Il Patriarca Bartolomeo e il lungo viaggio dell'unità della Chiesa

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S_Daniele
00giovedì 8 ottobre 2009 19:31


Aperta la sessione plenaria di «Fede e costituzione» del Wcc

Il Patriarca Bartolomeo e il lungo viaggio dell'unità della Chiesa


Kolympari, 8. L'unità della Chiesa è una ricerca interminabile, un viaggio in permanente evoluzione, un progresso costante attraverso tappe di continuo perfezionamento. L'unità della Chiesa è un dono di Dio che esige un "profondo sentimento di umiltà e non un'ostinazione orgogliosa", un "senso di indulgenza più che di impazienza". Sono state le parole del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, ad aprire ieri all'Accademia ortodossa di Kolympari, nell'isola greca di Creta, i lavori della sessione plenaria della commissione "Fede e costituzione" del Consiglio ecumenico delle Chiese o World council of Churches (Wcc). Il tema della riunione - che si concluderà il 14 ottobre - è "Chiamati a essere la Chiesa una:  che tutti siano una sola cosa nella tua mano". Vi partecipano i centoventi membri del prestigioso organismo di dialogo teologico, in rappresentanza di tutte le Chiese cristiane del mondo.
"Non dobbiamo sentirci frustrati per le nostre limitazioni umane che sfortunatamente determinano disaccordi e divisioni", ha detto Bartolomeo, per il quale "la nostra permanente ricerca dell'unità è una testimonianza del fatto che quello che cerchiamo avverrà nel tempo di Dio e non nel nostro". Per la medesima ragione, l'unità "è il frutto della grazia celestiale e del kairós divino". Il Patriarca, nelle sue considerazioni, prende spunto dal metodo apofatico che, nella tradizione ortodossa, si basa sulla convinzione che Dio, per definizione e per natura, è fuori dalla comprensione umana. "Perché se potessimo intendere Dio - ha spiegato - Dio non sarebbe Dio".
L'unità come vocazione, ma anche come conversione e missione. Bartolomeo sottolinea l'importanza di apprendere dagli altri e dalle teorie consolidate nel tempo. Ciò implica che "imporre agli altri le nostre posizioni, siano esse "conservatrici" o "liberali", è arrogante e ipocrita". Invece - prosegue il Patriarca ecumenico - "l'umiltà genuina esige da tutti noi un sentimento di apertura al passato e al futuro". In altre parole, "siamo chiamati a manifestare rispetto per le posizioni del passato sperimentate dal tempo e considerazione per la città celestiale che cerchiamo. Questo volgersi al passato e al futuro è sicuramente parte essenziale della conversione". Il dono sacro dell'unità esige "una conversione e un riorientamento radicali in modo che possiamo tornare umilmente alle nostre radici comuni nella Chiesa apostolica e nella comunione dei santi, nonché affidarci e sottometterci al regno celestiale e all'autorità di Dio". Bartolomeo invita ad adempiere un "proposito comune", ovvero a impegnarsi nel ministero e nella missione per la realizzazione del Regno di Dio:  "Tale è il dono sacro che abbiamo ereditato e tale è, anche, il compito sacro che abbiamo davanti", ha concluso.
Fu proprio a Creta, nel giugno 2005, che la commissione "Fede e costituzione" del Consiglio ecumenico delle Chiese redasse la dichiarazione sull'ecclesiologia che venne recepita più tardi alla ix Assemblea generale del Wcc, svoltasi a Porto Alegre nel febbraio 2006. Questo testo costituisce il culmine di un ampio processo e della prospettiva delle Chiese membro tesa alla ricerca dell'unità visibile. Una prospettiva maturata nel tempo ma già presente fin dalla prima conferenza di "Fede e costituzione", a Losanna nel 1927. In questi giorni, a Creta, si rinnova dunque l'impegno al dialogo e all'unità. Nel suo intervento, il pastore Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha affermato che "oggi, in materia di ecclesiologia, il lavoro più importante e vitale proviene dal dialogo ecumenico, dal tavolo multilaterale di Fede e costituzione ma anche dai molteplici tavoli attorno ai quali si svolgono i colloqui bilaterali". Un'ecclesiologia "radicata in una visione di piena unità visibile della Chiesa nasce oggi dal vissuto della divisione". Kobia auspica che i partecipanti alla sessione plenaria possano giungere a un accordo sulle "fonti dell'autorità" e sul ruolo dei dottori e dei primi testimoni della Chiesa, sulle questioni relative al discernimento morale nelle Chiese e sul modo di progredire nei lavori sull'ecclesiologia. Ma - ha sottolineato il segretario generale  del  Wcc  - "i  lavori  di  Fede  e  costituzione potranno sfociare nel  consenso solo se condotti nell'amore". Che non significa "assenza di disaccordi  o di differenze" ma "spirito di rispetto, tolleranza, perdono e sollecitudine per l'altro, di ascolto dell'altro".


(©L'Osservatore Romano - 9 ottobre 2009)
S_Daniele
00lunedì 12 ottobre 2009 19:06


Il metropolita Gennadios alla sessione plenaria di Fede e costituzione del Wcc

Rinnovamento ecclesiologico e ricerca dell'unità


Kolympari, 12. Un nuovo tipo di approccio ecclesiologico per promuovere una dottrina "più di convergenza", che dia maggiore spazio alla discussione, allo studio e all'arricchimento reciproco. In sintesi, un "rinnovamento ecclesiologico" sia nell'ecumenismo sia nel lavoro teologico che, partendo dall'elaborazione dei documenti fin qui prodotti sulla materia, eviti "il rischio di ripetere semplicemente posizioni già note". È ciò che propone il metropolita di Sassima, Gennadios, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, docente di teologia ortodossa e di diritto canonico in varie università. Intervenuto all'Accademia ortodossa di Kolympari (Creta) per la sessione plenaria della commissione "Fede e costituzione" del Consiglio ecumenico delle Chiese (commissione della quale è stato vicepresidente dal 1998 al 2006), Gennadios ha sottolineato che, oggi, "l'ecclesiologia resta il problema cruciale della teologia cristiana in una prospettiva ecumenica". Nei sempre più numerosi dialoghi teologici fra le Chiese, questa disciplina particolare "diviene sempre più il punto focale della ricerca teologica moderna".

Gennadios è uno dei massimi esperti in materia. Co-presidente del Dialogo teologico misto internazionale fra ortodossi e luterani e co-segretario della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa, il metropolita di Sassima è anche membro del presidium e del comitato centrale della Conferenza delle Chiese europee, nonché vicepresidente del comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese o World council of Churches (Wcc).

L'imperativo di intensificare le relazioni fra Chiese o di rendere la teologia più esplicitamente pertinente e concreta per il mondo moderno fa sì - spiega Gennadios - che "l'ecclesiologia divenga il punto di incontro dell'ecumenismo ecclesiocentrico e della teologia ecclesiocentrica". Come valutare l'eredità ecumenica, estremamente ricca a livello documentale? Come utilizzarla in maniera appropriata, allo stesso tempo globale e sintetica, non tanto per redigere nuove dichiarazioni che esprimano posizioni ecclesiologiche confessionali, ma piuttosto per riflettere sulla necessità di un rinnovamento ecclesiologico? Il punto di partenza potrebbe essere la Dichiarazione sull'ecclesiologia adottata dalla ix Assemblea generale del Wcc, svoltasi a Porto Alegre nel febbraio 2006. Questo documento - ha ricordato Gennadios - indica precisamente dove ci troviamo oggi quando parliamo di ecumenismo e di ricerca dell'unità della Chiesa. "Occorre domandarsi quale genere di unità, quale natura della Chiesa possa corrispondere alla volontà di Dio e al suo disegno di salvarci", ha detto il responsabile ortodosso, per il quale non si può dimenticare che "il principale ostacolo a un accordo dottrinale fra le differenti Chiese rimane la diversità di vedute sui fondamenti ecclesiologici dell'unità".

Tuttavia, nonostante le divergenze sulla natura dell'unità, sul ruolo della Chiesa, sulla sua struttura interna e la sua tradizione ecclesiale ed ecclesiologica, il metropolita di Sassima sottolinea che "esiste un certo numero di tratti comuni che sono propri della teologia che ha la sua fonte nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica":  ovvero un quadro storico comune, a volte una continuità nella tradizione, un'influenza globale della filosofia greco-romana (in particolare in Europa) e, talora, una similarità nel culto così come una coscienza comune di preservare, alimentare e sviluppare la tradizione teologica della Chiesa.

"Chiamati a essere la Chiesa una" (il tema della sessione plenaria che si sta svolgendo a Kolympari) è un invito che contiene due "appelli" o "vocazioni". Il primo - spiega Gennadios - è un imperativo per tutti, che afferma "la nostra fede e il nostro credo in colui che costituisce la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica". Il secondo invito, "che ci viene dalla Chiesa in quanto Ekklèsia", è una prerogativa autentica che conferma che "siamo tutti membri per eccellenza di questa Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, e attraverso la quale confermiamo la nostra appartenenza a nostro Signore Gesù Cristo". La Chiesa una, oggi, è "la continuazione della comunità apostolica dei primi giorni. Se le Chiese - afferma il metropolita ortodosso - vogliono superare il loro attuale stadio di divisione, bisogna che sia restaurata fra esse la comunione originale. Devono trovare le radici comuni della loro fede, la tradizione vivente, che è concretamente vissuta nella vita sacramentale della Chiesa una. Per la potenza dello Spirito Santo, la comunione deve realizzarsi dal principio in ogni epoca, in ogni momento". La Chiesa esiste in quanto essa è in permanenza chiamata a proclamare il disegno di Dio per il mondo, e a vivere concretamente questo appello nei contesti e nelle situazioni storiche.

Ma è realmente possibile l'unità visibile in questo mondo diviso? Malgrado la divisione - risponde Gennadios - "la promessa di Dio resta". Cristo ha pregato per l'unità dei suoi discepoli:  è sulla base di questa preghiera che "si può ricercare l'unità con fiducia e con la certezza che tale aspirazione si realizzerà in maniere sempre nuove e con prospettive concrete". Gli ortodossi sperano "che si arrivi a una situazione dove, tenuto conto del loro spazio ecclesiologico e della loro concezione dell'ecclesiologia nei limiti della loro Chiesa, sarà possibile riconoscere la tradizione ecclesiale degli "altri" e di confessare insieme le verità della fede e della tradizione nella comunione di una "spaziatura ecclesiologica"". Oggi - ha detto ancora il rappresentante del Wcc - "siamo chiamati a un nuovo "spazio ecclesiale di coesistenza" ecumenico nella prospettiva di celebrare insieme, un giorno, alla tavola del Signore, condividendo il suo corpo e il suo sangue".

Questa diversità non solo riavvicina differenti tradizioni ecclesiali ma anche le loro rispettive culture, essendo inteso che tutte, insieme, saranno "chiamate a essere la Chiesa una". Questa realtà - conclude Gennadios - è una lotta permanente in seno al movimento ecumenico. È "una "croce" su un cammino lungo e doloroso, una "croce" con degli ostacoli da superare e delle divergenze teologiche da risolvere", non solo perché "l'unità trascende la capacità della mente umana" ma anche perché "essa è la volontà di Dio". È un processo teso a una nuova trasformazione e a una nuova trasfigurazione dell'umanità intera.


(©L'Osservatore Romano - 12-13 ottobre 2009)
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