Hanno cambiato la vera dottrina

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S_Daniele
00martedì 15 giugno 2010 15:51


Hanno cambiato la vera dottrina

Intervista di R. Farina a Romano Amerio.

Fonte: Radaelli, E. M., Romano Amerio. Della verità e dell’amore, Cap. XVI Le interviste, Marco Ed., Cosenza, 2005, pp. 250-261.


Il 30 giugno 1988 monsignor Marcel Lefebvre consacra a Ecóne quattro vescovi, in disobbedienza con la Santa Sede. Il "Sabato" (25-6/1-7-1988) sull'onda degli avvenimenti molto seguiti dalla stampa di tutto il mondo, i quali preludevano alla scissura, aveva preparato con cura un'intervista ad Amerio, pensatore rinomato che si riteneva in qualche modo vicino al vescovo francese. L'intervista è preceduta da un breve proemio che aiuta il lettore del settimanale, non domestico al tema, a meglio inquadrarlo.

Un libro antico piombò tre anni fa sulle scrivanie degli uomini di Chiesa. Se ne parla sottovoce. Per aprirne le pagine è necessario il rito segreto del tagliacarte. Ma non è questo che lo fa antico. Ci sono i vocaboli, calati nella nostra lingua dal greco e dal latino senza mediazione alcuna. Ma c'è, soprattutto, la dottrina. Iota unum, Ricciardi Editore, 656 pagine. L'autore? Suoniamo alla sua porta, a Lugano in Svizzera. Romano Amerio, 83 anni, è ormai quasi cieco. Ma la sua parola ha i riflessi dell'oro. Si descrive così: «Io sono vecchio, tremulo, malato. Da agosto a ottobre fui in ospedale per crisi cardiache, e non esco più. Solo la mente, per grazia del Cielo, non vacilla, ma le tocca guardare dall'alto della sua rocca la ruina che fanno giorno per giorno le parti inferiori».

Nella penombra dello studio la signora Amerio ci versa il caffè. In tempo di guerra veniva a farne rifornimento padre Agostino Gemelli, il fondatore della Cattolica, che attraversava la dogana con i chicchi di contrabbando"nella balzana" della veste («non sapeva lavorare senza l'eccitazione del caffè»). Ma il libro non è dolce come il caffè: Iota unum è un paragone, che risulta amarissimo, tra la dottrina antica (che, secondo Amerio, è semplicemente la dottrina sempiterna), e quale essa è propagata al presente. Da qui il sottotitolo di Iota unum (nemmeno uno iota passerà): «Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel XX secolo». Amerio, che pure è un grande della storia della filosofia (studi insuperati su Campanella, Manzoni, Rosmini); non ha null'altra pretesa che di aver fatto un paragone.

Ma Romano Amerio è anche il pensatore più citato dai "lefebvriani", che attingono a piene mani al suo Iota unum, e nello stesso tempo è autore recensito favorevolmente da"Civiltà cattolica". Del resto Amerio non si è mai schierato con i militanti di Lefebvre.

L'intervista è stata realizzata prima della scelta scismatica di monsignor Lefebvre. Spesso il nome di Amerio è stato associato a quello dell'arcivescovo. Dopo l'annuncio della rottura, Amerio ha spiegato il suo pensiero: «In questi giorni vado ripetendo con schiettezza: monsignor Lefebvre ha fatto un passo che non avrebbe mai dovuto fare, ha messo il piede nel vuoto di un abisso. Anche se nel fondo consento con la sua dottrina, ripeto: quel passo non andava e, finché è in tempo, non va fatto».

Ora, per meglio conoscere l'orizzonte di riflessione e di analisi da cui scaturisce una reazione ingiustificabile come quella di monsignor Lefebvre, pubblichiamo quest'intervista. E la prima di una certa ampiezza rilasciata da Amerio e la riteniamo utile: i giudizi di Amerio, condivisibili o meno, hanno la forza di chi li ha pagati con anni di lavoro per amore della verità".

Se ci è permessa un'osservazione in margine alle affermazioni di Amerio, è questa: una posizione"ortodossa" come la sua rappresenta una vigorosa difesa della dottrina e della morale cattolica. Eppure, anche involontariamente, oggi una difesa della dottrina e della morale che non riproponga la sorgente vivente che è l'Avvenimento di Cristo può essere facilmente utilizzata da potenti benefattori.



L'intervista

DOMANDA: La Chiesa, che posto ha nelle sue riflessioni?

RISPOSTA: La Chiesa, per molteplici ragioni interne e per qualche ragione esterna, si trova in un momento nel quale rischia di articolarsi in una maniera non conforme alla sua natura. Cioè la variazione che sta avvenendo nella Chiesa rischia di essere una variazione di essenza. Il che significa che la religione cristiana non è più religione soprannaturale rivelata, ma un frutto storico che è maturato, che è poi appassito, e adesso sta generando altro. Come è precipitato il paganesimo, così capita, in un processo lento, del cristianesimo. Questa è la tesi non che io sostengo, ma che propongo. Non dico infatti che la Chiesa vada articolandosi in altro da sé; dico che è temibile, possibile, forse probabile.

DOMANDA: Ma se lei è certo che la Chiesa è soprannaturale...

RISPOSTA: Certo!

DOMANDA: Ed allora come può pensare che rischi questo? Come la mette con il"non prævalebunt"?

RISPOSTA: Per rovina della Chiesa intendo quella che descrissero i grandi profeti del profetismo cristiano: una generale corruzione, un'oscurazione dei lumi, una perdita del coraggio, per cui, invece di improntare il mondo, la Chiesa si lascia improntare dal mondo e diventa mondo. La Chiesa è nel mondo, vive nel mondo, ma per improntare il mondo. Quel che accade, secondo me, è una perdita di essenza.

DOMANDA: Ma può la Chiesa perdere l'essenza?

RISPOSTA: Non si tratta di Tizio o di Caio: si tratta della Chiesa, si tratta del clero, dell'episcopato... Del massimo vertice? Non voglio essere temerario. Quel che è certo è che i pastori sono disorbitati. Non si muovono più nell'orbita della retta dottrina e della Tradizione, della continuità. La Chiesa in realtà si è sempre mutata. Quelli che dicono che la Chiesa era fissata, immobilizzata, non sanno quello che dicono: perché la Chiesa ha continuato a mutare modellandosi sulle varie circostanze. Mi appello ai miei ricordi puerili e confronto tante cose attuali con la Chiesa antica: trovo che c'è stata una variazione importante, non però essenziale. Da bambino ricordo che tra le litanie non c'erano invocazioni oggi recitate. "Regina sine labe concepta" è una novità introdotta dopo che Pio IX dogmatizzò l'Immacolata Concezione. Così "Regina in cœlum assumpta"fuinclusa dopo la dogmatizzazione dell'Assunzione.

DOMANDA: Così l'introduzione della veglia pasquale.

RISPOSTA: Lì è la piccola riforma liturgica fatta da Pio XII. Ma io vado più indietro, a quand'ero ragazzo e m'insegnavano i precetti della Chiesa. Uno di questi era formulato così: "Non celebrare le nozze nei tempi vietati". Oggi invece il precetto è formulato in tal modo: "Non celebrare le nozze contro le leggi della Chiesa". Si è passati da un precetto soltanto formale (che vietava le nozze nei tempi penitenziali dell'Avvento e della Quaresima) alla sostanza: s'implica la prescrizione della monogamia e la proscrizione del divorzio. Ecco un cambiamento nella Chiesa. E quanti altri ce ne sono stati. La Chiesa è sempre mutata. Non però sostanzialmente.

DOMANDA: Dal suo libro si intravede che la mutazione d'essenza da lei paventata consiste nella "secolarizzazione" del cristianesimo. Nella sua riduzione cioè alla morale e alle opere, rinunciando al primato del soprannaturale, al cristocentrismo.

RISPOSTA: È così. La religione si mantiene come un mezzo della vita del mondo. Mentre essa è un mezzo della vita ultramondana, sebbene eserciti anche nella vita del mondo un influsso potente.

DOMANDA: Si tratta di un depotenziamento della Redenzione?

RISPOSTA: Anche gli uomini irreligiosi non disconoscono il valore della religione, ma considerano questo valore come puramente ordinato alla vita mondana.

DOMANDA: Potrebbe fornire esempi di questa formulazione di "cristianesimo secondario" che ha prevalso in questi anni?

RISPOSTA: Sono frequenti le dichiarazione di uomini pubblici i quali ammettono il merito della religione cristiana che ha civilizzato i barbari, che ha conservato la letteratura e le arti antiche, che ha insegnato agli uomini la carità aprendo ospedali... Il cristianesimo secondario può persino considerarsi come necessario ed essenziale alla civiltà moderna. È sbassato a mezzo, mentre il cristianesimo non può essere che fine, è essenzialmente un fine e mira all'oltremondo. Non che chiuda gli occhi sul mondo, ché è tanto grande il bene contenuto in esso al punto che ridonda abbondantemente sulla vita mondana. Ed infatti la nostra civiltà, fino al secolo scorso, nonostante le dottrine irreligiose che l'invasero a cominciare dal Rinascimento, è una civiltà essenzialmente cristiana. I nostri codici civili erano improntati sul diritto canonico. La concezione del matrimonio e quella della famiglia; e la morte, e la carità, erano essenzialmente cristiane. Ormai non si parla più di carità e di istituzioni caritative, "fraternità" è termine desueto. Soltanto ormai si parla di istituzioni umanitarie. Anche la Chiesa ha assunto l'umanitarismo come principio.

DOMANDA: Che cosa vuol dire questo?

RISPOSTA: Pensiamo ai documenti dei vescovi. Sono forse rivolti ai problemi interni e scottanti della Chiesa contemporanea? Forse alla declinazione del costume e dell'obbedienza? Forse alla rovina dei Sacramenti? Forse all'abrogazione di fatto della penitenza in molti Paesi cattolici? Si parla sempre e soltanto dei problemi del mondo. Purtroppo anche il "messaggio" dell'ultimo sinodo al popolo di Dio, parlando dei problemi "palpitanti" dell'uomo d'oggi, elencava gli squilibri economici, la fame del mondo, perfino i debiti del terzo mondo.

DOMANDA: E la missione?

RISPOSTA: Non c'è più nella Chiesa. Restiamo alle cose comuni e al senso proprio delle parole. Una volta all'anno i giornali cattolici pubblicavano la statistica dei battezzati nelle missioni. Ora non più. Perché? Perché il fine delle missioni non è più quello primario di battezzare, ma quello secondario di scavare canali, creare ospedali...

DOMANDA: Che fare?

RISPOSTA: Uno degli argomenti sviluppati nel mio Iota unum è quello della desistenza dell'autorità. Ho scritto che dopo Pio XII i Pontefici hanno dimidiato la loro azione, cioè l'hanno limitata all'ammonizione e all'insegnamento; ed hanno abbreviato la mano di Dio, perché hanno rinunciato all'esercizio dell'autorità coattiva. I vescovi dissentono dal Santo Padre, pubblicano documenti in cui prendono le distanze dalle Encicliche, e tuttavia il Santo Padre non prende provvedimenti.

DOMANDA: Lasciamo al Papa la suprema responsabilità del governo. E spostiamoci sul suo magistero. Oltre all'Enciclica ci sono stati di recente due importanti insegnamenti. Il primo è la Lettera apostolica per il XII centenario del concilio di Nicea, dove è riproposto il dogma cristologico.

RISPOSTA: E scommetto che è caduta sotto silenzio. Il dogma oggi è indifferente nella Chiesa perché i fini non implicano più una persuasione dogmatica, richiedono soltanto un sentimento umanitario. Se i dogmi di Nicea sull'"omousios" avessero un immediato effetto sulla sfera temporale, allora quella lettera sarebbe interessata. Siamo a questo.

DOMANDA: Invece (ed è il secondo insegnamento papale che vorremmo sottolineare) la catechesi del mercoledì sui miracoli di GESÙ, dove si è descritto il suo diretto intervento nel quotidiano e nella natura, hanno suscitato molte reazioni, tutte ostili.

RISPOSTA: Metà dell'episcopato oggi predica che noi non crediamo la divinità di Cristo per ragione dei miracoli, ma crediamo ai miracoli perché abbiamo fede in Cristo. In tal modo si relega la fede nell'irragionevole. Nel mio libro cito molti casi, e mi risulta che anche la Conferenza episcopale italiana si sia di recente pronunziata alla stessa maniera. Si dice: abbiamo fede in Cristo, conseguentemente crediamo al miracolo. Mentre è dogmatizzato da molti concilii che i miracoli sono la prova della divinità di Cristo. Ecco una mutazione nell'essenza.

L'insegnamento della gerarchia in buona parte è divenuto incerto e contraddittorio. C'è un altro fenomeno che mi pare capitale, ed è questo: è dileguato lo spavento della contraddizione.

DOMANDA: Questa formula non c'è in Iota unum. Ma com'è dileguato questo "spavento della contraddizione"? Come si è secolarizzato il cristianesimo? Fu la gnosi?

RISPOSTA: Ah certo!

DOMANDA: Il prevalere della gnosi. E come è entrata? Come s'esercita? E dove scorge la rivincita?

RISPOSTA: Troppe domande per il mio sapere. Molto non so. Ma una rivincita la spero sempre. Perché non escludo - anzi includo - la divinità della Chiesa. Ma l'esame obiettivo della Chiesa rivela un organismo in via di dissoluzione. La sintomatologia è quella che descrivevo prima e che Iota unum documenta: l'episcopato non più concorde con il Santo Padre e con se medesimo; i preti non predicano più la verità, ma la loro propria opinione in un ideale umanitario.

DOMANDA: Mi interessa molto capire come la gnosi sia alla radice dell'infiltrazione "umanitaristica".

RISPOSTA: La gnosi è l'interpretazione puramente umanistica della religione, a guisa che il Cristo - che è Persona divina - è ragguagliato all'uomo santo. Ma non bisogna lasciarsi perturbare troppo da questo sperdimento in cui è entrata la Chiesa. Nei tempi antichi fu miracolosamente, ripeto: miracolosamente, che dopo trent'anni di errori fu ristabilita la retta dottrina con i dogmi cristologici di Nicea, con la riabilitazione di Atanasio (il quale era stato in precedenza condannato a Rimini da un concilio di vescovi). Ma ci furono veri terremoti anche nei tempi moderni: con la Rivoluzione francese metà del clero apostatò e si sposò, ed anche i vescovi si sposarono.

DOMANDA: Chi oggi opera a mantenere il terremoto?

RISPOSTA: Molti dicono: i gesuiti. Non so se siano loro. I gesuiti sono un grande ordine religioso e hanno grandi meriti. Nel mio libro c'è un paragrafo con un'apologia dei gesuiti. Il fatto è che essi hanno per principio di battere tutta la tastiera in guisa tale che quando sorge una nuova opinione c'è sempre anche un gesuita a sostenerla.

DOMANDA: È una critica o un documento?

RISPOSTA: È una constatazione. Certo è che "Civiltà cattolica" è un tradimento di se stessa. La lessi tutta; la conosco bene e quindi posso misurare lo scadimento.

DOMANDA: Per tornare al "terremoto" nella Chiesa (Paolo VI parlò di "sconvolgimento"), al di là delle sanzioni disciplinari, quale può essere la via della rinascita?

RISPOSTA: Ci vuole un grande movimento di pensiero. Bisogna che sorgano uomini come Duns Scoto, Bonaventura, Tommaso. Ma son cose che non si possono determinare per decreto.

DOMANDA: Professore, un grande movimento di pensiero, o di santità?

RISPOSTA: Stiamo parlando di dottrina, e credo sia necessario un movimento di pensiero. Ma è vero che nei decenni in cui fu maggiore la corruzione della Curia romana, ci fu una grande fioritura di santi. Tra la fine del '400 e gli inizi del '500 Roma era certamente corrotta. Un epigramma latino descrive la situazione: «Sancte qui vivere cupitis, discedite Roma, ***** omnia liceant non licet esse bonum» 5.Ma quello è un periodo di grandi santi. E forse sono loro che hanno meritato la grande Riforma avvenuta con il Tridentino.

DOMANDA: Lei è stato allievo di padre Gemelli. Che ricordo ne ha?

RISPOSTA: Padre Gemelli... Sono stato alunno della Cattolica dal '23 al '27 e lo conobbi benissimo. Fu lui a celebrare a Lugano la Messa per il mio matrimonio. Era un uomo molto pragmatico, che in qualche modo si convertì alla pietà soltanto dopo l'incidente che quasi gli costò la vita (e lo immobilizzò su una carrozzella, ndr). Lui stesso mi disse che in clinica, costretto sul lettuccio, fece molti pensieri spirituali che mai aveva fatto prima. In effetti, m'era capitato di servirgli Messa in San Pietro: non fu una Messa edificante, la diceva alla svelta. Dopo la laurea mi trovavo a Monaco di Baviera per studiare in quell'Università. Gemelli mi venne a trovare. Era in cammino verso Konnesreuth, dove stava la famosa stigmatizzata Teresa Neumann. Mi disse di prepararmi per la carriera universitaria, la quale io non feci per la ragione che per far la libera docenza bisognava essere tesserati. Senza mai assumere atteggiamenti tracotanti, non mi volli tesserare fascista. Quantunque il pragmatico padre Gemelli insistesse. E così mi ritrovai a Roma a quest'esame all'età di 46 anni, nel 1951.

DOMANDA: Che cosa pensa di monsignor Lefebvre?

RISPOSTA: Condivido i suoi giudizii. Come vescovo non lo giudico. Quando la mia salute lo permetteva frequentavo la Messa in rito antico. Monsignor Lefebvre è stato seduto in questo salotto. Eppure credo che la rinascita dev'essere anzitutto dottrinale, il risanamento deve venire da lì. Lo dico non per ragioni filosofiche, ma teologiche. A differenza del cattolicesimo, l'ortodossia [degli Orientali, nda] fa discendere l'Amore solo dal Padre; ma per i cattolici l'Amore discende dal Padre e dal Figlio. Ed "in principio era il Verbo", non l'azione, come dice il Faust di Goethe. Da cui: l'esperienza viene dopo la dottrina.

DOMANDA: Eppure anche i più piccoli possono incontrare il Cristo, e seguendolo conseguire, piccoli come sono, la pienezza della sapienza cattolica.

RISPOSTA: Certo, ma occorre una rinascita dottrinale, il miracolo di un nuovo Duns Scoto o Tommaso. Intanto più il tempo passa più mi accorgo di non aver scritto tutto in Iota unum: non ho scritto nulla della ruina del sacramento della penitenza.

DOMANDA: Ma ci racconti com'è nato questo libro.

RISPOSTA: Chi mi protesse fin dagli inizi fu Raffaele Mattioli: egli pubblicò i miei lavori su Campanella. Sì, proprio lui, che tutti descrivono come un gran massone. Al punto che il filosofo Guzzo, collega ed amico, mi prese in giro quando, per volere di Mattioli, i volumi che donai a Paolo VI furono rilegati in verde. "Il colore dei massoni", mi sgridò Guzzo. Non so. Ma Mattioli mi difese e protesse sempre. Aveva un'inclinazione di benevolenza per me. Furono i Mattioli (il figlio in specie) ad indurmi poi a concepire e a portare a termine il mio lavoro. Sono di ingegno tardigrado, faticoso. Scrivevo una pagina al giorno. Ora non scrivo più [invece avrà modo di pubblicare ancora tutti gli Zibaldoni e il postumo Stat veritas, n.d.a.]. I miei antichi allievi (ho insegnato quarantadue anni al liceo) mi vengono a trovare, mi leggono Manzoni. L'ho studiato una vita. Siamo ora a una pagina del Fermo e Lucia. Sono lieto che molti di loro siano rimasti fedeli. Non mi attribuisco meriti. Amo molto conversare con loro, e abbandonarmi nella preghiera e nel flusso dei pensieri sulla mia vita.


Note
5. Lasciate Roma, voi che volete vivere santamente; perché dove tutto è lecito, non è lecito essere buono.



Fonte: Radaelli, E. M., Romano Amerio. Della verità e dell’amore, Cap. XVI Le interviste, Marco Ed., Cosenza, 2005, pp. 250-261.
Link:
http://www.lozuavopontificio.net/art...dottrina/pag2
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