III Domenica dopo l'Epifania

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enricorns
00sabato 23 gennaio 2010 18:12
Letture Rito Ambrosiano
 
Nm 13,1-2.17-27; Sal 104; 2Cor 9,7-14; Mt 15,32-38
 
 
 
 18-25 gennaio: Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

III Domenica dopo l'Epifania - Messa nel giorno

LETTURA
Lettura del libro dei Numeri 13, 1-2. 17-27

In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Manda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro». Mosè dunque li mandò a esplorare la terra di Canaan e disse loro: «Salite attraverso il Negheb; poi salirete alla regione montana e osserverete che terra sia, che popolo l’abiti, se forte o debole, se scarso o numeroso; come sia la regione che esso abita, se buona o cattiva, e come siano le città dove abita, se siano accampamenti o luoghi fortificati; come sia il terreno, se grasso o magro, se vi siano alberi o no. Siate coraggiosi e prendete dei frutti del luogo». Erano i giorni delle primizie dell’uva. Salirono dunque ed esplorarono la terra dal deserto di Sin fino a Recob, all’ingresso di Camat. Salirono attraverso il Negheb e arrivarono fino a Ebron, dove erano Achimàn, Sesài e Talmài, discendenti di Anak. Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis d’Egitto. Giunsero fino alla valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grappolo d’uva che gli Israeliti vi avevano tagliato. Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplorazione della terra e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel deserto di Paran, verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutti della terra. Raccontarono: «Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti».

SALMO
Sal 104

® Il Signore ricorda sempre la sua parola santa.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore. ®

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. ®

L’ha stabilita per Giacobbe come decreto,
per Israele come alleanza eterna,
quando disse: «Ti darò il paese di Canaan
come parte della vostra eredità». ®

Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
Ha dato loro le terre delle nazioni
e hanno ereditato il frutto della fatica dei popoli,
perché osservassero i suoi decreti
e custodissero le sue leggi. ®

EPISTOLA
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 9, 7-14

Fratelli, ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti: / «Ha largheggiato, ha dato ai poveri, / la sua giustizia dura in eterno». Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia. Così sarete ricchi per ogni generosità, la quale farà salire a Dio l’inno di ringraziamento per mezzo nostro. Perché l’adempimento di questo servizio sacro non provvede solo alle necessità dei santi, ma deve anche suscitare molti ringraziamenti a Dio. A causa della bella prova di questo servizio essi ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del vangelo di Cristo, e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti. Pregando per voi manifesteranno il loro affetto a causa della straordinaria grazia di Dio effusa sopra di voi.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 15, 32-38

In quel tempo. Il Signore Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini.
enricorns
00sabato 23 gennaio 2010 18:38
Commento al Vangelo del 24 gennaio
Il pane per la fame della moltitudine

III domenica dopo l'Epifania

22.01.2010
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Il racconto della moltiplicazione dei pani non è solo cronaca di un miracolo ma anche segno che allude a quel pane, a quel nutrimento che è il corpo stesso del Signore. Non a caso anche il capitolo 6 di Giovanni, il 'discorso del pane di vita' è introdotto dal racconto della moltiplicazione dei pani. Tale racconto è riportato nei vangeli in sei diverse redazioni: segno della sua importanza nella vita delle comunità cristiane primitive.
Matteo colloca anche questa seconda moltiplicazione dei pani nella cornice di una folla che si raccoglie attorno a Gesù, una folla che Gesù accoglie, chinandosi sui malati che attendono da lui guarigione. Al centro vi è quindi l'iniziativa misericordiosa di Cristo per la moltitudine. Questa accoglienza da parte di Gesù è ulteriormente sottolineata con l'appello ai discepoli perché si facciano carico della fame della folla e con l'utilizzo, anzi la mirabile moltiplicazione dei sette pani e dei pochi pesciolini messi a disposizione dai discepoli. In una situazione analoga riportata dall’evangelista Giovanni, uno dei discepoli, Andrea, ha una osservazione del tutto ovvia e di buon senso: “Che cosa è questo per tanta gente?”. Il confronto tra l'esiguità dei mezzi umani a disposizione e la gran folla affamata sottolinea sì la povertà dei nostri mezzi ma insieme la loro utilità: Gesù vuole servirsene per manifestare la potenza del suo amore. I doni di Dio non calano dall’alto: suscitano la libera cooperazione dell’uomo. I mezzi umani non bastano a saziare la fame della moltitudine eppure tali mezzi non sono irrilevanti. Ritroviamo qui la logica dell'Incarnazione: l’agire misericordioso di Gesù valorizza le nostre risorse umane facendo dei 'frutti della terra e del lavoro dell'uomo' il nutrimento per la vita eterna. Pochi pani affidati alle mani del Signore divengono nutrimento per la moltitudine.

Due gesti significativi

Tra il gesto del metter a disposizione pochi pani e la distribuzione alla folla ci sono gesti e parole che rimandano all'Ultima Cena, all'Eucaristia: nella moltiplicazione dei pani la comunità cristiana ha letto un segno trasparente dell'Eucaristia. Ma non sottovalutiamo il 'realismo' di questa pagina. Secondi i vangeli in due situazioni Gesù ha preso nelle sue mani il pane: per nutrire la moltitudine e per donare ai suoi discepoli, l'ultima sera della sua vita con noi, se stesso, il suo corpo come nutrimento. Due gesti che manifestano la medesima sollecitudine per l'uomo tutt'intero, nella sua dimensione di interiorità e nella sua dimensione corporea, materiale, perché l'uomo sia nutrito nella sua esistenza d'ogni giorno e perché cammini nella fede verso la vita che non conosce tramonto. Sull'altare è il pane, pane che manca a immense moltitudini. Non dimentichiamo che i sette paesi più sviluppati del mondo, con il 10 per cento della popolazione mondiale, producono, controllano e consumano da soli più delle restanti 180 nazioni della terra messe assieme.

La centralità dell’Eucaristia

La prima verità da ricordare di fronte al pane posto sull'altare - frutto del lavoro dell'uomo - è che Gesù ha sfamato la fame delle folle. Prendendo il pane e dividendolo per farne il sacramento della sua vita donata per noi, Gesù ci impedisce di distogliere il nostro sguardo dalla fame e dal bisogno dei nostri fratelli. Riconoscere la centralità dell'Eucaristia non vuol dire sottrarsi - spiritualisticamente - alle nostre responsabilità storiche. Accogliere l'Eucaristia come il vero pane non può voler dire dimenticare la fame, il bisogno, la miseria che segna gran parte dell'umanità. Un antico testo cristiano esprime l'inseparabile unità del pane quotidiano e del pane eucaristico: "Se condividiamo il pane spirituale come non condivideremo il pane materiale?". Il discepolo che si nutre di Gesù non potrà sottrarsi alla logica di condivisione fraterna che l'eucaristia esprime ed esige. Quante volte lamentiamo la distanza tra i gesti che compiamo nella chiesa, attorno all'altare e la nostra vita quotidiana. Proprio questa premura di Gesù perché la folla sia nutrita e tutti abbiano pane in abbondanza può stimolarci a vivere ogni nostra eucaristia domenicale non come rito evasivo e disincarnato ma come partecipazione alla sollecitudine di Cristo per la fame della moltitudine.
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