Intervento della Santa Sede al Consiglio economico e sociale dell'Onu

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Cattolico_Romano
00mercoledì 15 luglio 2009 10:43
Intervento della Santa Sede al Consiglio economico e sociale dell'Onu

Spezzare il legame tra povertà e mancanza di salute


Pubblichiamo la traduzione italiana dell'intervento pronunciato il 9 luglio dall'arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, in occasione dello svolgimento del segmento ad alto livello-2009 del Consiglio economico e sociale dell'Onu (Ecosoc).

Signora Presidente,
1. La comunità internazionale si sta impegnando per trovare soluzioni alla crisi economica generata dall'avidità e dalla mancanza di responsabilità etica. Mentre gli analisti discutono sulle cause della crisi, le conseguenze sociali della nuova povertà, della perdita di posti di lavoro, della malnutrizione e dello sviluppo soffocato colpiscono i gruppi di persone più vulnerabili e quindi esigono risposte efficaci e immediate. La Delegazione della Santa Sede apprezza il fatto che l'attenzione di questo Segmento ad Alto Livello sia incentrata, in modo molto tempestivo, sulle "Tendenze globali e nazionali attuali e il loro impatto sullo sviluppo sociale, inclusa la salute pubblica". La crisi economica globale prosegue inesorabile. È esacerbata dall'emergere di un virus influenzale finora sconosciuto, l'a-h1n1, al quale è già stata riconosciuta la dimensione di pandemia, con un impatto futuro difficile da prevedere con certezza, e dalla crisi globale della sicurezza alimentare che mette in pericolo la vita di milioni di persone, specialmente le più povere del mondo, molte delle quali già soffrono di malnutrizione acuta e cronica. Questi esempi dimostrano ancora una volta il nesso tra povertà e salute e il fardello sproporzionato che grava sui Paesi in via di sviluppo e perfino sui poveri nei Paesi sviluppati. Dinanzi a queste sfide globali urgenti, il futuro è ipotecato al punto che i giovani rischiano di ereditare un sistema economico gravemente compromesso, una società priva di coesione e un pianeta leso nella sua sostenibilità come casa per l'intera famiglia umana.

2. La Delegazione della Santa Sede prende atto con profonda preoccupazione delle previsioni della Banca Mondiale secondo cui nel 2009 altri 53-65 milioni di persone saranno colpite da povertà estrema e che le persone cronicamente affamate supereranno il miliardo, di cui 800 milioni vivono in aree rurali, dove la sanità pubblica è più debole e dove urgono iniziative di assistenza sanitaria innovative. Possiamo ragionevolmente concludere che un numero significativo di queste persone estremamente povere e affamate sia più esposto al rischio di contrarre malattie sia contagiose, sia croniche non contagiose. Inoltre, se devono affrontare dei tagli negli aiuti internazionali o se aumenta il numero delle persone che chiedono assistenza, i sistemi sanitari pubblici, già fragili nei Paesi in via di sviluppo, non saranno in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze sanitarie dei loro cittadini più vulnerabili. Nel far fronte a questi problemi, vincere la tentazione di ridurre i servizi pubblici per un beneficio a breve termine dinanzi al costo umano a lungo termine, più che un'espressione di solidarietà, è una questione di giustizia. Similmente, l'aiuto allo sviluppo deve essere mantenuto e perfino aumentato come fattore fondamentale per rinnovare l'economia e farci superare la crisi.

Signora Presidente,
3. Un altro ostacolo fondamentale alla realizzazione degli obiettivi articolati a livello internazionale nell'ambito della salute pubblica sono le disuguaglianze esistenti tra Paesi e al loro interno, e tra gruppi razziali ed etnici. Dolorosamente in molte regioni le donne continuano a ricevere un'assistenza sanitaria di qualità inferiore. Questa situazione è ben nota alle persone e alle istituzioni che operano sul campo. La Chiesa cattolica sostiene 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili e altri programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più isolate ed emarginate e tra le persone che raramente hanno accesso all'assistenza sanitaria fornita attraverso programmi sanitari governativi a livello nazionale, provinciale o distrettuale. A tale proposito, particolare attenzione è rivolta all'Africa, dove la Chiesa cattolica si è impegnata a continuare a stare accanto ai più poveri del continente per sostenere la dignità inerente a ogni persona.

4. Si riconosce sempre più che molti attori, nel rispetto del principio di sussidiarietà, contribuiscono all'attuazione del diritto umano all'assistenza sanitaria primaria. Tra le organizzazioni della società civile che assicurano l'assistenza sanitaria all'interno dei diversi sistemi nazionali, i programmi sostenuti dalla Chiesa cattolica e da altre organizzazioni confessionali risaltano quali partecipanti-chiave. I funzionari dell'Oms hanno riconosciuto che queste organizzazioni "forniscono una parte sostanziale dell'assistenza nei Paesi in via di sviluppo, spesso raggiungendo popolazioni vulnerabili che vivono in condizioni avverse" (1). Tuttavia, nonostante i risultati eccellenti e documentati nel campo dei servizi offerti per l'hiv e dell'assistenza sanitaria di base, le organizzazioni confessionali non ricevono una parte equa delle risorse destinate al sostegno delle iniziative sanitarie globali, nazionali e locali.

5. La mera ricerca quantitativa dei flussi degli aiuti e il moltiplicarsi delle iniziative sanitarie globali da sole possono non bastare ad assicurare la "Salute per Tutti". L'accesso all'assistenza sanitaria primaria e ai medicinali salvavita a prezzi accettabili è fondamentale per migliorare la salute globale e promuovere una risposta globalizzata comune ai bisogni fondamentali di tutti. In un mondo sempre più interdipendente, anche le malattie e i virus non hanno confini, e quindi una maggiore cooperazione globale diventa non solo una necessità pratica ma, cosa ancora più importante, un imperativo etico di solidarietà. Tuttavia, dobbiamo essere guidati dalla migliore tradizione di assistenza sanitaria che rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, a prescindere dalla razza, dalla disabilità, dalla nazionalità, dalla religione, dal sesso e dallo status socio-economico. Se non si pone la promozione della vita al centro delle decisioni relative all'assistenza sanitaria, allora si avrà una società in cui il diritto assoluto dell'individuo all'assistenza sanitaria di base e alla vita viene limitato dalla capacità di pagare, dalla qualità di vita percepita e da altre decisioni soggettive che sacrificano la vita e la salute per vantaggi sociali, economici e politici a breve termine.

6. In conclusione, Signora Presidente, la Delegazione della Santa Sede desidera richiamare l'attenzione sulla necessità di soluzioni che vadano oltre l'aspetto finanziario, alle sfide poste dalla crisi economica agli sforzi globali volti ad assicurare l'accesso di tutti all'assistenza sanitaria. Nella sua nuova enciclica Papa Benedetto XVI afferma: 
"L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica" (2).

Occorre un approccio etico allo sviluppo, che implichi un nuovo modello di sviluppo globale incentrato sulla persona umana piuttosto che sul profitto, e che tenga conto dei bisogni e delle aspirazioni dell'intera famiglia umana.
 
Note: 

(1) DeCock, Kevin (2007), "Le organizzazioni confessionali svolgono un ruolo importante nella cura e nel trattamento dell'Hiv/Aids nell'Africa subsahariana", così come citato nel comunicato stampa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, 9 febbraio 2007, Washington, d.c.

(2) Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 36.


(©L'Osservatore Romano - 15 luglio 2009)
Cattolico_Romano
00giovedì 23 luglio 2009 11:27
Intervento della Santa Sede al Consiglio Economico e Sociale dell'Onu

Una strategia umanitaria per aiutare i più bisognosi


Pubblichiamo la traduzione dell'intervento pronunciato il 20 luglio dall'arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, al Segmento per gli Affari Umanitari del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.

Signora Presidente,

1. I disastri naturali e quelli causati dall'uomo colpiscono milioni di persone ogni anno e nessuna regione del mondo ne è esente. In particolare, i conflitti armati cronici hanno devastato le società in diverse parti del mondo, con innumerevoli vittime civili. La Santa Sede, pertanto, accoglie il presente dialogo umanitario come un'opportunità per evidenziare ancora una volta le continue sfide e l'esigenza di una risposta globalizzata efficace e coerente, guidata da direttive politiche come sono la solidarietà e la promozione della dignità di tutti. In tal modo, il diritto delle persone, delle loro famiglie e delle loro comunità all'assistenza umanitaria, e quello di quanti forniscono tale assistenza a raggiungere senza impedimenti queste persone bisognose di attenzioni sociali, fisiche e spirituali di base, acquisisce un solido fondamento e una motivazione all'azione. Sebbene, per esempio, nel 2008 si sia assistito a una diminuzione del numero dei rifugiati, oltre 10 milioni di uomini, donne e bambini vivono ancora in campi profughi e 26 milioni continuano a essere internamente sfollati a causa di conflitti passati e recenti, di mancanza di sicurezza e di persecuzione. I richiedenti asilo, i migranti irregolari, le persone sradicate che cercano di sopravvivere e le vittime dei disastri naturali e dei cambiamenti climatici sono confinati in centinaia di centri di detenzione e in campi improvvisati. Pur lontane dai riflettori dei media, queste situazioni insostenibili danno libero corso a un incommensurabile dolore fisico, mentale, emotivo e spirituale e portano alla lacerazione del tessuto sociale, e alla distruzione delle famiglie e delle comunità, compromettendo la riconciliazione e minacciando la vita di migliaia di civili innocenti.

2. La responsabilità principale di proteggere la vita dei civili spetta anzitutto alle autorità nazionali e alle parti coinvolte nel conflitto armato. Mentre la comunità internazionale cerca di prevenire lo scoppio di conflitti, è imprescindibile che tutte le parti riconoscano la propria responsabilità di proteggere la vita dei civili nelle aree sotto la loro giurisdizione o sotto il loro controllo, e adempiano e rispettino pienamente le norme e i principi del diritto umanitario internazionale, tra cui quelle riguardanti la protezione del personale umanitario e la possibilità di raggiungere senza impedimenti le persone bisognose. Inoltre, nelle aree colpite da disastri naturali, gli Stati devono adoperarsi per promuovere e permettere l'accesso a misure atte a salvare la vita, senza usarle per un controllo politico o per ottenere una garanzia politica d'impunità per violazione dei diritti umani. Il bene comune dovrebbe essere il principio guida e il diritto umanitario internazionale dovrebbe essere attuato in ogni circostanza e senza condizione alcuna.

3. Allo stesso tempo, la comunità internazionale rimane un attore fondamentale e indispensabile nell'assistere le autorità nazionali nel rispondere alle crisi e, laddove queste non sono in grado di farlo, è chiamata a fornire accesso agli attori regionali e internazionali che operano nelle emergenze e salvano le vite. Naturalmente, nel coordinare questa risposta internazionalizzata, la posizione delle Nazioni Unite conferisce loro un ruolo unico, con responsabilità uniche nel promuovere il coordinamento e la coerenza per un'azione efficace e una gestione responsabile delle risorse disponibili, preservando allo stesso tempo i principi umanitari fondamentali della neutralità, dell'imparzialità e dell'umanità. Inoltre, rispettando la sussidiarietà e l'abilità dei gruppi e degli individui locali, questo coordinamento può identificare meglio e mettere in atto una strategia umanitaria che raggiunga le persone più bisognose. Sono queste organizzazioni locali, spesso confessionali, presenti nel territorio già prima che si verifichi il disastro, che continueranno ad essere presenti anche molto dopo che la comunità internazionale avrà rivolto la sua attenzione ad altre crisi. La Delegazione della Santa Sede, pertanto, sottolinea il ruolo fondamentale della società civile nelle situazioni di emergenza e l'esigenza di adottare politiche in un modo che ne riconosca il contributo a lungo termine e abiliti la loro capacità di rispondere ai bisogni di tutti.

4. Nuove e vecchie sfide hanno minato la capacità e l'efficacia degli attori umanitari di rispondere e fornire assistenza a milioni di vittime. La crisi alimentare ha portato a una diminuzione della distribuzione di cibo nelle aree colpite da carestia, nei campi profughi e nei centri di detenzione; le crisi energetiche hanno aumentato in modo drastico il costo per portare aiuto nei luoghi distanti; e ora, la crisi economica globale rischia di ridurre i finanziamenti alla società pubblica e civile, alle agenzie e alle organizzazioni umanitarie. La Santa Sede constata con piacere che molti Stati continuano ad assumersi con generosità la responsabilità di fornire assistenza, nonostante la crisi economica. Il venire meno della solidarietà e l'incapacità di provvedere alle persone nelle crisi umanitarie in questo tempo difficile porteranno solo a un'instabilità sociale e politica che minerà la società e la sua capacità di riunirsi e di risolvere la crisi economica.

Signora Presidente,

5. La mia Delegazione, inoltre, invita le autorità nazionali e i gruppi coinvolti nei conflitti armati a rispettare le norme del diritto umanitario internazionale, specialmente le pertinenti Convenzioni di Ginevra e i suoi protocolli opzionali. Le continue violenze sessuali perpetrate contro donne e ragazze dentro e intorno ai campi profughi violano ogni principio del diritto internazionale e portano alla devastazione emotiva, fisica e mentale di queste donne, che non può essere giustificata in nessuna circostanza. Inoltre, occorre compiere sforzi maggiori per raggiungere e assistere i prigionieri di guerra e le altre persone che sperimentano diverse forme di detenzione. La privazione della libertà, del diritto al lavoro, al ricongiungimento familiare, all'educazione e allo sviluppo personale, tra altri diritti umani, non possono essere semplicemente ignorati nelle emergenze. I campi e i centri di detenzione devono essere soluzioni temporanee e luoghi in cui l'accesso sia aperto e la dignità delle persone rimanga una priorità. Con la cooperazione di tutti gli attori, la comunità umanitaria internazionale conserverà la libertà di agire conformemente ai suoi mandati e ai suoi principi, che non devono essere compromessi dall'ingerenza dei governi.

6. La Santa Sede continua a impegnarsi per far fronte ai bisogni di tutte le persone colpite dalle crisi umanitarie e causate dall'uomo, indipendentemente dall'etnia e dal credo religioso. Attraverso le sue numerose istituzioni, continua a essere profondamente coinvolta in una assistenza umanitaria imparziale e non vede l'ora di condividere le sue iniziative migliori e le sue idee con altri partecipanti. I principi guida d'assistenza nei disastri sia naturali sia causati dall'uomo devono essere attuati, ma prima di tutto dobbiamo mettere al centro di ogni nostro intervento la persona e i suoi bisogni materiali, psicologici e spirituali.


(©L'Osservatore Romano - 23 luglio 2009)
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