Igino Giordani un politico verso la santità

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Cattolico_Romano
00domenica 13 settembre 2009 06:52
Domenica 27 a Rocca di Papa la conclusione della fase diocesana del processo di beatificazione

Igino Giordani un politico verso la santità


Roma, 12. Può un politico vivere santamente? È l'interrogativo che si pose Igino Giordani quando, nel 1945, De Gasperi lo convinse - a seguito della sua lunga collaborazione con don Sturzo nel Partito popolare - a partecipare alle elezioni politiche per l'Assemblea costituente. Ora quella preoccupazione è ancora più vicina a dissolversi. Domenica 27 settembre si svolgerà a Rocca di Papa la conclusione della fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di una delle figure più rappresentative della cultura e della vita sociale e religiosa del Novecento italiano.

Padre di quattro figli, oltre che politico, Giordani fu scrittore, giornalista, studioso e cofondatore - insieme a Chiara Lubich - del movimento dei Focolari. Soprattutto, però, ha sempre vissuto intensamente l'anelito alla santità, che si era acceso in lui già a 22 anni, sul letto di un ospedale militare, reduce dalla Grande Guerra.



Politico lontano da ogni privilegio, nel dopoguerra esercitò il ruolo di "padre costituzionale" e parlamentare inteso - diceva - come "servizio sociale, carità in atto". Strenuo difensore della pace, considerò sempre la guerra "un'operazione contro il popolo, in spregio alla libertà, alla democrazia". In precedenza, per i suoi duri interventi contro il fascismo, aveva vissuto in confino civile e politico:  fu radiato dall'albo dei giornalisti e privato dell'insegnamento.

Europeista convinto, sin dall'inizio degli anni Venti aveva prospettato la nascita degli Stati Uniti d'Europa. "O L'Europa si unisce, o l'Europa perisce", scrisse negli anni Cinquanta, quando divenne membro del primo Consiglio dei popoli d'Europa.

Giordani fu anche direttore di autorevoli testate giornalistiche. Nel 1946 è alla guida de "Il Popolo", quotidiano della Democrazia cristiana, dal quale si dimette l'anno successivo per smarcarsi dai continui tentativi di condizionamento esterni. Qualche tempo dopo dirige anche "Il Quotidiano", giornale dell'Azione cattolica. E la sua minaccia di dimissioni produce la fine dei tentativi esterni di condizionamento. Giornalista e scrittore, lascia un patrimonio culturale di un centinaio di libri e di oltre 4.000 articoli a sfondo politico, culturale e religioso. Centinaia di questi sono scritti per "L'Osservatore Romano", con il quale collabora per quasi cinquant'anni, dal 1929 al 1977.

Intellettuale di punta del cattolicesimo italiano e studioso dei Padri della Chiesa, Giordani si fece voce di un cristianesimo che in qualche modo precorreva il concilio Vaticano ii, specialmente sui temi del laicato e dell'ecumenismo.

Il 1948, anno cruciale della vita politica italiana, segna anche una svolta nella vita di Igino Giordani. È l'anno dell'incontro con Chiara Lubich, che nel 1943 aveva dato vita ad un nuovo movimento nella Chiesa, i Focolari. Quella scoperta accende in lui una "rivoluzione dell'anima". Trova ciò che aveva a lungo cercato:  gli si spalancano i cancelli che sembravano aver separato "il mondo laicale dalla vita mistica". Il suo cammino da individuale si fa comunitario. E Giordani dà un contributo importante al dispiegarsi del carisma dell'unità dei Focolari nel campo ecumenico, della famiglia, della politica e dei diversi ambiti della società. Tanto da essere riconosciuto dalla stessa Lubich tra i "cofondatori" del movimento.

L'8 dicembre 2000 - vent'anni dopo la morte, avvenuta il 18 aprile 1980 - l'allora vescovo di Tivoli, Pietro Garlato, annunciava con una lettera a Chiara Lubich, la decisione d'avviare il processo di beatificazione di Igino Giordani, "perché la Chiesa tutta - era scritto - trovi in lui un modello, un testimone del Vangelo, laico fedele e modello di comunione".

La fase diocesana del processo è ora prossima a concludersi dopo 5 anni di lavoro. La cerimonia d'apertura, presieduta dall'allora vescovo tuscolano Giuseppe Matarrese, si era svolta il 6 giugno 2004 nella cattedrale di Frascati, diocesi dove Igino Giordani concluse il suo cammino terreno.

Gli atti processuali contano 2.500 pagine. I censori teologi hanno esaminato 98 libri e più di 4.000 articoli; i periti storici, 120 faldoni di scritti inediti, costituiti da oltre 60.000 pagine. Si ha, inoltre, documentazione di oltre cinquanta "grazie ricevute", secondo le descrizioni che ne fanno i fedeli, per intercessione del servo di Dio. Tra queste il postulatore sceglierà quella da sottoporre al giudizio della Chiesa per l'accertamento del miracolo. La cerimonia conclusiva del processo diocesano si svolgerà al Centro internazionale dei Focolari di Rocca di Papa, nella cui cappella sono custodite le spoglie del servo di Dio e di Chiara Lubich. Sarà il vescovo Raffaello Martinelli, appena insediato nella diocesi di Frascati, a presiedere, alle ore 16.30, l'atto giuridico, che sarà preceduto dall'intervento dell'attuale presidente dei Focolari, Maria Voce.


(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2009)
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00mercoledì 30 settembre 2009 11:02


Si chiude la fase diocesana del processo di canonizzazione di Igino Giordani

Nei tempi difficili per la mediocrità non c'è posto


di Maria Voce
Presidente del Movimento dei Focolari

"Le Beatitudini rappresentano dei paradossi:  i criteri mondani vengono capovolti non appena la realtà è guardata nella giusta prospettiva, ovvero dal punto di vista della scala dei valori di Dio, che è diversa dalla scala dei valori del mondo". Così Benedetto XVI - nel suo Gesù di Nazareth - ha rappresentato la forza dirompente delle beatitudini vissute nella storia. Igino Giordani offre costantemente, con la sua testimonianza, il criterio e la misura della differenza fra le due scale di valori citate dal Papa.

Tracciarne il ritratto oggi, significa immergersi in una voce che suona in tutta la sua attualità. Igino Giordani è "uomo delle beatitudini", come lo designa Chiara Lubich nel 2004, all'apertura della causa di beatificazione. È "segno di contraddizione", come egli stesso, in un suo celebre libro del 1933, auspica sia ogni cristiano partecipe della storia. E come segno di contraddizione vive l'impegno politico e parlamentare, quale servizio disinteressato alla comunità, spinto dall'amore per le genti e per la pace pagando non di rado di persona. 

Oggi che il Papa ha rivelato l'urgenza di una nuova generazione di politici retti e ispirati ai principi morali, possiamo annoverare Giordani fra i testimoni autentici di una politica estranea dai giochi di potere, affrancata dai privilegi della casta; piuttosto, "castamente" vissuta per il bene comune e l'edificazione di una società cristiana, puntellata dai valori della fraternità e della giustizia.

Si può dire che l'intera sua vita fu ricerca e attuazione di una vocazione profonda, evangelica, costruita sui pilastri del cristianesimo eroico dei Padri dei primi secoli, che conosceva bene, essendone stato un fine interprete e divulgatore. Per questo egli non si arrende mai di fronte a nessuna difficoltà storica:  le virtù eroiche dei primi secoli cristiani lo inducono a credere che non ci sia nulla di più forte dello spirito rivoluzionario del cristiano che s'adopera per costruire la civiltà dell'amore.

Oggi come allora Giordani ripeterebbe quanto scrive nel 1944:  "Il tempo è arduo:  non lo si vive che eroicamente o vilmente:  la mediocrità non è concessa. È anzi esso stesso l'espiazione dalla mediocrità morale delle generazioni passate e degli anni nostri finora:  l'aver preso alla leggera la legge di Dio". Ecco perché può insegnarci a non abbandonarci allo scoramento di fronte alle crisi odierne. Giordani vive stagioni ancor più angoscianti, ma continua a credere e a operare per la dignità di ciascun essere umano. Afferma costantemente l'importanza di usare misericordia e dialogo nei rapporti politici, sociali e religiosi. Ne sono esempi vivi il perdono ai fascisti, che egli raccomanda, nel clima di vendetta diffuso dopo la caduta del regime, e il dialogo con i comunisti de L'unità, intavolato sulle pagine de La Via, rivista da lui fondata.

Si deve riconoscere in Giordani anche un precursore del dialogo ecumenico, anticipato fin dagli anni Venti, portando alla luce alcuni elementi che successivamente confluiranno  nell'ecumenismo  di   Giovanni XXIII e del Vaticano II. Egli riscopriva i cristiani delle altre Chiese come fratelli, distinguendo tra l'errore da respingere e gli erranti da amare, e proponendo di puntare più su quanto unisce che su ciò che divide.
Giordani, può riflettere un raggio di quella luce che la Caritas in veritate proclama oggi al mondo, soprattutto in ordine alla vocazione di ogni uomo:  apertura all'Assoluto, alla gratuità e alla fraternità universale.

Quando, nel 1948, a Montecitorio incontra Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, comprende che la sua ricerca è finalmente giunta a un approdo sicuro. Affascinato dalla radicalità evangelica della nuova spiritualità da lei annunziata e vissuta, vi scorge la possibile realizzazione del sogno dei padri della Chiesa:  spalancare le porte dei monasteri perché la santità non sia privilegio di pochi, ma fenomeno di massa nel popolo cristiano, aperto anche ai laici, anche agli sposati. Santità di cui avverte l'urgenza perché si avvii quel "processo di ringiovanimento e di rinascita" che "si proietta anche sull'ordine civile, economico, politico". Trova la via che abbatte gli steccati che si frapponevano fra religiosi e laici, fra "consacrati" e quelli che lui chiamava ironicamente "gli sconsacrati", i laici, i coniugati. "Quell'ascensione a Dio, ritenuta irraggiungibile, era facilitata e aperta a tutti".

Giordani diviene strumento provvidenziale affinché Chiara possa aprire la strada della donazione totale a Dio a una schiera di coniugati in tutto il mondo; possa aprire la via dell'amore evangelico radicale a persone di ogni età, categoria sociale e cultura. Giordani ne diventa uno dei più stretti collaboratori tanto che Chiara lo indica come "confondatore" dell'opera che si stava sviluppando, il Movimento dei Focolari.
Il messaggio che Giordani lascia al mondo oggi, fa eco all'urgenza segnalata da Giovanni Paolo II all'inizio di questo nuovo millennio:  vivere "questa misura alta della vita cristiana" in fabbrica, a scuola, in ufficio, fra le faccende domestiche, in Parlamento. "Il santo moderno - scrive - spesso non è legato più al convento:  non si chiude, ma esce, circola per il mondo, ha contatto con gli uomini. Se li ama in Dio, se in tutto fa la volontà di Dio, se l'amore purifica d'attimo in attimo la sua anima", "è vincolato da un legame che sostituisce ed eguaglia la clausura:  e cioè l'amore. Per esso è, anche in tram, in officina, al caffé, agganciato a Dio:  per l'amore, è sempre nell'orbita del sacro".

Questa "orbita del sacro" non è solo una splendida metafora del linguaggio di Giordani, ma la conclusione della sua ascesa verso Dio, condotta durante l'intera sua vita immersa nell'umanità, "con-crocifissa", assumendone lotte, drammi e aspirazioni. E l'approdo finale si rivela nell'ultimo pensiero che scrive, nel 1980, prima di partire per il cielo:  "Per me vivere è Cristo". Il respiro è lo Spirito Santo.



(©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2009)
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00mercoledì 30 settembre 2009 11:03
 

La verità della carità


Nel pieno del concilio Vaticano II - a poco meno di due mesi dall'apertura del terzo periodo - Igino Giordani scrisse questo articolo pubblicato su "L'Osservatore Romano" del 18 luglio 1964.

Il dialogo della Chiesa col mondo prosegue; il dialogo dentro il mondo, facilitato dalla religione, incalza:  e più chiaro diventa l'obiettivo della pace nell'unità; universale si sta facendo l'aspirazione, che Gesù diede come testamento:  "Che tutti siano uno".
Le difficoltà sono ancora enormi; però diffusa, universale è la persuasione che sia meglio discutere a tavolino che massacrarsi sui campi di battaglia.

Questo "dialogo solenne, alto e nuovo, tra la Chiesa e la società moderna" (così come lo definì il cardinale Montini e lo svolge giorno per giorno Paolo VI), investe ogni tipo d'interlocutori:  ortodossi, anglicani, protestanti, monoteisti, politeisti, marxisti, scienziati, uomini dell'arte e della politica, atei...:  investe l'umanità, facilitando la distribuzione - e la comprensione - della Parola di Dio.
Ora la rivista "Comprendre", in un grosso volume, raccoglie testi vari di un'inchiesta sui rapporti tra cultura e religione:  inchiesta promossa - come informa Campagnolo, che l'ha diretta, - non per motivi astratti, ma per altre ragioni di vita:  e cioè per cercare d'accordo, religione e sapere, i modi per risolvere i problemi più gravi della convivenza odierna. "L'opera della religione cristiana - egli dice - e l'opera della cultura sembrano avvicinarsi con un ritmo sempre più rapido. Le Chiese lanciano in tutte le direzioni l'invito al dialogo...".

E da tutte le direzioni comincia a venire la risposta. La quale certe volte, è vero, pare così remota e stonata da scoraggiare. Ma si tratta appunto di promuovere una spiegazione, in vista di una possibile intesa, tra gruppi talora remoti, separati da fondamentali opposizioni. C'è di buono la volontà del dialogo, in tutti i casi.

Col titolo di "Dialogo" è sorta ora una rivista a Bologna per iniziativa del professor Aldo Testa, il quale intende promuovere un dialogo anche tra cristianesimo e socialismo. Solo che nell'impeto d'un ideale di collaborazione, egli scavalca e squassa le strutture essenziali; della religione, arrivando a confondere la trascendenza con la superstizioni, il socialismo col cristianesimo, semplificato con un "Cristo senza croce"..., che è come dire un cristianesimo senza Cristo... Ciò dice quale spazio desertico pauroso separi "quel" socialismo dalla religione:  però, se il dialogo s'ingaggia, la verità potrà essere liberata da ombre e da miti.

All'inchiesta di "Comprendere", su religione e cultura, han risposto studiosi d'ogni provenienza, i quali - si noti - quasi tutti, nel loro contesto, han citato il padre Teilhard de Chardin:  segno che quasi tutti vedono l'attualità e il beneficio d'una collaborazione tra gente della religione e gente della cultura. E quasi tutti citano il Toynbee, i cui studi sulla storia confermano la perenne e universale associazione di fede e gnosi (per dirla coi vocaboli degli antichi pensatori cristiani). Tutti poi si richiamano, direttamente o indirettamente, a Papa Giovanni XXIII.

Il primo a rispondere, Henri Janne, tende a provare che non esiste contrasto tra i due soggetti e che questa effettiva collaborazione alimenta e serve l'ansia d'unità dei popoli, alla quale corrisponde il pericolo comune, universale, delle armi di distruzione massiccia. Beni e mali ormai interessano l'intera umanità:  "Il mondo è "uno". E la specie umana, per la prima volta, prende coscienza della sua unità".
Una coscienza cristiana:  un solo Dio, una sola comunità di figli uguali e liberi (tra i testi più citati nell'inchiesta sono la Mater et Magistra e la Pacem in terris, dove sono sistemati i motivi e le norme della "comunità della famiglia umana").

Scrive Janne:  "Perché rifiutarsi di dire che Papa Giovanni XXIII, uno dei più grandi papi prodotti dalla cristianità, ha parlato a nome di tutti gli uomini, a nome nostro per tutti, nella sua enciclica Pacem in terris?".

E incalza Maurice Cranston:  "Pacem in terris è, in verità, un'opera d'una potenza intellettuale paragonabile a Zum Ewigen Friede di Emmanuele Kant, d'una attualità e di una urgenza senza rivali nei discorsi di qualsiasi uomo di Stato".

Un altro collaboratore, Robert A. Nisbet, studia le ripercussioni della tecnica sulla religione e la morale.
Ricordiamo  che esse furono più di  una volta investigate da Papa Pio xii. Un altro aspetto del problema è stato esaminato dallo scrivente, sotto la formulazione:  "Incarnare la fede nelle opere". La civiltà dei popoli è stata sempre all'altezza della loro religione:  e il cristianesimo ha suscitato la cultura, ha creato scuole, ha trasmesso le civiltà antiche, come servizio all'umanità di tutti i tempi e luoghi. Non esiste contrasto tra fede e opere, tra il Verbo e la scienza:  il contrasto è un fenomeno artificioso prodotto davvero dall'ignoranza a servizio del fanatismo ideologico o politico o castale.

Seguono saggi del domenicano Dubarle, di Hromàdka, del pastore de Péry, di Garaudy...
Questo nome è già ben noto nel settore dialogico. Ancora qualche mese fa egli propugnava un incontro tra cattolicesimo e marxismo, previa eliminazione dei contrasto tra i due come è presentato dagli esegeti sovietici di Marx:  e intendeva colpire, pur senza nominarlo, il capo dell'Istituto di ateismo scientifico di Mosca, Ilicef. Diremo, tra parentesi, che a leggere i più di questi scritti, si coglie la contraddizione patente che c'è tra "ateismo" e "scientifico". Il Garaudy, in questo saggio, fa marcia indietro, perché si limita a ribadire le tesi marxiste, secondo cui l'umanesimo si contrappone alla trascendenza:  tesi le quali prescindono dal principio fondamentale del cristianesimo secondo cui Dio si è fatto uomo. Non contrapposizione, ma unione vitale, in grazia dell'Uomo-Dio, tra spirito e materia, fede e opere, trascendenza e immanenza, pìstis e gnòsis... Quella del Garaudy è una dotta dissertazione, dove confluiscono, schemi scolastici abusati, la cui presenza dice l'utilità del dialogo non foss'altro per far conoscere l'essenza del cristianesimo.

So che qualcuno rimpiange i tempi dell'anticlericalismo, quando, insultando il prete, si documentava la presenza ardente della religione, mentre, cercando il colloquio con la religione, si propaga dal settore di fronte un'atmosfera d'indifferenza... Non credo. Dal dibattito sereno la fede emerge con un prestigio nuovo.

Nostro Signore colloquiava anche con farisei e sadducei. Tocca ai cristiani di far valere la verità, nella carità:  potremmo dire, la verità della carità. Su questo tema - su questa operazione - essi hanno l'esempio nel discorso incalzante e illuminante di Papa Paolo VI.


(©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2009)
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00mercoledì 30 settembre 2009 11:03
Termina la fase diocesana del processo di beatificazione di Igino Giordani

Chiara Lubich lo considerava "cofondatore" dei Focolari


ROMA, lunedì, 28 settembre 2009 (ZENIT.org).-

Si è conclusa ufficialmente la fase diocesana del processo di beatificazione di Igino Giordani, uno dei primi membri del Movimento dei Focolari. La causa proseguirà ora in sede vaticana.

Monsignor Raffaello Martinelli, Vescovo di Frascati, ha definito la causa di Giordani "una pietra miliare per la Chiesa, il Movimento dei Focolari e per la Diocesi", ricordando come la fondatrice del Movimento Chiara Lubich chiamasse Igino "Foco" "perché era pieno dello spirito di Dio che lo spronava ad essere ovunque testimone".

Igino Giordani incontrò i Focolari cinque anni dopo la nascita del Movimento, quando nel 1948 - a 54 anni - conobbe Chiara Lubich, all'epoca neanche trentenne.

Giordani, ricorda il Movimento in un comunicato inviato a ZENIT, rappresentava per la Lubich "l'umanità", quell'umanità "dilaniata dalle guerre, sconvolta dalle divisioni mondiali, angosciata dal materialismo, che assetata di comunione e fraternità urla il bisogno di unità".

Per la fondatrice dei Focolari, Giordani aveva "una speciale grazia" per comprendere "la novità e ampiezza del carisma di unità donatole da Dio e di quello che poteva significare nella storia della famiglia umana".

Per questo motivo, lo considerava "il seme di tutte le vocazioni laicali" che si erano poi sviluppare nel Movimento, riconoscendolo come "cofondatore". In un articolo pubblicato su "L'Osservatore Romano", Maria Voce ha ricordato che Igino Giordani era un "uomo delle beatitudini", come lo chamò la Lubich all'apertura della causa di beatificazione, nel 2004.

Giordani, ha aggiunto il presidente dei Focolari, era "'segno di contraddizione', come egli stesso, in un suo celebre libro del 1933, auspica sia ogni cristiano partecipe della storia", e come segno di contraddizione viveva "l'impegno politico e parlamentare, quale servizio disinteressato alla comunità, spinto dall'amore per le genti e per la pace pagando non di rado di persona".

"Oggi che il Papa ha rivelato l'urgenza di una nuova generazione di politici retti e ispirati ai principi morali, possiamo annoverare Giordani fra i testimoni autentici di una politica estranea dai giochi di potere, affrancata dai privilegi della casta; piuttosto, 'castamente' vissuta per il bene comune e l'edificazione di una società cristiana, puntellata dai valori della fraternità e della giustizia", ha osservato.

Allo stesso modo, Giordani è stato anche "un precursore del dialogo ecumenico, anticipato fin dagli anni Venti". "Egli riscopriva i cristiani delle altre Chiese come fratelli, distinguendo tra l'errore da respingere e gli erranti da amare, e proponendo di puntare più su quanto unisce che su ciò che divide", ha commentato la Voce.

Nell'incontro con Chiara Lubich nel 1948, ha proseguito la Voce, Giordani "comprende che la sua ricerca è finalmente giunta a un approdo sicuro". "Affascinato dalla radicalità evangelica della nuova spiritualità da lei annunziata e vissuta, vi scorge la possibile realizzazione del sogno dei padri della Chiesa: spalancare le porte dei monasteri perché la santità non sia privilegio di pochi, ma fenomeno di massa nel popolo cristiano, aperto anche ai laici, anche agli sposati".

"Giordani diviene strumento provvidenziale affinché Chiara possa aprire la strada della donazione totale a Dio a una schiera di coniugati in tutto il mondo; possa aprire la via dell'amore evangelico radicale a persone di ogni età, categoria sociale e cultura".

Il messaggio che Igino Giordani lascia al mondo oggi è vivere una "misura alta della vita cristiana" in ogni ambito della propria vita quotidiana."Il santo moderno - scriveva - spesso non è legato più al convento: non si chiude, ma esce, circola per il mondo, ha contatto con gli uomini. Se li ama in Dio, se in tutto fa la volontà di Dio, se l'amore purifica d'attimo in attimo la sua anima", "è vincolato da un legame che sostituisce ed eguaglia la clausura: e cioè l'amore". "Per l'amore, è sempre nell'orbita del sacro".

"Questa 'orbita del sacro' non è solo una splendida metafora del linguaggio di Giordani, ma la conclusione della sua ascesa verso Dio, condotta durante l'intera sua vita immersa nell'umanità, 'con-crocifissa', assumendone lotte, drammi e aspirazioni - ha concluso la Voce -. E l'approdo finale si rivela nell'ultimo pensiero che scrive, nel 1980, prima di partire per il cielo: 'Per me vivere è Cristo'. Il respiro è lo Spirito Santo".


Per ulteriori informazioni, www.iginogiordani.org.
Cattolico_Romano
00mercoledì 30 settembre 2009 11:03
Conclusa a Rocca di Papa la fase diocesana della causa di beatificazione

Igino Giordani

fuoco della testimonianza cristiana


Roma, 29. "Una pietra miliare per la Chiesa, per il movimento dei Focolari e per la diocesi". Così il vescovo di Frascati, Raffaello Martinelli, ha definito la causa di beatificazione d'Igino Giordani, uomo di cultura, politico e cofondatore - assieme a Chiara Lubich - del movimento dei Focolari. Presiedendo, domenica 27, la cerimonia conclusiva della fase diocesana del processo, il presule ha voluto in primo luogo richiamare il significato del soprannome - "Foco" - dato a Giordani dalla Lubich, "perché - ha detto - era pieno dello Spirito di Dio che lo spronava a essere ovunque testimone". 
La cerimonia si è svolta a Rocca di Papa, nella cornice del Centro internazionale dei Focolari, dove riposano le spoglie mortali di Giordani e quelle della Lubich. Qui Igino Giordani, dopo la morte della moglie Mya, ha vissuto gli ultimi sei anni della sua vita.
La sua figura è stata tratteggiata dalla presidente dei Focolari, Maria Voce, che ne ha delineato, in rapidi cenni, innanzitutto il ruolo avuto nella Chiesa, anticipatore rispetto al Vaticano ii sui temi del laicato e dell'ecumenismo. Giordani - ha ricordato - aveva attinto la sua formazione "direttamente dai padri della Chiesa e dalla vita dei santi".
Di non minore rilievo il suo impegno politico "vissuto fin dalla nascita del Partito popolare a fianco di Sturzo" e "le sue battaglie per la democrazia e la libertà negli anni del regime totalitario".
Un bagaglio ricchissimo che sfocia in una pagina nuova che s'apre nel 1948, cinque anni dopo la nascita dei Focolari, con "l'incontro singolare d'Igino Giordani con Chiara Lubich". Giordani - spiega Maria Voce - rappresenta per la fondatrice dei Focolari "l'umanità", quell'umanità "dilaniata dalle guerre, sconvolta dalle divisioni mondiali, angosciata dal materialismo, che assetata di comunione e fraternità, urla il bisogno di unità". Chiara stessa ebbe a dire che lui, "più di tutti, aveva una speciale grazia" per comprendere la novità e l'ampiezza del carisma d'unità donatole da Dio e di quello che poteva significare nella storia della famiglia umana". La fondatrice dei Focolari lo considera "il seme di tutte le vocazioni laicali" che via via si sono sviluppate nel movimento. Lo riconosce come "cofondatore".
Tali frutti non potevano essere generati che al prezzo di virtù eroiche, che hanno avuto un primo riconoscimento dal Tribunale ecclesiastico diocesano, a cui farà seguito ora la verifica da parte della Santa Sede. Infatti, la vita di Giordani è stata attraversata - come ha ricordato il postulatore Carlo Fusco - da non poche "prove, incomprensioni, difficoltà nella vita pubblica, privata e ecclesiale, da lui superate con profonda fede e grandezza d'animo".
Il postulatore ha avuto parole di gratitudine soprattutto per Chiara Lubich che - ha detto - "ha seguito questa causa sino a poco prima di morire" e ne è stata "il motore più alto e fattivo, che ha dato la spinta quando qualche inevitabile difficoltà è sorta, che ha sempre incoraggiato a essere di "Foco" non solo studiosi, ma soprattutto imitatori".
Il giudice del Tribunale, monsignor Francesco Maria Tasciotti, ha fatto cenno all'ampio lavoro svolto reso anche visibile dalle trentadue casse sigillate, contenenti le 2.500 pagine degli atti e la grande mole di scritti di Giordani:  98 libri, 4.000 articoli, 16.000 pagine inedite. E ha messo in rilievo il profilo spirituale di Giordani:  "Abbiamo scoperto una personalità talmente ricca e molteplice, dal respiro cattolico, universale, e che ha saputo comprendere e vivere l'interezza della vocazione cristiana nelle sue diverse forme in modo incredibile".


(©L'Osservatore Romano - 30 settembre 2009)
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