I DOMENICA DI AVVENTO

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00sabato 14 novembre 2009 16:39
chiesadimilano
 
Letture Rito Ambrosiano
 
Is 13,4-11; Sal 67; Ef 5,1-11a; Lc 21,5-28
 
 
 
 Tempo di Avvento - I Domenica

Lettura
Lettura del profeta Isaia 13, 4-11

In quei giorni. Isaia disse: «Frastuono di folla sui monti, simile a quello di un popolo immenso. Frastuono fragoroso di regni, di nazioni radunate. Il Signore degli eserciti passa in rassegna un esercito di guerra. Vengono da una terra lontana, dall’estremo orizzonte, il Signore e le armi della sua collera, per devastare tutta la terra. Urlate, perché è vicino il giorno del Signore; esso viene come una devastazione da parte dell’Onnipotente. Perciò tutte le mani sono fiacche, ogni cuore d’uomo viene meno. Sono costernati. Spasimi e dolori li prendono, si contorcono come una partoriente. Ognuno osserva sgomento il suo vicino: i loro volti sono volti di fiamma. Ecco, il giorno del Signore arriva implacabile, con sdegno, ira e furore, per fare della terra un deserto, per sterminarne i peccatori. Poiché le stelle del cielo e le loro costellazioni non daranno più la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non diffonderà la sua luce. Io punirò nel mondo la malvagità e negli empi la loro iniquità. Farò cessare la superbia dei protervi e umilierò l’orgoglio dei tiranni».

Salmo
Sal 67

® Sorgi, o Dio, e vieni a salvare il tuo popolo.
Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici
e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.
Come si dissolve il fumo, tu li dissolvi;
come si scioglie la cera di fronte al fuoco,
periscono i malvagi davanti a Dio. ®

I giusti invece si rallegrano,
esultano davanti a Dio e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome,
appianate la strada a colui che cavalca le nubi:
Signore è il suo nome, esultate davanti a lui. ®

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Solo i ribelli dimorano in arida terra. ®

Epistola
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 1-11a

Fratelli, fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto.

Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Luca 21, 5-28

In quel tempo. Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, il Signore Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
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00sabato 14 novembre 2009 17:06
 

15 novembre 2009 – I Domenica di Avvento

a cura di Don Raffaello Ciccone

 

Lettura dal profeta Isaia 13, 4-11

"Punirò il male sulla terra" (versetto 11). Questo testo, che è all'inizio di alcuni capitoli delle

profezie di Isaia, contiene "gli annunci profetici contro le nazioni straniere" e celebra,

annunciandola, la sconfitta e quindi la caduta di Babilonia in una cornice di giudizio universale,

mentre le parole impegnano fortemente la fede del popolo d'Israele ad avere fiducia nel Signore.

Babilonia rappresenta il simbolo della potenza mondiale che si pone contro il Dio d'Israele. Essa è

una realtà disumana, ma, per questo, è giunta al termine della sua potenza manifesta – dice il

profeta - e, finalmente, il "giorno del Signore" è entrato prepotentemente nella storia del mondo,

per liberare il suo popolo e salvarlo.

I primi versetti descrivono gli antefatti della battaglia che Dio ingaggia e, quindi, i preparativi. Vi

si descrivono, immaginandoli, l'angoscia e il terrore delle vittime, prima ancora che l'esercito del

Signore si sia messo in marcia (vv.6-8). Nei racconti di guerra si usava spesso "l'invito al

lamento". Rappresenta una forma di consapevolezza che finalmente rivela il riconoscimento della

potenza di Dio sulla terra.

Inizia così come una narrazione del manifestarsi del Signore e le conseguenze catastrofiche che

egli porta (vv. 9-16).

I "consacrati" (v. 3) indicano i soldati delle tribù di Israele che combattono la battaglia di Jhwh.

Essi, prima di partecipare alla guerra, si sottoponevano a determinati riti e dovevano osservare

norme specifiche, compreso l’astinenza sessuale (Deuteronomio 23,10-15). Il Signore, con il suo

popolo purificato, combatte per liberare il mondo dalla tirannia e dall'oppressione.

Nella rilettura dell'avvenimento si ricorre ad una dimensione cosmica, che coinvolge le stelle, il

sole e la luna, per descrivere, attraverso immagini catastrofiche, la rovina che realmente cade su

questa città, orgogliosa della sua potenza e tiranna sui popoli deportati. Dio veglia, lotta contro il

male, fa "cessare la superbia dei protervi e umilia l’orgoglio dei tiranni".

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 5, 1-11a

Paolo, dal capitolo 4, sviluppa per la comunità di Efeso una particolare e circostanziata riflessione

sulla vita cristiana, avendo come elemento fondamentale di orientamento "un solo Signore, una

sola fede, un solo battesimo… un solo Dio e padre di tutti" (vv5-6), e quindi l'unità del corpo di

Cristo (vv.1-16). Viene quindi logico il confronto tra il comportamento precedente alla

conversione dei cristiani di Efeso e la nuova vita secondo Gesù (vv.17-32).

A questo punto (ed è il testo che stiamo leggendo ora) Paolo esorta ad uno stile di vita cristiana e

l'orizzonte si apre oltre i confini della comunità. Dona indicazioni sull’agire individuale,

sottolineando particolarmente l'aspetto della corporeità ("fornicazione, impurità, cupidigia") e

ricorda che la carità si realizza in un comportamento che rifiuta ogni malvagità e che non si lascia

ingannare.

Il modello fondamentale è Dio stesso. Perciò i credenti sono invitati ad imitare Dio perché vivano

nell'amore. L'imitazione, infatti, raggiunge il suo scopo quando il comportamento si misura sullo

stile di colui che imitiamo. E la concretezza di questa vita nuova accetta di misurarsi sull'esempio

di Cristo che, con la sua esistenza, offre tutti gli orizzonti di un amore pieno: "Ci ha amato e ha

offerto se stesso per noi” (5, 1-2). E per il sacrificio della vita di Gesù, come immagine, la

nostalgia di Paolo richiama un testo prezioso dell'Esodo che parla di "sacrificio di soave odore”,

gradito a Dio (29,18). Solo che ora non si tratta di animali uccisi, ma dell'offerta della vita propria,

fatta da Gesù con amore.

Paolo raccomanda che i fatti elencati come vizi e male non siano neppure nominati e, quindi, non

vengano neppure essere presi in considerazione perché semplicemente si rifugge da essi. Piuttosto

ci devono essere parole di ringraziamento, di fraternità e di rispetto.

Passando poi dai vizi alle persone (v 5): "Nessun fornicatore, depravato o avaro (l’avaro equivale

all’idolatra)" non possono far parte della comunità cristiana.

Paolo, così, incoraggia a vivere la scelta di Gesù in contrapposizione alle tenebre: "Eravate

tenebre, ora siete luce del Signore". “Siete luce”, dice, e non solo "siete nella luce". Perciò, per

logica conseguenza, "camminate come figli della luce".

Generati dalla luce, immagine di Dio luce, figli di Dio e figli della luce, noi viviamo il tempo

dell'incontro, della familiarità intima di Dio. Il frutto della luce è, allora, ogni cosa buona, giusta,

vera. "Cercate ciò che è gradito a Dio", impegnati a cercare, a realizzare, a prendere e a rifiutare.

Con la luce cresce il frutto (v.9) e con le tenebre sorgono le opere infruttuose (v.11).

La luce richiama la trasparenza e la visibilità, le tenebre richiamano vergogna e fatti innominabili,

avvenuti nel segreto, probabilmente conosciuti dai destinatari di questa pagina di cui, però, si

vuole mantenere il segreto.

Tutto il testo porta il richiamo del battesimo (v.14) ed è pasquale il riferimento alla luce, al

comportamento nella luce e ai frutti della luce. La luce di Cristo è filtrata nel nostro tessuto

quotidiano. Non si tratta tanto di comportarsi secondo valori, comandi, etiche particolari, ma

secondo lo stile del Signore Gesù, nel confronto con Lui nel cui legame, la grazia, la garanzia e la

speranza ci sono state offerte nel Battesimo.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca 21, 5-28

Luca racconta la profezia di Gesù sulla distruzione del tempio (vv 5-7) e i discepoli vorrebbero

sapere quando questi fatti avverranno (v 7). Si trovano nel tempio di Gerusalemme, ristrutturato e

abbellito da Erode il Grande, che iniziò poderosi lavori nel 19 a.C. Possono già vedere lo

splendore e la magnificenza di una ricostruzione che sarebbe stata completata attorno all'anno 66

d.C. e, circa 4 anni dopo, distrutta dai Romani, dopo una terribile strage, nell'anno 70 d.C. La

domanda, ovviamente, non è solo curiosità. Molti ascoltavano in quel momento, e Gesù non

parlava certo nel nascondimento mentre diceva a voce alta un destino drammatico della realtà più

preziosa della religiosità ebraica. Parlando in modo così aperto e drammatico del tempio, si mette

sulla scia di altri profeti (Michea 3, 12, Geremia 7, 1-15; 26,1-19; Ezechiele 8-11) che lo avevano

preceduto e che avevano drammaticamente parlato della distruzione di Gerusalemme e del tempio,

per l'infedeltà di Israele all'alleanza.

Ma qui si inseriscono piani diversi. Dalla distruzione del tempio si passa alla fine del mondo.

E su quest’ultima rilettura Luca sa che l'interrogativo coinvolge non solo i discepoli, ma anche le

prime comunità cristiane e i credenti che sarebbero venuti nel tempo. Luca distingue i tempi (vv 8-

9), pone una serie di segni premonitori (vv 10-11): "Non sarà subito la fine". Prima di tutto alcuni

falsi profeti fanno circolare dei messaggi apocalittici per giocare sull'angoscia delle persone e

attrarli a sé.

Risuona ripetutamente il termine "prima": "Devono accadere prima queste cose, ma non sarà la

fine" (v 9); "prima di tutto questo, metteranno le mani su voi" (v 12). I credenti devono convivere

con questi fenomeni dolorosi e devono vederli non come segni d’imminente fine, ma come

situazioni storiche che accompagnano la Chiesa.

Anche la persecuzione (vv 12-19) va considerata come avvenimento più o meno normale; anzi vi

si deve vedere un'occasione per rendere testimonianza (v 13). Affiora qui "l'ottimismo di Luca”.

La persecuzione diventa situazione missionaria, spunto di novità e annuncio della fede: carcere di

Pietro, martirio di Stefano. Il Signore renderà efficaci le parole (vv 14), non permetterà

l'annientamento della comunità; solo alcuni saranno messi a morte (v 16), mentre la maggior parte

ne uscirà incolume (v 18). Il credente deve armarsi di perseveranza (v 19) che è pazienza attiva,

sopportazione delle prove, resistenza di fronte allo scoraggiamento e alla rinuncia.

In tutto il testo viene garantita la protezione del Signore, non tanto allo scopo di allontanare le

prove quanto per assicurare la fedeltà e la salvezza.

Il racconto della distruzione di Gerusalemme è il secondo elemento che caratterizza la storia, dopo

l'attentato alla fedeltà dei discepoli e la persecuzione. Le immagini descrivono la conclusione della

storia, anche se qui commentano il crollo della città santa e, tuttavia, inducono a spostare lo

sguardo più avanti. Si parla anche di misteriosi "tempi dei pagani” che debbono compiersi. Si

intravvedono così tre tappe della storia della salvezza: l'antico patto che conduce a Gesù, la nuova

alleanza e la conclusione della storia. Siamo nel tempo della testimonianza, dei martiri e della

Chiesa, iniziata con gli Atti degli Apostoli. Si può anche intravvedere l'accenno ad una salvezza di

Israele, per arrivare così, tutti, all'adorazione dell'unico Dio (Rom 11,25).

Le catastrofi possono precedere, ma non saranno la fine. E ai cristiani viene svelata la gloria di

Gesù perché non siano travolti dalla paura e, quindi, dalla morte. Ci viene infatti offerta la

garanzia di una salvezza del mondo, almeno in senso globale: incontreremo la risurrezione di Gesù

e la restaurazione di tutto il creato nella sua bellezza, come luogo per un popolo di salvati: "nuovi

cieli e nuova terra" (Ap 21,1). Il futuro e la fine sono essenzialmente un incontro e una definitiva

capacità di rapporti nuovi con il Signore. "Quando cominceranno ad accadere queste cose,

risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (v.28).

In conclusione:

1. Il Signore viene per salvare (I lettura).

2. Il popolo del Signore vive la salvezza, ogni giorno, concretamente, nella vita

quotidiana, come luce per sé e per gli altri (II lettura).

3. La storia è il tempo dell’attesa e della fedeltà dei discepoli che rendono testimonianza

del Signore e quindi del tempo nuovo che il Signore ci darà in dono (Vangelo).

 

Da Caritas in veritate n. 6b (Benedetto XVI 29 giugno 2009) Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità. “La giustizia

anzitutto. Ubi societas, ibi ius: ogni società elabora un proprio sistema di giustizia. La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio”

all'altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all'altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso

« donare » all'altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia. Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro.

Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è « inseparabile dalla carità » intrinseca ad essa”.

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