constantini, monumentale quanto quella di San Pietro in Vaticano che, assieme a quelle di San Paolo sulla Via Ostiense, dei Santi Marcellino e Pietro sulla Via Labicana, di San Sebastiano sulla Via Appia, di Sant'Agnese sulla Via Nomentana, di Papa Marco sulla Via Ardeatina, costellarono il Suburbio romano, sfruttando terreni appartenenti al demanio imperiale e annettendo ad alcune basiliche i mausolei dinastici, come quelli di Elena e di Costanza.

La famiglia dei Costantinidi, che fece erigere anche la basilica devozionale di Santa Croce in Gerusalemme, in un'aula del palazzo imperiale del Sessorium, forse per iniziativa della madre Elena, trasforma il paesaggio urbano e suburbano dell'Urbe, dotandolo di una cattedrale e di una serie di santuari martiriali che, come monumentali "sentinelle", proteggeranno la città con delle vere e proprie "memorie sante".

Ma il progetto dei Costantinidi valica le mura di Roma, dotando i più significativi centri del mondo antico di splendide e sontuose basiliche, che con il tempo furono arricchite di arredi sempre più preziosi, tanto che Girolamo, nello scorcio del iv secolo, lamenta il fatto che "sono molti coloro che innalzano enormi strutture, ma che distruggono le fondamenta della Chiesa:  risplendono i marmi, brillano d'oro i soffitti, emerge l'altare tempestato di pietre preziose, ma non brillano certo i ministri di Dio" (Epistulae, 52, 10).
 
Ed è proprio all'età di Costantino che rimonta la prima descrizione di una basilica, quando le chiese assunsero le proporzioni, la solennità, la funzione di vere e proprie aule per il culto. Significativa la testimonianza di Eusebio di Cesarea, relativamente alla basilica commissionata dal vescovo Paolino a Tiro:  "Non ci sono parole per spiegare con quale spirito, con quali problemi, con quale libertà il vescovo abbia eretto questo magnifico tempio di Dio, che possiamo dire perfetto se, con questo, si è voluto manifestare il miracolo per cui dal visibile si può giungere all'invisibile (...) ha fatto erigere un ingresso ampio ed elevato, verso oriente, fornendo ai passanti un'idea di quanto avrebbero potuto vedere all'interno (...) ha creato un grande quadriportico con colonne unite da transenne (...) in facciata ha fatto aprire tre porte, delle quali quella centrale più grande, più alta e decorata con cesellature e bassorilievi... all'interno ha fatto sistemare arredi preziosi, senza badare a spese (...) ha dotato il soffitto di una copertura con legno di cedro del Libano (...) ha fatto sistemare sedili lungo tutto l'edificio e, al centro, l'altare e, affinché la massa non potesse avvicinarsi, lo ha fatto circondare con transenne lignee, decorate finemente" (Historia Ecclesiastica, 10, 4, 26-29).

La voce di Eusebio, d'altra parte, si rivela estremamente preziosa per le notizie relative a tutti gli edifici di culto del mondo cristiano antico, nel momento costantiniano, a cominciare dalla basilica degli Apostoli a Costantinopoli:  "L'imperatore fece costruire l'intera chiesa fino a farle raggiungere un'altezza a dir poco incredibile e l'ha resa splendida servendosi di un'immensa varietà di pietre di ogni genere; la rivestì di marmo da cima a fondo, ricoprendo d'oro tutto il soffitto, che fece dividere in cassettoni" (Vita Constantini, 4, 58-60).

Ma l'attenzione di Costantino e della sua famiglia si rivolse specialmente verso la Terra Santa, interessata da un vero e proprio progetto di monumentalizzazione di luoghi santi, forse ispirato all'indomani del concilio di Nicea del 325. In quel tempo, Elena intraprese un viaggio verso la Terra Santa, per suggerimento di Macario, vescovo di Gerusalemme tra il 314 e il 333 e per visitare i luoghi della vita e della passione del Cristo, secondo una prassi inaugurata, forse già nel ii secolo, dal vescovo martire Melitone di Sardi (Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, 4, 26) e da Pionio, vescovo di Smirne, ucciso in seguito ai gravi provvedimenti presi da Decio nei confronti dei cristiani, negli anni centrali del iii secolo (Bibliotheca Sanctorum, x, 919-921).



Il progetto di Costantino si focalizzò innanzi tutto su Gerusalemme, che per questo divenne una città santa e il cuore dell'orbis christianus antiquus, rivestendo un ruolo fondamentale per realizzare il sogno della città ideale, ossia della Gerusalemme celeste. In questo contesto e in questo progetto, il Golgota divenne il centro di interesse privilegiato degli architetti di Costantino che, per recuperare la tomba scavata nella roccia, offerta da Giuseppe di Arimatea e obliterata al tempo di Adriano dal Capitolium di Aelia Capitolina, devono innanzi tutto intraprendere un complesso intervento archeologico, per poi costruire, secondo quanto scriverà l'imperatore stesso al vescovo Macario, "una basilica migliore di tutte le altre, talché i monumenti più belli di questa città siano superati da questo edificio" (Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, iii, 30-32), tanto che, secondo Cirillo di Gerusalemme, vescovo della città alla metà del iv secolo, poco dopo la conclusione dei lavori, terminati nel 336, quel monumento era divenuto il "luogo più centrale della terra" (Catechesi, 13, 28). Il vescovo di Gerusalemme allude segnatamente al cuore dell'edificio, costituito da un'edicola, situata al centro di una struttura a pianta centrale e protetta da cancelli, che monumentalizzasse la tomba di Cristo, l'Anàstasis, a cui si agganciava una sontuosa basilica a cinque navate. Quest'ultimo edificio - anche alla luce degli studi e delle verifiche di padre Corbo - da identificarsi con un vero e proprio martyrium, sviluppava un corpo longitudinale desinente in una piccola abside, che si collegava tramite un triportico alla rotonda, mentre un quadriportico univa l'intero complesso al cardo maximus porticato, che rispettava l'impianto adrianeo di Aelia Capitolina. Del grande complesso del Santo Sepolcro, che con il tempo fu dotato di altre strutture e di un battistero, verrà sempre ricordata - anche dall'iconografia più antica - la Rotonda, che compare negli avori e nelle ampolle di Monza e Bobbio già a partire dal v secolo. Se il Santo Sepolcro era stracolmo di suppellettile preziosa, tanto che ben dodici colonne furono addossate all'emiciclo absidale per sorreggere altrettanti vasi d'argento, mentre tutto l'edificio era ricco di suppellettile d'oro, tempestato di pietre, di sete, di marmi e mosaici, non viene meno il significato devozionale del sito, che entra coerentemente nel progetto costantiniano, il quale include nel suo piano di valorizzazione dei luoghi santi anche Betlemme, commissionando personalmente una basilica sulla grotta della Natività estremamente monumentale, organizzata in cinque navate e desinente in un'abside singolare di forma ottogonale.

Tale tipologia architettonica richiama il concetto salvifico dell'Ogdoade, caro al pensiero ambrosiano, che lanciò la fortunata forma per i battisteri d'Occidente, ma già contemplata dagli architetti di Costantino, che vollero sperimentare questa pianta poligonale per la cattedrale di Antiochia, il celebre ottagono d'oro, secondo una prassi che avrà grande fortuna in Siria e in Palestina tra il iv e il v secolo.

Se altri monumenti furono costruiti per decisione propriamente costantiniana per segnalare, in maniera solenne, gli avvenimenti significativi dell'Antico e del Nuovo Testamento, creando dei veri e propri martyria teofanici - del tipo che sorgerà a Mambre - altri edifici sono stati riconosciuti direttamente dagli scavi degli archeologi. Così, sul Monte degli Ulivi, sono state rinvenute le vestigia della chiesa costantiniana dell'Eleona a pianta rettangolare, sorta su una grotta assai venerata e provvista di un battistero ornato di mosaici. Così, altri edifici riferibili ancora al iv secolo, sono stati rinvenuti al Getsemani e a Betania, mentre poco più tarda sembra la chiesa dell'Ascensione, a pianta centrale e collegata a un oratorio che ospita una tomba privilegiata, forse quella di Melania.
Meno giudicabili dal punto di vista cronologico, ma presumibilmente più tarde e già riferibili al v-vi secolo, sembrano le basiliche di Santo Stefano, di San Giovanni Battista, della Tomba della Vergine, quella di Siloe, quella della piscina probatica.

Con il trascorrere dei secoli, Gerusalemme e tutti i luoghi della Terra Santa vengono interessati da una proliferazione di santuari, battisteri, monasteri, sorti in seguito al fenomeno, sempre più importante, del pellegrinaggio, anch'esso inaugurato in maniera definita dalle donne della casa dei Costantinidi, dimostrando come il piano architettonico e monumentale dell'"imperatore della pace" non riveste un ruolo eminentemente politico, ma percorre anche la pista della fede, della devozione e del culto.



(©L'Osservatore Romano - 15 maggio 2009)
Cattolico_Romano
00mercoledì 2 settembre 2009 19:54
Costantino e la fondazione della basilica Vaticana

Quando San Pietro era ancora una collina da spianare


di Timothy Verdon

Tra i segni di potere nel mondo romano, particolare importanza avevano le maestose costruzioni che lo Stato mise a disposizione dei cittadini. Ancor oggi, tra i resti di città d'epoca imperiale dall'Africa alla Germania, i grandiosi complessi civili e religiosi in cui si svolgeva la vita pubblica dell'impero ci colpiscono; tra gli esempi della stessa urbe ricordiamo la basilica Ulpia fatta costruire da Traiano nei primi anni del II secolo, con cinque navate suddivise da colonnati. Nella sua pianta, nelle dimensioni e nella generica ricchezza degli arredi era quasi il prototipo delle colossali basiliche cristiane erette dai successori di Traiano a partire dal IV secolo.



La più grande di queste era l'aula cimiteriale iniziata dall'imperatore Costantino tra il 319-324 sul sito della tomba di san Pietro. Un affresco cinquecentesco raffigurante l'interno della basilica sottolinea la vastità dello spazio e la nuova focalizzazione, diversa dall'impianto delle basiliche civili, sull'area absidale contenente l'altare per la celebrazione eucaristica. Ma l'originaria funzione della basilica non era in primo luogo liturgica bensì onorifica, e nell'area absidale doveva dominare il Trofeo di Gaio, rinchiuso da Costantino in uno splendido involucro marmoreo e ricoperto da un ciborio. Questa sistemazione trionfale esplicitava il senso della basilica stessa, costruita su una piattaforma sopra il cimitero e su parte del Circo di Nerone.

La piattaforma era l'elemento più stupefacente dell'impresa e ne segnala chiaramente l'importanza. Sebbene Costantino fosse imperatore e pontefice massimo, tecnicamente al di sopra delle leggi riguardanti le aree sacre, anche per lui la manomissione e l'interramento di un'intera necropoli non potevano che essere un'operazione rischiosa sul piano politico e sociale, atta a provocare il risentimento dei ceti dirigenti ancora pagani. L'inviolabilità dei sepolcri era infatti un principio assoluto del mondo antico.

Sul piano tecnico, poi, la cosa fu estremamente difficile. Sul terreno digradante da nord verso sud, Costantino voleva far emergere il Trofeo di Gaio al punto centrale del pavimento di una basilica larga, al transetto, 90 metri! Tale volontà imperiale, presumibilmente in costante colloquio con l'allora capo della comunità cristiana di Roma, il vescovo Silvestro (314-335), obbligava a titanici lavori di livellamento del colle con sbancamenti verso nord, dove il terreno era troppo alto, e con l'innalzamento di una piattaforma verso sud, dove il terreno scendeva.

L'operazione ricordava le epiche imprese dei Cesari di altri tempi:  di Traiano, per esempio, il quale aveva fatto rimuovere un promontorio alto 100 metri - la sella che un tempo collegava il Palatino col Quirinale - per creare l'area dove sorge la basilica Ulpia. Nel caso di San Pietro la piattaforma, destinata a ospitare altre strutture oltre alla basilica, doveva avere una superficie di 240 per più di 90 metri!
Le campagne di scavi tra il 1949 e il 1957 hanno messo in luce l'imponenza di questa vasta piattaforma, le cui fondazioni raggiungono uno spessore di due metri e mezzo, scendendo fino a 11,50 metri di profondità sul versante meridionale prima di congiungersi col declivio del colle.

Gli scavi hanno anche rivelato l'apparente rapidità con cui i lavori vennero eseguiti:  gli strati di malta tra i mattoni, come in altre costruzioni paleocristiane, sono piuttosto alti, suggerendo una certa fretta. È infatti probabile che sia Costantino che la comunità cristiana abbiano chiesto agli architetti di portare a termine il progetto in tempi relativamente brevi, e forse l'edificio era strutturalmente ultimato intorno al 329, anche se la documentata interruzione del culto pagano al vicino tempio di Cibele dal 319 fino al 350 induce a pensare che l'intera zona sia rimasta un cantiere aperto per molti anni ancora, probabilmente al servizio dei lavori di decorazione.

La basilica eretta dagli architetti di Costantino era una chiesa a cinque navate, di cui quella centrale molto più alta delle laterali. Era preceduta da un portico d'ingresso, a est, e completata a ovest da un'abside separata dalle navate da un transetto. Le dimensioni erano impressionanti:  la facciata era larga circa 64 metri, e il portico profondo oltre 12! Le navate erano lunghe 90 metri e quella centrale larga 23,50 con un'altezza di 32,50 metri, mentre le navatelle laterali avevano altezze, rispettivamente, di 18 e 14,80 metri.

Il transetto, più basso della navata centrale, era separato da essa da un arco trionfale sorretto da colonne colossali, e terminava a nord e a sud con esedre similmente introdotte da grandi colonne; su capitelli corinzi, le due teorie di colonne della navata centrale sorreggevano una trabeazione orizzontale, mentre le altre due, tra le navatelle laterali, sostenevano arcate; molti dei fusti di marmo pario, mischio e granito - e forse anche i capitelli - erano di riutilizzo.

Undici finestre per lato al livello inferiore, fino a otto per lato nella parte alta della navata maggiore, altre finestre ancora nel transetto e cinque nell'abside riempivano di luce questo spazio immenso e solenne; la pavimentazione in grandi lastre di marmo bianco simili a quelle del portico e del sagrato estendeva all'interno la luminosità dell'esterno; e il soffitto a lacunari dorati raccoglieva la luce riflessa dal pavimento.

Al punto culminante, poi - all'imbocco dell'abside e al centro, in linea con la porta principale - c'era il Trofeo, e sotto il Trofeo la tomba terragna. Tutto infatti era stato concepito per condurre precisamente qui:  anche l'allineamento della basilica, dall'est verso l'ovest, era in funzione dell'arrivo del pellegrino al modesto appezzamento nei pressi del Circo di Nerone dove Pietro era stato sepolto.
Ma, nonostante i calcoli degli ingegneri imperiali, la quota del pavimento era leggermente sfalsata e il Trofeo risultò interrato di 35-40 centimetri; il resto del piccolo monumento, emergente di poco meno di tre metri venne poi rinchiuso in un casamento marmoreo aperto verso la navata centrale per lasciar intravedere il Trofeo.



E, come sappiamo da un reliquiario eburneo del IV-V secolo conservato al Museo archeologico di Venezia, intorno alla nuova "Memoria" vennero sistemati quattro colonne vitinee - due davanti e due dietro - a sostegno delle stanghe di una tettoia aperta; queste, con altre due colonne vitinee agli angoli dell'abside, sorreggevano una continua trabeazione, con l'effetto di recintare interamente l'abside e la Memoria, mentre stoffe pregiate sospese dalla trave tra gli angoli dell'abside e il ciborio centrale focalizzavano ancora l'attenzione sulla Memoria, delimitando una sorta di area presbiteriale dietro di essa. Sopra il presbiterio, il catino dell'abside fu ricoperto di fogli d'oro.

Sembra non esserci stato un altare permanente in questa parte della basilica, anche se possiamo immaginare che in alcune occasioni venisse allestito un altare ligneo davanti alla Memoria; forse c'erano altari invece nelle esedre del transetto. Ma la funzione principale dell'edificio, come già detto, era commemorativa, non liturgica, e tutta la basilica aveva il carattere di un titanico martirium a soddisfazione dell'esigenza cristiana di "fare memoria" di un eroico testimone della fede della comunità. Non a caso, l'area davanti al Trofeo e alla tomba verrebbe in seguito denominata la "Confessione", in allusione alla testimonianza di Pietro, "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". I cristiani del IV secolo vennero a San Pietro per pregare alla tomba dell'Apostolo e per attingere alla sua fede; vennero anche per commemorare i loro morti - sepolti sotto il pavimento e in mausoleo lungo le mura - con pranzi funebri; una lettera di Paolino da Nola ricorda il sontuoso banchetto celebratovi dal senatore Pammachio nel 396 per onorare la moglie defunta:  così numerosi furono gli invitati che riempirono sia la basilica che il portico e l'antistante campus (Epistola, 13).

Oltre allo splendore dell'edificio stesso, Costantino dotò la basilica Vaticana di ornamenti principeschi e di ricchezze calcolate a garantirne sia l'ulteriore abbellimento che la manutenzione ordinaria. Il reliquiario eburneo con l'immagine del presbiterio fa vedere, appeso alle curve stanghe incrociate del ciborio, un candelabro in forma di corona che dobbiamo supporre di oro o argento, e il Liber Pontificalis parla di una croce d'oro puro del peso di 150 libbre che l'imperatore, insieme alla madre sant'Elena, avevano donato; dice anche che Costantino fece rivestire la tomba dell'Apostolo con lastre di bronzo.

Il dono poi di vaste proprietà in Italia, Sicilia, Sardegna e nell'Africa settentrionale nonché - dopo la vittoria sui rivoltosi delle province orientali riportata nel 324 - in Egitto, Siria e Cilicia, fruttò alla Chiesa romana introiti annui di 25.000 solidi d'oro, di cui 3.700 per la sola basilica Vaticana:  una cifra globale assai elevata, calcolata da Richard Krautheimer nel 1980 come 160 milioni di dollari all'anno, di cui ben 25 per San Pietro. L'intenzione di Costantino era, chiaramente, di assicurare alla Chiesa e ai suoi principali luoghi di rappresentanza e di culto una magnificenza "imperiale", anche in segno di gratitudine:  sull'arco di trionfo tra la navata e il transetto, oltre alla decorazione musiva, l'imperatore fece apporre una dichiarazione del suo riconoscimento per la vittoria ottenuta nel 312, Quod duce te mundus surrexit / in astra triumphans / hanc Constantinus victor tibi condidit aulam ("Poiché sotto la tua guida [o Cristo? O Pietro?] il mondo è risorto trionfante fino alle stelle, il vittorioso Costantino ti ha allestito quest'aula").


(©L'Osservatore Romano - 3 settembre 2009)
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:17.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com