Il Gesù uomo visto con gli occhi di Erri De Luca

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S_Daniele
00sabato 28 novembre 2009 07:32
Il Gesù uomo visto con gli occhi di Erri De Luca

Intervista allo scrittore autore di “Penultime notizie di Ieshu/Gesù’



di Silvia Gattas

ROMA, giovedì, 26 novembre 2009 (ZENIT.org).-

Non è trascorso nemmeno un mese dalla pubblicazione del suo ultimo libro, intitolato ‘Penultime notizie di Ieshu/Gesù’ (edizioni Messaggero di Sant’Antonio) ed è già boom di vendite: 10mile copie per il nuovo libro di Erri De Luca, scrittore napoletano, appassionato di Sacre Scritture e profondo conoscitore dell’ebraico antico che non definisce una lingua difficile.

“Sono non credente, ma scrivo di Maria e di Gesù di Nazareth, perché sono un narratore e distinguo il piano personale da quello di scrittore”, dice in questa intervista a ZENIT.

Nel libro su Gesù si raccolgono diverse storie: quella di Abramo e Isacco, l’Annuncio, la nascita, la storia di Giuseppe, i re magi, Gesù ragazzo, Gesù morto sulla croce.

“Queste pagine – scrive l’autore – si aggirano nella seconda metà del 3700 secondo il calendario ebraico. Non era ancora stato inaugurato il nuovo calcolo cristiano. Il suo anno zero e i successivi appartenevano ad altra numerazione”.

Erri De Luca, lei si definisce ‘non credente’. Però scrive di Maria, di Gesù…

De Luca: Non mischio quello che faccio con la mia scrittura narrativa, con la lettura delle cose sacre. Penso di tenerle ben separate, di distinguere il ruolo di scrittore e quello di lettore. Sono dei libri in cui racconto dei dettagli di quelle vicende, che sono per me facili da identificare conoscendo la matrice ebraica di quelle storie.

Perché ‘penultime’ notizie su Gesù?

De Luca: Perché quelle che si trovano nei Vangeli sono necessariamente penultime. Le ultime notizie spetteranno al ritorno della promessa cristiana e alla sua realizzazione.

Come è nato il progetto di un libro su Gesù?

De Luca: Sono un lettore assiduo di Scritture Sacre, in particolare quelle dell’Antico Testamento, e uno studioso dell’ebraico antico. Non faccio distinzione fra l’Antico e il Nuovo Testamento, tra la divinità dell’Antico e la divinità del Nuovo. Li considero naturalmente un testo unico. Nel caso di Ieshu, Gesù, mi capita spesso di ricevere, soprattutto vicino alle feste comandate, richieste da parte di organi di informazione di qualche commento alla festività in corso. Così come è avvenuto per ‘In nome della madre’ (una riflessione su Maria, ndr), perché considero il Natale la festa della Madre e non del figlio. Il resto e il seguito di quella vita, invece, mi riguarda sempre come lettore non credente, considerando quella storia una storia unica, eccezionale anche dentro quel corpo di Scritture Sacre. Quelle vicende sono continuamente delle eccezioni alla regola, sono continuamente una forzatura della vicenda umana nell’ambito del progetto divino. Sin dalla trasgressione dell’albero del bene e del male.

Perché questa passione così forte per l’ebraico antico? C’è un motivo particolare, un’origine?

De Luca: Sì, in effetti c’è un’origine. Una volta, ero in un luogo sperduto, ma non rivelo quale, e mi sono imbattuto in una Bibbia. C’era solamente quel libro e mi è piaciuto tanto, perché non era letteratura, non voleva accattivarsi l’interesse del lettore. Invece raccontava una storia che non permetteva nessuna identificazione tra una divinità che voleva rivelarsi e delle creature che accettavano la sua novità.

L’ebraico antico è una lingua molto difficile?

De Luca: No, affatto. Il russo sì che è difficile. Delle lingue che studio, il russo è più difficile. L’ebraico antico è una lingua ferma e scritta, non la trovo così difficile.

Lei si definisce ‘non credente’ e non usa il termine ‘ateo’. Perché?

De Luca: Ateo è qualcuno che ha risolto il problema una volta per tutte. Esclude la possibilità proprio dal suo orizzonte e in questo modo riduce la sua relazione con le persone di fede perché le considera delle persone bisognose di un supporto, di un appoggio, di una protesi per mantenersi. L’ateo è un soggetto che ha risolto la questione e in questo è simile al talebano, che non ammette obiezioni alla sua conclusione. Il ‘non credente’, invece, è una persona che tutti i giorni frequenta le Scritture Sacre, anche se resta una persona che non può rivolgersi alla divinità.

Lei dunque ammette la possibilità di diventare credente?

De Luca: No, ammetto nella vita degli altri la possibilità di credere. Ho conosciuto tanti cattolici, specialmente al tempo della guerra in Bosnia, quando ero autista dei loro convogli. Vedevo che con quella notizia svolgevano una attività magnifica. Ma io non posso rivolgermi nella mia vita alla divinità, posso parlare della divinità, ma non gli do del Tu. Posso parlarne, ma non mi ci rivolgo.

Quante volte ha letto la Bibbia?

De Luca: Non tengo il conto, la leggo tutti i giorni, diciamo che è una unità di misura molto elevata. Considerata la mia età faccia lei il conto.

Lei crede che in Italia si possa parlare di ingerenza della Chiesa nel dibattito politico?

De Luca: Sì, più per tradizione. Nel passato era una cosa più organica. Il partito di maggioranza, la Democrazia cristiana, era legato alla Chiesa. Adesso interviene più che altro sui temi etici.

Ma anche in politica? Che ne pensa dei cattolici in politica?

De Luca: Più che ingeranza della Chiesa, direi che si verifica il contrario: i cattolici in politica cercano di guadagnarsi il consenso della Chiesa. Nella politica c’è un uso strumentale del fatto religioso; la politica cerca di guadagnarsi il consenso della Chiesa.

Quale analisi traccia dello stato attuale della letteratura italiana?

De Luca: Mi piacciono le letterature di popoli che vengono da esperienze potenti. La letteratura ha questo potere di rendere ragionevoli e sopportabili i morti, i lutti, le grandi disavventure e avventure. Mi interessa ad esempio la letteratura israeliana e di tutti quei Paesi che hanno tanto da insegnare. Il nostro è un Paese che ha poco da raccontare. Mancano delle belle storie…

Si dice che in Italia si legge poco, i giovani leggono poco…

De Luca: Non credo che i giovani leggano poco, anzi mi sembra che il formato libro sia un prodotto oggi molto più venduto di vent’anni fa. Mancano però delle belle storie, delle grandi esperienze, ci raccontiamo le storie di trentenni che vivono un disagio urbano sentimentale. E questo è triste.

Ha mai pensato di occuparsi anche di altre religioni? Di islam, di buddhismo? E di scrivere libri su questo?


De Luca: No, non lo faccio. Non sono arrivato mai all’islam, o al buddhismo. Per una questione di distanza geografica. Mi tengo alla Sacra Scrittura.
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