Il prof. Ettore Gotti Tedeschi eletto nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior

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Cattolico_Romano
00mercoledì 23 settembre 2009 15:53
Il prof. Ettore Gotti Tedeschi eletto nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior

La Commissione cardinalizia di Vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione, presieduta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, su proposta del nuovo Consiglio di Sovrintendenza dello Ior, ha nominato il prof. Ettore Gotti Tedeschi come nuovo presidente del Consiglio stesso ed il dott. Ronaldo Hermann Schmitz come vice-presidente. Il prof. Tedeschi succede nell’incarico al prof. Angelo Caloia.


La commissione cardinalizia ha nominato membri del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior: il dott. Carl A. Anderson, Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo; il dott. Giovanni De Censi, presidente del “Credito Valtellinese”; il prof. Ettore Gotti Tedeschi, presidente della “Santander Consumer Bank”; il dott. Ronaldo Hermann Schmitz e il dott. Manuel Soto Serrano. La Commissione cardinalizia di Vigilanza ha ringraziato il prof. Caloia per il generoso servizio svolto ed ha espresso al nuovo Consiglio di Sovrintendenza, come pure al prelato dell’Istituto, mons. Piero Pioppo; al signor Paolo Cipriani, direttore generale, ed al dott. Massimo Tulli, vice-direttore, i migliori auguri di buon lavoro al servizio dell’Istituto.

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00giovedì 24 settembre 2009 11:03
CALOIA SI DIMETTE DOPO AVER «REGNATO» ININTERROTTAMENTE DAL 1989

Ior, inizia l’era di Gotti Tedeschi


Il nuovo presidente della banca vaticana è un economista legato al cardinal Bertone

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Dopo vent’anni lo Ior volta pagina.
Con un anno e mezzo di anticipo sulla scadenza del mandato, ieri la commissione di Vigilanza sull’Istituto, presieduta dal segretario di Stato Tarcisio Bertone, ha accolto le dimissioni di Angelo Caloia. Il nuovo banchiere del Vaticano è il bertoniano Ettore Gotti Tedeschi, ispiratore dell’enciclica sociale di Benedetto XVI, vicino all’Opus Dei e convinto che dalla crisi economica si uscirà puntando sull’etica e la famiglia. La sua nomina, insieme al rinnovo di quasi l’intero vertice, è un segnale chiaro della volontà di scrivere un punto a capo nella tormentata storia recente delle sacre finanze, tra gli scandali di Marcinkus-De Bonis e l’accidentata navigazione di Caloia (denunciati, tra l’altro, dal libro «Vaticano spa»).
Rimangono al loro posto il prelato dello Ior, Piero Pioppo (braccio destro di Sodano), il direttore generale Paolo Cipriani e il vicedirettore Massimo Tulli.
Il successore di Caloia è l’editorialista di punta dell’«Osservatore Romano» sui temi economici ed è stato fra gli esperti più ascoltati dal Papa nella stesura della «Caritas in veritate».
Gotti Tedeschi ha cinque figli, guida il Banco Santander in Italia e insegna etica della finanza alla Cattolica di Milano. Ora dovrà vedersela con lo Ior che ha attualmente 130 dipendenti, un patrimonio stimato (nel 2008) di 5 miliardi di euro, 44 mila conti correnti, riservati a dipendenti vaticani, a ecclesiastici e a una ristretta quantità di enti privati. Rilevanti sono gli investimenti esteri, in prevalenza in titoli di Stato o portafogli a basso rischio. Gli interessi medi annui oscillano dal 4 al 12% e, non esistendo tasse all’interno dello Stato Vaticano, si tratta di rendimenti netti. Per quanto riguarda gli utili conseguiti, essi non vanno corrisposti ad azionisti (che non esistono) ma sono devoluti in favore di opere di religione e di carità.
Gotti Tedeschi riferirà direttamente ad un collegio di cinque cardinali che deve vigilare sulla fedeltà dell’istituto agli obblighi statutari. Al posto di vicepresidente è stato nominato un vecchio membro del consiglio, il tedesco Ronald Hermann Schmitz, accanto al Cavaliere supremo di Colombo Carl Anderson, al presidente del Credito Valtellinese Giovanni De Censi e allo spagnolo Manuel Soto Serrano, uomo Santander come Gotti Tedeschi. Il bilancio e tutti i movimenti sono noti solo al Papa, al collegio dei cardinali che lo gestiscono, al Prelato dell’istituto, al Consiglio di sovrintendenza, alla direzione generale ed ai revisori dei conti.
Il rinnovamento «tranquillo» del governo «gentile» di Benedetto XVI ha riguardato l’intera Curia, inclusa la novità senza precedenti del mandato non rinnovato alla scadenza del quinquennio al «papa rosso» Sepe, ministro delle missioni. Scelte anche traumatiche, che però finora non avevano riguardato la cabina di comando della banca vaticana.
Caloia, osservano in Curia, era l’ultimo del vecchio corso rimasto sulla sua poltrona oltre al ministro dei vescovi, Giovanni Battista Re. Era considerato «espressione di passate gestioni» della segreteria di Stato e «autonomo» al punto da difendere l’amico Giovanni Bazoli messo sotto scacco da Mediobanca e scontrarsi con l’economo dei salesiani e presidente della Polaris investment Italia, Giovanni Mazzali sulla gestione del risparmio etico degli enti ecclesiastici. «Lo Ior non è una realtà semplice e il cambio della guardia ha richiesto più tempo», si precisa nei sacri Palazzi. Caloia, che per vent’anni ha dominato la banca vaticana, si è comunque costituito «un’uscita più che onorevole»: un incarico «operativo e molto ben remunerato in Fideuram», da affiancare all’ottima pensione predisposta dallo Ior.

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Cattolico_Romano
00venerdì 25 settembre 2009 08:29
A Gotti Tedeschi le chiavi della banca del Papa

Gianluigi Nuzzi

Il cambio di guardia alla banca del Papa è l’effetto di una rottura netta e, forse, di un nuovo cammino.
È il vento dell’enciclica “
Caritas in Veritate” di Benedetto XVI per un’economia sociale, trasparente che si alza dal colonnato di San Pietro e si abbatte sul torrione Niccolo V, sede del misterioso e opaco Ior, l’Istituto opere di religione. È, in sintesi, l’unica strada da percorrere per dividere con i grandi della terra la scommessa, la battaglia, contro i paradisi fiscali.
Così dopo vent’anni Angelo Caloia, il presidente che Wojtyla scelse per mettere insieme i pezzi dell’istituto di credito polverizzato da Paul Casimir Marcinkus, se ne va.

Promoveatur ut amoveatur

L’amico di Giovanni Bazoli diventa consigliere di Stato al Governatorato. Al suo posto arriva il banchiere internazionale Ettore Gotti Tedeschi, vicino all’Opus Dei, ascoltato consigliere del segretario di stato Tarcisio Bertone. L’addio di Caloia riassume quindi interessanti risposte. La prima, inevitabile e attesa, è quella che la Santa Sede dà così al bestseller “Vaticano S.p.A.”, risposta dopo quattro mesi di silenzio sul mio saggio che svela e documenta come proprio allo Ior in piena era Caloia (seppur senza sue colpe o complicità dirette) sia transitato il peggior denaro della Prima Repubblica. «Mai potremo ammetterlo – rifletteva a inizi settembre il cardinale Angelo Bagnasco con qualche conoscente – ma questo libro ci permette di ristrutturare un ente che fà più ombra che luce».
E così è stato. Caloia aveva combattuto quel sistema di malaffare ma evidentemente non è bastato. Forse perché aveva modulato le risposte ai magistrati milanesi secondo lo spartito della convenienza e non della verità. “Vaticano S.p.A.” ha così accelerato un processo, determinando un cambiamento al quale in Italia siamo ormai disabituati, anestetizzati agli scandali. Ovvero mandare a casa qualcuno. Fargli abbandonare la poltrona.
Sia nel caso Boffo, sia nel caso Caloia, seppur vicende tra loro lontane e per motivi diversi dolorose, il Vaticano dà risposte concrete.
Anche perché «in un mondo in cui la menzogna è potente la verità si paga con la sofferenza» per ripetere le parole di Joseph Ratzinger.
Il vecchio prelato dello Ior monsignor Donato de Bonis, creatore del sistema di conti occulti intestati a fondazioni fittizie dai cinici nomi (fondo Madonna di Lourdes, fondazione aiuto bambini poveri) era stato promosso vescovo pur di allontanarlo dalla banca solo con Mani pulite alle porte. Il padrino di quest’ultimo, Marcinkus, venne estromesso nel 1989 anche qui a rischio arresto per esser poi allontanato dalla Città del Vaticano in sordina e con grande calma solo nel 1996.
Far tuttavia cadere su Caloia ogni colpa, lasciargli in mano un cerino che si illumina con i silenzi dell’attività della banca, dei segreti sui bilanci, sarebbe, comunque, una mascalzonata. La storia dello Ior è ben più ingombrante del banchiere espressione della finanza bianca lombarda. E nella sua storia ha sempre richiamato inqualificabili appetiti. È l’assenza di regole di mercato a indurre in tentazione. Lo Ior rimane un istituto che non ha mai sottoscritto alcun accordo internazionale che regola il mercato del credito. Allora è una banca off shore nel cuore di Roma come sostiene il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco? Pare di sì.

Problemi di accordi

Di certo, mancano accordi bilaterali che l’Italia ha invece sottoscritto con altri Paesi come la tormentata repubblica di San Marino (trattato del 1939). Di certo, il Vaticano non è membro dei 34 Paesi del Gafi, quell’organo anti riciclaggio che in parallelo al Fondo Monetario monitora le attività globali delle banche. Al contrario di Singapore, Lussemburgo e Hong Kong. Infine, il Vaticano è l’unico Paese del Vecchio Continente a non aver mai firmato alcun accordo di assistenza giudiziaria e anti riciclaggio in Europa. Albania e Moldavia, Cipro e Lituania si erano mosse diversamente con il protocollo penale di Strasburgo del 1978.
È quindi difficile ipotizzare che la mossa su Caloia non determinerà un effetto domino su tutte le finanze del piccolo Stato. Questa scelta assomiglia all’inizio di una Grande (e inevitabile) Riforma. A iniziare, appunto, dallo Ior per proiettare la banca sui mercati internazionali.

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00venerdì 25 settembre 2009 16:58
Vaticano: Nuzzi su nomine Ior, da Santa Sede una grande lezione (Adnkronos)

"Sostituzione Caloia netto segno di cambiamento"


Roma, 23 set.- (Adnkronos)

«Premesso che Angelo Caloia lascia la presidenza dello Ior dopo venti anni, la sua sostituzione è un netto segno di cambiamento, un messaggio preciso a tutta la Chiesa determinato anche dalle verità sconcertanti del mio libro.
È indubbio che la vicenda Boffo, come le dimissioni di Caloia, sono una lezione da parte della Santa Sede, uno Stato che ha sempre dimostrato di saper far ordine al proprio interno».
Lo afferma Gianluigi Nuzzi, inviato speciale di «Libero» e autore di «Vaticano Spa», il best seller sugli affari riservati dello Ior giunto a 170 mila copie e tradotto in ben cinque lingue, in riferimento alla nomina della Santa Sede di Ettore Gotti Tedeschi alla presidenza dello Ior.
«Forse -osserva Nuzzi- siamo di fronte ad un primo segnale di cambiamento rispetto ad una banca che fino ad oggi non ha mai sottoscritto alcun accordo internazionale che regola il sistema del credito».

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00venerdì 25 settembre 2009 17:00


Il nuovo presidente Ascoltato da Ratzinger, nella sua biografia una nota: ha 5 figli, con una sola moglie

Il «cattolicissimo» che lavorò all' enciclica


Sergio Bocconi

MILANO - Ha continuato a dire, quasi fino all' ultimo, «ma figuriamoci!».
La nomina al vertice dello Ior è però più che annunciata. Perché Ettore Gotti Tedeschi, 64 anni, ha un curriculum ad hoc per il forziere del Vaticano. Docente per anni alla Cattolica di Milano e all' Università di Torino, rubrica sull' Osservatore Romano, economista ascoltato da Papa Benedetto XVI anche nell' enciclica «
Caritas in veritate» («meriterebbe il Nobel» ha detto poi del Pontefice con una battuta), ammiratore dell' Opus Dei e collaboratore del banchiere spagnolo Emilio Botin (anch' egli Opus Dei) di cui è rappresentante in Italia, consigliere del ministro Giulio Tremonti con nomine in Cassa Depositi e Prestiti e F2i, il fondo per le infrastrutture, e un passato in McKinsey, il network di consulenza nel quale sono transitati anche Alessandro Profumo e Corrado Passera. E proprio nel suo addio alla McKinsey si ritrova forse la cifra della sua storia pubblica e privata. Il capo di allora (1984) gli fa un complimento che lui racconta sorridendo. «Ettore possiede una dote rimarchevole: ha lo stesso numero di figli che noi in media abbiamo di mogli».

Forse oggi non è più vero, poiché nel frattempo i figli sono passati da tre a cinque, ma il punto dev' essere per lui di massimo orgoglio visto che la biografia sul sito del Tocqueville Acton, think-tank di ispirazione cattolica e liberale, si conclude con un' unica nota personale: «Ha 5 figli, con una sola moglie». Francesca. L' incarico allo Ior lo allontanerà un po' dalla sua Piacenza dove vive e «milita» volentieri: fa parte del comitato di saggi per il rilancio della città; è garante del fondo diocesiano di solidarietà; scrive per il giornale locale la Libertà. E da Piacenza finora è partito tutte le mattine alle 5,40 in direzione Milano, ufficio italiano del Santander di Botin. Arriva, legge i quotidiani e alle 8 va a messa. Ettore è diventato «il cattolicissimo» dopo aver conosciuto Giovanni Cantoni, fondatore di Alleanza Cattolica. Una delle persone, dice, alla quale deve molto. Riconoscenza che ha dimostrato anche verso Gianmario Roveraro (Opus Dei), un tempo il Cuccia della finanza cattolica e che due anni fa è stato rapito e ucciso in una vicenda oscura. Gotti Tedeschi, dopo l' esordio parigino alla società di consulenza Sema e il passaggio in McKinsey, arriva in banca con la Procomin di Imi e Bnl e la merchant Sige. Qui conosce Roveraro e con lui fonda la banca d' affari Akros. I rapporti si interrompono nel ' 92. Lo chiama Botin. Dal ' 95 segue, rappresentandolo in consiglio, la partecipazione nel Sanpaolo Imi. Per 11 anni il Santander è socio discreto ma non «sleeping». Poi però, quando viene decisa la fusione con Intesa, ne esce con mire e ossa rotte: la banca spagnola viene fermata e invitata alla porta.

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00venerdì 25 settembre 2009 17:01
Ior, Gotti Tedeschi: così cambierò la banca

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

Esce di scena Angelo Caloia, per 19 anni banchiere incontrastato allo Ior, l’Istituto di Opere di Religione.
Papa Ratzinger ha accolto le sue dimissioni anche se la sua andata in pensione era prevista per la fine del 2010, secondo un accordo in tal senso pattuito con l’allora segretario di Stato, Sodano che gli aveva allungato il mandato. Ma il vento di rinnovamento che da un po’ di tempo in qua soffia forte dalle parti del Torrione di Niccolò V, sede storica dell’Istituto per le Opere di Religione, banca atipica spesso al centro di critiche per la mancanza di trasparenza, alla fine ha finito per lambire anche il consigliere economico numero uno d’Oltretevere. La Commissione dei cinque Cardinali, vale a dire l’organismo di vigilanza voluto da Papa Wojtyla dopo l’ingombrante caso Marcinkus - ha di fatto affrettato l’uscita di Caloia, sostituendolo con Ettore Gotti Tedeschi, professore di etica e finanza alla Cattolica, uomo vicino all’Opus Dei, presidente del Santander Consumer Bank, ma soprattutto in totale sintonia col pensiero di Benedetto XVI e con la linea dell’attuale segretario di Stato Bertone, il quale completa così l’operazione per il completo controllo della curia pontificia.
Gotti Tedeschi - notista di punta dell’Osservatore Romano - sarà affiancato nel compito da altre quattro figure tecniche. Due new entry, Giovanni de Censi, presidente del Credito Valtellinese e l’americano Carl Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, praticamente una potenza per la raccolta di fondi. Infine sono stati confermati lo spagnolo Manuel Soto Serrano ed il tedesco Ronaldo Hermann Schmitz, incaricato di reggere la vicepresidenza. Al momento, ma solo per il momento, resta al suo posto il Prelato dell’Istituto, monsignor Pioppo, il fedelissimo ex segretario personale del cardinale Sodano. Per lui si sussurra sia pronta una sede di nunziatura importante. Già a luglio il cardinale Bertone gli aveva proposto, senza troppo successo, il trasferimento all’estero. Ora si vedrà. Gotti Tedeschi alcuni anni fa ha illustrato il suo disegno economico in un libro intitolato «Denaro e paradiso» (Piemme). Il capitalismo e la globalizzazione non sono demoni da combattere ma fili di una rete complessa da governare attraverso regole etiche ben precise. Aveva persino composto una preghiera per gli economisti etici e umani. «Dacci o Signore, un capitalismo che sia un mezzo per l’uomo e non il suo fine e magari persino la sua fine. Aiutaci a formulare un modello economico per questa fase di globalizzazione che permetta rapidamente ai ricchi di aiutare i poveri con spirito di solidarietà, che prescinda da parametri di deficit, e di amore per il prossimo (...)». Chissà se questa preghiera è di gradimento al suo amico ministro Tremonti.

© Copyright Il Messaggero, 24 settembre 2009
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00giovedì 1 ottobre 2009 11:22

La banca vaticana ha un nuovo capo ultraliberista: Ettore Gotti Tedeschi (Magister)

Clicca qui per leggere il commento di Sandro Magister.
Cattolico_Romano
00venerdì 2 ottobre 2009 08:51
IOR/ La banca del Papa cambia strategia

Gianni Credit
lunedì 28 settembre 2009

Ettore Gotti Tedeschi, appena nominato presidente dello Ior, ha mosso i suoi primi passi nel mondo della finanza come consultant della McKinsey.
La più prestigiosa tra le case di consulenza strategica globale è stata pioniera nell'imporre modelli di analisi e decisione per qualsiasi entità organizzata operi in un'economia capitalista di mercato: anzitutto un'impresa produttrice di beni o servizi, ma anche un soggetto no-profit, un governo centrale o locale, un'authority indipendente, un'agenzia erogatrice di utilità pubblica, perfino un leader o un partito politico sul "mercato" elettorale della democrazia.
L'approccio strategico McKinsey (divenuto cultura imprenditoriale e manageriale consolidata) è in breve: cosa voglio produrre (qual è il mio "prodotto")? Per chi (qual è il mio "mercato")? Come (qual è la mia "tecnologia")? E poi: chi sono i miei proprietari (tipicamente: shareholders) e che obiettivi hanno, per quale investimento? Chi sono i miei concorrenti? Chi sono i soggetti esterni con cui la mia organizzazione interfaccia (stakeholders)? La sintesi ultima è la risposta alla domanda: perché quell'entità esiste sul mercato? E dunque; why Ior? Perché una "banca del Vaticano", una "banca del Papa"?
Il cambio della guardia al vertice dell'istituto e la chiamata di un banchiere internazionale con il background di Gotti Tedeschi pongono di per se stessi questa questione, al di là di altre letture, legate all'avvicendarsi dei Ponetefici e delle gerarchie vaticane. Il drammatico passaggio del crack Ambrosiano (ormai quasi un trentennio fa), l'ascesa e la caduta dell'arcivescovo Paul Marcinkus e la "lunga transizione" condotta con successo per un ventennio dall'economista milanese Angelo Caloia sono stati diverse risposte empiriche date alla stessa domanda.
La questione originaria, posta all'indomani del concordato con l'Italia del '29 era la necessità di gestire i cospicui risarcimenti riconosciuti dallo Stato italiano. L'"Amministrazione speciale per le opere di religione" è dunque inizialmente un"asset manager", un gestore patrimoniale professionale del Papa, monarca della neonata Città del Vaticano (oggi questo ruolo è affidato a una distinta Amministrazione del patrimonio della Santa Sede).
È nel 1942 che la Sede Apostolica decide di utilizzare parte di quel patrimonio per costituire un “Istituto” il cui statuto (cioè la dichiarazione strategica iniziale) affida il compito di «provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità. L'Istituto pertanto accetta beni con la destinazione, almeno parziale e futura, di cui al precedente comma. L'Istituto può accettare depositi di beni da parte di Enti e persone della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano».
È una "banca" vera e propria? Non del tutto, perché i "beni mobili immobili in custodia" non sono assimilabili tout court a "depositi" e le "opere di religione" non sono tecnicamente "crediti/investimenti”. L'idea di fondo - vista soprattutto con categorie sviluppate negli anni recenti - sembra essere più quella della "fondazione" che accumula lasciti e li fa rendere professionalmente sui mercati per erogare poi gli utili in attività di pubblica utilità come la lotta alla povertà o alle malattie, la ricerca scientifica, l'education, la tutela dell'ambiente o dei beni artistici (giganti in questo campo sono la Fondazione Cariplo o la Fondazione Gates). Qui la leva critica è quella dell'investitore istituzionale: la gestione del mix rischio-rendimento-liquidità nel lungo periodo.
Specifica appare d'altronde, nello statuto, l'idea che «enti e persona della Santa Sede» possano disporre di una loro banca "di transazione", situata nel territorio vaticano. Cioè che il Governo centrale della Chiesa abbia la proprietà e la totale supervisione su una banca presente nel network finanziario internazionale per muovere fondi. Se il Papa vuole accreditare una somma a un vescovo missionario deve poterlo fare direttamente e con strutture adeguate. Se al Papa (o al Segretario di Stato, a un qualsiasi ente vaticano) viene donato un patrimonio, questo deve poter essere ricevuto da una struttura adeguata e il complesso dei beni deve essere gestito con le tecniche cui si accennava in precedenza.
Attraverso una "banca", la Santa Sede può in ogni caso effettuare prestiti, anche indebitandosi (ad esempio concedere un mutuo per il restauro di una basilica, sostenere l'ampliamento di una struttura sanitaria, o assumere su di sé i rischi e le necessità di una diocesi che affronti uno sbilancio finanziario). Quindi: un po' "fondazione", un po' "banca commerciale"; un po' "banca di sviluppo", un po' "banca etica". Con l'obiettivo di contribuire alla stabilità e all'indipendenza finanziaria della Santa Sede attraverso una "intermediazione di carità": ricevendola, custodendola, facendola fruttare e redistribuendola secondo i voleri del Papa.
Lo Ior, d'altro canto, ha fatto notizia (o storia) nei casi in cui non ha sostanzialmente rispettato il suo mandato. Quando ha "accettato" beni che di fatto erano capitali da occultare (al fisco, alla magistratura, etc di altri paesi), comportandosi come una banca offshore di un paradiso fiscale. Oppure quando ha investito i propri "depositi" non con una logica di "redditività protetta" ma con quella di un'investment bank: per realizzare profitti speculativi in Borsa o per controllare la proprietà di aziende. Una di queste aziende era il Vecchio Banco Ambrosiano: l'intervento dello Ior rivelava tra l'altro l'intento di espandere il peso della Santa Sede nel sistema bancario italiano e internazionale. Il crack del Banco (costato 250 miliardi di vecchie lire al Vaticano) fu la "punizione di mercato" a una strategia non corretta, perché deviata rispetto a quella iniziale.
Non è, in fondo, casuale che a pochi mesi dalla pubblicazione dell'enciclica sociale "Caritas in veritate" - quando la Grande Crisi Finanziaria è ancora lontana dalla sua soluzione - la Chiesa rimetta in discussione il modello strategico del suo braccio bancario. E sarebbe sbagliato che la comunità dei fedeli (primi e principali "stakeholder") non seguisse l'evoluzione di questa particolare "esperienza ecclesiale" chiamata Ior. Continuando a sostenerla.

© Copyright Il Sussidiario, 28 settembre 2009
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