I raggi ultravioletti gettano nuova luce sulle opere di Giotto nelle cappelle Bardi e Peruzzi in Santa Croce a Firenze

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S_Daniele
00mercoledì 10 marzo 2010 19:30
I raggi ultravioletti gettano nuova luce sulle opere di Giotto nelle cappelle Bardi e Peruzzi in Santa Croce a Firenze

Quello che gli occhi non vedono


 A distanza di secoli tornano visibili volumi, decori e disegni che costituiscono buona parte dell'opera giottesca nella Cappella Peruzzi della Basilica di Santa Croce. Dalla collaborazione fra l'Opera di santa Croce, l'Opificio delle pietre dure e la Getty Foundation di Los Angeles è inoltre scaturita una straordinaria scoperta riguardante le pitture murali di Giotto nella cappella adiacente l'altare maggiore.
La campagna diagnostica cui è stata sottoposta la Cappella Peruzzi ha ottenuto sorprendenti risultati che, secondo alcuni esperti, potrebbero cambiare il corso degli studi su Giotto. Là dove l'occhio umano nulla o quasi può vedere, le lampade a raggi ultravioletti hanno svelato composizioni riguardanti le storie di san Giovanni Battista (parete di sinistra) e di san Giovanni Evangelista (parete di destra), basati su una composizione che esalta la monumentalità delle architetture, i preziosi scenari e la gravità delle figure, caratterizzate da solida semplicità e classicità dei gesti. La straordinaria costruzione dei volumi, i ricchi panneggi e i decori sontuosi delle vesti, preziosi particolari delle architetture, oggetti cerimoniali e decorativi, volti che tornano leggibili, posture segnate da sorprendente naturalismo, sono le meraviglie dell'arte giottesca apparse alla luce degli ultravioletti a ricercatori e restauratori.
Giotto nella Cappella Peruzzi dipinge a secco ed è proprio per questo che oggi è possibile ammirare ciò che non è più visibile sulla superficie pittorica. I raggi ultravioletti catturando la materia organica - i leganti con cui si componevano i colori:  tempera a uovo, caseina o olio - ricompongono nello spazio immateriale della luce molti e sorprendenti particolari pittorici e compositivi.
È stato spesso detto che Giotto dipingesse nella Peruzzi a secco perché essendo impegnato in altri cantieri, probabilmente anche fuori Firenze, poteva così diluire il tempo necessario alla realizzazione del ciclo pittorico. Contrariamente a questa più consueta interpretazione, si può invece ipotizzare che la sua sia stata una vera e propria scelta artistica volta a ottenere effetti simili a quelli della pittura su tavola. Giotto vuole riprodurre le luminescenze della seta, differenziare il brillare degli ori da quello degli argenti, creare effetti in alcuni inusitati paesaggi aperti. Questo accanto al progredire delle sue caratteristiche istanze volumetriche e chiaroscurali, ancor più evidenti e studiate rispetto a quelle della Cappella degli Scrovegni a Padova. Attraverso il chiaroscuro, che torna evidente grazie alle indagini agli ultravioletti, si riscoprono volumi importanti e imponenti che conferiscono alle figure una presenza realistica e una presa di possesso dello spazio quasi tridimensionale.
La pittura a secco è per il maestro, presumibilmente in questo caso, ricerca e sperimentazione:  i volumi, la luce, il naturalismo che egli intendeva ricreare nella pittura murale sono impossibili nell'affresco, poiché il colore viene inglobato nell'intonaco dal processo di carbonatazione.
Patrimonio fondamentale per gli studi e per la maggiore comprensione dell'arte di Giotto, l'attuale campagna di indagini potrebbe portare addirittura a una revisione delle cronologie nell'opera complessiva del maestro e potrà essere fruibile agli studiosi e al pubblico mondiale soltanto dopo una esaustiva campagna fotografica e video messa a disposizione in forma virtuale. (marcello filotei)


(©L'Osservatore Romano - 11 marzo 2010)
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