III Domenica di Avvento

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enricorns
00sabato 28 novembre 2009 21:46
Letture Rito Ambrosiano
 
Is 45,1-8; Sal 125; Rm 9,1-5; Lc 7,18-28
 
 
 
DOMENICA III DI AVVENTO - "Le profezie adempiute"

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 45, 1-8


Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: / «Io l’ho preso per la destra, / per abbattere davanti a lui le nazioni, / per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, / per aprire davanti a lui i battenti delle porte / e nessun portone rimarrà chiuso. / Io marcerò davanti a te; / spianerò le asperità del terreno, / spezzerò le porte di bronzo, / romperò le spranghe di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti / e ricchezze ben celate, / perché tu sappia che io sono il Signore, / Dio d’Israele, che ti chiamo per nome. / Per amore di Giacobbe, mio servo, / e d’Israele, mio eletto, / io ti ho chiamato per nome, / ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, / fuori di me non c’è dio; / ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, / perché sappiano dall’oriente e dall’occidente / che non c’è nulla fuori di me. / Io sono il Signore, non ce n’è altri. Io formo la luce e creo le tenebre, / faccio il bene e provoco la sciagura; / io, il Signore, compio tutto questo. / Stillate, cieli, dall’alto / e le nubi facciano piovere la giustizia; / si apra la terra e produca la salvezza / e germogli insieme la giustizia. / Io, il Signore, ho creato tutto questo».

SALMO
Sal 125 (126)

® Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. ®

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. ®

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. ®

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 9, 1-5

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

VANGELO
 Lettura del Vangelo secondo Luca 7, 18-28


In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».
enricorns
00sabato 28 novembre 2009 21:52
Commento al Vangelo del 29 novembre
Gesù di Nazareth è davvero l'atteso?
III Domenica di Avvento
27.11.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Gettato nel buio di una prigione da Erode che non ne tollerava la parola intransigente, Giovanni il Battista è attraversato da un dubbio terribile: Gesù di Nazareth è davvero l’atteso, colui al quale deve preparare la strada, oppure dobbiamo aspettarne un altro? Il dubbio è legittimo. Giovanni nella sua infuocata predicazione annunciava imminente il giudizio di Dio che come scure avrebbe abbattuto i prepotenti e i superbi, come un fuoco purificatore avrebbe distrutto tutto quanto non è buon grano. E invece niente di tutto questo: Gesù non sembra corrispondere all'attesa del Battista. Sulle sua labbra non vi sono parole di tremenda condanna ma appelli accorati alla conversione. Gesù non sembra essere l'inviato di un Dio giustiziere bensì, come abbiamo letto domenica, è evangelo, Gesù è la buona e consolante notizia di una speranza offerta a tutti. Di qui lo sconcerto di Giovanni, quasi una crisi di fede. Forse anche noi non siamo distanti dal sentire di Giovanni quando vorremmo che un fuoco dal cielo incenerisse coloro che operano il male. Mentre Giovanni, apostrofando i suoi contemporanei come “razza di vipere” invoca la vendetta di Dio, Gesù annuncia a tutti che la strada del perdono e della misericordia è irrevocabilmente aperta. Alla domanda di Giovanni: «Sei tu colui che deve venire?». Gesù non risponde direttamente. Risponde invitando a leggere alcuni segni, segni di guarigione, di vita, di speranza.

La Chiesa, testimone di speranza

Ritroviamo qui uno stile tipico della Rivelazione cristiana. Essa non si dà immediatamente, faccia a faccia, ma attraverso segni, indizi che domandano una decifrazione. Dio si comunica a noi attraverso situazioni, fatti, eventi umani. Dobbiamo leggere la sua presenza attraverso la trama, lo spessore della nostra esistenza quotidiana. In particolare si rivela a noi attraverso eventi di liberazione, di riscatto umano, di guarigione. Davvero «la gloria di Dio è l'uomo vivente». E quindi laddove si realizza un processo di promozione umana, di solidarietà, di liberazione lì possiamo cogliere un segno, un indizio del regno. Ricordiamo il beato papa Giovanni XXIII che nella Pacem in terris ci ha insegnato a leggere i segni dei tempi, cioè significativi dinamismi storici che rappresentano un cammino di autentica promozione umana e un inizio di costruzione del Regno. La chiesa è testimone di una speranza il cui oggetto supera del tutto il progetto degli uomini sul piano della storia. L'oggetto della speranza cristiana è Dio tutto in tutti, la comunione degli uomini con Dio. Eppure questa speranza trascendente non è estranea all'immensa attesa degli uomini che soffrono e lottano lungo i sentieri della storia.

Questo sarà per voi il segno...

Il nostro compito, come credenti, è quello d'essere i testimoni dell'attesa del regno di Dio e questo in un tempo nel quale gli uomini si comportano come se non vi fosse altra salvezza da attendere se non quella che essi possono procurare con le loro mani. Ma la nostra operosa attesa del regno non ci rende affatto estranei alle legittime attese degli uomini. Come ha scritto il Concilio: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Il credente non può opporre l'attesa di Dio e del suo Regno e le attese degli uomini per la costruzione di una convivenza più umana e più giusta. Ogni passo avanti nella direzione dell'umanizzazione e della piena liberazione realizza, anche se gli uomini non lo sanno, il disegno stesso di Dio. E i credenti possono, anzi devono prendervi parte. Ma mentre collaborano con tutti gli uomini al compito di liberazione umana dalle molteplici forme di servitù, oppressione, alienazione i cristiani non devono smettere di annunciare l’evangelo: la suprema liberazione dell'uomo ci è data in Cristo, nella sua dedizione incondizionata. Nell'evangelo odierno Gesù dice: Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo, ovvero: beato chi non si arresta perplesso, incredulo di fronte al segno povero, inerme della mia umanità.
Ci avviamo al Natale: anche in quella notte ci sarà dato un segno: «Questo sarà per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia». Sapremo riconoscere in quel povero e disadorno segno la presenza di un Dio che ha tanto amato il mondo fino a dare il suo Figlio?
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