Gli indigeni: ricchezza insostituibile per la Chiesa

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S_Daniele
00domenica 13 dicembre 2009 11:46
Gli indigeni: ricchezza insostituibile per la Chiesa


Intervista al Vescovo di San Cristóbal de las Casas


di Omar Árcega




SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS, MESSICO, giovedì, 10 dicembre 2009 (ZENIT.org).-

Monsignor Felipe Arizmendi Esquivel, Vescovo della diocesi di San Cristóbal de las Casas, dello Stato meridionale di Chiapas, una delle regioni del Messico con la maggiore presenza di popolazione indigena, ha parlato con ZENIT delle necessità e delle sfide di una pastorale indirizzata alla evangelizzazione degli indigeni.

Quali sono le necessità catechetiche della comunità indigena?

Monsignor Felipe Arizmendi: L’evangelizzazione dei poveri è il segno della presenza del Regno di Dio tra noi. Le comunità indigene sono povere e hanno bisogno di essere evangelizzate in una forma adeguata, nel rispetto delle loro culture, promuovendo lo sviluppo integrale e annunciando esplicitamente Gesù.

Quali sono le necessità spirituali della comunità indigena?

Monsignor Felipe Arizmendi: Comprensione, amore, rispetto, misericordia, fiducia, ma anche la celebrazione dei sacramenti, preferibilmente nella loro lingua nativa.

Come è possibile mediare tra le particolarità e gli usi degli indigeni, e l’universalità del cattolicesimo?

Monsignor Felipe Arizmendi: In primo luogo, occorre conoscere a fondo la stessa cultura indigena, perché molte volte viene respinta o condannata come superstizione, quando è solo un’altra forma culturale di esprimere la fede e il rapporto con Dio. In secondo luogo occorre denunciare chiaramente ciò che del loro stile di vita sia contrario al Vangelo. In terzo luogo, è necessario usare prudenza tra gli indigeni e nel mondo in cui vivono, anche nella Chiesa. Questa infatti non potrà essere universale se non accoglie nel suo seno gli indigeni, che sono anche loro parte della grande famiglia ecclesiale.

Quali caratteristiche deve avere una Chiesa autoctona?

Monsignor Felipe Arizmendi: Quelle indicate dal Concilio Vaticano II: che sia incarnata nella cultura del popolo locale; che sia radicata nella Parola di Dio, i cui semi sono presenti in molte culture autoctone; che abbia un numero adeguato di fedeli di quella etnia; che cresca e maturi, perché possa servire anche ad altre Chiese sorelle.

Quali caratteristiche devono avere i sacerdoti inseriti in una realtà indigena?

Monsignor Felipe Arizmendi: Anzitutto è bene che quelli che sono indigeni non rinneghino le proprie radici. Anzi, le apprezzino e le facciano maturare con il Vangelo. Che amino le proprie comunità e preferiscano servire nelle parrocchie della propria etnia.

I sacerdoti non indigeni devono conoscere, rispettare e apprezzare ciò che c’è di buono in queste comunità, e proporre loro con chiarezza Gesù Cristo, evitando di ridursi alla sola assistenza sociale, pur sempre necessaria.

Quali sono le principali sfide della pastorale indigena in Messico?

Monsignor Felipe Arizmendi: Affrontare il fatto che molte culture indigene si stanno perdendo a causa della globalizzazione culturale che arriva in ogni luogo. Molti già non vogliono essere, né apparire, indigeni. Le mode li sovrastano. È importante che, come Chiesa, gli venga riconosciuto il posto che gli è proprio, a partire dalla possibilità di disporre di traduzioni della Bibbia e della Liturgia nelle loro lingue. È un’ingiustizia non fare il possibile per riconoscere loro questo diritto e continuare ad imporre lo spagnolo. Bisogna continuare ad approfondire le implicazioni della inculturazione della Liturgia e della stessa Chiesa. Occorre promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose tra gli indigeni e fare in modo che i seminari possano offrire una formazione adeguata alla loro cultura.

Come Chiesa, siamo consapevoli delle sfide e delle particolarità della questione indigena?

Monsignor Felipe Arizmendi: In alcune parti, gli viene riconosciuto il loro posto, ma in altre, vi sono ancora molte forme di resistenza e persino di sfiducia. È innegabile che esista ancora un certo razzismo da parte di alcuni cattolici. Come ha detto Papa Giovanni Paolo II, è importante che abbiano dei sacerdoti e anche Vescovi della propria cultura.


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