Commento al Vangelo del 24 gennaio
Il pane per la fame della moltitudine
III domenica dopo l'Epifania
22.01.2010di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, MilanoIl racconto della moltiplicazione dei pani non è solo cronaca di un miracolo ma anche segno che allude a quel pane, a quel nutrimento che è il corpo stesso del Signore. Non a caso anche il capitolo 6 di Giovanni, il 'discorso del pane di vita' è introdotto dal racconto della moltiplicazione dei pani. Tale racconto è riportato nei vangeli in sei diverse redazioni: segno della sua importanza nella vita delle comunità cristiane primitive.
Matteo colloca anche questa seconda moltiplicazione dei pani nella cornice di una folla che si raccoglie attorno a Gesù, una folla che Gesù accoglie, chinandosi sui malati che attendono da lui guarigione. Al centro vi è quindi l'iniziativa misericordiosa di Cristo per la moltitudine. Questa accoglienza da parte di Gesù è ulteriormente sottolineata con l'appello ai discepoli perché si facciano carico della fame della folla e con l'utilizzo, anzi la mirabile moltiplicazione dei sette pani e dei pochi pesciolini messi a disposizione dai discepoli. In una situazione analoga riportata dall’evangelista Giovanni, uno dei discepoli, Andrea, ha una osservazione del tutto ovvia e di buon senso: “Che cosa è questo per tanta gente?”. Il confronto tra l'esiguità dei mezzi umani a disposizione e la gran folla affamata sottolinea sì la povertà dei nostri mezzi ma insieme la loro utilità: Gesù vuole servirsene per manifestare la potenza del suo amore. I doni di Dio non calano dall’alto: suscitano la libera cooperazione dell’uomo. I mezzi umani non bastano a saziare la fame della moltitudine eppure tali mezzi non sono irrilevanti. Ritroviamo qui la logica dell'Incarnazione: l’agire misericordioso di Gesù valorizza le nostre risorse umane facendo dei 'frutti della terra e del lavoro dell'uomo' il nutrimento per la vita eterna. Pochi pani affidati alle mani del Signore divengono nutrimento per la moltitudine.
Due gesti significativi
Tra il gesto del metter a disposizione pochi pani e la distribuzione alla folla ci sono gesti e parole che rimandano all'Ultima Cena, all'Eucaristia: nella moltiplicazione dei pani la comunità cristiana ha letto un segno trasparente dell'Eucaristia. Ma non sottovalutiamo il 'realismo' di questa pagina. Secondi i vangeli in due situazioni Gesù ha preso nelle sue mani il pane: per nutrire la moltitudine e per donare ai suoi discepoli, l'ultima sera della sua vita con noi, se stesso, il suo corpo come nutrimento. Due gesti che manifestano la medesima sollecitudine per l'uomo tutt'intero, nella sua dimensione di interiorità e nella sua dimensione corporea, materiale, perché l'uomo sia nutrito nella sua esistenza d'ogni giorno e perché cammini nella fede verso la vita che non conosce tramonto. Sull'altare è il pane, pane che manca a immense moltitudini. Non dimentichiamo che i sette paesi più sviluppati del mondo, con il 10 per cento della popolazione mondiale, producono, controllano e consumano da soli più delle restanti 180 nazioni della terra messe assieme.
La centralità dell’Eucaristia
La prima verità da ricordare di fronte al pane posto sull'altare - frutto del lavoro dell'uomo - è che Gesù ha sfamato la fame delle folle. Prendendo il pane e dividendolo per farne il sacramento della sua vita donata per noi, Gesù ci impedisce di distogliere il nostro sguardo dalla fame e dal bisogno dei nostri fratelli. Riconoscere la centralità dell'Eucaristia non vuol dire sottrarsi - spiritualisticamente - alle nostre responsabilità storiche. Accogliere l'Eucaristia come il vero pane non può voler dire dimenticare la fame, il bisogno, la miseria che segna gran parte dell'umanità. Un antico testo cristiano esprime l'inseparabile unità del pane quotidiano e del pane eucaristico: "Se condividiamo il pane spirituale come non condivideremo il pane materiale?". Il discepolo che si nutre di Gesù non potrà sottrarsi alla logica di condivisione fraterna che l'eucaristia esprime ed esige. Quante volte lamentiamo la distanza tra i gesti che compiamo nella chiesa, attorno all'altare e la nostra vita quotidiana. Proprio questa premura di Gesù perché la folla sia nutrita e tutti abbiano pane in abbondanza può stimolarci a vivere ogni nostra eucaristia domenicale non come rito evasivo e disincarnato ma come partecipazione alla sollecitudine di Cristo per la fame della moltitudine.