Cristo e la cultura: i due grandi amori di monsignor Ravasi

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
S_Daniele
00martedì 8 dicembre 2009 07:51
Cristo e la cultura: i due grandi amori di monsignor Ravasi

Confessioni del Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura


di Carmen Elena Villa


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 7 dicembre 2009 (ZENIT.org).-
 
Monsignor Gianfranco Ravasi ha una memoria prodigiosa, tanto che chiedendogli come ha scoperto la sua vocazione al sacerdozio ricorda subito i suoi primi anni di vita.

Nato nel 1942, il sacerdote ha ricordato un episodio avvenuto quando aveva quattro e mezzo. La Seconda Guerra Mondiale era appena terminata. Vide il sole che si nascondeva dietro una collina e sentì un treno che passava e il fischio del vapore. “Quel suono è qualcosa di malinconico: ti fa ricordare questa idea della partenza”, ha detto.

“E mi ricordo con estrema chiarezza mentale l'esperienza di un senso profondo della fragilità delle cose. Era qualcosa che mi faceva capire il senso della morte o comunque il fatto di non avere una sicurezza definitiva qui. Credo che quell'elemento sia stato importante per la ricerca di Dio”, ha confessato a ZENIT.

In seguito, discernendo la sua vocazione ed entrando in seminario, iniziò a decifrare e a comprendere quella sensibilità e quella nostalgia dell'infinito che aveva sempre sentito come chiamata a partecipare e a rendere gli altri partecipi dell'Eternità attraverso la vocazione al sacerdozio.

“Allora sentivo ormai la scelta per Dio come la scelta del senso ultimo della vita”, ha spiegato.

La fede attraverso la cultura

Monsignor Ravasi ha ereditato dalla madre la passione per la lettura. Fin da molto giovane legge Platone, Sant'Agostino, Pascal, Kierkegaard, Dostoevskij, tra gli altri autori. “Si vede una linea fondamentalmente di quelli che esaltano l'intuizione, l'illuminazione più che la acquisizione”.

Ravasi è anche un grande melomane. Ascolta in particolare Bach e Mozart, la musica barocca e quella contemporanea.

Scopre anche un forte legame tra l'arte e la spiritualità, “perché hanno lo scopo ultimo di scoprire attraverso strumenti finiti – la parola, le immagini, i suoni – e di rappresentare l' infinito”.

“Se voglio capire meglio la passione di Cristo, con 'La passione secondo Matteo' di Bach entro in profondità in una dimensione spirituale”, osserva.Il presule ha anche confessato di ammirare ma di non saper creare o produrre arte: “Ho talmente rispetto e ammirazione per il genio che non posso, non voglio imitare perché sarebbe una cosa sgraziata”.

L'arte di scrivere (a mano)

Monsignor Ravasi ha ormai perso il conto dei libri che ha scritto. Crede che in tutto siano circa 150. Ama scrivere di notte: “dormo poco, mi bastano quattro ore ed è come se ne avessi riposate otto”.

Il presule scrive sempre a mano, senza usare il computer. Non è molto portato per i lavori pratici e crede che sia proprio per questo che non si intende molto delle nuove tecnologie (anche se su Facebook c'è un gruppo di suoi ammiratori). E' un grande ricercatore ma non utilizza mai Google come strumento.

Ha invece bisogno di riferimenti bibliografici, è capace di ricordare in che pagina si trova una cosa letta 10 anni fa e di andare a ricercarla. “Le persone cercano su Google qualcosa sulla speranza e trovano 58.000 possibilità. Come fanno? Io invece ne ho magari soltanto 300, pero so quali scegliere e dove”, ha commentato.

Tra i suoi libri, dice di aver amato la scrittura soprattutto di “500 curiosità della fede”, “Breve storia dell'anima” e dei commenti ai salmi e al Cantico dei Cantici, così come della raccolta di articoli che ha scritto per “Avvenire”.

Chiamato da Dio

Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ordinato sacerdote nella Diocesi di Milano, scopre di aver vissuto la sua vocazione sacerdotale in tre tappe: la gioventù, durante la quale ha insegnato per vent'anni alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale; il periodo in cui è stato prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e infine l'incarico che ricopre attualmente.

Per 22 anni, questo grande biblista ha diretto i cicli di incontri di lectio divina nel centro studi San Fedele di Milano. In genere li svolgeva durante la Quaresima o l'Avvento di ogni anno.

E' anche amico dei mezzi di comunicazione: scriveva quotidianamente, tranne il lunedì, un articolo su “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, e ha diretto e condotto su Canale 5 il programma televisivo “Le Frontiere dello Spirito”. “Ho cominciato a ricevere dai lettori o dagli ascoltatori 5.000 lettere all'anno, circa il 20% da non credenti”, ha riferito.

Per Ravasi è stata una grande gioia ricevere la nomina da parte della Santa Sede a Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. “Non sono di curia, di carriera. Era una prospettiva nuova, non più dell'Italia ma della Chiesa universale”.

Quando gli si chiede quali elementi non possono mancare nella vita di un sacerdote, monsignor Ravasi si riferisce a dei luoghi simbolici che tutti coloro che sono chiamati a questa vocazione devono sempre tener presenti.

Il primo è l'inginocchiatoio, perché “l'invocazione, la preghiera, il primato della grazia è fondamentale”. C'è poi “il tavolo del lavoro”, dove il primo libro deve essere sempre la Bibbia. Solo con questi elementi il sacerdote può “uscire sulla piazza”.

Monsignor Ravasi confessa che per carattere tende ad essere pessimista e insoddisfatto della fragilità umana, ma dichiara che servire Cristo attraverso la cultura è una missione che lo riempie pienamente e uno strumento eccellente per dialogare con il mondo laico.

Per questo, definisce il suo sacerdozio “molto sereno, molto gioioso, pur nelle difficoltà”.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:36.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com