Fatima e il dramma della modernità

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S_Daniele
00mercoledì 9 giugno 2010 16:22

Fatima e il dramma della modernità


Pubblichiamo di seguito uno stralcio del saggio di Massimo Introvigne (che potrete trovare nella sua versione integrale qui http://www.cesnur.org/2010/mi-papa-fatima2.html) sul viaggio di Benedetto XVI a Fatima.


[…] “Non fu la Chiesa che ha imposto Fatima – direbbe il Cardinale Manuel Cerejeira [1888-1977], di venerata memoria –, ma fu Fatima che si impose alla Chiesa”» (Benedetto XVI 2010b). […]

Le profezie hanno sempre più di un significato. La terza parte del segreto, ripete ora Benedetto XVI, è una «grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in prima istanza riferire a Papa Giovanni Paolo II» (Benedetto XVI 2010a). Ma questa «prima istanza» (ibid.) interpretativa, se mantiene tutta la sua importanza, non ne esclude altre. Al contrario nel segreto, afferma il Papa, «sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Perciò è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta per la Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano» (ibid.). L’immagine centrale della terza parte del segreto è figura di tutte le persecuzioni che i Papi e la Chiesa nella storia continuamente subiscono. Anche il tradimento dei preti pedofili e le relative persecuzioni mediatiche contro il Papa fanno parte dei «colpi d’arma da fuoco e frecce» del segreto, che sempre «soldati» al servizio di progetti ideologici anticristiani sono pronti a lanciare contro il Papa. […]

Più in generale, «si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa» (Benedetto XVI 2010g), e in questo senso si può dire che sia sbagliato riferire la terza parte del segreto solo all’attentato a Giovanni Paolo II. […]

«L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo…» (Benedetto XVI 2010g). Al cuore del messaggio di Fatima vi è un giudizio sulla storia, e in particolare sulla storia moderna. Le tragedie annunciate a Fatima non sono finite con la fine delle ideologie del XX secolo e del comunismo, cui pure il messaggio del 1917 si riferisce. La crisi non è risolta. Da un certo punto di vista è oggi più seria che mai, perché è anzitutto crisi di fede, quindi crisi morale e sociale. «La fede in ampie regioni della terra, rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata […]» (Benedetto XVI 2010f). «Molti dei nostri fratelli vivono come se non ci fosse un Aldilà, senza preoccuparsi della propria salvezza eterna» (Benedetto XVI 2010e). […] All’interno stesso della Chiesa non mancano infedeltà, fraintendimenti, assenza di sano realismo. «Spesso – ha aggiunto il Papa – ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?» (Benedetto XVI 2010c).

Nel clero stesso, non si può non fare cenno a «un certo indebolimento degli ideali sacerdotali oppure al fatto di dedicarsi ad attività che non si accordano integralmente con ciò che è proprio di un ministro di Gesù Cristo» (Benedetto XVI 2010e). […]

La crisi di fede e di morale s’inquadra in una più generale crisi della nostra società, scristianizzata, […] Ma, anche a questo proposito – come ha fatto spesso nel pellegrinaggio a Fatima, e in consonanza con l’interpretazione che ha proposto del messaggio della Madonna – il Papa ha sottolineato che la crisi non è solo esterna, ma è anche interna alla Chiesa: «non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana» (ibid.). Né sono adeguati programmi pastorali e «soluzioni che rispondano alla logica dell’efficienza, dell’effetto visibile e della pubblicità» (Benedetto XVI 2010h), o che nascondano l’annuncio cristiano in nome di un generico umanitarismo. Al contrario, nella Chiesa serve una «ferma identità delle istituzioni» (ibid.). […]

Per il Papa la modernità come plesso di esigenze può e deve essere presa sul serio e diventare oggetto di discernimento. La modernità come ideologia dev’essere invece sottoposta a una rigorosa critica. Questa ideologia comporta il rifiuto della tradizione – quella con la “t” minuscola, come patrimonio culturale trasmesso dalle generazioni passate, e quella con la “T” maiuscola come verità conservata e veicolata dalla Chiesa – e l’idolatria del presente. In Portogallo il Papa denuncia un’ideologia che «assolutizza il presente, staccandolo dal patrimonio culturale del passato» (ibid.) e quindi fatalmente finisce per presentarsi «senza l’intenzione di delineare un futuro» (ibid.). Considerare il presente la sola «fonte ispiratrice del senso della vita» (ibid.) porta a svalutare e attaccare la tradizione, che in Portogallo – e non solo – «ha dato origine a ciò che possiamo chiamare una “sapienza”, cioè, un senso della vita e della storia di cui facevano parte un universo etico e un “ideale” da adempiere» (ibid.), strettamente legati all’idea di verità e all’identificazione di questa verità con Gesù Cristo. Dunque «si rivela drammatico il tentativo di trovare la verità al di fuori di Gesù Cristo» (ibid.).


Il «“conflitto” fra la tradizione e il presente si esprime nella crisi della verità, ma unicamente questa può orientare e tracciare il sentiero di una esistenza riuscita» (ibid.). In questo conflitto la Chiesa non ha dubbi su da che parte stare. «La Chiesa appare come la grande paladina di una sana ed alta tradizione» (ibid.): parole di Benedetto XVI che richiamano – certo con uno stile e un linguaggio diverso – quelle del suo predecessore san Pio X (1903-1914) nella lettera apostolica del 1910 Notre charge apostolique, di cui pure ricorre il centenario quest’anno, secondo cui «i veri operai della restaurazione sociale, i veri amici del popolo non sono né rivoluzionari, né innovatori, ma tradizionalisti» (Pio X 1910, n. 44).

La difesa della verità contro il culto relativistico e anti-tradizionale del presente è una missione «per la Chiesa irrinunciabile» (Benedetto XVI 2010d), ripete Benedetto XVI. «Infatti il popolo, che smette di sapere quale sia la propria verità, finisce perduto nei labirinti del tempo e della storia» (ibid.). E anche questa conclusione corrisponde al senso profondo del messaggio di Fatima.

Nella seconda parte del segreto di Fatima la Madonna preannuncia: «I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà» (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede 2000). […]

Messainlatino
 
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