04.12.2009di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, MilanoIn tutte le religioni c’è uno spazio nel quale la Divinità si manifesta casa, dimora e luogo di incontro con Dio. Si comincia con un recinto, uno spazio sacro, separato appunto, che diviene edificio, tempio. Ma nell’Evangelo di questa domenica, ultima di Avvento, il luogo della divina presenza non è più un tempio, ma il corpo di una giovane donna. Già il re Salomone, dopo aver costruito il magnifico tempio di Gerusalemme, si chiedeva incredulo, stupito: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito. Siano aperti i tuoi occhi verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il mio nome» (1Re 8, 27ss.). E noi oggi possiamo chiederci: come il corpo di una giovane donna, il suo piccolo grembo, potrà racchiudere Colui che i cieli non possono contenere? Ma la pagina dell’Annunciazione ci rivela che ormai l’abitazione di Dio è l’umanità di Maria.
Luca lo sottolinea in diversi modi. Anzitutto istituendo un preciso confronto con l’annunciazione a Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, che precede quella a Maria. Luca accosta le due scene per creare un confronto sorprendente. Tutto porta a dire che la prima annunciazione, quella a Zaccaria, è la più importante: avviene a Gerusalemme, nel Tempio, protagonista un uomo, anzi un sacerdote, nell’esercizio del culto.
La seconda annunciazione, quella a Maria, avviene lontano dal Tempio di Gerusalemme, nella terra di Galilea, terra di infedeli e pagani, a Nazareth, piccolo paese «dal quale può mai venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46), in una semplice casa (ma le povere case allora erano più simili a grotte), protagonista una donna. I pittori del Rinascimento hanno idealizzato la scena dipingendo Maria in attitudine di preghiera in una cornice di grande dignità e bellezza. Più probabilmente era intenta nei gesti della vita e del lavoro quotidiani. E proprio qui avviene l’evento decisivo: l’incarnazione del figlio di Dio. Potremmo dire che Dio ormai non deve essere più cercato nel Tempio, il luogo della sua presenza è il corpo di questa fanciulla.
La dimora di Dio
In un secondo modo Luca afferma che Maria è ormai la dimora di Dio. Il saluto dell'Angelo - lo abbiamo già notato commentando il Vangelo dell’Immacolata - non è infatti un semplice saluto, ma la ripresa dell’invito alla gioia che i profeti (Sof 3,14; Zac 9,9) avevano rivolto al popolo annunciando la venuta del Re Messia: Maria è la nuova Gerusalemme perché nel suo corpo abita l’Altissimo.
Infine, in un terzo modo Luca afferma che Maria è il luogo della divina Presenza: «Lo Spirito Santo stenderà la sua ombra...». Il verbo qui usato indica nell’Antico Testamento la nube che ricopre gli Israeliti nel deserto, indica la presenza di Dio nel Tempio. Nel Nuovo Testamento compare nella scena della Trasfigurazione. Con questo verbo Luca ci dice che è nel corpo di Maria che dobbiamo riconoscere la presenza di Dio. Il Tempio, il grande splendido Tempio al quale si rivolgevano le preghiere e le speranze di Israele, è vuoto. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, Dio di uomini, è il Dio di Gesù, il figlio di Maria.
Potremmo fermarci qui, nella contemplazione delle “grandi cose” che Dio ha compiuto in questa donna. Ma notiamo che l’affidamento a Dio e alla sua parola non è per Maria gesto facile, ovvio. Luca non ci ha nascosto il “turbamento” di Maria alle parole dell’Angelo, né la sua richiesta di spiegazioni: «Come è possibile?». E più volte, nei racconti dell’infanzia, ritorna lo stupore e la incapacità a comprendere. Oserei dire che nel cammino di fede di questa donna c’è una dimensione ardua, ma che non genera scetticismo, né chiusura. Al contrario, due volte Luca annota che nel suo cuore Maria accoglieva, custodiva e meditava la Parola (2,19.51).
Natale avviene solo in un cuore capace di stupore. Non so se la Santa Casa di Loreto sia davvero il luogo dove si è compiuta l’Annunciazione. Amici lauretani mi hanno fatto omaggio di ponderosi volumi che studiano a fondo la vicenda affascinante di questa Santa Casa. Ma quando vi sono entrato sono stato affascinato dal solco, profondo, che la carezza dei pellegrini ha, nei secoli, lasciato nella pietra, quella pietra che forse ha ascoltato il dialogo tra Gabriele e Maria.