Crocifisso in classe: sentenza laicista vuole condannare Cristo a sparire

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S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 14:33

Crocifisso in classe: sentenza laicista vuole condannare Cristo a sparire

Ancora una volta i giudici di questo mondo hanno seguito la via di Ponzio Pilato, nonostante i tanti consigli di saggezza e moderazione che sicuramente gli saranno giunti: "Pilato disse loro: «Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua». Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!»" (Mt 27,17-21)
Secondo Strasburgo bisogna sempre e comunque avere il diritto di scelta, anche da bambini: leggete l'assurda motivazione:

CROCIFISSO A SCUOLA:NO CORTE STRASBURGO,VIOLA DIRITTO SCELTA

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha bocciato la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche. Con una sentenza sul caso sollevato da Soile Lautsi, un'italiana che vive ad Abano Terme, la Corte di Strasburgo ha stabilito che la "l'esposizione obbligatoria di simboli religiosi, in particolare nelle aule scolastiche" viola "il diritto dei genitori di educare i propri figli in conformità con le proprie convinzioni e quello dei bambini a credervi o non credervi". (AGI) (03 novembre 2009 ore 11.56)

Il Crocifisso impedirebbe di scegliere se credere o non credere in che cosa?  In un'altra fede che è meglio del Cristianesimo o nel Nulla? Assurdità delle assurdità. E allora, visto che i bambini devono scegliere, perchè invece delle ore di inglese e francese, non si fanno ore di arabo e bengalese, tutte le lingue devono essere alla pari e non discriminate.
E perchè imporre lo studio dell'italiano e dell'arte occidentale, quando sarebbe forse più equo insegnare il cinese e l'arte aborigena dell'australia.
E come mai si insegna la teoria del Big Bang, che è appunto una teoria, non una certezza, trascurando invece altre teorie della nascita dell'universo (
la teoria del plasma per es.)? Non si impedisce così di formarsi convinzioni alternative?
Vedete dove porta l'assurdità di negare i simboli religiosi e insieme culturali? All'appiattimento del nulla. Come si fa a scegliere tra il nulla e il nulla? Lasciamo che la cultura si sviluppi nelle aule scolastiche e non nelle aule di un tribunale. E chi vuole fare battaglie ideologiche sulla pelle dei bambini, per privarli della conoscenza religiosa minima, cioè quella dei simboli religiosi, dovrebbe davvero ripensare al suo concetto di umanità e di uguaglianza di fronte alle decisioni. Non è eliminando le opzioni che si darà più libertà. Far sparire il simbolo del cristianesimo dagli occhi è la stessa richiesta dei crocifissori di Cristo: via, via, eliminalo Pilato! Ridacci Barabba, la libertà di fare ciò che si vuole. Non vogliamo nessun Re, figuriamoci un Dio! Quel crocifisso ci priva della libertà di non farci domande e non farcele fare dai piccoli.
Che tristezza, quando un simbolo imperituro di malagiustizia fa paura e un condannato a morte scolpito nel legno viene combattuto più di tanti carnefici di oggi in carne ed ossa.
Peccato, infine, che la nostra società tanto democratica, in cui la maggioranza dei cittadini ha sempre il diritto di vedere espressa e riconosciuta la sua convinzione in tutto (divorzio, aborto, eutanasia....), non veda riconosciuto questo stesso diritto umano per quanto riguarda le proprie convinzioni religiose maggioritarie. Non si capisce proprio perchè: dovremmo farcelo spiegare dai signori della Massoneria che siedono nelle poltrone di Strasburgo.

AdnKronos aggiunge un po' di storia: Dopo aver informato la scuola della sua posizione, la Lautsi, nel luglio del 2002, si è rivolta al Tar del Veneto, che nel gennaio del 2004 ha consentito che il ricorso presentato dalla donna venisse inviato alla Corte Costituzionale, i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo è quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale, che il 17 marzo del 2005 non ha accolto il ricorso della Lautsi, sostenendo che il crocifisso è il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione.
Di qui la decisione della donna di ricorrere alla Corte europea di Strasburgo. I sette giudici autori della sentenza (
presa all'unanimità) sono: Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajo' (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia)...

Ma la Turchia, che non rispetta i minimi diritti religiosi come fa ad essere ammessa con un suo rappresentante a decidere in casa d'altri? Sempre a proposito del giudice turco chiamato a decidere sui simboli religiosi di un altro paese, mi viene da chiedermi: chissà quando sarà il turno di revisionare i diritti umani e religiosi della Turchia come si comporterà questa Corte Europea (dei Miracoli)?
Un'ultima provocazione: nel Regno Unito, come sapete, chi è cattolico non può essere capo di Stato, cioè Re o Regina, e nemmeno sposare il sovrano. A quando una sana condanna di questa anacronistica legge antireligiosa (e palesemente tale)? Ma le tradizioni che offendono il cattolicesimo sono sempre tollerate. E' proprio il cattolicesimo che deve sparire. Capito!

Fonte
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 14:36
A questo punto ho veramente nostalgia di San Gregorio VII, a quando il ritorno a scomunicare gli apostati?
enricorns
00martedì 3 novembre 2009 15:20

No a crocifisso in classe Strasburgo: lede libertà

STRASBURGO - La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche costituisce "una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni". E' quanto ha stabilito oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo nella sentenza su un ricorso presentato da una cittadina italiana.

Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione.

La sentenza emessa oggi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo sul ricorso presentato da Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, contro l'esposizione dei crocefissi nelle scuole ha previsto che il governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. La sentenza, rende noto l'ufficio stampa della Corte, è la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche.

Il governo italiano ricorrera' contro la sentenza emessa oggi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo relativa al caso dei crocifissi nelle aule scolastiche. Lo ha dichiarato all'ANSA il giudice Nicola Lettieri, che difende l'Italia davanti alla Corte di Strasburgo. Se la Corte accoglierà il ricorso del governo italiano, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera. Qualora il ricorso del governo non dovesse essere accolto, la sentenza emessa oggi diverrà definitiva tra tre mesi, e allora spetterà al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa decidere, entro sei mesi, quali azioni il governo italiano deve prendere per non incorrere in ulteriori violazioni legate alla presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche.

"Per noi è una novità. Prenderemo visione della sentenza poi la scuola prenderà una decisione": questa la posizione espressa dalla dirigenza della scuola media "Vittorino da Feltre", ad Abano Terme (Padova), di fronte al pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo sulla vicenda dei crocifissi nelle classi. Una questione sollevata nel 2002 da Soile Lautsi, una donna finlandese ma residente e sposata in Italia da una ventina d'anni, i cui figli frequentavano all'epoca l'istituto padovano. "Chiaramente - dicono ancora dalla scuola - i figli della signora non sono più qui. Speriamo che adesso siano all'Università. In ogni caso abbiamo tenuto sempre ferma la disponibilità alle decisioni di legge che sono state prese sulla vicenda sollevata dalla madre degli alunni". Un iter giudiziario che il consiglio di Stato nel 2006 aveva in qualche modo chiuso con una sentenza che indicava il valore di simbolo del crocifisso anche su un piano di valori civili.

NO COMMENT DAL VATICANO, PER LA CEI DECISIONE 'IRRESPONSABILE'

Il Vaticano vuole leggere la motivazione, prima di pronunciarsi sulla sentenza oggi della Corte europea di Strasburgo che ha condannato la presenza dei crocifissi nelle aule come una "violazione" delle convinzioni religiose dei genitori. "Credo che ci voglia una riflessione, prima di commentare", ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, durante una conferenza stampa per presentare un prossimo convegno sull'immigrazione. Anche mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti, presente in conferenza stampa, si è unito alla linea di padre Federico Lombardi. "Preferisco non parlare della questione del crocifisso perché sono cose che mi danno molto fastidio", ha detto di fronte alle insistenze dei giornalisti. Prima di commentare la sentenza della corte di Strasburgo, mons. Veglio' ha premesso che ''e' una fortuna vivere in un mondo multiculturale'' e che la convivenza tra diverse religioni ''e' una ricchezza''. Tuttavia a proposito del 'no' europeo al crocifisso nelle aule italiane il presule ha ribadito che la sentenza ''e' un po' forte'' e lo infastidisce perche' ''l'identita' nostra bisogna pure conservarla''. Pur affermando di rispettare comunque le decisioni della giustizia, ha aggiunto di sperare che si trovi una soluzione per preservare la cultura di un Paese.

Il crocifisso rappresenta "una dimensione anche di peso culturale ed educativo che è davvero irresponsabile voler cancellare". Lo ha affermato in un'intervista alla Radio Vaticana, mons. Vincenzo Paglia, responsabile della commissione Cei per il dialogo interculturale, commentando la sentenza della Corte europea di Strasburgo.

GELMINI, RAPPRESENTA TRADIZIONI

"La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione". Lo ha affermato il ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini in relazione alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo sulla presenza del crocifisso nelle classi.

CORO DI NO DAL CENTRODESTRA

"In attesa di conoscere le motivazioni attraverso le quali la Corte di Strasburgo ha deciso che i crocifissi offenderebbero la sensibilità dei non cristiani, non posso che schierarmi con tutti coloro, credenti e non, religiosi e non, cristiani e non, che si sentono offesi da una sentenza astratta e fintamente democratica". Così il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia interviene in merito alla notizia della sentenza della Corte europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo sui crocefissi nelle scuole. "Chi offende i sentimenti dei popoli europei nati dal cristianesimo è senza dubbio la Corte di Strasburgo. Senza identità non ci sono popoli, e senza cristianesimo non ci sarebbe l'Europa. Che destino paradossale: proprio coloro che dovrebbero tutelare il senso comune si danno da fare per scardinare la nostra civiltà. Si vergognino!".

''Trovo assurda e gravissima la sentenza della Corte di Strasburgo contro la presenza del crocefisso nelle scuole italiane. Gia' il Tar ed il Consiglio di Stato si erano pronunciati sulla vicenda rigettando le richieste della cittadina finlandese e dichiarando che: 'il crocifisso e' il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identita' del Paese, ed e' il simbolo dei principi di eguaglianza, liberta' e tolleranza e del secolarismo dello Stato.' Un pronunciamento ineccepibile che viene completamente sovvertito dalla Corte europea''. E' quanto dice Gabriella Carlucci, vice Presidente della Commissione Bicamerale per l'Infanzia. ''Ancora una volta un organismo europeo, entra a gamba tesa nelle questioni interne del nostro Paese, calpestando valori e principi su cui si fondano la nostra societa', la nostra cultura, la nostra identita'. Lo Stato italiano deve opporsi in giudizio a questo pericolosissimo precedente'', conclude.

''La Corte europea dei diritti dell'uomo, con questa sentenza, ha calpestato i nostri diritti, la nostra cultura, la nostra storia, le nostre tradizioni e i nostri valori. In ogni caso, i crocifissi da noi resteranno sulle pareti delle nostre scuole, dove sono sempre stati, cosi' come continueremo ad avere i presepi o a festeggiare il Natale. Perche' siamo orgogliosi di questi nostri simboli e del loro significato e perche' fanno parte di ognuno di noi''. Lo afferma Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione Legislativa commentando la sentenza della Corte europea di Strasburgo.

CASINI, CONSEGUENZA PAVIDITA' UE

"La scelta della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di bocciare la presenza del crocifisso nelle scuole è la prima conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane nella Costituzione Europea". Lo afferma il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini in un'intervista al Tg2. "Comunque, nessun crocifisso nelle aule scolastiche ha mai violato la nostra libertà religiosa, né la crescita e la libera professione delle fedi religiose. Quel simbolo - conclude - è un patrimonio civile di tutti gli italiani, perché è il segno dell'identità cristiana dell'Italia e anche dell'Europa".

MURA (IDV), ADEGUARE SCUOLA A SOCIETA' MULTIETNICA

"La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo può legittimamente suscitare reazioni di segno profondamente diverso motivate da un lato dalla tradizione, dalla storia e dalla cultura del nostro paese, dall'altro invece da una sentenza, approvata all'unanimità, da un autorevole tribunale europeo. Ma la cosa più sbagliata che si può fare è quella di dar vita ad una accesa battaglia tra chi vuole il crocifisso nelle aule e chi non lo vuole, perché non è questo il vero problema da risolvere nella scuola italiana". Lo dichiara Silvana Mura, deputata di Idv. "La questione fondamentale invece riguarda una scuola destinata ad avere studenti che sempre di più saranno di etnie e culture diverse. L'offesa nei confronti di studenti di religioni diverse da quella cattolica non credo sia rappresentata tanto da un crocifisso appeso al muro, ma piuttosto da programmi che non si pongano il problema di conciliare le caratteristiche fondamentali che l'insegnamento di stato deve avere con la nuova realtà multiculturale e multietnica che in futuro sarà rappresentata dagli studenti della scuola italiana", conclude.

FRANCO (PD), E' RISPETTO LIBERTA' RELIGIOSA

"Il crocifisso non è e non può essere considerato unicamente espressione delle tradizioni italiane, come sostiene il ministro Gelmini, a meno di non voler svalutare questo simbolo religioso. Certo, fa parte della nostra storia. Ma di fronte a questa sentenza è chiaro che occorre riflettere sui modi migliori di promuovere la convivenza civile tra la molteciplicità di culture e religioni che caratterizzano attualmente la popolazione che vive in Italia". Lo dice la senatrice Vittoria Franco, responsabile nazionale Pari Opportunità del Pd. "Invece di arroccarsi nella difesa e nella conservazione - prosegue Vittoria Franco - la vera riflessione da promuovere è come arrivare a favorire ancora meglio, nelle nostre scuole che ospitano da tempo bambini portatori di molteplici culture e religioni, la convivenza pacifica e il rispetto. Mi sorprende dunque il ministro Gelmini, che si preoccupa delle tradizioni anziché pensare al fatto che le classi italiane sono multietniche da tempo. La Corte europea - ha concluso Vittoria Franco - ha semplicemente richiesto allo Stato italiano il rispetto della libertà religiosa e non mi pare che questo sia in contrasto con la nostra Costituzione come sostiene il ministro Gelmini".

enricorns
00martedì 3 novembre 2009 15:31
LA CHIESA
Monsignor Paglia (Cei): «Ma la vera laicità
non passa per l'assenza di simboli religiosi»
Il crocifisso rappresenta "una dimensione anche di peso culturale ed educativo che è davvero irresponsabile voler cancellare". Lo ha affermato in un'intervista alla Radio Vaticana, mons. Vincenzo Paglia, responsabile della commissione Cei per il dialogo interreligioso, commentando la sentenza della Corte europea di Strasburgo.

"A me pare - ha aggiunto mons. Paglia a proposito della sentenza - che parta da un presupposto di una debolezza umanistica oltre che religiosa del tutto evidente: perché la laicità - ha spiegato - non è l'assenza di simboli religiosi ma la capacità di accoglierli e di sostenerli di fronte al vuoto etico e morale che spesso noi vediamo anche nei nostri ragazzi". "Pensare di venire in loro aiuto facendo tabula rasa di tutto - ha proseguito - mi pare davvero miope anche perché presuppone una concezione di cultura che è libera solo nella misura in cui non ha nulla o ha solo quello che rimane sradicando da ogni storia, tradizione, patrimonio".

Il presule ha ricordato che i luoghi pubblici italiani sono stracolmi di crocifissi: "Non credo - ha osservato - che ci sia nessuno che pretenda di distruggere i simboli religiosi nelle strade e nelle piazze italiane perchè levano la libertà di religione".

Mons. Paglia, responsabile Cei per il dialogo interreligioso, ha respinto l'argomentazione secondo cui il crocifisso nelle aule scolastiche rappresenti un'imposizione. "Non lo credo - ha spiegato -. È un ricordo di che cosa accade all'uomo quando la giustizia non viene rispettata e da cui emerge un valore di gratuità di cui tutti abbiamo bisogno a qualunque fede appartiamo". "In questo senso - ha concluso - c'è una dimensione anche di peso culturale ed educativo che è irresponsabile davvero voler cancellare".


Avvenire
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 15:58
La verità è che fino a quando noi cattolici ivi compreso la gerarchia ragioniamo con il volemosi bene, i risultati saranno questi, la nostra fede calpestata, credo sia ora di rispolverare i tanti cari Anatema sit!
enricorns
00martedì 3 novembre 2009 16:11
Non credo, anzi son sicuro, che ne noi cattolici, chiaramente quelli di fatto e non quelli di nome, ne tantomeno la gerarchia, e l'ha più volte fermamente dimostrato, abbia mai ragionato coi volemmose bbene.
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 16:37
Re:
enricorns, 03/11/2009 16.11:

Non credo, anzi son sicuro, che ne noi cattolici, chiaramente quelli di fatto e non quelli di nome, ne tantomeno la gerarchia, e l'ha più volte fermamente dimostrato, abbia mai ragionato coi volemmose bbene.




Allora si incominci a scomunicare sti imbecilli!
enricorns
00martedì 3 novembre 2009 16:44
Secondo la donna, l'esposizione del crocifisso sul muro è contraria ai principi del secolarismo cui voleva fossero educati i suoi figli.
Ma quando in quà i propri personali principi devo avere il soppravvento sui principi comuni e universali?
Così come affermano le sentenze
nel gennaio del 2004 ha consentito che il ricorso presentato dalla donna venisse inviato alla Corte Costituzionale, i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo è quindi tornato alTribunale amministrativo regionale, che il 17 marzo del 2005 non ha accolto il ricorso della Lautsi, sostenendo che il crocifisso è il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione.
Di qui la decisione della donna di ricorrere alla Corte europea di Strasburgo.
Che ha accolto il ricorso dimostrando che l'Europa di oggi non ha ne identità ne origini comuni se non quelle economiche e monetarie.
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 17:06
Sentenza della Corte europea di Strasburgo che vieta i Crocefissi nelle scuole. Mons. Paglia: irresponsabile e miope cancellare un segno universale d'amore

Una sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo ha definito oggi la presenza dei Crocefissi nelle aule scolastiche una violazione del diritto dei genitori di “educare i figli secondo le loro convinzioni” e una violazione alla “libertà di religione degli alunni”. La Corte si è pronunciata dopo il ricorso, presentato da una donna italo-finlandese, che aveva chiesto la rimozione del Crocefisso dalle aule di un istituto italiano di Abano Terme, in provincia di Padova, frequentato dai suoi due figli. Da Roma, il governo - che dovrà pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali - ha già espresso l’intenzione di fare ricorso contro la sentenza. Per un commento, Gabriella Ceraso ha intervistato mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale Ecumenismo e dialogo della Cei:


R. - A me pare che si parta da un presupposto che, a mio avviso, è di una debolezza umanistica oltre che religiosa del tutto evidente. Anche perché la laicità non è l’assenza di simboli religiosi, semmai la capacità di accoglierli e di sostenerli. Di fronte al vuoto etico, morale, che spesso noi vediamo anche nei nostri ragazzi, pensare di venire in loro aiuto, come dire, facendo tabula rasa di tutto mi pare davvero miope, anche perché presuppone una concezione di una cultura che è libera solo nella misura in cui non ha nulla, o che ha solo ciò che resta sradicato da ogni storia, da ogni tradizione, da ogni patrimonio. Tanto più che le nostre piazze, le nostre strade sono stracolme di Crocefissi. Io non credo ci sia nessuno che pretenda di distruggere i simboli religiosi nelle piazze, nelle strade, nei crocicchi perché ledono la libertà di religione di qualcuno. Preferisco allora quella civiltà mediterranea che vedeva nelle città, e ancora oggi l’abbiamo, la presenza di simboli, di segni di altre religioni. Quando Paolo VI ebbe qualche difficoltà quando si trattò di costruire una moschea a Roma, disse: “E’ un grande segno di civiltà”.

D. - Mons. Paglia esposizione di un Crocefisso in una stanza, in una scuola pubblica può essere considerata un’imposizione?

R. - Io non vedrei questo. Credo che la grande battaglia che noi dobbiamo fare è che la Croce mostra, come dire, l’umiliazione da cui ancora oggi tanti giusti, tanti poveri vengono schiacciati: è un ricordo di cosa accade all’uomo quando la giustizia non viene rispettata e semmai qui emerge un valore di gratuità, quella gratuità di cui tutti abbiamo bisogno a qualsiasi fede apparteniamo. In questo senso, c’è una dimensione anche di peso culturale ed educativo che io credo sia davvero irresponsabile voler cancellare.

D. - Il fatto, eccellenza, che in precedenza c’erano stati altri ricorsi presso i tribunali italiani - rifiutati con l’idea che il Crocefisso non fosse solo un simbolo religioso, ma il simbolo di un’identità culturale - e il fatto che invece poi l’Europa abbia dato spazio a questa richiesta significa che, in futuro, nel più ampio contesto europeo verranno meno certe identità specifiche, che in Italia sono più radicate?

R. - Il Crocefisso è anche, ovviamente, un segno di un’identità. Ma, a mio avviso, è anche un segno di un’universalità di cui abbiamo bisogno: cioè, di un amore che non conosce confini, di un amore che è disposto a dare la propria vita anche per gli altri, persino per i propri nemici. Di questo abbiamo bisogno tutti, ecco perché io in qualche modo lo sosterrei. Mi sta stretta, troppo stretta la polemica condotta in questo modo, perché alla fine il problema è tutto ideologico e nient’affatto storico, concreto e culturale. Ed ecco perché, guardando in maniera ravvicinata, in Italia la cosa è stata abbondantemente superata senza che creasse problemi particolari.

© Copyright Radio Vaticana
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 19:00

L'Europa e il crocefisso, la cristianofobia al potere


Nota di Massimo Introvigne

Ci siamo. Da diverso tempo si accumulavano i segnali di un prossimo colpo delle istituzioni europee contro il cristianesimo e la Chiesa Cattolica. Qualche mese fa, il 4 marzo 2009, avevo avuto occasione di partecipare come esperto a Vienna a una conferenza dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) dove era stato lanciato l’allarme su una montante «cristianofobia», che in diversi Paesi non si limitava più alla propaganda ma si esprimeva in leggi e sentenze contro la libertà religiosa e di predicazione dei cristiani e contro i loro simboli. L’attacco anticristiano si era finora svolto in modo prevalentemente indiretto, attraverso la proclamazione di presunti «nuovi diritti»: anzitutto, quello degli omosessuali a non essere oggetto di giudizi critici o tali da mettere in dubbio che le unioni fra persone dello stesso sesso debbano godere degli stessi riconoscimenti di quelle fra un uomo e una donna. Tutelando gli omosessuali non solo – il che sarebbe ovvio e condivisibile – da violenze fisiche, ma da qualunque giudizio ritenuto discriminante ed etichettato come «omofobia», le istituzioni europee violavano fatalmente la libertà di predicazione di tutte quelle comunità religiose, Chiesa Cattolica in testa, le quali hanno come parte normale del loro insegnamento morale la tesi secondo cui la pratica omosessuale è un disordine oggettivo e uno Stato bene ordinato non può mettere sullo stesso piano le unioni omosessuali e il matrimonio eterosessuale.

La sentenza «Lautsi c. Italie» del 3 novembre 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segna il passaggio della cristianofobia dalla fase indiretta a una diretta. Non ci si limita più a colpire il cristianesimo attraverso l’invenzione di «nuovi diritti» che, proclamando il loro normale insegnamento morale, le Chiese e comunità cristiane non potranno non violare, ma si attacca la fede cristiana al suo cuore, la croce. I giudici di Strasburgo – dando ragione a una cittadina italiana di origine finlandese – hanno affermato che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane viola i diritti dei due figli, di undici e tredici anni, della signora Lautsi, li «perturba emozionalmente» e nega la natura stessa della scuola pubblica che dovrebbe «inculcare agli allievi un pensiero critico». Ove tornasse in Finlandia, la signora Lautsi dovrebbe chiedere al suo Paese natale di cambiare la bandiera nazionale, dove come è noto figura una croce, con quale perturbazione emozionale dei suoi figlioli è facile immaginare. Basta questa considerazione paradossale per capire come, per qualunque persona di buon senso, la croce a scuola o sulla bandiera non è uno strumento di proselitismo religioso ma il simbolo di una storia plurisecolare che, piaccia o no, non avrebbe alcun senso senza il cristianesimo. In Italia la signora Lautsi intascherà cinquemila euro dai contribuenti – un piccolo omaggio della Corte di Strasburgo – e avrà diritto di far togliere i crocefissi dalle aule dove studiano i figli. Certo, ci sarà l’appello, e giustamente il nostro governo rifiuterà di applicare questa sentenza ridicola e folle. Ma le «toghe rosse» italiane si sentiranno incoraggiate dai colleghi europei. Che non sono tutti «stranieri» dal momento che uno dei firmatari della sentenza è il giudice italiano a Strasburgo, il dottor Vladimiro Zagrebelsky, campione – insieme al fratello minore Gustavo – del laicismo giuridico nostrano.

Messainlatino
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 19:26
Su Facebook esistono alcuni gruppi che stanno protestando contro questa decisione del fantoccio europeo, spero che in molti si iscrivano e facciano sentire, per così dire, le proprie ragioni.
Nel frattempo un utente di Facebook ha scritto:

"ma guarda che voi cristiani siete proprio gli ultimi a dover parlare di perseguitare il diverso, eh! il problema di fondo sta tutto nella laicità di uno stato: se l'Italia è laica nessun luogo pubblico deve inneggiare a una o all'altra fede, quindi via i crocefissi. Punto."

Un utente gli ha ben risposto:

"forse se prima di scrivere leggi sul vocabolario il significato di laico (ben diverso da laicista), ti risparmieresti di scrivere castronerie"

Naturalmente ho risposto anch'io:

Caro *****, da vero laico quale sono rispetto la tua opinione pur reputandola una castroneria unica, ti basti pensare che tutta la tua cultura è impregnata di cattolicesimo incominciando dal diritto dell'uomo che deriva per l'appunto dal pensiero filosofico della seconda scolastica, per non parlare di scuole, ospedali e università, tutto l'Occidente e il suo pensiero è figlio della Chiesa.
S_Daniele
00martedì 3 novembre 2009 19:39
il problema di fondo sta tutto nella laicità di uno stato: se l'Italia è laica nessun luogo pubblico deve inneggiare a una o all'altra fede

Rileggendo bene questa frase del laicista mi verrebbe da ridere al solo pensiero se lo stato italiano dovesse applicare tale dicitura, basti pensare che il 90% dei beni artistici italiani sono di matrice religiosa cattolica, in poche parole lo stato laico italiano che vive di turismo, vive grazie alla Chiesa Cattolica e alla sua storia.
Quindi togliamo tutti questi beni poichè inneggiano chiaramente al famoso detto ad maiorem gloriam Dei, e ciò non può sussistere per uno stato laico, giusto, e allora cosa ci rimane? Qualche rudimento di mezzo valore?
Oppure in questo caso per "laico" non si intende più quell'ateismo mascherato che propaga e infuria in tutto l'Occidente? 
Gabbianella1.
00martedì 3 novembre 2009 20:12
Togliere il crocifisso?
Primo voglio vedere se faranno una cosa simile qui in Italia....ma anche riuscissero a toglierlo....nn toglieranno mai dalla coscienza collettiva ( si dice cosi'?)la memoria del sacrificio di Cristo per noi.Anche per quelli di Straburgo.I laicisti.



Sono indignata.
Gabbianella1.
00martedì 3 novembre 2009 20:19
Crocifisso: Italia presenta ricorso
Contro la sentenza della Corte Europea



ANSA

(ANSA) - ROMA, 3 NOV - Il governo italiano ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte europea sul crocifisso nelle aule scolastiche.Lo ha reso noto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. 'La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma e' un simbolo della nostra tradizione. La storia d'Italia -ha aggiunto la Gelmini- passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi'.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 05:33

Commento del portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 3 novembre 2009 (ZENIT.org).-

La sentenza della Corte europea che definisce la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche italiane una violazione della libertà di religione degli alunni "è stata accolta in Vaticano con stupore e rammarico". E' quanto ha affermato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, parlando alla "Radio Vaticana" e al TG1.

"Il Crocifisso è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l'umanità - ha ricordato -. Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà. Non è questo, e non lo è nel sentire comune della nostra gente".

"In particolare, è grave voler emarginare dal mondo educativo un segno fondamentale dell'importanza dei valori religiosi nella storia e nella cultura italiana", ha rilevato.

Per padre Lombardi, "la religione dà un contributo prezioso per la formazione e la crescita morale delle persone, ed è una componente essenziale della nostra civiltà". Per questo motivo, "è sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa".

"Stupisce poi che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente legata alla identità storica, culturale, spirituale del popolo italiano", ha aggiunto.

"Non è per questa via che si viene attratti ad amare e condividere di più l'idea europea, che come cattolici italiani abbiamo fortemente sostenuto fin dalle sue origini".

"Sembra che si voglia disconoscere il ruolo del cristianesimo nella formazione dell'identità europea, che invece è stato e rimane essenziale", ha concluso il portavoce vaticano.

S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 06:49
“Amarezza” e “perplessità” per il no dell'Europa al crocifisso nelle scuole

Reazione della Conferenza Episcopale Italiana


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 3 novembre 2009 (ZENIT.org).-
 
Con “amarezza” e soprattutto “perplessità” la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha ricevuto la sentenza del Tribunale europeo per i Diritti Umani che ha condannato questo martedì l'Italia per il fatto di collocare crocifissi nelle scuole.

Un comunicato stampa emesso dall'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, in base a una prima lettura, rileva nella sentenza “il sopravvento di una visione parziale e ideologica”.

Il caso era stato sollevato alla Corte di Strasburgo da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia.

Secondo la sentenza di Strasburgo, il Governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di 5.000 euro per danni morali. La sentenza è la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche. Il tribunale considera che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche costituisca una violazione della "libertà di religione degli alunni".

Secondo la CEI, questa decisione “suscita amarezza e non poche perplessità”.

“Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale – aggiunge il comunicato –. Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come 'parte del patrimonio storico del popolo italiano', ribadito dal Concordato del 1984”.

“In tal modo, si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali, mentre non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l'ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”, sottolinea il testo.

Monsignor Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale Ecumenismo e dialogo della CEI, ha affermato in alcune dichiarazioni alla Radio Vaticana che il Tribunale europeo ha una visione inappropriata della laicità.

“La laicità non è l’assenza di simboli religiosi, semmai la capacità di accoglierli e di sostenerli”, ha dichiarato.

Secondo il presule, la presenza del crocifisso è un aiuto per ricordare ai bambini e ai giovani valori fondamentali.

“Di fronte al vuoto etico, morale, che spesso noi vediamo anche nei nostri ragazzi, pensare di venire in loro aiuto, come dire, facendo tabula rasa di tutto mi pare davvero miope, anche perché presuppone una concezione di una cultura che è libera solo nella misura in cui non ha nulla, o che ha solo ciò che resta sradicato da ogni storia, da ogni tradizione, da ogni patrimonio. Tanto più che le nostre piazze, le nostre strade sono stracolme di Crocifissi”.

“Non credo ci sia nessuno che pretenda di distruggere i simboli religiosi nelle piazze, nelle strade, nei crocicchi perché ledono la libertà di religione di qualcuno”, confessa. “Preferisco allora quella civiltà mediterranea che vedeva nelle città, e ancora oggi l’abbiamo, la presenza di simboli, di segni di altre religioni. Quando Paolo VI ebbe qualche difficoltà quando si trattò di costruire una moschea a Roma, disse: 'E’ un grande segno di civiltà'”.

“Credo che la grande battaglia che noi dobbiamo fare è che la Croce mostra, come dire, l’umiliazione da cui ancora oggi tanti giusti, tanti poveri vengono schiacciati: è un ricordo di cosa accade all’uomo quando la giustizia non viene rispettata e semmai qui emerge un valore di gratuità, quella gratuità di cui tutti abbiamo bisogno a qualsiasi fede apparteniamo. In questo senso, c’è una dimensione anche di peso culturale ed educativo che io credo sia davvero irresponsabile voler cancellare”, osserva monsignor Paglia.

Dal canto suo Giuseppe Dalla Torre, rettore della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA) di Roma, ha riferito al servizio informativo della CEI, SIR, che l'argomentazione del Tribunale rappresenta un “ragionamento viziato sul presupposto che il crocifisso possa costringere ad una professione di fede, mentre esso è un simbolo passivo, che cioè non costringe in coscienza nessuno”.

“Prima ancora di essere un simbolo religioso – spiega Dalla Torre –, il crocifisso esprime la nostra cultura e identità. Abbiamo bisogno di elementi che facciano mantenere coesa la società intorno a valori tradizionali e fondanti”. Questo, precisa il rettore della LUMSA, “è peraltro il ragionamento che ha portato a numerose decisioni di giudici italiani che mi appaiono ancora del tutto condivisibili. Se il crocifisso non fosse anzitutto un simbolo culturale – e quindi non coercitivo per alcuno – dovremmo togliere tutte le croci presenti sulle nostre strade e piazze e questo sarebbe veramente ridicolo”.

Secondo quanto ha dichiarato il giudice Nicola Lettieri, che difende l'Italia davanti alla Corte di Strasburgo, il Governo italiano ricorrerà contro la sentenza emessa dal Tribunale europeo per i Diritti Umani.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 07:01
Come ho detto ieri su Facebook, oggi porterò, già lo sto facendo, il crocifisso che tutti i giorni porto sotto i vestiti fuori dal vestiario, in bella vista per protesta contro l'assurda sentenza UE, vediamo se anch'io ledo la libertà altrui.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 08:27
L’EDITORIALE

di Vittorio Feltri

Quelli di Strasburgo hanno dimostrato a se stessi e al mondo (che ne ignora le opere) di esistere e di fare danni. Anziché occuparsi sul serio di la lotta alla droga e all’immigrazione selvaggia, sapete cosa fanno i signori giudici dell’Unione europea? Combattono il crocefisso. Pretendono che scompaia dai luoghi pubblici, in particolare dalle scuole, affinché non urti più la sensibilità dei bambini di altra religione.
In che senso? Secondo i soloni dei diritti umani addetti a stabilire ciò che offende la persona mettendola a disagio nella società multietnica, il simbolo per eccellenza del cristianesimo, ossia Cristo sottoposto al supplizio romano, va sacrificato in omaggio al dovere d’ospitalità. Già. Se un alunno, putacaso musulmano, alza gli occhi e vede quell’oggetto (ormai classificato «stravagante») rischia di esserne turbato e di perdere la propria identità, il proprio equilibrio psicologico.
Non è venuto in mente ai censori di Gesù che l’Europa è cristiana da secoli, che la sua storia è imperniata sul cristianesimo e che, se qualcuno viene qui da lontano per trovare pane, lavoro e pace, come minimo è obbligato a rispettare i nostri sentimenti, il nostro passato e il nostro presente senza per questo rinunciare alla propria fede?
Tra l’altro, la stupidità della sentenza è aggravata dall’ignoranza dei valori del cristianesimo, simboleggiato non soltanto dall’oggetto «stravagante» dinanzi al quale milioni e milioni di europei si ritrovano e si riconoscono, ma da mille altri elementi visivamente apprezzabili.
Per essere coerenti con la loro scempiaggine, gli estensori del documento avrebbero dovuto bandire con la croce anche i campanili, le cattedrali, i monasteri, le cappelle, tutta roba che si erge in luoghi pubblici e che pertanto, essendo esposta agli sguardi innocenti dei fanciulli suscettibili di turbamenti, andrebbe abbattuta perché emblematica del nostro scandaloso credo.
C’è di più. Chiunque abbia frequentato la scuola dell’obbligo e magari un istituto tecnico o un qualsiasi liceo sa che i programmi di italiano (letteratura), storia e filosofia sono pieni di riferimenti cristiani. Andrebbe abolito anche questo tipo di studio perché provoca l’orticaria nei ragazzi di famiglie immigrate? Ovvio. Gentaglia come San Francesco, Dante (che si occupa di inferni, purgatori e paradisi) e Manzoni, per citare nomi «abbastanza» noti: via, fuori dai libri di testo perché nociva alla salute mentale della gioventù.
È evidente. Siamo in presenza di un problema psichiatrico oltre che politico e religioso. Non vorremmo essere irriguardosi nei confronti dell’istituzione, ma c’è il sospetto che a Strasburgo giri troppa birra, e vi è la certezza che il tasso alcolico della Corte per i diritti umani è talmente elevato da richiedere l’intervento degli infermieri.
Dimenticavamo. Bisognerà sopprimere il segno più dalle operazioni aritmetiche e algebriche perché graficamente somigliante alla croce.
A proposito di croce, chissà che fine farà la croce rossa.
E se invece chiudessimo il manicomio di Strasburgo?

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qui.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 08:31
ALGIDO LAICISMO

PROVA DI ACCECATA SENTENZIOSITÀ


FRANCESCO D’AGOSTINO

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che condanna l’Italia per l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, non si basa di certo su argomentazioni nuove o approfondite, ma si limita a ribadire il principio laicista, che vede in qualunque simbolo religioso cui venga dato rilievo in un’istituzione pubblica un attentato alla libertà religiosa e per quel che concerne le scuole alla libertà di educazione.
La sentenza richiama sommariamente, ma con una certa precisione, le argomentazioni in base alle quali la magistratura italiana, dopo qualche tentennamento, era giunta a concludere che nella tradizione del nostro Paese il crocifisso non è un simbolo esclusivamente religioso, ma culturale e civile: in esso si condensa gran parte della storia italiana, in esso si riassume una sensibilità diffusa e presente non solo nei credenti, ma anche nei non credenti. In quanto icona dell’amore, della donazione gratuita di sé e della violenza estrema cui può soccombere l’innocente, quando le forze del male lo aggrediscono, il crocifisso è un simbolo universale, non confessionale.
Gli spiriti veramente grandi l’hanno sempre compreso: se non tutti credono in Gesù come Cristo, nell’umanità sofferente dell’uomo Gesù, appeso alla croce e che accetta il supplizio, dobbiamo se non credere, almeno avere tutti un profondo rispetto, se non vogliamo ridurre la convivenza tra gli uomini a un mero gioco di forze anonime e crudeli.
Tutto questo, evidentemente, non è stato percepito dalla signora Soile Lautsi, la madre che pur di fare eliminare il crocifisso dalle aule, ha iniziato (nel 2002) una lunga, complessa (e, presumo, anche costosa) procedura giudiziaria, né è stato percepito dai giudici che alla fine hanno accolto le sue ragioni. La vicenda giudiziaria potrà riservarci ancora sorprese.
Quello che non ci sorprende più, purtroppo, è l’accecamento ideologico che sorregge questa vicenda, la completa indifferenza per le ragioni della storia e della cultura, l’illusoria pretesa che la mera presenza di un crocifisso possa fare violenza alla sensibilità degli scolari e giunga ad impedire ai genitori di esercitare nei loro confronti quella specifica missione educativa, che è loro dovere e loro diritto.
E non ci sorprende più, purtroppo, il fatto che i giudici della Corte europea non percepiscano di agire con queste loro sentenze contro l’Europa, contro il suo spirito, contro le sue radici, rendendo così l’Europa stessa sempre meno 'amabile' da parte di molti che, pure, ritengono l’europeismo un valore particolarmente alto.
Ancora: è sfuggito alla ricorrente e – cosa ancor più grave – è sfuggito ai giudici che hanno redatto la sentenza che la laicità non si garantisce moltiplicando gli interdetti o marginalizzando le esigenze di visibilità della religioni, ma impegnandosi per garantire la loro compatibilità nelle complesse società multietniche tipiche del tempo in cui viviamo. La laicità non prospera nella freddezza delle istituzioni, nella neutralizzazione degli spazi pubblici, nell’abolizione di ogni riferimento, diretto o indiretto, a Dio. Quando è così che la laicità viene pensata, propagandata e promossa si ottiene come effetto non una promozione di quello specifico bene umano che è la convivenza, ma una sua atrofizzazione.
La sensibilità religiosa, ci ha spiegato Habermas ( un grande spirito laico) non è un residuo di epoche arcaiche, che la sensibilità moderna sarebbe chiamata a superare e a dissolvere, ma appartiene piuttosto e pienamente alla modernità, come una delle sue forze costitutive: tra sensibilità religiosa e sensibilità laica non deve mai istaurarsi una conflittualità, ma una dinamica di 'apprendimento complementare', alla quale non può che ripugnare ogni logica di esclusione. Quanto tempo ancora ci vorrà perché simili verità vengano finalmente percepite dai tanti ottusi laicisti, che pensano ancora che sia dovere fondamentale degli educatori quello di indurre le giovani generazioni a vivere «come se Dio non ci fosse»?

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Gabbianella1.
00mercoledì 4 novembre 2009 08:32
Come ho detto ieri su Facebook, oggi porterò, già lo sto facendo, il crocifisso che tutti i giorni porto sotto i vestiti fuori dal vestiario, in bella vista per protesta contro l'assurda sentenza UE, vediamo se anch'io ledo la libertà altrui.


Anch'io.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 09:01
Re:
Gabbianella1., 04/11/2009 8.32:

Come ho detto ieri su Facebook, oggi porterò, già lo sto facendo, il crocifisso che tutti i giorni porto sotto i vestiti fuori dal vestiario, in bella vista per protesta contro l'assurda sentenza UE, vediamo se anch'io ledo la libertà altrui.


Anch'io.




Brava!
Io lo sto facendo e non ti dico l'impressione che sto dando alle persone, tutti incuriositi, una persona ha persino pensato che fossi un religioso.
Ma la maggior parte condivide il mio gesto!

ad maiorem Dei gloriam!
enricorns
00mercoledì 4 novembre 2009 09:38
Re:
Gabbianella1., 04/11/2009 8.32:

Come ho detto ieri su Facebook, oggi porterò, già lo sto facendo, il crocifisso che tutti i giorni porto sotto i vestiti fuori dal vestiario, in bella vista per protesta contro l'assurda sentenza UE, vediamo se anch'io ledo la libertà altrui. Anch'io.



ah ma allora stai anche tu su FB?

Comunque bella iniziativa, ma c'è un piccolo ma, non ti offendere, così, a mio parere, risulta che il crocifisso lo tiriamo fuori quando gli altri, seppur in modo negativo, ce lo ricordano.

Oggi tutti mobilitati perchè c'è una sentenza, e guardacaso tutti diventati cristiani, ma i motivi della presenza del crocifisso nelle scuole sono legati alle radici e non alla fede, altrimenti sarebbe giusto, se per assurdo se una classe fosse a maggioranza musulmana mettere il corano.

Perchè come affermi tu
: nn toglieranno mai dalla coscienza collettiva (permettimi di aggiungere del credente)( si dice cosi'?)la memoria del sacrificio di Cristo e questo ci permette di avere il crocifisso nei, e non solo sui, nostri cuori
enricorns
00mercoledì 4 novembre 2009 10:11
Quanti di noi, parlando di evidenze, si segnano, fanno il segno della croce, prima di una colazione, un pranzo o una cena, e non parlo di casa , ma in mensa, al ristorante , in pizzeria, al bar, al fast food?
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 10:28
Re: Re:
enricorns, 04/11/2009 9.38:



ah ma allora stai anche tu su FB?

Comunque bella iniziativa, ma c'è un piccolo ma, non ti offendere, così, a mio parere, risulta che il crocifisso lo tiriamo fuori quando gli altri, seppur in modo negativo, ce lo ricordano.

Oggi tutti mobilitati perchè c'è una sentenza, e guardacaso tutti diventati cristiani, ma i motivi della presenza del crocifisso nelle scuole sono legati alle radici e non alla fede, altrimenti sarebbe giusto, se per assurdo se una classe fosse a maggioranza musulmana mettere il corano.

Perchè come affermi tu
: nn toglieranno mai dalla coscienza collettiva (permettimi di aggiungere del credente)( si dice cosi'?)la memoria del sacrificio di Cristo e questo ci permette di avere il crocifisso nei, e non solo sui, nostri cuori




Veramente Cristina ha quotato una mia frase, non credo che lei sia iscritta su Facebook.
Sul resto che hai esposto lo condivido, ma permettimi di dire che quella sentenza non è laica ma anticristiana, si vuol colpire il cristianesimo e in particolar modo il cattolicesimo.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 10:34
Re:
enricorns, 04/11/2009 10.11:

Quanti di noi, parlando di evidenze, si segnano, fanno il segno della croce, prima di una colazione, un pranzo o una cena, e non parlo di casa , ma in mensa, al ristorante , in pizzeria, al bar, al fast food?




La questione che poni è irrilevante, sta nella coscienza di ognuno di noi se queste cose si fanno oppure no, certo è auspicabile che si facciano ma il non farle non esclude il voler protestare contro questa sentenza, che, si badi bene, dice che il crocifisso viola la libertà altrui, ed è pazzesco!
enricorns
00mercoledì 4 novembre 2009 10:45
interessante!

Non fu il Concordato fascista a prescrivere il crocifisso a scuola ma nel 1860 lo Stato risorgimentale, pur se in lotta con la Chiesa

E Cavour mise
la croce in classe

di Giuseppe Dalla Torre

C'erano simboli religiosi nell'aula della famosa maestrina dalla penna rossa di deamicisiana memoria? Probabilmente sì; o almeno avrebbero dovuto esserci, stando alla normativa allora in vigore.
Pochi sanno, infatti, che il regolamento per l'istruzione elementare del 15 settembre 1860, n. 4336, attuativo di quella famosa legge Casati del 1859 che costituì per un sessantennio la struttura fondamentale del nostro sistema scolastico, prevedeva l'affissione nelle aule scolastiche del crocifisso. La disposizione era destinata a passare sostanzialmente senza soluzioni di continuità nella normativa regolamentare successiva. In particolare, prima di essere ripresa dai provvedimenti dell'età del fascismo (tutti comunque precedenti al Concordato del 1929), essa venne nuovamente ribadita dal regolamento generale dell'istruzione elementare del 6 febbraio 1908, n. 150. Dunque l'esposizione del crocifisso nelle scuole non è frutto della «riconfessionalizzazione» dello Stato che, secondo un giudizio comune ancorché discutibile, sarebbe stata operata dai Patti lateranensi del 1929 o, più in generale, dal fascismo. Né tale esposizione deve farsi risalire agli ultimi governi liberali quando, per usare un'espressione di Gabriele De Rosa, viene meno l'ideale laicista ed è ormai entrato in crisi lo Stato liberale. Le disposizioni in materia hanno invece origine nell'età risorgimentale ed attraversano tutto il periodo del più duro e dilacerante conflitto fra Stato e Chiesa, quando separatismo e una laicità inclinante al laicismo segnano la politica e la legislazione italiana in materia ecclesiastica.
Qualcuno dirà che dette norme erano pure diretta conseguenza del principio della religione cattolica come religione dello Stato, consacrato nell'art. 1 dello Statuto albertino del 1848. Ma è noto che tale disposizione era stata sostanzialmente abrogata già all'indomani della pubblicazione dello Statuto. Sicché - come poteva scrivere alla fine dell'Ottocento un autorevole giurista , Carlo Calisse - l'art. 1 dello Statuto doveva intendesi solo «nel senso che essa (la religione cattolica: ndr) è quella che la maggioranza dei cittadini segue, e che del suo culto si serve l'autorità civile quando occorra d'accompagnare alcuno dei suoi atti con cerimonie religiose. Di modo che, a così poco ridotto, in nulla il detto articolo contraddice al sistema della separazione fra la Chiesa e lo Stato». Da parte sua agli inizi del '900 un altro grande giurista, Arturo Carlo Jemolo, in uno studio sulla natura e la portata dell'art. 1 dello Statuto, concludeva addirittura dicendo che non si trattava di una norma giuridica ma di una mera dichiarazione, senza alcun effetto giuridico pratico. Le origini storiche di una disposizione che oggi, talora, viene messa in discussione, ci dicono almeno due cose. La prima è che, come simbolo religioso, il crocifisso è un simbolo passivo, in quanto tale non idoneo né diretto a costringere o ad impedire l'individuo in materia religiosa e di coscienza, né a contravvenire al principio della laicità dello Stato. Il fatto che lo Stato italiano laico e separatista prevedesse come facoltativi i corsi di religione nelle scuole, ma prescrivesse al contempo l'esposizione del crocifisso, ne è una evidente riprova. La seconda riguarda il crocifisso come simbolo culturale. Non c'è dubbio, infatti, che esso esprima una storia, una tradizione, una cultura; in breve: l'identità degli italiani. Ed anche qui il fatto che lo Stato ne prescrivesse l'esposizione, pure nei periodi in cui la scuola divenne il terreno della più rovente conflittualità tra Stato e Chiesa, tra liberali e movimento cattolico, costituisce un fatto illuminante. Esso prova, infatti, che si tratta (anche) di simbolo culturale; di un simbolo che ha plasmato l'identità italiana e, con altri simboli, ha alimentato gli italiani dei necessari sentimenti di comune appartenenza. Ed è per questo che anche l'Ottocento liberale, e talora anticlericale, ne ha ritenuto non incompatibile, ma necessaria, la conservazione.

 

Avvenire, 18 giugno 2004

S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 11:29

Effetto valanga. Col croficisso via anche le chiese, Bach, Leonardo da Vinci… (Magister)

Clicca qui per leggere il gustosissimo dialogo.
S_Daniele
00mercoledì 4 novembre 2009 11:53
L’inutile Europa ci toglie pure il crocifisso

di Ida Magli

Le religioni non sono monete. Fare l’unificazione europea a tavolino, cominciando astutamente dall’economia e dalla moneta, ha permesso finora di tenere basso lo scontro con ciò che veramente crea i popoli ed è creato dai popoli: i loro sentimenti, le loro fedi, il loro spirito, il loro passato, la loro storia, le loro tradizioni, i loro valori, i significati che i popoli assegnano al loro «essere se stessi». Le religioni praticamente sono il contenitore di tutto questo, lo rispecchiano nel momento stesso in cui lo plasmano.
Noi possiamo cercare di spiegare in termini teologici le differenze fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, oppure fra quella ortodossa e le varie chiese riformate, ma che non sia stata la teologia a crearle si vede a occhio nudo: il rituale ortodosso con la solennità dei suoi gesti, con il calore dei suoi canti, con l’intensa calma passione delle sue icone, è frutto dell’anima russa, di nient’altro che del popolo russo. Nessun inglese, nessuno svedese avrebbe mai potuto produrlo.
I politici che hanno progettato l’Unione europea hanno affermato che ci univamo perché eravamo uguali; ma nelle religioni non si è, non si può essere uguali, perché appunto, come le lingue, esse si differenziano in funzione della diversità dei popoli. Adesso, dunque, è giunto per l’Ue il momento più difficile: vivere l’unione senza isterilirci, senza morire. Questo significa per prima cosa salvaguardare i segni visibili dell’appartenenza religiosa. In Italia l’architettura, le rappresentazioni pittoriche, i crocifissi, le innumerevoli Madonne, fanno parte della storia, dell’arte, delle tradizioni di un paese che si è talmente alimentato, lungo lo scorrere dei secoli, della bellezza del Vangelo che sarebbe impossibile immaginare un S. Francesco senza il dolce paesaggio dell’Umbria, un S. Benedetto senza l’ordinata gravità del lavoro romano, un Raffaello senza l’innamorata contemplazione della Vergine Maria. Oggi si vogliono togliere i crocifissi dalle aule nelle scuole pubbliche; per proteggere, come si afferma, la libertà degli studenti. Ma anche le migliaia di edicole della Madonna, che proteggono i viandanti agli incroci delle strade, sono «pubbliche»; presto qualcuno, giustamente, vorrà che vengano eliminate. Guardiamo bene in faccia il prossimo futuro: se nell’Ue per essere liberi bisogna che in pubblico vengano cancellati tutti i segni che indicano un’appartenenza, questo significa che nessun popolo sarà più un popolo, salvo che si ritenga che possa farci sentire «Popolo» l’esposizione nelle scuole e agli angoli delle strade della faccia di Barroso. Il «privato» non crea un popolo, ed è questo che succederà: tutte le differenze saranno costrette a vivere, o a sopravvivere, nell’ambito del privato e l’Europa sarà debolissima perché saranno a poco a poco cancellati, anche nella memoria, i tratti distintivi che legano fra loro i popoli che la compongono.
Toccare le abitudini religiose significa toccare l’anima dei popoli. Cosa pericolosissima, anche là dove sembra, come in Europa, che le fedi siano ormai sbiadite, la partecipazione ai precetti in declino. Questo è un punto di cui i governanti, anche quelli ecclesiastici che hanno aderito alla realizzazione dell’Unione europea, non hanno tenuto conto: la scarsa aderenza visibile ai dettami delle Chiese, soprattutto nell’area occidentale, non significa l’abbandono, ma piuttosto, insieme allo sviluppo sempre maggiore del pensiero critico, un bisogno religioso anch’esso critico, profondo, difficile da esprimere, ma esigentissimo, «vero», che finora la chiesa cattolica non ha saputo esaudire.
Ma, proprio perché i cristiani oggi conoscono meglio il significato di una religione, la loro ribellione scatterà di fronte alla pretesa dei governanti di togliere i crocifissi dalle scuole più che a un’imposizione di uguaglianza di carattere dottrinale. Perché questo, in Europa, tutti lo sappiamo bene; sono stati i nostri più grandi pensatori a insegnarcelo, da Platone a Cartesio a Leopardi: «Essere, è essere diverso».
I governanti italiani, dunque, si muovano subito; nell’interesse dell’Italia, ma anche dell’Europa. Bisogna istituire a Bruxelles l’abitudine a innumerevoli «eccezioni»...

© Copyright Il Giornale, 4 novembre 2009 consultabile online anche
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enricorns
00mercoledì 4 novembre 2009 12:11
Re: Re:
S_Daniele, 04/11/2009 10.34:

La questione che poni è irrilevante, sta nella coscienza di ognuno di noi se queste cose si fanno oppure no, certo è auspicabile che si facciano ma il non farle non esclude il voler protestare contro questa sentenza, che, si badi bene, dice che il crocifisso viola la libertà altrui, ed è pazzesco!



Io non ho mai detto che non bisogna protestare o che riconosco la sentenza come valida, quello che stiamio scrivendo, quì e altrove prova che stiamo proterstando, ma che le "evidenze" del nostro essere cristiani non devono saltare fuori solo in situazioni sui generis (non so se sia corretto) ma devono essere del nostro quotidiano.
A questo punto, per contrapposto, potrei pensare che molti, troppi cristiani non si segnano in luoghi pubblici perchè pensano che questo segno violi la libertà altrui.
 
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